lunedì 11 maggio 2015

Egadi

L’Egadi (da www.naviearmatori.net, utente Tetide)

L’Egadi era un piccolo piroscafo passeggeri da 861 tonnellate di stazza lorda e 440 tonnellate di stazza netta, lungo 62,7 metri, largo 9,05 e pescante 3,99 metri.
Costruita nel 1929 dai Cantieri Navali Società Italiana Ernesto Breda di Porto Marghera (numero di costruzione 25), ed appartenente alla Società Anonima di Navigazione La Meridionale (avente sede a Palermo), la nave era iscritta con matricola 46 al Compartimento Marittimo di Trapani ed adibita al servizio postale con le Isole Pelagie: collegava Trapani, Marsala, Mazara del Vallo, Favignana, Marettimo, Levanzo, Linosa, Lampedusa e Pantelleria.

Dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, l’Egadi non venne requisito dalla Regia Marina, né tanto meno iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato; proseguì nel suo pacifico servizio di piroscafo postale, ora però armato con due piccoli cannoni sistemati a prua e a poppa, stante la pericolosità di ogni traversata. Per armare tali pezzi, all'equipaggio civile venne aggiunto un ridotto distaccamento di marinai della Regia Marina, al comando di un sottocapo cannoniere.
Le navi passeggeri in servizio civile, non essendo tutelate da alcuna convenzione internazionale, legalmente non rappresentavano bersaglio meno lecito del naviglio militare o dei trasporti carichi di truppe e rifornimenti, e non venivano dunque risparmiate: la vicenda dell’Egadi ne avrebbe dato funesta conferma.

L’Egadi a Trapani (g.c. Nedo B. Gonzales, via www.naviearmatori.net)

Il 30 agosto 1941 l'Egadi, al comando del capitano Giovanni Cannatello, lasciò Lampedusa diretto a Pantelleria con a bordo 109 tra passeggeri e membri dell’equipaggio. La maggior parte dei passeggeri, 61, erano militari delle varie forze armate: più di metà appartenevano alla Marina, tra cui molti naufraghi del piroscafetto Costanza, affondato da aerei al largo di Lampedusa otto giorni prima; probabilmente erano rimasti sull'isola in attesa della prima nave che potesse riportarli sul continente. I rimanenti passeggeri militari erano in maggioranza camicie nere della MILMART di stanza a Pantelleria e Lampedusa, più alcuni fanti ed artiglieri, probabilmente anch'essi appartenenti ai nutriti presidi militari delle Pelagie (Lampedusa era presidiata da quattromila soldati e Pantelleria da ben 12.000: numeri che eguagliavano quelli del totale degli abitanti delle due isole) e che con l'Egadi andavano in licenza, o dalla licenza rientravano, o ancora raggiungevano il nuovo reparto cui erano stati assegnati. Altri ancora erano militari originari delle isole, anch'essi diretti in licenza o di ritorno. L'equipaggio, oltre al personale civile della società "La Meridionale", comprendeva 16 militari del C.R.E.M. addetti all'armamento difensivo: due sottufficiali, due sottocapi e dodici tra cannonieri e marinai.

Durante la navigazione, nel corso della notte, il piccolo piroscafo venne rilevato dal radar ASV (Air to Surface Vessel, radar aereo progettato per individuare navi di superficie) montato su un velivolo Fairey Swordfish decollato da Malta con funzioni di ricognitore, per individuare i convogli da attaccare.
Nonostante le modeste dimensioni e lo scarsissimo – pressoché nullo – valore bellico della nave, ben cinque aerosiluranti Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm decollarono da Malta per intercettare l’Egadi.
Alle 00.15 del 31 agosto, una trentina di miglia a nordovest di Lampedusa (a 24 miglia da Cozzo Ponente, secondo il comandante Cannatello), il postale fu attaccato dagli Swordfish: uno dei siluri andò a segno, colpendo l'Egadi a prua, sulla sinistra.

