Il Corsaro nella primavera del 1942 (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
|
Cacciatorpediniere
della seconda serie della classe Soldati (1850 tonnellate di dislocamento
standard, 2153 in carico normale, 2475 a pieno carico). Fu impiegato
principalmente in compiti di scorta a convogli da e per l’Africa
Settentrionale.
Breve e parziale cronologia.
23 gennaio 1941
Impostazione nei
cantieri Odero Terni Orlando di Livorno.
16 novembre 1941
Varo nei cantieri
Odero Terni Orlando di Livorno.
Il Corsaro appena varato, il 16 novembre 1941 (Coll. A. Fraccaroli,
via M. Brescia e www.associazione-venus.it)
|
16 maggio 1942
Entrata in servizio. Suo primo comandante è il capitano di fregata Lionello Sagramoso.
3 agosto 1942
Parte alle sei del
mattino da Brindisi, insieme al gemello Legionario
(caposcorta, capitano di vascello Giovanni Marabotto) ed alle torpediniere Partenope e Calliope, di scorta alle moderne motonavi Nino Bixio e Sestriere,
dirette a Bengasi. Alle 9.30 il convoglio si unisce ad un altro partito da
Taranto per Tobruk, formato dalla motonave tedesca Ankara scortata dai cacciatorpediniere Freccia, Folgore, Turbine e Grecale. Si forma così un unico convoglio, le cui tre motonavi
trasportano complessivamente un carico che assomma a 92 carri armati, 340
veicoli, tre locomotive, una gru, 4381 tonnellate di carburanti e lubrificanti
e 5256 tonnellate di altri materiali, oltre a 292 uomini. Di giorno il
convoglio fruisce anche di una nutrita scorta aerea con velivoli sia italiani
che tedeschi.
4 agosto 1942
Alle 18 il convoglio
viene attaccato da bombardieri statunitensi Consolidated B-24 Liberator, ma
nessuna nave viene colpita. Si tratta del primo attacco da parte di velivoli
degli Stati Uniti contro naviglio italiano.
Alle 21.40 (o 19.30)
l’Ankara si separa dal resto del
convoglio e dirige, scortata da Folgore,
Turbine e Grecale, per Tobruk. Poco dopo la Nino Bixio viene immobilizzata da un’avaria di macchina, il che
porta il caposcorta Marabotto a distaccare con essa il Corsaro, il Freccia e la Partenope ed a proseguire separatamente
con Sestriere, Legionario e Calliope.
Alle 22.25, riparata rapidamente l’avaria, la Nino Bixio può riprendere la navigazione. Poco dopo i tre gruppi in
cui il convoglio si è diviso iniziano ad essere continuamente seguiti da
ricognitori e vengono attaccati da aerei angloamericani: seguono quattro ore di
attacchi di bombardieri e bengalieri, che attaccano tutti e tre i gruppi ma non
riescono a colpire nessuna nave.
Sul Corsaro, tuttavia, si deve lamentare una
vittima: un membro dell’equipaggio, il marinaio cannoniere Angelo Coluccia, viene ucciso dalle schegge di una bomba
caduta vicino alla nave.
5 agosto 1942
Tutte le navi
giungono indenni nei porti di destinazione a mezzogiorno; il gruppo di cui fa
parte il Corsaro arriva a Bengasi
alle 12.30.
11-12 agosto 1942
Alle 9.40 del 12 agosto il Corsaro,
insieme ai cacciatorpediniere Ascari,
Aviere, Geniere, Grecale, Legionario e Camicia Nera ed agli incrociatori pesanti Trieste, Gorizia e Bolzano (la III Divisione), esce da
Messina per attaccare il convoglio britannico diretto a Malta nell’ambito
dell’operazione «Pedestal» e già pesantemente danneggiato da attacchi da parte
di aerei, sommergibili e motosiluranti durante la grande battaglia aeronavale
di Mezzo Agosto. Alle 19 dello stesso giorno la III Divisione si congiunge, nel
Basso Tirreno, con la VII Divisione (incrociatori leggeri Eugenio di Savoia, Muzio Attendolo e Raimondo Montecuccoli,
più i cacciatorpediniere Maestrale, Gioberti, Oriani e Fuciliere),
partita da Cagliari alle 20 dell’11 (a parte l’Attendolo, salpato da Napoli alle 9.30 del 12). Le due Divisioni
dovrebbero intercettare i resti del convoglio, dispersi e danneggiati, per
ultimarne la distruzione, verosimilmente nella mattina del 13, a sud di
Pantelleria, nel punto più stretto del Canale di Sicilia.
Alle 22.37, tuttavia, la formazione viene avvistata e segnalata, 80
miglia a nord dell’estremità occidentale della Sicilia e con rotta sud, da un
ricognitore Vickers Wellington (che viene a sua volta localizzato dal radar del
Legionario). I comandi britannici,
resisi conto del rischio che gli incrociatori italiani rappresentano nei
confronti di ciò che resta del convoglio, ordinano dapprima al Wellington
autore dell’avvistamento, e poi anche agli altri ricognitori avvicendatisi nel
pedinare la formazione italiana, di sganciare bombe e bengala, in modo da far
credere alle unità italiane di essere sotto ripetuti attacchi aerei e
dissuaderle così dal proseguire nella navigazione verso il convoglio, giungendo
anche ad ordinare loro – in chiaro, in modo da essere intercettati – di
comunicare la posizione della forza italiana per permetterne l’attacco da parte
di inesistenti bombardieri B-24 “Liberator”.
