Sommergibile oceanico
capoclasse della classe omonima (dislocamento di 1060 tonnellate in superficie
e 1313 in immersione). Svolse in guerra 4 missioni in Mediterraneo e 3 in
Atlantico, percorrendo 10.312 miglia in superficie (7103 in Atlantico e 3209 in
Mediterraneo) e 807 in immersione (505 in Atlantico e 302 in Mediterraneo) e
trascorrendo 90 giorni in mare.
Breve e parziale cronologia.
4 gennaio 1937
Impostazione nei
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1192).
20 novembre 1937
Varo nei Cantieri
Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
5 marzo 1938
Entrata in servizio. Terminato
un breve periodo di prove in mare ed addestramento, viene assegnato alla XXI
Squadriglia del II Gruppo Sommergibili di Napoli ed adibito ad intenso addestramento,
sino all’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale. Di tale
squadriglia, insieme ai gemelli Provana,
Dandolo e Nani, risulterà ancora far parte due anni più tardi, all’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale.
25 settembre 1939
Assume il comando del
Marcello il tenente di vascello Folco
Buonamici, che lo manterà fino al 22 febbraio 1940.
23 febbraio 1940
Diviene comandante
del sommergibile Raffaele Barbera, fino al 4 aprile 1940, quando sarà sostituito
dal capitano di corvetta Luigi Donini.
Questa spettacolare immagine
del varo dei gemelli Mocenigo, Dandolo e Marcello (da sinistra verso destra), tutti varati il 20 novembre
1937 ai CRDA di Monfalcone, è in realtà un fotomontaggio: i tre battelli furono
infatti varati lo stesso giorno e nello stesso cantiere, ma non
contemporaneamente (da “I sommergibili di Monfalcone” di Alessandro Turrini,
supplemento alla Rivista Marittima n. 11 del novembre 1998, via Marcello Risolo
e www.betasom.it)
|
5 giugno 1940
In previsione
dell’ingresso in guerra dell’Italia, il Marcello
(al comando del capitano di corvetta Luigi Donini) lascia Napoli per una
missione di agguato offensivo nelle acque di Capo Palos, per formare uno
sbarramento di cinque sommergibili (Marcello,
Morosini, Faà di Bruno, Provana, Dandolo) tra Capo Palos Capo Falcon e
Capo Tenès (Mediterraneo occidentale).
10 giugno 1940
A seguito di perdite
di cloruro di metile, causate da un’avaria al sistema di condizionamento
dell’aria, che hanno intossicato gran parte dell’equipaggio, il Marcello è costretto a riparare a
Cagliari proprio mentre l’Italia entra in guerra.
Uno degli
intossicati, il sergente silurista Adriano D’Andrea, muore a Cagliari il 12 giugno
per le conseguenze dell’intossicazione.
23 giugno 1940
Terminate le
riparazioni, il battello raggiunge una zona situata 25 miglia a nordest e 40
miglia ad est dell’isola La Galite per un breve agguato, insieme al più piccolo
sommergibile Medusa, nell’ambito di
un’operazione congiunta con la I Divisione Navale contro il naviglio francese
in navigazione verso il Nordafrica. L’operazione viene però annullata, ed il Marcello torna subito a Napoli.
29 luglio 1929
Il capitano di
corvetta Donini viene rimpiazzato al comando del Marcello dal parigrado Carlo Alberto Teppati, che sarà l’ultimo
comandante del sommergibile.
2-19 agosto 1940
Svolge, insieme ai
sommergibili di piccola crociera Ascianghi
e Gondar, una nuova missione in
Mediterraneo occidentale, ad est dello stretto di Gibilterra e più precisamente
attorno al 36° parallelo, tra Gibilterra e Capo Quillates. È in corso
l’operazione britannica «Hurry» (invio di aerei a Malta, bombardamento di
Cagliari e azione diversiva nelle acque delle Baleari), ma il Marcello non avvista alcuna nave e torna
alla base dopo aver percorso 2432 miglia.
Si decide poi di
inviarlo in Atlantico, alle dipendenze della nuova base di Betasom.
31 ottobre 1940
Al comando del
capitano di corvetta Carlo Alberto Teppati, lascia Napoli diretto in Atlantico
(contemporaneamente ad esso si trasferiscono anche i sommergibili Morosini, Brin e Michele Bianchi, che formano il gruppo
«Morosini», incaricato di formare uno sbarramento a maglie molto ampie al largo
della penisola iberica, per intercettare il naviglio in navigazione tra
Freetown ed il Regno Unito).
