mercoledì 22 giugno 2016

Circe

La Circe (g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net

Torpediniera della classe Spica tipo Alcione (dislocamento standard di 670 tonnellate, in carico normale 975 tonnellate, a pieno carico 1050 tonnellate).
All’inizio della guerra fu attiva nei mari della Sicilia e nel Tirreno meridionale, per scorta a navi mercantili e vigilanza e caccia antisommergibili; dal 1941 in poi fu invece impiegata soprattutto nella scorta ai convogli tra l’Italia ed il Nordafrica. Svolse in tutto 79 missioni di scorta, nonché missioni di altra natura (caccia antisommergibile, posa mine etc.), percorrendo complessivamente oltre 49.000 miglia.

All'interno della Regia Marina, e forse anche tra tutte le Marine dell'Asse, la Circe fu "primatista" nella lotta antisommergibili: partecipò infatti alla distruzione di ben quattro unità subacquee britanniche (Union, Grampus, Tempest, P 38), ed in tre casi su quattro (Union, Tempest e P 38) fu la diretta autrice dell’affondamento.

Breve e parziale cronologia.

29 settembre 1937
Impostazione nei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente.
29 giugno 1938
Varo nei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente.


Il varo della Circe (g.c. Aldo Cavallini via www.naviearmatori.net

4 ottobre 1938
Entrata in servizio. Assegnata alla XIII Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze della Divisione Scuola Comando di Augusta.
Tra i suoi primi comandanti vi è il tenente di vascello Ener Bettica, futura Medaglia d’Oro al Valor Militare.
10 giugno 1940
All’entrata in guerra dell’Italia, la Circe forma, insieme alle gemelle Calipso, Calliope e Clio, la XIII Squadriglia Torpediniere (facente parte della 1a Flottiglia Torpediniere), di base a Messina.
6 giugno-10 luglio 1940
La Circe, insieme alle gemelle Pallade, Calliope, Clio, Alcione, Airone, Ariel ed Aretusa, partecipa alla posa di quattro sbarramenti di 50 mine ciascuno, nelle acque tra Marsala e Capo Granitola.
14 giugno 1940
La Circe e le gemelle Polluce, Calliope e Clio (tutte unità della 1a Flottiglia Torpediniere) effettuano un rastrello antisommergibile al largo di Siracusa. Alle 4.10, mentre le navi stanno rientrando in porto, la Polluce viene mancata da un siluro; probabilmente lo ha lanciato il sommergibile britannico Grampus.
16 giugno 1940
Alle 18.30 Circe (comandante e caposquadriglia, capitano di fregata Aldo Rossi, che è anche capoflottiglia della 1a Flottiglia Torpediniere), Polluce, Calliope e Clio salpano da Siracusa per un nuovo rastrello antisommergibile. Mezz’ora dopo, le torpediniere s’irradiano in rastrello di ricerca; già alle 19.02, a tre miglia per 087° da Siracusa, le vedette della Circe avvistano una torretta di sommergibile a 3-4 km di distanza (altra fonte parla invece di un periscopio a 55 metri a sinistra), pertanto il comandante Rossi ordina d’invertire la rotta (virando cioè a sinistra, e risalendo la scia della squadriglia) ed apre il fuoco con cannoni e mitragliere, sparando 10 colpi con i pezzi da 100 mm e 336 colpi con le mitragliere da 20 mm; poi, alle 19.04, inizia a lanciare bombe di profondità. Dopo mezzo minuto, il sottotenente di vascello Cruciani avvista il guizzo di un siluro affiorante sulla sinistra, e subito dopo anche il guardiamarina Lambelet avvisa la scia: sono siluri lanciati contro la Polluce da un sommergibile immerso. Il comandante Rossi la fa rilevare alla bussola, ed intanto accosta per mettervi la prora sopra; per suo ordine, Cruciani fa il punto nave. Seguendo il rilevamento indicato, la Circe riprende il lancio delle bombe torpedini da getto; alle 19.09 la scorta di bombe di profondità pronte in coperta si esaurisce, così la torpediniera si allontana verso sudovest e poi verso sud per mettere a mare la torpedine da rimorchio (ordine che Rossi dirama anche alle altre torpediniere). Le altre torpediniere, in base agli ordini ricevuti, gettano anch’esse le proprie bombe di profondità nel punto in cui sono stati visti il periscopio e le scie dei siluri; la Polluce, in particolare, dopo il lancio delle bombe vede emergere bolle d’aria, nafta sempre più abbondante e rottami. Il sommergibile è stato affondato, in posizione 37°00’ N e 15°30’ E (o 37°05’ N e 17°30’ E), sei miglia ad est di Siracusa: era il britannico Grampus (capitano di corvetta Charles Alexander Rowe). Nessun superstite tra i 59 membri dell’equipaggio.
Il caposquadriglia Rossi non è molto convinto né degli avvistamenti delle scie dei siluri (date le condizioni del mare, che renderebbero difficile avvistarle) né dell’avvenuto affondamento del sommergibile, tanto che ordina un ulteriore rastrello antisom. I comandi italiani considereranno l’affondamento del sommergibile nemico come “probabile”; il suo mancato rientro a Malta ne darà la conferma.
Nel corso dell’azione, la Circe ha lanciati 19 bombe di profondità, la Polluce (tenente di vascello Ener Bettica) altrettante, la Clio (tenente di vascello Agretti) 13 e la Calliope 10.
29 luglio 1940
La Circe (caposcorta) e le gemelle Climene, Centauro e Clio (la XIII Squadriglia Torpediniere) salpano da Napoli alle 00.30, per scortare fino a Messina un convoglio formato dal trasporto truppe Marco Polo e dagli incrociatori ausiliari (impiegati come trasporti) Città di Palermo e Città di Napoli. Il convoglio ha come meta finale la Libia, nell’ambito dell’operazione di traffico «Trasporto Veloce Lento»; le navi procedono a 16 nodi.
Nel pomeriggio dello stesso 29 il convoglio giunge a Messina: qui si esaurisce il compito della Circe e del resto della XIII Squadriglia, sostituite nella scorta dalle gemelle della I Squadriglia (Alcione, Airone, Ariel, Aretusa).
22 agosto 1940
Circe e Clio salpano da Napoli alle 20 scortando il trasporto truppe Esperia, diretto in Libia. A Palermo le due torpediniere vengono rilevate dalla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Bersagliere, Fuciliere, Alpino).
5 settembre 1940
La Circe e la gemella Aldebaran salpano da Napoli alle 22, scortando il trasporto truppe Marco Polo e la motonave da carico Francesco Barbaro, dirette a Tripoli. Circe ed Aldebaran scortano le due navi fino a Trapani (per altra fonte, fino a Palermo), poi vengono sostituite dai cacciatorpediniere della XIV Squadriglia (Luca Tarigo, Antonio Da Noli, Antoniotto Usodimare).
24 settembre 1940
La Circe parte da Napoli per Tripoli alle 13, scortando il piroscafo Aquitania e la motonave Riv.
26 settembre 1940
Alle 5.30 il convoglio viene dirottato a Trapani.
3 ottobre 1940
Il convoglio lascia Trapani alle 11.30.
5 ottobre 1940
Il convoglio giunge a Tripoli alle 12.30.
14 ottobre 1940
La Circe lascia Tripoli per Palermo alle 16, scortando i piroscafi Motia e San Giovanni Battista.
16 ottobre 1940
Il convoglio giunge a Palermo alle 17.
5 dicembre 1940
La Circe parte da Napoli alle 20, scortando le motonavi Maria, Cilicia e Marco Foscarini dirette a Tripoli.
8 dicembre 1940
Il convoglio giunge a Palermo. Proseguirà poi senza la Circe, sostituita dalla torpediniera Orsa.
16 dicembre 1940
Il sottocapo furiere Salvatore Vella, della Circe, muore in territorio metropolitano.
1941
Le mitragliere da 13,2 mm, di scarsa efficacia, vengono eliminate e sostituite con otto da 20/65 mm.
9 gennaio 1941
In serata la Circe (capitano di corvetta Tommaso Ferreri Caputi) salpa da Trapani insieme alla gemella Vega (capo sezione, capitano di fregata Giuseppe Fontana) per una crociera notturna nelle acque di Pantelleria, con l’intento di individuare ed attaccare le forze nemiche uscite in mare per l’operazione britannica «Excess» (consistente nell’invio di convogli tra Alessandria d’Egitto, Gibilterra, Malta ed il Pireo), se dovessero passare nella zona. Le due torpediniere hanno ordine di trovarsi ad est di Pantelleria entro le 22 e di agire con piena libertà di giudizio e solo nel caso si ritenga che le condizioni di luce consentano un attacco con probabilità di successo. In appoggio a Vega e Circe, oltre che ai MAS inviati contemporaneamente nelle acque di Malta, parte da Trapani anche la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, con il compito di incrociare nelle acque delle Egadi sino all’avvenuto rientro di torpediniere e MAS, e di appoggiare tali unità a meno che questo non comporti il confronto con forze nemiche superiori.
Alle 7.12 del mattino del 10 gennaio la Circe, che si trova sette miglia a sudest di Punta Ferreri sulla costa sudoccidentale di Pantelleria (le due torpediniere stanno procedendo a 12 nodi su rotta 133°), avvista a circa 7000 metri per 270° (verso ovest) una nutrita formazione di navi nemiche, in navigazione verso sudest ad una velocità stimata di 20 nodi: si tratta appunto di uno dei convogli di «Excess», l’«MC 4», con quattro mercantili (Clan Cumming, Clan MacDonald, Essex ed Empire Song) partiti da Gibilterra e diretti a Malta ed al Pireo sotto la scorta delle forze britanniche «B» (Gloucester, Southampton ed Ilex) e «F» (Bonaventure, Hereward, Hasty, Hero e Jaguar, il tutto al comando del CV H. J. Egerton sul Bonaventure), composte dagli incrociatori leggeri Bonaventure, Gloucester (nave di bandiera del contrammiraglio E. de F. Renouf, comandante della Forza B) e Southampton e dai cacciatorpediniere Jaguar, Hero, Hasty, Hereward ed Ilex.
La Circe accosta subito per 205°, subito imitata dalla Vega che, di propria iniziativa, si posiziona alla sua dritta, su un rilevamento circa perpendicolare alla congiungente con la formazione britannica. Il mare molto agitato riduce di diversi nodi la loro velocità mentre si avvicinano alla formazione avversaria.
Serrate le distanze sino a 4000-5000 metri, le due torpediniere lanciano tra le 7.26 e le 7.28 (da parte britannica invece si stima che il lancio sia avvenuto alle 7.41, da 3660 metri): per prima la Circe, con il lancio di tre siluri contro la nave centrale della formazione, ritenuta a torto una portaerei; un quarto siluro non parte per avaria all’accensione della carica di lancio. Subito dopo lancia anche la Vega, contro il Bonaventure. Purtroppo, le navi italiane hanno sbagliato nell’apprezzare la velocità delle navi britanniche in 20 nodi, mentre in realtà essa è minore (non potendo superare quella massima dei mercantili scortati, cioè 16 nodi), e nessuno dei siluri colpisce il bersaglio (anche se a bordo delle navi italiane si ha invece l’erronea impressione di aver colpito).
Dopo il lancio, Circe e Vega accostano subito in fuori e si allontanano a tutta forza, dando la poppa al nemico.
Da parte loro, nella formazione britannica due unità – precisamente il cacciatorpediniere Jaguar, che era all’estrema sinistra della scorta, e l’incrociatore leggero Bonaventure, in coda alla colonna –  hanno avvistato le due torpediniere (tre miglia per 010°, al loro traverso sinistro) alle 7.20, più o meno contemporaneamente, nel punto 36°29’ N e 12°10’ E, quando si trovano una dozzina di miglia a sudest di Pantelleria. Essendo previsto che il convoglio avrebbe dovuto incontrare due cacciatorpediniere distaccati dalla formazione al comando dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham (comandante in capo della Mediterranean Fleet ed in quell’occasione della Forza A, che dovrebbe raggiungere il convoglio proprio sul finire del combattimento con Circe e Vega), Jaguar e Bonaventure hanno ritenuto trattarsi appunto di queste unità, perciò alle 7.41 il Bonaventure ha comunicato l’avvistamento all’ammiraglio Renouf, poi ha sparato un proiettile illuminante, scoprendo la vera identità delle nuove arrivate.
