La Victoria in navigazione (da “Victoria. Un capolavoro di Trieste” di Paolo Valenti, via www.betasom.it) |
Motonave passeggeri
da 13.098 tsl e 3739 (o 3835) tsn, lunga 164,6 metri, larga 21,3 e pescante
7,04 (o 9,4). Propulsa da quattro motori diesel Sulzer da 18.850 HP su
altrettante eliche, prodotti dalla Fabbrica Macchine Sant’Andrea di Trieste su
licenza della Sulzer di Winterthur, poteva raggiungere una velocità massima di
23,26 nodi (mentre quella di crociera era di 20,5), trasportando 239 passeggeri
in prima classe, 245 in seconda e 182 in terza (o 100 in terza e 82 in quarta)
più 254 uomini di equipaggio). Appartenente alla Società Anonima di Navigazione
Lloyd Triestino, con sede a Trieste, ed iscritta con matricola 1863 al
Compartimento Marittimo di Genova. Nominativo internazionale ICNK.
Progettata dall’architetto navale Nicolò Costanzi, la Victoria ebbe una linea elegante ed innovativa per l’epoca: la sagoma, con due fumaioli ellittici inclinati verso poppa, era stata ispirata a quella del transatlantico tedesco Bremen, mentre la carena era stata ottenuta rielaborando la carena Meyer, in modo da produrre un ‘baffo’ ondoso assai vistoso a prua ed avere invece acqua quasi calma a poppa. Fu per la Victoria che il Lloyd Triestino ideò una livrea interamente nuova: invece che sovrastrutture bianche e scafo e fumaioli uniformemente neri, scafo e sovrastrutture vennero interamente dipinti di bianco, con una sottile striscia azzurra poco sotto il bordo, ed i fumaioli di giallo oro. Tale colorazione fu poi estesa al resto della flotta del Lloyd.
Anche gli interni
della Victoria, progettati
dall’architetto Gustavo Pulitzer Finali, erano molto innovativi: non più un
arredamento da albergo di terra, bensì arredi moderni, di stile contemporaneo,
prodotti dal mobilificio Ducrot di Palermo. Tra gli artisti e artigiani
chiamati a decorarla vi furono i friulani Augusto Cernigoj (intarsi lignei in
stile egizio) e Marcello Mascherini (sculture, arredi), il milanese Pietro
Chiesa (vetrate), il designer Giò Ponti (ceramiche smaltate), lo scultore Libero
Andreotti (sculture in bronzo), i pittori Mario Sironi, Gino Severini e Massimo
Campigli e la scultrice italo-polacca Maryla Lednicka.
Marcello Mascherini
realizzò tre sculture bronzee: un “fascio littorio” esposto in plancia, un
ritratto di Vittorio Emanuele III (“Il re”) ed uno di Benito Mussolini (“Il
duce”) ambedue esposti nella Sala delle Feste. Quest’ultimo fu al centro di un
singolare episodio: Mussolini, vista la scultura che lo ritraeva in un’immagine
pubblicata sul giornale “Il Piccolo”, non la gradì e ne ordinò la rimozione al
prefetto di Trieste Ettore Porro; Mascherini gli inviò allora una sua
fotografia della scultura, attribuendo l’errore di giudizio su di essa alla
“pessima riproduzione” fatta da “Il Piccolo”, e Mussolini, persuaso, acconsentì
a far lasciare a bordo la scultura.
Novembre 1930: gestazione di
un capolavoro (g.c. Carlo Di Nitto, via www.naviearmatori.net)
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Assegnata alla linea celere Trieste-Alessandria d’Egitto in luogo degli anziani piroscafi Vienna ed Helouan (ed in concorrenza con le veloci turbonavi Esperia – nave con la quale avrebbe in guerra navigato in molteplici occasioni – ed Ausonia della SITMAR, in risposta alle quali era stata costruita), la Victoria era al momento del completamento la motonave più veloce al mondo, nonché la prima ad essere dotata di aria condizionata (il che si rivelò particolarmente utile, in considerazione delle rotte che si trovò a percorrere), grazie ad un impianto prodotto in Gran Bretagna dalla compagnia statunitense Carrier, e la prima ad avere la sala da pranzo collocata sul ponte superiore. A completare i lussi offerti dalla nave vi era un garage per gli automezzi al seguito dei passeggeri, al quale si poteva accedere direttamente guidando il veicolo lungo una rampa collegata al molo, come su un traghetto. Nel 1935 a tutto ciò si aggiunse anche una piscina.
La Victoria fu anche una delle primissime
navi al mondo ad aderire alle nuove regolamentazioni sulla sicurezza stabilite
dalle norme SOLAS 1929: un doppio fondo cellulare che si estendeva per tutta la
lunghezza della nave e undici compartimenti stagni. Una caratteristica che
l’avrebe aiutata a resistere più a lungo, ma non a salvarsi, durante il suo
ultimo tragico viaggio.
La Victoria a Genova (g.c. www.italianliners.com)
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Quando nel 1932, a seguito della riorganizzazione delle linee sovvenzionate governative, la Victoria fu trasferita sulla rotta da Genova a Bombay (poi prolungata fino a Singapore e la Cina dal 1936), il suo successo presso l’aristocrazia indiana, che la preferì alle navi britanniche in servizio sulle stesse linee, fu tale da guadagnarle l’appellativo di “nave dei Maharajah”, oltre che di “Freccia dell’Oceano Indiano” e “bianca colomba d’Oriente”. Punti forti erano la velocità, l’aria condizionata, il servizio impeccabile, la cordiale accoglienza da parte dell’equipaggio e l’ottima cucina di bordo.
Anche molti cittadini
britannici che andavano e venivano dall’India e da Singapore preferirono la Victoria ai piroscafi britannici della
compagnia P&O in servizio sulla stessa rotta (che impiegavano tre giorni in
più della Victoria a percorrere la
medesima distanza), tanto da rappresentare la maggior parte dei suoi passeggeri,
nonostante il vano appello della P&O secondo cui i sudditi britannici
avrebbero dovuto evitare “la nave fascista”.
Il celebre scrittore
Rudyard Kipling ebbe modo di vederla in un’occasione e ne rimase affascinato,
come ricordò nelle sue memorie. Anche lo scrittero francese Paul Morand, nel suo
libro “La Route des Indies”, scrisse che lui e gli altri passeggeri imbarcati
sul lento e soffocante piroscafo della P&O che li stava portando in India
non poterono far a meno di invidiare i passeggeri della Victoria quando la “Freccia
bianca” sorpassò la loro nave sulla medesima rotta.
Tra i passeggeri
prominenti vi fu anche Kung Hsiang-si, ministro delle finanze cinese nonché
uomo più ricco della Cina, che il 15 ottobre 1937 s’imbarcò sulla Victoria a Napoli per rientrare in
patria dopo una visita in Europa. Viaggiarono sulla nave anche diversi
missionari italiani diretti in Estremo Oriente.
Da un depliant del
Lloyd Triestino, risalente al 1938: «Il grande espresso Italia-India-Estremo
Oriente, vi porterà con la leggerezza dei sogni nei paesi ove la vita ha i
colori, la varietà, l’imprevisto dei racconti che vi esaltarono nella
fanciullezza. Un bel mattino si sale a bordo sulla limpida e slanciata Victoria, viva e palpitante come una
creatura giovane, e all’alba del nono giorno ci si risveglia a Bombay. Non
sembra un sogno? Tutto l’Oriente, da Porto Said a Shanghai, in una ventina di
giorni. Potrete scendere - allietati e rinvigoriti dalla navigazione - a
Massaua, a Gibuti, ad Aden, a Colombo, a Manila, a Hongkong. Se siete attratti
dal Giappone, trasborderete a Shanghai; se siete diretti al Siam, a Singapore:
due coincidenze perfettamente organizzate vi attendono».
Cartolina colorizzata della Victoria (g.c. Dante Flore via www.naviearmatori.net)
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Diverse navi costruite negli anni successivi ne ripresero le linee: i transatlantici polacchi Pilsudski e Batory, completati dagli stessi CRDA nel 1935 e 1936, le navi giapponesi Kongo Maru e Koan Maru del 1936 e 1937 e la motonave norvegese Vega, completata dai CRDA nel 1938.
Rimane nella memoria
come una delle più belle navi italiane che abbiano mai solcato i mari.
Breve e parziale cronologia.
27 aprile 1930
Impostata nel
Cantiere di San Marco dei Cantieri Riuniti dell’Adriatico, a Trieste, con il
nome di Luxor (numero di cantiere
782). Altri nomi precedentemente valutati per la nave erano stati Alessandrina e Cleopatra.
6 dicembre 1930
Varata nel Cantiere
di San Marco dei Cantieri Riuniti dell’Adriatico, a Trieste, con il nome di Victoria. È madrina Carolina Pini,
moglie del Ministro delle Comunicazioni, nonché pluridecorato ufficiale di
Marina, Costanzo Ciano.
