L’Aurora a Gaeta nel 1936 (g.c. Mauro E. Vampi, via www.naviearmatori.net)
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Cannoniera di 935
tonnellate di dislocamento standard, 1276,8 (o 1220) in carico normale e 1501
(o 1388) a pieno carico, lunga 79,60 metri, larga 9,12 e pescante 3,64-3,95.
Armata con 2 cannoni da 57/43 mm (in precedenza 4 cannoni da 76/40 mm);
velocità massima 15,6 nodi.
Breve e parziale cronologia.
24 settembre 1903
Varata nei cantieri
D. & W. Henderson & Company di Meadowside (Glasgow) come Nirvana (numero di cantiere 437).
Gennaio 1904
Completato come
panfilo privato Nirvana per la
contessa di Bearn, registrato a Rouen o Marsiglia (bandiera francese). Stazza
lorda 890 tsl, dislocamento 1327 tonnellate.
La nave quando portava il nome di Nirvana (da www.naviearmatori.net, utente kgvm)
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7 settembre 1909
Su suggerimento di
Miklos Horty, comandante del precedente Taurus
(nonché futuro ammiraglio e reggente d’Ungheria), il Nirvana – dopo una navigazione di prova – viene acquistato per
25.000 sterline (a Marsiglia) dalla Marina austroungarica e ribattezzato Taurus, per farne un avviso e
stazionario da destinare all’ambasciata di Istanbul.
18 settembre 1909
Entra ufficialmente
in servizio sotto bandiera austroungarica; lascia Marsiglia al comando del
tenente di vascello Franz Ritter von Thierry.
23 settembre 1909
Raggiunge Pola.
Sottoposto a lavori nell’arsenale di Pola; viene armato con quattro cannoncini
Hotchkiss a tiro rapido, due da 47
mm e due da 37 mm .
7 novembre 1909
Completati i lavori,
il Taurus effettua delle prove a mare
e poi lascia Pola per Trieste.
9 novembre 1909
Imbarca il nuovo
ambasciatore austroungarico ad Istanbul, Johann von Pallavicini, e parte poi
per il Levante dopo aver fatto scalo a Pola.
10-11 novembre 1909
Scalo a Gravosa.
12-14 novembre 1909
Scalo a Corfù.
14-15 novembre 1909
Scalo a Patrasso.
15-17 novembre 1909
Scalo al Pireo.
18-19 novembre 1909
Scalo a Salonicco.
20 novembre 1909
Passa nello stretto
dei Dardanelli.
21 novembre 1909
Raggiunge Istanbul,
dov’è dislocato quale stazionario a disposizione dell’ambasciata
austroungarica. Vi resterà fino al gennaio seguente.
11 gennaio 1910
Lascia Istanbul.
12-14 gennaio 1910
Sosta a Csanak Kaleh.
14-15 gennaio 1910
Supera lo stretto dei
Dardanelli.
15 gennaio 1910
Torna ad Istanbul. Vi
rimarrà fino ad aprile.
19-21 aprile 1910
Lascia Istanbul e
giunge a Varna.
21-23 aprile 1910
Si trasferisce a
Costanza.
24 aprile-2 maggio 1910
Si trasferisce a Galaţi.
3-8 maggio 1910
Si trasferisce ad
Odessa.
9-11 maggio 1910
Si trasferisce a
Sebastopoli.
13-19 maggio 1910
Si trasferisce a
Pera.
20-24 maggio 1910
Si trasferisce a
Smirne.
25-28 maggio 1910
Supera i Dardanelli.
28 maggio 1910
Arriva a Pera.
17 giugno 1910
Lascia Jeniköjből.
17-19 giugno 1910
Scalo all’isola di Prinzen.
19 giugno 1910
Arriva a Pera.
23
luglio 1910
Non può partecipare alla rivista navale per il sultano
Mohamed V a causa di problemi alle macchine.
22
agosto 1910
Lascia Jeniköjből.
23 agosto
1910
Scalo a Sulina.
24
agosto 1910
Torna a Jeniköjből. Vi
stazionerà sino ad ottobre.