5 novembre 1940
Attraversa in immersione,
iniziando l’attraversamento al mattino e concludendolo entro mezzanotte (con
buone condizioni meteomarine, e senza incontrare navi nemiche) lo stretto di
Gibilterra, senza incontrare problemi. Dovrebbe raggiungere il proprio settore
operativo al largo di Oporto, ma lungo il percorso gli viene ordinato di
portarsi al largo di Capo San Vincenzo per sostituire il Bianchi, assegnato a quella zona, che ha dovuto fare rotta su
Bordeaux a causa di avarie subite durante il passaggio dello stretto.
7-27 novembre 1940
Si pone in agguato al
largo di Capo San Vincenzo e si mette alla ricerca di due convogli (uno dei
quali partito da Gibilterra) di cui gli è stata segnalata la presenza, che non
riesce però a trovare (forse a causa di errori nelle posizioni indicate).
Pattuglia le acque tra Vigo (Spagna) e le Azzorre.
27 novembre 1940
Raggiunti i limiti di
autonomia senza aver avvistato alcuna nave, fa rotta per Bordeaux, sede della
base atlantica italiana di Betasom.
2 dicembre 1940
Arriva a Bordeaux.
11 gennaio 1941
Il Marcello (capitano di corvetta Alberto
Treppani) salpa in serata da Le Verdon per la seconda missione in Atlantico, a
ponente dell’Irlanda e più precisamente tra i paralleli 59°30’ N e 53°00’ N e
tra i meridiani 17°00’ O e 20°oo’ O, in gruppo con i sommergibili Luigi Torelli ed Alessandro Malaspina (gruppo «Malaspina», i cui sommergibili devono
pattugliare settori adiacenti al largo dell’Irlanda sino ai limiti
dell’autonomia).
17 gennaio 1941
Giunto nel proprio
settore d’agguato, in serata il Marcello
rileva subito un convoglio agli idrofoni e si porta a poppavia di esso per
stimarne rotta e velocità prima di attaccare, ma non passa molto prima che uno
dei cacciatorpediniere della scorta lo avvisti, costringendolo ad immergersi
prima di poter lanciare il segnale di scoperta. Il Marcello viene poi fatto oggetto del lancio di cinque bombe di
profondità, che causano seri danni alla cassa assetto di prua. Conclusa la
caccia ed allontanatesi le navi, il mattino successivo il sommergibile riemerge
e lancia il segnale di scoperta con la posizione, ma non riesce più a trovare
il convoglio.
19 gennaio 1941
A seguito dei seri danni
subiti alla cassa assetto prodiera, che non è possibile riparare con i mezzi
disponibili a bordo, il Marcello è
obbligato ad avviarsi sulla via del ritorno a Bordeaux.
20 gennaio 1941
Durante il mattino
avvista, mentre procede in superficie, un piroscafo in navigazione verso est, di
cui stima la stazza in 7000 tsl; il Marcello
s’immerge, ma ne perde così ogni traccia (forse per problemi agli idrofoni,
forse per via del mare mosso) e deve tornare in superficie, così, alle 13.35
(ora di Roma), ritrova ed attacca il piroscafo con i due cannoni da 100 mm, a
grande distanza (4000 metri), nel punto 49°15’ N e 18°45’ O (o 50° N e 19° O), in condizioni di mare molto
sfavorevoli. Il piroscafo vira per fuggire e risponde al fuoco con il cannone
di poppa; sul Marcello si ritiene di
aver danneggiato da subito la nave nemica, ma nella fase iniziale dell’azione,
a causa del mare molto mosso, i quattro artiglieri del cannone prodiero del Marcello vengono trascinati in mare da
un’enorme onda: il sommergibile deve interrompere il tiro e tornare indietro per
recuperarli, e tre possono essere recuperati vivi, grazie anche all’eroico
slancio di tre uomini (il guardiamarina Ermenegildo Bonin ed i marinai Emilio
Bonfanti e Giuseppe Failutti) che si tuffano in mare per soccorrere uno di
essi, ma il quarto, il marinaio Enrico Bonazzola, forse stordito dopo aver
sbattuto contro la torretta, scompare subito in mare. A niente valgono le
ricerche del Marcello, che ricomincia
il fuoco contro il mercantile; dopo aver sparato in tutto 24 salve, il
comandante Teppati riterrà alla fine di aver affondato la nave attaccata, che
ritiene scomparsa in una nuvola di fumo e vapore.