Il direttore di macchina, Filippo Marchese, ispezionò approfonditamente la nave che nonostante tutto galleggiava ancora e giunse alla conclusione che, se fosse riuscito a rimettere in moto le macchine, avrebbe potuto condurre l'Egadi in salvo. Purtroppo non riuscì a convincere altri membri dell'equipaggio ad assisterlo in questo tentativo; mentre gli altri, convinti che il postale fosse condannato, abbandonavano la nave, Marchese rimase a bordo per tentare lo stesso, da solo, di salvare la sua nave. 
Prima di allontanarsi, uno degli aerei sparò anche delle raffiche di mitragliatrice contro una delle lance già messe in mare con superstiti a bordo, ma fortunatamente l’imbarcazione venne mancata.
La lotta di Filippo Marchese per salvare l'Egadi continuò per parecchie ore: ancora alle prime luci dell'alba, alcuni dei superstiti videro in lontananza la sagoma della nave, ancora galleggiante. Il piroscafo affondò per sempre poco più tardi, portando il suo direttore di macchina in fondo al mare. (Secondo un'altra versione invece l'Egadi sarebbe affondato circa tre ore dopo il siluramento).
 
(foto Ferruzzi, via www.lombardiabeniculturali.it)

Il mare grosso separò presto le varie imbarcazioni su cui avevano preso posto i naufraghi, le cui sorti così si divisero. Una lancia con trenta superstiti riuscì a raggiungere Lampedusa con i propri mezzi; un'altra, con a bordo nove persone, si allagò quasi completamente a causa di una falla. All'alba, gli occupanti di questa scialuppa riuscirono, gridando, a richiamare l'attenzione di un gruppo di naufraghi che dopo l'affondamento si erano arrampicati su una zattera; questi li raggiunsero ed escogitarono presto una soluzione per migliorare la situazione di entrambi i gruppi: dapprima tutti gli occupanti della lancia allagata furono fatti trasbordare sulla zattera; poi, la falla nella scialuppa venne otturata con pezzi di sughero presi dai salvagente, dopo di che si poté procedere a sgottare fino a svuotare completamente l'imbarcazione. Una parte dei naufraghi tornò quindi sulla scialuppa che, presa a rimorchio la zattera, iniziò a remare verso Cozzo Ponente. Il mare ancora mosso provocò tuttavia la rottura della cimetta usata per il rimorchio, e la zattera con i suoi undici occupanti rimase nuovamente alla deriva. Non per questo i naufraghi si persero d'animo: erano tutti illesi e la loro zattera era relativamente grande, tre metri e mezzo di lato, e ben equipaggiata, con due remi, due casse di gallette e due barilotti d'acqua dolce. Alle 13.40 del 1° settembre vennero soccorsi, ancora in buone condizioni, dalla nave ospedale Virgilio a quindici miglia da Lampione.

La Virgilio aveva ricevuto ordine da Marina Augusta di portarsi trenta miglia a nordovest di Lampedusa per cercare i naufraghi dell'Egadi il 31 agosto, e procedendo a velocità ridotta - appena otto nodi - a causa di un'avaria ad un motore, aveva raggiunto la zona indicata alle nove del mattino del 1° settembre. Alle ricerche partecipavano anche quattro aerei tedeschi, incaricati di setacciare il mare tra i meridiani 12°00' E e 12°41' E ed i paralleli 36°00' N e 36°15' N, ed alcuni pescherecci. Quelli della zattera soccorsa alle 13.40 furono i primi naufraghi dell'Egadi trovati dalla nave ospedale, che alle 16.23 ricevette ordine di andare a Lampedusa per imbarcare naufraghi da portare ad Augusta, e poco più tardi un contrordine da Marina Messina che disponeva invece di proseguire le ricerche fino al tramonto, tenendo conto dello scarroccio delle zattere, andando solo dopo a Lampedusa.
Trovandosi già molto vicino a Lampedusa, il comandante della Virgilio decise tuttavia che i naufraghi già sbarcati nell'isola avrebbero potuto fornire informazioni utili per trovare quelli che ancora mancavano all'appello, quindi diresse per il piccolo porticciolo di Lampedusa, dove il comandante del porto gli riferì quanto gli avevano raccontato i superstiti già portati a terra. Riprese le ricerche, la Virgilio avvistò in posizione 35°23' N e 12°28' E un'imbarcazione semisommersa con quattro naufraghi a bordo: tra di essi c'era anche il comandante dell'Egadi, Giovanni Cannatello. Questi appariva in buone condizioni, al pari di due dei suoi compagni, mentre il quarto naufrago, un fuochista, era affetto da grave astenia ed in preda alle allucinazioni. 