Il varo della Victoria (g.c. Carlo Di Nitto via www.naviearmatori.net)
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30 aprile 1931
Lascia il cantiere
per la prima volta, diretta a Pola, dove l’attende un bacino galleggiante.
22 maggio 1931
Torna in cantiere
dopo le prove in mare preliminari.
La Victoria durante le prove in mare (g.c. www.italianliners.com) |
20 giugno 1931
Durante le prove in
mare di velocità la Victoria stupisce
gli stessi ingegneri che l’hanno progettata: il contratto con il cantiere
prevedeva il raggiungimento di una velocità massima non inferiore a 21,5 nodi,
ma le prove in mare effettuate in Adriatico vedono la nave superare agevolmente
i 23 nodi, facendone la motonave più veloce al mondo.
La nave fotografata ancora
durante le prove in mare, al largo di Trieste (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)
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21 giugno 1931
Consegnata al Lloyd
Triestino, del quale diviene la nave ammiraglia.
27 giugno 1931
La Victoria, al comando del capitano Giulio
Maver (o Mauri), parte alle 13 dalla Stazione Marittima di Trieste per il
viaggio inaugurale da Trieste ad Alessandria d’Egitto via Venezia e Brindisi,
rotta sulla quale presterà servizio per circa sei mesi. Grazie alla sua
velocità, abbrevia di dodici ore il tragitto da Brindisi ad Alessandria.
Due immagini della Victoria in partenza da Trieste per il
viaggio inaugurale (sopra: Museo Revoltella, via Piergiorgio Farisato e www.naviearmatori.net; sotto: g.c. Aldo
Cavallini, via www.naviearmatori.net)
24 gennaio 1932
Compie il primo viaggio
sulla linea espressa Genova-Napoli-Suez-Aden-Bombay, su cui è stata trasferita
a seguito dell’assorbimento dell’ex rivale SITMAR da parte del Lloyd Triestino
(essendo rimaste Esperia e Ausonia sulla rotta per Alessandria, tre
navi sulla stessa rotta sono infatti troppe).
1935
Durante dei lavori di
rinnovamento effettuati a Genova viene aggiunta una piscina all’aperto per la
prima classe. Le modifiche provocano un leggero incremento della stazza lorda,
dalle originarie 13.062 tsl a 13.098 tsl.
Ottobre 1935
A seguito della
perdita dell’Ausonia, distrutta da un incendio, alla linea percOrsa dalla Victoria nei suoi viaggi da e per l’Estremo Oriente viene aggiunto
uno scalo in più, ad Alessandria d’Egitto.
29 dicembre 1935
Parte da Genova per
Napoli, Porto Said, Colombo e Singapore.
Gennaio 1936
Sostituisce
temporaneamente il piroscafo Conte Rosso,
fermo a Trieste per lavori, sulla linea regolare Venezia-Brindisi-Porto
Said-Aden-Bombay-Colmombo-Singapore-Hong Kong-Shanghai.
La Victoria a Malta nel 1936 (g.c. www.italianliners.com)
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15 gennao 1936
Parte da Singapore
per Hong Kong e Shanghai.
31 gennaio 1936
Partenza da
Singapore, provenendo da Shanghai, per Colombo, Bombay, Aden, Suez, Porto Said,
Napoli e Genova: è il suo primo viaggio di ritorno sulle rotte dell’Estremo
Oriente, al comando del capitano A. Tarabocchia.
2 aprile 1936
A Singapore,
proveniente da Shanghai ed in partenza per Genova.
Aprile 1936
Finito il periodo di
sostituzione del Conte Rosso, la Victoria torna sulla sua usuale rotta
tra Italia e India.
Vista da tre quarti di poppa
(g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)
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17 maggio 1936
Partenza da Singapore
per Hong Kong e Shanghai.
2 giugno 1936
Partenza da Singapore
per Genova.
Giugno 1936
La linea percOrsa dalla Victoria viene allungata fino a Shanghai, con inoltre uno scalo in
più a Massaua.
17 luglio 1936
Partenza da
Singapore, provenendo da Genova, per Manila, Hong Kong e Shanghai.
5 agosto 1936
Scalo a Singapore
durante la navigazione da Shanghai a Genova.
Agosto 1936
Il meccanico ligure
Emilio Sturlese muore a bordo della Victoria,
mentre la nave si trova in Eritrea.
Un’altra immagine della nave
a Malta nel 1936 (g.c. www.italianliners.com)
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Ottobre 1936
Dopo aver ospitato a
Trieste la cerimonia di celebrazione del centenario del Lloyd Triestino, la Victoria viene definitivamente
trasferita sulla rotta Genova-Suez-Bombay-Colombo-Singapore-Hong Kong-Shanghai.
Meta iniziale e finale dei viaggi di andata e ritorno sono, alternativamente,
Genova ed il suo vecchio porto di registrazione e di nascita, Trieste.
Entrata in servizio
su questa linea al posto del piroscafo Conte
Rosso, che si alternava con il Conte
Verde su questa linea con viaggi ogni 30 giorni, ridurrà tale intervallo a
20 giorni. A partire dal secondo viaggio, anche Manila verrà inclusa tra gli
scali, per la prima volta.
8 novembre 1936
A Singapore,
proveniente da Genova e diretta a Manila, Hong Kong e Shanghai.
26 novembre 1936
Parte da Singapore
diretta a Genova.
La Victoria in una cartolina ufficiale del Lloyd Triestino (g.c. Nedo
B. Gonzales via www.naviearmatori.net)
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29 dicembre 1936
Salpa da Genova per
un viaggio eccezionale a Manila, collegato al Congresso Eucaristico
Inernazionale.
23 gennaio 1937
Arriva a Manila.
5 febbraio 1937
Parte da Singapore
per Colombo, Bombay, Aden, Port Said, Massaua, Napoli e Genova.
2 aprile 1937
Salpa da Shanghai per
Genova, facendo scalo a Singapore il 9 aprile. Tra i passeggeri vi è una
delegazione cinese inviata a rappresentare la Cina all’incoronazione di Giorgio
VI, nuovo re del Regno Unito.
24 maggio 1937
24 maggio 1937
Partenza da Singapore
per Manila, Hong Kong e Shanghai.
Una cartolina a colori di
Paolo Klodic che mostra la Victoria a
Hong Kong, sullo sfondo del Victoria Peak (Museo Revoltella, via Piergiorgio
Farisato e www.naviearmatori.net)
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12 giugno 1937
Parte da Singapore
per Colombo, Bombay, Aden, Massaua, Porto Said, Napoli e Genova.
7 agosto 1937
Salpa da Singapore
per Manila, Hong Kong e Shanghai. A Shanghai imbarca 600 rifugiati, tra cui
italiani, tedeschi, britannici, svizzeri, spagnoli e filippini, in fuga dalla
città cinese, dove infuria la battaglia tra le truppe cinesi e quelle
giapponesi attaccanti. Per la maggior parte sbarcheranno a Hong Kong; altri 20
scenderanno a Singapore. Nubi scure si addensano sul mondo, e sul futuro della Victoria.
26 agosto 1937
Provenendo da
Shanghai al comando del capitano Angelo Capurro, parte da Singapore (dove ha
sbarcato 112 dei 300 passeggeri presenti a bordo) per Genova.
10 ottobre 1937
Parte da Shanghai per
Manila, Hong Kong e poi di nuovo Shanghai.
28 ottobre 1937
Parte da Singapore
per Colombo, Bombay, Aden, Massaua, Porto Said, Napoli e Genova.
A Napoli (g.c. www.italianliners.com)
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Novembre 1937
Shanghai cade in mano
alle forze giapponesi. A differenza della maggior parte delle compagnie di
navigazione, il Lloyd Triestino mantiene il proprio scalo nella città cinese,
così approfittando dei flussi di rifugiati da Shanghai che vengono trasportati
a Hong Kong ed altri porti; per ragioni di sicurezza, per breve tempo la nave
non entra nel porto di Shanghai, ma si ancora a Wu-sung.
6 dicembre 1937
Proveniente dall’Europa,
salpa da Singapore per Manila, Hong Kong e Shanghai. Tra i passeggeri vi è il
sultano dell’Oman, in viaggio per una breve vacanza in Estremo Oriente, sotto
falso nome, accompagnato dal fratello e da quattro servitori.
25 dicembre 1937
Parte da Singapore
diretta a Shanghai.
6 febbraio 1938
6 febbraio 1938
Salpa da Singapore
per Manila, Hong Kong e Shanghai.
24 febbraio 1938
Parte da Singapore
per Colombo, Bombay, Aden, Massaua, Porto Said, Napoli e Genova.
5 giugno 1938
23 giugno 1938
Parte da Singapore
per Colombo, Bombay, Suez, Napoli e Genova.
