martedì 3 dicembre 2013

Alessandro Malaspina

Il Malaspina al Muggiano (La Spezia) nel luglio 1940 (foto Aldo Fraccaroli, tratta da “L’impiego dei sommergibili italiani nella 2a Guerra Mondiale” di Riccardo Nassigh sul n.5 della Rivista Italiana di Difesa, maggio 1993, via g.c. Giorgio Parodi)

Sommergibile oceanico della classe Marconi (dislocamento 1191 t in superficie, 1489 t in immersione). Durante la guerra effettuò 6 missioni, tutte in Atlantico, percorrendo in tutto 27.281 miglia in superficie e 1851 in immersione, trascorrendo 177 giorni in mare ed affondando tre mercantili per 16.384 tsl, oltre ad un quarto danneggiato per 7350 tsl.

Breve cronologia.

1° marzo 1939
Impostazione presso i Cantieri Odero-Terni-Orlando di La Spezia.
18 febbraio 1940
Varo presso i Cantieri Odero-Terni-Orlando di La Spezia.
20 giugno 1940
Entrata in servizio. La bandiera di combattimento viene donata dal comune di Mulazzo, paese natale del navigatore eponimo del sommergibile. Dopo un breve periodo di addestramento (causa l’inesperienza di gran parte del personale assegnato al Malaspina, che non è mai stato imbarcato su sommergibili, l’addestramento avviene proprio in coincidenza delle prove di collaudo), viene assegnato al II Gruppo Sommergibili di Napoli ma dislocato a La Spezia, per inviarlo in Atlantico non appena divenga operativo.
29 luglio 1940
Il Malaspina (capitano di fregata Mario Leoni) lascia La Spezia diretto in Atlantico per la sua prima missione di guerra.

Il capitano di fregata Mario Leoni, comandante del Malaspina nelle sue prime missioni atlantiche, insieme ad alcuni ufficiali tedeschi (g.c. STORIA militare)

3 agosto 1940
Passaggio dello stretto di Gibilterra. Il Malaspina attraversa lo stretto nottetempo navigando in superficie alla massima velocità, ma alle 3.55 avvista un cacciatorpediniere e deve immergersi. Per i primi 30-40 secondi dopo l’immersione il sommergibile scende normalmente, restando orizzontale e poi appruandosi leggermente, ma quando l’appruamento arriva a dieci gradi, il timone orizzontale di poppa si guasta e rimane bloccato a scendere, di 20°, e nonostante l’ordine da parte del comandante Leoni di mettere il timone di prua tutto a salire e – quando già si era giunti a 20 metri di profondità – di dare aria alla cassa di rapida, il battello continua ad appruarsi velocemente sino a 35°, “precipitando” a 35 metri di profondità nel giro di qualche secondo. Già quando l’appruamento passa i 15° viene ordinato di chiudere tutti gli sfoghi d’aria tranne quello della cassa di zavorra prodiera e di dare aria a tutte le casse, ma prima ancora di terminare di chiudere gli sfoghi, in 7-8 secondi, il Malaspina arriva a 70 metri di profondità. Vengono velocemente aperte le valvole dell’aria e messi in parallelo i gruppi d’aria di riserva, ma l’esecuzione è resa difficoltosa dal fatto che il fortissimo appruamento ha fatto subito precipitare tutti gli uomini in camera di manovra contro la paratia prodiera, ed il comandante Leoni, che per non cadere si deve tenere alle manovre dell’impianto idrodinamico, non ha modo di raggiungere i telegrafo di macchina per ordinare di fermare i motori. Nonostante l’equipaggio continui a dare aria in pieno a doppi fondi, cassa di zavorra prodiera e cassa d’emersione, sprofonda rapidamente ed inesorabilmente con un appruamento costante di 35 gradi; quando già si è a 130 metri, ben oltre i 100 m della profondità di collaudo, la velocità di discesa scende lievemente, ma non si ferma. Finalmente, quando il manometro centrale segna 147 metri di profondità, 152 al centro della chiglia e ben 165 a prua, il Malaspina si ferma, rimane per circa dieci secondi sospeso a tale profondità con appruamento di 35°, e poi, finalmente, inizia a risalire, prima lentamente, poi più velocemente.
Nonostante tutto il battello non ha riportato alcun danno (l’incidente è stato causato, oltre che dall’avaria al timone poppiero, anche dalle correnti, che causeranno simili disavventure anche ad altri sommergibili nell’attraversamento dello stretto), e, riottenuto l’assetto, può fare rotta per la zona assegnata per le operazioni, ponendosi quindi in agguato.


