mercoledì 27 novembre 2013

Ada


Il piroscafo canadese Canadian Conqueror nei primi anni ’20 (g.c. Mauro Millefiorini). Dopo vari cambi di armatore, nel 1938 la nave sarebbe stata acquistata dalla compagnia italiana INCSA ed avrebbe assunto il nome di Ada.

Il piroscafo da carico Ada (di 5248 tsl, costruito nel 1919-1920 ed appartenente alla Società Anonima Impresa Navigazione Commerciale di Roma) fu uno degli oltre duecento mercantili italiani che il 10 giugno 1940, all’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, si vennero a trovare al di fuori del Mediterraneo, impossibilitati a rientrare in patria (i due ingressi del Mediterraneo, Suez e Gibilterra, erano sotto controllo britannico) e costretti a cercare rifugio in porti neutrali per scampare all’inevitabile cattura o distruzione da parte delle forze alleate. Al momento della dichiarazione di guerra l’Ada, al comando del capitano Felice Mouston, era all’ormeggio a Kobe, in Giappone, e lì dovette restare, bloccato ed inattivo, per quasi due anni.


Il 1° giugno 1942, tuttavia, l’Ada venne noleggiato dalla compagnia giapponese Teikoku Senpaku Kaisha (“Compagnia Imperiale di Navigazione a Vapore”), di proprietà del governo nipponico. Ribattezzata Ataka Maru, la nave riprese a navigare per conto delle autorità giapponesi sotto la gestione della Yamashita Kisen, mantenendo però come equipaggio quello originario, italiano, di 32 uomini.


L’ultimo viaggio dell’Ataka Maru ebbe inizio alle 15.10 del 22 agosto 1943, quando la nave partì da Yokohama diretta a Keelung insieme ai mercantili giapponesi Mitsu Maru, Sawa Maru e Momogawa Maru, con la sola scorta del posareti ausiliario Kashi Maru. Intorno alle 12.12 del 23 agosto 1943 il sommergibile statunitense Paddle, al comando del capitano di corvetta Robert H. Rice, lanciò quattro siluri contro l’Ataka Maru: colpito da due delle armi, il piroscafo iniziò ad imbarcare acqua. Le vedette della nave italiana avvistarono un periscopio a circa 1600 metri sulla sinistra, ed i suoi artiglieri aprirono il fuoco contro di esso. Alle 12.42, tuttavia, dovette essere dato l’ordine di abbandonare la nave, ed alle 12.55 l’Ataka Maru affondò in posizione 34°36’ N e 138°50’ E (altre fonti collocano invece l’affondamento nel punto 34°37’ N e 137°53’ E, oppure ad ovest della baia di Suruga), divenendo l’unico mercantile italiano ad essere affondato durante la guerra del Pacifico (per lo meno quando ancora l’Italia faceva parte dell’Asse). (“Navi mercantili perdute” indica le ore 02.00 come orario dell’affondamento, forse facendo riferimento all’ora italiana.) Uno dei membri dell’equipaggio rimase ucciso, ed un secondo ferito. I superstiti (non è chiaro se 30 o 31) vennero soccorsi da barche da pesca giapponesi e portati a Toba, all’imbocco occidentale della baia di Ise.

Il 9 settembre 1943, in seguito all’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l’equipaggio dell’Ada venne imprigionato dalle forze giapponesi. Gli italiani, ora prigionieri di guerra, vennero imprigionati dapprima a Yokohama, poi ad Hakone Maki e da ultimo a Shinagawa, dove rimasero sino alla fine della guerra. Un paio di marinai aderirono alla Repubblica Sociale Italiana frattanto fondata da Benito Mussolini.

Non tutti gli ormai ex membri dell’equipaggio dell’Ada sopravvissero al duro trattamento riservato ai prigionieri dal Giappone: il marittimo palermitano Domenico Tarantino si ammalò in un campo di concentramento in Giappone e morì il 20 dicembre 1943; il fuochista Elia Alioto, anch'egli palermitano, morì in prigionia il 21 dicembre 1943; il direttore di macchina Oscar Giardini, triestino, morì in prigionia il 16 febbraio 1944 e fu successivamente sepolto presso il sacrario di Ryozen Kannon.


Un’altra immagine del Canadian Conqueror, poi Ada (dal sito www.combinedfleet.com, crediti sconosciuti). Dobrillo Dupuis, nel suo libro “Forzate il blocco!”, chiama la nave Ada Treves.


Transport Ataka Maru: Tabular Record of Movement
L’Ada su Lemairesoft

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