Il varo del Tarantini (da www.grupsom.com) |
Sommergibile oceanico
della classe Liuzzi (dislocamento in superficie 1166 tonnellate, in immersione
1484). In guerra effettuò complessivamente 7 missioni, cinque in Mediterraneo e
due in Atlantico, percorrendo in tutto 12.434 miglia in superficie e 1460 in
immersione, trascorrendo cento giorni in mare ed affondando una nave mercantile
di 3040 tsl.
Breve e
parziale cronologia.
5 aprile 1939
Impostazione nei
cantieri Franco Tosi di Taranto.
7
gennaio 1940
Varo nei cantieri
Franco Tosi di Taranto.
16 marzo 1940
Entrata in servizio.
In aprile, durante le prove, s’immergerà sino a 110 metri di profondità, quota
maggiore di quella contrattuale e di quelle raggiunte dalle unità gemelle
durante le analoghe prove.
6 giugno 1940
Il Tarantini (capitano di corvetta Alfredo
Iaschi) lascia Taranto nelle prime ore del mattino insieme ai gemelli Bagnolini e Giuliani ed al più piccolo Salpa
diretto a sud di Creta, per trovarvisi in missione al momento della
dichiarazione di guerra. Il Tarantini
navigherà insieme al Bagnolini fino
alle 20.30 del 9, quando i due sommergibili si separeranno per raggiungere le
rispettive aree.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella
seconda guerra mondiale. Il Tarantini,
che con i gemelli Console Generale Liuzzi, Alpino Bagnolini e Reginaldo Giuliani forma la XLI Squadriglia Sommergibili del IV Grupsom di
Taranto, si trova già in missione al largo di Gaudo (a sud di Creta), formando
uno sbarramento – insieme a Salpa, Bagnolini e Giuliani, a distanza di 20 miglia l’uno dall’altro – contro il
traffico diretto verso i Dardanelli.
11 giugno 1940
Alle 19.20, mentre è
immerso, lancia un siluro contro una petroliera valutata in 7000 tsl, ma
l’arma, difettosa, non va a segno.
16 giugno 1940
Rientra a Taranto.
27 giugno 1940
Prende il mare
(ancora al comando del capitano di corvetta Iaschi) per la sua seconda
missione, da compiere nelle acque di Haifa.
28 giugno 1940
Attaccato da un aereo
in Mar Ionio, mentre naviga in superficie, non viene danneggiato.
29 giugno 1940
Alle 4.55 (o alle
4.53), mentre procede in superficie a sudovest di Capo Matapan, avvista un
cacciatorpediniere britannico, probabilmente il Dainty (autore due giorni prima, con altre unità, dell’affondamento
proprio del capoclasse Liuzzi), che alle
5.03 attacca con il lancio di un siluro. La nave evita l’arma con la manovra e
contrattacca dando la caccia al Tarantini,
che riesce però ad allontanarsi indenne.
3 luglio 1940
Giunge al largo della
Palestina ed inizia a pattugliare l’area.
11 luglio 1940
Intorno alle 23, nel
punto 33°12’ N e 33°38’ E (nella zona «C» davanti al porto di Haifa, e 60
miglia a sud di Cipro), il Tarantini
lancia infruttuosamente dei siluri contro la pirocisterna panamense Beme da 3040 tsl (appena uscita da Haifa
in zavorra e diretta ad Istanbul per conto del Regno Unito), mancandola, poi
apre il fuoco con il cannone, la immobilizza ed infine la colpisce con un
siluro dopo averla fatto abbandonare dall’equipaggio sulle lance. La Beme continuerà a galleggiare fino al 12
luglio, per poi affondare presumibilmente il 13; il suo equipaggio verrà tratto
in salvo al completo.
12 luglio 1940
Si avvia sulla rotta
di rientro.
In seguito il Tarantini effettuerà altre due missioni
in Mediterraneo, per poi essere destinato all’Oceano Atlantico.