Il tenente di vascello Alfredo Musotto, comandante in seconda del Malaspina (g.c. Giovanni Pinna)


12 agosto 1940
Il Malaspina attacca la nave cisterna britannica British Fame da 8406 tsl, della British Tanker Company di Londra (costruita nel 1936), un’unità dispersa del convoglio «OB. 193» e diretta in Sudamerica, lanciandole una salva quattro siluri. Colpita ed immobilizzata la petroliera, il sommergibile emerge e dà all’equipaggio superstite (46 uomini su 49) il tempo di abbandonarla su tre scialuppe, poi la affonda a cannonate. La British Fame s’inabissa nel punto 37°44’ N e 22°56’ O: il Malaspina diviene così il primo sommergibile italiano a cogliere un successo in Atlantico. (Per una versione riportata da parte britannica il Malaspina, durante l’attacco, viene costretto all’immersione dal tiro delle armi della British Fame, e sono necessari cinque siluri per affondare la nave cisterna). Il battello prende a bordo il comandante della British Fame, che viene fatto prigioniero, e per quasi un’ora (per altra versione per ben 24 ore), nonostante il rischio di essere attaccato, ne rimorchia le lance sino in vicinanza delle Azzorre (dove è stato ricevuto il segnale di soccorso inviato dalla nave attaccata), dovendo alla fine rinunciare a causa delle condizioni del mare in continuo peggioramento (le scialuppe riusciranno tuttavia a raggiungere la terra nelle Azzorre). Nel 1959 il comandante della British Fame si recherà in Italia per ringraziare il comandante Leoni per il suo gesto umanitario.

Una sequenza di immagini che mostra l’affondamento della British Fame (da “Costituzione e attività operativa di Betasom nel 1939-1940” di Francesco Mattesini, su www.academia.edu)




La British Fame affonda sotto lo sguardo del comandante Leoni (a destra) e del “tenente” Musotto (g.c. Giovanni Pinna)


Sopra, la lettera di ringraziamento scritta dal comandante della British Fame, William George Knight, al comandante Leoni; sotto, il comandante Knight e sua moglie incontrano il comandante Leoni a Bologna nel maggio 1959 (da www.qualecefalu.it)


19 agosto 1940
Infruttuoso attacco contro un altro mercantile. Successivamente il Malaspina fa rotta per tornare in Mediterraneo, come inizialmente previsto, ma gli viene ordinato di dirigere per Bordeaux, la sede di Betasom, la neocostituita base dei sommergibili italiani operanti in Atlantico.
4 settembre 1940
Alle otto di sera ora italiana il sommergibile raggiunge Bordeaux, primo sommergibile italiano ad arrivare nella nuova base.
30 settembre 1940
Visita a bordo dell’ammiraglio Karl Dönitz, comandante della flotta sottomarina tedesca.

