La torpediniera Aldebaran (foto tratta da “La difesa del
traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo” di Pier Filippo Lupinacci e Vittorio Emanuele Tognelli, USMM,
Roma 1964).
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Torpediniera classe Spica tipo Perseo (630 tonnellate di dislocamento standard, 860 in carico normale, 1020 a pieno carico). Durante la guerra svolse 12 missioni di scorta convogli.
Breve e parziale cronologia.
2 ottobre 1935
Impostazione nei
cantieri Ansaldo di Sestri Ponente.
14 giugno 1936
Varo nei cantieri
Ansaldo di Sestri Ponente.
6 dicembre 1936
Entrata in servizio.
Poco dopo, terminati
i collaudi sotto la supervisione del cantiere costruttore, l’unità compie
crociere di prova dapprima in Sicilia e poi nel Dodecaneso.
La nave in navigazione (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
1937-1938
Partecipa alla guerra
di Spagna, contrastando il contrabbando di armi e rifornimenti per le forze
repubblicane spagnole.
5 maggio 1938
Prende parte alla
rivista navale “H” (in onore di Adolf Hitler) nel Golfo di Napoli.
L’Aldebaran al largo di Cagliari il 4 aprile 1940 (g.c. Donaldo Sigon) |
Una serie
di foto di uomini dell’Aldebaran
scattate ad Augusta il 5 maggio 1940, poco più di un mese prima dell’entrata in
guerra (g.c. Donaldo Sigon):
10 giugno 1940
All’ingresso
dell’Italia nel secondo conflitto mondiale l’Aldebaran (tenente di vascello Osvaldo Pappaianni) costituisce, insieme alle gemelle Altair, Antares ed Andromeda, la XII Squadriglia
Torpediniere, di base a Messina. Inizialmente viene impiegata per scorta
convogli e pattugliamenti antisommergibili nelle acque dell’Adriatico e sulle
coste dalmate.
6 giugno-10 luglio 1940
L’Aldebaran, insieme all’Andromeda ed all’incrociatore ausiliario
Adriatico, partecipa alla posa di due
campi minati antisommergibile (ciascuno composto da 45 mine tipo Elia) al largo
di Palermo, di due sbarramenti antinave
(ognuno di 45 mine tipo Elia) nelle acque di Castellammare del Golfo e di tre
campi minati antinave (50 mine tipo Bollo ciascuno) al largo di Porto
Empedocle. Insieme ad Adriatico, Alcione, Andromeda, Aretusa, Airone ed Ariel, inoltre, l’Aldebaran
partecipa alla posa di numerosi campi minati (mine tipo Bollo e tipo Elia)
nelle acque della Sicilia: due sbarramenti antinave ed uno antisommergibile da
45 mine ciascuno al largo di Trapani; uno sbarramento antinave di 50 mine ed
due antisommergibile (uno di 50 ed uno di 45 ordigni) tra Marettimo e Levanzo;
due sbarramenti antisommergibile di 50 mine cadauno tra Marettimo e Favignana.
13 giugno 1940
Esegue una caccia
antisommergibile dall’esito non accertato (probabilmente infruttuosa).
14-16 giugno 1940
A seguito del
bombardamento di Genova, Savona e Vado Ligure da parte di una formazione navale
francese (avvenuto proprio il 14 giugno), l’Aldebaran
ed il resto della XII Squadriglia (Andromeda,
Antares ed Altair) partono da Trapani e raggiungono La Spezia, per rafforzare
la difesa del Mar Ligure. Partite da Trapani per La Spezia alle 19 del 14
giugno, le quattro torpediniere ricevono alle 4.20 del 16 giugno, mentre stanno
per arrivare a La Spezia, l’ordine di portarsi al largo di Genova, dove si teme
stia per essere compiuta una nuova incursione navale francese. La XII
Squadriglia incrocia al largo di Genova fino alle dieci del mattino, poi, non
essendosi concretizzata alcuna minaccia, raggiunge La Spezia.