16-18
ottobre 1910
Lasciata Jeniköjből,
raggiunge Smirne.
19
ottobre 1910
Torna a Jeniköjből.
8-9
novembre 1910
Lascia Jeniköjből e si
trasferisce a Sulina.
9-22
novembre 1910
Si trasferisce a
Galati e vi rimane per alcuni giorni.
23
ottobre 1910
Torna ad Istanbul,
dove resterà fino al marzo successivo.
12-15
marzo 1911
Lascia Istanbul e si
reca a Pera.
13 marzo
1911
Si reca a
Kidokkolták.
14-15
maggio 1911
Si reca a Sulina.
15-20
maggio 1911
Si reca a Galac.
23-25
maggio 1911
Si reca a Pera.
26-28
maggio 1911
Si reca a Smirne.
30
maggio-3 giugno 1911
Torna a Pera, dove
rimane fino ad agosto.
1°
agosto 1911
Si reca a Jeniköj.
5-8
agosto 1911
Si reca a Kustendje.
21 agosto
1911
Torna a Jeniköj.
22
agosto 1911
Torna a Pera, poi di
nuovo a Jeniköj dove rimane fino ad ottobre.
21
ottobre 1911
Arriva a Tophane.
Giugno 1912
Partecipa allo
spegnimento di un incendio scoppiato vicino all’ambasciata ad Istanbul.
4-13 giugno 1912
Torna a Jeniköj e vi
resta qualche giorno.
14 giugno 1912
Si reca a Costanza.
15 giugno 1912
Di nuovo a Jeniköj,
dove permane fino ad agosto.
11-12 agosto 1912
Si reca all’isola
Prinzen.
12-20 agosto 1912
Ancora a Jeniköj.
21-22 agosto 1912
Di nuovo a Costanza.
23-25 agosto 1912
Si reca a Sulina.
25-31 agosto 1912
Si reca a Galac.
1° settembre 1912
Ritorna a Jeniköj.
11 ottobre 1912
Rientra ad Istanbul,
dove permarrà fino al gennaio successivo.
Un’altra foto del Nirvana nei primi anni (da www.gracesguide.co.uk)
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21 gennaio 1913
Lascia Istanbul e si
reca a Tophane, dove resta fino al 19 maggio.
8 febbraio 1913
Aiuta di nuovo a
spegnere un incendio, vicino all’ambasciata, che distrugge quasi cento
abitazioni.
19-21 maggio 1913
Si reca a Mudania.
25-31 maggio 1913
Si reca ad Istanbul.
26-28 luglio 1913
Si reca a Corfù.
1-3 agosto 1913
Si reca nella baia di
Besik.
6-9 agosto 1913
Si reca a Jeniköj.
10 agosto 1913
A Therapia, il Taurus aiuta ancora una volta a spegnere
un incendio, divampato nei pressi dell’ambasciata francese.
26 agosto 1913
Partecipa di nuovo
allo spegnimento di un incendio, stavolta a Jeniköj.
9-10 settembre 1913
Scalo a Sulina.
10-13 settembre 1913
Posta in bacino a
Galacon.
14 settembre 1913
Di nuovo a Sulina.
10 febbraio 1914
Lascia Istanbul.
15 febbraio 1914
Giunge a Pola.
2 marzo 1914
Salpa da Pola.
2-5 marzo 1914
Arriva e rimane a
Trieste.
7-11 marzo 1914
È a Durazzo. Per
questi pochi giorni, durante la permanenza a bordo di Wilhelm Zu Wield, sovrano
del neonato principato d’Albania, il Taurus
batte bandiera albanese. È la prima nave da guerra ad issare la bandiera del
nuovo stato indipendente.
11-13 marzo 1914
Imbarca carbone a
Teodo.
13 marzo-1° aprile 1914
Staziona a Durazzo.
2-10 aprile 1914
È a Teodo.
13-14 aprile 1914
Si reca a Tenedo.
15 aprile-23 maggio 1914
Di nuovo ad Istanbul.
24 maggio 1914
Si reca a Bender
Erekli e Zonguldak.