A questo punto l’incrociatore accosta a tutta forza verso le torpediniere italiane ed inizia a sparare contro la Circe, mentre Renouf ordina al convoglio di accostare nella direzione opposta rispetto al nemico ed il Southampton e due dei cacciatorpediniere, il Jaguar e lo Hereward, vanno anch’essi al contrattacco mentre le torpediniere ripiegano.
Ne segue un inseguimento con impari scontro di artiglieria: la Vega manovra ad alta velocità per attaccare il Bonaventure, quindi questi concentra il suo tiro su di essa, evitandone i siluri con la manovra. L’incrociatore sparò contro le torpediniere ben 600 proiettili da 133 mm, i tre quarti del proprio munizionamento; la Vega risponde al fuoco per prima con i suoi cannoni da 100 mm, seguita dalla Circe. La Vega riesce a mettere un colpo a segno sul Bonaventure, ma questi la centra a sua volta con tre colpi, e con effetto ben diverso: la torpediniera viene presto ridotta ad un relitto galleggiante, immobilizzato ed in fiamme, anche se continua a sparare.
Lo Jaguar si avvicina sino ad appena 270 metri dalla Vega e la spazza con il proprio tiro, incendiandola da prua a poppa, ma gli ultimi colpi sparati dalla Circe in allontanamento lo inducono ad allontanarsi. Poco dopo la Vega, finita dai siluri dell’Hereward, affonda a 6 miglia per 160° da Punta Sciaccazza di Pantelleria. Sono le 8.15; a questa stessa ora la Circe rompe il contatto con le unità nemiche, assumendo rotta verso nord.
La Circe, dopo essere sfuggita alle unità britanniche (il cui tiro ben centrato fa cadere a bordo diverse schegge di granata, senza però causare alcun danno), arriva davanti al porticciolo di Pantelleria alle 8.45, dopo aver richiesto al semaforo l’invio a bordo di un ufficiale medico, che viene imbarcato con un’imbarcazione appositamente messa a mare. Su ordine del locale Comando Marina, la Circe recupera la propria imbarcazione, per poi ripartire nuovamente diretta nel punto dove la Vega è affondata, per soccorrerne i naufraghi.
Dopo aver seguito la costa occidentale di Pantelleria (durante tale percorso vengono avvistati parecchi aerei italiani diretti verso sud, evidentemente per attaccare le forze britanniche), la Circe raggiunge il luogo dell’affondamento (a 6 miglia per 160° da Punta Sciaccazza) ed inizia a perlustrarlo alla ricerca di superstiti. Alle 10.02 viene avvistata un’imbarcazione capovolta, cui è aggrappata una trentina di uomini: molti di essi sembrano già morti. La Circe cala un’imbarcazione al comando di un guardiamarina e si prepara a recuperare i superstiti più rapidamente possibile, ma a questo punto viene attaccata da un aereo nemico (decollato da Malta) che scende a bassa quota e lancia quattro bombe, che la mancano di poco. Poco dopo la Circe  intercetta anche dei segnali di scoperta aerea delle navi nemiche, ancora molto vicine, perciò rimette in moto e si allontana dopo aver recuperato un solo naufrago, lasciando sul posto la propria imbarcazione. Durante la navigazione verso Pantelleria (durante la quale, secondo una fonte, avrebbe anche abbattuto un aereo), la torpediniera viene colta da un’avaria al timone e deve governare con le macchine, raggiungendo il porto dell’isola alle 11.30.
L’imbarcazione lasciata dalla Circe sul luogo dell’affondamento riesce a recuperare solo cinque altri sopravvissuti, poi dirige a sua volta per Pantelleria, dove giunge alle 13.30 a Punta Tracino. Sono morti 122 dei 128 uomini che formavano l’equipaggio della Vega.
15 febbraio 1941
La Circe parte da Palermo per Tripoli all’1.30, scortando il piroscafo tedesco Castellon.
16 febbraio 1941
Circe e Castellon giungono a Tripoli alle 18.
18 febbraio 1941
Circe e Castellon lasciano Tripoli alle 10.
20 febbraio 1941
A causa del mare mosso, la Circe è costretta a ridossarsi a Pantelleria. Le navi giungono comunque a Napoli a mezzogiorno.
10 marzo 1941
La Circe (caposcorta) e la vecchia torpediniera Generale Achille Papa salpano da Trapani per Tripoli alle 20, scortando il piroscafo Caffaro e la cisterna militare Tanaro.
12 marzo 1941
Il convoglio raggiunge Tripoli alle 19.30.
17 marzo 1941
La Circe lascia Tripoli alle 10, scortando il Caffaro di ritorno e la motonave tedesca Ruhr.
19 marzo 1941
Il convoglio arriva a Napoli alle 19.
23 marzo 1941
La Circe (caposcorta), le gemelle Castore, Calliope, Centauro e Clio e l’avviso scorta Pegaso salpano da Napoli per Tripoli tra le 5 e le 15, scortando i piroscafi Amsterdam, Caffaro e Capo Orso e le motonavi Giulia e Col di Lana.
27 marzo 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 14.
29 marzo 1941
La Circe, insieme alle gemelle Alcione e Sagittario, prende il mare per raggiungere ed assistere il cacciatorpediniere Dardo (capitano di corvetta Bruno Salvatori), che sta faticosamente rimorchiando verso Trapani la motonave tedesca Ruhr, silurata da sommergibile.
Circe ed Alcione giungono sul posto alle 18.10; il Dardo rallenta gradualmente per consentire alle due torpediniere di affiancarsi alla Ruhr, attraccare ai suoi lati e prendere a bordo 200 soldati ciascuna. Alle 18.55 Circe ed Alcione sono attraccate, ciascuna su un lato della motonave, e danno inizio al trasbordo; la Sagittario gira intorno al piccolo convoglio, vigilando su eventuali rischi. Alle 19.40 il trasbordo è completato, e le due torpediniere ripartono dirette a Trapani, per sbarcarvi i soldati. La Ruhr riuscirà ad arrivare in porto.
14 aprile 1941
La Circe e la vecchia torpediniera Generale Carlo Montanari escono da Tripoli e vanno incontro ad un convoglio proveniente da Napoli (piroscafi tedeschi Ankara, Reichenfels, Marburg, Kibfels, Galilea, scortati dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Lanzerotto Malocello, Dardo ed Antonio Da Noli), scortandolo nell’ultimo tratto della navigazione. Le navi giungono a Tripoli alle 10.
20 aprile 1941
Durante la notte, Circe e Calliope effettuano un rastrellamento antisommergibili tra Marettimo e Capo Bon, in preparazione della posa della prima tratta dello sbarramento di mine «S».
11 maggio 1941
La Circe salpa da Trapani alle 15, insieme alle torpediniere Calliope ed Enrico Cosenz, per scortare a Tripoli un convoglio formato dai piroscafi Giuseppe Leva, Giovinezza, Cadamosto, Amsterdam e Nita.
13 maggio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 15.40.
19 maggio 1941
La Circe, le gemelle Cassiopea e Partenope ed il cacciatorpediniere Geniere partono da Tripoli alle 20, scortando le motonavi Marco Foscarini e Calitea, con a bordo prigionieri britannici. Il convoglio “condivide” con altri due (uno in navigazione da Napoli e Palermo per Tripoli, l’altro da Tripoli per Napoli) la scorta a distanza della VII Divisione (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi; cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere ed Alpino) uscita da Palermo.
21 maggio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 11.
La Circe, intanto, ha raggiunto Palermo, da dove riparte alle 8.30 insieme al cacciatorpediniere Maestrale, per scortare ad Augusta gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Luigi Cadorna, seguendo rotte costiere.
26 maggio 1941
Alle 19.40 la Circe (caposquadriglia della XIII Squadriglia Tp., capitano di fregata Carlo Unger di Lowenberg), insieme a Calliope (tenente di vascello Oliva), Clio (capitano di corvetta Giliberto) e Perseo (tenente di vascello D’Elia), salpa da Augusta per effettuare la posa degli sbarramenti di mine «M 4» e «M 4 bis», da posare ad est di Malta. Ciascuna torpediniera ha a bordo 25 mine tipo P 200 fornite dal Parco Torpedini di Augusta, e dotate di congegno acustico di produzione tedesca (utilizzato per la prima volta nel Mediterraneo).
Le torpediniere procedono a 20 nodi lungo le rotte costiere fino al punto prestabilito «A» al largo di Capo Passero, dove giungono alle 22.51; assunta poi rotta 187°, sempre a 20 nodi, dirigono per il punto prestabilito «B». Verso le 23.30 si inizia a vedere, in lontananza, il tiro di sbarramento delle batterie contraeree di La Valletta.
27 maggio 1941
Alle 00.54, le torpediniere giungono nel punto «B»; riducono la velocità a 10 nodi (la velocità prevista per la posa) ed accostano per 180°. La sezione formata da Clio e Perseo inverte invece sulla sinistra ed accosta per rotta 0°, con analoga velocità. Calliope e Perseo iniziano per prime la posa del primo grappolo di mine, alle 00.57.40; l’operazione dura esattamente un’ora, concludendosi all’1.57.20 con la posa del terzo grappolo da parte di Circe e Clio. La Calliope prima, e la Circe poi, posano lo sbarramento «M 4»; contemporaneamente la Perseo prima, e la Clio poi, posano lo sbarramento «M 4 bis», sul lato opposto rispetto al punto «B». Le 100 mine vengono posate a grappoli, su rotte serpeggianti, con una distanza di 60-80 metri tra le armi di ciascun grappolo (e di 55-60 metri tra le armi di uno stesso grappolo), tutte regolate per una profondità di 20 metri. Grazie alla luce lunare, è possibile eseguire tutte le operazioni per la preparazione e la posa (rimozione delle rizze e dei cappellozzi, spostamento delle mine) senza dover accendere luci in coperta; c’è mare mosso con onda lunga da Scirocco, ma alla velocità di posa di 10 nodi questo non crea problemi (a 20 nodi, invece, bagnava le mine a poppa). La stabilità delle navi, anche con tutte le mine a bordo, risulta buona con mare lungo al mascone; non altrettanto con il mare al traverso.
Unico evento da segnalare, all’1.32, l’avvistamento da parte della Circe (intenta ad ancorare il primo grappolo) di una luce di prora sinistra, subito spenta; si ritiene che sia un’unità britannica della vigilanza foranea, ma la posa prosegue. Si vedono ancora bagliori di tiro contraereo verso La Valletta; all’1.20, all’1.30, all’1.45 ed alle 2.16 si avvertono delle scosse allo scafo che sembrano causate da esplosioni subacquee, ma troppo deboli per essere di mine esplose prematuramente. Le si attribuisce a bombe cadute in mare non vicinissime.
Terminata la posa, tutte e quattro le torpediniere accostano per 035° ed assumono velocità di 20 nodi, riformando le sezioni Circe-Calliope e Clio-Perseo, che procedono senza essere in vista l’una dell’altra. Alle 2.25 le due sezioni, accelerato a 25 nodi, dirigono verso il punto «A» di Capo Passero; la Circe vi arriva alle 4.06, trovando fitta nebbia e mare lungo da Scirocco.
Entro le 5.55 la squadriglia è riunita in linea di fila ad est di Capo Murro di Porco; alle 7.20 le navi entrano ad Augusta. Il comandante e caposquadriglia Unger di Lowenberg, nel suo rapporto, elogia tutto il personale coinvolto (in special modo comandanti, comandanti in seconda e personale addetto alle mine) nell’operazione per la precisione, perizia ed entusiasmo mostrati.
2 giugno 1941
La Circe (caposcorta) e la gemella Perseo salpano da Palermo per Tripoli alle 19.30, scortando i piroscafi Liv, Ninuccia e Pertusola.
5 giugno 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 16.15.
12 giugno 1941
La Circe salpa da Tripoli per Bengasi alle 22, scortando il piroscafo tedesco Brook e la motonave italiana Unione.
15 giugno 1941
Le navi giungono a Bengasi alle 8.30. Alle 19.30, la Circe riparte per Tripoli, scortando stavolta i piroscafi Ninfea e Pertusola.
18 giugno 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 10.
27 giugno 1941
Alle 16 la Circe riparte da Tripoli diretta nuovamente a Bengasi, scortando di nuovo il Pertusola (con una bettolina a rimorchio) ed il Ninfea.
30 giugno 1941
Le navi raggiungono Bengasi alle 9.