Il bersaglio e gli
esiti dell’attacco sono tuttora discussi: dato che durante l’attacco il Marcello aveva intercettato un SOS
lanciato dal mercantile, che indicava il proprio nominativo radio come SVBL, il
servizio di decrittazione tedesco (xB-Dienst) identificò all’epoca la nave
attaccata nel piroscafo greco Eleni
di 5655 tsl (il cui affondamento fu rivendicato da un comunicato del Comando
Supremo italiano pochi giorni dopo), che aveva appunto tale nominativo radio, e
le fonti italiane, nel 1963, ritennero che l’attacco fosse stato infruttuoso
(l’Eleni infatti sopravvisse alla
guerra ed andò perduto per incaglio nel 1946).
Successive ricerche
hanno portato a ritenere invece che il Marcello
avesse attaccato ed affondato il piroscafo belga Portugal (1550 tsl, del 1906, appartenente alla Compagnie National
Belge de Transports Maritimes), unità dispersa del convoglio «HG. 50»
(Gibilterra-Regno Unito), in navigazione da Lisbona a Methil e Goole via
Gibilterra (da dov’era partito l’8 gennaio unendosi appunto all’«HG. 50») con
un carico di 2230 tonnellate di pirite, che aveva perso il contatto con il
convoglio, essendo troppo lento per tenere il passo con le altre navi, nella
notte dell’11 gennaio in posizione 35°50’ N e 13°40’ E (per altra fonte,
probabilmente erronea, perse il contatto con il convoglio il 16) e venne dichiarato
disperso con tutto l’equipaggio di 23 uomini dopo il 20 gennaio. Tuttavia la
posizione dell’attacco del Marcello
non si collocherebbe esattamente sulla sua rotta.
Secondo altre
ricerche più recenti, tuttavia, il Portugal
potrebbe essere invece stato affondato da un bombardiere Focke-Wulf Fw 200
«Condor» della Luftwaffe (I/Kampfgeschwader 40) od anche naufragato per il
maltempo (un’altra tenue possibilità è che sia stato affondato da un altro
sommergibile italiano, il Nani, che
scomparve anch’esso in quei giorni, ma è probabile che il Nani fosse già a sua volta affondato entro quel momento), mentre
bersaglio dell’azione del Marcello
sarebbe stato il piroscafo britannico Thelma
di 1593 tsl (carico di pirite ed arance ed anch’esso disperso dal convoglio
«HG. 50», col quale aveva perso il contatto la notte successiva al Portugal, il 12 gennaio), che fu
attaccato con il cannone da un sommergibile alle 13.35 del 20 gennaio, nel
punto 50° N e 18°45’ O (o 49°15’ N e 18°50’ O). Il Thelma, che diede la poppa al sommergibile e reagì con il proprio cannone,
riuscì a sfuggire senza danni (o con pochi danni), probabilmente quando il Marcello dovette interrompere l’attacco
per salvare i quattro cannonieri caduti in mare (è possibile che la “nube di
fumo e vapore” nel quale il piroscafo “scomparve” sia stata una cortina
fumogena stesa dallo stesso per coprirsi la fuga), e raggiunse poi Oban il 25
gennaio 1941. Orario e posizione degli attacchi riportate da Marcello e Thelma appaiono approssimativamente corrispondenti, così come le
salve sparate dal sommergibile: 24 secondo il rapporto del Marcello, tra 20 e 25 secondo il comandante del Thelma; non risultano peraltro altri
attacchi con il cannone in posizione e data compatibili da parte di altri
sommergibili dell’Asse. Si nota tuttavia il Thelma
(e nemmeno il Portugal) non aveva
come nominativo radio SVBL, né uno simile (quello del Thelma era MBKK).
24 gennaio 1941
Arriva a Pauillac,
vicino a Bordeaux, concludendo la missione.
Il Marcello nel 1938 (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
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La scomparsa
Il 6 febbraio 1941 il
Marcello, ancora al comando del
capitano di corvetta Teppati, lasciò Bordeaux per la terza missione atlantica,
di nuovo a ponente dell’Irlanda, facendo parte del gruppo «Bianchi» (sommergibili Michele
Bianchi, Marcello, Otaria e Barbarigo, che dovevano pattugliare zone contigue al largo
dell’Irlanda sino ai limiti dell’autonomia, prima di tornare alla base). Il
settore rettangolare assegnato al Marcello,
che misurava 60 miglia per 101, era delimitato dai meridiani 14° e 17° O e dai
paralleli 55° e 56° N.