25 maggio 1914
Si reca ad Ineboli.
25-26 maggio 1914
Si reca a Sinope.
27-28 maggio 1914
Si reca a Trapezunt.
29-30 maggio 1914
Si reca a Kerassund.
30-31 maggio 1914
Si reca a Samsun.
1-2 giugno 1914
Si reca a Burgas.
2-3 giugno 1914
Si reca a Varna.
4-6 giugno 1914
Si reca a Costanza.
7-10 giugno 1914
Torna ad Istanbul.
10-11 giugno 1914
Si reca a Rodosto.
11 giugno 1914
Si reca a Gallipoli.
12-13 giugno 1914
Si reca a Mudania.
14-15 giugno 1914
Si reca ad Izmit.
15-16 giugno 1914
Si reca a Chalki.
16-20 giugno 1914
Si reca a Jeniköj.
20 luglio 1914
Si reca all’isola
Prinzen, poi arriva a Jeniköj.
22 luglio 1914
Aiuta ad estinguere
un incendio scoppiato in un’abitazione.
1° agosto 1914
Lascia Istanbul per
tornare in patria, nell’imminenza dello scoppio della prima guerra mondiale.
6 agosto 1914
Fa scalo a Brindisi,
a causa di un’avaria.
7 agosto 1914
Lascia Brindisi.
8 agosto 1914
Arriva a Pola.
14 agosto 1914
Adibito a nave
caserma per i piloti dell’aviazione di Marina austroungarica, nella base di
Pola (precisamente, per i piloti della base polesana di Santa Caterina), per la
durata della guerra.
1915
L’armamento viene
rimosso, non essendo più necessario su una nave caserma.
Novembre 1918
Confiscato
dall’Italia al termine della guerra.
4 marzo 1923 (per altra fonte, gennaio 1920)
Assegnato all’Italia
quale riparazione dei danni di guerra.
21 settembre 1923
Trasferito alla Regia
Marina, classificato cannoniera e ribattezzato Marechiaro.
La nave vista da poppa (da www.marina.difesa.it via Marcello Risolo)
|
1923-1924
Lavori di modifica. Armato
con quattro cannoni da 76/40 mm, sostituiti nel 1930 con due a tiro rapido da
57 mm; l’apparato motore originario, due macchine alternative da 1700 HP
alimentate da una caldaia, verrà sostituito con uno da 3300 HP (due turbine
alimentate da altrettante caldaie a nafta), incrementando la velocità da 14 a
15 nodi.
1924-1927
Stanziato prima in
Mar Rosso e poi in Mar Egeo, alle dipendenze dei governatori dei possedimenti
italiani in quelle aree.
L’Aurora a La Spezia intorno al 1935 (da www.navyworld.narod.ru)
|
1927-1928
Trasformato in
panfilo del capo del governo (cioè Benito Mussolini). I lavori, su progetto del
colonnello del Genio Navale Umberto Pugliese, sono eseguiti nei cantieri del
Muggiano di La Spezia. Per la decorazione degli interni vengono presi in
prestito, a titolo di “deposito esterno temporaneo”, diversi dipinti.
15 aprile 1928
Ribattezzato Aurora.
Primo comandante della
rinnovata unità è il tenente di vascello Luciano Bigi.
Agosto 1928
L’Aurora porta Mussolini ad assistere alle
manovre navali in Alto Tirreno.
2 settembre 1929
L’Aurora trasporta Mussolini, Vittorio
Emanuele III e l’ammiraglio Sirianni, ministro della Marina, ad assistere alle
manovre navali in Alto Tirreno.
La nave a Livorno nel 1936 (g.c. Agenzia Bozzo) |
Agosto 1937
L’Aurora, scortata da un incrociatore e da
sei cacciatorpediniere, trasporta Mussolini che si reca in Sicilia per
assistere ad importanti manovre militari e visitare l’isola per la prima volta
dopo 16 anni.
Agosto 1938
La moglie di
Mussolini, Rachele, ed i figlio Romano ed Anna Maria compiono una crociera in
Adriatico sull’Aurora.