L’ammiraglio Dönitz passa in rassegna l’equipaggio del Malaspina dopo l’arrivo a Bordeaux. Sulla destra è riconoscibile l’ammiraglio Angelo Parona, comandante di Betasom; dietro di lui il comandante Leoni ed il comandante in seconda Musotto (da www.qualecefalu.it)

Dönitz esamina il Malaspina: da sinistra a destra il capitano di fregata Hans-Rudolf Rösing, ufficiale di collegamento tedesco a Betasom, l’ammiraglio Parona, l’ammiraglio Dönitz, il comandante Leoni e l’ammiraglio Hans-Georg von Friediburg, vice di Dönitz (da “Costituzione e attività operativa di Betasom nel 1939-1940” di Francesco Mattesini, su www.academia.edu)

9 ottobre 1940
Nel pomeriggio lascia Bordeaux diretto ad ovest della Scozia, per la sua seconda missione atlantica.
18 ottobre 1940
Arriva nell’area assegnata per la missione. Intercettato il segnale di scoperta di un convoglio inviato da un U-Boot tedesco, si pone sulla rotta di massimo avvicinamento e naviga per trenta ore sino ad arrivare in posizione 59°25’ N e 30°10’ O, ma non fa in tempo a raggiungerlo prima che venga disperso.
20-21 ottobre 1940
Nella notte tra il 20 ed il 21 il Malaspina, in posizione 59° N e 29° O, attacca un mercantile di stazza valutata in 3400 tsl (ritenuto un’unità dispersa del convoglio «OB 229», partito da Liverpool il 15 e disperso il 18; un’altra fonte indica in 8000 tsl la stazza stimata della nave), lanciando dapprima un siluro, che viene deviato dalle onde, poi altri tre, uno dei quali viene ritenuto andare a segno. Il Malaspina bersaglia poi il trasporto con il cannone per poco, senza risultati (per altra versione danneggiandolo), ed infine, a causa della maggiore velocità del mercantile e dato che l’oscurità rende problematico il tiro (non così per il mercantile, che essendo più stabile e più alto sull’acqua, risponde al fuoco senza problemi, inquadrando con il suo tiro il battello vicino alla torretta), impedendo di vedere dove vanno a finire i colpi, rinuncia all’attacco, anche perché un forte piovasco fa perdere il contatto, che non verrà più ritrovato.
Il sito Warsailors ha riportato un resoconto del comandante del piroscafo olandese Bussum (in navigazione da North Shields a Montreal), che alle 00.35 del 20 ottobre, mentre navigava a dieci nodi ed un quarto con rotta 238°, avvistò un sommergibile al traverso sulla dritta, e subito virò con tutta la barra a sinistra ed armò i propri cannoni, notando, durante la virata a sinistra, la scia di un siluro – lanciato da mezzo miglio, subito prima del traverso – passare vicino sotto la poppa. Il sommergibile, alle 00.40, aprì poi il fuoco con cannone e mitragliere da 1800 metri, ma il Bussum rispose al fuoco con il proprio cannone da 100 mm, e dopo il terzo colpo sparato dal mercantile il sommergibile, che aveva sparato in tutto sei salve (una ogni quattro minuti) senza mettere colpi a segno, cessò il fuoco, e la nave si allontanò a zig zag lungo la propria rotta, impiegando anche un fumogeno galleggiante. Il Bussum aveva visto per l’ultima volta il sommergibile all’1.30, a poppavia, mentre lo seguiva. L’attacco si era verificato in posizione 59°52’ N e 28°52’ O.
Diversi particolari – la stazza stimata (3400 tsl) e quella effettiva del Bussum (3636 tsl), la posizione, le modalità dell’attacco – sembrerebbero combaciare con quelle riportate dal Malaspina in merito all’attacco al piroscafo sconosciuto, ma va notato che il Bussum riferì di essere stato attaccato nella notte tra il 19 ed il 20 ottobre, mentre l’attacco del Malaspina viene collocato nella notte tra il 20 ed il 21.
31 ottobre 1940
Alle 13.15, grazie ad una schiarita (vi sono infatti mare agitato e foschia), avvista in posizione 57°17’ N e 23°25’ O un convoglio composto da sette mercantili scortati da due cacciatorpediniere, che procede verso sudovest a 12 nodi, ma le manovre di uno dei due cacciatorpediniere, che continua a porsi tra il convoglio e l’unità italiana, gli impediscono di attaccare, obbligandolo dapprima ad allontanarsi e poi ad immergersi, perdendo il contatto.