Il 16 febbraio il
sommergibile Otaria, giunto nel suo
settore per rimpiazzarlo, non riuscì a trovarlo.
Il 18 febbraio al Marcello fu ordinato di raggiungere un
nuovo settore d’agguato, situato più a nord, e poi di attaccare una grossa nave
cisterna, già danneggiata da aerei, che alle 13.30 si trovava in posizione 6167
nel quadrante 11.
L’indomani, alle 12.05
(ora di Roma), il Marcello ricevette
ordine di raggiungere il nuovo settore predeterminato «B» (avrebbe dovuto
formare uno sbarramento di sommergibili con gli italiani Bianchi e Barbarigo ed i
tedeschi U 48, U 69, U 73, U 96 e U 107 a ponente delle isole britanniche), mentre alle 19.20 Marcello e Barbarigo furono informati dell’avvistamento, da parte di un aereo,
di un convoglio nel quadrante 4615; di conseguenza il Marcello fu assegnato al sottoquadrante 46 ed il Barbarigo al sottoquadrante 66, con l’ordine
per entrambi di pattugliare le rispettive zone lungo il parallelo (est-ovest e
viceversa). Fu anche comunicata loro la presenza in zona di U-Boote tedeschi.
Alle 2.23 del 21
febbraio Betasom, con un nuovo ordine, assegnò il Marcello al settore 27-74-43, il Barbarigo al 46-67-36 ed il Bianchi
al 46-99-52, e all’1.20 del 22 ordinò a tutti e tre i sommergibili di
effettuare il loro pattugliamento con rotta 45° e velocità 8 nodi fino a nuovo
ordine.
Il 24 febbraio, alle
10.15, Betasom ordinò ai sommergibili di comunicare la propria posizione, e
ripeté l’ordine a mezzogiorno del 25, per poi ordinare alle 20.20 a Marcello, Bianchi e Barbarigo di
spostarsi rispettivamente nelle posizioni 6199 13, 2799 44 e 5399 11. Con lo
stesso messaggio, Betasom segnalò un convoglio di 25 navi che alle 14 era in
posizione 2715 nel sottoquadrante 25, in direzione 270°, con velocità di 7
nodi. L’indomani, alle 2.20, Betasom aggiunse che alle 23.50 del giorno
precedente il convoglio era in posizione 61 90 nel sottoquadrante 56, con rotta
230° e velocità 8 nodi, ordinando ai sommergibili di convergere su di esso.
Il 27 Betasom informò
i sommergibili che il convoglio si era disperso, ordinando di attaccare due
navi che si trovavano in posizione 56-99/66 con rotta 270° e velocità 4 nodi,
ma lo stesso giorno, alle 11.25, il comando del XI Gruppo Sommergibili
Atlantici dovette informare Roma di aver perso ogni contatto con il Marcello.
Il 18 marzo 1941,
Betasom e Maricosom dichiararono il Marcello
scomparso. I 55 uomini del suo equipaggio furono dichiarati morti il 6 aprile
1941.
Sulla sua fine
esistono poche certezze e molte congetture.
Il 22 febbraio,
mattino, il Bianchi avvistò un
periscopio nel punto 57°55’ N e 17°40’ E, ma poco dopo s’immerse; alle 16 ed
alle 21.15 tale battello sentì delle detonazioni di bombe di profondità,
complessivamente circa 40. Proprio alle 16 ora italiana (15 ora britannica), il
cacciatorpediniere britannico Montgomery
(capitano di fregata Henry Freston Nash), di scorta al convoglio OB. 287,
effettuò un’azione antisommergibili nel punto 59°00’ N e 17°00’ O (ad ovest
delle isole Ebridi); questa è stata perciò l’azione ritenuta come più
probabilmente responsabile dell’affondamento del Marcello. Tuttavia le posizioni indicate da Bianchi e Montgomery
distano fra loro di 68 miglia, distanza che il Marcello avrebbe dovuto percorrere in sei ore: impossibile qualora
il sommergibile fosse stato immerso.