4 settembre 1938
Parte da Singapore
per Manila, Hong Kong e Shanghai.
22 settembre 1938
Parte da Singapore
per Colombo, Bombay, Suez, Porto Said, Brindisi, Venezia, Trieste, Napoli e
Genova.
6 novembre 1938
Parte da Singapore
per Manila, Hong Kong e Shanghai.
24 novembre 1938
Salpa da Singapore
per Colombo, Bombay, Suez, Porto Said, Brindisi, Venezia, Trieste, Napoli e
Genova.
La Victoria (da “Diario di guerra. Da El Alamein alla tragica ritirata
(1942-1943)” di Vittorio Vallicella)
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8 gennaio 1939
Partenza da
Singapore, provenendo da Genova, per Manila, Hong Kong e Shanghai.
26 gennaio 1939
Salpa da Singapore
per Colombo, Bombay, Suez, Porto Said, Brindisi, Venezia, Trieste, Napoli e
Genova.
13 marzo 1939
Partenza da Singapore
per Manila, Hong Kong e Shanghai.
30 marzo 1939
Salpa da Singapore
per Colombo, Bombay, Suez, Porto Said, Brindisi, Venezia, Trieste, Napoli e
Genova.
La nave attraversa il Canale
di Suez (g.c. www.italianliners.com)
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15 maggio 1939
Parte da Singapore
per Manila, Hong Kong e Shanghai, trasportando tra gli altri anche 300 ebrei
tedeschi in fuga dalla Germania e diretti a Shanghai. Altro sintomo della
catastrofe imminente: per l’Europa la pace durerà ancora pochi mesi.
1° giugno 1939
Partenza da Singapore
per Genova, con vari scali.
31 luglio 1939
Giunta a Singapore
dall’Europa con a bordo anche 250 rifugiati ebrei provenienti da Germania,
Polonia e Cecoslovacchia, prosegue per Manila, Hong Kong e Shanghai.
17 agosto 1939
17 agosto 1939
Parte da Singapore
per Genova con scali vari.
15 settembre 1939
Giunge a Singapore
con altri 300 rifugiati ebrei dalla Germania, diretti a Shanghai. La guerra mondiale
è già cominciata.
Foto aerea della Victoria (g.c. Guglielmo Lepre via www.grupsom.com)
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9 ottobre 1939
Proveniente da
Genova, giunge a Singapore per poi proseguire verso Manila, Hong Kong e
Shanghai.
19-26 ottobre 1939
Parte da Singapore
per Genova, con scali vari. Non vedrà mai più l’Oriente: al suo posto
resteranno ad alternarsi Conte Rosso
e Conte Verde, sino alla sospensione
definitiva del servizio nel maggio 1940.
2 novembre 1939
A Bombay la Victoria, durante il viaggio di ritorno,
viene ispezionata dalle autorità britanniche per verificare notizie secondo cui
le navi italiane sarebbero impiegate per trasportare illegalmente lettere ed
altri articoli. Vengono infatti trovate a bordo alcune lettere scritte dalla
moglie del capo del partito nazista di Bombay, contenenti dettagli sui
movimenti di truppe e navi.
20 novembre 1939
Conclude a Genova il
suo ultimo viaggio di linea. È già stato necessario dipingere i contrassegni di
neutralità sullo scafo.
1° giugno 1940
La Victoria a Genova (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net |
1° giugno 1940
Compie un viaggio per
trasporto truppe per conto del Ministero della Guerra. Il viaggio si concluderà
a Bari il 16 giugno: entro quel momento, l’Italia sarà già entrata in guerra.
25 giugno 1940
Salpa da Napoli per
Tripoli insieme al piroscafo Esperia.
Le due navi, che trasportano in tutto 937 militari (437 dei quali sulla Victoria) e 2775 tonnellate di materiali,
sono scortate dall’incrociatore ausiliario RAMB
III e dalle torpediniere Orsa e Procione. Si tratta del primo convoglio
con rifornimenti inviato in Libia.
27 giugno 1940
Il convoglio giunge a
Tripoli.
2 luglio 1940
Esperia e Victoria lasciano
Tripoli per tornare a Napoli, scortate dalle torpediniere Orsa, Procione, Orione e Pegaso. Il convoglio fruisce anche di una poderosa forza di
copertura a distanza, con gli incrociatori pesanti della I Divisione (Zara, Fiume e Gorizia) e
leggeri della II Divisione (Giovanni
delle Bande Nere e Bartolomeo Colleoni) ed i
cacciatorpediniere della IX (Vittorio
Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci) e X Squadriglia (Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco).
4 luglio 1940
Il convoglio giunge a
Napoli.
18 luglio 1940
Arriva a Genova, dove
viene posta in disarmo fino alla fine dell’anno.
8 gennaio 1941
Requisita a Genova dalla
Regia Marina per la conversione in trasporto truppe, senza essere iscritta nel
ruolo del naviglio ausiliario dello Stato. Sarà impiegata, con altre veloci
navi passeggeri adibite a trasporto truppe, nei “convogli veloci” inviati ogni
due settimane circa con truppe per la Libia, sulle rotte che passano a ponente
di Malta.
Durante la prima fase
del conflitto, in base alle direttive di Supermarina, di cercare di impiegare
sempre le stesse navi (con caratteristiche omogenee) nei convogli, la Victoria si ritroverà a viaggiare sempre
con alcune tra le altre maggiori navi passeggeri della Marina Mercantile
italiana: i piroscafi Esperia, Conte Rosso e Marco Polo e le motonavi Neptunia
e Oceania, mentre la scorta sarà
solitamente costituita dalla XI o dalla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere.
Tale sistema finirà con l’essere abbandonato, a discapito dell’efficienza e
della coordinazione, dalla seconda metà del 1941, a causa delle perdite subite,
che non renderanno più possibile tale politica. La magnifica flotta di
transatlantici trasformati in trasporti truppe sarà a poco a poco decimata: nel
maggio 1941 sarà affondato il Conte Rosso,
in agosto l’Esperia, a settembre Neptunia e Oceania, insieme: eccetto il Marco
Polo, unico superstite – almeno fino all’armistizio – in quanto disarmato a
La Spezia poco dopo, la Victoria sarà
l’ultima ad andarsene.
22 gennaio 1941
Salpa da Napoli per
il suo primo viaggio di trasporto truppe dopo la requisizione, in convoglio con
i piroscafi Esperia, Conte Rosso e Marco Polo e la scorta dei cacciatorpediniere Freccia e Saetta. A
Trapani questi ultimi sono sostituiti dalla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere,
con Ugolino Vivaldi, Luca Tarigo, Antonio Da Noli e Lanzerotto
Malocello.
24 gennaio 1941
Il convoglio giunge a
Tripoli (per alcune fonti, dopo che l’Esperia
è stato infruttuosamente attaccato presso le Kerkennah dal sommergibile
britannico Unique, il cui attacco non
sarebbe stato neanche notato; in realtà, l’Unique
lanciò probabilmente contro il piroscafo Dielpi,
che navigava senza scorta e fu mancato).
25 gennaio 1941
Salpa da Tripoli alle
19 insieme ai trasporti truppe Esperia,
Conte Rosso e Marco Polo e con la scorta dei cacciatorpediniere Freccia, Saetta e Luca Tarigo.
27 gennaio 1941
Il convoglio arriva a
Napoli alle 10.
24 febbraio 1941
Salpa da Napoli per
Tripoli alle 20, formando un convoglio veloce con Esperia, Conte Rosso e Marco Polo; la scorta diretta è formata
dai cacciatorpediniere Geniere, Camicia Nera, Saetta e Baleno e dalle
torpediniere Orione ed Aldebaran. In mare esce anche, a
protezione di questo e altri convogli, la IV Divisione Navale con gli incrociatori
leggeri Giovanni delle Bande Nere e Armando Diaz ed i cacciatorpediniere Ascari e Corazziere.
Il convoglio giungerà
senza danni a Tripoli, ma la formazione di scorta a distanza subirà la perdita
del Diaz, silurato il 25 febbraio dal
sommergibile britannico Upright con
la perdita di 464 uomini.
12 marzo 1941
La Victoria, con a bordo un reggimento
della Divisione di fanteria «Trento»
oltre a reparti del Genio e della Sussistenza della medesima Divisione, parte
da Napoli insieme ai piroscafi Conte
Rosso e Marco Polo e con la
scorta dei cacciatorpediniere Geniere
e Camicia Nera, cui poi si aggiunge
il Folgore proveniente da Palermo. La
scorta a distanza è fornita dagli incrociatori pesanti Trento, Trieste e Bolzano, dai cacciatorpediniere Aviere, Carabiniere e Corazziere,
dalla vecchia torpediniera Giuseppe Dezza
e da tre MAS. Le navi seguono la rotta che passa ad est di Malta.
