mercoledì 9 settembre 2015

Aurora

L’Aurora a Gaeta nel 1936 (g.c. Mauro E. Vampi, via www.naviearmatori.net

Cannoniera di 935 tonnellate di dislocamento standard, 1276,8 (o 1220) in carico normale e 1501 (o 1388) a pieno carico, lunga 79,60 metri, larga 9,12 e pescante 3,64-3,95. Armata con 2 cannoni da 57/43 mm (in precedenza 4 cannoni da 76/40 mm); velocità massima 15,6 nodi.

Breve e parziale cronologia.

24 settembre 1903
Varata nei cantieri D. & W. Henderson & Company di Meadowside (Glasgow) come Nirvana (numero di cantiere 437).
Gennaio 1904
Completato come panfilo privato Nirvana per la contessa di Bearn, registrato a Rouen o Marsiglia (bandiera francese). Stazza lorda 890 tsl, dislocamento 1327 tonnellate.

La nave quando portava il nome di Nirvana (da www.naviearmatori.net, utente kgvm)

7 settembre 1909
Su suggerimento di Miklos Horty, comandante del precedente Taurus (nonché futuro ammiraglio e reggente d’Ungheria), il Nirvana – dopo una navigazione di prova – viene acquistato per 25.000 sterline (a Marsiglia) dalla Marina austroungarica e ribattezzato Taurus, per farne un avviso e stazionario da destinare all’ambasciata di Istanbul.
18 settembre 1909
Entra ufficialmente in servizio sotto bandiera austroungarica; lascia Marsiglia al comando del tenente di vascello Franz Ritter von Thierry.
23 settembre 1909
Raggiunge Pola. Sottoposto a lavori nell’arsenale di Pola; viene armato con quattro cannoncini Hotchkiss a tiro rapido, due da 47 mm e due da 37 mm.
7 novembre 1909
Completati i lavori, il Taurus effettua delle prove a mare e poi lascia Pola per Trieste.
9 novembre 1909
Imbarca il nuovo ambasciatore austroungarico ad Istanbul, Johann von Pallavicini, e parte poi per il Levante dopo aver fatto scalo a Pola.
10-11 novembre 1909
Scalo a Gravosa.
12-14 novembre 1909
Scalo a Corfù.
14-15 novembre 1909
Scalo a Patrasso.
15-17 novembre 1909
Scalo al Pireo.
18-19 novembre 1909
Scalo a Salonicco.
20 novembre 1909
Passa nello stretto dei Dardanelli.
21 novembre 1909
Raggiunge Istanbul, dov’è dislocato quale stazionario a disposizione dell’ambasciata austroungarica. Vi resterà fino al gennaio seguente.
11 gennaio 1910
Lascia Istanbul.
12-14 gennaio 1910
Sosta a Csanak Kaleh.
14-15 gennaio 1910
