lunedì 30 dicembre 2013

Bersagliere

Il Bersagliere nel 1942 (foto tratta da Elio Andò, Erminio Bagnasco, “Marina Italiana. Le operazioni nel Mediterraneo. Giugno 1940 - Giugno 1942”, Milano, Intergest, 1976, via Wikipedia)

Cacciatorpediniere della prima serie della classe Soldati (dislocamento standard 1850 t, in carico normale 2140 t, a pieno carico 2460 t). Durante la guerra svolse in tutto 147 missioni di guerra (comprese otto di scorta a navi maggiori, 31 di scorta convogli e dieci di trasporto di truppe e rifornimenti), percorrendo 53.700 miglia. Nel corso dei tre anni di guerra fu estremamente attivo, passando in tutto solo 47 giorni ai lavori.

Breve e parziale cronologia.

21 aprile 1937
Impostazione nei Cantieri Navali Riuniti di Palermo.
3 luglio 1938
Varo nei Cantieri Navali Riuniti di Palermo. Madrina è la moglie del comandante del 7° Reggimento Bersaglieri.
1° aprile 1939
Entrata in servizio.
1939
Svolge principalmente addestramento ed attività di rappresentanza.
11 maggio 1939
Prende parte alla rivista navale organizzata nel golfo di Napoli in onore del reggente Paolo di Jugoslavia.
10 giugno 1940
All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Bersagliere forma la XIII Squadriglia Cacciatorpediniere unitamente ai gemelli Granatiere, Fuciliere ed Alpino. La XIII Squadriglia è assegnata alla VII Divisione incrociatori (II Squadra Navale).
10-11 giugno 1940
Lascia Napoli e scorta la VII Divisione incrociatori impegnata nella posa di uno sbarramento di mine, per poi fare ritorno a Napoli.
14-15 giugno 1940
Uscito da Napoli, compie un rastrello notturno nel golfo di Salerno, dove viene attaccato da un sommergibile. Rientra poi a Napoli.
21-22 giugno 1940
Lascia Napoli e raggiunge Cagliari per una missione di guerra.
22-23 giugno 1940
Parte da Cagliari ed esegue una infruttuosa puntata offensiva contro il traffico mercantile francese nel golfo del Leone, insieme al resto della XIII Squadriglia ed alla VII Divisione incrociatori, con la copertura a distanza della II Squadra Navale (Divisioni incrociatori I, II e III più l’incrociatore pesante Pola, Squadriglie Cacciatorpediniere IX, X e XII). Rientra poi nel porto sardo. Il gruppo VII Divisione-XIII Squadriglia, dopo essersi trasferito da Napoli a Cagliari nella notte tra il 21 ed il 22, lascia Cagliari alle 19.30 del 22, per portarsi entro l’alba del 23 in un punto trenta miglia ad est di Porto Mahon, per poi dirigere verso nord sino alle 8.30. Nessuna unità nemica viene trovata, e dalle 13.45 alle 16.30 la formazione viene pedinata da un ricognitore francese (che rimane fuori dalla portata delle artiglierie contraeree), venendo poi infruttuosamente attaccata alle 17 da un singolo bombardiere francese.
23-24 giugno 1940
Alle 19.30 del 23 le navi fanno ritorno a Cagliari e, dopo il necessario rifornimento, ripartono per Napoli, così sfuggendo ad un bombardamento su Cagliari effettuato nel mattino del 24 da una dozzina di velivoli britannici con obiettivo proprio le unità italiane, che erano state fatte subito ripartire proprio in previsione di un attacco simile. Il Bersagliere arriva a Napoli il 24.
7-11 luglio 1940
Parte da Palermo alle 12.35 insieme al resto della XIII Squadriglia ed alla VII Divisione (incrociatori leggeri Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Muzio Attendolo e Raimondo Montecuccoli), incaricata di dare scorta indiretta ad un convoglio diretto in Libia (motonavi da carico Marco Foscarini, Francesco Barbaro e Vettor Pisani, motonavi passeggeri Esperia e Calitea, con la scorta diretta dei due incrociatori leggeri della II Divisione, dei quattro cacciatorpediniere della X Squadriglia, delle quattro torpediniere della IV Squadriglia e delle vecchie torpediniere Rosolino Pilo e Giuseppe Missori). Il resto della II Squadra Navale (incrociatore pesante Pola, I e III Divisioni incrociatori con cinque navi in tutto e IX, XI e XII Squadriglia Cacciatorpediniere) fornisce anch’essa scorta indiretta al convoglio, stando però 35 miglia ad est di esso. La I Squadra Navale (V Divisione con le corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, IV e VIII Divisione con sei incrociatori leggeri, VII, VIII, XV e XVI Squadriglia Cacciatorpediniere con 13 unità) è in mare a sostegno dell’operazione.
Giunto il convoglio a destinazione, la flotta italiana si avvia sulla rotta di rientro (la VII Divisione con la XIII Squadriglia dirige perciò su Palermo), ma viene informata che anche la Mediterranean Fleet è in mare per un’operazione simile, quindi dirige per incontrare il nemico. Il 9 luglio la XIII Squadriglia (compreso il Bersagliere), come altre squadriglie di cacciatorpediniere, viene autorizzata a rifornirsi ad Augusta prima di riprendere il mare per il previsto punto di riunione delle forze navali italiane (37°40’ N e 17°20’ E, 65 miglia a sudest di Punta Stilo, con incontro previsto per le 14 od al massimo, per i cacciatorpediniere distaccati a rifornirsi, per le 16). Ricongiuntasi con la VII Divisione, la XIII Squadriglia dirige insieme ad essa per riunirsi al grosso delle forze da battaglia italiane, ma la VII Divisione (e la XIII Squadriglia) raggiunge in ritardo, a combattimento già in corso, la squadra italiana (la VII Divisione, proveniente da sud-sud-ovest, viene avvistata dal resto della flotta poco prima che quest’ultima avvisti anche la Mediterranean Fleet, che si trova nella direzione opposta, e diriga contro di essa, così ritardando il ricongiungimento), così che non ha modo di partecipare allo scontro; terminata la battaglia in un nulla di fatto, la VII Divisione con la XIII Squadriglia, senza neanche riunirsi alla flotta italiana, fa rotta su Palermo, e successivamente, attraversato lo stretto di Messina, riceve l’ordine di dirigere su Napoli. Successivamente il Bersagliere fa ritorno a Pozzuoli, dove giunge l’11.
30 luglio-2 agosto 1940
Il Bersagliere, partito da Palermo, fornisce protezione a distanza, insieme ai gemelli Ascari, Granatiere e Fuciliere, agli incrociatori pesanti Pola, Zara, Fiume, Trento e Gorizia, agli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano, Alberto Di Giussano, Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Eugenio di Savoia, Montecuccoli ed Attendolo ed alla IX, XII e XV Squadriglia Cacciatorpediniere (undici unità in tutto), a due convogli diretti in Libia (partiti da Napoli e diretti l’uno a Tripoli e l’altro a Bengasi) e comprensivi in tutto di dieci trasporti (Maria Eugenia, Gloria Stella, Mauly, Bainsizza, Col di Lana, Francesco Barbaro, Città di Bari, Marco Polo, Città di Napoli e Città di Palermo), quattro cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco) e dodici torpediniere (Orsa, Procione, Orione, Pegaso, Circe, Climene, Clio, Centauro, Airone, Alcione, Aretusa ed Ariel). L’operazione è denominata «Trasporto Veloce Lento». Entrambi i convogli raggiungono senza danni le loro destinazioni tra il 31 luglio ed il 1° agosto. Tra il 31 luglio ed il 1° agosto il Bersagliere sosta ad Augusta, poi si reca a Napoli dove giunge il due.

23-24 agosto 1940
Scorta il grosso trasporto truppe Esperia da Palermo a Tripoli.
24-25 agosto 1940
Scorta l’Esperia da Tripoli a Bengasi.
26-28 agosto 1940
Scorta l’Esperia di ritorno da Bengasi a Palermo.
30-31 agosto 1940
Parte da Palermo e raggiunge Reggio Calabria, dove viene dislocato a seguito dell’avvistamento di una formazione navale britannica. È inoltre in corso il trasferimento da Palermo a Taranto, dove la XIII Squadriglia è stata dislocata per essere assegnata alla IX Divisione (I Squadra) a partire dal 1° settembre.
1-2 settembre 1940
Salpa da Reggio Calabria e partecipa ad una ricognizione in forze ad ovest di Capo Matapan, a contrasto dell’operazione britannica «Hats». La XIII Squadriglia cui appartiene parte da Taranto alle sei del mattino del 31 agosto insieme alla IX Divisione (corazzate Littorio e Vittorio Veneto), alla V Divisione (corazzate Caio Duilio, Conte di Cavour e Giulio Cesare, quest’ultima aggregatasi solo il 1° settembre a causa di avarie), alla I Divisione (incrociatori pesanti Zara, Pola, Fiume e Gorizia), all’VIII Divisione (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi) ed ad altri 23 cacciatorpediniere. Complessivamente all’alba del 31 prendono il mare da Taranto, Brindisi e Messina 4 corazzate, 13 incrociatori della I, III, VII e VIII Divisione e 39 cacciatorpediniere. Alle 22.30 la formazione italiana riceve l’ordine di impegnare le forze nemiche a nord della congiungente Malta-Zante, dunque deve cambiare la propria rotta per raggiungerle (o non potrebbe prendere contatto con esse), dirigendo più verso sudovest (verso Malta) e superando la congiungente Malta-Zante. Il mattino del 1° settembre, tuttavia, il vento, già in aumento dalla sera precedente, dà origine ad una violenta burrasca, che costringe la flotta italiana a tornare alle basi, perché i cacciatorpediniere non sono in grado di tenere il mare compatibilmente con le necessità operative. Poco dopo la mezzanotte del 1° settembre le unità italiane entrano nelle rispettive basi; tutti i cacciatorpediniere sono stati danneggiati (specie alle sovrastrutture) dal mare mosso, alcuni hanno perso degli uomini in mare.
5-6 settembre 1940
Lascia Taranto, esegue un rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto e torna poi nella base pugliese.
7-9 settembre 1940
Parte da Taranto, compie una crociera di guerra nel Mediterraneo occidentale e fa ritorno a Napoli. La flotta italiana (5 corazzate, 6 incrociatori e 19 cacciatorpediniere) lascia infatti Taranto alle 16 del 7 diretta a sud della Sardegna, per intercettare la Forza H britannica che si presume diretta verso Malta. La ricognizione aerea, tuttavia, non avvista nessuna nave nemica (la Forza H, infatti, aveva lasciato Gibilterra per un’operazione da svolgersi non nel Mediterraneo ma nell’Atlantico), dunque alle 16 dell’8 settembre la formazione italiana, arrivata a sud della Sardegna, inverte la rotta e raggiunge le basi del Tirreno meridionale (il Bersagliere arriva a Napoli), da dove il 10 tornerà nelle basi di dislocazione normale (Taranto e Messina).
13 settembre 1940
Esegue un rastrello antisom nel golfo di Taranto, con partenza e ritorno all’omonima città.
21 settembre 1940
Partito da Taranto, compie un altro rastrello antisom nel golfo di Taranto prima di farvi ritorno.
1° ottobre 1940
Partecipa ad una ricognizione in forze nel Mar Ionio meridionale. La sera del 29 settembre sono infatti uscite in mare da Taranto il Pola, le divisioni I, V, VII, VIII e IX e 19 cacciatorpediniere (il Pola con la I Divisione e 4 cacciatorpediniere alle 18.05 e le altre unità alle 19.30) e da Messina la III Divisione con 4 cacciatorpediniere per contrastare un’operazione britannica in corso. La formazione uscita da Taranto assume rotta 160° e velocità 18 nodi, riunendosi con le navi provenienti da Messina alle 7.30 del 30 settembre. In mancanza di elementi sufficienti ad apprezzare la composizione ed i movimenti della Mediterranean Fleet ed in considerazione dello svilupparsi di una burrasca da scirocco (che avrebbe reso impossibile una navigazione ad alta velocità verso sud da parte dei cacciatorpediniere) Supermarina decide di rinunciare a contrastare l’operazione ed ordina alle unità in mare di invertire la rotta alle 6.25 del 30 ed incrociare dapprima tra i paralleli 37° e 38°, poi (dalle 10.30) 38° e 39° ed alle 14 fare rotta verso sudovest sino a raggiungere il 37° parallelo, poi, alle 17.20, di rientrare alle basi. Navigando nella burrasca, la flotta italiana raggiunge le basi tra l’una e le quattro del mattino del 1° ottobre, vi si rifornisce in fretta e rimane in attesa di un’eventuale nuova uscita per riprendere il contrasto, ma in base alle nuove informazioni ottenute ciò risulterà impossibile, pertanto, alle 14.00 del 2 ottobre, le navi riceveranno l’ordine di spegnere le caldaie.
 