Il comandante Iaschi e l’equipaggio del Tarantini al rientro a Taranto, dopo l’affondamento del Beme (g.c. Giovanni Pinna) |
31 agosto 1940
Lascia Trapani
diretto in Atlantico.
10 settembre 1940
Attraversa lo stretto
di Gibilterra (in parte in superficie, in parte in emersione), poi raggiunge il
proprio settore di pattugliamento, a nord delle Azzorre. Pattuglierà le acque
tra le Azzorre, il Portogallo e Madera insieme ai sommergibili Comandante Faà di Bruno, Giuliani, Emo, Luigi Torelli e Maggiore Baracca.
29 settembre 1940
Lascia il settore d’operazione per raggiungere Bordeaux, ove è stata allestita la base atlantica italiana di Betasom.
Lascia il settore d’operazione per raggiungere Bordeaux, ove è stata allestita la base atlantica italiana di Betasom.
5 ottobre 1940
Arriva a Bordeaux.
11 novembre 1940
Inizia la seconda
missione atlantica, facendo parte del gruppo «Giuliani» (Argo, Giuliani, Tarantini, Torelli, assegnati ad un settore ad ovest dell’Irlanda ed al largo
della Scozia, compreso tra i paralleli 53°20’ N e 55°20’ N ed i meridiani 15° O
e 20° O). Il sommergibile deve affrontare una violenta burrasca; poco dopo la
partenza, all’uscita della Gironda, un’onda enorme ferisce gravemente il
comandante in seconda, tenente di vascello Attilio Frattura, che non potrà più
prestare servizio in plancia sino al termine della missione.
18 novembre 1940
Raggiunge il proprio
settore d’agguato, a nordovest dell’Irlanda.
27 novembre 1940
Insieme al Giuliani ed ad un terzo sommergibile, l’Argo, il Tarantini forma uno sbarramento ad ovest di un altro formato dai
sommergibili tedeschi U 52, U 94, U 95, U 99, U 101 e U 140.
1° dicembre 1940
Tarantini, Argo e Giuliani pattugliano una zona ad ovest
di quella assegnata ai sommergibili tedeschi U 43, U 47, U 52, U 94, U 95, U 99, U 101, U 103 e U 140, a ponente del Canale del Nord.
2 dicembre 1940
Il Tarantini, insieme all’Argo, avvista all’alba ed attacca il
grosso convoglio HX. 90, ma mentre manovra per immergersi e portarsi in
posizione di lancio viene avvistato ed assalito a sua volta dalla scorta: è la
prima unità ad essere respinta dalla scorta mandata incontro al convoglio ed appena
sopraggiunta, mentre già infuriano gi attacchi contro il convoglio da parte di
sommergibili tedeschi (che in tutto affonderanno undici navi per 73.958 tsl e
ne danneggeranno altre quattro) ed italiani e di aerei FW 200 “Condor” della
Luftwaffe (che affonderanno una nave). Il Tarantini
subisce ventiquattr’ore di bombardamento con ben 106 cariche di profondità
lanciate dal cacciatorpediniere Viscount,
dalla corvetta Gentian e dallo sloop Folkestone, che tuttavia non arrecano
altro che danni leggeri (altra fonte, invece, parla di avarie gravi), ma lo
costringono a rinunciare all’attacco ed allontanarsi.
4-5 dicembre 1940
Subisce altra caccia
antisommergibile della durata di dodici ore, ma senza riportare danni
rilevanti.
5 dicembre 1940
Il secondo capo
nocchiere Sergio Ciotti, che si trova in torretta, viene trascinato in mare da
un’onda anomala e scompare nella fortissima burrasca; a nulla valgono le lunghe
ricerche del sommergibile.
Il Tarantini viene nuovamente sottoposto a
prolungata caccia antisommergibile, per circa dodici ore, ma non viene
danneggiato.