Supera lo stretto dei Dardanelli.
15 gennaio 1910
Torna ad Istanbul. Vi rimarrà fino ad aprile.
19-21 aprile 1910
Lascia Istanbul e giunge a Varna.
21-23 aprile 1910
Si trasferisce a Costanza.
24 aprile-2 maggio 1910
Si trasferisce a Galaţi.
3-8 maggio 1910
Si trasferisce ad Odessa.
9-11 maggio 1910
Si trasferisce a Sebastopoli.
13-19 maggio 1910
Si trasferisce a Pera.
20-24 maggio 1910
Si trasferisce a Smirne.
25-28 maggio 1910
Supera i Dardanelli.
28 maggio 1910
Arriva a Pera.
17 giugno 1910
Lascia Jeniköjből.
17-19 giugno 1910
Scalo all’isola di Prinzen.
19 giugno 1910
Arriva a Pera.
23 luglio 1910
Non può partecipare alla rivista navale per il sultano Mohamed V a causa di problemi alle macchine.
22 agosto 1910
Lascia Jeniköjből.
23 agosto 1910
Scalo a Sulina.
24 agosto 1910
Torna a Jeniköjből. Vi stazionerà sino ad ottobre.
16-18 ottobre 1910
Lasciata Jeniköjből, raggiunge Smirne.
19 ottobre 1910
Torna a Jeniköjből.
8-9 novembre 1910
Lascia Jeniköjből e si trasferisce a Sulina.
9-22 novembre 1910
Si trasferisce a Galati e vi rimane per alcuni giorni.
23 ottobre 1910
Torna ad Istanbul, dove resterà fino al marzo successivo.
12-15 marzo 1911
Lascia Istanbul e si reca a Pera.
13 marzo 1911
Si reca a Kidokkolták.
14-15 maggio 1911
Si reca a Sulina.
15-20 maggio 1911
Si reca a Galac.
23-25 maggio 1911
Si reca a Pera.
26-28 maggio 1911
Si reca a Smirne.
30 maggio-3 giugno 1911
Torna a Pera, dove rimane fino ad agosto.
1° agosto 1911
Si reca a Jeniköj.
5-8 agosto 1911
Si reca a Kustendje.
21 agosto 1911
Torna a Jeniköj.
22 agosto 1911
Torna a Pera, poi di nuovo a Jeniköj dove rimane fino ad ottobre.
21 ottobre 1911
Arriva a Tophane.
Giugno 1912
Partecipa allo spegnimento di un incendio scoppiato vicino all’ambasciata ad Istanbul.
4-13 giugno 1912
Torna a Jeniköj e vi resta qualche giorno.
14 giugno 1912
Si reca a Costanza.
15 giugno 1912
Di nuovo a Jeniköj, dove permane fino ad agosto.
11-12 agosto 1912
Si reca all’isola Prinzen.
12-20 agosto 1912
Ancora a Jeniköj.
21-22 agosto 1912
Di nuovo a Costanza.
23-25 agosto 1912
Si reca a Sulina.
25-31 agosto 1912
Si reca a Galac.
1° settembre 1912
Ritorna a Jeniköj.
11 ottobre 1912
Rientra ad Istanbul, dove permarrà fino al gennaio successivo.