13 marzo 1941
Il convoglio arriva a
Tripoli.
14 marzo 1941
Victoria, Conte Rosso e Marco Polo lasciano Tripoli per tornare
a Napoli scortati dai cacciatorpediniere Folgore,
Geniere e Camicia Nera.
16 marzo 1941
Il convoglio giunge a
Napoli.
1° aprile 1941
Effettua, in
convoglio con i piroscafi Esperia, Conte Rosso e Marco Polo, un altro viaggio per trasporto truppe in Libia che non
segua la rotta che passa a ponente di Malta bensì quella a levante
(Napoli-Messina-Tripoli), permettendo un tragitto più corto di dieci ore.
7 aprile 1941
Riparte da Tripoli alle
17 per tornare Napoli, in convoglio con i piroscafi Conte Rosso, Esperia e Marco Polo e la scorta dei
cacciatorpediniere Luca Tarigo, Euro, Lampo e Baleno.
8 aprile 1941
Alle 00.05 il
sommergibile britannico Upright
(tenente di vascello Edward Dudley Norman) avvista il convoglio, avente rotta
350°, su rilevamento 143°, nel punto 34°30’ N e 12°51’ E (un centinaio di
miglia a nord-nord-ovest di Tripoli). Alle 00.21 l’Upright lancia due siluri contro i due trasporti di testa (che si
“sovrappongono” nella visuale del periscopio) e poi altri due contro quello di
coda (il quarto non è stato avvistato). Le armi mancano i bersagli, e non sono
nemmeno notate dalle navi.
9 aprile 1941
Il convoglio giunge
regolarmente a Napoli.
Un’altra immagine della Victoria, nel primo pomeriggio del 24
maggio 1941, da bordo della Procione;
a sinistra s’intravede la costa calabrese (g.c. STORIA militare)
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4 maggio 1941
Salpa da Napoli in
convoglio con le motonavi Calitea
(trasporto truppe), Andrea Gritti, Ankara (tedesca), Barbarigo, Marco Foscarini
e Sebastiano Venier (tutte da
carico), scortate dai cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi, Antonio Da Noli e Lanzerotto Malocello e dalle
torpediniere Cassiopea, Orione e Pegaso. C’è anche una forza di copertura, con gli incrociatori
leggeri Eugenio di Savoia, Muzio Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta ed i cacciatorpediniere Antonio Pigafetta, Nicolò Zeno, Nicoloso Da
Recco, Alvise Da Mosto e Giovanni Da Verrazzano. Durante la
navigazione, Zeno e Pigafetta attaccano un contatto
subacqueo.
5 maggio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli.
Il convoglio arriva a Tripoli.
11 maggio 1941
Victoria, Gritti, Venier, Ankara e Barbarigo
ripartono da Tripoli per tornare in Italia scortate da Vivaldi, Da Noli, Saetta e Malocello, più gli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi ed i cacciatorpediniere Granatiere e Bersagliere
in funzione di scorta indiretta.
15 maggio 1941
Il convoglio
raggiunge Napoli.
24 maggio 1941
Salpa da Napoli alle
4.30 in convoglio veloce con i trasporti truppe Conte Rosso, Esperia e Marco Polo e la scorta diretta del
cacciatorpediniere Freccia e delle
moderne torpediniere Orsa, Procione e Pegaso. I quattro trasporti, che procedono a 17 nodi, hanno a bordo
in tutto 8500 soldati diretti in Libia. Capoconvoglio è il contrammiraglio
Francesco Canzoneri, imbarcato sul Conte
Rosso.
Alle 15.15 le navi
imboccano lo stretto di Messina; da quest’ultima città escono le torpediniere Calliope, Perseo e Calatafimi, che fino
alle 19.10 accompagnano il convoglio per rafforzare la vigilanza
antisommergibile, per poi lasciarlo al largo di Riposto e tornare a Messina
come previsto. Alle 16 salpa da Messina la III Divisione Navale, con gli
incrociatori pesanti Trieste e Bolzano ed i cacciatorpediniere Ascari, Lanciere e Corazziere,
che fornirà al convoglio scorta indiretta (procedendo circa 3 km a poppavia
dello stesso); aerei da caccia ed idrovolanti costituiscono invece la scorta
aerea. Le navi seguono la rotta che passa a levante di Malta.
Alle 20.30 il
convoglio, che procede a zig zag su quattro colonne (due di trasporti e due di
siluranti, con due navi in ogni colonna) con rotta 171° e velocità 18 nodi,
viene avvistato nel punto 36°48’ N e 15°42’ E (una decina di miglia ad est di
Siracusa e a 10 miglia per 83° da Capo Murro di Porco) dal sommergibile
britannico Upholder (tenente di
vascello Malcolm David Wanklyn), che alle 20.43 – poco dopo che, alle 20.40, le
navi hanno smesso di zigzagare per fare il punto, e mentre gli idrovolanti
antisommergibile CANT Z lasciano il convoglio per tornare alle basi di Augusta
e Taranto – lancia due siluri contro il Conte
Rosso, la nave più grande del convoglio. Colpito, il transatlantico
s’inabissa in poco più di dieci minuti, trascinando nella sua fine 1297 dei
2729 uomini che si trovano a bordo. L’Upholder,
sceso a 45 metri, viene bombardato con 37 cariche di profondità dalle 20.47
alle 21.07 da Freccia, Lanciere e Corazziere, ma non subisce danni.
25 maggio 1941
Il resto del
convoglio giunge a Tripoli alle 17.30.
27 maggio 1941
Victoria, Esperia e Marco Polo rientrano in Italia con la scorta
indiretta di Trieste e Bolzano oltre ai soliti
cacciatorpediniere di scorta diretta.
3 giugno 1941
Salpata da Trapani,
viene colta da un’avaria ai motori, che la obbliga a raggiungere Napoli.
29 agosto 1941
La Victoria lascia Napoli alle 11.15 in
convoglio con le motonavi Neptunia e Oceania e la scorta dei
cacciatorpediniere Aviere, Camicia Nera, Antonio Da Noli, Antoniotto
Usodimare, Vincenzo Gioberti ed Emanuele Pessagno.
A mezzogiorno il
sommergibile britannico Urge (tenente
di vascello Edward Philip Tomkinson) avvista il convoglio mentre transita nella
Bocca Piccola diretto verso sud, per poi disporsi su due colonne (Neptunia e Oceania nella colonna di dritta, Victoria da sola in quella di sinistra) ed assumere rotta 215°.
Dopo essere temporaneamente sceso a 15 metri (dalle 12.14 alle 12.16) per non
essere avvistato da un cacciatorpediniere che ha ridotto le distanze, alle
12.18 l’Urge, nel punto 40°25’ N e
14°25’ E (al largo di Capri), lancia tre siluri da 3660 metri contro il
trasporto più vicino: la Victoria,
che Tomkinson ha scambiato per un più grande e vecchio transatlantico del tipo
“Duilio”. La motonave viene mancata
dai siluri, così come l’Urge viene
mancato dalle 26 bombe di profondità gettate dalla scorta tra le 12.24 e le
12.55, così ritirandosi verso sudest con l’errata impressione di avere colpito
il bersaglio.
31 agosto 1941
Alle 6.30 il
sommergibile britannico Upholder
(tenente di vascello Malcolm David Wanklyn) rileva rumori di navi in
avvicinamento, nota del fumo e poi avvista il convoglio (con i trasporti truppe
disposti su due colonne) in avvicinamento su rotta 250°, poi 225°. Avvicinatosi
con un’accostata verso nord, il battello britannico lancia una salva di quattro
siluri, da 5500-6400 metri di distanza, alle 7.10, contro Neptunia e Oceania (in
posizione 32°50’ N e 13°55’ E, a levante di Tripoli). Nessuna delle armi va a
segno, e dalle 7.16 alle 7.30 due dei cacciatorpediniere contrattaccano con il
lancio di 23 bombe di profondità, che tuttavia non danneggiano l’Upholder il quale frattanto si ritira
verso nord.
Il convoglio arriva a
Tripoli alle 9.30.
Victoria, Neptunia, Oceania e la stessa scorta dell’andata
ripartono il giorno stesso per rientrare a Taranto.
2 settembre 1941
Il convoglio arriva a
Taranto. La Victoria viene sottoposta,
nei cantieri della base pugliese, a lavori per incrementarne la capacità di
trasporto truppe: i lavori saranno ultimati nel gennaio 1942, in tempo per la
sua partecipazione all’operazione «T. 18».