Due foto dell’equipaggio del Malaspina nel 1940 (g.c. Giovanni Pinna)


4 novembre 1940
Si avvia sulla rotta di rientro, due giorni prima del previsto, a causa del raggiungimento del limite di autonomia. Alle 13.10, tuttavia, avvista in posizione 51°00’ N e 20°40’ O un convoglio, in navigazione verso sud-sud-est ad otto nodi, formato da 17 piccoli piroscafi scortati da un incrociatore ausiliario che procede in coda al convoglio. Il Malaspina mantiene costantemente il contatto e, con il calare del buio, tenta di avvicinarsi per attaccare, ma l’incrociatore ausiliario, che verosimilmente lo ha visto, continua a manovrare per tenersi in posizione ad intermedia, costringendolo ad allontanarsi fino a quando il sopraggiungere della notte frustra definitivamente ogni tentativo di riprendere il contatto.
5 novembre 1940
Alle 7.10 avvista un altro incrociatore ausiliario, di grosse dimensioni, all’altezza del meridiano 20°00’ O (ad 800 miglia dalla foce della Gironda). L’incrociatore ausiliario, in navigazione verso nordovest, avvista anch’esso il battello e si avvicina rapidamente a 20 nodi, quindi, ridotta la distanza a 5000 metri, inizia a sparare contro il Malaspina, obbligandolo all’immersione. Tra un piovasco e l’altro l’unità nemica viene riavvistata un paio di volte per poco tempo, poi il contatto viene perso del tutto ed il sommergibile rinuncia a rintracciarlo, facendo rotta per la base.
9 novembre 1940
Il Malaspina fa ritorno a Betasom, dove arriva nel pomeriggio e viene quindi sottoposto ad un ciclo di lavori di manutenzione.

Lo stato maggiore del Malaspina (Museo storico in Trento)

5 gennaio 1941
Salpa da Bordeaux per la terza missione in Atlantico, da svolgersi in un settore a ponente della Scozia.
13-24 gennaio 1941
Arrivato nell’area assegnata per l’agguato il 13 gennaio, sino al 24 vi cerca infruttuosamente navi nemiche, poi, su ordini inviati da Betasom, si trasferisce più a sud e dopo due giorni avvista un cacciatorpediniere, ma non ha modo di attaccarlo per via delle avverse condizioni cinematiche.
28 gennaio 1941
Avvista un incrociatore ausiliario che naviga a 16 nodi, ma la distanza è troppa per permettere un attacco.
30 gennaio 1941
Intraprende la navigazione di ritorno.
28 febbraio 1941
Conclude la missione con l’arrivo a Le Verdon (Bordeaux). Il comandante Leoni, assegnato al cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello, viene sbarcato.
22 marzo 1941
Il marinaio Alfonso Bariati, 20 anni, da Sedriano, del Malaspina, muore a Bordeaux. Viene sepolto nel cimitero militare italo-tedesco di Bordeaux (Ehrenfriedhof Bordeaux).
23 aprile 1941
Con un nuovo comandante (tenente di vascello Giuliano Prini) lascia la base diretto a ponente dell’Irlanda per la quarta missione, inserito nel gruppo d’attacco «Da Vinci» (Malaspina, Leonardo Da Vinci, Comandante Cappellini, Luigi Torelli), in cooperazione con gli U-Boote tedeschi.
Ad ovest dell’Irlanda avvista un convoglio composto da almeno una ventina di mercantili, ma non lo attacca.