Un’altra foto del Nirvana nei primi anni (da www.gracesguide.co.uk

21 gennaio 1913
Lascia Istanbul e si reca a Tophane, dove resta fino al 19 maggio.
8 febbraio 1913
Aiuta di nuovo a spegnere un incendio, vicino all’ambasciata, che distrugge quasi cento abitazioni.
19-21 maggio 1913
Si reca a Mudania.
25-31 maggio 1913
Si reca ad Istanbul.
26-28 luglio 1913
Si reca a Corfù.
1-3 agosto 1913
Si reca nella baia di Besik.
6-9 agosto 1913
Si reca a Jeniköj.
10 agosto 1913
A Therapia, il Taurus aiuta ancora una volta a spegnere un incendio, divampato nei pressi dell’ambasciata francese.
26 agosto 1913
Partecipa di nuovo allo spegnimento di un incendio, stavolta a Jeniköj.
9-10 settembre 1913
Scalo a Sulina.
10-13 settembre 1913
Posta in bacino a Galacon.
14 settembre 1913
Di nuovo a Sulina.
10 febbraio 1914
Lascia Istanbul.
15 febbraio 1914
Giunge a Pola.
2 marzo 1914
Salpa da Pola.
2-5 marzo 1914
Arriva e rimane a Trieste.
7-11 marzo 1914
È a Durazzo. Per questi pochi giorni, durante la permanenza a bordo di Wilhelm Zu Wield, sovrano del neonato principato d’Albania, il Taurus batte bandiera albanese. È la prima nave da guerra ad issare la bandiera del nuovo stato indipendente.
11-13 marzo 1914
Imbarca carbone a Teodo.
13 marzo-1° aprile 1914
Staziona a Durazzo.
2-10 aprile 1914
È a Teodo.
13-14 aprile 1914
Si reca a Tenedo.
15 aprile-23 maggio 1914
Di nuovo ad Istanbul.
24 maggio 1914
Si reca a Bender Erekli e Zonguldak.
25 maggio 1914
Si reca ad Ineboli.
25-26 maggio 1914
Si reca a Sinope.
27-28 maggio 1914
Si reca a Trapezunt.
29-30 maggio 1914
Si reca a Kerassund.
30-31 maggio 1914
Si reca a Samsun.
1-2 giugno 1914
Si reca a Burgas.
2-3 giugno 1914
Si reca a Varna.
4-6 giugno 1914
Si reca a Costanza.
7-10 giugno 1914
Torna ad Istanbul.
10-11 giugno 1914
Si reca a Rodosto.
11 giugno 1914
Si reca a Gallipoli.
12-13 giugno 1914
Si reca a Mudania.
14-15 giugno 1914
Si reca ad Izmit.
15-16 giugno 1914
Si reca a Chalki.
16-20 giugno 1914
Si reca a Jeniköj.
20 luglio 1914
Si reca all’isola Prinzen, poi arriva a Jeniköj.
22 luglio 1914
Aiuta ad estinguere un incendio scoppiato in un’abitazione.
1° agosto 1914
Lascia Istanbul per tornare in patria, nell’imminenza dello scoppio della prima guerra mondiale.
6 agosto 1914
Fa scalo a Brindisi, a causa di un’avaria.
7 agosto 1914
Lascia Brindisi.
8 agosto 1914
Arriva a Pola.
14 agosto 1914
Adibito a nave caserma per i piloti dell’aviazione di Marina austroungarica, nella base di Pola (precisamente, per i piloti della base polesana di Santa Caterina), per la durata della guerra.
1915
L’armamento viene rimosso, non essendo più necessario su una nave caserma.
Novembre 1918
Confiscato dall’Italia al termine della guerra.
4 marzo 1923 (per altra fonte, gennaio 1920)
Assegnato all’Italia quale riparazione dei danni di guerra.
21 settembre 1923
Trasferito alla Regia Marina, classificato cannoniera e ribattezzato Marechiaro.

La nave vista da poppa (da www.marina.difesa.it via Marcello Risolo)

1923-1924
Lavori di modifica. Armato con quattro cannoni da 76/40 mm, sostituiti nel 1930 con due a tiro rapido da 57 mm; l’apparato motore originario, due macchine alternative da 1700 HP alimentate da una caldaia, verrà sostituito con uno da 3300 HP (due turbine alimentate da altrettante caldaie a nafta), incrementando la velocità da 14 a 15 nodi.
1924-1927
Stanziato prima in Mar Rosso e poi in Mar Egeo, alle dipendenze dei governatori dei possedimenti italiani in quelle aree.

L’Aurora a La Spezia intorno al 1935 (da www.navyworld.narod.ru

1927-1928
Trasformato in panfilo del capo del governo (cioè Benito Mussolini). I lavori, su progetto del colonnello del Genio Navale Umberto Pugliese, sono eseguiti nei cantieri del Muggiano di La Spezia. Per la decorazione degli interni vengono presi in prestito, a titolo di “deposito esterno temporaneo”, diversi dipinti.
15 aprile 1928
Ribattezzato Aurora.
Primo comandante della rinnovata unità è il tenente di vascello Luciano Bigi.
Agosto 1928
L’Aurora porta Mussolini ad assistere alle manovre navali in Alto Tirreno.
2 settembre 1929
L’Aurora trasporta Mussolini, Vittorio Emanuele III e l’ammiraglio Sirianni, ministro della Marina, ad assistere alle manovre navali in Alto Tirreno.