Serie di
foto scattate sull’Aldebaran il 19
luglio 1940 (g.c. Donaldo Sigon):
Le gemelle Altair (AT, a sinistra) e Andromeda (AD, a destra) |
Altair, Andromeda ed unità minori all’ormeggio (g.c. Donaldo Sigon) |
Foto di gruppo sull’Aldebaran – 28 luglio 1940 (g.c. Donaldo Sigon) |
5-6 agosto 1940
L’Aldebaran, con le gemelle Pleiadi, Cigno e Cassiopea, scorta
gli incrociatori leggeri Alberico Da
Barbiano ed Alberto Di Giussano
ed i cacciatorpediniere Antonio Pigafetta
e Nicolò Zeno in una missione di posa
di mine al largo di Pantelleria. Le quattro torpediniere partono da Augusta
insieme alle unità incaricate di posare le mine alle 16 del 5 agosto, ma già
alle 20.30 vengono lasciate libere e ritornano ad Augusta, dove arrivano
all’1.30 del 6 agosto.
Una serie
di foto scattate a bordo dell’Aldebaran
nell’agosto 1940 (per g.c. di Donaldo Sigon):
(Foto datata 10 agosto 1940)
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(Foto datata 10 agosto 1940)
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Due marinai dell’Aldebaran – 13 agosto 1940 |
La zona centro-poppiera dell’Aldebaran – 14 agosto 1940 |
Ponte di prua dell’Aldebaran – 14 agosto 1940 |
31 ottobre-1 novembre 1940
Secondo alcune fonti l’Aldebaran, con il resto della XII
Squadriglia (Altair, Andromeda ed Antares), viene assegnata al supporto della prevista operazione di
sbarco a Corfù, che verrà dapprima rimandata per maltempo e poi annullata a
causa delle impreviste difficoltà incontrate sul fronte greco-albanese.
Novembre 1940
Assume il comando dell'Aldebaran, al posto del tenente di vascello Pappaianni, il capitano di corvetta Antonio Giungi, col quale l'Aldebaran sarà impiegata nei mesi seguenti in Adriatico ed in Libia; il comandante Giungi riceverà la Medaglia di Bronzo al Valor Militare per il suo operato in questo periodo.5-6 dicembre 1940
Nella notte tra il 5
ed il 6 Aldebaran, Altair, Andromeda ed Antares
posano uno sbarramento di mine al largo della Valletta (Malta).
27 gennaio 1941
Alle 8.30 l’Aldebaran lascia Palermo di scorta ai
piroscafi Motia e Delfin, diretti a Tripoli.
30 gennaio 1941
Alle 16.04 il
convoglio viene avvistato in posizione 32°55’ N e 12°41’ E (ad ovest di Tripoli
e circa 30 miglia a nord di Zawiya) dal sommergibile britannico Upholder, che alle 16.20 (le 17 secondo
fonte italiana) lancia due siluri da 3660 metri contro il Delfin. Nessuna nave viene colpita, e dalle 16.24 alle 16.39 l’Aldebaran bombarda l’Upholder, che intanto s’immerge a 67
metri, con 25 cariche di profondità, senza riuscire a danneggiarlo. La nave
lascia il luogo dell’attacco alle 17.30, ed il convoglio arriva a Tripoli alle
21 del 30 gennaio.
Un MAS
fotografato da bordo dell’Aldebaran
(g.c. Donaldo Sigon)
L’Andromeda fotografata dall’Aldebaran (g.c. Donaldo Sigon) |
L’Antares, in primo piano, ed un’altra torpediniera della classe
Spica fotografate da bordo dell’Aldebaran
(g.c. Donaldo Sigon)
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Una torpediniera della classe Spica (probabilmente una tra Andromeda, Antares ed Altair, appartenenti alla stessa squadriglia) vista da bordo dell’Aldebaran (g.c. Donaldo Sigon) |
9 febbraio 1941
Parte da Tripoli insieme
ai cacciatorpediniere Freccia, Luca Tarigo e Saetta per scortare a Napoli le navi passeggeri (impiegate come
trasporti truppe) Conte Rosso, Marco Polo, Esperia e Calitea.