Il documento
britannico sulle perdite di sommergibili dell’Asse pubblicato nel giugno 1946 accreditò
l’affondamento del sommergibile ad un idrovolante Short Sunderland (il P9624/H
del capitano E. R. Baker) del 210th Squadron, che lo avrebbe
affondato nel punto 58°38’ N e 11°51’ O (150 miglia ad ovest di Cape Wrath), 350
miglia a ponente delle isole Ebridi, ma indicando come data dell’azione il 6
gennaio 1941, cioè un mese prima che il Marcello
prendesse il mare, così privando di fondamento tale versione.
Il 12 febbraio 1949
la Marina italiana chiese alla Royal Navy informazioni che permettessero di
determinare la sorte del sommergibile scomparso; la prima che giunse fu quella
che attribuiva l’affondamento del Marcello
al Sunderland di Baker, il 6 gennaio 1941, ossia la versione chiaramente
erronea. Le fonti italiane, per parte loro, nel volume “Navi militari perdute”
dell’USMM, accreditavano l’affondamento del sommergibile ad un attacco da parte
di un caccia Hawker Hurricane (queste erano le conclusioni cui era giunta la
commissione d’inchiesta italiana il 9 ottobre 1949), ma il 17 maggio 1954
l’Ammiragliato britannico informò che anche tale versione era da considerarsi
sbagliata, ed affermò che la causa più probabile della perdita del sommergibile
era stata l’attacco effettuato dal Montgomery
alle 15.50 del 22 febbraio 1941.
Clay Blair, nel suo
libro “Hitler’s U-Boat War”, affermò che il Marcello
fu affondato col cannone e con bombe di profondità dal Montgomery nella notte tra il 23 ed il 24 febbraio, dopo essere
sopraggiunto nel colmo dello scontro mentre il convoglio «OB 288» (48 navi
mercantili partite da Liverpool il 18 febbraio e disperse il 22) era sotto
attacco da parte di cinque U-Boote tedeschi (U 96, U 95, U 123, U 69 e U 73, che
affondarono i primi due tre navi ciascuno, e gli altri una nave ciascuno) e del
Bianchi (che affondò una nave). Anche
tale versione è però poco verosimile, giacché nel proprio rapporto il
comandante del Montgomery non disse
mai di aver usato il cannone, ed in merito alle bombe di profondità asserì di
averne lanciate solo sei contro un contatto nitido, senza peraltro rilevare
alcunché che potesse confermare l’avvenuto affondamento dell’unità nemica. Per
giunta, il Montgomery non faceva
parte del convoglio «OB. 288», la cui scorta (cacciatorpediniere Antelope, Achates e Georgetown,
corvette Heather e Picotee, peschereccio armato Ayrshire) aveva lasciato il convoglio la
mattina del 23, mentre l’attacco aveva avuto luogo in serata.
Altre fonti italiane
(“Uomini sul fondo” di Giorgio Giorgerini), parlano di tre possibili azioni
antisommergibile che potrebbero aver affondato il Marcello il 21 od il 22 febbraio: quella già menzionata da parte
del Montgomery; una seconda da parte
del cacciatorpediniere britannico Hurricane
(nel punto 56°19’ N e 07°59’ O), ed una terza da parte della corvetta Periwinkle (nel punto 59°18’ N e 14°32’
O). Hurricane e Periwinkle appartenevano allo stesso gruppo di scorta (EG 7) di cui
faceva parte il Montgomery.
Nessuna di queste tre
azioni avvenne tuttavia entro i limiti del settore operativo del Marcello, che, dal 19 febbraio, avrebbe
dovuto essere tra i paralleli 57° e 58° Nord; peraltro, non solo il Montgomery, ma nemmeno Hurricane e Periwinkle avevano visto o recuperato alcunché che potesse portare
a ritenere di aver affondato un sommergibile; le stesse autorità britanniche,
in una lettera a quelle italiane, ammisero che Hurricane e Periwinkle si
trovavano troppo ad est per poter aver affondato il Marcello.
Per qualche tempo è
stata considerata come ulteriore possibilità il tentativo di speronamento da
parte della motonave La Pampa, una
delle navi del convoglio «OB 288», contro un sommergibile il 24 febbraio; ma
successive ricerche hanno dimostrato che La
Pampa aveva tentato di speronare l’U
69, che era sfuggito indenne con tempestiva immersione.
La fine del Marcello rimane ancor oggi controversa.