Giuliano Prini, ultimo comandante del Malaspina, qui in divisa da aspirante (g.c. Giovanni Pinna)

3 maggio 1941
Danneggia seriamente, con un siluro, il piroscafo passeggeri britannico Lycaon da 7350 tsl. Il mercantile, tuttavia, grazie al maltempo che diminuisce la visibilità (piovaschi), ha modo di allontanarsi e far perdere le proprie tracce. (Per altra versione il Malaspina, avvistato il Lycaon poco prima del tramonto, lancia un siluro ma non riesce a colpirlo.)
15 maggio 1941
Per una versione, il Malaspina avvista un convoglio formato da una ventina di mercantili fortemente scortati e manovra per attaccare, ma viene costretto all’immersione da un attacco aereo e poi sottoposto per nove ore a caccia antisommergibile da parte di tre cacciatorpediniere, da cui riesce infine a sottrarsi senza danni. Quanto riportato sembrerebbe però una mescolanza di quanto accaduto prima dell’attacco al Lycaon ed il 20 maggio.
19 maggio 1941
Durante la navigazione di ritorno alla base, viene attaccato da cinque aerei (o da un idrovolante Short Sunderland) ad un centinaio di miglia dall’estuario della Gironda: vengono sganciate cinque bombe, ma nessuna cade vicino. Per altra versione l’attacco si sarebbe svolto successivamente a quello, sotto riportato, del 20 maggio.
20 maggio 1941
Attaccato da un aereo, deve immergersi e subisce poi nove ore di bombardamento con bombe di profondità da parte di tre cacciatorpediniere.
Giugno 1941
Ad inizio mese fa ritorno alla base.
27 giugno 1941
Lascia Bordeaux per la quinta missione, a ponente di Gibilterra. Per la prima volta il settore d’operazioni non è nel Nordatlantico; l’attacco è diretto contro convogli avvistati da ricognitori della Luftwaffe ad ovest di Gibilterra.
3 luglio 1941
Avvista un cacciatorpediniere, ma non lo può attaccare causa le cattive condizioni cinematiche.
14 luglio 1941
Nella notte tra il 14 ed il 15 silura ed affonda il vecchio piroscafo ellenico Nikoklis (del 1921, appartenente alla compagnia Marailis di Andros), da 3576 tsl, in navigazione scarico da Glasgow a Pepel, un’unità dispersa del convoglio «OG. 67», 105 miglia a sudovest delle Azzorre. Undici membri dell’equipaggio del mercantile rimangono uccisi, mentre 17 si salvano.
17 luglio 1941
Nottetempo silura ed affonda il piroscafo britannico Guelma, da 4402 tsl (costruito nel 1928 ed appartenente alla “La Tunisienne Steamship Company”), in navigazione da Madera a Pepel (o Freetown) con un carico di merci varie (comprese delle cipolle), unità del convoglio «OG. 337», nel punto 30°44’ N e 17°33’ O. Non si hanno vittime tra i 41 uomini dell’equipaggio.