La nave in tempi migliori (da
www.grupsom.com)
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Operazione «T. 18»
Alle cinque del
pomeriggio del 22 gennaio 1942 la Victoria,
dopo aver imbarcato 132 ufficiali e 588 tra sottufficiali e soldati del Regio
Esercito, 405 tra ufficiali e soldati tedeschi (secondo altra fonte 400 esatti:
5 ufficiali, 40 sottufficiali e 355 soldati del I e III Battaglione di Marcia
di Coblenza) e 44 tonnellate di materiali, lasciò Taranto per Tripoli insieme
alla corazzata Duilio ed alla XV
Squadriglia Cacciatorpediniere, alla velocità di 19 nodi.
Prendeva così avvio
l’operazione di traffico «T. 18»: l’invio in Libia di quattro moderne motonavi
da carico (Monviso, Monginevro, Ravello e Vettor Pisani)
cariche di oltre 15.000 tonnellate di rifornimenti, più la Victoria carica di truppe. Le cinque navi, che avrebbero dovuto
raggiungere Tripoli – l’unico porto della Libia rimasto sotto il controllo
dell’Asse, dopo la conquista britannica della Cirenaica con l’operazione
«Crusader» – avrebbero fruito, oltre che della scorta diretta di varie
siluranti, di un gruppo di protezione composto dalla Duilio e dagli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Muzio Attendolo e Raimondo Montecuccoli
della VII Divisione.
Per la Victoria, questa sarebbe stata la
trentasettesima traversata tra Italia e Libia per trasporto di truppe, dopo
aver portato a destinazione migliaia di uomini nei viaggi precedenti:
purtroppo, si sarebbe rivelata anche l’ultima. Sulla nave, compreso
l’equipaggio civile e militare, si trovavano in tutto 1455 uomini. Comandante
civile della Victoria era il capitano
Arduino Moreni, affiancato dal comandante militare Giovanni Grana, sessantenne
capitano di vascello, ligure di Busalla.
I reparti italiani
imbarcati erano il XXXVI Battaglione Bersaglieri (12° Reggimento) al comando
del maggiore di complemento Alfredo Pizzoni (Compagnie 7a, 8a,
9a e plotone comando, al comando rispettivamente di Goffredo Bucci,
Alessandro Cuccurullo, Mariano Di Modica e Giovanni Bisio), il Comando dello
stesso 12° Reggimento Bersaglieri con il tenente colonnello Ronchetti, ed il LI
Battaglione Carri Medi (Divisione corazzata «Littorio») al comando del tenente
colonnello Salvatore Zappalà, anch’egli dei Bersaglieri.
Per prime erano
partite, da Napoli, la Monginevro e
la Ravello, alle quali si unirono poi
nello Stretto di Messina la Monviso e
la Pisani, salpate da Messina alle
otto del mattino del 22 insieme al nutrito gruppo di scorta diretta (gruppo «Vivaldi»)
composto dalla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere al comando del
contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, con i cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (nave ammiraglia di
Nomis di Pollone), Antonio Da Noli e Lanzerotto Malocello, dalla XI
Squadriglia Cacciatorpediniere del capitano di vascello Luciano Bigi con Aviere (caposquadriglia), Geniere e Camicia Nera, dalla torpediniera Castore (capitano di corvetta Congedo) e dalla torpediniera di scorta
Orsa (capitano di corvetta Eugenio Henke).
Si era così formato il convoglio numero 1 dell’operazione «T. 18».
La VII Divisione, al
comando dell’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten e scortata dalla XIII
Squadriglia Cacciatorpediniere (Alpino
– caposquadriglia al comando del capitano di vascello Ferrante Capponi –, Carabiniere, Bersagliere e Fuciliere),
aveva a sua volta lasciato Taranto alle undici del mattino del 22. VII
Divisione e XII Squadriglia formavano il gruppo denominato «Aosta».
La Victoria, unica nave del convoglio
numero 2, partì quindi per ultima. I quattro cacciatorpediniere dell’eterogenea
XV Squadriglia del capitano di vascello Enrico Mirti della Valle, composta da
quattro unità di altrettante classi diverse (il Pigafetta, caposquadriglia, era della classe Navigatori, l’Oriani della classe Poeti, lo Scirocco della classe Maestrale e l’Ascari della classe Soldati), ne costituivano la scorta diretta; la
Duilio, con a bordo il comandante
superiore in mare dell’intera operazione, ammiraglio di squadra Carlo Bergamini,
avrebbe fornito protezione da eventuali, sebbene improbabili, attacchi di navi
di superficie. Victoria, Duilio e XV Squadriglia formavano il
gruppo «Duilio».
A completamento
dell’apparato protettivo, nove sommergibili erano stati inviati in agguato ad
est di Malta e tra Creta e l’Egitto occidentale, mentre la Regia Aeronautica e
la Luftwaffe fornirono copertura aerea con ricognitori, aerei antisommergibili
e soprattutto caccia, i quali di giorno furono sempre presenti sopra le navi
italiane.
I convogli numero 1
(privato della Ravello, rientrata a
Messina per problemi al timone, ed unitosi al gruppo «Aosta» nel pomeriggio del
22) e 2 dovevano seguire rotte che, prima e dopo la riunione, li avrebbero
fatti passare a 190 miglia da Malta, dieci miglia in più di quello che si
riteneva essere il massimo raggio operativo degli aerosiluranti basati in
quell’isola e nella Cirenaica. La sera del 23 le navi, riunite in un unico
convoglio, avrebbero dovuto accostare per Tripoli, sempre mantenendosi ai
margini del cerchio di 190 miglia di raggio con centro su Malta. Purtroppo il
raggio d’azione degli aerei era stato sottovalutato: l’autonomia degli
aerosiluranti era aumentata, ed inoltre l’avanzata britannica in Cirenaica
aveva permesso alla Royal Air Force di stabilire basi aeree più avanzate di
quanto stimato dai comandi italiani.
La Royal Navy,
avvertita dai decrittatori di “ULTRA” che «un importante convoglio diretto a
Tripoli dall’Italia e coperto dalla flotta sarà in mare oggi [22 gennaio], così
come il 23 e il 24 gennaio» (il giorno seguente “ULTRA” poté fornire ai comandi
britannici informazioni più dettagliate, sebbene meno del solito, indicando che
un «importante convoglio» era partito dall’Italia per Tripoli con probabile arrivo
il giorno 24, e che, sebbene la sua esatta composizione non fosse nota, avrebbe
probabilmente compreso la Victoria
con mille soldati e la motonave Vettor Pisani
partita da Messina il 22 mattina, il tutto coperto «da un certo numero delle
principali unità della Marina italiana»), aveva disposto numerosi sommergibili
in agguato nel Golfo di Taranto, e tali battelli non poterono non rilevare
l’improvviso movimento di tante navi italiane: nel primo pomeriggio del 22 la
VII Divisione venne avvistata da due o tre sommergibili britannici, che
segnalarono l’avvistamento ai rispettivi comandi. Era in quel momento in corso
la controffensiva italo-tedesca per riconquistare il terreno perduto con
l’operazione «Crusader», e l’arrivo a Tripoli dell’importante convoglio avrebbe
avuto un impatto decisivo sui suoi risultati.
La segnalazione dei
sommergibili mise perciò in allarme le forze britanniche di base a Malta,
Tobruk, Bengasi e Alessandria d’Egitto, che inviarono dei ricognitori per
appurare rotta, velocità e composizione delle forze italiane. Il gruppo «Duilio»,
di cui faceva parte la Victoria,
venne avvistato il 22 sera dal ricognitore «B6KT»: i suoi messaggi non
passarono però inosservati, perché i decrittatori imbarcati sulla Duilio li intercettarono e decifrarono
subito, permettendo all’ammiraglio Bergamini di apprendere che il suo gruppo
era stato avvistato. Il ricognitore britannico non si allontanò dopo
l’avvistamento: rimase in contatto con il gruppo di Bergamini in modo da poter
raccogliere informazioni più precise e dettagliate, finché poco dopo mezzanotte
poté inviare un secondo segnale più particolareggiato, anch’esso intercettato e
decifrato dalla Duilio. Non
soddisfatto, alle 00.47 «B6KT» gettò una cortina di bengala su uno dei lati del
gruppo «Duilio», indi si portò sul lato opposto in modo da poter contare una
per una le navi che lo componevano, le cui sagome erano ora chiaramente
visibili nel controluce generato dai bengala. Dopo aver così inviato a Malta un
terzo messaggio ancor più dettagliato, l’aereo si decise ad allontanarsi.
Il 23 mattina, mentre
sul cielo della formazione giungevano i primi bombardieri tedeschi Junkers Ju
88 della scorta aerea, comparvero nuovamente i ricognitori britannici: restando
molto lontani sia dalle navi italiane che dagli aerei tedeschi, tali velivoli
non furono attaccati ed inviarono alle loro basi ulteriori informazioni, con
crescente precisione, sulle navi del convoglio. A nulla valsero le ripetute
variazioni di rotta da parte di Victoria
e Duilio, né la doppia inversione di
marcia del gruppo «Aosta».