La nave a Livorno nel 1936 (g.c. Agenzia Bozzo)

Agosto 1937
L’Aurora, scortata da un incrociatore e da sei cacciatorpediniere, trasporta Mussolini che si reca in Sicilia per assistere ad importanti manovre militari e visitare l’isola per la prima volta dopo 16 anni.
Agosto 1938
La moglie di Mussolini, Rachele, ed i figlio Romano ed Anna Maria compiono una crociera in Adriatico sull’Aurora.

L’Aurora fotografata il 17 agosto 1938 (Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it

1938
Ritrasformato in cannoniera.
10 giugno 1940
Ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale. L’Aurora è inquadrata nel naviglio ausiliario autonomo, alle dirette dipendenze di Supermarina.
Giugno 1940
Assegnata alla scuola telemetristi di Pola, nonché impiegata come nave bersaglio per sommergibili (per la locale Scuola Sommergibili) ed aerosiluranti (per il Nucleo Addestramento Aerosiluranti della Regia Aeronautica, con base a Gorizia).
Durante la guerra verrà riverniciata a Pola, ricevendo uno schema mimetico sperimentale con fasce di grigio chiaro, grigio scuro, nero e sfumature di verde.

L’Aurora durante la seconda guerra mondiale (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net

Armistizio e fine

L’annuncio dell’armistizio, l’8 settembre 1943, sorprese l’Aurora a Pola, al comando del tenente di vascello Attilio Gamaleri. La cannoniera salpò dalla base istriana intorno alle 17 del 9 settembre, avendo ricevuto ordine (dal comandante di Marina Pola, Strazzeri) di raggiungere Sebenico alla massima velocità, con una sosta a Zara per la notte.
Nel tratto iniziale della navigazione, l’Aurora seguì la corazzata Giulio Cesare, anch’essa salpata da Pola diretta verso sud, ma con destinazione differente.
Giunta a Zara all’una di notte del 10 settembre, la cannoniera si ormeggiò in banchina e riferì che si sarebbe dovuta rifornire per partire alle 8.30 del mattino; il comandante Gamaleri, nel recarsi al locale Comando Marina – erano le otto – apprese però da un MAS appena arrivato da Sebenico che quest’ultima località era già precipitata nel caos: si sparava tra soldati italiani e tedeschi, ora divenuti nemici, e partigiani jugoslavi, nemici di entrambi.
Il generale Umberto Spigo, comandante del Corpo d’Armata della Dalmazia con sede a Zara (che pochi giorni dopo avrebbe concordato coi comandi tedeschi la resa senza resistenza delle truppe italiane in Dalmazia), ordinò che l’Aurora restasse in porto ad attendere ordini, ma il Comando Marina di Zara seguitò a rifornire la nave, per metterla in grado di salpare quanto prima.
Alle 16.30 del 10 settembre Gamaleri scese nuovamente a terra per aggiornarsi su quanto stava accadendo; il capitano di fregata Ferruccio Rossi, comandante della base, gli spiegò che il generale Spigo aveva già firmato la resa della guarnigione di Zara, e ribadito l’ordine “preciso e perentorio” che l’Aurora restasse in porto.
Diversi erano gli ordini di Supermarina: preferendo obbedire a tali direttive, e con l’assenso di Rossi, Gamaleri deliberò di salpare la notte stessa, col favore delle tenebre, per raggiungere Ancona.
Sulla banchina c’erano già alcune mitragliatrici e quattro carri armati pesanti della Wehrmacht, tutti coi loro cannoni puntati verso l’Aurora. Nondimeno, il comandante Gamaleri radunò l’equipaggio, spiegò la situazione e la sua decisione, e alle 22 diede ordine di salpare l’ancora lentamente e silenziosamente, sperando di non essere notato.
Questa speranza andò in frantumi non appena le eliche della cannoniera cominciarono a girare: da soli 700 metri di distanza, mitragliatrici e carri tedeschi aprirono un violento fuoco sulla nave italiana. Mentre dirigeva a tutta forza verso il passo delle Sette Bocche, alcuni proiettili sparati dalle mitragliatrici andarono a segno, ma nessuna delle cannonate dei mezzi corazzati; pur con danni e feriti a bordo, l’Aurora riuscì a lasciarsi alle spalle la città dalmata, attraversò con attenzione le isole antistanti e giunse in mare aperto passando a nord dell’Isola Grossa poco prima di mezzanotte.
Verso le quattro del mattino dell’11 settembre (per altra fonte, le 3.15), infatti, la cannoniera stava procedendo oscurata al largo di Ancona, quando la sua rotta s’incrociò con quella delle motosiluranti tedesche S 54 (tenente di vascello Klaus-Degenhard Schmidt) e S 61 (secondo capo nocchiere Friedel Blömker). Lasciate sconsideratamente partire da Taranto dall’ammiraglio Bruto Brivonesi, le due piccole unità avevano già posato un campo minato nella rada della stessa base pugliese (mine sulle quali sarebbero saltate a breve ben tre navi) ed affondato il dragamine ausiliario Vulcania, ma avrebbero seminato ancora molta distruzione prima di raggiungere la loro destinazione di Venezia.