24 luglio 1941
Attacca tre navi del convoglio avvistato dai ricognitori tedeschi, ma senza risultato.
30 luglio 1941
Rientra alla base, dove subisce un nuovo ciclo di lavori di manutenzione, che durano sino a settembre.

La scomparsa

Il 7 settembre 1941 il Malaspina lasciò Bordeaux per la sua sesta missione in Atlantico: sarebbe stata l’ultima. Il battello, inviato alla ricerca di convogli ad ovest di Gibilterra, lungo le coste spagnole, sarebbe dovuto tornare alla base a fine ottobre, ma dopo la partenza non inviò più alcun messaggio né rispose a quelli che gli furono inviati, ed il 18 novembre 1941 venne dichiarato perduto in mare in circostanze sconosciute. Non vi furono superstiti. Alla memoria del comandante Prini venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Il comando delle forze subacquee tedesco (BdU) e quello di Betasom accreditarono al Malaspina, dopo la sua scomparsa, un successo contro tre trasporti (uno dei quali valutati in 25.000 tsl) del convoglio «HG. 73»: alle 14.10 ed alle 14.25 del 24 settembre, infatti, un ricognitore del Kampfegschwader 40 della Luftwaffe, dopo aver avvistato tale convoglio nel quadrante BE 7648, aveva visto due piroscafi in affondamento ed un terzo in fiamme nel punto 44°09’ N e 21°45’ O. (Il 18 settembre, infatti, al Malaspina era stato inviato l’ordine di attaccare tale convoglio – composto da 25 mercantili e 16 navi scorta ed avvistato da un ricognitore tedesco quello stesso giorno, dopo essere partito da Gibilterra il 17 diretto a Liverpool – insieme a Leonardo Da Vinci, Francesco Morosini e Luigi Torelli, ma quando quel messaggio era stato inviato il Malaspina, con ogni probabilità, era già stato affondato.)
I tre affondamenti vennero accreditati al Malaspina perché nessun sommergibile italiano o tedesco li aveva rivendicati, ma non vi è mai stata alcuna conferma da parte britannica (di cui non risultano né perdite né danneggiamenti nella data e zona indicate), ed è verosimile che non vi fu nessun affondamento ma soltanto un errore dell’osservatore del velivolo tedesco (anche in considerazione della totale mancanza di comunicazioni tra il Malaspina e la base sin da dopo la sua partenza e della data del probabile affondamento del Malaspina, di cui sotto). Per contro, rispetto al BdU ed a Betasom furono gli stessi comandi in Italia (Supermarina e Maricosom) a dubitare della veridicità dei tre supposti affondamenti, tanto da aspettare non poco prima di riportarli nel bollettino di guerra.