La Circe durante la guerra, fotografata da un’angolazione… singolare (da www.marina.difesa.it

1° luglio 1941
La Circe lascia Bengasi per Tripoli alle 13, scortando i piroscafi Motia e Cadamosto.
4 luglio 1941
Le navi arrivano a Tripoli alle 9.
17 luglio 1941
La Circe (capitano di corvetta Carlo Unger di Lowenberg) lascia finalmente la Libia: parte da Tripoli alle 20 diretta a Trapani, scortando il piroscafo tedesco Menes, che procede a rimorchio del rimorchiatore Ciclope ed assistito da un secondo rimorchiatore, il tedesco Max Berendt. Il convoglio gode anche di scorta aerea.
20 luglio 1941
Alle 11.18, mentre il convoglietto procede a 5 nodi con la Circe che zigzaga in posizione avanzata, a sudest di Pantelleria, quest’ultima avvista la scia di un siluro sulla sinistra, circa 2740 metri a nordovest del convoglio, e si dirige verso il punto da cui sembra essere stato lanciato. Viene notato un sottile strato d’olio sulla superficie, la cui origine sembra trovarsi a circa un chilometro dal convoglio; mentre il convoglio accosta a dritta, verso sudest (nessuna nave viene colpita), la Circe accelera a 20 nodi ed attacca. Grazie alla trasparenza dell’acqua, il comandante Di Lowenberg avvista il periscopio del sommergibile attaccante nonostante esso si trovi qualche metro al di sotto della superficie. La Circe si dirige in quella direzione per speronare il periscopio (mettendo tutta la barra a sinistra), ma quest’ultimo si trova già troppo in profondità; allora la torpediniera lancia ad intervalli sei bombe di profondità, regolate per profondità di 50, 75 e 100 metri.
Alle 11.31, una grossa bolla d’aria viene a galla a circa 200 metri dalla prora della Circe; Di Lowenberg lo interpreta come segno dell’espulsione dell’aria dalle casse del sommergibile, per una manovra di immersione rapida. La Circe attraversa la zona ad elevata velocità, indi getta altre tre cariche da 100 kg in rapida successione, subito seguita dall’idrovolante CANT Z. 501 della scorta aerea (che getta tre bombe di profondità); alle 11.35, però, la nave deve temporaneamente interrompere la caccia per raggiungere il convoglio, che si sta dirigendo verso una zona minata. Sventato anche questo pericolo, verso mezzogiorno la torpediniera lascia nuovamente il convoglio e ritorna nella zona dei precedenti attacchi, dove nota un’ampia chiazza di olio. Di Lowenberg ritiene di aver certamente colpito il sommergibile attaccante con le bombe di profondità, e di averlo affondato.
Il pilota dell’aereo della scorta aerea, per parte sua, annota nel suo rapporto che alle 11.42 una grossa bolla d’aria circolare, del diametro di 20 metri, è emersa a sinistra della rotta seguita dalla Circe, ad almeno 150 metri dal punto in cui questa, poco prima, ha lanciato le sue bombe di profondità. L’aereo si è diretto nel punto in cui è apparsa la bolla ed ha sganciato una bomba sulla sua verticale, da 200 metri di altezza; dopo mezzo minuto, abbondanti quantità di olio hanno iniziato a venire a galla, continuando ad affiorare in abbondanza sino a formare, in breve tempo, una chiazza ampia 200-300 metri ed in continua crescita.
Il sommergibile attaccante era il britannico Union (tenente di vascello Robert Malcolm Galloway): le bombe di profondità della Circe lo hanno effettivamente affondato nel punto 36°26’ N e 11°50’ E, nel Canale di Sicilia, 25 miglia a sudovest di Pantelleria (per altra fonte, 10 miglia a sud dell’isola). Nessun sopravvissuto tra i 32 membri del suo equipaggio.
21 luglio 1941
Il piccolo convoglio giunge a Trapani a mezzogiorno.
7 settembre 1941
Alle 11 la Circe prende il mare per andare in soccorso del piroscafo Ernesto, colpito da un aerosilurante venti miglia a nord di Pantelleria durante la navigazione in convoglio da Tripoli a Napoli. L’Ernesto inizialmente viene preso a rimorchio dallo Strale, poi sostituito, a turno, dai rimorchiatori Marsigli, Costante e Montecristo; la Circe (cui poi si affianca lo Strale, liberato dalle incombenze del rimorchio) dà scorta ed assistenza al gruppetto di unità.
8 settembre 1941
Circe, Strale, Ernesto e rimorchiatori arrivano a Trapani all’1.30.
10 settembre 1941
La Circe, salpata da Trapani, si aggrega nel Canale di Sicilia alla scorta (cacciatorpediniere Alfredo Oriani – caposcorta, capitano di fregata Vittorio Chinigò – e Fulmine, torpediniere Orsa e Pegaso) di un convoglio in navigazione da Napoli a Tripoli e composto dai piroscafi Caffaro, Nirvo, Tembien, Bainsizza e Nicolò Odero e dalla motonave Giulia.
12 settembre 1941
Alle 3.10 di notte il convoglio, dopo essere stato scoperto da un ricognitore a sud di Pantelleria, viene attaccato da bombardieri od aerosiluranti, ma nessuna nave viene colpita, grazie alle manovre evasive, all’emissione di cortine nebbiogene ed alla reazione dell’armamento contraereo delle navi. Il mattino seguente, il convoglio procede su rotte varie nella zona delle Kerkennah, senza alcun allarme.
Alle 14, mentre il convoglio procede sotto scorta di velivoli della Regia Aeronautica, si verifica un nuovo attacco aereo, da parte di otto bombardieri (Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm, decollati da Malta): i velivoli, provenienti da ovest, si avvicinano a bassa quota e sganciano le loro bombe. Sia le unità della scorta che i mercantili aprono il fuoco, puntato e di sbarramento: tre aerei nemici vengono abbattuti e precipitano in fiamme, ma alle 14.10 il Caffaro viene colpito ed incendiato da una bomba. La Circe, insieme all’Orsa e più tardi al Fulmine, riceve ordine di fornirgli assistenza, mentre il resto del convoglio prosegue.
Tutto inutile: alle 16.05 il Caffaro esplode ed affonda, in posizione 34°14’ N e 11°54’ E (a nordovest di Tripoli). È la Circe a dare la notizia all’Oriani, che ha visto l’esplosione in lontananza. Quasi tutto il personale imbarcato, tuttavia, può essere tratto in salvo: la Circe recupera 110 naufraghi, l’Orsa 79, il Fulmine 35. Le tre unità lo comunicano all’Oriani alle 16.50; Circe ed Orsa aggiungono anche che tra i superstiti da loro raccolti non vi sono feriti particolarmente gravi. Le due torpediniere possono così ricongiungersi al convoglio, mentre il Fulmine, avendo a bordo un ferito gravissimo, dirige verso Tripoli.
Alle 23.54 il convoglio raggiunge il punto «C» della rotta di sicurezza di Tripoli; i piroscafi si dispongono in linea di fila.
13 settembre 1941
All’1.05 vengono avvistati 4-5 aerei che procedono con rotta 240° ed i fanali di via accesi; il caposcorta dirama l’allarme aereo, ed all’1.20 diversi razzi illuminanti (diciotto in tutto) si accendono sulla sinistra del convoglio. Le unità di scorta, in base agli ordini del caposcorta, emettono fumo; sia queste che i mercantili aprono il fuoco, puntato e di sbarramento.
Alle 2.30 l’attacco si conclude senza danni, e la formazione si riordina e riprende la navigazione.
Alle 3.45, però, la Circe sente rumori di aerei di poppa e lo comunica al caposcorta; alle 3.55 viene avvistato un fuoco galleggiante sulla dritta del convoglio. Di nuovo le unità di scorta iniziano ad emettere fumo, e tutte le navi aprono il fuoco di sbarramento: ma alle quattro del mattino, il Nicolò Odero viene colpito. È di nuovo la Circe a darne notizia al caposcorta, alle 4.04; presta assistenza al piroscafo danneggiato, ed alle 4.30 informa l’Oriani che ci sono uomini in mare, richiedendo l’invio di un’altra nave. Il caposcorta invia ad assisterla l’Orsa e la Perseo, inviata incontro al convoglio da Zuara e giunta durante l’attacco; il resto del convoglio prosegue. Alle 5.05 la Circe riferisce che il Nicolò Odero ha un incendio a bordo, ma rimane a galla, e chiede che sia inviato un rimorchiatore.
Circe, Orsa e Perseo hanno messo in salvo tutti i 285 superstiti del piroscafo, che per ore galleggia in fiamme; all’alba partono da Tripoli i rimorchiatori Pronta e Portolago, che tentano vanamente di domare le fiamme con ogni mezzo disponibile. Risultato futile ogni tentativo, Pronta e Portolago prendono l’Odero a rimorchio e tentano dapprima di portarlo a Tripoli, poi lo portano ad incagliare in costa. Sarà tutto vano, perché alle 15 del 14 le fiamme raggiungeranno una stiva piena di munizioni, ed il Nicolò Odero salterà in aria.
Il resto del convoglio giunge a Tripoli alle 12.30 del 13.
18 settembre 1941
La Circe, insieme alle gemelle Centauro, Clio e Perseo, viene inviata da Marina Libia sul luogo del siluramento dei grandi trasporti truppe Neptunia ed Oceania, affondati dal sommergibile britannico Upholder al largo di Tripoli (Circe e Centauro, in previsione del loro arrivo, avevano già avuto ordine da Marina Libia di tenersi pronte a muovere alle 4 del 18). Grazie all’opera di soccorso prestata dai cacciatorpediniere della scorta e, in misura minore, dalle torpediniere, si riesce a salvare 5434 dei 5818 uomini imbarcati sulle due navi. La Circe (dopo la Centauro, che non salva nessuno) è l’unità che recupera meno naufraghi: appena tre, mentre 2083 sono stati salvati dal cacciatorpediniere Pessagno, 1302 dal Da Recco, 683 dal Da Noli, 582 dal Gioberti, 485 dall’Usodimare, 163 dalla Clio e 131 dalla Perseo (altri tre vengono salvati da idrovolanti di soccorso).
La Circe, insieme a Centauro e Perseo nonché ai cacciatorpediniere Da Recco, Da Noli e Gioberti della scorta, giunge a Tripoli alle 21.
19 settembre 1941
La Circe salpa da Tripoli per Bengasi alle 21, scortando i piroscafi Prospero ed Ascianghi. A sole cinque miglia dalla diga foranea, il convoglio viene attaccato da bombardieri: la Circe viene colpita, e dev’essere rimorchiata di nuovo in porto. Il marinaio cannoniere Ferdinando Mori viene dichiarato disperso a seguito dell’attacco.
Successivamente la nave lascia Tripoli, sempre a rimorchio, e viene portata a Palermo. Da qui sarà trasferita a Napoli, dove passerà alcuni mesi in riparazione.
21 gennaio 1942
La Circe (caposcorta) e la gemella Perseo partono da Tripoli dirette a Susa, dove si trova il piroscafo tedesco Atlas qui giunto da Napoli (scortato fino a Marettimo dalle torpediniere Sirtori e Cosenz, poi da solo); ne assumono la scorta per l’ultimo tratto di navigazione verso Tripoli.
23 gennaio 1942
Circe, Atlas e Perseo arrivano a Tripoli alle 11.
12 febbraio 1942
Alle 20.20 la Circe (al comando del capitano di corvetta Stefanino Palmas, 34 anni, sassarese), intenta a scortare il piroscafo Bosforo nel Golfo di Taranto, riceve ordine di dirottare il Bosforo a Crotone e di rastrellare un vasto tratto di mare al largo della costa tra Crotone e Punta Alice: un sommergibile britannico ha silurato in queste acque la nave cisterna Lucania (nave che sarebbe dovuta essere “protetta” nell’ambito di un accordo tra Italia e Regno Unito, in quanto impiegata come rifornitrice per alcuni transatlantici impegnati nel rimpatrio dei civili italiani dall’Africa Orientale).
La Circe dirige a 20 nodi verso l’area assegnata per la ricerca.
13 febbraio 1942
Alle 00.15 la Circe giunge nell’area assegnata per la ricerca, e – ridotta la velocità a 14 nodi – inizia a setacciarla con l’ecogoniometro seguendo un percorso prestabilito: prima procede verso nord fino al limite settentrionale dell’area, poi ad est per pochi minuti, quindi verso sud, poi di nuovo verso est per qualche minuto, poi verso sud, poi verso est, poi verso sud, e così via; all’1.36 la prima zona è stata passata al setaccio senza risultato, quindi la Circe si sposta di nove miglia ad est e ricomincia la ricerca su rotta parallela; completata anche questa seconda ricerca alle 3.02, dirige verso est preparandosi ad una terza ricerca, ma accade finalmente qualcosa.
Alle 3.15 (mentre la nave sta procedendo verso est) l’ecogoniometro della Circe rileva un buon contatto a 1600 metri, il suono prodotto dal segnale d’immersione rapida di un sommergibile: si tratta del britannico Tempest (capitano di corvetta William Alexander Keith Napier Cavaye), che si trova in superficie nel Golfo di Taranto, non molto lontano da Crotone. Non è l’affondatore della Lucania (quello è invece l’Una), ma questo non è noto all’equipaggio italiano e, comunque, è ugualmente un sommergibile nemico. La Circe, con l’equipaggio ai posti di combattimento, accelera e dirige incontro al sommergibile, che da parte sua l’aveva già avvistata un quarto d’ora prima (secondo altra fonte, la Circe avrebbe avvistato il Tempest già alle 3.02; ma in reatà questa dovrebbe essere l’ora in cui il Tempest ha avvistato la Circe): il comandante britannico aveva deciso di non immergersi ma di restare invece in superficie per attaccare con i tubi lanciasiluri esterni; quando però vede che la torpediniera muta rotta e gli dirige incontro a tutta forza, Cavaye ordina l’immersione rapida. Alle 3.32 la Circe lancia la prima scarica di bombe di profondità: il Tempest, investito dagli scoppi mentre si trova a 30 metri di profondità, è scosso violentemente, i vetri vanno in pezzi, i timoni si bloccano rendendo il sommergibile ingovernabile per diversi minuti; l’unità britannica inizia a sprofondare sempre più, ma l’equipaggio riesce infine a stabilizzarla a 45 metri di profondità. Nondimeno, questo primo attacco ha messo fuori uso quasi tutti gli strumenti e le luci, danneggiato irrimediabilmente i timoni di prua ed i timoni di profondità e fatto scivolare nel suo alloggiamento un asse delle eliche, che ora provoca un continuo e forte rumore metallico. L’equipaggio britannico è sorpreso dall’accuratezza dell’attacco: a bordo si riteneva di non essere stati visti (ed infatti è così: è stato proprio il segnale d’immersione rapida, avvertito dall’idrofonista, ad attirare la Circe).