Verbale di scomparizione in mare relativo ad alcuni passeggeri militari dell’Egadi (g.c. Michele Strazzeri). Abbastanza stranamente, nel documento vengono elencati tra i superstiti ben dodici uomini che in realtà erano tra le vittime.



Agli uomini della Virgilio, il comandante Cannatello fece un dettagliato resoconto che presentava serie discrepanze rispetto a quanto raccontato dai naufraghi di Lampedusa. Secondo lui l'aereo che li aveva attaccati era un Bristol Blenheim e non aveva lanciato siluri ma bombe: la prima era esplosa in mare sulla dritta, a pochi metri dalla poppa; altre due avevano colpito il castello di prua a sinistra del mulinello a salpare, sfondando il gavone, il controgavone ed il pozzo di catena, e ferendo due cannonieri che erano al posto di combattimento al cannone di prua, "probabilmente scomparsi". Una quarta bomba, di grosso calibro, aveva colpito la nave vicino al boccaporto numero 1, abbattendo l'alberello, facendo sbandare l'Egadi sulla dritta e proiettando lo stesso Cannatello ad una ventina di metri di distanza. Ritenendo che la nave fosse condannata ad affondare rapidamente, Cannatello aveva ordinato di fermare le macchine e poi, non appena si era esaurito l'abbrivio, di abbandonare la nave; dopo che passeggeri ed equipaggio avevano preso posto sui mezzi di salvataggio, si era gettato in mare a sua volta ed aveva raggiunto una lancia semiallagata, sulla quale si trovavano cinque persone. Poco più tardi la scialuppa si era capovolta a causa del mare agitato, ed i sei naufraghi avevano passato la notte aggrappati alla sua chiglia; uno di essi era morto per ipotermia all'alba, dopo di che i cinque rimasti, notato che nello scafo c'era una falla, l'avevano otturata con pezzi di giubbotto salvagente e poi avevano raddrizzato l'imbarcazione. Anche così la loro situazione era rimasta grama: la scialuppa era sprovvista non solo di viveri e di acqua potabile, ma anche di remi o del timone. Non era rimasto che staccare delle tavole di legno dall'interno dell'imbarcazione ed usarle come remi per tentare di raggiungere Lampione, ma il tentativo non aveva avuto successo, ed all'alba del 1° settembre era morto un altro naufrago. Buttato in mare il corpo, i quattro superstiti avevano continuato a remare mantenendosi all'altezza di Cozzo Ponente, nella speranza di venire avvistati dalla vedetta di Monte Albero Sole, fino a quando la Virgilio non li aveva trovati.