Alle 22.20 dello
stesso 9 febbraio il sommergibile britannico Truant avvista il convoglio in posizione 33°41’ N e 13°51’ E, una
sessantina di miglia a nordest di Tripoli, e – dopo essersi immerso alle 22.30
– alle 23 il battello lancia sei siluri contro due dei trasporti. Nessuna delle
navi viene colpita, e l’attacco non viene nemmeno notato.
Aldebaran e Calitea arrivano in
porto il 13 febbraio, in ritardo rispetto alle altre navi, che lo hanno
raggiunto alle 9.30 del 12.
24 febbraio 1941
Scalpa da Napoli per
scortare a Tripoli, unitamente ai cacciatorpediniere Baleno, Saetta, Geniere e Camicia Nera ed alla torpediniera Orione, i trasporti truppe Conte
Rosso, Marco Polo, Esperia e Victoria. A scorta indiretta di questo ed altri convogli viene
fatta uscire in mare la IV Divisione, con gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere ed Armando Diaz ed i cacciatorpediniere Ascari e Corazziere. Il 25 febbraio, però, il Diaz viene silurato ed affondato dal sommergibile britannico Upright, con la perdita dei tre quarti
dell’equipaggio.
Una serie
di foto di uomini dell’Aldebaran
scattate a Spalato il 24 aprile 1941, pochi giorni dopo l’invasione della
Jugoslavia e la conseguente occupazione della Dalmazia (g.c. Donaldo Sigon):
Aprile 1941
Il capitano di corvetta Giungi cede il comando dell'Aldebaran al parigrado Antonio Giaglione.
5 maggio 1941
Il capitano di corvetta Giungi cede il comando dell'Aldebaran al parigrado Antonio Giaglione.
5 maggio 1941
La nave, inquadrata
nella I Squadriglia Torpediniere insieme alle similari Alcione, Sirio e Sagittario, viene messa alle dipendenze
del nuovo Comando Gruppo Navale dell’Egeo Settentrionale (Marisudest), avente
sede ad Atene ed attivo in Egeo in collaborazione con la Kriegsmarine.
Nel mese di maggio,
durante le operazioni per l’occupazione di Creta, l’Aldebaran, insieme all’Alcione,
viene inviata a Milo con il compito di scortare il gruppo di dragamine
assegnati al dragaggio della zona di approdo di Suda (l’Alcione scorterà invece i dragamine destinati a sminare le acque di
Iraklion), ma non essendo stati subito occupati i porti cretesi (causa
l’imprevista accanita resistenza britannica) come invece era stato previsto, la
missione non ha luogo e le torpediniere rimangono a Milo.
Successivamente la
torpediniera verrà impiegata nelle scorte ai convogli in Egeo e verso Creta e
la Cirenaica.
Due foto
scattate da bordo dell’Aldebaran il
20 maggio 1941, durante l’attraversamento del Canale di Corinto (g.c. Donaldo
Sigon)
A bordo dell’Aldebaran durante una missione nelle
acque di Candia, il 25 maggio 1941 (foto scattata dal capo di seconda classe
Mario Dante, per g.c. del figlio Filippo)
|
13 giugno 1941
L’Aldebaran, insieme agli incrociatori
ausiliari Zara e Città di Napoli, scorta da Patrasso a Brindisi i trasporti truppe Viminale, Argentina e Calitea con
truppe e materiali.
Alcuni uomini dell’Aldebaran in una foto scattata a Taranto
il 12 giugno 1941: Mario Dante è il primo a sinistra (g.c. Filippo Dante)
|
Mario Dante ed un commilitone probabilmente nel locale radio o nei locali per la telemetria (g.c. Filippo Dante) |
28 agosto 1941
Scorta da Salonicco
ai Dardanelli la nave cisterna Tampico,
diretta in Mar Nero per caricare nafta rumena.
8 settembre 1941
Scorta dal Pireo a
Suda i piroscafi Itaca e Trapani (tedesco).