Supermarina cade nell’inganno, e già alle 00.30 del 13 ordina il rientro
alla formazione (che si trova in quel momento a circa venti miglia da Capo San
Vito) di virare verso est, temendo attacchi aerei nemici a seguito
dell’intercettazione dei numerosi messaggi radio avversari tra i ricognitori ed
i comandi delle forze aeree di Malta, in realtà provocata appositamente per
ingannare i comandi italiani ed indurli ad ordinare il rientro degli
incrociatori.
Lo stratagemma britannico è solo una delle molteplici ragioni che
inducono a dare il discusso ordine: Supermarina, infatti, in ogni caso non
intende inviare le proprie navi a sud di Pantelleria senza un’adeguata
copertura aerea, che viene però negata dai comandi tedeschi, che preferiscono
impiegare tutti i velivoli disponibili nell’attacco al convoglio; inoltre, a
seguito dell’avvistamento (da parte di un U-Boot tedesco) di quattro
incrociatori e dieci cacciatorpediniere britannici nel Mediterraneo orientale,
apparentemente diretti verso Malta, Supermarina ha deciso di inviare la III
Divisione nello Ionio, anziché nel Tirreno, per unirsi all’VIII Divisione
(uscita da Navarino) onde attaccare tali navi, facendo al contempo rientrare la
VII Divisione. In realtà, anche le unità avvistate nel Mediterraneo orientale
(che sono in realtà due incrociatori, cinque cacciatorpediniere ed alcuni
mercantili) sono una “finta” organizzata dai comandi britannici, un convoglio
fasullo che finge di essere diretto verso Malta per ingannare i comandi
italiani.
I finti attacchi e messaggi proseguono comunque anche nelle ore
successive, per evitare che i comandi italiani possano cambiare idea ed
ordinare agli incrociatori di riprendere la navigazione verso ovest per
attaccare il convoglio.
Alle 00.30, a seguito dell’ordine di Supermarina, la III Divisione, cui
si è aggregato l’Attendolo, fa rotta
su Messina, la VII Divisione su Napoli.
Ma l’unico attacco, non aereo ma subacqueo, avviene invece proprio sulla
rotta di ritorno, quando, alle 8.06 dello stesso giorno (dopo che il
sommergibile Safari ha già avvistato
nel navi italiane a nord di Palermo senza poterle attaccare), il sommergibile
britannico Unbroken (tenente di
vascello Alastair C. G. Mars) lancia quattro siluri contro la III Divisione
(che dopo aver superato Alicudi è passata dalla linea di fila alla doppia
linea, con Trieste e Gorizia davanti ed Attendolo e Bolzano dietro)
a nordovest dell’imbocco dello Stretto di Messina (nel punto 38°43’ N e 14°57’
E): le armi colpiscono l’Attendolo,
asportandogli la prua, ed il Bolzano,
incendiandolo ed immobilizzandolo. Mentre l’Attendolo
riesce comunque a raggiungere Messina con i propri mezzi alle 18.45, assistito
e scortato da parecchie unità inviategli incontro dalla base siciliana (dovendo
per giunta respingere gli aerei inviati a finirlo), il Bolzano dev’essere preso a rimorchio dall’Aviere e dal Geniere e
portato a posarsi su bassifondali dell’isola di Panarea, alle 13.30. L’Unbroken supera senza danni otto ore di
dura caccia, con il lancio di 105 bombe di profondità.
La III Divisione, ossia Trieste
e Gorizia scortati unicamente dal Camicia Nera, essendo stati gli altri
cacciatorpediniere distaccati per assistere e scortare Bolzano ed Attendolo,
arriva infine a Messina alle
11.45.
21 agosto 1942
Durante una missione
di scorta ad un convoglio in Mar Ionio, la nave viene ripetutamente attaccata
da aerei nemici. Il sottotenente di vascello Alessandro Mondello,
ventiquattrenne, viene ucciso da una raffica di mitragliatrice mentre dirige il
tiro delle mitragliere contraeree di sinistra. Sarà decorato di Medaglia
d’Argento al Valor Militare alla memoria, con motivazione "Imbarcato su silurante
partecipava a numerose missioni di guerra, dando sempre prova di elevato senso
del dovere e di cospicue capacità professionali. In una missione di scorta a
convoglio durante reiterati e violenti attacchi nemici, dirigeva con serenità e
perizia il tiro delle mitragliere sul lato sinistro finché una raffica lo
abbatteva al suo posto di combattimento".
6 settembre 1942
Salpa da Taranto alle
due di notte insieme ai gemelli Geniere,
Bombardiere, Fuciliere e Camicia Nera,
al più datato Freccia ed alla torpediniera
Pallade per scortare a Bengasi il
convoglio «N», composto dalle moderne motonavi Ravello e Luciano Manara.