Il sommergibile subito dopo il varo (da “Preparazione e criteri d’impiego dei sommergibili italiani nella seconda guerra mondiale” di Riccardo Nassigh, dal n. 1 della Rivista |
L’affondamento
Il 9 dicembre 1940 il
Tarantini lasciò il proprio settore
operativo a nordovest dell’Irlanda e fece rotta per tornare a Bordeaux.
Il mattino del 15
dicembre il comandante in seconda Frattura, ripresosi dalle ferite riportate
all’inizio della missione e posto al comando della guardia, salì in torretta
per dirigere l’avvicinamento e l’imbocco dell’estuario della Gironda, ormai in
vista, per poi risalirlo fino a Bordeaux. Alla sua sinistra, Frattura vedeva il
faro di Cordouan; il semaforo e la punta di Soulac risultavano allineati. In
torretta, oltre a Frattura, c’erano il comandante Iaschi, due guardiamarina, un
radiotelegrafista e tre o quattro marinai.
Il sommergibile
imboccò il passaggio meridionale per entrare nella Gironda. A bordo si pensava
di essere ormai al sicuro, al termine di una prima difficile missione atlantica:
una volta a terra ci sarebbe stata la licenza natalizia. La moglie del
comandante Iaschi si era recata a Bordeaux ed attendeva il marito in albergo
per dirgli che aspettava un bambino, e passare insieme a lui la licenza.
Ad attendere i sommergibili italiani in arrivo a Bordeaux, però, c’era un
intero sbarramento di sommergibili britannici, inviati appositamente sul posto:
il Thunderbolt, l’Unique, l’Upholder e l’Usk. Il
primo dei quattro, al comando del tenente di vascello Cecil Bernard Crouch, non
avendo trovato nulla per giorni, si era avvicinato di più alla costa nella
speranza di trovare qualcosa, essendo il traffico mercantile più intenso. Qui
aveva alzato il periscopio: la ricerca avrebbe subito dato i suoi frutti.
Alle 8.35 del 15 dicembre il Thunderbolt,
in immersione, avvistò nel punto 45°25’ N e 01°23’ O (dodici miglia a sudovest
dell’estuario della Gironda) un oggetto che sembrava essere la torretta di un
sommergibile. L’unità britannica modificò la rotta per avvicinarsi, ma poco
dopo, avvistò, sullo stesso rilevamento, anche due pescherecci, che raggiunsero
la presunta torretta, la quale sembrò emettere fumo: Crouch pensò allora di
essersi ingannato, e che la “torretta” fosse in realtà un terzo peschereccio. Tre
pescherecci armati, infatti, erano già stati visti in zona in altre occasioni.
Non intendendo sprecare un siluro per bersagli di così poca importanza,
il Thunderbolt, il cui equipaggio era
già accorso ai posti di combattimento, cambiò nuovamente rotta per tornare
nella posizione stabilita per il pattugliamento, ed il suo comandante tornò in
quadrato ufficiali per fare colazione.
Dopo qualche minuto, però, il comandante in seconda John Samuel Stevens,
osservando di nuovo i tre “pescherecci” in avvicinamento (benché la distanza
con loro fosse già notevolmente salita), si rese conto che uno dei tre era
davvero, come pensato inizialmente, un sommergibile, fiancheggiato da due
pescherecci armati di scorta. Sul Thunderbolt
fu dato l’allarme, ed alle 9.09 Crouch apprezzò che il contatto, a 6 miglia per
20° sulla sinistra (o 4,6 km per 110°), fosse un sommergibile (il Tarantini) scortato da tre pescherecci
armati. Le unità procedevano a zig zag con rotta 130°.
In realtà i pescherecci armati, i tedeschi V 401, V 407 e V 409, non stavano scortando il Tarantini, ma il piroscafo francese Chateau Yquem, mentre il sommergibile
italiano era privo di scorta. Il Thunderbolt,
cambiata rotta ancora una volta, si portò all’attacco e preparò tutti i tubi, ma
quando prima di lanciare Crouch diede un’altra occhiata al periscopio e vide
che il Tarantini aveva a sua volta
cambiato rotta, dando così la poppa all’unità britannica. Il sommergibile
britannico continuò allora ad avvicinarsi a velocità dimezzata.