12 ottobre 1941
Scorta dal Pireo a
Suda il piroscafo tedesco Tinos con
truppe e rifornimenti della Wehrmacht.
3 ottobre 1941
Parte da Salonicco di
scorta alla nave cisterna Torcello ed
al piroscafo francese Teophile Gautier,
diretti al Pireo, insieme alle più anziane torpediniere Monzambano e Calatafimi.
4 ottobre 1941
Alle 17.54 il
sommergibile britannico Talisman
avvista il convoglio, mentre questo transita attraverso il canale di Doro verso
il canale di Zea, in posizione 37°48’ N e 24°29’ E. Alle 18.35 il Talisman lancia quattro siluri da 915
metri di distanza contro il Teophile
Gautier: alle 18.40 il piroscafo viene colpito da una delle armi, ed
affonda in posizione 37°51’ N e 24°35’ E (o 37°44’ N e 24°23’ E, o 37°45’ N e
24°35’ E), a nordest dell’isola di Kea. Le unità della scorta si portano subito
sopra il sommergibile, che si è immerso a 64 metri dopo il lancio, e lo
bombardano per un’ora e mezza con 29 bombe di profondità, senza riuscire a
danneggiarlo.
L’Aldebaran fa poi ritorno al Pireo, dove
viene sottoposta ad alcuni lavori.
L’Aldebaran nel 1941 (da www.grafasdiving.gr)
|
L’affondamento
Alle 23 del 19
ottobre 1941 l’Aldebaran, al comando
del capitano di corvetta Antonio Giungi (imbarcato al momento per sostituire il
comandante titolare della nave, che era assente), lasciò il Pireo per prestare
soccorso alla torpediniera Altair,
che alcune ore prima, alle 19.28, mentre con altre unità stava scortando un
convoglio dal Pireo a Candia, aveva urtato una mina a tre miglia per 320°
dall’isola di San Giorgio (ad ovest dell’isola), perdendo la prua. In quel
momento, tuttavia, non si sapeva se la nave avesse urtato una mina o fosse
stata silurata da un sommergibile: mai, prima di allora, le mine alleate erano
state impiegate nell’Egeo, mentre, specialmente in tempi recenti, i convogli in
uscita dal golfo di Atene erano sovente attaccati da sommergibili (peraltro i
convogli seguivano ogni volta rotte diverse, e quella percorsa dal convoglio in
oggetto non era tra le più frequentate, così che non vi era motivo di pensare
che il nemico avrebbe minato per prima proprio tale rotta); si pensò pertanto
che l’Altair fosse stata silurata
(questa impressione sembrò essere confermata dal fatto che il resto del
convoglio passò indenne, che il giorno precedente un convoglio nella stessa
zona era stato attaccato con siluri e che le torpediniere sarebbero comunque
dovute passare senza danno sui normali campi minati, posti ad una profondità di
quattro metri). Compito dell’Aldebaran
sarebbe stato trarre in salvo i naufraghi e, se fosse stato possibile
rimorchiare l’Altair in salvo (alle
21 la nave danneggiata era stata presa a rimorchio dalla gemella Lupo, che dopo l’urto contro la mina era
rimasta ad assisterla e ne aveva preso a bordo l’equipaggio), scortare l’Altair e la Lupo. Il maltempo ed il vento che soffiava da nordovest
complicavano le operazioni di rimorchio.