Alle 10.40, al largo di Capo Santa Maria di Leuca, il convoglio «N» si
congiunge con il convoglio «P», proveniente da Brindisi con le motonavi Ankara (tedesca) e Sestriere e la scorta dei cacciatorpediniere Aviere, Lampo e Legionario e delle torpediniere Partenope e Pegaso: si forma così un unico grande convoglio, il «Lambda» (il
cui caposcorta è il capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni dell’Aviere), scortato anche da numerosi
aerei della Regia Aeronautica e della Luftwaffe.
Alle 15.40 il
convoglio, che in base agli ordini sta costeggiando la Grecia procedendo verso
sud, viene attaccato da aerosiluranti britannici (decollati da Malta) nelle
acque di Corfù. Quattro aerei vengono abbattuti dalla reazione della scorta, ma
la Luciano Manara viene colpita a
poppa da un siluro: rimorchiata dal Freccia,
la motonave viene portata a poggiare su bassifondali nella baia di Arilla
(Corfù).
Al tramonto i
convogli «N» e «P» si dividono e procedono separati per tutta la notte nelle
acque della Grecia.
7 settembre 1942
All’alba i due
convogli tornano di nuovo insieme; le tre motonavi si dispongono in formazione
a triangolo (Ravello a dritta, Ankara a sinistra e Sestriere di poppa alle prime due), circondata tutt’intorno dalle
navi della scorta (tranne il Corsaro
che è a poppavia del convoglio); la scorta aerea è fornita da sette bombardieri
tedeschi Junkers Ju 88, cinque caccia italiani Macchi C. 200 ed un idrovolante
italiano CANT Z. 506.
Alle 8.23 il
sommergibile britannico Ultimatum
(tenente di vascello Peter Robert Helfrich Harrison) avvista a nordovest i
velivoli della scorta aerea, cui segue alle 8.35 la comparsa di alberature e
fumaioli del convoglio in avvicinamento su rilevamento 305°. Alle 8.40 l’Ultimatum inizia l’attacco, ed alle
9.21, nel punto 36°17’ N e 21°03’ E (45 miglia a sudovest dell’isola greca di
Schiza), lancia quattro siluri da 6400 metri contro il mercantile di coda. Uno
dei siluri esplode prematuramente, e gli altri vengono evitati dai mercantili
con la manovra; il Lampo (capitano di
corvetta Antonio Cuzzaniti) viene distaccato per dare la caccia al
sommergibile. Dalle 9.36 alle 12.59 il Lampo lancia in tutto ben 83 bombe di
profondità, delle quali nove (un pacchetto di quattro lanciato alle 10.56 ed
uno di cinque gettato alle 12.58) esplodono molto vicine all’Ultimatum, mettendone fuori uso il
motore sinistro. Dopo aver danneggiato il battello avversario, il Lampo torna in formazione, mentre l’Ultimatum è costretto a rientrare a
Malta per riparare i danni subiti.
Il convoglio
prosegue. Durante la navigazione si verificano attacchi diurni, da parte di
bombardieri in quota statunitensi Consolidated B-24 “Liberator”, e notturni, da
parte sia di bombardieri che di aerosiluranti.
Alle 19.40 il
convoglio si scinde nuovamente: Sestriere,
Ravello, Corsaro, Aviere, Camicia Nera, Pallade e Legionario
fanno rotta su Bengasi, mentre Ankara,
Bombardiere, Fuciliere, Lampo, Geniere e Partenope dirigono su Tobruk.
8 settembre 1942
Il convoglio diretto
a Bengasi, e del quale il Corsaro fa
parte, arriva a destinazione alle 11 dopo una navigazione relativamente
tranquilla alle undici del mattino.
Subito Corsaro, Aviere e Camicia Nera
ripartono da Bengasi di scorta alla motonave Unione, di rientro scarica a Taranto passando per il Pireo. Il Corsaro lascerà però la scorta alle 7.30
del 9 settembre.
6 dicembre 1942
In tarda serata il Corsaro, insieme al resto della XI
Squadriglia (Aviere, Bombardiere e Geniere) ed alla X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Legionario e Vincenzo
Gioberti, cui poi si unirà il Bersagliere
partito da La Spezia) lascia Napoli di scorta alle moderne corazzate Littorio, Vittorio Veneto e Roma
(che formano la IX Divisione Navale), delle quali è stato ordinato il
trasferimento nella più sicura base di La Spezia dopo che un bombardamento su
Napoli, due giorni prima, ha semidistrutto la VII Divisione Navale. Nell’uscire
dal porto, un’elica del Bombardiere
s’impiglia nelle ostruzioni retali ed il cacciatorpediniere rimane bloccato a
Napoli, dovendo così essere sostituito dal più anziano Freccia.
La formazione, che
fruisce anche della scorta aerea di tre idrovolanti CANT Z. 501 in funzione
antisommergibile, percorre i canali dragati occidentali del golfo di Napoli,
con le corazzate in linea di fila (nell’ordine Littorio, Vittorio Veneto
e Roma) precedute dalla XI
Squadriglia e seguite dalla X Squadriglia. Superato Capo Miseno, la XI
Squadriglia si pone in posizione di scorta ravvicinata a dritta e la X
Squadriglia fa lo stesso a sinistra. La navigazione notturna procede senza
problemi, ed al mattino successivo arrivano tre CANT Z. 501 che scortano le
navi sino a La Spezia; alle otto del mattino il Bersagliere, partito da La Spezia, si unisce alla X Squadriglia. A
partire da mezzogiorno dapprima i cacciatorpediniere e poi anche le corazzate
eseguono prove di emissione di cortine fumogene, ed alle 15.30 la formazione
entra nel canale dragato che porta a La Spezia.