L’unità in navigazione (tratta da "Le navi da guerra italiane 1940-1945"di Erminio Bagnasco e Enrico Cernuschi, Ermanno Albertelli Editore, 2003, via www.betasom.it)


9 ottobre 1940
Rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto.
10 ottobre 1940
Rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto.
19 ottobre 1940
Rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto.
24 ottobre 1940
Rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto.
5 novembre 1940
Rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto.
11 novembre 1940
Rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto. Questa e tutte le analoghe missioni a partire dal 9 ottobre si sono svolte, come al solito, con partenza e ritorno a Taranto.
Nella notte tra l’11 ed il 12 novembre il Bersagliere è in porto (alla fonda in Mar Piccolo tra il Granatiere e l’Alpino, ed a poppavia del Trieste) quando un attacco di aerosiluranti affonda la corazzata Conte di Cavour e danneggia gravemente le corazzate Caio Duilio e Littorio (attacco noto come “notte di Taranto”), ma non riporta alcun danno.
12 novembre 1940
Insieme al resto della XIII Squadriglia, alla X Squadriglia ed alle corazzate Vittorio Veneto, Giulio Cesare ed Andrea Doria (uniche uscite indenni dall’attacco) lascia Taranto, base non più sicura, nel pomeriggio, e raggiunge Napoli.
16-18 novembre 1940
Lascia Napoli e prende parte ad una crociera di guerra nel Mediterraneo occidentale per intercettare una formazione navale nemica individuata con rotta verso est. Complessivamente alle 10.30 del 16 prendono il mare Vittorio Veneto e Cesare, I Divisione (da Napoli) e III Divisione (da Messina) e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX, XII, XIII e XIV. Raggiunto alle 16.30 un punto prestabilito 45 miglia a nord-nord-est di Ustica, la formazione italiana dirige poi verso ovest ed alle 17.30 arriva 35 miglia a sudovest di Sant’Antioco. Dopo aver navigato per un po’ in direzione dell’Algeria, la squadra italiana riceve l’ordine rientrare. Il Bersagliere, con le altre unità, fa ritorno a Napoli.
26-28 novembre 1940
Tra le 11.50 e le 12.30 del 26 il Bersagliere lascia Napoli unitamente alle altre unità della XIII Squadriglia, alla VII Squadriglia Cacciatorpediniere (Dardo, Freccia e Saetta) ed alle corazzate Vittorio Veneto e Giulio Cesare (prendono il mare al contempo anche l’incrociatore pesante Pola, la I Divisione con due unità e la IX Squadriglia Cacciatorpediniere con quattro unità). La formazione italiana (vi sono anche la III Divisione e la XII Squadriglia Cacciatorpediniere partite da Messina) si riunisce 70 miglia a sud di Capri alle 18.00 del 26 novembre, assumendo poi rotta 260° e velocità 16 nodi, per intercettare un convoglio britannico diretto a Malta. XIII e VII Squadriglia scortano le due corazzate (così formando la I Squadra). Tra le 8.30 e le 9.10 la I Squadra, rimanendo indietro rispetto agli incrociatori (che formano la II Squadra), a poppavia dei quali sta procedendo, accelera a 17 e poi a 18 nodi per ridurre la distanza. Alle 9.50 le corazzate avvistano un ricognitore britannico Bristol Blenheim, contro cui aprono il fuoco alle 10.05 (il velivolo si allontana). Alle 11 la formazione inverte la rotta ed aumenta la velocità da 16 a 18 nodi, ed alle 11.28 assume rotta 135°, per intercettare la formazione britannica che (dalle segnalazioni dei ricognitori) risulta avere posizione differente da quella prevista. Alle 12.07, in seguito alla constatazione che la formazione britannica appare superiore a quella italiana (i cui ordini sono di impegnarsi solo se in condizioni di sicura superiorità) l’ammiraglio Inigo Campioni, al comando della flotta italiana, ordina di assumere rotta 90° per rientrare alle basi senza ingaggiare il combattimento, e di aumentare la velocità. Alle 12.15, tuttavia, vengono avvistate le sopraggiungenti navi britanniche, pertanto viene ordinato di incrementare ancora la velocità (che è di 25 nodi per la I Squadra e di 28 per la II Squadra, che deve riunirsi alla I essendo più indietro). Alle 12.20 gli incrociatori della II Squadra aprono il fuoco da 21.500-22.000 metri. Per avvicinarsi rapidamente alla II Squadra, alle 12.27 la I Squadra inverte la rotta ad un tempo sulla dritta, ed alle 12.35 inverte nuovamente la rotta, sempre a dritta; poco dopo un gruppo di aerosiluranti britannici, decollati dalla portaerei Ark Royal, si porta a 650 metri dalle corazzate (tra queste ed i cacciatorpediniere della scorta) e lancia infruttuosamente i propri siluri, undici, tutti evitati con la manovra. I cacciatorpediniere rispondono con un intenso tiro delle mitragliere contraeree, così come le corazzate (con i loro pezzi da 90 ed anche da 152 mm oltre alle mitragliere). Alle 13.00 la Vittorio Veneto apre il fuoco da poco meno di 29.000 metri, ma le unità britanniche subito accostano a dritta e la distanza aumenta a 31.000 metri, costringendo la corazzata a cessare il fuoco già alle 13.10. Alle 13.15, essendo la distanza (della II Squadra dalle forze britanniche) salita a 26.000 metri, il tiro viene cessato anche dagli incrociatori, viene rotto il contatto. Ha così fine l’inconclusiva battaglia di Capo Teulada. Alle 21 del 27 novembre le navi italiane assumono rotta nord a 15 nodi e procedono sino alle 00.30, poi dirigono verso est fino alle 7.30 del 28, dopo di che seguono le rotte costiere, arrivando a Napoli tra le 13.25 e le 14.40 del 28.
2 dicembre 1940
È a Napoli quando il porto viene attaccato da bombardieri britannici.
22-23 dicembre 1940
Partito da Napoli, effettua una crociera di guerra nelle acque a sud della Sardegna prima di rientrare nel capoluogo partenopeo.
29 dicembre 1940
Bombardamento aereo di Napoli mentre la nave è in porto.
30 dicembre 1940
Nuovo bombardamento aereo di Napoli mentre la nave è in porto.
6-7 gennaio 1941
Salpa da Napoli, compie una crociera di guerra a sud della Sardegna e raggiunge poi Pozzuoli.
8 gennaio 1941
Si trova a Napoli quando la città viene nuovamente bombardata da aerei britannici.
2-3 febbraio 1941
Lascia La Spezia e compie nel golfo di Genova un infruttuoso rastrello alla ricerca di forze navali nemiche. Torna a La Spezia.
8-9 febbraio 1941
Insieme alla Caio Duilio il Bersagliere è l’unica nave da guerra presente a Genova (per lavori di riparazione) quando il porto e la città vengono bombardate dalla Forza H britannica, ma non riporta danni.
22-23 marzo 1941
Parte da La Spezia e raggiunge Messina dopo una missione di scorta e dragaggio ed antisommergibile.
27-29 marzo 1941
Il Bersagliere e le altre tre navi della XIII Squadriglia lasciano Messina, assegnate alla scorta della corazzata Vittorio Veneto, che insieme alla I Divisione (Zara, Pola, Fiume), alla III Divisione (Trento, Trieste, Bolzano), alla VIII Divisione (incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi), alla IX Squadriglia Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci), alla XVI Squadriglia (Nicoloso Da Recco, Emanuele Pessagno) ed alla XII Squadriglia (Ascari, Corazziere, Carabiniere), parteciperà all’operazione «Gaudo», un incursione contro il naviglio britannico nel Mediterraneo orientale, a nord di Creta. Alle 6.15 del 27, davanti a Messina, la XIII Squadriglia rileva la X Squadriglia (Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco) che ha scortato la Vittorio Veneto da Napoli sino a lì, e che entra a Messina, rifornendosi e restandovi poi pronta a muovere.
La navigazione prosegue senza incidenti sino alle 12.25 del 27 marzo, quando il Trieste comunica che la III Divisione è stata avvistata da un ricognitore britannico Short Sunderland; in seguito a questo, la squadra italiana, poco dopo le 14, accosta per 150° (prima la rotta era 134°) per trarre in inganno il velivolo, e segue questa rotta sino alle 16, per poi riaccostare per 130°, e poi – alle 19.30 – per 98° portando la velocità a 23 nodi, in modo da arrivare nel punto prestabilito a sud di Gaudo all’alba del 28. Alle 22 del 27 Supermarina annulla l’attacco a nord di Creta, dato che dalla ricognizione risulta che non vi sono convogli da attaccare.
Alle 6.35 del mattino del 28 un idroricognitore catapultato dalla Vittorio Veneto avvista la Forza B britannica (composta dagli incrociatori leggeri Orion, Ajax, Perth e Gloucester e dai cacciatorpediniere Vendetta, Hasty, Hereward ed Ilex), in navigazione con rotta stimata 135° e velocità 18 nodi una quarantina di miglia ad est-sud-est dall’ammiraglia italiana. Alle 6.57, mentre la III Divisione riceve l’ordine di assumere rotta 135° e velocità 30 nodi (per raggiungere gli incrociatori britannici, poi dirigere verso la Vittorio Veneto ed attirarli così verso la corazzata), il resto della formazione italiana aumenta la velocità a 28 nodi.
Alle 7.55 la III Divisione avvista la Forza B, ma dato che anche la Forza B cerca di attirare le navi italiane verso il grosso della Mediterranean Fleet (tra cui le corazzate Barham, Valiant e Warspite e la portaerei Formidable, della cui presenza in mare gli italiani sono del tutto all’oscuro), e pertanto si ritira, la manovra pianificata dall’ammiraglio Iachino (comandante la squadra italiana) non si concretizza, e sono invece le navi italiane ad inseguire quelle britanniche. Ha così inizio lo scontro di Gaudo. Terminato l’infruttuoso inseguimento e scambio di cannonate, le navi italiane alle 8.55 accostano per 270° ed assumono rotta 300° e velocità di 28 nodi, seguite a distanza dalla Forza B, che tiene informato il resto della Mediterranean Fleet dei movimenti delle unità italiane. Essendosene reso conto, alle 10.02 l’ammiraglio Iachino ordina alla III Divisione di proseguire sulla sua rotta, mentre la Vittorio Veneto (scortata dalla XIII Squadriglia) e le altre navi invertono la rotta (assumendo rotta 90°) per sorprendere alle spalle la Forza B (portandosi ad est delle navi britanniche e poi accostando verso sud), porla tra due fuochi (la III Divisione ed il resto della formazione italiana) ed impedirne la ritirata. Le unità della Forza B sono però più a nord di quanto ritenuto (e segnalato) e pertanto l’incontro avviene alle 10.50: alle 10.56 la Vittorio Veneto apre il fuoco da 23.000 metri, e la Forza B subito accosta verso sud e si ritira inseguita dalle navi italiane, ma le distanze vanno aumentando ed il tiro della Vittorio Veneto risulta inefficace. Alle 10.57 vengono avvistati sei aerei che si rivelano poi essere aerosiluranti britannici (decollati dalla Formidable), che alle 11.18 attaccano: la corazzata italiana accosta sulla dritta, e la XIII Squadriglia (compreso il Bersagliere) si porta in posizione adatta ad impedire l’attacco, aprendo intenso fuoco contraereo; alle 11.25 gli aerosiluranti lanciano, ma sono costretti a farlo da una distanza eccessiva, ed i siluri non vanno a segno.
Successivi messaggi e segnalazioni, che confermano l’assenza di traffico convogliato britannico da attaccare, fanno decidere all’ammiraglio Iachino di proseguire nella navigazione di ritorno verso le basi italiane.
Alle 14.30, 15.01 e 15.40 la Vittorio Veneto viene attaccata da bombardieri in quota britannici (le bombe cadono a 50-150 metri dalle navi); anche la I e la III Divisione subiscono ripetuti attacchi aerei.
Alle 15.19 si verifica un secondo attacco di aerosiluranti che, in tre, attaccano la corazzata, mentre dei caccia attaccano le unità della XIII Squadriglia; anche dei bombardieri in quota partecipano all’attacco. L’intenso tiro contraereo dei cacciatorpediniere della XIII Squadriglia colpisce uno degli aerosiluranti (pilotato dal capitano di corvetta John Dalyell-Stead), che però, prima di precipitare in mare con la morte dei tre uomini di equipaggio (sarà l’unica perdita britannica nella battaglia), riesce a ridurre le distanze con la Vittorio Veneto a meno di 1000 metri ed a lanciare un siluro, che colpisce la nave da battaglia a poppa, in posizione 35°00’ N e 22°01’ E. Alle 15.30 la Vittorio Veneto, che ha imbarcato 4000 tonnellate d’acqua, si immobilizza, ma dopo sei minuti rimette in moto, sebbene a fatica: solo alle 17.13 riesce a sviluppare una velocità di 19 nodi. La flotta italiana dirige su Taranto, ed alle 16.38 l’ammiraglio Iachino, in previsione di altri attacchi aerei in arrivo al tramonto, ordina che le altre unità si dispongano intorno alla danneggiata Vittorio Veneto per proteggerla da altri attacchi. La formazione risulterà assunta alle 18.40, con cinque colonne di unità disposte in linea di fila: da sinistra a destra, la XII Squadriglia Cacciatorpediniere (Corazziere, Carabiniere, Ascari), la III Divisione (Trieste, Trento, Bolzano), la Vittorio Veneto preceduta da Granatiere (in testa) e Fuciliere (tra il Granatiere e la corazzata) e seguita da Bersagliere (tra la nave da battaglia e l’Alpino) ed Alpino (in coda), la I Divisione (Zara, Pola, Fiume) e la IX Squadriglia (Vittorio Alfieri, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci, Alfredo Oriani). Alle 18.23 (nel frattempo la velocità della Vittorio Veneto è scesa a 15 nodi) vengono avvistati nove aerosiluranti britannici, che si tengono a distanza, ed alle 19.15 la formazione italiana accosta per conversione ed assume rotta 270° (in modo da essere meno illuminate possibile dal sole che tramonta) ed i cacciatorpediniere in coda iniziano a stendere cortine fumogene. Alle 19.28 gli aerosiluranti si avvicinano – le navi più esterne accendono i proiettori –, alle 19.30 vi è una nuova accostata per conversione (rotta assunta 300°) e sei minuti dopo tutti i cacciatorpediniere emettono cortine fumogene ed aprono il fuoco, mentre gli aerei passano all’attacco: il Bersagliere ritiene (a torto) di aver abbattuto un aereo, ma il Pola viene colpito ed immobilizzato da un siluro intorno alle 19.50. Cessato l’attacco, e calato il buio, alle 19.50 si spengono i proiettori ed alle 20.11 cessa l’emissione di cortine fumogene. Alle 20.05 l’ammiraglio Iachino ordina alla XIII Squadriglia di assumere posizione di scorta ravvicinata, mentre la I e la III Divisione si posizionano 5 km rispettivamente a prua ed a poppa della nave ammiraglia. Proprio in quei minuti si scopre che il Pola è stato immobilizzato (dapprima si era ritenuto che l’attacco fosse stato respinto senza danni), ed alle 21.06 la I Divisione invertirà la rotta per andare al soccorso dell’incrociatore colpito. Questa decisione, poi molto discussa, porterà al disastro: la I Divisione verrà infatti sorpresa mentre raggiunge il Pola dalle corazzate britanniche Barham, Valiant e Warspite e sarà annientata, con la perdita di Zara, Pola, Fiume, Alfieri e Carducci oltre che dello stesso Pola (e di oltre 2300 uomini), in quella che rimarrà la peggior sconfitta mai subita dall’Italia sul mare. Dopo la separazione dalla I Divisione, il resto della squadra italiana prosegue con rotta 323° e velocità 19 nodi alla volta di Taranto: la navigazione prosegue senza incidenti sino alle 22.30 quando, in lontananza, vengono avvistate le vampate di artiglierie: le navi italiane assistono alla fine della I Divisione. I bagliori delle ultime esplosioni vengono visti alle 23.55. Il resto della formazione italiana (compreso il Bersagliere), inutilmente cercato dalla Forza B (che invece trova il Pola immobilizzato, scambiandolo per la Vittorio Veneto) e da una flottiglia di otto cacciatorpediniere britannici al comando del capitano di vascello Philip Mack fin dopo mezzanotte, assume alle 9.08 del 29 marzo rotta 343° (mettendo la prua su Taranto), ed arriva a Taranto poco dopo le 15.30.