L’Aurora fotografata il 17 agosto 1938 (Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it)
|
1938
Ritrasformato in
cannoniera.
10 giugno 1940
Ingresso dell’Italia
nella seconda guerra mondiale. L’Aurora
è inquadrata nel naviglio ausiliario autonomo, alle dirette dipendenze di
Supermarina.
Giugno 1940
Assegnata alla scuola
telemetristi di Pola, nonché impiegata come nave bersaglio per sommergibili (per
la locale Scuola Sommergibili) ed aerosiluranti (per il Nucleo Addestramento
Aerosiluranti della Regia Aeronautica, con base a Gorizia).
Durante la guerra verrà
riverniciata a Pola, ricevendo uno schema mimetico sperimentale con fasce di
grigio chiaro, grigio scuro, nero e sfumature di verde.
L’Aurora durante la seconda guerra mondiale (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)
|
Armistizio e fine
L’annuncio
dell’armistizio, l’8 settembre 1943, sorprese l’Aurora a Pola, al comando del tenente di vascello Attilio Gamaleri.
La cannoniera salpò dalla base istriana intorno alle 17 del 9 settembre, avendo
ricevuto ordine (dal comandante di Marina Pola, Strazzeri) di raggiungere Sebenico
alla massima velocità, con una sosta a Zara per la notte.
Nel tratto iniziale
della navigazione, l’Aurora seguì la
corazzata Giulio Cesare, anch’essa
salpata da Pola diretta verso sud, ma con destinazione differente.
Giunta a Zara all’una
di notte del 10 settembre, la cannoniera si ormeggiò in banchina e riferì che
si sarebbe dovuta rifornire per partire alle 8.30 del mattino; il comandante
Gamaleri, nel recarsi al locale Comando Marina – erano le otto – apprese però
da un MAS appena arrivato da Sebenico che quest’ultima località era già
precipitata nel caos: si sparava tra soldati italiani e tedeschi, ora divenuti
nemici, e partigiani jugoslavi, nemici di entrambi.
Il generale Umberto
Spigo, comandante del Corpo d’Armata della Dalmazia con sede a Zara (che pochi
giorni dopo avrebbe concordato coi comandi tedeschi la resa senza resistenza
delle truppe italiane in Dalmazia), ordinò che l’Aurora restasse in porto ad attendere ordini, ma il Comando Marina
di Zara seguitò a rifornire la nave, per metterla in grado di salpare quanto
prima.
Alle 16.30 del 10
settembre Gamaleri scese nuovamente a terra per aggiornarsi su quanto stava
accadendo; il capitano di fregata Ferruccio Rossi, comandante della base, gli
spiegò che il generale Spigo aveva già firmato la resa della guarnigione di
Zara, e ribadito l’ordine “preciso e perentorio” che l’Aurora restasse in porto.
Diversi erano gli
ordini di Supermarina: preferendo obbedire a tali direttive, e con l’assenso di
Rossi, Gamaleri deliberò di salpare la notte stessa, col favore delle tenebre,
per raggiungere Ancona.
Sulla banchina
c’erano già alcune mitragliatrici e quattro carri armati pesanti della
Wehrmacht, tutti coi loro cannoni puntati verso l’Aurora. Nondimeno, il comandante Gamaleri radunò l’equipaggio,
spiegò la situazione e la sua decisione, e alle 22 diede ordine di salpare
l’ancora lentamente e silenziosamente, sperando di non essere notato.
Questa speranza andò
in frantumi non appena le eliche della cannoniera cominciarono a girare: da
soli 700 metri di distanza, mitragliatrici e carri tedeschi aprirono un
violento fuoco sulla nave italiana. Mentre dirigeva a tutta forza verso il
passo delle Sette Bocche, alcuni proiettili sparati dalle mitragliatrici
andarono a segno, ma nessuna delle cannonate dei mezzi corazzati; pur con danni
e feriti a bordo, l’Aurora riuscì a
lasciarsi alle spalle la città dalmata, attraversò con attenzione le isole
antistanti e giunse in mare aperto passando a nord dell’Isola Grossa poco prima
di mezzanotte.