Dopo la guerra l’affondamento del Malaspina venne accreditato al cacciatorpediniere britannico Vimy, che alle 21.25 del 21 settembre 1941, durante la scorta al convoglio «HG. 73» in navigazione da Gibilterra a Liverpool, aveva bombardato un sommergibile con cariche di profondità in posizione 37°46’ N e 19°18’ O, ritenendo di averlo affondato. In realtà, tuttavia, il Malaspina, secondo gli ordini di Betasom, avrebbe dovuto trovarsi 180 miglia più ad est, e l’attacco del Vimy era stato diretto contro il Luigi Torelli, un gemello del Malaspina, che non era stato affondato, bensì gravemente danneggiato e costretto a tornare alla base. (Sebbene una fonte britannica sembri attribuire due distinti attacchi al Vimy, uno il 20 settembre ai danni del Torelli, insieme al cacciatorpediniere Wild Swan, ed uno il 21 settembre, che avrebbe affondato il Malaspina).
Nel marzo 2004, tuttavia, i ricercatori Axel Niestlè (tedesco) ed Eric Zimmerman (canadese) hanno scoperto che a mezzogiorno (per altra fonte alle undici) del 10 settembre 1941 un idrovolante Short Sunderland, il velivolo W3986/“U” del 10th Squadron della Royal Australian Air Force, in pattugliamento nel golfo di Biscaglia con ai comandi il capitano (Flight Lieutenant) Athol Galway Hope Wearne, aveva avvistato un sommergibile che aveva identificato come un U-Boot oceanico, con colorazione mimetica viola-verde-grigia e del quale non furono visti né il cannone di prua né i membri dell’equipaggio, nel punto 46°23’ N e 11°22’ O (all’interno del settore d’operazioni inizialmente assegnato al Malaspina). Avvistato il sommergibile, che navigava in superficie con rotta 260° e velocità otto nodi, a circa 915 metri a prua sinistra, mentre l’aereo era in volo a 300 metri – troppo vicino per attaccare subito –, l’idrovolante aveva virato a dritta e si era abbassato sino ad appena 15 metri sopra la superficie, ma quando aveva cominciato a virare, il sommergibile aveva iniziato ad immergersi di prua. Avvicinatosi, il Sunderland aveva attaccato mantenendosi in linea con la scia del presunto U-Boot, e, prima che questi avesse potuto immergersi completamente (oppure subito dopo che si era immerso, ma quando ancora era ben visibile sotto la superficie), aveva sganciato tre bombe di profondità Mk VII, regolate per scoppiare a 15 e 30 metri di profondità (in realtà sarebbero state quattro, ma una rimase bloccata): due delle bombe avevano colpito il sommergibile mentre si stava immergendo, la prima a proravia della torretta e la seconda a poppavia della stessa (la terza, come detto, non fu sganciata per un guasto, mentre la quarta cadde in acqua, una quarantina di metri a proravia del battello). Terminato l’attacco, il Sunderland era risalito a 150 metri di quota, aveva virato di nuovo per osservare il risultato dell’attacco e, tre minuti dopo lo scoppio della prima bomba, aveva visto una grossa chiazza marrone-rossastra di nafta che andava allargandosi ad una novantina di metri dal punto di caduta delle bombe. Il cannoniere di prua aveva visto quella che sarebbe potuta essere la scia del sommergibile immerso, ma l’osservatore, dal lato sinistro dell’aereo, aveva visto chiaramente il sommergibile immobile sotto la superficie, parzialmente al di sotto della chiazza di carburante. Il Sunderland a questo punto era tornato all’attacco, sganciando la bomba di profondità rimasta, ma questa non era scoppiata, dopo di che aveva volteggiato in cerchio sopra il punto dell’attacco per venti minuti; quindi era rimasto in ricerca nell’area sino alle 15.25, quando, raggiunto il “raggio d’azione prudenziale”, si era allontanando verso la base. Quarantott’ore dopo l’attacco, un altro aereo alleato in volo nell’area, nel raggio di 35 miglia dal punto dove si era svolto l’attacco, aveva visto un’ampia chiazza di nafta e bolle di carburante del diametro di 60 cm che zampillavano in superficie (ma non bolle d’aria). L’attacco era apparso promettente, ma si era alla fine concluso che il battello attaccato fosse il tedesco U 77, che il 10 settembre era ritornato a Saint Nazaire dopo un pattugliamento, e che non avesse riportato danni. L’unico sommergibile dell’Asse scomparso in quell’area ed in quel periodo era il Malaspina (e nessun sommergibile riferì di essere stato attaccato da aerei in quel momento ed in quella zona del golfo di Guascogna); considerando che la sua velocità di crociera, otto nodi, coincideva con quella del sommergibile avvistato dal Sunderland, che l’attacco era avvenuto a 435 miglia da Bordeaux e che il sommergibile italiano avrebbe potuto trovarsi nel punto 46°23’ N e 11°22’ O al momento dell’attacco, Niestlé e Zimmerman hanno perciò concluso, anche alla luce di quanto scoperto sui reali esiti dell’azione del Vimy, che sia probabile che il Malaspina rimase vittima dell’attacco del Sunderland il 10 settembre 1941. 