All’una di notte del
20 ottobre l’Aldebaran raggiunse l’Altair e la Lupo, che stava rimorchiando di poppa la torpediniera danneggiata;
dopo aver compiuto alcuni giri gettando bombe di profondità (si pensava ancora,
infatti, all’attacco da parte di un sommergibile), la nave aveva assunto la
scorta del piccolo “convoglio” costituito da Lupo ed Altair a
rimorchio della prima, ma le condizioni del mare erano andate peggiorando, ed
alle 2.47 l’Altair, che aveva
continuato ad imbarcare acqua in quantità sempre maggiore, era affondata. A
questo punto l’Aldebaran e la Lupo si avviarono sulla rotta di rientro
al Pireo, ma frattanto il Comando Gruppo Navale dell’Egeo Settentrionale
(Marisudest, di Atene), essendo stato informato che quando l’Altair aveva urtato la mina e perso la
prua diversi uomini si erano gettati in mare dalla prua stessa, ed in
considerazione della ridotta velocità dei mezzi inviati sul luogo a controllare
(rimorchiatori, cacciasommergibili e motovelieri), ordinò all’Aldebaran di tornare indietro a
controllare se vi erano ancora uomini in mare. Intorno alle otto del mattino
del 20, secondo quanto riportato dai testi dell’USMM (“La difesa del traffico
con l’Albania, la Grecia e l’Egeo” e “La guerra di mine”), la nave arrivò ad un
paio di miglia ad ovest dell’isolotto di San Giorgio (i volumi dell’USMM
riportano erroneamente di Gaidaro), e si mise alla ricerca dei naufraghi,
procedendo a zig zag alla velocità di 20 nodi (il comandante Giungi riteneva
infatti che la perdita dell’Altair,
ed il pericolo ancora presente, fossero dovuti ad un sommergibile in agguato in
quelle acque), ma alle 8.05 urtò a sua volta una mina che scoppiò sotto la
plancia (e sotto lo scafo), spezzando la chiglia ed aprendo una falla nello
scafo. Dapprima l’Aldebaran resse
bene il danno, ma poi iniziò lentamente ad affondare. La torpediniera non era
più in grado di comunicare via radio, ma fortunatamente un cacciasommergibili
che si trovava nella zona comunicò via radiotelefono l’accaduto a Marisudest
(si trovavano infatti in zona, alla ricerca dei dispersi dell’Altair, anche i cacciasommergibili
ausiliari AS 38 Marechiaro, AS 42 Falco, AS 46 San Ciro e AS 49 Nioi);
questo comando dirottò sul posto i dragamine ausiliari R 14 Comandante Maddalena e R 187
La Nuova Maria Luisa (che si trovavano al largo di Phleva) e fece partire
dal Pireo il rimorchiatore greco Taxiarchis,
mentre il comando navale tedesco dell’Attica dispose l’invio dei dragamine 12 M 3, 12 M 4 e 12 M 4.
Alle 9, tuttavia,
prima che qualsiasi mezzo di soccorso potesse sopraggiungere e tentare di
salvare la nave, l’Aldebaran colò a
picco nel punto stimato 37°27’ N e 23°52’ E.
“Navi militari
perdute”, altro testo dell’USMM, dà invece una versione leggermente differente
dell’affondamento: la mina esplose sotto lo scafo dell’Aldebaran, spezzandone la chiglia, e la nave continuò a galleggiare
semiallagata e con la chiglia spezzata per circa un’ora e mezza prima di
capovolgersi ed affondare, alle 9.40.
L'equipaggio venne recuperato da alcuni MAS giunti sul posto dopo sei ore.
L'equipaggio venne recuperato da alcuni MAS giunti sul posto dopo sei ore.
Le fonti discordano
leggermente circa il numero delle vittime. Secondo i testi dell’USMM, 143 dei
150 uomini dell’equipaggio poterono essere tratti in salvo, mentre sette
risultarono dispersi; dei 143 salvati, tre morirono a causa delle ferite,
portando il totale delle vittime a dieci. Secondo il diario di guerra del
comando navale tedesco dell’Egeo, invece, i morti furono 14 (tutti dispersi) ed
i sopravvissuti 140, tra cui cinque feriti gravi e dieci feriti lievi. Secondo
quanto riferito nei rapporti, tutto l’equipaggio si comportò correttamente e
conformemente alle tradizioni della Marina, specialmente i feriti.