Tenendo conto di quanto riferito dal comandante Cannatello sui galleggianti messi in mare e di quelli che già erano stati trovati, risultavano mancare ancora all'appello almeno uno zatterino con due uomini ed uno scalandrone su cui si erano arrampicate sei o sette persone. La Virgilio riprese le ricerche verso sud-sud-est, tra Lampedusa e Lampione, seguendo le indicazioni di Cannatello; alle 19.12 del 1° settembre avvistò in posizione 35°21' N e 12°18' E una zattera di fortuna, realizzata legando due barili vuoti ed alcune tavole, dalla quale trasse in salvo tre naufraghi in buone condizioni. Circa due ore dopo venne soccorso un altro zatterino con due naufraghi, portando il totale dei salvati dalla nave ospedale a venti. La Virgilio diresse a questo punto per Lampedusa, dove imbarcò 41 naufraghi prima di riprendere le ricerche; da Marina Augusta giunse l'ordine di continuare le ricerche tenendo conto del vento e delle correnti, e la segnalazione che il mattino del 31 agosto un'imbarcazione si trovava a sette miglia da Lampione (probabilmente era la lancia del comandante Cannatello, già soccorsa). Alle 22.40 la Virgilio riprese dunque le ricerche, favorita dalle migliorate condizioni meteomarine (il mare si era calmato) e dalla luna piena, ma non avvistò più nulla fino alle 14.45 del 2 settembre, quando trovò finalmente lo scalandrone di cui aveva parlato Cannatello. Troppo tardi: sul rottame alla deriva non si trovava più alcun naufrago. Tutt'attorno galleggiavano salvagenti, tavole ed altri pezzi di legno, muti testimoni di un dramma che nessuno avrebbe potuto raccontare.
Oltre agli occupanti dello scalandrone, mancavano notizie di 36 persone che avevano preso posto in una lancia calata dal lato di dritta, che era stata vista per l'ultima volta vicino alla poppa dell'Egadi. Un nostromo superstite affermava di averla vista sbattere contro la poppa della nave e capovolgersi a causa del risucchio provocato dall'elica che ancora girava, tra le grida di aiuto dei suoi occupanti, anche se Cannatello negava che ciò potesse essere successo, in quanto aveva fatto fermare le macchine prima di ammainare le lance. La Virgilio diresse per Lampedusa. Della lancia e dei suoi occupanti non si seppe più nulla.

In tutto, 45 sopravvissuti dell'Egadi riuscirono a raggiungere Pantelleria o Lampedusa con i propri mezzi, mentre 20 furono tratti in salvo dalla Virgilio, gli ultimi dopo aver passato ben 45 ore in mare.
44 persone persero la vita, tra cui ben dieci naufraghi del Costanza: dopo essere scampati all'affondamento della loro nave, la sorte beffarda aveva riservato loro la morte in un altro affondamento a pochi giorni di distanza.
Su 61 passeggeri militari i morti furono 27, mentre su 16 uomini dell'equipaggio militare i morti furono sette, compresi entrambi i sottufficiali. Le rimanenti dieci vittime erano civili, tra passeggeri e membri dell'equipaggio.

Le vittime tra i passeggeri militari:

Domenico Alagna, camicia nera MILMART di Pantelleria, da Palermo 
Giovanni Battista Alessi, sottotenente di artiglieria, da Palermo
Michele Annese, marinaio, da Molfetta
Giuseppe Arrighi, marinaio torpediniere, da Vicenza (già naufrago del Costanza)
Rosario Battaglia, sottocapo fuochista, da Catania (già naufrago del Costanza)
Domenico Celano, camicia nera MILMART di Pantelleria, da Palermo
Francesco Costagliola, marinaio segnalatore, da Torre Annunziata (già naufrago del Costanza)
Teodoro Delli Santi, marinaio cannoniere, da Brindisi (già naufrago del Costanza) 
Benedetto De Luca, soldato di fanteria, da Alcamo 
Domenico Di Malta, sottocapo nocchiere, da Lampedusa 
Pasquale Febbraro, sottotenente del Genio Navale, da Procida (già naufrago del Costanza)
Ettore Ferranti, marinaio, da Gubbio (già naufrago del Costanza) 
Antonino Fici, soldato di fanteria, da Salemi
Simone Galioto, camicia nera MILMART di Pantelleria, da Bagheria
Santo Maniscalco, sottocapo fuochista, da Catania (già naufrago del Costanza)
Salvatore Marino, secondo capo meccanico, da Catania (già naufrago del Costanza)
Francesco Marino, soldato di fanteria, da Salemi 
Matteo Mirabella, sottocapo nocchiere, da Catania (già naufrago del Costanza)
Vincenzo Morgera, marinaio, da Casamicciola (già naufrago del Costanza)
Vincenzo Romano, camicia nera MILMART di Pantelleria, da Palermo
Francesco Silvia, marinaio, da Lampedusa
Giovanni Troia, vicecaposquadra MILMART di Pantelleria, da Palermo
Pietro Tuccio, marinaio, da Linosa
Giovanni Valdina, camicia nera MILMART di Lampedusa, da Palermo 
Giuseppe Vento, camicia nera MILMART di Pantelleria, da Palermo
Giovanni Zappalà, sottocapo radiotelegrafista, da Reggio Calabria
 