30 dicembre 1942
Parte da Palermo alle
due di notte insieme ai cacciatorpediniere Lampo
e Maestrale ed alle torpediniere Sirio e Pallade per scortare a Biserta le moderne motonavi Manzoni, Oriani e Mario Roselli.
Alle 5.04 il sommergibile britannico Ursula
(tenente di vascello Richard Barklie Lakin), a circa 12 miglia per 360° da Capo
San Vito (nel punto approssimato 38°43’ N e 12°40’ E), avvista il convoglio
italiano che procede a 15 nodi su rotta 240°, a 8200 metri di distanza. Alle
5.09 l’Ursula s’immerge e si avvicina
alla massima velocità per attaccare il mercantile di testa, immergendosi a
quota leggermente maggiore alle 5.13 perché il cacciatorpediniere di testa
passa vicino, salvo poi tornare a quota periscopica alle 5.15 per trovare che
il convoglio ha zigzagato di 35° verso l’Ursula
stesso. Alle 5.20 la motonave di testa è a soli 550 metri dall’Ursula – che ha già superato lo schermo
dei cacciatorpediniere e stava per prepararsi a lanciare i siluri – e continua
ad avvicinarsi; il sommergibile tenta di scendere più in profondità per evitare
la collisione, ma rimane per oltre un minuto a 7,6 metri di profondità e viene
così speronato, alle 5.22, quando si trova a soli 8,8 metri di profondità. La
collisione danneggia la torretta e le camicie dei periscopi dell’Ursula (i periscopi e le relative
camicie, così come i telegrafi superiori e le luci esterne, vanno distrutti),
che è costretto ad abbandonare la missione. Le navi italiane proseguono senza
aver nemmeno notato l’accaduto, e giungono a Biserta alle 17 dello stesso giorno.
Due immagini del
cacciatorpediniere il 16 maggio 1942, data della sua entrata in servizio, al
largo del cantiere Fratelli Orlando di Livorno (Archivio Storico Cantiere
Azimut-Benetti di Livorno via www.associazione-venus.it)
|
Guerra di mine
Al Corsaro dovette purtroppo toccare in
sorte di aprire la lunga serie delle unità militari perse, nei primi mesi del
1943, su mine posate da sommergibili e posamine britannici sulle rotte che
univano l’Italia alla Tunisia, ultimo pezzo d’Africa rimasto alle forze
dell’Asse.
Il 9 gennaio 1943 il Corsaro, al comando del capitano di
fregata Ferruccio Ferrini, salpò da Napoli per scortare a Biserta, insieme al
cacciatorpediniere Maestrale (capitano
di vascello Nicola Bedeschi, caposcorta), la moderna motonave da carico Ines Corrado, carica di rifornimenti.
Proprio nella notte
precedente, tra l’8 ed il 9, il posamine veloce britannico Abdiel (capitano di vascello David Orr-Ewing) aveva posato uno
sbarramento di 160 mine, divise in due linee di 80 ordigni leggermente scostate
(disposte perpendicolarmente alle rotte percorse dai convogli italiani), a nord
del Golfo di Tunisi ed a nordest di Biserta.
La sera del 9 gennaio
il convoglio stava procedendo a 12 nodi su rotta 245° con mare molto agitato/grosso
al mascone a dritta, disposto in linea di fila: Maestrale in testa, Ines
Corrado al centro e Corsaro in
coda.
Alle otto di sera,
nel punto 37°34’ N e 10°35’ E (una quarantina di miglia ad est di Biserta),
un’esplosione scosse improvvisamente il Maestrale,
la cui estrema poppa scomparve in pochi istanti, lasciando la nave
immobilizzata ed ingovernabile, oltre che con gravi danni. L’unità aveva urtato
una delle mine posate la notte precedente dall’Abdiel, ma il comandante Bedeschi pensò invece che il Maestrale fosse stato colpito da un
siluro, e comunicò questo (mediante il radiosegnalatore) al Corsaro, insieme all’ordine di
avvicinarsi, mentre alla Ines Corrado
ordinò di proseguire per Biserta. Il Corsaro,
che subito dopo l’esplosione sul Maestrale
aveva messo le macchine avanti tutta ed assunto una rotta con un angolo di
circa 40° a dritta rispetto a quella seguita dal convoglio, comunicò alle 20.05
di aver ricevuto il messaggio. Il Maestrale
ordinò a Corsaro di lanciare il
segnale di scoperta, mentre la Ines
Corrado non rispondeva alle chiamate. Sul Corsaro l’ufficiale di rotta, dalla sala nautica, gridò al
comandante Ferrini “comandante, il Maestrale
comunica «sono stato silurato – avvicinatevi»”, e quest’ultimo ordinò subito di
mettere tutta la barra a dritta e le macchine avanti tutta: intendeva compiere
un giro a tutta velocità intorno al Maestrale,
in quanto non riteneva sicuro avvicinarsi ad una nave appena silurato senza
prima manovrare contro l’eventuale sommergibile attaccante. Tutti gli ufficiali
e l’equipaggio accorsero disciplinatamente e con calma ai loro posti.