Periti con l’Aldebaran:
Raffaele Ariu, capo cannoniere di prima
classe, deceduto
Antonio Bianco, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Biviano, marinaio fuochista, deceduto
Giuseppe Cozzolino, capo nocchiere di terza
classe, disperso
Claudio Leone, marinaio, disperso
Angelo Meloni, marinaio fuochista, disperso
Vincenzo Montanari, sottocapo meccanico,
disperso
Manlio Parodi, sottocapo fuochista, deceduto
Mario Rimoldi, marinaio fuochista, disperso
Aniello Scotti, marinaio, disperso
Una serie di immagini
scattate a bordo dell’Aldebaran dal
capo di seconda classe Mario Dante, durante l’affondamento: si nota un certo
sbandamento sulla sinistra; l’equipaggio appare radunato in coperta a poppa
(verosimilmente ritenuta la parte più sicura della nave, essendo la mina
esplosa a prua), con indosso i giubbotti salvagente, in attesa dell’arrivo di
mezzi di soccorso. Si ringrazia il figlio Filippo Dante.
(Mario Dante è in questa foto il primo uomo a sinistra) |
Uno dei MAS che recuperarono
l’equipaggio (foto Mario Dante, per g.c. di Filippo Dante)
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Foto di gruppo di superstiti dell’Aldebaran al Pireo, il 22 ottobre 1941 (g.c. Filippo Dante) |
Mario Dante e due commilitoni con la “mascotte” dell’Aldebaran, dopo l’affondamento (g.c. Filippo Dante) |
Mario Dante con un commilitone ad Atene, dopo l’affondamento dell’Aldebaran (g.c. Filippo Dante)
|
L’Aldebaran era affondata ad otto miglia di distanza dal punto in cui l’Altair aveva urtato una mina, e dunque, mentre per l’Altair si poté ipotizzare che avesse urtato uno degli ordigni dello sbarramento posato dal sommergibile britannico Rorqual l’8 ottobre 1941 (identificato come n. 14 e costituito da 50 mine posate tre miglia a nordovest dell’isola di San Giorgio, nel golfo di Atene, dalle 11.29 alle 12.12 dell’8 ottobre, la prima delle quali posata nel punto 37°29’ N e 23°53’ E), essendo la sua posizione al momento del sinistro coincidente con quella del campo minato, per l’Aldebaran, non risultando che il Rorqual avesse posato parte delle proprie mine anche ad ovest di Gaidaro, si ritenne che avesse urtato una mina appartenente ad uno sbarramento non inglese ma greco di più vecchia data, ancorata oppure alla deriva (che, con il vento forte ed il mare da maestro che vi erano al momento dell’affondamento, sarebbe stata difficile da individuare). Questo secondo i sopracitati testi dell’USMM.
In base alla
documentazione del comando navale tedesco dell’Egeo dell’epoca ed al volume
“Navi militari perdute” pure dell’USMM, tuttavia, risulta che l’Aldebaran affondò tre miglia a
ovest-nord-ovest della punta occidentale dell’isola di San Giorgio (e non di
Gaidaro), quindi saltò anch’essa, come l’Altair,
su una delle mine del Rorqual. Quello
su cui saltarono le due torpediniere era stato il primo campo minato posato
dagli Alleati nelle acque greche dopo la caduta della Grecia.
L’affondamento dell’Aldebaran nei diari di guerra del
comando navale tedesco dell’Egeo (g.c. Dimitris Galon)
La duplice perdita
dell’Aldebaran e dell’Altair rivelò la presenza di campi
minati all’uscita del golfo di Atene, ed in seguito al fatto venne ordinato che
tutte le unità navigassero solo sulle rotte di sicurezza, venne disposto il
dragaggio almeno di parte delle rotte e la posa di campi minati difensivi
antisommergibile.
Il 21 ottobre,
all’indomani del disastro, il comando navale tedesco dell’Egeo interdisse la
navigazione nelle acque ad ovest di San Giorgio, ed i rimorchiatori-dragamine italiani
RD 9, RD 26 e RD 46 vennero
inviati tra San Giorgio e Phleva per localizzare il campo minato. Il primo
giorno vennero trovate ed affondate tre mine, mentre molti altri ordigni furono
localizzati 1,5-2 metri sotto la superficie.