Il comandante Palmas, intanto, decide di tenere il Tempest sotto controllo con l’ecogoniometro, ma di attendere l’alba prima di compiere nuovi attacchi: perché il mare agitato complica il caricamento dei lanciabombe (in coperta ci sono solo bombe di profondità per due o tre salve, ed il rollio causato dal mare rende difficile e pericoloso portare in coperta altre bombe di profondità dal deposito) e la conseguente instabilità impedisce di lanciare i “pacchetti” di bombe con precisione; perché è troppo buio per poter vedere eventuali bolle d’aria, nafta e rottami che possano segnalare il danneggiamento od affondamento della preda; perché, infine, ci sono bombe sufficienti solo per quattro attacchi, dunque non bisogna sprecarle. Dato che ormai ha il Tempest sotto controllo, la Circe si limita a passare e ripassare sulla sua verticale, lanciando ogni volta qualche segnale luminoso.
Alle 6.50 inizia ad esservi abbastanza luce – ma il cielo è coperto ed il mare è agitato da Maestrale – ed alle 7.16 Palmas ordina di lanciare la seconda scarica di bombe di profondità. Di nuovo queste esplodono vicinissime al Tempest, scuotendolo violentemente: il suo giroscopio principale va distrutto; della nafta, fuoriuscita da un collegamento danneggiato, invade il pavimento della camera di comando (ma poi la perdita viene fermata); la quota può essere controllata soltanto con i timoni di profondità poppieri, in quanto quelli prodieri sono ormai inutilizzabili. L’interno del sommergibile è sconvolto, apparati distrutti e materiale mobile (tra l’altro, a bordo ci sono un carico di parti di ricambio per i sommergibili di Alessandria e sacchi di posta per la flotta) sparpagliati ovunque. Tutti gli uomini non necessari hanno ordine di riposare ai loro posti e cercare di muoversi il meno possibile, per non consumare ossigeno e minimizzare il rumore (che faciliterebbe l’individuazione da parte della Circe).
Alle 7.26, tornando verso la posizione del sommergibile, la Circe nota un’ampia chiazza di nafta, ma Palmas, temendo che possa essere solo l’effetto dell’ombra di nubi color ferro che si vedono nel cielo, ordina un nuovo attacco alle 7.55. Mentre dirige all’attacco per la terza volta, Palmas nota «due nette bolle d’aria vicine, provenienti dal basso in due cilindri di colore azzurro ben distinto da quello del mare», mentre l’ecogoniometro segnala la zona del silenzio, corrispondente a quella delle bolle; all’ordine, la Circe lancia la terza scarica di bombe, poi si allontana, inverte la rotta dopo un migliaio di metri e segue i rilevamenti dell’ecogoniometro, vedendo una macchia di nafta. Si cala un recipiente per raccogliere un campione d’acqua (in modo da verificare se contenga effettivamente nafta), ma viene portato via dal mare.
Alle 8.40 Palmas riferisce a Taranto ciò che ha osservato e che ritiene che, viste le bolle e la nafta, il sommergibile deve essere stato seriamente danneggiato, e sarà costretto ad emergere entro breve tempo; aggiunge inoltre che gli restano bombe di profondità solo per un altro attacco.
Sul Tempest, immerso a circa 120 metri di profondità, la situazione è grave: prima degli ultimi attacchi, il sommergibile poteva capire, grazie all’idrofono (l’ecogoniometro ha smesso di funzionare da mesi, a seguito di un incidente), da quale direzione provenisse la nave italiana quando attaccava; ora anche l’idrofono è stato posto fuori uso, e Cavaye non sa né da dove arriva la Circe prima di attaccare, né dove va dopo. Mentre le singole scariche di bombe di profondità non sarebbero state letali singolarmente, il loro effetto cumulato lo è: la maggior parte degli impianti direttamente saldati sullo scafo resistente si sono spezzati e staccati; i timoni di profondità sono ancora abbastanza funzionanti, ma per regolare l’assetto del sommergibile, sempre più difficile da mantenere, bisogna ricorrere – dopo il terzo attacco – alle casse di zavorra principali. Le pompe di zavorra sono inutilizzabili, e bisogna ricorrere all’utilizzo dell’aria compressa; il sommergibile sprofonda fino a 150 metri, poi risale.
Alle 9.17, il comandante Palmas ordina l’ultimo lancio di bombe di profondità: è quello decisivo.
La batteria n. 3 del Tempest viene danneggiata, e l’acido in essa contenuto entra in contatto con l’acqua di mare, producendo pericolos gas di cloro, che invade l’interno del sommergibile: a questo punto, non potendo più restare immerso, Cavaye decide di emergere per ingaggiare un combattimento in superficie. I libri di bordo vengono messi in un sacco zavorrato per essere gettati in mare, e vengono distribuiti gli apparati di salvataggio DSEA (Davis Submarine Escape Apparatus).
La Circe ha frattanto esaurito la scorta di bombe di profondità (ne ha lanciate in tutto 45, 16 da 50 kg e 29 da 100 kg): proprio in quel momento, mentre il comandante Palmas sta per chiedere a Taranto di inviare sul posto un’altra nave per proseguire la caccia, il malridotto Tempest emerge a poppa sinistra della Circe, a circa un chilometro di distanza. Dapprima, alle 9.42, vengono osservate due enormi bolle d’aria venire a galla ad un migliaio di metri di distanza (mentre la Circe si trova su rotta 090°); poi, alle 9.45 (mentre la torpediniera si sta allontanando dalla zona dove sono state viste le bolle), spunta in superficie, circa un chilometro a poppavia sinistra, la poppa del Tempest, seguita dal resto del sommergibile. La Circe accosta immediatamente a sinistra per assumere rotta parallela a quella del Tempest, che appare gravemente danneggiato ed in procinto di affondare; il comandante Palmas dà l’allarme e manda subito in punteria cannoni e mitragliere. Alcuni uomini, sul Tempest, scendono in coperta dalla torretta ed iniziano a gettarsi in mare.
Alle 9.49 si vedono due uomini correre al cannone: prima che possano usarlo, la Circe apre il fuoco con cannoni e mitragliere, falciandoli immediatamente e spazzando la torretta. A questo punto, vedendo la Circe avvicinarsi con intento di speronare od abbordare il Tempest, Cavaye dà ordine di abbandonare ed autoaffondare l’unità. Alle 9.51, visto che gli uomini si sono allontanati dal cannone ed apparendo evidente che l’equipaggio britannico sta abbandonando il sommergibile senza tentare ulteriore resistenza, Palmas fa cessare il fuoco (i pezzi da 100 mm della Circe hanno sparato nove colpi).
Sul Tempest, rimasti a bordo solo gli ufficiali, un segnalatore ed un timoniere, vengono zavorrati e gettati in mare i libri di bordo e messi in posizione d’immersione rapida i timoni prodieri, i motori vengono accelerati e sono aperte le valvole dei serbatoi di zavorra, per l’autoaffondamento; poi anche loro gli ultimi rimasti si buttano in mare. A differenza delle loro aspettative, però, il sommergibile rimane a galla: i timoni prodieri rimangono bloccati in posizione di emersione rapida, ed il mare allontana velocemente il Tempest dai naufraghi in mare. Il battello si appoppa, ma il suo movimento ed i timoni prodieri bloccati lo tengono a galla. Sono state attivate anche le cariche esplosive appositamente preparate per l’autodistruzione, ma, evidentemente, senza risultato.
Alla Circe, il Tempest appare in assetto di normale affioramento (torretta e coperta al di sopra della superficie, sia a prua che a poppa), ma con un leggero appoppamento; presenta la poppa al mare ed al vento. La torpediniera mette a mare la iole, sulla quale prendono posto il normale equipaggio dell’imbarcazione più il comandante in seconda, un guardiamarina ed il sottordine di macchina; Palmas ordina loro di salire sul Tempest, esaminarlo e prepararlo al rimorchio, con l’intento di catturarlo e rimorchiarlo a Crotone, distante 30 miglia. Intanto, la Circe si dirige verso i naufraghi per recuperarli.
L’equipaggio del Tempest viene disperso dal mare in un raggio di mezzo miglio; molti, già sfiniti dalle ore di caccia e dalla carenza d’ossigeno ed indeboliti dall’intossicazione da cloro (per giunta, gli apparati d’emergenza DSEA, male utilizzati, si rivelano più d’intralcio che d’aiuto, diventando pesi morti per chi li indossa), soccombono al freddo ed al mare mosso prima che la torpediniera possa soccorrerli. Tra di essi anche il comandante Cavaye.
La Circe raggiunge i superstiti, mette a mare una lancia per recuperarli (la differenza nel “linguaggio dei gesti”, tra italiani e britannici, causa anche qualche malinteso: i marinai italiani sulla lancia fanno cenno ad alcuni naufraghi di venire verso di loro, ma i marinai britannici lo interpretano invece come uno “state lontani” e non si avvicinano) e poi cala una rete lungo la murata, perché altri naufraghi vi si aggrappino e vengano issati a bordo. In tutto, risulta possibile recuperare solo 23 sopravvissuti (tra cui tre ufficiali) su un equipaggio di 62 uomini; i primi vengono raccolti alle 10, gli ultimi a mezzogiorno. Uno dei naufraghi grida disperatamente mentre la nave si avvicina, mentre gli altri mantengono la calma.
Durante il salvataggio, la Circe continua anche a seguire il Tempest, che scarroccia per via delle condizioni del mare. Alle 10.15 Palmas comunica a Supermarina e Marina Taranto il risultato della caccia, ed intanto dirige verso il sommergibile.
I naufraghi vengono rivestiti con pantaloni, camicie e maglie di lana e sistemati in cuccette con coperte, cognac, bevande calde e biscotti; parte dell’equipaggio, tra cui alcuni marinai che conoscono l’inglese, interloquisce con loro piuttosto amichevolmente. Ciò dà luogo, nel pieno della violenza della guerra, ad un curioso intermezzo. Un marinaio della Circe chiede ad un marinaio londinese quale sia il nome del sommergibile affondato; questi risponde “Non te lo dirò se prima non mi dirai qual è il nome di questa fottuta nave” e, avuta risposta (la pronuncia italiana di “Circe” suona, agli inglesi, vagamente simile a quella di “Churchill”), commenta ironicamente ai compagni (nella sua lingua) “Bell’idea essere affondati dal fottuto Churchill!”, scatenando una risata sia tra i superstiti del Tempest che tra quanti, nell’equipaggio della Circe, conoscono l’inglese. Sopraggiungono poi i due operatori tedeschi dell’ecogoniometro – imbarcati per insegnare l’utilizzo dello strumento, di produzione tedesca (S-Gerät), all’equipaggio italiano – che imprecano invece “Churchill schwein hund!”. Anche i tedeschi, comunque, conversano più tardi amichevolmente coi superstiti del Tempest, cui offrono anche delle sigarette.
Il mare agitato e lo sbilanciamento del Tempest causato dai gravi danni subiti rendono molto difficile la predisposizione del rimorchio tra sommergibile e torpediniera. La iole, messa a mare poco dopo le 9.51, dev’essere recuperata già alle 10.40; il comandante in seconda riferisce a Palmas che lo stato molto agitato del mare, ed il forte scarroccio del sommergibile, gli hanno impedito di raggiungere il Tempest.
Alle 13.10, ritenendo che il Tempest sia ormai in procinto di affondare (la prua è fuori dall’acqua, ma la poppa è completamente sommersa, ed i portelli sono aperti), Palmas rinuncia al rimorchio e decide di accelerarne l’affondamento a cannonate. La Circe spara in tutto tredici colpi, dei quali uno colpisce la torretta, mentre altri cadono vicino alla prua ed alla torretta, ma senza aprire falle o causare altri danni. Alle 14.30, visto che il sommergibile è ancora a galla e che il mare è divenuto un po’ meno violento, Palmas decide di riprovare a prenderlo a rimorchio; viene nuovamente messa a mare la iole, con l’armamento e due ufficiali, che raggiunge il Tempest. Il mare è ancora lungi dall’essere calmo ed ostacola il trasbordo degli uomini sulla iole, ma alle 14.42, dopo vari tentativi, approfittando di un momento in cui la prua del sommergibile si abbassa per via del moto ondoso, tre uomini della Circe riescono, non senza rischi, a saltare sul timone di profondità di prora dritta, che si trova in posizione orizzontale. Mentre due di essi predispongono il rimorchio, un sottocapo meccanico scende sottocoperta; entra in camera di controllo attraverso la torretta, vede che la porta stagna prodiera di tale compartimento è chiusa, e sente l’odore del cloro che proviene da dietro di essa. Ispeziona il resto del sommergibile nei limiti del possibile, poi torna in camera di comando, dove trova due bandiere.
Alle 16.05, falliti due tentativi di prendere a rimorchio il Tempest mediante la baleniera, la Circe passa il cavo al sommergibile. L’equipaggio esulta, ma alle 16.11, proprio mentre la nave italiana, teso il rimorchio, sta per mettere in moto, il Tempest si appoppa improvvisamente ed inizia ad affondare. Gli uomini della Circe che sono a bordo devono buttarsi in mare (vengono recuperati dalla iole, rimasta nei pressi); in breve tempo il sommergibile s’inabissa con la prua rivolta al cielo in posizione 38°53’ N e 18°07’ E (o 39°11’ N e 17°47’ E, o 39°15' N e 17°45' E), mentre la Circe, mollato il cavo, si allontana. Alle 16.40 la torpediniera recupera la iole e dirige per Taranto, dove sbarcherà poi i naufraghi.
Inizialmente i prigionieri vengono tenuti insieme, poi i tre ufficiali vengono separati e sistemati in quadrato ufficiali, dove viene servito loro un lauto pasto.
Il successo della Circe verrà annunciato il 22 febbraio dal bollettino di guerra n. 631: «Nel corso di un'operazione di caccia ai sommergibili britannici ese­guita da nostre unità navali, la torpediniera Circe, al comando del capitano di corvetta Stefanino Palmas, ha obbligato una unità nemica a risalire in avaria alla superficie e l'ha affondata a colpi di cannone dopo aver provveduto a salvare 23 uomini dell'equipaggio».
Oltre ai 23 superstiti, la Circe ha recuperato anche una salma, quella del sottufficiale di macchina Donald Cameron. Sarà sepolto a Taranto con gli onori militari, in una cerimonia alla quale presenzieranno sia i sopravvissuti del Tempest che una guardia d’onore della Regia Marina.
Per l’affondamento del Tempest, il comandante Palmas verrà decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare.