Ad avvistare la sagoma scura dell’Aurora, circa 40 gradi a prora dritta e ad un paio di chilometri di distanza, fu una vedetta dell’S 61. Ai marinai tedeschi, la nave appariva diretta ad Ancona a moderata velocità, scadendo verso dritta; Schmidt la ritenne dapprima una corvetta, poi, notandone l’alto fumaiolo, pensò di trovarsi dinanzi ad un piroscafo mercantile.
La capo sezione, la S 54, accostò a dritta e si avvicinò per prima all’Aurora, mentre la S 61 si portava sul lato opposto dell’unità italiana, onde evitare che potesse fuggire verso nord. Dopo qualche minuto Schmidt impartì all’Aurora, mediante segnalazioni luminose in codice morse effettuate col proiettore della sua Schnellboot (tre punti e tre linee, le lettere «SO») l’ordine «Fermatevi immediatamente»; da parte sua, Gamaleri ordinò avanti tutta.
In mezzo minuto, la cannoniera accelerò ed accostò di 90° a dritta, assumendo rotta nord e lasciandosi a poppa l’S 54; ma così facendo, come previsto da parte tedesca, andò a cacciarsi in bocca all’S 61, cui rivolgeva il fianco sinistro.
Schmidt intanto ordinò la massima velocità e si allargò a dritta, così da avere l’Aurora sulla sinistra; si portò in posizione giudicata favorevole al lancio, mise la prua sulla nave italiana ed ordinò il lancio di un siluro dal tubo di dritta, ma un’avaria (errata apertura di una valvola del circuito dell’aria compressa per il lancio dei siluri) fece uscire anche il siluro di sinistra. Entrambe le armi, lanciate da scarsa distanza ma su una rotta “a raggiungere” (non molto favorevole, a dispetto della valutazione di Schmidt), mancarono di poco l’Aurora.
Intervenne allora la S 61, che aveva già aperto i “cappelli” dei propri tubi lanciasiluri: puntò la prua nella giusta direzione e lanciò un solo siluro (da 533 mm, con carica di 300 kg di tritolo), da qualche centinaio di metri, con un angolo assai favorevole.
La cannoniera manovrò rapidamente per evitare l’arma, ma prima che la S 61 dovesse lanciare un secondo siluro, il primo – dopo 20 secondi dal lancio – centrò l’Aurora in corrispondenza delle caldaie, facendole scoppiare.
Devastata dalla conseguente esplosione interna, l’Aurora si fermò subito, iniziò ad affondare di poppa, sollevando la sua elegante prua – che fu notata con sorpresa dal capo Blömker della S 61, avvicinatosi a guardare meglio col binocolo – e s’inabissò in due minuti a circa dieci miglia dalla costa (per altra fonte, nel punto 43°38’ N e 13°32’ E, cioè soltanto ad un chilometro dalla costa). Ultimi a sparire furono gli alberi, poi rimasero in superficie solo innumerevoli rottami e pezzi di legno del rivestimento, oltre a decine di naufraghi, alcuni dei quali privi di salvagente.
Subito le due Schnellboote si portarono sul posto e recuperarono dal mare i superstiti, in numero di 62; gli altri 26 membri dell’equipaggio erano affondati con la nave. I soccorsi durarono fino all’alba; tra i sopravvissuti, ora prigionieri, vi era anche il comandante Gamaleri, recuperato dalla S 61, al cui comandante riferì brevemente dell’identità della sua nave.
Assistiti per quanto possibile con gli scarsi mezzi a disposizione, i naufraghi dell’Aurora furono sistemati parte in coperta e parte nei locali equipaggio delle due piccole unità: avendo già a bordo l’equipaggio di una motozattera tedesca (la MFP 478) autoaffondatasi alcune ore prima, le due S-Boote divennero alquanto sovraffollate.
I 62 naufraghi, trasferiti poco dopo sulla motonave Leopardi (catturata dalle due motosiluranti; Gamaleri e il suo secondo rimasero però ostaggi sulla S 61 fino all’arrivo a Venezia) dovettero ancora assistere, oltre alla cattura della Leopardi stessa, a quella del piroscafo Pontinia ed all’affondamento del cacciatorpediniere Quintino Sella da parte delle due motosiluranti.
Giunti infine a Venezia, solo i feriti poterono essere immediatamente sbarcati e ricoverati nel locale ospedale: gli altri, trattenuti come ostaggi fino alla resa della piazzaforte, rimasero prigionieri sulla Leopardi – in condizioni assai precarie – fino al 13 settembre, quando vennero sbarcati e deportati nei campi di prigionia in Polonia e Germania.
Due di loro, i fuochisti Angelo Storti e Pasquale Schettino, non ne sarebbero più tornati.