Alle 20.07 (secondo
Bedeschi; le 20.12 secondo Ferrini), però – pochi secondi dopo che Ferrini
aveva dato i suoi ordini –, il Corsaro
(che aveva appena iniziato l’accostata, e le cui macchine non avevano ancora
raggiunto la massima andatura), giunto ad un centinaio di metri per 140° da
prora dritta del Maestrale, urtò a
sua volta una mina a centro nave, sul lato dritto. Alla fiammata
dell’esplosione seguì il sibilo prodotto da gravi fughe di vapore: dense
colonne di fumo e vapore invasero i locali macchine e caldaie e si diffusero
nei compartimenti adiacenti, la luce venne a mancare, la nave risultò
ingovernabile.
Bedeschi, sul Maestrale, si rese allora conto che il
suo convoglio poteva essere finito su un campo minato. Ferrini ipotizzò in
seguito che nell’accostare a dritta la nave fosse incappata in un grappolo di
mine.
Dato che la Ines Corrado continuava a non rispondere
alle chiamate al radiosegnalatore, quando questa si avvicinò a portata di voce
per chiedere ordini il Maestrale le
ordinò di allontanarsi subito verso est (verso sinistra rispetto al
cacciatorpediniere), e più avanti, usando il fanale-accumulatore, le comunicò
di raggiungere Biserta, comunicare a Roma quanto successo e richiedere l’invio
di mezzi di soccorso. Questa volta la motonave segnalò di aver ricevuto, poi
proseguì nella navigazione.
Intanto, sul Corsaro, il comandante Ferrini, mentre
attendeva che il direttore di macchina lo ragguagliasse sulla situazione, ordinò
al comandante in seconda (capitano di corvetta Ugo Mazzaro) di tenere pronti tutti i mezzi di salvataggio, ma di
impedire che alcuno di essi venisse buttato in acqua, perché la nave sembrava
in buone condizioni, galleggiava bene e sembrava quindi probabile riuscire a
salvarla.
Dopo appena due o tre
minuti, però (alle 20.09 secondo Bedeschi, alle 20.15 circa secondo Ferrini),
il Corsaro urtò una seconda mina, più
o meno nello stessa zona della nave già lesionata dalla prima esplosione, e
sbandò violentemente sulla sinistra, gettando in mare tutti quelli che si
trovavano sul lato sinistro, compreso il comandante Ferrini, che era
sull’aletta sinistra di plancia. Sembrava che il Corsaro stesse per capovolgersi, ma di colpo il cacciatorpediniere
si raddrizzò, si spezzò in due ed affondò impennando verticalmente le estremità
verso il cielo, a 38 miglia per 64° da Biserta.
Il Maestrale, immobilizzato, dovette
assistere impotente; il mare grosso ed il forte vento da libeccio gli impedivano
di calare la propria motobarca per recuperare i naufraghi della nave affondata,
ed il fatto che i cavi della radio si fossero strappati impediva anche di
cercare di contattare Roma o Biserta.
Della nave e dei 235
uomini del suo equipaggio, rimasero sulla superficie solo pochi rottami ed un
nugolo di naufraghi: alcuni su un’unica zattera, altri, tra cui anche il
comandante Ferrini ed il comandante in seconda Mazzaro, in acqua ed aggrappati a relitti galleggianti. Il mare
separò poi i superstiti, che si persero di vista. Il comandante Ferrini ed
alcuni altri naufraghi riuscirono a raggiungere Capo Bon dopo ventiquattr’ore
trascorse in acqua. Si sistemarono provvisoriamente in un fienile sulla costa,
ospitati da degli indigeni che furono molto cordiali con loro, poi furono
raggiunti da un idrovolante di soccorso (decollato dall’aeroporto di Stagnoni,
vicino a Marsala) che li riportò a Trapani, dove Ferrini fu ricoverato per due
giorni nell’ospedale di Torrebianca. Altri superstiti furono tratti in salvo da
alcuni dragamine di Pantelleria.
I sopravvissuti del Corsaro furono in tutto 48. Non ebbero
la stessa fortuna altri 187 tra ufficiali, sottufficiali e marinai, che
risultarono morti o dispersi in mare.