Sopra, il Tempest agonizzante visto da bordo della Circe (in primo piano, un marinaio italiano); sotto, un naufrago del Tempest (si nota l’apparato di respirazione Davis) viene recuperato da marinai della torpediniera (g.c. STORIA militare)


21 febbraio 1942
Alle 13.30 del 21 febbraio la Circe (capitano di corvetta Stefanino Palmas) lascia Corfù insieme ai cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta, capitano di vascello Enrico Mirti della Valle), MaestraleScirocco, Emanuele Pessagno ed Antoniotto Usodimare, per scortare a Tripoli un convoglio composto dalla Giulio Giordani e dalle motonavi da carico Lerici e Monviso: si tratta del convoglio n. 2 (trasferitosi da Brindisi a Corfù nelle ore precedenti) nell’ambito dell'operazione «K. 7», consistente nell’invio in Libia di due convogli per totali sei mercantili, scortati da dieci cacciatorpediniere e due torpediniere. I convogli fruiscono inoltre della scorta indiretta del gruppo «Gorizia» (ammiraglio di divisione Angelo Parona; incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatore leggero Bande Nere, cacciatorpediniere Alpino, Oriani e Da Noli) e del gruppo «Duilio», formato dall’omonima corazzata (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini) insieme a quattro cacciatorpediniere (Aviere, Geniere, Ascari e Camicia Nera).
22 febbraio 1942
Intorno alle 12.45, 180 miglia ad est di Malta, il convoglio n. 2 si accoda – con una manovra piuttosto lenta – al convoglio n. 1 (motonavi Monginevro, Unione, Ravello, cacciatorpediniere Vivaldi, Zeno, Malocello, Premuda e Strale, torpediniera Pallade), salpato da Messina e che è già stato raggiunto dai gruppi «Gorizia» e «Duilio» (quest’ultimo segue il resto delle navi italiane a breve distanza). La formazione assume rotta 184° e velocità 14 nodi; sin dalla prima mattina (e fino alle 19.45) volano sul suo cielo aerei tedeschi Junkers Ju 88 e Messerschmitt Bf 110 decollati dalla Sicilia per la sua scorta.
Dalle prime ore del mattino compaiono anche ricognitori britannici, che segnalano il convoglio agli aerei di base a Malta; tra le 14 e le 16 si verifica un attacco aereo, che i velivoli della Luftwaffe respingono, abbattendo tre degli aerei attaccanti ed impedendo agli altri di portare a fondo l’attacco (tranne un Boeing B 17 che lancia delle bombe di piccolo calibro contro la Duilio, senza colpirla). Quando l’ammiraglio Bergamini chiede altri aerei mediante il collegamento radio diretto, la richiesta viene prontamente soddisfatta.
La sera del 22, in base agli ordini ricevuti, il gruppo «Duilio» lascia i convogli, che proseguono con la scorta diretta ed il gruppo «Gorizia».
Nella notte seguente il convoglio, che è rimasto diviso in due gruppi (cioè i convogli 1 e 2, che procedono uno dietro l’altro ma separati), viene più volte sorvolato da dei bengalieri nemici (tra le 00.30 e le 5.30 del 23 dei bengala si accendono sul cielo dei convogli), ma non subisce danni, grazie alle manovre ed all’emissione di cortine fumogene.
Durante la notte, la navigazione con mare mosso mette a dura prova lo scafo della Circe, specie quando essa procede con rotta 180°; tra la sala macchine e la sala caldaie n. 2 si verificano tre spaccature.
23 febbraio 1942
Poco dopo le otto del mattino sopraggiungono due torpediniere inviate da Marilibia in rinforzo alla scorta, cui l’ammiraglio Parona ordina di unirsi al gruppo «Vivaldi». La foschia impedisce ai due convogli, distanti solo 8-9 miglia, di vedersi, ed alla scorta aerea della Luftwaffe di trovare le navi; le trovano invece, ma solo quelle del gruppo «Gorizia», i caccia italiani FIAT CR. 42 inviati anch’essi per la scorta.
Alle 10.14 del mattino, una novantina di miglia ad est di Tripoli ed a nordovest di Capo Misurata, la Circe (che sta procedendo a 14 nodi con mare calmo, onda leggermente lunga) localizza con l’ecogoniometro un buon contatto a 1620 metri a 46° di prora dritta. La torpediniera accosta a dritta ed effettua i segnali convenzionali per indicare l’avvistamento di sommergibile, indi informa per ultracorte il Pigafetta, riferendo l’avvistamento per rilevamento vero 345°, dato che il sommergibile sta rapidamente scadendo verso il traverso. Si tratta del sommergibile britannico P 38 (tenente di vascello Rowland John Hemingway), che sta tentando di attaccare il convoglio.
Mentre il Pigafetta ordina al convoglio di accostare subito a sinistra, la Circe accosta in base alle rilevazioni dell’ecogoniometro ed accelera a 18-20 nodi, per raggiungere subito il punto in cui si trova il sommergibile ed indurlo quindi a rinunciare all’attacco. Superata la verticale del sommergibile, la torpediniera inverte la rotta sulla dritta e riduce la velocità di caccia, preparandosi ad attaccare; non appena in rotta, avvista a circa 1200 metri il periscopio, che però sparisce subito dopo lasciando il posto a bolle d’aria, che segnalano che il sommergibile – avendo compreso di essere stato individuato – ha compiuto un’immersione rapida per scendere in profondità. Alle 10.22 (con velocità ridotta a 15-16 nodi), non appena la Circe è sopra il sommergibile (lo confermano sia le indicazioni dell’ecogoniometro che le bolle d’aria), il comandante Palmas ordina di lanciare un pacchetto di bombe di profondità (sei dagli scaricabombe e quattro dai lanciabombe), regolate per la quota di 75 metri; poi fa gradualmente incrementare la velocità, per evitare che l’esplosione delle bombe provochi sollecitazioni allo scafo. Nel gettare insieme tutte le bombe di profondità, Palmas ha in parte contravvenuto le disposizioni vigenti; ma i risultati proveranno che è stata una scelta efficace. Le bombe esplodono mentre la Circe si sta allontanando (l’esplosione, quasi contemporanea, di tutte le bombe del pacchetto scuote notevolmente il suo scafo), e poco dopo il P 38 emerge a poppavia sinistra della nave italiana, fortemente appoppato e con la prua grosso modo rivolta verso il convoglio. La torpediniera accosta a dritta per dirigergli incontro, ma intanto l’Usodimare apre il fuoco su di esso con cannoni e mitragliere: alcuni colpi sono lunghi, e costringono la Circe ad invertire l’accostata e fermare la macchina di sinistra. In questo frangente (mentre la Circe accosta), il sommergibile, mitragliato anche dagli aerei da caccia della scorta aerea, torna ad immergersi; subito dopo, quando si è già immerso, anche un ricognitore sgancia delle bombe in quel punto. Interviene allora anche il Pessagno, che insieme all’Usodimare getta altre cariche di profondità; l’attacco è tanto violento e confuso che un marinaio, su una delle navi italiane, rimane ucciso dal tiro delle mitragliere, e la Circe si deve allontanare perché la presenza delle altre navi impedisce l’utilizzo dell’ecogoniometro. Palmas deve infine chiedere al caposcorta di richiamare Pessagno ed Usodimare nel convoglio, il che avviene; alle 10.40, calmatosi il marasma, la Circe può rimettersi alla ricerca del sommergibile, che all’improvviso emerge a pallone a circa 30° da poppa, sulla sinistra: il battello britannico impenna la prua, compie una delfinata e si reimmerge immediatamente, appruato di circa 40°-45°. Da bordo della Circe è possibile osservare come i timoni siano tutti a salire, e le eliche girino vorticosamente: il P 38, mortalmente ferito, ha fatto un ultimo, disperato tentativo di riemergere, ma senza successo. Il Pessagno, che si stava allontanando, torna indietro e riprende a lanciare bombe di profondità, nuovamente costringendo la Circe ad interrompere la ricerca. Alle 10.44 Palmas riferisce al Pessagno che la sua presenza sta disturbando la sua ricerca; poco dopo, il cacciatorpediniere se ne va una volta per tutte, mentre il Pigafetta chiede alla Circe quando potrà raggiungere la formazione. Palmas replica che si sta dirigendo, per accertamenti, verso il punto in cui è scomparso il sommergibile, evidenziato da un’ampia chiazza di nafta.
Alle 10.50 la torpediniera, che dirige per rotta vera 150° in base alle segnalazioni dell’ecogoniometro, vede chiaramente grosse bolle d’aria frammiste a nafta ed olio emergere continuamente nello stesso punto, dritto di prua. Intanto, la chiazza di nafta continua ad allargarsi intorno alle bolle. Insieme a nafta ed olio emergono in superficie anche piccoli pezzi di legno, un sacchetto di tela ed anche resti umani. La Circe mette a mare il battellino, che recupera tre pezzi di legno, uno dei quali sembra un pezzo di pagliolato, con ancora attaccato del linoleum, mentre gli altri due paiono pezzi di stipetto o di porta (uno di essi è anche lucidato, il che indica la sua appartenenza a delle sistemazioni interne). Viene recuperato anche un sacchetto di tela: contiene tre Union Jack e due bandiere nere. Tra i rottami anche qualcosa di molto più macabro: un polmone.
L’ecogoniometro continua ad indicare sempre lo stesso orientamento del sommergibile, che risulta immobile; intanto continuano ad emergere bolle d’aria ed abbondante olio giallo di motori.
Dato che quanto recuperato basta a provare che il sommergibile è stato affondato, il comandante Palmas decide di recuperare il battellino e ricongiungersi al convoglio. Prima di allontanarsi, la Circe attraversa a lento moto il punto dell’affondamento e rende gli onori allo scomparso equipaggio del sommergibile affondato, con l’equipaggio schierato ai posti di combattimento.
Il P 38, tomba dei 32 uomini del suo equipaggio, giace per sempre nel punto 32°48’ N e 14°58’30” E, 90 miglia ad est di Tripoli nonché a nord di Misurata, a 350 metri di profondità.
Alle 11.55, la Circe dirige per raggiungere il convoglio, a 22 nodi di velocità.
Alle 13.30 il convoglio n. 2, avendo forzato l’andatura, giunge in vista del convoglio n. 1; quest’ultimo entra per primo a Tripoli alle 5. Entrambi i convogli sono in porto entro le 16.40.
Per l’affondamento del P 38, il comandante Palmas riceverà la Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
27 febbraio 1942