Alle 15 del 23 i
convogli 1 e 2, in ritardo piuttosto considerevole rispetto al previsto, si
riunirono in una posizione prossima a quella prestabilita. Le motonavi si
disposero su due colonne di due navi ciascuna; la Victoria, che rilevò la Monviso
nel ruolo di capoconvoglio, si pose in testa alla colonna di sinistra. La XI e
XIV Squadriglia Cacciatorpediniere si posizionarono a scorta diretta intorno ai
mercantili, mentre la Duilio e la VII
Divisione si portarono ai lati del convoglio; il complesso navale assunse una
velocità di 14 nodi, sempre pedinato dai ricognitori nemici (uno dei quali
apparve alle 15.55 volando a bassissima quota, procedendo ad est delle navi
italiane e mantenendo il contatto da circa 20 km di distanza). Sia l’ammiraglio
Bergamini che l’ammiraglio De Courten ebbero l’impressione che gli aerei
provenissero dalla Cirenaica.
Alle 16.16 ebbero
inizio gli attacchi aerei. I velivoli avversari presero di mira fin da subito
la Victoria, nave più grossa del convoglio:
alcune bombe di piccolo calibro mancarono di poco la motonave, senza
danneggiarla. Poco dopo fu la VII Divisione ad essere fatta oggetto del lancio
di bombe, di maggiore calibro, ma di nuovo i bersagli furono mancati, grazie
anche alla reazione contraerea delle navi di De Courten.
Questi primi attacchi
erano portati da aerei decollati da Malta, che non ebbero successo. Un Fairey
Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm, dotato di radar
ASV (Air to Surface Vessel) e pilotato dal comandante dell’830th
Squadron, capitano di corvetta Frank Henry Edward Hopkins, era decollato da
Malta ed aveva partecipato alla localizzazione del convoglio, scatenando quindi
due ondate di attacchi da parte di bombardieri Vickers Wellington e
aerosiluranti Fairey Swordfish della Fleet Air Arm, decollati dall’aeroporto
maltese di Hal Far. La prima delle due forze d’attacco inviate dall’isola, composta
da nove aerosiluranti tra Fairey Swordfish e Fairey Albacore, si disperse prima
ancora di poter attaccare il convoglio, a causa di problemi ai motori, errori
di navigazione ed avverse condizioni meteorologiche (pioggia e copertura di
nuvole basse, che complicarono l’individuazione delle navi italiane): quando gli
Swordfish ed Albacore guidati da Hopkins rintracciarono il convoglio, tutti
tranne due erano già dovuti rientrare alla base; uno di essi, un Albacore
pilotato dal sottotenente di vascello Laidlaw e con osservatore il sottotenente
di vascello Roberts, non rientrò alla base, catturato con il suo equipaggio.
Hopkins, pur sapendo
che ora il convoglio era ad una distanza tale che l’autonomia degli Swordfish
che fossero decollati da Malta per attaccarlo sarebbe potuta non essere
sufficiente a tornare, tornò a Malta, organizzò una nuova formazione di
Swordfish e decollò nuovamente in cerca del convoglio italiano. Frattanto il
tempo era ancora peggiorato. Entro la fine della giornata, Hopkins avrebbe
accumulato quasi dodici ore di volo in condizioni meteorologiche avverse.
Di questa seconda
forza d’attacco, composta da cinque o sei aerei e di nuovo guidata dallo
Swordfish di Hopkins, solo tre velivoli entrarono in contatto con il convoglio
(due dovettero invece rientrare per problemi ai motori), e nessuno di questi
riuscì a colpire niente. Malta aveva fallito; toccava ora agli aerei cirenaici
di Berka.
(I comandi britannici
dell’epoca, apparentemente, ebbero un’impressione diversa sul risultato del
secondo attacco guidato da Hopkins, tanto da accreditare l’affondamento della Victoria non agli Albacore di Berka –
che, come si vedrà a breve, diedero il colpo di grazia alla motonave
danneggiata –, bensì ai velivoli di Malta, tanto che il capitano di corvetta
Hopkins fu decorato con il Distinguished Service Order perché, secondo la
motivazione di tale decorazione, due siluri furono visti colpire la Victoria, che non fu più trovata dalla
ricognizione aerea. In realtà, nessun’arma era andata a segno, e solo il
successivo attacco degli aerei di base in Cirenaica colpì a morte la Victoria).
Intanto, ritenendo
insufficiente la scorta aerea di nove bombardieri tedeschi Ju 88 presente in
quel momento sopra il convoglio, l’ammiraglio Bergamini chiese via radio al
comando della Luftwaffe della Sicilia – primo caso di comunicazione radio
diretta effettuata con successo tra i comandi navali ed aerei italo-tedeschi –
l’invio di altri aerei in rinforzo alla scorta; giunsero perciò altri tre Ju
88, che rafforzarono la scorta aerea.
Alle 17.25 furono
avvistati altri tre velivoli britannici: provenienti dalla direzione del sole
ormai prossimo a tramontare, si avvicinarono con decisione al convoglio volando
bassi, divenendo presto oggetto di violento fuoco contraereo da parte delle
torpediniere che si trovavano su quel lato del convoglio. A questo punto,
giunti a più di un chilometro dalle siluranti ed ad oltre tre dalla Victoria, cabrarono ed invertirono la
rotta, gettando in mare il carico offensivo. Gli Ju 88 non riuscirono ad
evitarlo.
Agli uomini a bordo
delle siluranti della scorta, che avevano negli occhi la luce del sole basso
che impediva di vedere bene, i tre aerei attaccanti erano sembrati dapprincipio
dei bombardieri, e si pensava che avessero rinunciato ad attaccare, gettando in
mare per alleggerirsi quelle che sembravano bombe. Dopo 60-90 secondi, però, il
Vivaldi avvistò con sorpresa le scie
di due siluri: venivano verso di esso, una a dritta e l’altra a sinistra; il
cacciatorpediniere li evitò passandoci in mezzo, ed al contempo ordinò ai
mercantili di accostare d’urgenza di 90° a dritta, ma non tutti compresero bene
l’ordine. Quelli che erano stati scambiati per bombardieri, erano in realtà
aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron della Royal Air
Force, decollati da Berka (Bengasi).
Alle 17.30 (orario
dell’Aviere; 17.31 secondo il
rapporto del Vivaldi) un siluro colpì
a poppa la Victoria, sul lato dritto,
sollevando una’alta colonna d’acqua. La grande motonave, dopo aver comunicato
all’Aviere di essere stata colpita,
continuò con l’abbrivio (le macchine erano completamente ferme entro le 17.35) l’ampia
accostata che aveva cominciato durante l’attacco aereo, ma perdendo via via
velocità, finché rimase immobilizzata in mezzo alle due colonne, traversata al
mare e con il lato sinistro sopravvento; non si verificò il minimo sbandamento,
mentre ci fu un leggero appoppamento. Intanto, a dritta del convoglio, gli Ju
88 attaccarono e abbatterono uno degli aerei britannici (il Bristol Blenheim
V5861 del 203rd Squadron, abbattuto dallo Ju 88 del tenente Georg
Wiedow): ma ormai il danno era fatto.
Subito dopo il
siluramento, parte degli uomini imbarcati sulla Victoria iniziarono a gettarsi in mare, e furono rapidamente calate
una decina di scialuppe.
Attorno alla motonave
danneggiata, per ordine diramato dal Vivaldi
alle 17.35, si fermarono dapprima l’Aviere
ed il Camicia Nera (capitano di fregata
Adriano Foscari) e poi, dopo che ebbe salvato l’equipaggio del velivolo
britannico abbattuto, anche l’Ascari
(capitano di fregata Guerra).
L’Aviere, che seguiva la Victoria nella scia, si ritrovò
circondato da innumerevoli naufraghi che chiedevano aiuto; fermò quindi le
macchine, mise a mare zatterini Carley ed imbarcazioni per il recupero dei
naufraghi e ne trasse in salvo molti altri calando pendoli e biscagline lungo
le murate. I soccorsi erano complicati dal mare molto mosso, con onda lunga e vento
da Scirocco che faceva velocemente
scarrocciare la Victoria, in balia
degli elementi. Mentre l’Aviere
recuperava gli uomini in mare, il Camicia
Nera si avvicinò alle lance messe a mare dalla motonave.
Non fu possibile
prendere a rimorchio la nave ferita.
Il resto del
convoglio (Duilio, VII Divisione, Monviso, Monginevro e Vettor Pisani),
per non esporsi inutilmente ad ulteriori attacchi, proseguì nella navigazione:
ad assistere la Victoria rimasero Aviere, Ascari e Camicia Nera,
sotto il comando del capitano di vascello Bigi dell’Aviere.