Quando il Thunderbolt si venne
a trovare a 130° di poppa dritta al Tarantini,
a circa 3660 metri di distanza, Crouch notò che i pescherecci di scorta erano
disposti attorno all’unità italiana proprio come quelli della Royal Navy
attorno ai sommergibili britannici all’inizio di un’esercitazione
antisommergibile, e ritenne allora che la loro velocità dovesse essere attorno
ai sei nodi. Fece modificare ancora la rotta di qualche grado, quindi giunse in
posizione idonea al lancio.
Alle 9.20 il Thunderbolt lanciò
egualmente sei siluri da 3660 metri, ad intervalli di dodici secondi l’uno
dall’altro. Mentre erano in corso i lanci, Crouch temette di aver sbagliato nel
valutare la velocità del bersaglio, dunque apportò un lieve cambiamento di
rotta, accostando di tre gradi a sinistra, prima che gli ultimi tre siluri
fossero partiti. Una delle armi affiorò in superficie per via del mare lungo,
ma non fu notata.
Quattro minuti dopo il lancio (secondo l’orario italiano, invece, alle 10.15
o 10.17), il Tarantini venne colpito
a poppa da un siluro ed affondò (di poppa) nel giro di pochi secondi nel punto
45°25’ N e 01°22’ O, due miglia a sudovest dell’estuario della Gironda, portando
con sé quasi tutto l’equipaggio. Il comandante Iaschi continuò fino alla fine
ad impartire ordini al direttore di macchina Augusto Raiteri, che in camera di
manovra cercava d’impedire in ogni modo l’ingresso dell’acqua, ma fu tutto
vano. Quando la poppa toccò il fondo, la prua s’impennò sopra la superficie,
poi scomparve anch’essa sott’acqua.
Crouch, che trascorsi quattro minuti aveva alzato il periscopio per
osservare, temendo di aver mancato il bersaglio, vide un’alta colonna d’acqua
levarsi nel cielo all’impatto del primo siluro, accompagnata dal rumore di
un’esplosione; nei momenti successivi si vide la prua del sommergibile colpito
affiorare dal mare, e cinque minuti dopo furono avvertite altre quindici
esplosioni. Il Thunderbolt si
allontanò indisturbato: nessuno aveva visto i siluri, tanto che la perdita del Tarantini fu inizialmente attribuita, da
parte italo-tedesca, ad una mina. Solo dopo la guerra si sarebbe appresa la
verità.
Le unità tedesche giunte in soccorso poterono recuperare solo cinque
superstiti, tutti tra coloro che si trovavano in torretta al momento del
siluramento ed erano stati sbalzati in mare: il comandante in seconda
Frattura, il sottocapo nocchiere Egidio Rossetti (da Saltrio), il sergente radiotelegrafista Luigi Scotto Pagliano (da Napoli), il secondo capo nocchiere Andrea Santoru (da Alghero) ed il nocchiere Pasquale Gullo (da Pizzo Calabro). Il comandante Iaschi non sopravvisse, così come alcuni degli altri
occupanti della torretta e tutti coloro che erano sottocoperta.
I palombari tedeschi
ed italiani che s’immersero sul relitto del Tarantini
sentirono dei colpi battuti contro lo scafo dagli uomini rimasti intrappolati
in compartimenti non allagati dal sommergibile, ma a causa del maltempo – mare
mosso e forti correnti di marea – non fu possibile fare nulla per salvarli. I
colpi contro lo scafo proseguirono per due giorni, poi fu solo il silenzio.
Le vittime furono 51: il comandante Iaschi, altri 4 ufficiali e 46 tra
sottufficiali, sottocapi e marinai
Per il Thunderbolt, l’affondamento del Tarantini rappresentò il primo successo.