Il ricordo di Secondino
Perona da Cuorgnè, membro dell’equipaggio dell’Aldebaran, ventenne all’epoca dei fatti (da “È questo il mio
nemico?”, Edizioni ANPI, 1988):
“[Dopo aver narrato
dell’affondamento del Teophile Gautier]
siamo poi ripartiti il 20 ottobre per portare soccorso alla torpediniera Altair colpita da una mina. Era notte,
l’abbiamo vista in fiamme, i marinai erano già in salvo sulle scialuppe, ma
purtroppo ci furono venti morti e parecchi feriti. Nel rientro al porto venne
dato un contrordine e si dovette riprendere subito il mare per portarci di
giorno sul luogo del disastro. Alle ore 8 del mattino eravamo nuovamente sul
posto, ma la torpediniera era colata a picco. Nel frattempo anche noi urtammo
una mina che non era vagante: purtroppo eravamo in acque minate ed in questo
incidente abbiamo avuto una trentina di morti e molti feriti. La nostra
torpediniera era colpita nel centro e, al ripetuto S.O.S., ci venne in soccorso
un rimorchiatore che si trovava nei paraggi [evidentemente il Taxiarchis, nda]. Su questo mezzo
abbiamo trasbordato i feriti ed i morti che siamo riusciti a recuperare.
Stavamo per salire anche noi sul rimorchiatore, ma il nostro comandante diede
l’ordine di tornare a bordo dicendo che la nave si poteva ancora salvare.
Quando il rimorchiatore si fu allontanato, la nave a poco a poco incominciò ad
inclinarsi. All’ordine del “Si salvi chi può” ci buttammo in mare. Io ero
vestito, non sapevo nuotare, ma per fortuna avevo il salvagente. Nel giro di
venti o trenta minuti la nostra torpediniera affondò. Dopo circa un’ora il
rimorchiatore ritornò e recuperò tutti: 150 uomini e fra questi molti erano
feriti. Fummo poi trasbordati sulla cacciatorpediniera [sic] Lupo che ci portò al Pireo.
Il Comando Marina,
dopo un ristoro, ci vestì da fanti, poiché mancavano le divise da marinai, e
alcuni giorni dopo, attraversando in treno il ponte sul Canale di Corinto,
giungemmo a Patrasso. Poi con il piroscafo Piemonte
ci portarono a Bari mettendoci in quarantena.
Dopo dieci giorni
rientrammo a Taranto e ci rivestirono da marinai.
Ci fu
l’interrogatorio per l’inchiesta sul naufragio a cui fece seguito una licenza
di venti giorni. (…)”.
Il relitto dell’Aldebaran è stato localizzato il 16
febbraio 2014 da un gruppo di subacquei greci guidati da Anthony Grafas, che
nel gennaio 2014 aveva avuto conferma dell’esistenza di un relitto ad ovest
dell’isola di Agios Georgios, nel Golfo Saronico. La nave giace al largo
dell’isola di Agios Georgios, il nome greco dell’isola di San Giorgio, più a
nord rispetto al punto indicato per l’affondamento, ad una profondità di 107
metri, in assetto di navigazione, con una “rotta” apparente di 270°. La prua,
per un terzo della lunghezza totale della nave, è mancante, dal fumaiolo in
avanti. Vari rottami giacciono sul fondale tutt’attorno al relitto.
Il relitto dell’Aldebaran (g.c. Antonis Grafas – www.grafasdiving.gr) |
Un particolare ringraziamento va
a Dimitris Galon.
Un ringraziamento ai responsabili di questo sito. Grazie a Voi, ho saputo qualcosa di più su quest'affondamento di mio padre, Il Capitano Antonio Giungi. Anche se, per la verità, io ne avevo una versione leggermente differente...ma soprattutto ridotta, poiché mio padre, da bravo reducer, parlava della guerra "col contagocce"...
RispondiEliminaCon gratitudine,
Gregorio Giungi
Gentile autore, grazie per questo articolo. Pure mio padre fu marinaio della Aldebaran. Fortunatamente non imbarcato nell'ultimo viaggio.