Alle 17.50, mentre il
salvataggio degli uomini in mare era in corso, la Victoria riferì all’Aviere
di avere le stive numero 3 e 4 allagate, chiedendo di fornire dei cavi per il
rimorchio; poi richiese al cacciatorpediniere di portarsi sottobordo. A questo
punto l’Aviere si avvicinò alla
motonave, lasciando sul posto tutti i galleggianti e le imbarcazioni che aveva
potuto mettere a mare perché continuassero il salvataggio degli ancora
moltissimi uomini che si trovavano in acqua. Dato che l’appoppamento della Victoria non era più aumentato da dopo
il siluramento, il comandante Bigi dell’Aviere
ritenne che la nave non corresse rischio di affondare, almeno non subito.
Vedendo il
cacciatorpediniere avvicinarsi, tuttavia, moltissimi uomini a bordo della Victoria si tuffarono in mare per
raggiungere a nuoto l’Aviere, e la
loro presenza – se il cacciatorpediniere si fosse affiancato alla Victoria, quei naufraghi sarebbero stati
schiacciati tra le due navi –, insieme a quella di alcune imbarcazioni cariche
di uomini ancora appese ai paranchi della motonave, indussero infine il
comandante Bigi a rinunciare all’attraccaggio. L’Aviere si tenne a poche decine di metri dal grande trasporto
truppe, prendendo a bordo i superstiti che riuscivano a raggiungerlo a nuoto.
Una piccola
imbarcazione della Victoria, una
seppietta condotta da un guardiamarina e da un secondo capo, giunse anch’essa
sottobordo all’Aviere, sul quale
trasbordò il tenente colonnello Ronchetti, comandante del 12° Reggimento
Bersaglieri, e la bandiera del reparto, dopo di che, restando vicina al
cacciatorpediniere, si adoperò nel salvataggio degli uomini in mare: ma alla
fine le onde la fecero capovolgere, e la minuscola barca scomparve.
Mentre il comandante
del 12° Reggimento ed altri ufficiali superiori dei bersaglieri avevano,
discutibilmente, abbandonato la nave prima dei loro uomini (secondo il
bersagliere Alfonso Tabiani, anzi, il colonnello Ronchetti ed un altro
ufficiale superiore furono i primi a mettersi in salvo su una imbarcazione “mettendo
in salvo” la bandiera), altri rimasero a bordo della Victoria per dirigere l’abbandono della nave e porre in salvo
quanti più uomini possibile: il maggiore dei bersaglieri Alfredo Pizzoni,
cremonese, comandante il XXXVI Battaglione Bersaglieri, e il direttore di
macchina Federico Martino, oltre ovviamente ai comandanti militare e civile
Grana e Moreni.
Nel mare, cosparso di
centinaia di naufraghi, si muovevano le imbarcazioni della Victoria che avevano ancora a bordo i loro equipaggi e quelle dei
cacciatorpediniere, intente al salvataggio degli uomini in mare. I naufraghi
erano sparpagliati in un’area molto vasta, che continuava ad ingrandirsi a
causa del continuo scarrocciamento della nave danneggiata: il mare era molto
mosso, l’acqua estremamente fredda; gli uomini in mare non avrebbero resistito
a lungo, e presto il calare del buio avrebbe ridotto drasticamente le
possibilità di trovarli. Il comandante Bigi, pertanto, diede la priorità al
salvataggio di quanti erano in acqua; per quelli che erano ancora a bordo della
Victoria, non potendoli trasferire sui
cacciatorpediniere con le imbarcazioni – già tutte impegnate nel salvataggio
degli uomini in mare –, manovrò per affiancarsi alla motonave con il suo Aviere – pur conscio che il mare mosso
avrebbe reso difficile tale manovra e forse anche causare dei danni alle
sovrastrutture – ed ordinò all’Ascari
di fare altrettanto, mentre al Camicia
Nera impartì l’ordine di continuare a raccogliere gli uomini in mare e
sulle lance.
L’Ascari completò la manovra per primo;
subito gli uomini sulla Victoria
iniziarono a calarsi lungo i penzoli delle imbarcazioni fin sulla sua coperta.
L’Aviere stava a sua volta per
terminare l’attraccaggio quando, alle 18.40, vennero avvistati due aerosiluranti,
provenienti dal settore più scuro dell’orizzonte, che si avvicinavano decisi
per attaccare, volando bassissimi sul mare. Aviere
e Camicia Nera aprirono il fuoco sia
con le mitragliere che con i cannoni da 120 mm ed accelerarono fino alla
massima velocità per portarsi tra gli aerei e la nave danneggiata; giunti a
1500 metri dalla Victoria, i due
velivoli sganciarono altrettanti siluri, poi cabrarono per allontanarsi: l’Ascari, che aveva a sua volta aperto il
fuoco, riuscì a centrarne uno, che precipitò in fiamme. Uno dei due siluri
passò appena trenta metri a prua dell’Aviere,
per poi detonare prematuramente senza recare danno; anche la seconda arma mancò
il bersaglio.
Gli uomini a bordo
delle navi italiane avevano appena potuto tirare un sospiro di sollievo, quando
alle 18.45 altri due aerosiluranti – dei Fairey Albacore dell’826th
Squadron della Fleet Air Arm, provenienti dall’aeroporto di Berka, situato
vicino a Bengasi – apparvero dalla stessa direzione. Di nuovo l’Aviere, in una posizione adatta a difendere
la motonave, aprì il fuoco: le sue mitragliere colpirono uno dei due velivoli,
che precipitò in mare sollevando un’alta colonna d’acqua. (Secondo le fonti britanniche, però, non
furono due gli aerei abbattuti in questa fase dal tiro delle navi italiane,
bensì uno: precisamente l’Albacore del tenente di vascello J. D. Jackson, che
aveva a bordo anche il comandante dell’826th Squadron, capitano di
corvetta J. W. Corbett. Corbett, Jackson ed il terzo membro dell’equipaggio
dell’Albacore, il caporale W. H. Bugden, sopravvissero e furono recuperati dal
loro canotto, dopo ventiquattr’ore, dalla nave ospedale Virgilio. Un secondo aereo, pilotato dal tenente H. M. Ellis, fu
danneggiato dallo Ju 88 del sergente Hermann Sommer ma riuscì a rientrare a
Berka).
Il secondo
aerosilurante, però, riuscì ad avvicinarsi sino alla distanza di lancio.
Impossibile mancare un bersaglio tanto grande, fermo in mezzo al mare,
nitidamente evidenziato dalle luci del tramonto dietro di sé: il siluro esplose
a centro nave, sotto la chiglia. Per la Victoria
era giunta la fine.
Aviere, Ascari e Camicia Nera si avvicinarono subito al
trasporto truppe, che ormai aveva il ponte di coperta appena pochi metri sopra
la superficie del mare e stava lentamente appoppandosi, sbandando a sinistra.
Sulla Victoria la situazione era confusa:
parte degli uomini mantenne la calma, altri si gettarono in mare. Due sergenti,
che non sapevano nuotare, si suicidarono sparandosi nella tempia. Il maggiore
Pizzoni riuscì a mantenere la calma tra i suoi uomini; il bersaglieri del XXXVI
Battaglione, che avevano già consumato il secondo rancio, si liberarono da
fasce e scarpe, indossarono i salvagente e si calarono nel mare cosparso di
nafta, lungo cime e biscagline, in ordine di appartenenza ai rispettivi plotoni.
Il maggiore Pizzoni ed il suo attendente Alfonso Tabiani furono gli ultimi a
gettarsi in acqua, dopo che Tabiani, che aveva assistito Pizzoni
nell’organizzare l’evacuazione dei bersaglieri, ebbe procurato e consegnato un
salvagente anche a Pizzoni. Pasquale Angarano, caporale dell'Esercito addetto ad una delle mitragliere contraeree della nave, annegò nel tentativo di portare in salvo un ferito grave.
La Victoria affondò di poppa in un quarto
d’ora: alle 19 del 23 gennaio 1942 la bella nave sollevò la prua verso il cielo
e s’inabissò per sempre nel punto 33°30’ N e 17°41’ (o 17°40’) E. La seguirono
in fondo al mare, insieme a molti soldati e marinai, il comandante civile
Moreni, il comandante militare Grana, il direttore di macchina Martino, il
medico di bordo Elvino Bosco ed il radiotelegrafista Michele Uva, rimasti a
bordo fino alla fine per dirigere la messa in salvo degli uomini imbarcati.
Il maggiore dei
bersaglieri Pizzoni fu invece tratto in salvo dopo aver passato due ore in
acqua; fu decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare per la fermezza
con la quale aveva organizzato il salvataggio dei suoi uomini in condizioni
particolarmente difficili. Ebbe la Medaglia d’Argento al Valor Militare, per il
suo comportamento durante l’affondamento, il bersagliere Barattini della 7a
Compagnia.