La Circe e la Pallade escono da Tripoli per dare la caccia al sommergibile britannico Upholder, che ha silurato ed affondato al largo di Zuara il piroscafo Tembien, con gravissimi perdite umane (quasi cinquecento uomini, in massima parte prigionieri britannici). Le torpediniere non colgono successi; in serata Circe e Pallade avvertono però una violentissima esplosione a non grande distanza, e notano poi una vastissima chiazza di nafta nei pressi di Marsa Dilo. Ciò sembra indicare che un sommergibile (non, comunque, l’Upholder) sia saltato su una delle molte mine presenti in zona, ma non risulta in realtà alcuna perdita britannica compatibile per data e luogo di scomparsa.
7 marzo 1942
La Circe parte da Napoli all’1.30 scortando la motonave Monreale, diretta a Tripoli: si tratta del del convoglio numero 3 dell’operazione di traffico «V. 5». Più tardi si uniscono alla scorta anche la torpediniera Castore ed i cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Fuciliere.
8 marzo 1942
Alle 7.30 il convoglio numero 3 si aggrega ai convogli 1 (motonavi Nino Bixio e Reginaldo Giuliani, cacciatorpediniere Antonio Pigafetta e Scirocco) e 2 (motonave Gino Allegri, cacciatorpediniere Antonio Da Noli e Bersagliere), partiti rispettivamente da Brindisi e Messina e riunitisi già il giorno precedente.
Entro le 8.30, a 190 miglia da Leuca, si forma così un unico convoglio sotto il comando del capitano di vascello Enrico Mirti della Valle, imbarcato sul Pigafetta. Poco dopo, alle 9.45, sopraggiunge anche il gruppo di scorta, al comando dell’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, formato dagli incrociatori Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli e Giuseppe Garibaldi e dai cacciatorpediniere Alfredo Oriani, Aviere, Ascari e Geniere; tale gruppo zigzaga a 16-18 nodi di velocità mantenendosi poco a poppavia del convoglio, che procede a 15 nodi verso sud passando a 190 miglia da Malta. La scorta aerea è fornita da due bombardieri medi CANT Z. 1007 della Regia Aeronautica e da sei tra bombardieri Junkers Ju 88 e caccia pesanti Messerschmitt Me 110 della Luftwaffe; comunque non si concretizza alcuna minaccia da parte degli aerei di Malta, essendo l’isola sottoposta a continui bombardamenti da più di due mesi (la cui intensità viene peraltro aumentata quando vengono inviati grossi convogli). Al tramonto il gruppo di scorta viene “incorporato” nel convoglio.
9 marzo 1942
Al largo di Ras Cara (punto d’atterraggio), in mattinata, il gruppo di scorta lascia il convoglio e si posiziona in modo da coprirlo da eventuali attacchi di navi britanniche, che però non hanno luogo. Alle 7.30 Scirocco e Pigafetta lasciano anch’essi il convoglio per rinforzare la scorta di un altro partito da Tripoli per tornare in Italia (e che ha in quel momento incrociato quello proveniente dall’Italia); il convoglio entra nel porto di Tripoli tra le 17.30 e le 18.
17 marzo 1942
La Circe lascia Tripoli per Palermo alle 22, scortando le motonavi Gino Allegri; le due navi viaggiano di conserva con un altro analogo convoglietto formato dalla motonave Reginaldo Giuliani scortata dalla Perseo.
18 marzo 1942
Circe ed Allegri giungono a Palermo alle 22.
7 aprile 1942
La Circe sostituisce la torpediniera Orsa nella caccia ad un sommergibile britannico (l’Una) che due giorni prima ha affondato il piroscafo Ninetto G. al largo di Capo dell’Armi. La caccia non dà risultati.
6 maggio 1942
La Circe e la più anziana torpediniera Enrico Cosenz si uniscono per un breve tratto alla scorta di un convoglio in navigazione da Napoli e Brindisi per Bengasi, e formato dai piroscafi Anna Maria Gualdi, Trapani (tedesco) e Capo Arma con la scorta dei cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta, capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni) e Turbine e della torpediniera Pegaso. Gualdi e Trapani sono partiti da Napoli tra le 8 e le 12 del 5, mentre il Capo Arma è salpato da Brindisi il 6; i tre piroscafi si uniscono a formare un unico convoglio il 6 maggio, nello stretto di Messina.
7 maggio 1942
Alle 5.35, la Cosenz lascia la scorta; alle 16.45, anche la Circe lascia il convoglio.
17 maggio 1942
Salpata da Messina alle 16, la Circe si unisce alla scorta (cacciatorpediniere Emanuele Pessagno e Lanzerotto Malocello) degli incrociatori ausiliari Città di Napoli e Città di Tunisi, in navigazione con rifornimenti da Napoli a Bengasi. Alle 23.45 si unisce alla scorta anche il cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, che assume il ruolo di caposcorta.
19 maggio 1942
Il convoglio giunge a Bengasi alle 7.45.
Subito dopo aver scaricato, i due incrociatori ausiliari (il convoglio è denominato «B») ripartono per Napoli; li scortano ancora Circe, Vivaldi (caposcorta) e Malocello.
20 maggio 1942
Alle 9.15 un sommergibile lancia dei siluri contro il convoglio, ma nessuno di essi va a segno.
21 maggio 1942
Il convoglio giunge a Napoli alle sei del mattino.
5 giugno 1942
La Circe parte da Tripoli alle 16, scortando il piroscafo Armando diretto a Palermo.
6 giugno 1942
Le due navi arrivano a Pantelleria nel pomeriggio, e qui sostano per alcune ore; la Circe termina qui la sua navigazione, mentre l’Armando riparte da solo per Palermo, dove giungerà indenne l’8 giugno.
8 giugno 1942
La Circe (capitano di corvetta Stefanino Palmas) e la gemella Lince salpano da Palermo alle 11.30 per scortare a Tripoli la moderna motonave Sestriere (convoglio «S»), durante l’operazione di rifornimento «Pisa».
Alle 20.50, al largo di Palermo e 78 miglia a nord di Capo Bon, il convoglio «S» si congiunge con il convoglio «U», partito da Napoli nell’ambito della stessa operazione e formato dalla motonave Vettor Pisani scortata dai cacciatorpediniere Antoniotto Usodimare (caposcorta) e Premuda.
La Lince viene fatta rientrare a Palermo, mentre le altre navi si dispongono in linea di fronte con, da sinistra a destra, Usodimare, Pisani, Sestriere e Premuda; la Circe, in base agli ordini ricevuti, si porta invece sottobordo al Premuda per ricevere le istruzioni di navigazione (ha la radio in avaria). Rotta e velocità del convoglio così formato sono rispettivamente 180° e 13 nodi.
Proprio in questo frangente (alle 20.07) il convoglio, mentre si appresta a doppiare Capo Bon, viene avvistato dal sommergibile italiano Alagi (tenente di vascello Sergi Puccini): questi, non informato della sua presenza, lo scambia per britannico (a causa della sagoma del Premuda, unità ex jugoslava di costruzione britannica, la cui sagoma assomiglia a quella dei cacciatorpediniere classe H della Royal Navy) alle 21.19 lancia tre siluri contro le due navi in testa al convoglio (tra cui una delle motonavi). Alle 21.23 l’Usodimare viene colpito da un siluro ed affonda rapidamente, spezzandosi in due, 72 miglia a nord di Capo Bon.
Le motonavi si sbandano; il comandante del Premuda assume il comando superiore ed inizia a recuperare i naufraghi dell’Usodimare, ordinando alla Circe (che al momento del siluramento era ancora sottobordo al Premuda) di riunire le motonavi. La Circe recupera quattro superstiti dell’Usodimare; la maggior dei naufraghi parte vengono salvati dal Premuda (106) e dalla torpediniera Cigno appositamente inviata (29), nonché dai MAS 563 e 564 (25 in tutto).
Terminato il salvataggio dei naufraghi, il Premuda torna ad assumere la scorta delle due motonavi, che vengono fatte rientrare a Palermo, mentre la Circe (che, avendo l’ecogoniometro, è ritenuta la più indicata per impedire un nuovo attacco da parte del sommergibile, che non si sa ancora essere italiano) viene lasciata sul posto.
9 giugno 1942
Rientra a Palermo in giornata.
10 giugno 1942
Circe e Cigno, insieme al Premuda (ora caposcorta), ripartono da Palermo per Tripoli alle 12.05, scortando Sestriere e Pisani.
11 giugno 1942
Alle due di notte, nel Canale di Sicilia, il convoglio subisce bombardamento e mitragliamento aereo, soprattutto contro la Circe, ma non vi sono danni.
12 giugno 1942
Il convoglio raggiunge Tripoli alle 20.20.
21 giugno 1942
La Circe e la vecchia torpediniera Generale Antonio Cantore salpano da Tripoli alle 6 per andare incontro ad un convoglio proveniente da Napoli, composto dalle motonavi Rosolino Pilo e Reichenfels scortate dai cacciatorpediniere Da Recco e Strale e dalla torpediniera Centauro. Strada facendo, però, lo Strale si è incagliato a Ras el Ahmar, la Centauro è stata lasciata ad assisterlo, ed il Reichenfels è stato affondato da aerosiluranti; pertanto, Circe e Cantore trovano solo Da Recco e Pilo, che scortano nell’ultimo tratto di navigazione, arrivando a Tripoli alle 20.40.
23 giugno 1942
La Circe (caposcorta) e la torpediniera Generale Carlo Montanari partono da Tripoli per Bengasi alle 4.50, scortando la Pilo.
24 giugno 1942
Le tre navi giungono a Bengasi alle otto.
28 giugno 1942
La Circe (caposcorta) e due cacciasommergibili tedeschi partono da Bengasi per Tobruk alle 19.30, scortando il piroscafo tedesco Savona. Quest’ultimo, tuttavia, s’incaglia alle 23 nei pressi di Sidi Sueicher, contro scogli non segnati sulla carta: non potrà più essere recuperato.
6 luglio 1942
La Circe e due cacciasommergibili tedeschi lasciano di nuovo Bengasi alle 19.30, scortando i piroscafi Tripolino, Brook e Sturla (il primo italiano, gli altri due tedeschi) diretti a Tobruk e Marsa Matruh.
8 luglio 1942
Alle 10.40 il convoglio giunge a Tobruk, dove si fermano Tripolino e Sturla; Circe, Brook e cacciasommergibili proseguono per Marsa Matruh.
11 luglio 1942
Circe, Brook e cacciasommergibili giungono a Marsa Matruh alle sei.
13 luglio 1942
La Circe parte da Tripoli per Tobruk alle 19, scorando il piroscafo tedesco Menes. A Bengasi, la Circe viene rilevata dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari.
17 luglio 1942
Riparte da Bengasi alle 15, da caposcorta ed insieme alla Prestinari, scortando la moderna motonave Apuania, diretta a Tobruk.
18 luglio 1942
Le tre navi giungono a Tobruk alle 10.
20 luglio 1942
La Circe parte da Suda alle cinque del mattino, scortando il piroscafo Sibilla diretto a Bengasi.
22 luglio 1942
Circe e Sibilla arrivano a Bengasi alle 8.
(Per altra versione, difficilmente compatibile, la Circe avrebbe scortato, con Grecale, Pallade e Clio, il piroscafo tedesco Wachtfels, partito da Suda alle 11 del 21 luglio e giunto a Bengasi alle 12.30 del 22).