I loro nomi:
Sebastiano Abela, sottocapo radiotelegrafista,
disperso
Manlio Aime, capo radiotelegrafista di prima
classe, disperso
Aristodemo Ala, marinaio cannoniere, disperso
Innocenzo Amoroso Alborè, marinaio S. D. T.,
disperso
Angelo Allatta, sottocapo cannoniere, disperso
Ernesto Antonioli, marinaio fuochista,
disperso
Virgilio Atzori, marinaio fuochista, disperso
Francesco Aversa, marinaio fuochista, disperso
Renato Baffigi, capo S. D. T. di terza classe,
disperso
Ottavio Badi, marinaio fuochista, disperso
Enrico Ballinari, marinaio fuochista, deceduto
Francesco Barbi, marinaio, deceduto
Paolo Basile, marinaio cannoniere, disperso
Andrea Basti, sottocapo nocchiere, disperso
Angelo Battaini, marinaio fuochista, deceduto
Davide Becco, secondo capo cannoniere,
disperso
Valdo Bazzicchi, sottocapo S. D. T., disperso
Giovanni Bellussi (Belusic), marinaio,
disperso
Gualtiero Benocci, marinaio motorista,
disperso
Pietro Berruti, guardiamarina, disperso
Udino Bertoncello, marinaio silurista,
disperso
Gastone Bigazzi, sottocapo silurista, disperso
Giovanni Boffito, sottotenente di vascello,
disperso
Francesco Bonomi, marinaio cannoniere,
disperso
Egidio Borelli, sottocapo cannoniere, disperso
Nedo Brandi, sottocapo cannoniere, deceduto
Giuseppe Brunetti, marinaio, disperso
Marino Brusati, marinaio cannoniere, deceduto
Ermanno Brunone, marinaio cannoniere, disperso
Gaetano Bucceri, sottocapo cannoniere,
disperso
Luigi Bullo, marinaio, disperso
Luigi Buondonno, marinaio, deceduto
Giuseppe Calise, marinaio, disperso
Attilio Campagnola, secondo capo furiere,
disperso
Romolo Campana, marinaio fuochista, deceduto
Vincenzo Campanale, secondo capo meccanico,
deceduto
Vincenzo Cane, marinaio cannoniere, disperso
Leopoldo Cantamessa, sottocapo cannoniere,
disperso
Pasquale Caon, sergente segnalatore, deceduto
Pietro Capelli, sergente silurista, disperso
Sveno Caretti, marinaio cannoniere, disperso
Giorgio Casartelli, sottotenente di vascello,
disperso
Antonio Castellano, capo meccanico di prima
classe, disperso
Pio Cerini, marinaio silurista, disperso
Emilio Cesani, marinaio cannoniere, deceduto
Giuseppe Chessa, marinaio meccanico, disperso
Alfonso Chiappella, secondo capo cannoniere,
disperso
Winter Chielli, sottocapo cannoniere, disperso
Domenico Chieracchia, marinaio, disperso
Gaetano Ciampa, marinaio meccanico, disperso
Armando Ciminari, marinaio, disperso
Raoul Cinti, marinaio fuochista, disperso
Antonio Ciriaci, marinaio fuochista, disperso
Giovanni Ciricugno, sottocapo cannoniere,
disperso
Marcello Collini, marinaio, disperso
Andrea Cominelli, marinaio fuochista, disperso
Agostino Conte, marinaio cannoniere, disperso
Luigi Covelli, marinaio, disperso
Antonio Creti, marinaio silurista, disperso
Emiliano Cuman, marinaio, disperso
Giuseppe Curreri, marinaio, disperso
Luigi D’Amato, sergente cannoniere, disperso
Rosvaldo D’Orazio, sottocapo meccanico,
disperso
Angliolino Dagnino, marinaio fuochista,
disperso
Leo Damiani, capo segnalatore di terza classe,
disperso
Francesco De Benedectis, sergente cannoniere,
disperso
Luigi De Novelli, sottocapo cannoniere,
deceduto
Giovanni Degani, marinaio cannoniere, disperso
Pasquale Degno, marinaio, disperso
Nicola Dentamaro, marinaio cannoniere,
disperso
Raffaele Di Brindisi, marinaio fuochista,
disperso
Vincenzo Di Carluccio, sergente cannoniere,
disperso
Gino Diotallevi, sottocapo nocchiere, disperso
Carmine Donisi, sottocapo cannoniere, disperso
Nicola Duca, marinaio, disperso
Fiorenza Duccini, marinaio torpediniere,
disperso
Michele Fama, marinaio fuochista, disperso
Giulio Felici, marinaio cannoniere, disperso
Salvatore Ferrante, marinaio cannoniere, disperso
Angelo Ferraro, marinaio silurista, disperso
Remigio Ferrabotti, capo silurista di seconda
classe, deceduto
Carmine Ferro, marinaio elettricista, disperso
Vincenzo Fioretto, sottocapo cannoniere,
disperso
Armando Fogli, marinaio, disperso
Angelo Fontana, sottocapo cannoniere, disperso
Luciano Foti, marinaio fuochista, disperso
Attilio Galiardi, marinaio motorista, disperso
Desiderio Gallina, marinaio fuochista,
disperso
Giuseppe Gandolfo, sottotenente medico,
disperso
Giuseppe Gatti, marinaio, disperso
Giorgio Giogli, marinaio cannoniere, disperso
Salvatore Giorcelli, sottocapo cannoniere,
deceduto
Alfredo Gortan, marinaio, disperso
Rosario Graci, marinaio, disperso
Stefano Greco, sottotenente CREM, disperso
Giovanbattista Grieco, marinaio, disperso
Eugenio Grisoni, marinaio, disperso
Riccardo Guglielmi, sottocapo meccanico,
disperso
Vico Guidotti, sottocapo elettricista,
disperso
Antonino Gullotto, marinaio cannoniere,
disperso
Antonio Landi, sottocapo cannoniere, disperso