Alfonso Tabiani –
che, da contadino qual era, era stato inizialmente incredulo sulla possibilità
che una nave tanto grande potesse affondare –, una volta in mare, si allontanò
dal transatlantico in affondamento, ma le onde lo allontanarono ben più del
dovuto. Rimase alla deriva per sei ore nel mare freddo (per lo meno aveva
abbandonato la nave tenendo addosso i vestiti, che avrebbero ridotto la
rapidità dell’ipotermia, oltre al salvagente), al buio, senza vedere nulla;
sentì altri naufraghi che gridavano aiuto, in italiano e in tedesco. Rimase
aggrappato ad un rottame, tenendo la bocca chiusa per non ingoiare acqua, fino
all’arrivo dei soccorsi: era totalmente coperto di nafta, tanto che sulle prime
fu scambiato per un “moro”.
Tra i sopravvissuti
vi fu anche il tenente colonnello Zappalà del LI Battaglione Carri Medi,
destinato però a trovare la morte in battaglia pochi mesi dopo (come del resto
tanti altri dei bersaglieri scampati all’affondamento).
L’Aviere, l’Ascari ed il Camicia Nera
setacciarono il mare fino alle 00.30 del 24 gennaio, cercando di salvare quanti
più uomini possibile. Il bersagliere ventunenne Romeo Tagliazucchi, di
Castelnuovo Rangone, salendo sfinito sul Camicia
Nera, rifiutò di essere aiutato a scavalcare il parapetto, esclamando “Un
bersagliere non ha bisogno di nessuno!”; messo piede sul cacciatorpediniere,
fece solo qualche passo sul ponte prima di accasciarsi, morto.
Quando non si vide
più nessuno in mare, né si sentirono voci di naufraghi provenire dal buio della
notte, i tre cacciatorpediniere fecero rotta su Tripoli. Avevano salvato 1046
uomini tra ufficiali, marinai e soldati: centinaia di altri mancavano
all’appello. La nave ospedale Virgilio
fu inviata anch’essa a cercare eventuali naufraghi della Victoria, ma non ne trovò nessuno, essendo già stati tutti tratti
in salvo dai cacciatorpediniere; trovò e salvò invece i tre avieri britannici
Corbett, Jackson e Bugden dell’Albacore abbattuto dalla scorta durante l’ultimo
attacco alla motonave.
La triste conta dei
morti e dispersi appare piuttosto controversa, perché le fonti divergono sul
numero totale degli uomini imbarcati. Il volume dell’USMM sulla difesa del
traffico con l’Africa Settentrionale dall’1.10.1941 al 30.9.1942 parla
genericamente di “circa 1400” uomini, senza fornire un dato esatto; altre fonti
precisano questa cifra in 1455 uomini. Atteso che i superstiti furono 1046,
queste stime significherebbero che le vittime furono almeno 350 circa, forse 409.
È invece probabilmente errata la cifra fornita da “Navi mercantili perdute”,
che parla di 249 morti, senza indicare il numero dei superstiti o degli
imbarcati.
Il XXXVI Battaglione
Bersaglieri, per le perdite subite nell’affondamento, fu ridotto a 6 ufficiali
e 200 tra sottufficiali e soldati. Per crudele coincidenza, il motto del 12°
Reggimento Bersaglieri era: «Victoria
nobis vita» [la vittoria è per noi la vita].
La nave a Venezia (g.c. Aldo
Cavallini via www.naviearmatori.net)
|
Il resto del convoglio, dopo aver superato indenne ripetuti attacchi aerei e subacquei, arrivò a Tripoli nel primo pomeriggio del 24 gennaio. Al contempo vi giunsero anche Aviere, Ascari e Camicia Nera: messi a terra i naufraghi, i tre cacciatorpediniere lasciarono Tripoli alle 18 di quello stesso giorno per tornare in Italia.
La Victoria fu l’unica nave diretta in
Libia ad essere affondata in tutto il gennaio 1942, mese che avrebbe visto il
99,93 % dei rifornimenti inviati giungere a destinazione. Malta sarebbe presto
stata ridotta al silenzio dalla Luftwaffe: i suoi aerei non avrebbero più
affondato alcuna nave italiana fino all’affondamento della motonave Reginaldo Giuliani nel giugno 1942.
La motivazione della Medaglia di Bronzo al Valor Militare conferita alla memoria del caporale maggiore Pasquale Angarano, della 812a Batteria, 501° Gruppo, 3° Reggimento Artiglieria Contraerea:
"Addetto alla difesa contraerea su piroscafo requisito, fatto segno e colpito con siluro durante reiterati attacchi aerei nemici, assolveva il suo compito con elevato senso del dovere e decisa noncuranza del pericolo. Accorso generosamente in aiuto di un difficile ferito, scompariva in mare nell'attuazione del tentativo audace e cameratesco. (Mediterraneo centrale, 24 gennaio 1942)."
I motori della Saturnia, su Betasom
Il duca di Genova e il ministro Benni visitano la mostra del centenario del Lloyd Triestino
Il duca di Genova e il ministro Benni visitano la mostra del centenario del Lloyd Triestino
La storia di Victoria è molto interessante. Ho un libro di Kenneth Poolman “Night Strike from Malta. 830 Squadron RN and Rommel’s Convoys”, siluramento della nave si presenta un po 'diverso. Anche i numeri sono sconcertanti.
RispondiEliminaCitazione 1: “[…] imbarcato 132 ufficiali e 588 tra sottufficiali e soldati del Regio Esercito, 405 tra ufficiali e soldati tedeschi (secondo altra fonte 400 […]).”
Pertanto – 132 + 588 + 405 = 1125 uomini
Citazione 2: “Il volume […] parla genericamente di „circa 1400” uomini […] altre fonti precisano questa cifra in 1455 uomini.”
Pertanto– 1455 – 1125 = 330 uomini di equipaggio civile e militare ? Improbabile.
Citazione 3: “[…] le vittime furono almeno 350 circa, forse 409.”
Citazione 4: “Il XXXVI Battaglione Bersaglieri […] fu ridotto a 6 ufficiali e 200 tra sottufficiali e soldati.”
Un battaglione ha circa 500 uomini. Pertanto il XXVI ha perso quasi 300 ? Si tratta di una quantità sproporzionata. Questo significa che l'equipaggio ei tedeschi salvato la prima ?
Ed inoltre - questo blog è magnifico !
Sono impressionato dalla ricchezza e il dettaglio delle informazioni, si sente che questo è il lavoro di vero appassionato.
La ringrazio.
Elimina330 uomini di equipaggio, per una nave delle dimensioni della Victoria, non li ritengo improbabili: il Conte Rosso, la Neptunia e l'Oceania, ad esempio, al momento del loro affondamento avevano 312 uomini di equipaggio la Neptunia (244 civili, 14 della Regia Marina, 54 del Regio Esercito - probabilmente artiglieri), 314 l'Oceania (240 civili, 18 uomini della Regia Marina e 56 del Regio Esercito), 280 il Conte Rosso.
Per il XXXVI Battaglione Bersaglieri, non saprei: è possibile che le perdite citate comprendano gli uomini "fuori combattimento" a seguito dell'affondamento, ma non soltanto i morti (anche i feriti, per esempio).
Prego.
EliminaLa prima questione – OK. Ho pensato che l’equipaggio di 254 uomini in tempo di pace deve essere molto meno (senza cuochi, cameriere, ecc) in tempo di guerra.
La seconda questione - questa interpretazione ("fuori combattimento") è molto convincente e probabilmente coretta.
Grazie per la risposta rapida e complimenti per la classe del blog.
Buongiorno Lorenzo, le segnalo il bellissimo e raro libretto "Calmi i bersaglieri scesero verso la morte" di Paolo Caccia Dominioni che può trovare qui:
RispondiEliminahttp://www.qattara.it/60-113%20varie.html
Considero PCD un mito pertanto miei commenti sarebbero superflui
Se lo desidera lo prenda e lo aggiunga a questo bellissimo sito.
Un saluto, d.t.
La ringrazio molto per la segnalazione.
EliminaBuongiorno, grazie innanzitutto per la dettagliatissima ricostruzione. Le chiedevo se per caso è in possesso di nominativi di bersaglieri del XXXVI battaglione reduci dall'affondamento della Victoria, o di loro discendenti. Sono amico del figlio di Alfredo Pizzoni e mi piacerebbe molto organizzare un incontro con i discendenti. Grazie ancora.
RispondiEliminaCorradi Gianfranco (Reggio Emilia)
Buongiorno,
Eliminapurtroppo no, mi dispiace. E' tuttavia possibile che all'archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, a Roma, esistano gli elenchi dei militari imbarcati. Potrebbe provare a scrivere loro a ufficiostorico@marina.difesa.it
mio zio, bersagliere Flaminio Venturelli, nato a Castelnuovo Rangone ( Modena) fu tra quei dispersi. Aveva 27 anni.
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