Un’immagine scattata il 28 od il 29 marzo 1941. Al centro la corazzata Vittorio Veneto, danneggiata da un aerosilurante, a destra il Bersagliere, fotografato da bordo di un altro cacciatorpediniere (g.c. Giuseppe Bonaccorso). 



1-2 aprile 1941
Parte da Taranto e rientra a Brindisi dopo una missione di protezione dei convogli in navigazione verso l’Albania.
7 aprile 1941
Compie una crociera di protezione dei convogli da e per l’Albania con partenza e ritorno a Brindisi.
11 aprile 1941
Altra crociera di protezione dei convogli da e per l’Albania con partenza e ritorno a Brindisi.
12 aprile 1941
All’una di notte lascia Brindisi insieme all’incrociatore ausiliario Barletta e scorta a Durazzo un convoglio composto dai trasporti truppe Aventino, Milano e Quirinale, aventi a bordo 3414 soldati e 274 tonnellate di rifornimenti, giungendo a destinazione alle 15.30. Poi fa ritorno a Brindisi.

Il Bersagliere, di ritorno da una missione di guerra, ruota “facendo testa” all’ancora di dritta per ormeggiarsi nel seno di ponente del porto di Brindisi (g.c. STORIA militare).

13 aprile 1941
Attaccato da bombardieri ed aerosiluranti mentre è a Brindisi.
22 aprile 1941
Trasporta truppe da sbarco da Brindisi a Spalato.
23 aprile 1941
Lascia Spalato e partecipa all’occupazione dell’isola di Lissa, poi lascia Lissa e scorta a Brindisi il gemello Granatiere in avaria.
29-30 aprile 1941
Lascia Brindisi e raggiunge Palermo per una missione di guerra.
1-2 maggio 1941
Lascia Palermo, fornisce scorta/protezione ad un convoglio diretto in Libia e rientra poi a Palermo.
8-9 maggio 1941
Prende il mare (da Palermo) per la presenza in mare di unità nemiche, poi fa ritorno nel capoluogo siciliano.
11-14 maggio 1941
Partito da Palermo (forse il 12 maggio), insieme agli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere, Luigi Cadorna, Duca degli Abruzzi e Garibaldi ed ai cacciatorpediniere Alpino, Fuciliere, Maestrale, Scirocco, Da Recco, Pessagno, Leone Pancaldo ed Antoniotto Usodimare, il Bersagliere fornisce protezione a distanza ad un convoglio (trasporti Ernesto, Tembien, Giulia, Col di Lana, Preussen e Wachtels, scortati dai cacciatorpediniere Dardo, Aviere, Geniere, Grecale e Camicia Nera) in navigazione da Napoli a Tripoli, dove arriva il 14. La nave torna poi a Palermo
19 maggio 1941
Lascia Palermo per dare scorta indiretta, unitamente a Granatiere, Alpino, Duca degli Abruzzi e Garibaldi, ad un convoglio composto dai mercantili Preussen, Sparta, Capo Orso, Motia e Castelverde e dalle navi cisterna Superga e Panuco (il 26.Seetransport Konvoi) partito da Napoli alle 18.30 del 16 con la scorta dei cacciatorpediniere Turbine, Euro, Folgore, Fulmine e Strale.
20 maggio 1941
Alle 9.32 il sommergibile britannico Urge avvista la forza di copertura di cui fa parte il Bersagliere (una quarantina di miglia a nordovest di Lampedusa), ed alle 9.47 individua anche il convoglio, in posizione 35°44’ N e 11°59’ E; passa all’attacco lanciando quattro siluri contro il Capo Orso ma non lo colpisce, e subisce poi il contrattacco della scorta, che lancia dieci bombe di profondità.
21 maggio 1941
All’una del pomeriggio l’Urge avvista nuovamente, in posizione 35°42’ N e 12°24’ E (al largo di Lampedusa), la formazione cui appartiene il Bersagliere, ed alle 13.04 lancia quattro siluri da 5500 metri: due delle armi passano vicino all’Alpino, ma nessuna colpisce. Uno dei cacciatorpediniere contrattacca con tredici bombe di profondità.
Lo stesso giorno, alle 11.00, il convoglio arriva indenne a Tripoli, ed il Bersagliere rientra a Palermo.
2-4 giugno 1941
Lascia Palermo insieme Duca degli Abruzzi, Garibaldi, Granatiere, Fuciliere ed Alpino, per dare scorta indiretta al convoglio «Aquitania» (navi da carico Aquitania, Caffaro, Nirvo, Montello e Beatrice Costa, motocisterna Pozarica, scortati dai cacciatorpediniere Dardo, Aviere, Geniere e Camicia Nera e dalla torpediniera Giuseppe Missori) in navigazione da Napoli a Tripoli. Ad una ventina di miglia dalle isole Kerkenah, tuttavia, il convoglio subisce un attacco aereo che provoca la perdita di Montello (saltato in aria con tutto l’equipaggio) e Beatrice Costa (danneggiata in modo irrimediabile e finita dallo stesso Camicia Nera). Il 4 il Bersagliere torna a Palermo.
16-17 giugno 1941
Lascia Palermo e compie un rastrello antisommergibile (a nord di Palermo), tornando nel capoluogo siciliano dopo dodici ore e venti minuti.
1-2 luglio 1941
Lascia Palermo, scorta un convoglio in Libia e ritorna a Palermo.
6 luglio 1941
Attaccato da bombardieri a Palermo.
9 luglio 1941
Nuovo attacco di bombardieri a Palermo.
10 luglio 1941
Altro attacco di bombardieri sempre a Palermo.
18 luglio 1941
Ancora attaccato da bombardieri a Palermo.
19 luglio 1941
Partito da Palermo, effettua un altro rastrello antisom nelle acque a nord della città, tornando in porto dopo tredici ore e mezza.
27-29 luglio 1941

Esce da Palermo insieme al Granatiere ed alla VIII Divisione, composta da Garibaldi e Montecuccoli, come forza di sostegno per otto convogli in mare tra Italia e Libia (in particolare del convoglio «Ernesto», partito da Tripoli alle 7.00 del 27 e con arrivo previsto a Napoli alle 3.10 del 30). Alle 19.40 del 28 luglio il sommergibile britannico Upholder avvista la formazione (in navigazione a 28 nodi con rotta stimata 355°) al largo di Marettimo, ed alle 19.51, in posizione 38°04’ N e 11°57’ E, lancia quattro siluri contro il Garibaldi: alle 19.55 l’incrociatore è colpito a prua e riporta seri danni. Il Bersagliere si porta sul punto da dove sembrano essere partiti i siluri e getta undici bombe di profondità (a partire dalle 19.57), poi, vedendo uno degli aerei di scorta sparare una raffica di mitragliatrice sulla superficie del mare, raggiunge quel punto e getta un altro “pacchetto” di quattro cariche di profondità. Nonostante alcune delle bombe scoppino anche piuttosto vicino, l’Upholder non subisce alcun danno. Alle 20.20 anche il Fuciliere e l’Alpino, distaccati dalla scorta del convoglio «Ernesto», raggiungono il danneggiato Garibaldi. L’incrociatore, con le siluranti della scorta, arriva a Palermo alle 6.30 del 29.

