mercoledì 27 novembre 2013

Ada

L'Ada sotto il nome originario di Canadian Conqueror (da www.hocken.recollect.co.nz)


Piroscafo da carico di 5248 tsl e 3154 tsn, lungo 131,4 metri, largo 16 e pescante 7,8, con velocità di 10 nodi. Appartenente alla Società Anonima Impresa Navigazione Commerciale (INCSA), con sede a Roma; iscritto con matricola 177 al Compartimento Marittimo di Roma, nominativo di chiamata radio IBEM.

Breve e parziale cronologia.

1919
Impostato nei cantieri Canadian Vickers Ltd. di Montreal (numero di costruzione 78).
1920
Varato come Canadian Conqueror nei cantieri Canadian Vickers Ltd. di Montreal.

Un'altra immagine della nave come Canadian Conqueror (da www.hocken.recollect.co.nz)


Ottobre 1920
Completato come Canadian Conqueror per la Canadian Government Merchant Marine (CGMM) di Ottawa. Stazza lorda 5448 tsl, netta 3336 tsn; nominativo di chiamata radio TPVJ.
1928
Trasferito all'appositamente costituita Canadian Conqueror Ltd., controllata dalla Canadian National Steamships Ltd. di Montreal, cui va la gestione della nave. In servizio tra il Canada (Montreal, Halifax, Nuova Scozia), le Indie Occidentali e l'Australia.

Il Canadian Conqueror in arrivo ad Auckland negli anni Trenta (Brent Chambers-Shipsnostalgia)


1936
Passa direttamente alla Canadian National Steamships Ltd.
1938
Acquistato dalla Impresa Navigazione Commerciale S. A. di Roma e ribattezzato Ada.

Il Canadian Conqueror nei primi anni Venti (g.c. Mauro Millefiorini)

Nelle acque del Sol Levante

L'Ada fu uno degli oltre duecento mercantili italiani che il 10 giugno 1940, all'ingresso dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, si vennero a trovare al di fuori del Mediterraneo, impossibilitati a rientrare in patria (i due ingressi del Mediterraneo, Suez e Gibilterra, erano sotto controllo britannico) e costretti a cercare rifugio in porti neutrali per scampare all’inevitabile cattura o distruzione da parte delle forze alleate. Al momento della dichiarazione di guerra l'Ada, al comando del capitano Felice Mouston, era all'ormeggio a Kobe, in Giappone, e lì dovette restare, bloccato ed inattivo, per quasi due anni.
Il 1° giugno 1942, tuttavia, l'Ada venne noleggiato dalla compagnia giapponese Teikoku Senpaku Kaisha (“Compagnia Imperiale di Navigazione a Vapore”), di proprietà del governo nipponico. Ribattezzata Ataka Maru (nominativo di chiamata radio JWNQ), la nave riprese a navigare per conto delle autorità giapponesi sotto la gestione della Yamashita Kisen, mantenendo però come equipaggio quello originario, italiano, di 32 uomini.

L'ultimo viaggio dell'Ataka Maru ebbe inizio alle 15.10 del 22 agosto 1943, quando la nave partì da Yokohama diretta a Keelung insieme ai mercantili giapponesi Mitsu Maru, Sawa Maru e Momogawa Maru, con la sola scorta del posareti ausiliario Kashi Maru. Intorno alle 12.12 del 23 agosto 1943 il sommergibile statunitense Paddle, al comando del capitano di corvetta Robert H. Rice, lanciò quattro siluri contro l'Ataka Maru: colpito da due delle armi, il piroscafo iniziò ad imbarcare acqua. Le vedette della nave italiana avvistarono un periscopio a circa 1600 metri sulla sinistra, ed i suoi artiglieri aprirono il fuoco contro di esso. Alle 12.42, tuttavia, dovette essere dato l'ordine di abbandonare la nave, ed alle 12.55 l'Ataka Maru affondò in posizione 34°36' N e 138°50' E (altre fonti collocano invece l'affondamento nel punto 34°37' N e 137°53' E, oppure ad ovest della baia di Suruga), divenendo, insieme al Venezia Giulia affondato oltre un anno e mezzo prima, l'unico mercantile italiano ad essere affondato durante la guerra del Pacifico (per lo meno quando ancora l'Italia faceva parte dell'Asse). ("Navi mercantili perdute" indica le ore 02.00 come orario dell’affondamento, forse facendo riferimento all'ora italiana.)

Uno dei membri dell'equipaggio, il fuochista Nicolò Donati da Bagnone, rimase ucciso, ed un secondo ferito. I superstiti (non è chiaro se 30 o 31) vennero soccorsi da barche da pesca giapponesi e portati a Toba, all'imbocco occidentale della baia di Ise.

Il 9 settembre 1943, in seguito all'armistizio tra l'Italia e gli Alleati, l'equipaggio dell'Ada venne imprigionato dalle forze giapponesi. Gli italiani, ora prigionieri di guerra, vennero imprigionati dapprima a Yokohama, poi ad Hakone Maki e da ultimo a Shinagawa, dove rimasero sino alla fine della guerra. Alcuni marinai aderirono alla Repubblica Sociale Italiana frattanto fondata da Benito Mussolini.
Non tutti gli ormai ex membri dell'equipaggio dell'Ada sopravvissero al duro trattamento riservato dal Giappone ai suoi prigionieri: il marittimo palermitano Nicolò Tarantino si ammalò in un campo di concentramento in Giappone e morì il 20 dicembre 1943; il fuochista Elia Alioto, anch'egli palermitano, morì in prigionia il 21 dicembre 1943; il direttore di macchina Oscar Giardini, triestino, morì in prigionia il 16 febbraio 1944 e fu successivamente sepolto presso il sacrario di Ryozen Kannon.
Ben quattro marittimi dell'Ada risultano deceduti il 9 agosto 1944: il marinaio Leopoldo Lari, il cambusiere Raffaele Giannacini, l'ingrassatore Nestore Iardella ed il mozzo Amleto Polacci. Non sembrano esservi altre informazioni sulle circostanze della loro morte, se non che avvenne "per fatto bellico".
Altri cinque uomini dell'Ada morirono "nelle acque di Formosa" il 12 ottobre 1944: i marinai Leonardo De Giglio (da Procida), Giovanni Tridente (da Molfetta), e Salvatore Battinelli, il fuochista Andrea Rossi (da Genova) ed il nostromo Enrico Massa (anch'egli genovese). In questo caso risulta invece agevole individuare le circostanze della loro morte: l'affondamento, da parte di aerei statunitensi, del mercantile tedesco Havenstein, noleggiato ai giapponesi come Teisho Maru. Su questa nave, insieme a tedeschi e giapponesi, erano imbarcati numerosi marittimi italiani che, catturati dai giapponesi dopo l'armistizio, avevano accettato di aderire alla R.S.I. per uscire dai tremendi campi di prigionia nipponici. Il 12 ottobre 1944 aerei decollati dalle portaerei della Task Force 38 dell'ammiraglio Marc Mitscher attaccarono il porto di Takao (odiera Kaohsiung), nell'isola di Taiwan (Formosa), e vi affondarono, tra l'altro, l'Havenstein/Teisho Maru: tra le 31 vittime italiane, tedesche e giapponesi vi furono anche i cinque marittimi dell'Ada.

Un’altra immagine del Canadian Conqueror, poi Ada (dal sito www.combinedfleet.com, crediti sconosciuti). Dobrillo Dupuis, nel suo libro “Forzate il blocco!”, chiama la nave Ada Treves.


Transport Ataka Maru: Tabular Record of Movement
L’Ada su Lemairesoft

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