Il comandante Crouch ricevette il Distinguished Service Order per l’azione, il
suo secondo, tenente di vascello John Stevens, fu decorato con la Distinguished
Service Cross, cinque marinai con la Distinguished Service Medal, ed altri cinque
ricevettero “menzione”. Il comandante Crouch, per essere riuscito a colpire un
sommergibile che gli dava la poppa – bersaglio molto ristretto e difficile da
colpire – alla sua prima missione di guerra, si guadagnò il soprannome di
“Lucky”, il fortunato. La sua fortuna, e quella del Thunderbolt, si sarebbe esaurita il 14 marzo 1943, in Mediterraneo,
sotto le bombe di profondità gettate dalla corvetta italiana Cicogna.
Morirono nell’affondamento del Tarantini:
Carmine Abate, sottocapo cannoniere, da Avella
Giovanni Arpe, marinaio, da Monterosso al Mare
Corrado Baldini, marinaio elettricista, da Firenze
Francesco Basile, sottotenente di vascello, da Giugliano in Campania
Valentino Borghetti, marinaio motorista, da Calvisano
Ugo Bucciol, secondo capo meccanico, da Eraclea
Pasquale Bufalo, marinaio, da Napoli
Giorgio Caira, marinaio silurista, da San Giorgio di Piano
Salvatore Campisi, marinaio, da Pachino
Fulvio Campolongo, secondo capo elettricista, da Rovereto
Alfonso Caradonna, sottocapo segnalatore, da Mazara del Vallo
Francesco Cassisa, marinaio, da Trapani
Angelo Catania, sottocapo cannoniere, da Gela
Agostino Cavallo, secondo capo furiere, 26 anni, da
Ostuni
Giusto Centini, marinaio radiotelegrafista, da Reggio Emilia
Raffaele Ciccarelli, marinaio silurista, da Pomigliano d'Arco
Gino Cocozza, sottocapo silurista, da Venafro
Domenico Colombo, marinaio silurista, da Concorezzo
Giorgio Corazzi, guardiamarina, da Roma
Leonardo Covelli, secondo capo elettricista, da Crotone
Amleto D'Alicis, secondo capo silurista, da Scursola Marsicana
Leo Ferdinando Del Bene, marinaio motorista, da Levanto
Francesco Ferrando, marinaio motorista, da Taranto
Carlo Genovese, secondo capo radiotelegrafista, da Napoli
Romualdo Gerenini, sergente motorista, da Ischia
Alfredo Grassano, sottocapo meccanico, da Napoli
Alfredo Iaschi, capitano di corvetta (comandante), da Trieste
Antonio Ivagnes, sottocapo elettricista, da Castrignano del Capo
Angelo La Greca, sottocapo furiere, da Lipari
Dino Lamponi, marinaio fuochista, da Genova
Calderoro Longo, marinaio, da Messina
Salvatore Marra, sottocapo elettricista, da Nardò
Giovanni Maviglio, marinaio cannoniere, da Monopoli
Italo Mazzella, marinaio silurista, da Procida
Agostino Miotto, sottocapo silurista, da Casalserugo
Giuseppe Mongelli, marinaio silurista, da Bari
Onofrio Monno, marinaio motorista, da Bari
Carmelo Moschella, secondo capo meccanico, da Forza d'Agrò
Giacomantonio Muccillo, marinaio motorista, da San Martino in Pensilis
Giuseppe Papini, marinaio elettricista, da Montevarchi
Gioacchino Pastanella, capo silurista di terza classe, da Terlizzi
Francesco Petracca, marinaio elettricista, da Castrignano del Capo
Giuseppe Ambrogio Raimondi, secondo capo militarizzato, da Legnano
Augusto Raiteri, capitano del Genio Navale
(direttore di macchina), 39 anni, da Roma
Antonio Romano, marinaio radiotelegrafista volontario, 20 anni,
da Somma Vesuviana
Enrico Rossini, capo meccanico di seconda classe, da Trieste
Angelo Rusconi, marinaio silurista, da Lecco
Guido Sgattoni, marinaio fuochista, da San Benedetto del Tronto
Francesco Taricco, tenente del Genio Navale, da Trinità
Biagio Tramontana, marinaio (*)
Manlio Valchera, sottotenente di vascello, da Arezzo
Ernesto Versa, tenente del Genio Navale, da Trieste
Giovanni Battista Vigezzi, marinaio fuochista, da Cugliate Fabiasco
Nello Zambelli, marinaio fuochista, da Polesine Parmense
Aldo Zunarelli, marinaio silurista, da Borgo a Mozzano
Antonio Zuppelli, sottocapo silurista, da Spilimbergo
(*) Il nome di Biagio Tramontana, presente in alcuni elenchi reperibili su Internet, non figura invece negli elenchi ufficiali dei caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda guerra mondiale.