29 luglio 1941
Attaccato da bombardieri a Palermo.
31 luglio 1941
Nuovo bombardamento aereo mentre è a Palermo.
1-3 agosto 1941
Scorta l’incrociatore Garibaldi in navigazione da Palermo a La Spezia, dando anche la caccia ad un sommergibile nel golfo di Napoli.
8 agosto 1941
Compie un rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto, uscendo da Taranto e facendovi successivamente ritorno.
11 agosto 1941
Altro rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto.
18-19 agosto 1941
Altro rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto.
20-21 agosto 1941
Altro rastrello antisommergibile nel golfo di Taranto. Tutte le summenzionate missioni avvengono con partenza e ritorno a Taranto.
22-23 agosto 1941
Lascia Taranto e raggiunge Cagliari dopo una crociera di guerra a sud della Sardegna.
24-26 agosto 1941
Riparte da Cagliari e raggiunge Pozzuoli dopo un’altra crociera di guerra a sud della Sardegna.
26-29 settembre 1941
Bersagliere, Granatiere, Fuciliere e Gioberti (quest’ultimo aggregato temporaneamente alla XIII Squadriglia) prendono il mare da Napoli unitamente alle navi da battaglia Littorio e Vittorio Veneto (IX Divisione) ed alla XVI Squadriglia (Folgore, Da Recco, Pessagno) per raggiungere ed attaccare un convoglio britannico diretto a Malta e scortato dalla Forza H britannica con tre corazzate ed una portaerei, oltre a cinque incrociatori e 18 cacciatorpediniere (operazione britannica «Halberd»). Partono anche la III (Trento, Trieste, Gorizia) e la VIII Divisione (Duca degli Abruzzi, Attendolo) rispettivamente da Messina e La Maddalena, accompagnate rispettivamente dalla XII (Lanciere, Carabiniere, Corazziere, Ascari) e dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Scirocco). A mezzogiorno del 27 la III, la VIII e la IX Divisione, con le rispettive squadriglie di cacciatorpediniere, si riuniscono una cinquantina di miglia ad est di Capo Carbonara, per intercettare il convoglio, poi dirigono verso sud a 24 nodi per l’intercettazione. Risultando però – in seguito alle segnalazioni dei ricognitori – in inferiorità rispetto alla forza britannica, e per giunta sprovvista di copertura aerea, la squadra italiana alle 14.30 inverte la rotta per portarsi fuori dal raggio degli aerosiluranti nemici, ma alle 17.18, avendo ricevuto comunicazioni secondo cui la squadra britannica avrebbe subito pesanti danni a causa degli attacchi aerei, dirige nuovamente verso sud (prima stava procedendo verso nord), salvo invertire nuovamente la rotta alle 18.14, portandosi al centro del Mar Tirreno. Alle otto del mattino del 28 le navi italiane, come ordinato, raggiungono un punto 80 miglia ad est di Capo Carbonara, poi fa rotta per ovest-sud-ovest ma infine, alle 14.00, dato che i ricognitori non trovano più alcuna nave nemica a sud ed ad ovest della Sardegna (il convoglio è infatti passato) viene ordinato il rientro alle basi. Il Bersagliere arriva a Napoli, con la IX Divisione ed il resto della XIII Squadriglia, nella mattina del 29.
8 ottobre 1941
Alle 22.20 parte da Napoli insieme a Granatiere, Fuciliere ed Alpino (cui poi si aggrega l’anziana torpediniera Generale Antonio Cascino partita da Trapani), di scorta al convoglio «Giulia» (navi da carico Giulia, Bainsizza, Zena e Casaregis, nave cisterna Proserpina) diretto a Tripoli. Il Bainsizza deve rientrare a Trapani per avarie, al pari del piroscafo Nirvo, partito insieme alla Cascino e che non è neanche riuscito ad aggregarsi al convoglio. Il convoglio procede a 9 nodi scortato, di giorno, da aerei della Regia Aeronautica.

10 ottobre 1941
Alle 22.25, a seguito della decifrazione dei messaggi italiani da parte dell’organizzazione britannica “Ultra” (che con intercettazioni dell’8 e del 9 ottobre, cui seguiranno anche altre “postume” l’11 ed il 12, ha indicato orari e porti di partenza e di arrivo, composizione e velocità del convoglio; questo sarà il secondo attacco ad un convoglio italiano causato da “Ultra”, ed il primo di una lunga serie protrattasi con continuità sino al 1943), il convoglio viene attaccato da aerosiluranti britannici Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm: lo Zena ed il Casaregis vengono colpiti. Lo Zena affonda poco dopo le tre di notte dell’11 nel punto 34°52’ N e 12°22’ E; si tenta di prendere a rimorchio il Casaregis, ma il tentativo è vanificato dall’incendio scoppiato a bordo, e la nave alla deriva deve essere finita dalle unità di scorta a mezzogiorno, affondando nel punto 34°02’ N e 14°42’ E (o 34°10’ N e 12°38’ E).
Le altre navi raggiungono alle 16.30 dell’11 ottobre Tripoli, dove il Bersagliere viene attaccato da bombardieri il 12 ottobre.