Le vittime tra l'equipaggio militare:
 
Antonio Andaloro, marinaio cannoniere puntatore scelto, da Palermo
Giorgio Antonino Aneli, marinaio cannoniere, da Palermo
 Socrate Cristofanelli, secondo capo cannoniere, da Milano
Domenico De Lisi, sottocapo cannoniere, da Balestrate
Osvaldo Gemignani, secondo capo S.D.T., da Sambuca Pistoiese
Vincenzo Lancieri, sottocapo cannoniere, da Napoli
Vincenzo Pizzo, marinaio cannoniere, da Terrasini Favarotta

Le vittime tra l'equipaggio civile:

Antonio Caibis, marinaio
Raffaele Condello, marinaio
Antonio Curatolo, marinaio
Filippo Cusenza, marinaio
Francesco Di Salvo, nostromo
Salvatore Falanga, marinaio
Nunzio Luisi, marinaio
Filippo Marchese, direttore di macchina
Antonino Pusateri, cuoco
 
Non è stato finora possibile risalire ai nomi delle vittime tra i passeggeri civili, ad eccezione della lampedusana Maria Aiello, il cui corpo venne recuperato da una delle navi impegnate nei soccorsi e sbarcato a Lampedusa.
 
 
Atto di morte di alcuni membri dell'equipaggio militare dell'Egadi (g.c. Michele Strazzeri)
 

Il relitto dell'Egadi è stato individuato nel 2020, a 76 metri di profondità, dalla Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia e dalla Società per la Documentazione dei Siti Sommersi (SDSS). La campana del piroscafo, recuperata nel luglio 2021 insieme alla chiesuola della bussola, è oggi esposta al Museo del Mare dell'Arsenale di Palermo. Nella stessa circostanza è stata eseguita una fotogrammetria del relitto con 5800 fotografie ad alta definizione, che hanno permesso di ricostruire un modello tridimensionale della nave per monitorarne il deterioramento nel corso degli anni.

Un’altra immagine dell’Egadi (g.c. Antonino Pusateri, nipote del cuoco del piroscafo, anch’egli di nome Antonino Pusateri, scomparso nell’affondamento)

Si ringraziano Armando Marchese, Roberto Santillo, Raffaella Marchese e Platon Alexiades.

5 commenti:

  1. Sig pusateri, mi scusi se la disturbo, sto facendo una ricerca su mio nonno, valdina giovanni , dato disperso il 31/8/41, mia nonna diceva che era morto in mare al largo di Lampedusa, per caso lei ha qualche documento sui nominativi dell'equipaggio?

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    1. Purtroppo non ho i nomi degli imbarcati sull'Egadi. Giovanni Valdina risulta fare parte della MILMART e stanziato Lampedusa, disperso nel Mediterraneo Centrale il 31 agosto 1941. Considerato che l'Egadi è l'unica nave italiana affondata in tale data e che era partito da Lampedusa, credo che sia quasi certo che fosse imbarcato sull'Egadi (come "passeggero" militare e non come membro dell'equipaggio). Probabilmente all'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare si trova un elenco degli imbarcati sull'Egadi nel suo ultimo viaggio.

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    2. Buonasera mio nonno è Giovanni Valdina ...non sappiamo niente di lui, potreste aiutarmi ? GRAZIE

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