Paolo Giovanni Langella, sottocapo furiere,
deceduto
Mariano Lardara, marinaio fuochista, disperso
Pietro Laterza, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Lenares, secondo capo meccanico,
disperso
Andrea Lettieri, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Lisi, capo meccanico di seconda classe,
disperso
Aleardo Lo Iacono, sottocapo S. D. T.,
disperso
Vincenzo Luongo, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Lupi, marinaio nocchiere, disperso
Donato Lussone, marinaio, disperso
Ennio Maestrelli, marinaio elettricista,
disperso
Antonio Maietta, secondo capo meccanico,
disperso
Giuseppe Manuguerra, marinaio, disperso
Cesare Mari, marinaio elettricista, disperso
Alferino Marigliani, marinaio, deceduto
Battista Mariotti, capo elettricista di terza
classe, disperso
Dagoberto Marrai, marinaio cannoniere,
disperso
Filippo Marrano, marinaio, disperso
Salvatore Martinelli, sottocapo cannoniere,
disperso
Umberto Martini, marinaio fuochista, disperso
Dino Matteini, marinaio fuochista, disperso
Angelo Mauriello, marinaio meccanico, disperso
Nicola Mele, marinaio S. D. T., disperso
Francesco Merani, secondo capo meccanico,
deceduto
Oreste Miano, marinaio fuochista, disperso
Vittorio Micale, marinaio fuochista, disperso
Luigi Modesto, secondo capo cannoniere,
disperso
Remo Mogliani, marinaio fuochista, disperso
Antonio Montervino, marinaio cannoniere,
disperso
Giovanni Munzone, marinaio, disperso
Santo Nania, marinaio, disperso
Mario Nardi, maggiore del Genio Navale,
disperso
Salvatore Neri, marinaio torpediniere,
disperso
Adriano Olivieri, marinaio cannoniere, disperso
Guerrino Olivieri, marinaio fuochista,
disperso
Serse Pacifici, marinaio fuochista, deceduto
Cesare Pallais, sottocapo radiotelegrafista,
disperso
Sebastiano Palmieri, sottocapo
radiotelegrafista, disperso
Lorenzo Pane, marinaio, disperso
Fausto Pantanali, marinaio, disperso
Mario Papa, sottocapo silurista, disperso
Silvio Perusco, marinaio cannoniere, disperso
Ernesto Petti, capo nocchiere di seconda
classe, disperso
Antonio Pettinau, meccanico, disperso
Francesco Pisano, sottocapo radiotelegrafista,
disperso
Odoardo Plevani, capo meccanico di terza
classe, disperso
Luigi Pontillo, marinaio cannoniere, disperso
Alpino Pozzati, marinaio cannoniere, disperso
Alberino Prata, marinaio S. D. T., disperso
Marino Ribera, sottocapo elettricista,
disperso
Filippo Ricci, secondo capo cannoniere,
disperso
Michelangelo Ricciardella, marinaio
cannoniere, deceduto
Salvatore Riggi, sottocapo cannoniere,
disperso
Michele Riontino, sergente cannoniere,
disperso
Rinaldo Rossetti, marinaio fuochista, disperso
Pietro Rossi, marinaio fuochista, disperso
Filippo Ruggeri, capo meccanico di terza
classe, disperso
Mario Ruggiero, marinaio cannoniere, deceduto
Salvatore Russo, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Santisi, sottocapo cannoniere,
disperso
Armando Scarpa, marinaio, disperso
Luigi Scarpato, marinaio fuochista, disperso
Fernando Scatena, marinaio silurista, disperso
Pasquale Scognamiglio, sottocapo cannoniere,
deceduto
Antonio Rosato Scotto, marinaio, disperso
Nicola Sorace, marinaio fuochista, disperso
Vincenzo Spinalbese, marinaio cannoniere,
disperso
Giuseppe Steiner, marinaio fuochista, disperso
Paolo Summonti, secondo capo furiere, disperso
Salvatore Taranto, marinaio cannoniere,
disperso
Salvatore Testa, aspirante (Genio Navale),
disperso
Giuseppe Tomaselli, marinaio, disperso
Nicolò Tornesi, marinaio, disperso
Giovanni Tronconi, marinaio fuochista,
disperso
Pietro Usai, sottocapo radiotelegrafista,
disperso
Luigi Valentini, marinaio, disperso
Egidio Antonio Vecere, sottocapo infermiere,
disperso
Vincenzo Vio, marinaio fuochista, disperso
Bruno Vivian, sottocapo S. D. T., disperso
Orlando Zagni, marinaio fuochista, disperso
Pasquale Zumbo, sergente, disperso
Carlo Pinotti, 21 anni, da Covo (BG). Marinaio del Corsaro, scampò all’affondamento grazie ad una provvidenziale licenza (g.c. Rinaldo Monella/www.combattentibergamaschi.it) |
Grazie ad opportuni
provvedimenti per alleggerire la nave e contenere gli allagamenti, ed
all’intelligente idea di filare tutte le lunghezze di catena disponibili per
ancorarsi sui fondali di 300 metri (onde evitare che lo scarrocciamento potesse
spingere la nave verso altre mine), il Maestrale
riuscì a resistere sino all’arrivo delle unità di soccorso (torpediniere Calliope, Giuseppe Dezza e Cigno,
piropeschereccio Cefalo,
rimorchiatori Vigoreux e Porto Cesareo), che lo raggiunsero la mattina
del 10 gennaio e riuscirono, tra mille difficoltà, a rimorchiarlo in salvo a
Biserta, dove le navi giunsero tra le 7.30 e le 8 dell’11 gennaio.