12-14 ottobre 1941
Rientra da Tripoli a Napoli facendo parte della scorta diretta ad un convoglio di ritorno.
17 ottobre 1941
Attaccato da bombardieri a Napoli.
21 ottobre 1941
Altro bombardamento aereo a Napoli.
22 ottobre 1941
Di nuovo attaccato da bombardieri a Napoli.
23 ottobre 1941
Ulteriore bombardamento aereo a Napoli.
24 ottobre 1941
Ancora attaccato da bombardieri a Napoli.
31 ottobre 1941
Nuovo bombardamento aereo, sempre a Napoli.
1° novembre 1941
Attaccato da bombardieri a Napoli.
6 novembre 1941
Altro bombardamento aereo mentre è a Napoli.
7 novembre 1941
Nuovamente attaccato da bombardieri a Napoli.
7-8 novembre 1941
Scorta un convoglio da Napoli a Messina.
8-9 novembre 1941
Alle 12.35 dell’8 Bersagliere, Granatiere, Fuciliere ed Alpino e la III Divisione (Trento e Trieste) lasciano Messina per assumere la scorta indiretta del convoglio «Beta» (poi divenuto più noto come convoglio «Duisburg», e composto dalle navi da carico Duisburg, San Marco, Sagitta, Maria e Rina Corrado, navi cisterna Minatitlan e Conte di Misurata, con un carico complessivo di 34.473 t di materiali, 389 autoveicoli e 243 militari), in navigazione alla volta di Tripoli con la scorta diretta dei cacciatorpediniere Maestrale, Grecale, Fulmine, Euro, Libeccio ed Alfredo Oriani.
Nella notte tra l’8 ed il 9 novembre, circa 135 miglia a levante di Siracusa, il convoglio viene attaccato (alle 00.57 del 9) dalla Forza K britannica (incrociatori leggerei Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively): tutti i trasporti ed il Fulmine sono affondati, il Grecale pesantemente danneggiato. La III Divisione, al comando dell’ammiraglio Bruno Brivonesi, susciterà feroci critiche per il suo comportamento inconclusivo ed inutile alla difesa del convoglio. Il Bersagliere, che insieme al resto della scorta indiretta è in navigazione alla velocità di dodici nodi a poppavia ed ad est (sulla dritta) del convoglio, ad una distanza di tre miglia (5 km), è la prima nave italiana ad avvistare le navi nemiche (alle 00.40 del 9, diciassette minuti prima che lo scontro inizi) e lancia il segnale di scoperta, ma questo viene ricevuto da Trieste e Maestrale, rispettivamente ammiraglia della III Divisione e caposcorta, solo mentre il combattimento sta già avendo luogo. Il Bersagliere cerca di avvicinarsi alle unità della Forza K ed apre vanamente il fuoco dall’1.01 all’1.05, venendo scambiato per un altro cacciatorpediniere della scorta diretta e fatto oggetto del tiro delle artiglierie secondarie da 102 mm del Penelope; dopo poche salve, si ritira verso est. Conclusosi lo scontro e distrutto il convoglio, il Bersagliere, insieme ad Alpino, Fuciliere, Maestrale, Oriani, Euro e Libeccio, partecipa al salvataggio dei 764 naufraghi, durante il quale il Libeccio viene silurato ed affondato dal sommergibile HMS Upholder (alle 11.08 l’Upholder, dopo aver affondato il Libeccio, lancia tre siluri anche contro uno dei cacciatorpediniere di scorta della III Divisione in posizione 37°10’ N e 18°37’E, ma le armi non vanno a segno), poi rientra a Messina alle 22.30 del 9 stesso, dove (sempre il 9) viene attaccato da bombardieri.
10 novembre 1941
Bombardamento aereo mentre è a Napoli.
11 novembre 1941
Ancora attaccato da bombardieri a Napoli.
12 novembre 1941
Di nuovo sotto bombardamento aereo a Napoli.
17 novembre 1941
Nuovamente attaccato da bombardieri a Napoli.
18 novembre 1941
Duplice bombardamento aereo mentre è a Napoli.
19 novembre 1941
Attaccato da bombardieri a Napoli.
20 novembre 1941
Attaccato da bombardieri a Napoli, per due volte.
21 novembre 1941
Lascia Napoli (dove subisce l’ennesimo bombardamento aereo) per scortare a Messina, insieme al Garibaldi, il Trieste, gravemente danneggiato da un siluro del sommergibile britannico Utmost durante un’operazione di traffico verso la Libia (nella quale il Trieste, con altre unità, dava scorta indiretta a due convogli). (Oppure scorta da Napoli a Messina la VIII Divisione che dà protezione a distanza ad un convoglio diretto a Tripoli, subendo attacchi notturni di bombardieri ed aerosiluranti).
29 novembre-1 dicembre 1941
Alle 13.00 del 29 salpa da Taranto, scorta un convoglio in Libia e fa ritorno a Taranto.
Alle 4.37 del 1° dicembre il sommergibile britannico Upholder avvista una formazione composta dagli incrociatori Raimondo MontecuccoliEmanuele Filiberto Duca d’Aosta e Muzio Attendolo (la VII Divisione) scortati da BersagliereFuciliereGranatiere ed i gemelli Aviere e Geniere in posizione 39°08’ N e 17°31’ E, ed alle 5.01 lancia quattro siluri contro uno degli incrociatori, senza colpirlo. La formazione, che non ha nemmeno notato l’attacco, arriva a Taranto alle 11.20 del 1° dicembre.
9 dicembre 1941
Il Bersagliere, il Granatiere, il Fuciliere e l’Alpino, in navigazione di trasferimento da Taranto a Napoli, vengono avvistati alle 5.39 (dopo che i loro rumori sono stati rilevati dall’idrofono alle 5.30), in posizione 37°42’ N e 15°49’ E, dal sommergibile britannico Unbeaten (cui stanno inconsapevolmente andando direttamente incontro). L’Unbeaten prepara i siluri ma, in considerazione della distanza troppo ridotta (che potrebbe far sì che i siluri passino sotto gli scafi senza esplodere), non attacca.
13-15 dicembre 1941
Bombardamento aereo a Taranto il 13 dicembre. Alle 17.40 dello stesso giorno il Bersagliere lascia Taranto (per altra fonte Napoli) insieme al resto della XIII Squadriglia, alle torpediniere Centauro e Clio ed alle corazzate Littorio e Vittorio Veneto (alla formazione si aggregano poi anche i cacciatorpediniere Da Recco, Ugolino Vivaldi, Lanzerotto Malocello, Antonio Da Noli e Nicolò Zeno) per dare appoggio all’operazione «M 41», che vede l’invio in Libia di tre convogli con in totale sei trasporti, cinque cacciatorpediniere ed una torpediniera. Il Bersagliere, insieme a Granatiere, Fuciliere, Alpino, Centauro e Clio, scorta le due navi da battaglia. Alle 8.40 del 13 dicembre la formazione, che procede verso sud a 17 nodi attraverso lo stretto di Messina, viene avvistata dal sommergibile HMS Urge. Alle 8.58, in posizione 37°52’ N e 15°30’ E (secondo il libro di bordo del sommergibile; per fonti italiane nel punto 37°53’ N e 15°29’ E, comunque una decina di miglia ad ovest/sudovest di Capo dell’Armi) l’Urge lancia quattro siluri contro la Vittorio Veneto: la corazzata viene colpita e riporta gravi danni, con 40 morti a bordo. Nella successiva mezz’ora i cacciatorpediniere contrattaccano lanciando infruttuosamente una quarantina di cariche di profondità. La corazzata deve rientrare a Taranto, e gli attacchi subacquei provocano il fallimento dell’operazione, con l’affondamento anche delle moderne motonavi Fabio Filzi e Carlo Del Greco (da parte dell’HMS Upright) ed il rientro in porto delle restanti navi. Il Bersagliere rientra a Taranto il 15 dicembre.
16-19 dicembre 1941
Il 16 compie un rastrello antisiluranti nel golfo di Taranto.
Quello stesso giorno lascia Taranto insieme ai cacciatorpediniere Granatiere, Corazziere, Fuciliere, Carabiniere, Alpino, Oriani, Gioberti ed Usodimare, a Trento e Gorizia ed alle corazzate Giulio Cesare, Andrea Doria e Littorio per fornire sostegno all’operazione «M 42», che prevede l’invio in Libia di quattro mercantili (Vettor Pisani, Monginevro, Napoli ed Ankara, che trasportano 14.770 t di materiali e 212 uomini) scortati da sette cacciatorpediniere (Saetta, Vivaldi, Malocello, Da Recco, Da Noli, Pessagno e Zeno) ed una torpediniera (la Pegaso), divisi in due convogli (Ankara, Saetta e Pegaso dirette a Bengasi come convoglio “N”, le altre unità dirette a Tripoli come convoglio “L”). L’operazione fruisce anche di scorta aerea assicurata dalla Regia Aeronautica e dalla Luftwaffe e di una forza navale di copertura ravvicinata (Duilio, Duca d’Aosta, Attendolo, Montecuccoli, Ascari, Aviere e Camicia Nera). Nel tardo pomeriggio del 17 dicembre il gruppo «Littorio» si scontra con la scorta di un convoglio britannico diretto a Malta in un breve ed inconclusivo scambio di colpi chiamato prima battaglia della Sirte: le navi italiane, che procedono in linea di fila verso sud per intercettare un convoglio britannico diretto a Malta, avvistano al traverso quelle britanniche alle 17.23 ed accostano ad un tempo verso ovest, aprendo il fuoco da grande distanza (le navi maggiori) mezz’ora più tardi. Le navi britanniche (in netta inferiorità) simulano un contrattacco con gli incrociatori leggeri Aurora, Penelope, Naiad ed Euryalus e 10 cacciatorpediniere, avvicinandosi ed aprendo il fuoco, e la X e XIII Squadriglia Cacciatorpediniere vengono inviate al contrattacco silurante, sparando anche sulle navi nemiche con tutti i pezzi. Calato poi il buio, le siluranti vengono richiamate. Già alle 17.59 le navi maggiori italiane cessano il fuoco, seguite, alle 18.10, dalle unità sottili. Lo scontro ha così termine in un nulla di fatto, perché l’ammiraglio Iachino, temendo – a torto, in seguito ad errate informazioni della ricognizione aerea – la presenza in mare di almeno una corazzata britannica, decide di non portare a fondo l’attacco.
Alle 13 (o 15) del 18 dicembre sia il gruppo di copertura ravvicinata che quello di scorta a distanza lasciano la scorta dei due convogli, che arriveranno a destinazione l’indomani (pur subendo il leggero danneggiamento della Napoli), e fanno ritorno a Taranto, dove giungono il 19 (ma non prima che Granatiere e Corazziere, il mattino del 18, siano entrati in collisione, distruggendosi a vicenda la prua).
23-24 dicembre 1941
Effettua una missione di trasporto di carico speciale da Taranto a Tripoli.
24-25 dicembre 1941
Torna da Tripoli a Napoli trasportando prigionieri.
1942
Lavori di rimodernamento: l’obice illuminante da 120 mm viene sbarcato e vengono installate quattro mitragliere contraeree da 20/65 mm (e, successivamente, anche un ecogoniometro), due delle quali (in un impianto binato) proprio al posto dell’obice illuminante, le altre due (in impianti singoli) a poppa.
2-3 gennaio 1942
Scorta un convoglio da Napoli a Messina.
3-5 gennaio 1942
Alle 10.15 del 3 gennaio lascia Messina insieme a Fuciliere, Da Recco, Vivaldi ed Usodimare (per altra fonte Vivaldi, Da Noli ed Usodimare) e scorta a Tripoli le motonavi Nino Bixio, Lerici e Monginevro (convoglio n. 1, proveniente da Napoli) durante l’operazione di traffico «M 43» (che vede in mare in tutto sei mercantili, altrettanti cacciatorpediniere e cinque torpediniere, diretti in Libia suddivisi in tre convogli, oltre ad una poderosa forza di copertura che comprende la maggior parte delle forze navali da battaglia). Alle 7.10 del 4 gennaio il convoglio n. 1 si unisce con il n. 2 (motonave Monviso, nave cisterna Giulio Giordani, torpediniere Castore, Orsa, Aretusa ed Antares), ed alle 10.50 si aggrega anche la motonave Gino Allegri scortata dal cacciatorpediniere Freccia e dalla torpediniera Procione (convoglio n. 3), formando un unico convoglio, che arriva indenne a Tripoli alle 12.30 del 5 gennaio. Il Bersagliere torna a Taranto.
22-25 gennaio 1942
Alle 11.00 del 22 prende il mare (da Taranto) insieme a Carabiniere, Fuciliere, Alpino, Attendolo, Duca d’Aosta e Montecuccoli (gruppo «Aosta», dal nome della nave ammiraglia) per fornire copertura ravvicinata all’operazione «T. 18» (che prevede l’invio a Tripoli di un convoglio formato dalla motonave passeggeri Victoria salpata da Taranto e dalle moderne motonavi da carico Ravello, Monviso, Monginevro e Vettor Pisani partite da Messina, il tutto con la scorta diretta di Vivaldi, Malocello, Da Noli, Aviere, Geniere e Camicia Nera nonché delle torpediniere Castore ed Orsa). Lo stesso 22 gennaio, nel golfo di Taranto, il sommergibile britannico Torbay lancia sei siluri contro la formazione da 7300 metri di distanza, ma nessuno va a segno. Alle 18.00 dello stesso giorno, una quarantina di miglia ad est di Punta Stilo, il gruppo «Aosta» prende contatto con il convoglio formato da Victoria, Monviso, Monginevro e Pisani (la Ravello è rientrata per un’avaria al timone) con le relative scorte. Alle 15 del 23 gennaio, 190 miglia ad est-sud-est di Malta (le navi italiane hanno seguito rotte esterne al raggio d’azione degli aerosiluranti di Malta) la formazione è completa, con il gruppo «Aosta» a proravia del convoglio ed il gruppo «Duilio» (corazzata Duilio, cacciatorpediniere Oriani, Ascari, Scirocco e Pigafetta) a poppavia dello stesso. La formazione fa rotta verso sud sino al tramonto, poi compie un ampio giro e fa rotta su Tripoli, ma subisce due attacchi di aerosiluranti Fairey Albacore: il primo dalle 17.20 alle 17.30, il secondo dalle 18.30 alle 19.10. La Victoria viene immobilizzata dal primo attacco, e, mentre il convoglio prosegue verso Tripoli lasciandole Aviere, Ascari e Camicia Nera per l’assistenza, viene nuovamente colpita ed affondata dal secondo attacco. Alle 19.15 del 23 il gruppo «Duilio» lascia il convoglio, che prosegue con la scorta diretta ed il gruppo «Aosta». Tra le 21.30 e le 00.30 del 24 il convoglio subisce un terzo attacco aereo, che viene però sventato dalle navi del gruppo «Aosta», che poi lascia il convoglio alle dieci del mattino del 24, ad una sessantina di miglia da Tripoli.
Il resto del convoglio giunge a destinazione il 24, ed il 25 il Bersagliere fa ritorno a Taranto.
14-16 febbraio 1942
Il Bersagliere, insieme a Carabiniere, Fuciliere ed Alpino, alla VIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Folgore, Fulmine e Saetta), alla VII Divisione (Montecuccoli e Duca d’Aosta) ed alla corazzata Duilio, lascia Taranto per partecipare all’operazione «M.F. 5» a contrasto dell’invio di un convoglio britannico (convoglio «M.W. 9») da Alessandria a Malta. Il Bersagliere ed il resto della XIII Squadriglia partono da Taranto alle 19.45 del 14 insieme alla VII Divisione, preceduti dalla Duilio, che viene però fatta rientrare in porto poco dopo per l’inutilità della sua uscita in mare (non essendovi corazzate britanniche a difesa del convoglio). VII Divisione e XIII Squadriglia, aumentata la velocità a 28 nodi, si congiungono con III Divisione ed X Squadriglia, partite da Messina, verso le 9.20 del 15 febbraio, procedendo poi a 20 nodi con rotta 180°. Alle 18.30, tuttavia, essendo il convoglio britannico troppo vicino a Malta per poter essere intercettato (ma nessuno dei tre mercantili che lo compongono riuscirà ad arrivarvi, grazie agli attacchi aerei), la formazione italiana riceve l’ordine di rientrare alla base. Alle 4.44 del 16 febbraio le navi italiane vengono illuminate da bengala ed alle 5.30 sono attaccate da aerosiluranti, senza risultato grazie alle pronte contromanovre elusive delle navi italiane, che emettono anche cortine fumogene. Alle 7.25 del 16 le due divisioni si separano, scambiandosi però le squadriglie di cacciatorpediniere, così che la XIII Squadriglia finisce insieme alla III Divisione, che fa rotta su Messina. Tale Divisione, poco prima tra le 7.47 e le otto del mattino, s’imbatte in un velivolo britannico smarrito che viene abbattuto dalla scorta aerea tedesca (l’equipaggio superstite è salvato dal Fuciliere). Alle 11.30 la velocità viene aumentata a 24 nodi, essendo entrati in una zona pattugliata da sommergibili britannici, e la formazione riceve la scorta della vecchia torpediniera Giuseppe Dezza, di due MAS e di sette aerei (cinque tedeschi e due italiani). Alle 13.45 il Carabiniere viene silurato dal sommergibile britannico P 36 e perde la prua: 20 uomini rimangono uccisi e 40 feriti. Questi ultimi vengono trasbordati sui MAS (i più gravi), sul Bersagliere e sull’Alpino, mentre il Carabiniere viene rimorchiato a Messina dalla Dezza e poi dal rimorchiatore Instancabile. Bersagliere ed Alpino raggiungono Messina alle 19 del 16 febbraio, tre ore dopo il resto della formazione (il danneggiato Carabiniere vi arriverà l’indomani).
6-9 marzo 1942
Partecipa all’operazione di traffico «V. 5», assegnato, insieme al Da Noli, alla scorta della moderna motonave Gino Allegri (convoglio n. 2). Tale convoglio lascia Messina alle cinque del mattino del 7 marzo, procedendo ad una velocità di 15 nodi, ed alle 19.20 dello stesso giorno si unisce al convoglio n. 1 (motonavi Nino Bixio e Reginaldo Giuliani, cacciatorpediniere Pigafetta e torpediniera Aretusa, provenienti da Brindisi) a sud di Leuca. Alle 7.30 dell’8 marzo si unisce anche il convoglio n. 3 (motonave Monreale, cacciatorpediniere Vivaldi e Fuciliere, torpediniere Castore e Circe, provenienti da Napoli). Alle 8.30 le quattro moderne motonavi sono riunite in un unico convoglio (a 190 miglia da Leuca) e proseguono con la scorta di tutte le siluranti, seguite a poca distanza da un gruppo di scorta formato da Garibaldi, Montecuccoli, Eugenio di Savoia, Ascari, Aviere, Geniere, Oriani e Scirocco, che dopo il tramonto si dispone intorno al convoglio, che arriva a Tripoli tra le 17.30 e le 18 del 9 marzo.
9-11 marzo 1942
Alle 21 del 9 marzo il Bersagliere, il Da Noli, la Castore e la torpediniera Pallade lasciano Tripoli scortando a Palermo un altro convoglio, composto dalla motonave italiana Monviso, dalla tedesca Wachtfels e dal grosso rimorchiatore Instancabile. Il convoglio arriva a Palermo l’11 dopo aver seguito la rotta occidentale.
22-24 marzo 1942