Prima di loro, carpito dal mare durante la
stessa missione, era scomparso Sergio Ciotti, secondo capo nocchiere, da Sansepolcro.
I superstiti del Tarantini: al centro il tenente di vascello Frattura, mentre quarto da sinistra è il sergente Scotto Pagliano (g.c. Giovanni Pinna) |
Il relitto del Tarantini giace oggi sul fondale
sabbioso nel punto 43°30'102 N e 001°22'839 O (al largo della Pointe de Grave e
di Cap Breton ed a sud del faro di Corduan), a circa 15 (6-7 per altre fonti)
miglia dalla costa, ad una profondità compresa tra i 35 ed i 40 metri (i
periscopi, alzati, arrivano fino a 20 metri sotto la superficie). Il
sommergibile, ricoperto di crostacei e concrezioni, è leggermente sbandato
sulla dritta e si trova orientato in direzione sudovest-nordest nell’asse del
canale sud della Gironda. La prua è ammaccata, forse per l’urto contro il
fondale; la poppa è ridotta ad un informe ammasso di rottami, dilaniata
dall’esplosione del siluro che la colpì. Il cannone da 100 mm non è al suo
posto, recuperato da palombari tedeschi poco dopo l’affondamento.
Mentre di solito la
visibilità è ridotta a causa della sabbia in sospensione, in condizioni
particolari è possibile vedere il relitto dalla superficie.
La motivazione della Medaglia di Bronzo al Valor
Militare conferita alla memoria del capitano del Genio Navale Direzione
Macchine Augusto Raitieri, nato a Roma il 1° luglio 1901:
"Imbarcato su
sommergibile, partecipava ad una lunga, ardita missione di guerra, dimostrando,
in ogni circostanza, elevato senso del dovere e superbe virtù militari. Al
termine della missione, in seguito a siluramento nemico, stoicamente incurante
della propria salvezza, si prodigava con tutte le sue energie nel supremo
tentativo di evitare la perdita dell’unità con la quale eroicamente si
inabissava.
Oceano Atlantico, 15
dicembre 1940."
L’affondamento del Tarantini nel giornale di bordo del Thunderbolt (da Uboat.net):
“0835 hours - In
position 45°25'N, 01°23'W sighted an object that was later made out to be the
conning tower of a submarine. Later two trawlers were sighted on the same
bearing.
0900 hours - Now
sighted that the contact was a submarine escorted by three trawlers. Started an
attack on the submarine.
0920 hours - Fired
six torpedoes. Range was 4000 yards. 4min9sec after firing the first torpedo an
explosion was heard. Lt. Crouch was at the periscope and saw a tall column of
water rise into the air at the same time. 15 explosions followed the first
explosions, some of the would be some of the torpedoes exploding when they hit
the bottom at the end of their run and some were most likely depth charges
dropped by the trawlers. The trawlers were never in contact and Thunderbolt cleared the area.”