Un’altra immagine del Marcello (Coll. E. Bagnasco, tratta dal supplemento alla Rivista Marittima n. 9 di agosto-settembre 1996 “Le costruzioni navali della Regia Marina Italiana (1861-1945)” di Erminio Bagnasco, via www.betasom.it) |
Scomparsi con il Marcello:
Maggiorino Acerbi, secondo capo nocchiere, da Larciano
Giovanni Addivinola, marinaio silurista, da Avellino
Carlo Alicata, capitano del Genio Navale, da Reggio Calabria
Pietro Allegra, marinaio, da Palermo
Attilio Arces, capo elettricista di prima classe, da Latiano
Vito Berardi, marinaio motorista, da Mola di Bari
Giovanni Bernardi, marinaio silurista, da Genova
Gaetano Bertotto, marinaio fuochista, da Chioggia
Guido Bevacqua, tenente del Genio Navale, da Roma
Aldo Blecich, marinaio silurista, da Fiume
Emilio Bonfanti, marinaio fuochista, da Santa Giustina
Ermenegildo Borin, aspirante sottotenente del Genio Navale, da Venezia
Valerio Caccia, sottocapo motorista, da Marmirolo
Alfonso Cantando, marinaio motorista, da Milano
Antonio Cisterna, marinaio torpediniere, da Roma
Renzo Colavini, tenente di vascello, da Roma
Bruno Colombo, marinaio silurista, da Busto Arsizio
Silverio Conte, marinaio, da ponza
Rodolfo De Curtis, marinaio silurista, 18 anni, da Somma Vesuviana
Ernesto De Guglielmi, sottotenente di vascello, da Cesio
Giovanni Di Meglio, marinaio silurista, da Barano d’Ischia
Giuseppe Failutti, marinaio radiotelegrafista, da Udine
Salvatore Fallica, marinaio, da Acireale
Silvano Finazzi, marinaio fuochista, da Chiuduno
Raffaele Francia, sergente radiotelegrafista, 24 anni, da Bologna
Nicolò Giancalone, marinaio, da Mazara del Vallo
Gilberto Leoni, marinaio elettricista, da Lenno
Antonio Lo Presti, marinaio, da Reggio Calabria
Adolfo Mancini, marinaio silurista, da Cortona
Corrado Marchione, capo silurista di terza classe, da Sparanise
Romanino Marchionna, marinaio elettricista, da Castel di Sangro
Vito Milana, capo radiotelegrafista di terza classe, da Alcamo
Albino Montruccoli, marinaio fuochista, da Bagnolo in Piano
Giovanni Palanca, marinaio, da Porto Recanati
Giuseppe Palmisano, capo meccanico di seconda classe, da Napoli
Mario Paneghel, sottocapo elettricista, da Motta di Livenza
Gaetano Parisi, marinaio cannoniere, da Napoli
Otello Pecorari, marinaio, da Zibello
Mario Pipisi, sottocapo radiotelegrafista, da Gavorrano
Lazzaro Pitzianti, capo meccanico di terza classe, da Cagliari
Angelo Pozzato, marinaio silurista, da Porto Tolle
Salvatore Randone, guardiamarina, da Siracusa
Aroldo Ranzi, capo radiotelegrafista di seconda classe, da Roma
Stefano Razeto, guardiamarina, da Camogli
Andrea Salvai, sottocapo cannoniere, da Mola di Bari
Vincenzo Salvati, capo meccanico di seconda classe, da Mercato San Severino
Giuseppe Sava, sottocapo silurista, da Messina
Armando Sepe, marinaio elettricista, da Napoli
Mario Sforza, capo silurista di terza classe, da Taranto
Vittorio Sina, marinaio, da Villanuova sul Clisi
Giuseppe Strano, marinaio cannoniere, da Catania
Giuseppe Tanoni, secondo capo elettricista, da Cremona
Carlo Alberto Teppati, capitano di corvetta (comandante), da Torino
Antonio Vicentini, sottocapo motorista, da Ariano nel Polesine
Emilio Zamengo, sottocapo segnalatore, da Mirano
Giorgio Zucchella, secondo capo cannoniere, da Torino
Caduti in precedenti missioni:
Enrico Bonazzola, marinaio cannoniere, da Vestrino (caduto in mare il 20.1.1941)
Adriano D’Andrea, sergente silurista, da Saronno (deceduto per intossicazione da cloruro di metile il 12.6.40)