All’una di notte del 22 marzo Bersagliere, Alpino, Fuciliere ed il gemello Lanciere (temporaneamente aggregato alla XIII Squadriglia) partono da Messina insieme a Trento, Gorizia e Bande Nere (gruppo «Gorizia», la III Divisione), per intercettare un convoglio britannico («M.W. 10») diretto a Malta. Il gruppo «Gorizia» procede lungo la costa calabrese sino a Capo Spartivento, poi, alle 2.52, accosta assumendo rotta 150° verso il punto prestabilito «B» (a 160 miglia per 95° da Malta), a 25 nodi. Alle 10.40, su ordine dell’ammiraglio Iachino, la III Divisione accosta per 160° (più tardi per 165°) per stabilire contatto visivo con le forze britanniche, quindi la XIII Squadriglia si porta in posizione di scorta avanzata e poi la formazione assume una velocità di 30 nodi. A causa del mare sempre più agitato, alle 12.12 la velocità deve essere ridotta a 28 nodi per non causare eccessivi problemi ai cacciatorpediniere, poi, alle 13.32 (per gli stessi motivi), la velocità viene ulteriormente ridotta a 26 nodi e si accosta per 180°. Alle 13.40 la formazione assume rotta 210°. Alle 13.42 il gruppo «Gorizia» si dispone perpendicolarmente alla probabile direzione di avvistamento dei britannici, con il Gorizia al centro, Trento e Bande Nere alla sua sinistra su rilevamento 90° e la XIII Squadriglia alla sua dritta su rilevamento 270°, ad una distanza di 4000 metri. Alle 14.23 vengono avvistate le navi nemiche, su rilevamento 185° (a 23.000 m)-170°-160°, ed inizia l’avvicinamento, con un’accostata per 250°. Gli incrociatori britannici dirigono contro quelli italiani per difendere il convoglio, e la III Divisione, come precedentemente stabilito, fa rotta verso nord per attirarli verso il gruppo «Littorio» (corazzata Littorio, cacciatorpediniere Ascari, Aviere, Oriani e Grecale). Inizia lo scambio di colpi tra gli incrociatori (quelli italiani aprono il fuoco alle 14.35, quelli britannici alle 14.56), e le navi britanniche accostano prima ad est, poi a sud e poi di nuovo ad ovest, per non allontanarsi dal convoglio; il gruppo «Gorizia» le asseconda, continuando a sparare ed a tenere il contatto, e quando le unità nemiche accostano di nuovo verso nord cerca di nuovo di portarle verso il gruppo «Littorio», cui si unisce alle 15.23. Alle 15.20, frattanto, gli incrociatori britannici accostano di nuovo verso sud per riunirsi al convoglio.
Alle 16.31 la squadra italiana, ora riunita, avvista di nuovo quella britannica per rilevamento 210°, quindi accosta in successione per 90°, per 290° e per 270°, ed alle 16.43 si apre il fuoco da entrambe le parti. Le navi italiane danneggiano l’incrociatore britannico Cleopatra, che ripiega coperto da cortine nebbiogene, poi sospendono il fuoco alle 16.52 e lo riprendono alle 17.03, per poi cessarlo alle 17.11. Alle 17.18 la formazione italiana accosta per 240° ed alle 17.25 per 250°, riducendo la velocità a 20 nodi, per accerchiare la forza nemica da ovest, poi, alle 17.31, vira verso sud assumendo rotta 200° per ridurre le distanze. Si riprende il fuoco, ed il cacciatorpediniere britannico Havock è colpito; il tiro viene più volte sospeso e ripreso, anche in conseguenza della pessima visibilità causata dal maltempo. Alle 17.56 le navi italiane, per ridurre il violento rollio causato dalla tempesta ed al contempo evitare di modificare l’orientamento rispetto al nemico, accostano ad un tempo per 250°, ed alle 18.10 assumono rotta 280°, allontanandosi dalle navi britanniche. Viene cessato il fuoco, ma le navi britanniche si avvicinano ed attaccano, infruttuosamente, con i siluri, per poi ripiegare verso est. Alle 18.20 la squadra italiana assume rotta 220° ed alle 18.27 rotta 180°, per avvicinarsi al convoglio britannico ed obbligarlo ad allontanarsi da Malta; alle 18.31 le navi italiane aprono il fuoco da 15.000 metri, cui la squadra britannica risponde con un altro attacco silurante (ordinato alle 17.59, iniziato alle 18.27 e terminato alle 18.41), durante il quale viene gravemente danneggiato il cacciatorpediniere Kingston. La flotta italiana prosegue su rotta 180° a 22 nodi, accostando ad un tempo per 295° alle 18.45 (per evitare i siluri) e riducendo la velocità a 20 nodi; alle 18.51 le navi di Iachino accostano per 330° ed accelerano a 26 nodi, per evitare altri attacchi siluranti, anche perché la visibilità è sempre più ridotta causa la nebbia in aumento ed il mare sempre più mosso. Il fuoco viene cessato da entrambe le parti tra le 18.56 e le 18.58, e poco dopo si perde il contatto: ha così termine l’inconclusiva seconda battaglia della Sirte.
Alle 19.06 la formazione italiana accosta verso nord e poco dopo si dispone in un’unica linea di fila (navi maggiori), con i cacciatorpediniere in posizione di scorta laterale ravvicinata; alle 19.20 la velocità viene ridotta a 24 nodi ed alle 19.48 la XIII e la XI Squadriglia si posizionano a poppavia delle navi maggiori in doppia colonna, XIII Squadriglia a dritta e XI a sinistra. Il maltempo, degenerato ormai in una vera e propria tempesta, costringe però la squadra italiana ad accostare per 25° e ridurre la velocità a 20 nodi alle 20.00, ed alle 20.26 ad assumere rotta 10° (l’ordine di rientro in porto arriva alle 20.34). Alle 21.17 la velocità viene ridotta a 18 nodi ed alle 23.57 a 16, sempre per lenire il travaglio dei cacciatorpediniere. Molte delle navi rollano pericolosamente, e numerosi cacciatorpediniere iniziano a manifestare avarie: della XIII Squadriglia, il Lanciere rimane indietro rispetto alle altre unità, poi anche il Fuciliere e l’Alpino manifestano problemi alle macchine ed agli apparati di governo; il Bersagliere è l’unica unità della squadriglia a non avere avarie. Il Lanciere affonderà poco dopo le 10.17 del 23 marzo, lasciando solo 16 sopravvissuti (su un equipaggio di 242 uomini), ed analoga fine farà anche un altro cacciatorpediniere, lo Scirocco. Alle sette del mattino del 23 la formazione è tanto dispersa che nessun cacciatorpediniere è in vista della Littorio, pertanto il Bersagliere (ormai unica unità della XIII Squadriglia rimasta in formazione) e l’Ascari, che sono molto a proravia della corazzata, vengono fatti avvicinare a quest’ultima per assicurarle almeno una minima scorta antisommergibile: il Bersagliere raggiungerà la nave ammiraglia alle 7.50, l’Ascari solo alle 13.10. Alle 16.14 sopraggiunge anche un terzo cacciatorpediniere, l’Antonio Pigafetta, fatto uscire appositamente da Taranto.
Alle 17.36, a quattro miglia dall’inizio della rotta di sicurezza per Taranto, la Littorio viene avvistata in posizione 40°11’ N e 17°00’ E (nel golfo di Taranto) dal sommergibile britannico Upholder, che due minuti più tardi le lancia contro due siluri, ma le armi non vanno a segno (una di esse passa 200 metri a poppavia della nave da battaglia, alle 17.41). Alle 18.42 del 23 marzo Bersagliere, Ascari, Pigafetta e Littorio giungono a Taranto, uniche unità ad essere riuscite a raggiungere tale base (tutte le altre hanno dovuto riparare su Messina).
2-3 maggio 1942
Scorta la VIII Divisione in navigazione da Taranto a Reggio Calabria.
25 maggio 1942
Scorta la III e la V Divisione da Augusta a Taranto.
26-27 maggio 1942
Scorta il vecchio incrociatore leggero Bari da Taranto a Reggio Calabria.
27-28 maggio 1942
Scorta la VIII Divisione da Reggio Calabria a Taranto.
8 giugno 1942
Sotto bombardamento aereo a Taranto.
9 giugno 1942
Di nuovo attaccato da bombardieri a Taranto.
10 giugno 1942
Altro bombardamento aereo mentre è a Taranto.
11 giugno 1942
Nuovo bombardamento aereo a Taranto.
14-15 giugno 1942
Lascia Taranto insieme al resto della XIII Squadriglia (Alpino, Mitragliere e Pigafetta, alla VII Squadriglia (Freccia, Folgore, Legionario, Saetta), alla XI Squadriglia (Aviere, Geniere, Corazziere, Camicia Nera), alla III Divisione (Trento e Gorizia), alla VIII Divisione (Garibaldi e Duca d’Aosta) ed alla IX Divisione (Littorio e Vittorio Veneto) per contrastare l’operazione britannica «Vigorous» (invio di un convoglio di rifornimenti da Alessandria a Malta, con undici mercantili scortati da otto incrociatori e 26 cacciatorpediniere oltre a naviglio minore ed ausiliario) nel corso della battaglia aeronavale di Mezzo Giugno. La XIII Squadriglia, insieme alla VII, è assegnata alla scorta delle due corazzate. La formazione italiana (le cui unità sono tenute pronte ad uscire in mare entro tre ore già dalle 18 del 13 giugno) parte da Taranto nel primo pomeriggio del 14 (la III e la VIII Divisione oltrepassano le ostruzioni alle 13.02, la IX Divisione alle 13.49), poi (a 20 nodi) segue le rotte costiere orientali del golfo di Taranto sino al largo di Vela di Santa Maria di Leuca, dopo di che, alle 18.06, assume rotta 180° e dirige per il punto prestabilito «Alfa» (34°00’ N e 18°20’ E) per intercettare il convoglio britannico. Calata la notte, gli otto cacciatorpediniere della VII e XIII Squadriglia si dispongono attorno a Littorio e Vittorio Veneto: Alpino e Legionario procedono a proravia della formazione, il primo a sinistra ed il secondo a dritta, mentre gli altri sei procedono su due colonne (VII Squadriglia a dritta e XIII a sinistra) ai lati delle due corazzate, con il Bersagliere a capofila della colonna sinistra. Essendo stata avvistata alle 17.45 da ricognitori, la squadra italiana prosegue verso sud fino alle 22, poi, alle 22.03, accosta per 140°, riassumendo rotta 180° solo a mezzanotte, allo scopo di disorientare le forze nemiche. Intorno alle 2.30 del 15 giugno, essendo stati rilevati aerei britannici ed essendo prossimo il loro attacco (diretto contro il gruppo «Littorio»), la squadra italiana inizia ad emettere cortine nebbiogene ed accosta ad un tempo di 40° a sinistra, ritenendo l’ammiraglio Iachino che l’attacco aereo sia in arrivo da tale lato (ed in tal caso sarebbe vantaggioso puntare la prua sugli aerei per ridurre le probabilità di essere colpiti, ed al contempo per allontanarsi dai bengala, che usualmente vengono sganciati dal lato opposto a quello dove si verifica l’attacco), ma poi, dato che si sentono rumori di aerei in arrivo anche da altre direzioni, viene ripresa la navigazione verso sud in linea di fila. Alle 2.40, appena è stata riassunta rotta 180°, iniziano ad accendersi bengala a sinistra, quindi la squadra italiana accosta di 40° a dritta per allontanarsi, e procede con tale rotta sino alle 3.31, poi accosta di 30° a dritta e dopo altri cinque minuti di 30° a sinistra (per confondere i piloti degli aerei), fino a che alle 3.56, non vedendosi più bengala, viene ripresa la rotta 180° e cessa l’emissione di cortine fumogene. I quattro aerosiluranti Vickers Wellington, infatti, si sono ritirati non essendo riusciti ad individuare le navi italiane nelle cortine nebbiogene, eccetto uno che ha lanciato un siluro contro una corazzata ma senza risultati.
Alle 4.15 la formazione italiana, essendo andata più ad ovest della rotta prevista, accosta per 160° dirigendo per il punto «Alfa» per non ritardare l’incontro con il convoglio britannico (che tuttavia, all’insaputa dei comandi italiani, ha già invertito la rotta alle 00.45 rinunciando a raggiungere Malta, in seguito sia a danni e perdite causati dagli attacchi aerei che all’impossibilità di sostenere uno scontro con la forza navale italiana, di molto superiore; il convoglio dirigerà di nuovo su Malta dalle 5.30 alle 8.40, per poi invertire definitivamente la rotta e tornare ad Alessandria).
Poco dopo le cinque del mattino del 15 giugno i quattro incrociatori, che con la XI Squadriglia procedono 15 miglia a poppavia del gruppo «Littorio», vengono attaccati da nove aerosiluranti britannici Bristol Beaufort, uno dei quali colpisce il Trento, che viene immobilizzato ed incendiato. Poi tre degli aerosiluranti attaccano anche il gruppo «Littorio»: le due corazzate aprono il fuoco con i cannoni da 90 mm ed i cacciatorpediniere sparano alcune salve con i pezzi principali da 120 mm quando gli aerei sono lontani, poi aprono il fuoco anche con le mitragliere non appena la distanza si è sufficientemente ridotta, continuando inoltre ad eseguire accostate per impedire il lancio simultaneo dei siluri. Il primo aereo lancia, infruttuosamente, alle 5.26 da 4500 metri, un altro lancia da 1500 ma l’arma viene evitata con le manovre, il terzo si allontana per poi ritornare all’attacco e, nonostante l’intenso tiro contraereo (tutte le armi sono dirette contro di lui), alle 5.51 riesce a sganciare da 2000 metri e poi si allontana indenne dopo essere passato tra le due corazzate. Il siluro, diretto contro la Vittorio Veneto, non va a segno. La formazione italiana prosegue sulla sua rotta, dopo aver distaccato Saetta e Pigafetta per l’assistenza al Trento danneggiato. (Più tardi, alle 9.13, il Trento verrà nuovamente silurato dal sommergibile britannico P 35 – che alle 5.46 aveva già infruttuosamente lanciato quattro siluri da 4500 metri contro la Vittorio Veneto, senza che le unità italiane se ne accorgessero – ed affonderà in soli sette minuti, con la perdita di 570 dei 1151 uomini dell’equipaggio).
Alle sette vi è un nuovo allarme in seguito all’avvistamento di nove aerei dapprima ritenuti nemici – tutte le armi vengono puntate contro di essi –, ma che poi si rivelano essere tedeschi, la scorta aerea sopraggiunta. Sempre alle 7, in seguito a numerose comunicazioni che rivelano che il convoglio è molto indietro rispetto al previsto od addirittura sta tornando ad Alessandria, la squadra di Iachino assume rotta 140° per poterlo intercettare (nell’ipotesi che ancora stia dirigendo su Malta). Poco dopo le otto vengono avvisati due aerei britannici 30° a di prua a dritta, e viene aperto il fuoco contro di essi, ma frattanto sopraggiunge da sinistra una formazione di otto bombardieri statunitensi Consolidated B-24 Liberator che, tenendosi a 4000 metri di quota, sgancia sulle corazzate, colpendo con una bomba la Littorio, provocando modesti danni. Subito dopo le navi italiane accostano ad un tempo di 80° a sinistra, per poter rivolgere tutte le armi contro gli aerei, poi, essendosi questi allontanati, riprendono la rotta 110°. Poco dopo le 8.40 vengono avvistati cinque aerosiluranti Bristol Beaufort provenienti da prua, contro cui aprono il fuoco sia i pezzi da 90 mm delle corazzate che quelli da 120 mm dei cacciatorpediniere (e successivamente anche le mitragliere), e le navi accostano rapidamente sulla dritta sin quasi ad invertire la rotta, confondendo gli attaccanti, che lanciano infruttuosamente da poppa, tre da una distanza di circa 4000 metri e due da una distanza di 2000 metri (le prime tre armi sono evitate con piccole accostate, le ultime due mettendo tutta la barra a sinistra). Due degli aerei vengono danneggiati dal tiro contraereo. Poi la squadra italiana ritorna in linea di fila, con la Littorio in testa ed i sei cacciatorpediniere in posizione di scorta ravvicinata; viene assunta rotta verso sud e poi, alle nove, si torna sulla rotta 110° (verso est-sud-est) per raggiungere il nemico. Alle 9.17, in seguito all’avvistamento di navi da parte di uno dei ricognitori imbarcati, la velocità viene portata a 24 nodi; alle 11.50, in seguito all’avvistamento di un fumo a 30° di prua dritta, la formazione italiana accelera a 28 nodi ed assume rotta per 150° per incontrare quelle che crede essere le navi britanniche, ma scopre trattarsi di un ricognitore italiano precipitato in mare. Alle 12.20 la velocità viene nuovamente ridotta a 24 nodi, ed alle 14.00, essendo ormai evidente l’impossibilità di incontrare le forze nemiche, ormai tornate alla base, anche le unità italiane accostano per 340° e riducono la velocità a 20 nodi per rientrare alle loro basi. Alle 17.09 un caccia tedesco getta in mare, a sinistra delle navi, un fumogeno, segnale concordato per indicare l’avvistamento di un sommergibile, pertanto la formazione italiana accosta ad un tempo a dritta, per poi tornare sulla rotta 340° alle 17.21. Alle 22, in seguito a nuove disposizioni (trovarsi a 60 miglia per 180° da Nido alle cinque del mattino del 16, per un’eventuale ripresa dell’azione) la squadra di Iachino assume rotta 250°, ma tra le 22.30 e le 23, in seguito al rilevamento di aerei, accosta dapprima per 210° e poi (poco prima delle 23) per 260°. Poco dopo, tuttavia, iniziano ad accendersi dei bengala e quindi le navi italiane iniziano ad emettere cortine di nebbia, che risultano però meno dense ed efficaci rispetto alla notte precedente. Alle 23.26 ed alle 23.55 si accendono altri bengala a dritta e verso poppavia, e la seconda serie di bengala, a 4000 metri, vanifica l’effetto delle cortine fumogene. Le navi accostano rapidamente di 20° a sinistra, per lasciarsi a poppa i bengala, ma poco dopo se ne accendono altri a soli 2500 metri. I cacciatorpediniere (cui poi si uniscono le corazzate) dirigono il tiro di tutte le mitragliere su un aerosilurante britannico, in avvicinamento da circa 20° di prora a dritta, che riesce ad avvicinarsi a circa 1000 metri prima di sganciare: alle 23.40 la Littorio viene colpita da un siluro a prua dritta. Dopo essersi fermata per evitare una collisione con la Vittorio Veneto impegnata in manovre evasive, la corazzata colpita può rimettere in moto a 20 nodi, e la formazione assume rotta 340°, ma altri bengala si accendono a soli 2000 metri, quindi la formazione italiana accosta immediatamente ad un tempo a dritta assumendo rotta 50° per lasciarsi i bengala a poppa, ma non vi sono altri attacchi. Poco dopo mezzanotte viene ripresa rotta 350° (verso nord), mentre le navi italiane vengono infruttuosamente cercate da altri aerei. Non si verificano più attacchi aerei, ed all’1.18 viene fatta cessare l’emissione di cortine e si ritorna in formazione, con rotta su Taranto. Alle 5.06 la squadra accosta per 315° apprestandosi ad imboccare la rotta di sicurezza, procedendo a zig zag e poi eseguendo diverse accostate in seguito ad avvistamenti, veri o presunti, di periscopi nemici; verso le 9 un altro caccia tedesco getta in mare un fumogeno (così segnalando la presenza di un sommergibile) a dritta della formazione, che accosta immediatamente a sinistra. La rotta di sicurezza viene imboccata alle 10.35, ed alle 16 il gruppo «Littorio» attraversa le ostruzioni, giungendo poco dopo nel porto di Taranto.
1-2 luglio 1942
Parte da Taranto e viene inviato a Navarino unitamente alla VIII Divisione (Garibaldi, Duca d’Aosta e Duca degli Abruzzi) ed ai gemelli Alpino, Corazziere e Mitragliere. La formazione rimane stanziata nel porto greco per quattro mesi, pronta a prendere il mare nel caso convogli in navigazione nel Mediterraneo centro-orientale dovessero subire attacchi da parte di navi di superficie partite dalle basi britanniche in Medio Oriente, ma tale necessità non si manifesterà.