Un’altra foto del Corsaro appena varato il 16 novembre
1941 (Coll. E. Andò, via M. Brescia e www.associazione-venus.it)
|
Sono il nipote del marò Fausto Pantanali, complimenti per le vicissitudini drammatiche del RCT Corsaro narrate e a me sconosciute. Sarebbe il caso che l'evento fosse ricordato in maniera appropriata visto che il Corsaro andava in soccorso del Maestrale.
RispondiEliminaLa ringrazio.
EliminaMio padre era imbarcato sul Corsaro, fu uno dei pochi superstiti. Ferito fu ricoverato per un mese in un ospedale a Trapani. Spesso mi ha raccontato l'episodio dell'affondamento. Fu decorato con la croce di guerra.
RispondiEliminaIl 8-1-2017 verra' commemorato la tragedia del Corsaro a Venezia.Per informazioni faustopantanali@gmail.com
RispondiEliminami chiamo bucceri giancarlo mio nonno risulta tra i dispersi... capo cannoniere bucceri gaetano. ma per mia fortuna lo conosciuto ma purtroppo lo perso quando avevo 16anni.. sono fiero di lui......
RispondiEliminaMi chiamo Bertera Juri. Mio nonno, Casari Francesco, faceva parte dell'equipaggio del Corsaro e fu uno dei pochi superstiti. Ricevette la croce al valor militare per ciò che compì quella notte. Una volta finito in mare si prodigò a recuperare una delle zattere di salvataggio e a trarre in salvo, se non ricordo male, altre 5/6 persone. Conservo ancora alcune sue foto di quando era imbarcato ed alcune lettere che madri di dispersi gli scrissero negli anni sucessivi cercando notizie dei propri cari. Ormai ci ha lasciato anni fa, ma per me resterà sempre un eroe. Ciao nonno!
RispondiEliminaApprendo con piacere la notizia che ci siano ancora pareti che hanno ancora vivo il ricordo del R.C.T.Corsaro.
EliminaGradirei avere notizie in maniera diretta riguardanti la decorazione del tragico evento sia all'equipaggio che al R.C.T. Corsaro alla mail che avevo fornito in precedenza (faustopantanali@gmail.com),
Ringraziando già in anticipo per l'eventuale contatto distinti saluti.
mio zio carmine ferro marinaio elettricista risultò disperso ancora oggi ho la foto vestito da marinaio militare
RispondiEliminaMio zio acquisito Marrano Filippo, elettricista risulta disperso era in quella nave Corsaro. La sua ultima lettera in vista a sua mamma porta la data del 30.12.1943, otto giorni dopo laffondamento della nave. Mio zio era di Leonforte (enna)
RispondiEliminaSono il nipote acquisito di Marrano Filippo, marinaio elettricista disperso. Solo in questi giorno veniamo a conoscere insieme a mia moglie il drammatico ed esatto racconto verità della nave Corsaro. L'ultima lettera inviata a sua mamma da mio zio Filippo è stato il 30 dicembre 1943, otto giorni dopo l'affondamento. Nella lettera raccontava il presagire di quello che è accaduto.
RispondiEliminaCiao
RispondiEliminaCiao
RispondiEliminaBsera. Il comandante Ferruccio Ferrini, nato a Livorno il 19 giugno 1903, dopo l'armistizio fu capo di stato maggiore e segretario di stato per la marina nazionale repubblicana dal 26 ottobre 1943 ed il 13 febbraio 1944. Dopo un grave dissidio con Borghese (che fu anche arrestato), Ferrini fu posto in congedo d'autorita'.
RispondiEliminaBuongiorno Lorenzo. Il primo comandante del nuovo Corsaro nel 1942, fu il CF Lionello Sagramoso (nato il 7.5.1900 e prematuramente scomparso a 54 anni), figlio del generale Pier Luigi Sagramoso, comandante del San Marco in Cina nel 1939 e discendente di un'antica famiglia dell'alta aristocrazia veneta
RispondiEliminaLa ringrazio, provvedo ad aggiungere.
EliminaBsera Lorenzo. Il comte in 2^ del Corsaro il 9 gennaio 1943 era il CC Ugo Mazzaro (nato a Venezia l'11 dicembre 1909). Grazie. GP
RispondiEliminaGrazie, aggiungo.
EliminaIl sergente
RispondiEliminaEgidio Borelli era fratello di mio padre Ugo. Qualcuno ha notizie di cosa avvenne a bordo?
RispondiEliminaSalve a tutti, mio nonno è uno dei fortunati sopravvissuti al naufragio, qualcuno sa indicarmi dove si può trovare una lista completa degli imbarcati sulla nave Corsaro e quindi anche con i nomi dei sopravvissuti? Grazie mille
RispondiEliminaBuongiorno, dovrebbe essere nell'archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, contattabile a ufficiostorico@marina.difesa.it
EliminaBuongiorno, sono il figlio di Facchi Pietrangelo, fu tra i sopravvissuti poi ricoverati a pantelleria.
RispondiEliminaDevo avere delle foto con alcuni commilitoni, che lui mandò a mia nonna.
Se le trovassi mi piacerebbe condividerle,
Dove le devo postare??
Grazie
Buongiorno, può inviarmele a lorcol94@gmail.com, dopo di che le aggiungerei a questa pagina, gliene sarei molto grato.
Elimina