Verso le quattro del
mattino dell’11 settembre (per altra fonte, le 3.15), infatti, la cannoniera
stava procedendo oscurata al largo di Ancona, quando la sua rotta s’incrociò
con quella delle motosiluranti tedesche S
54 (tenente di vascello Klaus-Degenhard Schmidt) e S 61 (secondo capo nocchiere Friedel Blömker). Lasciate
sconsideratamente partire da Taranto dall’ammiraglio Bruto Brivonesi, le due
piccole unità avevano già posato un campo minato nella rada della stessa base
pugliese (mine sulle quali sarebbero saltate a breve ben tre navi) ed affondato
il dragamine ausiliario Vulcania, ma
avrebbero seminato ancora molta distruzione prima di raggiungere la loro
destinazione di Venezia.
Ad avvistare la
sagoma scura dell’Aurora, circa 40
gradi a prora dritta e ad un paio di chilometri di distanza, fu una vedetta
dell’S 61. Ai marinai tedeschi, la
nave appariva diretta ad Ancona a moderata velocità, scadendo verso dritta;
Schmidt la ritenne dapprima una corvetta, poi, notandone l’alto fumaiolo, pensò
di trovarsi dinanzi ad un piroscafo mercantile.
La capo sezione, la S 54, accostò a dritta e si avvicinò per
prima all’Aurora, mentre la S 61 si portava sul lato opposto
dell’unità italiana, onde evitare che potesse fuggire verso nord. Dopo qualche
minuto Schmidt impartì all’Aurora,
mediante segnalazioni luminose in codice morse effettuate col proiettore della
sua Schnellboot (tre punti e tre linee, le lettere «SO») l’ordine «Fermatevi
immediatamente»; da parte sua, Gamaleri ordinò avanti tutta.
In mezzo minuto, la
cannoniera accelerò ed accostò di 90° a dritta, assumendo rotta nord e lasciandosi
a poppa l’S 54; ma così facendo, come
previsto da parte tedesca, andò a cacciarsi in bocca all’S 61, cui rivolgeva il fianco sinistro.
Schmidt intanto ordinò
la massima velocità e si allargò a dritta, così da avere l’Aurora sulla sinistra; si portò in posizione giudicata favorevole
al lancio, mise la prua sulla nave italiana ed ordinò il lancio di un siluro
dal tubo di dritta, ma un’avaria (errata apertura di una valvola del circuito
dell’aria compressa per il lancio dei siluri) fece uscire anche il siluro di
sinistra. Entrambe le armi, lanciate da scarsa distanza ma su una rotta “a
raggiungere” (non molto favorevole, a dispetto della valutazione di Schmidt),
mancarono di poco l’Aurora.
Intervenne allora la S 61, che aveva già aperto i “cappelli”
dei propri tubi lanciasiluri: puntò la prua nella giusta direzione e lanciò un
solo siluro (da 533 mm, con carica di 300 kg di tritolo), da qualche centinaio
di metri, con un angolo assai favorevole.
La cannoniera manovrò
rapidamente per evitare l’arma, ma prima che la S 61 dovesse lanciare un secondo siluro, il primo – dopo 20 secondi
dal lancio – centrò l’Aurora in corrispondenza
delle caldaie, facendole scoppiare.
Devastata dalla
conseguente esplosione interna, l’Aurora
si fermò subito, iniziò ad affondare di poppa, sollevando la sua elegante prua
– che fu notata con sorpresa dal capo Blömker della S 61, avvicinatosi a guardare meglio col binocolo – e s’inabissò in
due minuti a circa dieci miglia dalla costa (per altra fonte, nel punto 43°38’ N e 13°32’ E, cioè soltanto ad un chilometro dalla costa).
Ultimi a sparire furono gli alberi, poi rimasero in superficie solo
innumerevoli rottami e pezzi di legno del rivestimento, oltre a decine di
naufraghi, alcuni dei quali privi di salvagente.