Un’altra immagine del varo
del Tarantini (da www.betasom.it)
|
Il 15/12/1940 è affondato il sommergibile Tarantini e una cinquantina di marinai sono morti alcuni dei quali hanno picchiato dall'interno per due giorni essendosi temporaneamente salvati fra le paratie stagne. Il salvataggio non è stato possibile causa maltempo. Un cannone è stato prelevato dai tedeschi. Mi chiedo se successivamente i corpi siano stati recuperati e in caso affermativo dove sono stati deposti. Grazie a chi informato dei fatti potrebbe darmi modo di pacificare mio padre che non ha mai avuto notizie del cugino Ugo Bucciol
RispondiEliminaPurtroppo non conosco la risposta a questa domanda. In linea generale, credo sia improbabile che i corpi siano stati recuperati; è probabile che si trovino tutt'ora all'interno del relitto, come quasi sempre in questi casi.
EliminaI marinai della base di Betasom deceduti a Bordeaux durante la guerra erano sepolti nel cimitero militare italo-tedesco di Talence ("Ehrenfriedhof Bordeaux"), non lontano dalla città, da dove sono stati rimpatriati nel dopoguerra.
Non sono mai stati recuperati.
EliminaHo inviato una richiesta informazioni su Ugo Bucciol
RispondiEliminaLa ringrazio signor Colombo
EliminaLe risulta che siano disponibili fotografie dell'equipaggio da dove si può vedere anche Ugo?
EliminaPersonalmente non ne ho mai viste: è senz'altro possibile, ma potrebbero averle i discendenti di altri membri dell'equipaggio.
Eliminagent.mo Lorenzo personalmente ho numerose foto dei marinai del tarantini, non so se ti interessa ancora
RispondiEliminaCertamente; puoi scrivermi a lorcol94@gmail.com?
EliminaLorenzo,
Eliminami permetto di farti la stessa domanda che ho fatto a Corrado, potresti farmi sapere se tra le foto dell'equipaggio del Tarantini tu ne avessi del Comandante Alfredo Iaschi?
Grazie mille!
federico74@gmail.com
Ciao,
Eliminanon possiedo alcuna foto dell'equipaggio del Tarantini...
Ciao Lorenzo, grazie per la risposta! Speravo che tu fossi riuscito a recuperare qualche foto da Corrado, e magari ne avessi altre.. Ma ovviamente non é questo il caso :) Grazie comunque!
EliminaBuongiorno Corrado.
EliminaSono un francese residente a Bordeaux e amante della storia. Principalmente BETASOM e il tedesco U-Boot-Bunker.
Ricerco tutti i racconti sugli smg della base atlantica (complimenti a Lorenzo) e le foto. Se siete d’accordo, mi piacerebbe avere la possibilità di consultare le foto.
Auguro buon viaggio nel tempo a tutti gli appassionati di BETASOM.
cortox@gmail.com
Buongiorno,
EliminaMi scuso se ritiro fuori questa chat dopo così numerosi anni.
Sono un discendente del tenete Francesco Taricco e sto cercando di ricostruirne la storia (purtroppo in famiglia se ne è parlato sempre molto poco). Ha per caso delle foto che lo ritraggano? Più che altro per associare un nome ad un volto.
Grazie mille e cordiali saluti,
Adriano Taricco
Salve Corrado, ho letto che ha numerose foto dei marinai del tarantini, sono una discendenti di uno di loro (Raffaele Ciccarelli), mi farebbe piacere se riuscissi a inviarmele. Grazie mille, spero di ricevere risposta. La mia email è piadipalo61@gmail.com
EliminaSalve Corrado, sono uno dei nipoti del Comandante del Tarantini - Alfredo Iaschi, e mi chiedevo se tu avessi tra le tue foto una che ritrae mio nonno? Sarebbe fantastico!
RispondiEliminaGrazie! federico74@gmail.com
Salve Federico,
RispondiEliminasono Alessandro Valchera, grato se potrai inviarmi un tuo indirizzo email funzionante.
Il mio è: ing.valch@himail.biz
Puoi scrivermi a luigifedericobucciol@me.com
EliminaIl sottotenente di Vascello Manlio Valchera era di Frosinone, non di Arezzo.
RispondiEliminaBuongiorno, dai dati di Onorcaduti risulta nato ad Arezzo il 26 ottobre 1917.
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