Alcuni marinai del Bersagliere in licenza a Taranto, il 12 luglio 1942, durante un periodo di lavori. Giuseppe Bonaccorso, fuochista, è il terzo da sinistra (per g.c. del figlio Giuseppe Bonaccorso)

Giuseppe Bonaccorso nel 1942 (g.c. Giuseppe Bonaccorso)


27-28 luglio 1942
Si trasferisce da Navarino a Suda per una missione di guerra. A Suda, il 28, viene attaccato da bombardieri.
29-31 luglio 1942
Scorta un convoglio da Suda a Bengasi.
31 luglio-1 agosto 1942
Rientra da Bengasi a Suda di scorta ad un altro convoglio.
3 agosto 1942
Lascia Suda e torna a Navarino.
11 agosto 1942
Bombardamento aereo su Navarino. Si valuta la possibilità di impiegare la VIII Divisione ed i relativi cacciatorpediniere nella battaglia di Mezzo Agosto (11-12 agosto 1942) nel caso dovessero intervenire forze navali britanniche da oriente, ma tale impiego non avrà luogo.
16 agosto 1942
Bersagliere e Mitragliere soccorrono l’equipaggio della motonave Lerici dopo il suo siluramento, avvenuto alle 18.30 del giorno precedente in posizione 34°50’ N e 21°30’ E da parte del sommergibile britannico Porpoise, mentre la motonave navigava in convoglio da Brindisi a Bengasi. Il relitto galleggiante della Lerici, nell’impossibilità di salvarla, viene finito dalla scorta a mezzogiorno del 16.
31 ottobre-2 novembre 1942
Alle 17.45 del 31 ottobre Bersagliere, Corazziere e Da Recco lasciano Taranto per effettuare una missione di trasporto a Tobruk di 196 t di munizioni e tre tonnellate di materiale d’artiglieria (suddivise tra le tre unità, in parte sfuse ed in parte in cassette). I tre cacciatorpediniere (che percorrono la rotta del Mediterraneo orientale e procedono in formazione a triangolo a 25 nodi) a partire dalle due di notte del 1° novembre subiscono in successione cinque attacchi di bombardieri e due di aerosiluranti; nella notte tra l’1 ed il 2 novembre, in particolare, subiscono un pesante attacco aereo, protrattosi dalle 23 dell’1 all’1.40 del 2, durante il quale le tre unità devono contromanovrare ad alta velocità emettendo cortine fumogene: molte bombe cadono vicine, ed una arreca lievi danni al Corazziere. Le navi raggiungono Tobruk il 2 novembre alle 9.22, ripartendo appena terminata la messa a terra del carico.
10 novembre 1942
Alle 6.10 ed alle 6.11 Bersagliere, Granatiere, Fuciliere, Alpino ed il gemello Camicia Nera, mentre scortano Garibaldi, Duca d’Aosta e Duca degli Abruzzi in navigazione da Navarino ad Augusta, vengono avvistati dai sommergibile britannici Una ed Utmost una quindicina di miglia ad est di Augusta. Alle 6.33, in posizione 37°11’ N e 15°30’ E, l’Una lancia quattro siluri contro la nave in coda alla formazione, ed alle 6.37, in posizione 37°16’ N e 15°31’ E, anche l’Utmost lancia quattro siluri contro uno degli incrociatori, ma nessuna delle armi va a segno.
15 novembre 1942
Alle 22.15 Bersagliere e Granatiere salpano da Taranto per scortare la grossa motonave cisterna Giulio Giordani, carica di 7400 tonnellate di carburante e 35 di lubrificanti: questa nave rappresenta l’ultimo tentativo di inviare in Libia una nave cisterna, essendo ormai divenute queste navi, per la natura dei loro carichi (di maggiore importanza), bersagli (e vittime) preferiti degli attacchi nemici. (Secondo Aldo Cocchia nel suo libro di memorie “Convogli”, alla nave, che aveva un carico tanto vitale, era stata data una così ridotta scorta proprio per non dare nell’occhio). Ma le forze britanniche sono già state allertate da “Ultra”, e concentrano tutti i loro attacchi sulla Giordani.
17 novembre 1942
Alle 20 (per altra fonte alle 22) il convoglio viene assalito da aerosiluranti britannici a nord di Misurata. Illuminati dai bengalieri, il Bersagliere ed il Granatiere fanno tutto il possibile per nascondere la Giordani stendendo cortine fumogene, aprendo inoltre il fuoco in un intenso tiro contraereo, ma due siluri vanno a segno, e l’ultima speranza di rifornire di carburante la Libia si trasforma in un relitto divorato dalle fiamme. Il Bersagliere, unità caposcorta al comando del capitano di fregata Anselmo Lazzarini, comunica alle 20.21 “Petroliera colpita sta affondando, rimango in zona per ricuperare naufraghi sino all’alba”, e da Supermarina gli viene riposto “Tentate con ogni mezzo salvataggio petroliera alt Se affonda, ultimato recupero naufraghi, dirigete Messina per rotta levante aut ponente secondo condizioni mare alt Nessuna possibilità rifornimento Tripoli.” Il relitto in fiamme della Giordani viene finito con un siluro dal sommergibile britannico Porpoise, inabissandosi in posizione 32°58’ N e 15°38’ E.
Bersagliere e Granatiere non possono far altro che soccorrere i superstiti (il Bersagliere prende a bordo 69 uomini, ovvero 24 italiani membri dell’equipaggio, 38 tedeschi, tre militari italiani e quattro uomini della Regia Marina presenti sulla cisterna come passeggeri) e tornare in porto.
La battaglia dei convogli è agli sgoccioli, e la fine per il Bersagliere stesso è vicina.