Subito le due
Schnellboote si portarono sul posto e recuperarono dal mare i superstiti, in
numero di 62; gli altri 26 membri dell’equipaggio erano affondati con la nave. I
soccorsi durarono fino all’alba; tra i sopravvissuti, ora prigionieri, vi era
anche il comandante Gamaleri, recuperato dalla S 61, al cui comandante riferì brevemente dell’identità della sua
nave.
Assistiti per quanto
possibile con gli scarsi mezzi a disposizione, i naufraghi dell’Aurora furono sistemati parte in coperta
e parte nei locali equipaggio delle due piccole unità: avendo già a bordo
l’equipaggio di una motozattera tedesca (la MFP
478) autoaffondatasi alcune ore prima, le due S-Boote divennero alquanto
sovraffollate.
I 62 naufraghi, trasferiti
poco dopo sulla motonave Leopardi
(catturata dalle due motosiluranti; Gamaleri e il suo secondo rimasero però
ostaggi sulla S 61 fino all’arrivo a
Venezia) dovettero ancora assistere, oltre alla cattura della Leopardi stessa, a quella del piroscafo Pontinia ed all’affondamento del
cacciatorpediniere Quintino Sella da
parte delle due motosiluranti.
Giunti infine a
Venezia, solo i feriti poterono essere immediatamente sbarcati e ricoverati nel
locale ospedale: gli altri, trattenuti come ostaggi fino alla resa della
piazzaforte, rimasero prigionieri sulla Leopardi
– in condizioni assai precarie – fino al 13 settembre, quando vennero sbarcati
e deportati nei campi di prigionia in Polonia e Germania.
Due di loro, i
fuochisti Angelo Storti e Pasquale Schettino, non ne sarebbero più tornati.
I caduti dell’Aurora:
Ferdinando Aiello, marinaio fuochista,
disperso nell’affondamento
Ernesto Alessio, tenente CREM, disperso
nell’affondamento
Nicolò Alino, marinaio, disperso
nell’affondamento
Giovanni Capuzzo, sergente motorista, disperso
nell’affondamento
Carlo Didoni, marinaio cannoniere, disperso
nell’affondamento
Pasquale Donadono, sottocapo elettricista,
disperso nell’affondamento
Saverio Fiore, capo meccanico di seconda
classe, disperso nell’affondamento
Trento Iommi, marinaio, disperso
nell’affondamento
Luigi Leone, sottocapo meccanico, disperso
nell’affondamento
Alessandro Giuseppe Macchio, secondo capo,
disperso nell’affondamento
Cosimo Matulli, sottocapo radiotelegrafista,
disperso nell’affondamento
Giuseppe Montaldo, marinaio fuochista,
disperso nell’affondamento
Francesco Nesca, marinaio carpentiere,
disperso nell’affondamento
Tommaso Nocerino, marinaio, disperso
nell’affondamento
Francesco Palmiotto, marinaio fuochista,
disperso nell’affondamento
Osvaldo Pananti, secondo capo elettricista,
disperso nell’affondamento
Carlo Rampinini, marinaio fuochista, disperso
nell’affondamento
Fermo Sala, marinaio fuochista, disperso
nell’affondamento
Aurelio Scaggiante, marinaio fuochista,
disperso nell’affondamento
Pasquale Schettino, marinaio fuochista,
disperso in prigionia in Germania l’8.6.1944
Armando Sestini, marinaio, disperso
nell’affondamento
Vincenzo Siniscalco, sottocapo nocchiere,
disperso nell’affondamento
Antonio Spicacci, marinaio fuochista, disperso
nell’affondamento
Francesco Stefanelli, capo motorista di terza
classe, disperso nell’affondamento
Angelo Storti, marinaio fuochista, deceduto in
prigionia in Germania il 28.11.1944
Guido Tonelli, marinaio fuochista, disperso
nell’affondamento
Francesco Tricerri, marinaio fuochista,
disperso nell’affondamento
Vito Vavallo, marinaio motorista, disperso
nell’affondamento
Umberto Vercesi, marinaio fuochista, disperso
nell’affondamento
Un’altra foto dell’Aurora con mimetizzazione di guerra (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)
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