Scomparvero con il Malaspina:
 
Mario Alessi, marinaio cannoniere, da Pola
Michele Ambrosino, marinaio, da Procida
Mario Basciu, marinaio, da Sant’Antioco
Arturo Bernasconi, marinaio motorista, da Milano
Vladimiro Bertelli, guardiamarina, da Livorno
Luigi Bonanni, secondo capo segnalatore, da Vernazza
Aldo Brancaccia, marinaio elettricista, da Fabo
Mario Brunacci, sottotenente medico, da Portoferraio
Tullio Buzzelli, marinaio radiotelegrafista, da Castel di Sangro
Pietro Cairo, sottotenente di vascello, da Piacenza
Angelo Camesasca, marinaio silurista, da Monza
Francesco Candiago, sottocapo motorista, da Vittorio Veneto
Carlo Capriotti, marinaio silurista, da Castel di Lama
Claudio Caratelli, sottocapo motorista, da Sgurgola
Alfredo Casarini, operaio militarizzato, da San Pietro in Casale
Ilario Cassinelli, marinaio elettricista, da Milano
Pietro Cecchi, sottotenente del Genio Navale, da Genova
Guido Ciarocchi, marinaio silurista, da Ascoli Piceno
Costantino Corradetti, marinaio silurista, da Castel di Lama
Mario Cristini, secondo capo furiere, da Darfo Boario Terme
Romolo De Rosa, secondo capo radiotelegrafista, da Napoli
Placido De Salvo, marinaio cannoniere, da Messina
Riccardo Del Lungo, sottocapo motorista, da Monte Argentario
Mario Forghieri, sergente infermiere, da Reggio Emilia
Giuseppe Forte, sottocapo elettricista, da Peschici
Marcello Franci, marinaio, da Vezzano Ligure
Giordano Gravà, operaio militarizzato, da Trieste
Salvatore Incarbona, marinaio nocchiere, da Trapani
Siro Incitti, marinaio fuochista, da Valmontone
Alberto Lanzoni, capo elettricista di terza classe, da Concordia sulla Secchia
Giuseppe Leonetti, sergente elettricista, da Salve
Luigi Lolla, secondo capo elettricista, da Voghera
Luigino Lucarelli, sottocapo elettricista, da Crespina
Vittorio Mavero, marinai silurista, da Lomagna
Antonio Mazzoni, secondo capo nocchiere, da Marradi
Giovanni Mennuni, sottocapo motorista, da Barletta
Pasquale Merola, sergente cannoniere, da Sparanise
Libero Modanesi, marinaio, da Cesenatico
Oreste Odorici, sottotenente di vascello, da Castelfranco Emilia
Giuseppe Pallottini, marinaio cannoniere, da Roma
Francesco Pentangelo, secondo capo motorista, da Angri
Antonio Persico, sottocapo motorista, da Sorrento
Orlando Perugini, marinaio cannoniere, da Sarteano
Giuliano Prini, tenente di vascello (comandante), da Roma
Ettore Raiteri, marinaio elettricista, da Novara
Emilio Rega, sottocapo silurista, da Melfi
Mario Revello, secondo capo silurista, da La Spezia
Giovanni Rosa, marinaio nocchiere, da Pozzallo
Ulderigo Rubagotti, marinaio silurista, da Agro
Carlo Ruffo, secondo capo radiotelegrafista, da Ustica
Renzo Rusignoli, marinaio silurista, da Firenze
Francesco Russo, tenente del Genio Navale (direttore di macchina), da Sommatino
Alberto Sciambra, sottocapo radiotelegrafista, da Formia
Marino Solimene, sergente motorista, da Napoli
Mario Spadoni, capo meccanico di prima classe, da Bassano del Grappa
Ferruccio Spinetti, sottocapo nocchiere, da Campo nell’Elba
Rosario Trimarchi, sottocapo nocchiere, da Taormina
Giobatta Trono, capo silurista di terza classe, da Brosso
Giovanni Vaglia, marinaio, da Anfo
Delfo Viviani, marinaio motorista, da Cascina
Nicola Volponi, secondo capo silurista, da Valle Castellana
Aldo Vusconi, sottotenente di vascello, da Trieste


La motivazione della Medaglia d’oro al Valor Militare conferita alla memoria del comandante Giuliano Prini:

"Giovane Comandante di Sommergibile, sollecitava per se stesso, fin dall'inizio della guerra, i posti più rischiosi.
Portava la propria unità sei volte alla vittoria, affondando oltre 43.000 tonnellate di piroscafi armati nemici, nel corso di tre lunghe, estenuanti missioni di guerra in Atlantico. Le sue doti di entusiasmo, di spirito combattivo, di perizia nautica, gli consacrarono la fama di Comandante di eccezionali virtù, uso sempre a perseguire il bersaglio più difficile e ad affrontare le più audaci e pericolose imprese con la fede, la serenità, la calma degli eroi.
Durante l'ultima, asperrima missione, attaccava un grosso convoglio fortemente scortato. Superando lo sbarramento costituito dalla violenta reazione delle navi armate, penetrava nel folto della formazione affondando due unità ed incendiandone una terza. Nell'impeto indomito dell'azione, fedele alla tradizione di attaccare a qualunque costo, scompariva con il Sommergibile al suo comando in un alone di gloria, consacrando con l'estremo sacrificio tutta un'attività dedicata soltanto alla Patria e alla Marina.
Atlantico, settembre 1941."

Un’altra immagine del Malaspina (tratta da “Gli squali dell’Adriatico: Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana” di Alessandro Turrini, Vittorelli Edizioni, 1999 via www.betasom.it)


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