Maggiorino Acerbi, secondo capo nocchiere, da Larciano
Giovanni Addivinola, marinaio silurista, da Avellino
Carlo Alicata, capitano del Genio Navale, da Reggio Calabria
Pietro Allegra, marinaio, da Palermo
Attilio Arces, capo elettricista di prima classe, da Latiano
Vito Berardi, marinaio motorista, da Mola di Bari
Giovanni Bernardi, marinaio silurista, da Genova
Gaetano Bertotto, marinaio fuochista, da Chioggia
Guido Bevacqua, tenente del Genio Navale, da Roma
Aldo Blecich, marinaio silurista, da Fiume
Emilio Bonfanti, marinaio fuochista, da Santa Giustina
Ermenegildo Borin, aspirante sottotenente del Genio Navale, da Venezia
Valerio Caccia, sottocapo motorista, da Marmirolo
Alfonso Cantando, marinaio motorista, da Milano
Antonio Cisterna, marinaio torpediniere, da Roma
Renzo Colavini, tenente di vascello, da Roma
Bruno Colombo, marinaio silurista, da Busto Arsizio
Silverio Conte, marinaio, da ponza
Rodolfo De Curtis, marinaio silurista, 18 anni, da Somma Vesuviana
Ernesto De Guglielmi, sottotenente di vascello, da Cesio
Giovanni Di Meglio, marinaio silurista, da Barano d’Ischia
Giuseppe Failutti, marinaio radiotelegrafista, da Udine
Salvatore Fallica, marinaio, da Acireale
Silvano Finazzi, marinaio fuochista, da Chiuduno
Raffaele Francia, sergente radiotelegrafista, 24 anni, da Bologna
Nicolò Giancalone, marinaio, da Mazara del Vallo
Gilberto Leoni, marinaio elettricista, da Lenno
Antonio Lo Presti, marinaio, da Reggio Calabria
Adolfo Mancini, marinaio silurista, da Cortona
Corrado Marchione, capo silurista di terza classe, da Sparanise
Romanino Marchionna, marinaio elettricista, da Castel di Sangro
Vito Milana, capo radiotelegrafista di terza classe, da Alcamo
Albino Montruccoli, marinaio fuochista, da Bagnolo in Piano
Giovanni Palanca, marinaio, da Porto Recanati
Giuseppe Palmisano, capo meccanico di seconda classe, da Napoli
Mario Paneghel, sottocapo elettricista, da Motta di Livenza
Gaetano Parisi, marinaio cannoniere, da Napoli
Otello Pecorari, marinaio, da Zibello
Mario Pipisi, sottocapo radiotelegrafista, da Gavorrano
Lazzaro Pitzianti, capo meccanico di terza classe, da Cagliari
Angelo Pozzato, marinaio silurista, da Porto Tolle
Salvatore Randone, guardiamarina, da Siracusa
Aroldo Ranzi, capo radiotelegrafista di seconda classe, da Roma
Stefano Razeto, guardiamarina, da Camogli
Andrea Salvai, sottocapo cannoniere, da Mola di Bari
Vincenzo Salvati, capo meccanico di seconda classe, da Mercato San Severino
Giuseppe Sava, sottocapo silurista, da Messina
Armando Sepe, marinaio elettricista, da Napoli
Mario Sforza, capo silurista di terza classe, da Taranto
Vittorio Sina, marinaio, da Villanuova sul Clisi
Giuseppe Strano, marinaio cannoniere, da Catania
Giuseppe Tanoni, secondo capo elettricista, da Cremona
Carlo Alberto Teppati, capitano di corvetta (comandante), da Torino
Antonio Vicentini, sottocapo motorista, da Ariano nel Polesine
Emilio Zamengo, sottocapo segnalatore, da Mirano
Giorgio Zucchella, secondo capo cannoniere, da Torino
Caduti in precedenti missioni:
Enrico Bonazzola, marinaio cannoniere, da Vestrino (caduto in mare il 20.1.1941)
Adriano D’Andrea, sergente silurista, da Saronno (deceduto per intossicazione da cloruro di metile il 12.6.40)
Il tenente del Genio Navale Guido Bevacqua, morto sul Marcello (g.c. Giovanni Pinna) |
Il marinaio fuochista Silvano Finazzi, 23 anni, morto sul Marcello (g.c. Rinaldo Monella/www.combattentibergamaschi.it) |
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