Ufficiali e marinai del Bersagliere nel parco della Favorita a Palermo per un’esercitazione, nel 1942. Giuseppe Bonaccorso è in piedi al centro, con le mani sulla giberna. Bonaccorso, il 7 gennaio 1943, pur potendo scendere a terra in franchigia, non ne aveva voglia, ma fu convinto dalle insistenze degli amici e sbarcò così circa due ore prima del bombardamento (che lo avrebbe altrimenti sorpreso nei locali destinati ai fuochisti, sotto la linea di galleggiamento, vicino ai locali caldaie ed accessibili unicamente attraverso una stretta botola con una scaletta), avendo salva la vita (g.c. Giuseppe Bonaccorso).




L’affondamento


Il 7 gennaio 1943 il Bersagliere era all’ormeggio al molo sud del porto di Palermo. Alle 16.25 dieci bombardieri della 9th USAAF (in venticinque erano decollati dalle basi, ma solo questi giunsero sull’obiettivo) apparvero sui cieli del capoluogo siciliano: aveva inizio un bombardamento aereo statunitense, che aveva per obiettivo proprio il porto e le navi ivi ormeggiate. Come spesso accadeva, le bombe raggiunsero l’obiettivo – l’affondamento del Bersagliere ne è la prova –, ma caddero anche sul centro storico della città, provocando una strage di civili: 139 vittime tra la popolazione palermitana.
Appena cinque minuti dopo l’inizio dell’attacco, alle 16.30, il Bersagliere venne raggiunto da due bombe: pressoché immediatamente la nave sbandò sul lato di dritta, poi, rapidamente, si rovesciò sullo stesso lato ed affondò accanto al molo, venendo completamente sommersa dal mare, con le gomene tese che ancora la tenevano legata alle bitte. Molti uomini rimasero uccisi, mortalmente feriti o mutilati dallo scoppio delle bombe, o dalle schegge, altri, come il marinaio segnalatore Ernesto Greco – che non avrebbe mai richiesto la pensione di guerra in rispetto dei compagni caduti –, ferito da schegge alla testa ed a braccio e ginocchio destri, vennero ricoverati nell’ospedale di Palermo con gravi ferite. Alcuni, estratti dall’acqua senza più le gambe, morirono tra le braccia dei commilitoni, altri furono proiettati sulla banchina o dall’altro lato del molo dalla violenza degli scoppi. Altri ancora rimasero intrappolati all’interno dello scafo: nonostante la nave stesse affondando su bassifondali, non poterono essere salvati – le esplosioni avevano deformato scafo e sovrastrutture impedendo la fuga, e l’affondamento fu rapido –, e non rimase loro che rivolgere un ultimo saluto dagli oblò. Lorenzo Vigo, un marinaio di Arenzano, fu tra quanti rivolsero un ultimo saluto da dietro un oblò prima che l’acqua sommergesse la nave. Il meccanico ventenne Claudio Santandrea ebbe il tempo di gridare dall’oblò, ad un amico e collega che impotente assisteva sulla banchina: “Saluta i miei genitori! Viva l’Italia!”. Un ufficiale che era sul molo, per non lasciarlo annegare, gli sparò in testa con la pistola d’ordinanza. Solo nel dopoguerra la sua piastrina identificativa sarebbe stata recuperata dal relitto della nave e spedita alla famiglia.
Gli uomini del Bersagliere che avevano avuto la fortuna di trovarsi a terra, in città, al momento dell’attacco, quando tornarono al molo vennero inizialmente trattenuti a distanza dal relitto e dal tratto di banchina colpito, per risparmiare loro la visione delle salme dei loro compagni, molte delle quali smembrate, che venivano rimosse dal molo coperto di sangue. Tra di loro c’era anche Giuseppe Bonaccorso: lui non sarebbe mai più tornato su quel molo di Palermo sino al 1989, quando il figlio Giuseppe avrebbe scoperto, in maniera del tutto casuale, che il molo stesso era stato dedicato alla sua nave.
In tutto persero la vita 59 uomini, tra cui anche il capitano di fregata Anselmo Lazzarini, comandante del Bersagliere.


Morirono quel giorno a Palermo:

Nicola Ambrosino, guardiamarina, da Procida
Mario Amicolo, sergente elettricista, da San Lucio del Sannio
Carlo Anghileri, marinaio, da Garlate (1)
Vincenzo Armida, sottocapo radiotelegrafista, da Ugento
Mario Arnavas, sottotenente di vascello, da La Spezia
Armando Bais, marinaio, da Trieste
Alfredo Biondi, sottocapo specialista direzione tiro, da Rapolano Terme
Divo Dinno Bison, marinaio fuochista, da Jesolo
Luigi Bortone, tenente di vascello, da Caserta
Sergio Busni, marinaio meccanico, da Roncofreddo
Carlo Cavalloro, marinaio fuochista, da Genova
Giulio Ceriani, marinaio cannoniere, da Origgio
Alfonso Cerutti, sottocapo cannoniere, da Borgomanero
Pietro Cutrone, capo furiere di seconda classe, da Palermo
Alfonso D'Alessandro, sergente cannoniere, da San Giorgio a Cremano
Leonardo De Marini, secondo capo meccanico, da Gallipoli
Angelo De Sciscio, sottocapo nocchiere, da San Marco dei Cavoti
Aldo Dell'Acqua, marinaio specialista direzione tiro, da Bibbiena
Erminio Dossena, marinaio fuochista, da Rozzano (2)
Marcantonio Esposito, marinaio, da Procida
Pietro Esposito, marinaio, da Salerno
Luciano Fersini marinaio furiere, da Savona
Felice Finocchiaro, marinaio cannoniere, da Centuripe
Vittorio Fiocca, marinaio, da Tropea
Mario Fornetti, marinaio cannoniere, da Lodi
Costantino Forte, secondo capo meccanico, da Buja
Mario Garlaschi, marinaio, da Vidigulfo
Remo Gismondi, marinaio fuochista, da Civitavecchia
Antonino Gulisano, marinaio fuochista, da Paternò
Anselmo Lazzarini, capitano di fregata (comandante), da Macerata
Giorgio Liguori, marinaio cannoniere, da Gallipoli
Omobono Lupatini, marinaio, da Castrezzato
Sergio Mazzucca, marinaio, da Pola
Mauro Melchiorri, marinaio, da San Benedetto del Tronto
Angiolino Menardi, marinaio fuochista, da Sestri Levante
Agostino Merighi, marinaio fuochista, da Isola Dovarese
Giuseppe Messina, tenente del Genio Navale, da Trapani
Sebastiano Mondello, marinaio cannoniere armaiolo, da Messina
Antonino Nicotra, marinaio, da Catania
Narciso Padoan, marinaio, da Chioggia
Mario Pauri, marinaio fuochista, da Ancona
Edilio Pioli, marinaio nocchiere, da Castelnuovo di Garfagnana
Giuseppe Quagliata, marinaio, da Castellammare del Golfo
Giulio Quaratesi, marinaio cannoniere armaiolo, da Orciano Pisano
Giacomo Rolla, marinaio cannoniere, da Lerici
Luigi Rossi, marinaio torpediniere, da Dogliani
Giovanni Ruggiero, marinaio cannoniere puntatore mitragliere, da Terlizzi
Paolo Ruggirello, marinaio, da Erice (3)
Giuseppe Santamaria, marinaio fuochista, da Brugherio
Claudio Santandrea, marinaio meccanico, da La Maddalena
Armando Sarti, sottocapo cannoniere, da Riccò del Golfo di Spezia
Giulio Silvano, marinaio elettricista, da Pozzolo Formigaro
Luciano Sirola, sottotenente del Genio Navale, da Fiume
Eliovaldo Stella, tenente di vascello, da La Maddalena
Alfredo Taddia, marinaio fuochista, da Abano Terme
Otello Tarlao, marinaio fuochista, da Muggia
Antonio Teti, secondo capo cannoniere puntatore scelto, da Squillace
Eliovaldo Stella, tenente di vascello, da La Maddalena
Bruno Vagelli, marinaio meccanico, da Cascina
Lorenzo Vigo, marinaio, da Arenzano
Rosario Zuccarello, marinaio fuochista (4)

(1) Deceduto il 15 febbraio 1943 per le ferite riportate
(2) Deceduto il 13 gennaio 1943 per le ferite riportate
(3) Deceduto il 3 febbraio 1943 per le ferite riportate
(4) Questo nome figura sulla lapide in memoria dei caduti del Bersagliere presso il molo omonimo, ma non figura negli elenchi dei caduti e dispersi della Marina né nella banca dati di Onorcaduti

Lapide in memoria di Giuseppe Messina nel cimitero di Trapani (g.c. Giuseppe Romano)

Il relitto del cacciatorpediniere venne demolito in loco nel 1946; solo allora si poterono recuperare molti dei corpi dei caduti.

Di seguito alcune foto delle esequie dei caduti del Bersagliere, tenute nel dopoguerra (per g.c. di Antonio Ceriani, nipote del caduto Antonio Ceriani, via Salvatore Luisi/Sestoquaranta). La nave che si vede nelle foto è il Granatiere, gemello e “commilitone” del Bersagliere in tutte le battaglie combattute durante la guerra, sopravvissuto al conflitto ed all’epoca in servizio per la neonata Marina Militare della Repubblica Italiana.



  

A memoria dei caduti, il molo sud di Palermo venne ribattezzato «Molo C.T. Bersagliere». Il tratto di banchina dove la nave era ormeggiata, danneggiato dalle bombe che ne hanno scalfiro le rocce, è stato lasciato, a differenza del resto del molo, con i visibili segni dei danni riportati il giorno del bombardamento. Una lapide posta dove la nave era stata affondata, in fondo al molo, vicino al faro, ricorda i morti di quel giorno. Ernesto Greco, che a 95 anni è forse l’ultimo superstite ancora vivente del Bersagliere, si è lungamente battuto perché quella lapide, che con il tempo e l'incuria era andata deteriorandosi, venisse restaurata, ma le autorità interpellate, alle parole non hanno fatto seguire i fatti. Anche alcuni abitanti di Palermo hanno cercato di sollecitare da parte delle istituzioni locali un intervento – che peraltro sarebbe costato pochissimo – ma invano. Infine, nel gennaio 2014, la sezione di Palermo dell’Associazione Nazionale Bersaglieri ha rotto agli indugi ed ha provveduto da sé al restauro della lapide, cui è stato finalmente restituito un aspetto decoroso.

La lapide ai caduti dell’unità allora… (da Sestoquaranta)

…nel 2012... (g.c. Serena Tudisco/www.caliaesemenza.it)

…ed oggi, finalmente restaurata (g.c. Salvatore Luisi)


Lorenzo Vigo ed altri caduti di Arenzano
Nel regno dei falsi invalidi c’è chi rifiuta la pensione di guerra
Ernesto Greco
Pagina di Wikipedia sul Bersagliere 

2 commenti:

  1. Vorrei conoscere le fonti del racconto dell'affondamento del Bersagliere. Sono un pronipote del meccanico Claudio Santandrea

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    1. Sono varie: sia alcuni dei libri indicati nella pagina "Fonti" (principalmente, "Navi militari perdute"), sia i siti linkati in fondo a questa pagina.

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