Subito dopo, la Circe riparte e raggiunge Navarino, dove va a rinforzare, insieme a Polluce e Clio, la scorta (cacciatorpediniere Antonio Pigafetta, caposcorta, e Premuda) della motonave Rosolino Pilo (avente a bordo, tra l’altro, parte delle batterie costiere destinate alla difesa di Tobruk) in navigazione da Brindisi a Bengasi (convoglio «M»). La Pilo era stata dirottata a Navarino a seguito di alcuni attacchi aerei, scatenati dalle intercettazioni di “ULTRA”: anche dopo l’arrivo della Circe, “ULTRA” intercetta e decifra le comunicazioni relative al viaggio, riferendo la nuova rotta del convoglio alle 3.34.
23 luglio 1942
Dodici bombardieri Consolidated B-24 “Liberator” attaccano il convoglio al largo di Bengasi, ma non vi sono danni. Il convoglio arriva a Bengasi alle 17.
30 luglio 1942
La Circe lascia Bengasi per Brindisi alle 8.30, scortando le motonavi Lerici e Manfredo Camperio, cariche di 3000 prigionieri.
31 luglio 1942
La Circe lascia la scorta del convoglio alle 23.
1° agosto 1942
La Circe lascia Bengasi per Napoli alle 11, scortando la motonave Pilo (così formando il convoglio «K»).
2 agosto 1942
Circe e Pilo arrivano a Tripoli alle 12.30 e vi sostano fino alle 19, prima di proseguire; la Pilo imbarca 3000 prigionieri da trasportare in Italia.
4 agosto 1942
Circe e Pilo arrivano a Napoli alle 6.45.
15 agosto 1942
La Circe, partita da Trapani, assume la scorta della motonave Giulia, in navigazione da Tripoli a Sfax (inizialmente scortata dalla torpediniera Cantore, che lascia la scorta alle 5 del 16).
16 agosto 1942
Circe e Giulia giungono a Sfax alle 8.30.
2 settembre 1942
La Circe lascia Messina alle 19.30, scortando, insieme alle anziane torpediniere Giuseppe Sirtori ed Enrico Cosenz, la motonave Monti, proveniente da Napoli e diretta a Bengasi.
La sera stessa, al largo di Roccella Ionica, la Cosenz deve invertire la rotta per rientrare a Messina. Alle 23.45, però (pochi minuti dopo che la Cosenz ha lasciato la scorta), a tre miglia per 090° da Roccella Ionica, il convoglio viene attaccato da aerosiluranti britannici della Fleet Air Arm: alle 23.55.02 la Monti viene colpita da un siluro a poppa sinistra, restando immobilizzata. Alle due di notte la Monti viene presa a rimorchio dalla Sirtori, che fa quindi rotta per Messina, mentre la Circe, rimasta in zona, provvede a recuperare gli uomini gettati in mare dallo scoppio del siluro. Terminato il salvataggio, la Circe dà la caccia contro un bersaglio rilevato all’ecogoniometro e ritenuto un sommergibile (non risulta in realtà che ve ne fossero), terminandola alle 4.20, dopo di che si allontana per riunirsi a Sirtori e Monti in navigazione verso Messina. Inviato sul posto da Supermarina, raggiunge la Circe anche il cacciatorpediniere Giovanni Da Verrazzano.
La situazione della Monti, tuttavia, va aggravandosi: la nave continua ad imbarcare acqua, finché non si rende necessario decidere di portarla all’incaglio per evitarne l’affondamento. Con l’assistenza della Sirtori, il mercantile viene mandato ad incagliarsi su un fondale sabbioso presso la Fiumara Condoianni, vicino al paese di Sant’Ilario Jonico.
La Circe assume poi la scorta del piroscafo Argentea, in navigazione da Napoli a Tripoli.
8 settembre 1942
Alle due di notte la Circe lascia l’Argentea, che giungerà indenne a Tripoli l’indomani.
11 settembre 1942
La Circe parte da Palermo alle 18.30, scortando il piroscafo Veloce, diretto a Tripoli.
13 settembre 1942
All’1.45, la Circe lascia il Veloce e dirige per Palermo, dove giungerà alle 17.25.
16 settembre 1942
Riparte da Palermo alle 17, scortando il piroscafo Sirio, diretto a Tripoli.
17 settembre 1942
Alle 2.45, la Circe lascia la scorta del Sirio.
1° ottobre 1942
La Circe ed il piccolo incrociatore ausiliario Lago Tana posano una boa sul Banco Avventura (zona di fondali profondi meno di 100 metri, tra Pantelleria e Capo Lilibeo) in preparazione della posa in questa zona, da effettuarsi l’indomani, dello sbarramento di mine «S 61». La Circe rimane poi sul posto.
2 ottobre 1942
Alle 6.40 la Circe viene avvistata dalle navi incaricate di eseguire la posa (navi cisterna-posamine Scrivia, Tirso e Sesia, cacciatorpediniere Ascari e Mitragliere). Questa ha inizio alle 7.35, e si conclude alle 8.40; a questo punto al Circe, insieme alla Centauro, assume posizione di scorta ravvicinata alle altre navi. Alle 10.20 le due torpediniere ricevono libertà di manovra.
7 ottobre 1942
Circe (capitano di corvetta Stefanino Palmas, caposcorta) e Perseo (tenente di vascello Saverio Marotta) salpano da Messina per Patrasso alle 5, scortando il piroscafo Amsterdam. Fino a Capo Rizzuto la scorta è rinforzata da quattro vedette antisommergibili.
Dopo una lunga deviazione sotto le coste della Calabria, il convoglio dirige per Patrasso.
8 ottobre 1942
Le tre navi giungono a Patrasso alle 18.50 (o 18.55).
12 ottobre 1942
La Circe riparte da Patrasso per Tripoli alle 6.30 (per altra fonte, 16.35), sempre scortando l’Amsterdam; al posto della Perseo c’è ora la Lince (tenente di vascello Edoardo Manacorda).
13 ottobre 1942
Si unisce alla scorta, alle sei del mattino, il cacciatorpediniere Bombardiere (capitano di fregata Giuseppe Moschini). Tra le 21.45 e mezzanotte si vedono dei bengala accendersi in lontananza.
14 ottobre 1942
Il Bombardiere lascia il convoglio alle 8. Fino a sera, il convoglio ha saltuaria scorta aerea. Durante la giornata, la Lince scopre all’ecogoniometro due sommergibili, cui dà lungamente la caccia con bombe di profondità.
Alle 23 il convoglio inizia ad essere sorvolato da aerei nemici, che più volte attaccano con bombe e siluri, ma la reazione della scorta, l’emissione di nebbia artificiale e la manovra delle navi permettono di sventare gli attacchi.
15 ottobre 1942
Il convoglio continua ad essere attaccato da aerei, finché, alle 4.10 (o 4.15), l’Amsterdam viene colpito a poppa da un siluro, a 50 miglia per 40° da Misurata. La Circe aveva ordinato di non aprire il fuoco contraereo per non rivelare la propria posizione, ma l’Amsterdam ha disatteso l’ordine ed è stato così individuato e silurato. La Circe prende a rimorchio il piroscafo danneggiato, che appare sempre più instabile ed in procinto di affondare, tentando di portarlo verso Homs, punto della costa più vicino.
16 ottobre 1942
Dopo un difficile rimorchio, alle 16.15 la Circe porta l’Amsterdam ad incagliare alla testata del molo di Homs, così evitandone l’affondamento. Il piroscafo sarà però silurato e distrutto alcuni giorni dopo dal sommergibile Umbra, mentre sono in corso le operazioni di scarico.
20 ottobre 1942
La Circe (capitano di corvetta Stefanino Palmas) salpa da Tripoli alle 2.45 per andare incontro alla pirocisterna Saturno, in arrivo da Napoli con la scorta dei cacciatorpediniere Pigafetta e Da Noli. Li raggiunge alle 7.15, e si unisce alla scorta (sopraggiunge anche un gruppo di aerei in aggiunta alla scorta aerea già presente); pilotate dalla Circe, le navi arrivano a Tripoli alle 13.40.
26 ottobre 1942
Parte da Tripoli per Bengasi alle 22, scortando il piroscafo Emilio Morandi.
29 ottobre 1942
Circe e Morandi arrivano a Bengasi alle 8.
30 ottobre 1942
La Circe (capitano di corvetta Stefanino Palmas) parte da Bengasi per Tobruk alle 16.45 (o 17.30), scortando i piroscafi Ostia e Tripolino. Il convoglio ha anche una scorta aerea di sei velivoli (che però se ne vanno al tramonto).
Già il 29 ottobre i comandi britannici, per mezzo delle intercettazioni di “ULTRA”, sanno che i due piroscafi dovevano partire al più presto da Bengasi per Tobruk.
31 ottobre 1942
La navigazione prosegue tranquilla fino a sera, sotto abbondante scorta aerea. Dalle 19.30 alle 20.45, tuttavia, linee di bengala si accendono ad intermittenza attorno al convoglio.
Proprio il 31 ottobre, infatti, nuove decrittazioni di “ULTRA” hanno permesso ai britannici di apprendere che le navi sono salpate da Bengasi ale 16 del 30 a 7 nodi di velocità, e che il loro arriv a Tobruk è previsto per le 9.30 del 1° novembre.
1° novembre 1942
Poco dopo le 00.00, il convoglio inizia ad essere continuamente sorvolato da aerei ed illuminato da bengala; la Circe evoluisce ad alta velocità attorno ai due piroscafi, apre un violento fuoco contraereo ed emette cortine nebbiogene con cui occulta i due mercantili.
Alle 2.08 il Tripolino (carico di munizioni e carburate), uscito un po’ fuori dalla cortina nebbiogena, viene colpito da un siluro e salta in aria nel punto 32°21’ N e 23°24’ E (Golfo di Bomba). Per non lasciare solo l’Ostia, la Circe non può fermarsi subito a soccorrere i superstiti; le due navi fanno una deviazione verso nord per cercare di disorientate gli aerei avversari, che seguitano ad attaccare: tra le 2.35 e le 2.43 un bombardiere sgancia una salva di bombe a poppa dell’Ostia; alle tre un aerosilurante sgancia un siluro, che Circe ed Ostia evitano con manovre indipendenti. Poi le due navi tornano nel punto in cui il Tripolino è affondato, in cerca di sopravvissuti: la Circe ne trova uno solo, alle 6.20, gravemente ferito.
Alle 6.30 le due navi si rimettono in rotta per Tobruk, ma viene avvistato un aereo nemico – Blenheim o Beaufort – contro il quale entrambe aprono intenso fuoco contraereo. Sebbene perfettamente inquadrato dal tiro, l’aereo britannico prosegue nell’attacco e, giunto a 300 metri, sgancia il siluro: l’Ostia tenta di evitarlo con la manovra, ma alle 6.40 viene colpito a prua estrema, ed esplode in posizione 32°29’ N e 23°22’ E. Alla Circe non resta che recuperare i sopravvissuti.
Alle 13.56 la torpediniera dà fondo vicino al pontile di nafta di Tobruk.
2 novembre 1942
La Circe salpa da Tobruk in mattinata per raggiungere ed assistere l’incrociatore ausiliario Zara, silurato da aerosiluranti alle 9.30 durante la navigazione in convoglio da Brindisi a Tobruk, con un carico di benzina. Sul posto è rimasta anche la torpediniera San Martino, della scorta, che ha preso a rimorchio lo Zara, il quale inizialmente ha conservato un buon assetto. Le navi sono protette da numerosi aerei fino al tramonto. La Circe giunge sul posto alle 15.40; alle 18 la San Martino deve tagliare il cavo di rimorchio, perché lo Zara è ormai ingovernabile e continua a sbandare ed abbassarsi sull’acqua. Alle 22 lo Zara affonda in posizione 32°10’ N e 23°50’ E (un centinaio di miglia a nord di Tobruk); Circe e San Martino recuperano tutti i naufraghi.