I caduti dell’Aurora:

Ferdinando Aiello, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Ernesto Alessio, tenente CREM, disperso nell’affondamento
Nicolò Alino, marinaio, disperso nell’affondamento
Giovanni Capuzzo, sergente motorista, disperso nell’affondamento
Carlo Didoni, marinaio cannoniere, disperso nell’affondamento
Pasquale Donadono, sottocapo elettricista, disperso nell’affondamento
Saverio Fiore, capo meccanico di seconda classe, disperso nell’affondamento
Trento Iommi, marinaio, disperso nell’affondamento
Luigi Leone, sottocapo meccanico, disperso nell’affondamento
Alessandro Giuseppe Macchio, secondo capo, disperso nell’affondamento
Cosimo Matulli, sottocapo radiotelegrafista, disperso nell’affondamento
Giuseppe Montaldo, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Francesco Nesca, marinaio carpentiere, disperso nell’affondamento
Tommaso Nocerino, marinaio, disperso nell’affondamento
Francesco Palmiotto, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Osvaldo Pananti, secondo capo elettricista, disperso nell’affondamento
Carlo Rampinini, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Fermo Sala, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Aurelio Scaggiante, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Pasquale Schettino, marinaio fuochista, disperso in prigionia in Germania l’8.6.1944
Armando Sestini, marinaio, disperso nell’affondamento
Vincenzo Siniscalco, sottocapo nocchiere, disperso nell’affondamento
Antonio Spicacci, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Francesco Stefanelli, capo motorista di terza classe, disperso nell’affondamento
Angelo Storti, marinaio fuochista, deceduto in prigionia in Germania il 28.11.1944
Guido Tonelli, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Francesco Tricerri, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento
Vito Vavallo, marinaio motorista, disperso nell’affondamento
Umberto Vercesi, marinaio fuochista, disperso nell’affondamento


Un’altra foto dell’Aurora con mimetizzazione di guerra (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net



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