RispondiEliminaLeggo e rivedo nella mia mente, qualche piccola storia che si mio padre, sebbene con riluttanza, raccontava a me che insestevo e insistevo. Vorrei provare a trovare il libro che il Perona scrisse, chissà se furono compagni sulla Aldebaran... Di certo sarà stato sotto gli ordini del Capitano Guingi. Cordialità
Sono Dante Filippo, mio padre si chiamava Dante Mario era capo di seconda classe a bordo dell'Aldebaran. Possiedo delle foto che lui ha scattato durante il naufragio e a bordo in altre occasioni. Chi è interessato può contattarmi a questo indirizzo mail dantefilippo@yahoo.it
RispondiEliminaSono Dante Filippo, mio padre Dante Mario era capo di seconda classe a bordo dell'Aldebaran. Possiedo delle foto che lui ha scattato durante il naufragio e a bordo il altre occasioni. Chi è interessato può cantattarmi all'indirizzo mail dantefilippo@yahoo.it
RispondiEliminaMi chiamo Donaldo Sigon e mio padre Claudio Sigon, matric. 4985 classe 1920, nato il 5 giugno 1920, era imbarcato, dal 24 marzo 1940, sulla nave Aldebaran quale cannoniere addetto alla sezione di tiro (s.d.t. che lui, scherzosamente,diceva significasse salame da tavola). Naturalmente il 20 ottobre 1941 era in servizio in direzione di tiro ed a seguito dell'esplosione rimase ferito al capo e svenne. Dopo fù aiutato da un suo amico marò (forse Calligaris). Per quanto riguarda il naufragio il suo parco racconto ricorda lo scritto del signor Secondino Perona quando anche i feriti si ritrovarono a nuotare tra i rottami.
RispondiEliminaSuccessivamente fu ricoverato all'ospedale da campo 503 di Atene ed il 21 novembre 1941 rientrò a Taranto dove fu sottoposto agli interrogatori di rito. In tale deve aver incontrato suo padre Dante Filippo poiché sono in possesso di alcune foto che ora so chi le ha scattate, ma ne ho anche altre tra cui alcune documentano la partecipazione della nave agli sbarchi effettuati in Dalmazia e particolarmente a Spalato. Gli originali li ho donati all'Associazione Marinai d'Italia di Trieste, ma ne ho conservato copia in forma digitale che le invierò quanto prima alla e.mail indicata, sono immagini che documentano la vita di bordo di ragazzi ventenni mandati a combattere e lo hanno fatto tutti con onore. Cordiali saluti, Donaldo Sigon.
P.S. il mio indirizzo e.mail Donaldo.Sigon@alice.it
Bgiorno Lorenzo. I comandanti dell'Aldebaran furono TV Osvaldo Pappaianni (giugno - novembre 40), CC Antonio Giungi (novembre 40 - aprile 41) e CC Antonio Giaglione (aprile - ottobre 41). Gp
RispondiEliminaSalve sono il nipote di Pensabene mario in quella brutta mattina mio zio rimase ucciso ci hanno fatto avere dei ricordi personali fra cui un bicchiere in alluminio con la descrizione di quella mattina ad oggi non ho capito se e deceduto in guerra o non e piu tornato comunque mi e rimasto questo cimelio che ooggi racconto a mio figlioo con grande entusiasmo un ringraziamento alle redazione x le informazioni date
RispondiEliminaBuongiorno, ringrazio per queste informazioni che coincidono con quello che mi aveva raccontato mio padre Carlo Bossi imbarcato sull'Aldberan 20 Ottobre del 1941, ho nel mio ufficio la medaglia che gli fu conferita per essersi proteso insieme agli altri nel cercare di salvare i compagni in condizioni più gravi. Avevo saputo che la bandiera dell' Aldebaran era esposta nel sacrario delle bandiere a Roma sotto al monumento del Milite Ignoto, sono mandato ma non sono riuscito a trovarla.
RispondiEliminaLascio la mia mail, se qualcuno avesse qualche altra notizia e volesse condividerle.
Grazie anticipatamente
Paolo Bossi
p.bossi1964@gmail.com