La Circe entra a Tobruk il 3 novembre 1942: sullo sfondo le fiamme dell’incendio dell’incrociatore ausiliario Brioni, saltato in aria la sera precedente durante un bombardamento aereo (Coll. E. Bagnasco, via M. Brescia e www.associazione-venus.it

3 novembre 1942
Circe e San Martino giungono a Tobruk alle 9.
5 novembre 1942
La Circe parte da Bengasi alle 10, scortando la piccola cisterna Abruzzi, diretta a Tripoli.
8 novembre 1942
Circe ed Abruzzi arrivano a Tripoli alle 2.30.
13 novembre 1942
Parte da Tripoli per Buerat a mezzogiorno, scortando i piroscafi Salona e Giuseppe Leva.
14 novembre 1942
Le tre navi giungono a Buerat alle 17.

La Circe esegue ricerca antisommergibili al largo di Messina, nel luglio 1942 (g.c. STORIA Militare via Dante Flore e www.naviearmatori.net)

Collisione

Dopo una vita operativa intensa e ricca di avvenimenti, la Circe, una delle veterane della battaglia dei convogli, andò perduta per un assurdo quanto tragico incidente.
Alle 5.30 del 24 novembre 1942 la nave, sempre al comando del capitano di corvetta Stefanino Palmas, lasciò Tripoli per Palermo, insieme alla moderna torpediniera di scorta Fortunale (tenente di vascello Alfredo D’Angelo). Le due navi scortavano il convoglio «LL», formato dai piroscafi Zenobia Martini e Giuseppe Leva: due carrette vecchie di 28 anni l’una e 35 l’altra, in grado di procedere solo all’esasperante velocità di 5,5 nodi, «una delle più basse velocità registrate durante la guerra».
Alle 22 del 25 novembre, a sud di Pantelleria, la Fortunale lasciò la scorta per rientrare a Tripoli, lasciando così la Circe a scortare da sola i due piroscafi. La navigazione proseguì tranquilla anche nei due giorni successivi; per la notte tra il 26 ed il 27 era previsto l’incontro con il convoglio «GG», in navigazione su rotta opposta (da Palermo a Biserta) con le motonavi Città di Napoli e Città di Tunisi scortate dai cacciatorpediniere Folgore (capitano di corvetta Renato D’Elia), Mitragliere (caposcorta, capitano di vascello Giuseppe Marini) e Corazziere (capitano di fregata Antonio Monaco). Il convoglio «GG» procedeva a 15 nodi con le due motonavi in linea di fronte, il Corazziere in posizione di scorta avanzata prodiera, il Folgore a dritta ed il Mitragliere a sinistra; il convoglio «LL» era invece disposto con i piroscafi in linea di fila e la Circe in posizione di scorta avanzata a 7 nodi di velocità. La visibilità notturna era ottima, grazie alla luce lunare: i due convogli, preavvertiti dell’incontro, si avvistarono già da grande distanza, nel tratto di mare tra Capo San Vito e Capo Gallo, e proseguirono senza incertezze sulle rispettive rotte (erano entrambi sulla rotta normale di traffico, che ovviamente percorrevano in senso opposto), senza cambiare rotta o formazione. Le navi del convoglio «GG» erano abbastanza distanziate tra loro da poter far passare in mezzo quelle del convoglio «LL».
Fu allora che accadde l’inspiegabile. Sulla Circe, il comandante Palmas stava carteggiando in sala nautica, pertanto era di guardia in plancia l’aspirante guardiamarina Augusto Bini; quest’ultimo, al momento dell’avvistamento del convoglio «GG», aveva debitamente informato Palmas, ma poco più tardi l’aspirante agì improvvisamente d’iniziativa, senza chiedere autorizzazione al comandante: ordinò di mettere tutta la barra a dritta e di portare le macchine a tutta forza. Questa inspiegabile manovra (se la Circe fosse proseguita sulla sua rotta, non sarebbe accaduto nulla) portò la torpediniera a tagliare la rotta alla Città di Tunisi: la motonave, colta alla sprovvista ed a distanza troppo ridotta dall’assurda manovra della Circe, non poté tentare di evitarla con la manovra, e speronò la torpediniera, all’1.13 del 27.
Tagliata in due dalla collisione (così si esprime la storia ufficiale dell’USMM; per altra fonte, invece, la torpediniera riportò un enorme squarcio a centro nave, si abbatté sulla dritta ed affondò in pochi minuti nonostante i tentativi di salvarla da parte dell’equipaggio), la Circe colò a picco all’1.45, nel punto 38°14’ N e 12°27’ E (circa 40 miglia a nordovest di Castellammare del Golfo). Il Folgore recuperò i 99 sopravvissuti della Circe, che sbarcò a Palermo alle dieci del mattino.
I dispersi furono 66; tra di essi anche il comandante Palmas.

I loro nomi:

Giuseppe Anastasi, marinaio S. D. T., disperso
Valentino Bitocchi, capo silurista di terza classe, disperso
Gino Borghetti, marinaio cannoniere, disperso
Vinicio Budigna, sergente cannoniere, disperso
Giovanni Catasta, sottocapo segnalatore, disperso
Renato Cenna, marinaio silurista, disperso
Salvatore Colella, marinaio fuochista, disperso
Giovanni Crisanaz, sottocapo elettricista, disperso
Ottavio D’Agostino, marinaio cannoniere, disperso
Rodolfo D’Angelo, sottocapo cannoniere, disperso
Agostino De Filippi, marinaio elettricista, disperso
Ciro De Lellis, marinaio meccanico, disperso
Luigi De Matteo, marinaio cannoniere, disperso
Bruno Deidda, marinaio cannoniere, disperso
Ugo Di Vora, sergente cannoniere, deceduto
Domenico Fazzini, marinaio fuochista, disperso
Carlo Ferfolja, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Ferrara, sottocapo cannoniere, disperso
Mario Fioroni, sottocapo nocchiere, disperso
Giuseppe Foresi, marinaio silurista, disperso
Ettore Ghezzo, marinaio fuochista, disperso
Vasco Giannecchini, sottocapo motorista, disperso
Luciano Gibertini, sottocapo fuochista, disperso
Nicola Giovanniello, marinaio torpediniere, disperso
Giovanni Grassi, capo meccanico di terza classe, disperso
Donato Grimaldi, marinaio cannoniere, disperso
Salvatore Italia, sottocapo segnalatore, disperso
Giuseppe Izzo, marinaio, disperso
Michele La Forgia, marinaio torpediniere, disperso
Michele La Sala, capo nocchiere di terza classe, disperso
Francesco Lombardi, marinaio, disperso
Andrea Lorenzoni, marinaio elettricista, deceduto in territorio metropolitano il 7 giugno 1943
Giacomo Maisto, marinaio elettricista, disperso
Giovanni Maresca, marinaio cannoniere, disperso
Marcello Mariotti, sottocapo silurista, disperso
Francesco Misso, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Mobili, marinaio torpediniere, disperso
Benito Montagna, sottocapo silurista, disperso
Ambrogio Motta, marinaio torpediniere, disperso
Alfredo Nobile, sergente cannoniere, disperso
Vincenzo Pagani, sottocapo meccanico, disperso
Salvatore Pagano, marinaio fuochista, disperso
Stefanino Palmas, capitano di corvetta (comandante), disperso
Raffaele Palmieri, sottotenente commissario, disperso
Guido Paolini, marinaio cannoniere, disperso
Mario Perotti, marinaio fuochista, disperso
Carmine Pianelli, marinaio fuochista, disperso
Gaetano Platania, secondo capo cannoniere, disperso
Tommaso Rista, marinaio fuochista, disperso
Ambrogio Ruffini, marinaio cannoniere, disperso
Vincenzo Saccucci, marinaio torpediniere, disperso
Italo Sartori, marinaio, disperso
Bernardo Scavezzoni, marinaio motorista, disperso
Giuseppe Sergio, sottocapo elettricista, disperso
Francesco Serrapica, marinaio, disperso
Giuseppe Soggia, marinaio meccanico, disperso
Michele Storella, sottocapo cannoniere, disperso
Alfonso Tabaroni, guardiamarina, disperso
Florindo Tagliaferri, marinaio, disperso
Gilberto Tanti, sottocapo radiotelegrafista, disperso
Aristide Tonini, capo cannoniere di seconda classe, disperso
Giovanni Toso, marinaio nocchiere, disperso
Vincenzo Trapanese, marinaio, disperso
Giuseppe Tremante, sottocapo segnalatore, disperso
Ferruccio Turolla, marinaio cannoniere, disperso
Letterio Zona, marinaio silurista, disperso

La Circe durante il conflitto (da Difesaonline)


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