L'Assunta De Gregori negli anni Trenta (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)
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Piroscafo da carico
da 4219 tsl, 2633 tsn e 8300 tpl, lungo 121,9 metri, largo 16,2 e pescante 7,25
metri, con velocità 9 o 10 nodi. Appartenente agli armatori De Gregori e
Schiaffino di Genova, matricola 1869 al Compartimento Marittimo di Genova,
nominativo di chiamata internazionale ICKB.
Breve e parziale cronologia.
28 novembre 1913
Varato nei cantieri Northumberland Shipbuilding Company Ltd. di Hondon on
Tyne/Newcastle come Tirreno (numero di cantiere 213).
Febbraio 1914
Completato come Tirreno per la Società Anonima Navigazione a Vapore,
con sede a Lussinpiccolo (bandiera austroungarica). Stazza lorda e netta originarie
4285 tsl e 2633 tsn.
1919
A seguito della prima guerra mondiale e dell'annessione di Lussino
all'Italia, il Tirreno assume bandiera italiana, mantenendo invariati
nome ed armatore.
30 febbraio 1929
Giungendo a Hull proveniente da Rosario (da dov’è partito il 22 febbraio),
il Tirreno vi porta alcuni ratti ammalati di peste: cinque di essi
vengono trovati morti tra i sacchi di grano durante lo scarico. Si procede alla
disinfezione con acido cianidrico. In aprile si scoprirà che i ratti ammalati
ne hanno contagiati altri nella popolazione locale; il contagio non si
estenderà però alle persone.
1933
Acquistato dalla Società Anonima di Navigazione «Assunta De Gregori»
(Società di Navigazione De Gregori & Schiaffino), con sede a Genova, e
ribattezzato Assunta De Gregori.
10 giugno 1940
L'Italia entra nella seconda guerra mondiale. L'Assunta De Gregori
non verrà mai requisito dalla Regia Marina, tanto meno iscritto nel ruolo del
naviglio ausiliario dello Stato.
1° giugno 1941
Alle 10.12 l'Assunta De Gregori viene avvistato in posizione 39°11' N
e 09°43' E, al largo di Capo Ferrato, dal sommergibile britannico Clyde
(capitano di fregata David Caldicott Ingram). Il sommergibile accosta per
avvicinarsi, ed alle 10.49 lancia tre siluri da 4100 metri di distanza, dopo di
che vira verso nord per allontanarsi, essendoci un aereo in pattugliamento
nelle vicinanze. Il velivolo, un idrovolante CANT Z. 501 della 188a Squadriglia
pilotato dal tenente Gino Visentini Scarzanella e con a bordo il sottotenente
di vascello Federico D'Andrea come osservatore, è decollato in seguito all’affondamento
del piroscafo San Marco, affondato poche ore prima proprio dal Clyde;
avvistate le scie dei siluri, attacca il sommergibile sganciando due bombe di
profondità, che non colpiscono. L'Assunta De Gregori sfugge indenne all’attacco.
4 febbraio 1942
L'ufficiale di macchina Giuseppe Lipotti, da Trieste, cade in mare dalla tolda dell'Assunta De Gregori e non viene più trovato.
2-3 marzo 1942
L'Assunta De Gregori si trova ormeggiato a Palermo quando il porto e
la città vengono sottoposti ad un pesante bombardamento aereo britannico,
iniziato alle 22.29 del 2 marzo e terminato alle 4.45 del 3 marzo. Tra le navi
ormeggiate in porto vi sono i cacciatorpediniere Freccia, Folgore, Saetta, Strale, Ugolino Vivaldi, Lanzerotto Malocello, Aviere e Camicia
Nera, le torpediniere Partenope e
Giuseppe Cesare Abba e numerose navi
mercantili, tra cui la motonave tedesca Cuma, il cui carico comprende 480 tonnellate di benzina nonché
carri armati, bombe d’aereo, fusti di benzina, parti di ricambio, automezzi e
munizioni.
Questo bombardamento, il più violento tra quelli subiti da Palermo tra la
fine del 1941 e gli inizi del 1943 (quando l'arrivo dell'USAAF segnerà l’inizio
di un crescendo di morte e distruzione senza precedenti), è stato deciso dai
britannici dopo che un volo di ricognizione condotto il 2 marzo dal capitano
Adrian Warburton – uno dei più celebri piloti della RAF di base a Malta – ha
rilevato la presenza in porto di alcune grosse navi mercantili cariche,
presumibilmente, di rifornimenti diretti in Nordafrica. Warburton, che ha
compiuto il suo volo tra le 13 e le 13.45 a bordo di un Bristol Beaufighter del
22nd Squadron del Coastal Command della RAF (in precedenza, il
mattino 1° marzo, già un altro Beaufighter aveva compiuto un primo volo di
ricognizione su Palermo, senza incontrare opposizione; Warburton è invece stato
bersagliato per alcuni minuti dalla contraerea, ma non ha subito danni ed è
riuscito anche a sfuggire al caccia mandato ad intercettarlo), ha scattato
varie foto del porto e delle navi presenti, e dopo averle esaminate i Comandi
di Malta hanno pianificato una missione di entità considerevole in rapporto
alle magre forze aeree stanziate a Malta in quel periodo (l’isola si trova
infatti sotto pesantissimo martellamento da parte dei bombardieri dell’Asse,
che ne riducono fortemente le capacità offensive). Per attaccare Palermo sono decollati
dalla base maltese di Luqa 16 bimotori Vickers Wellington del 37th
Squadron della Royal Air Force, i quali, privi di scorta di caccia, conducono
l'attacco in due ondate, da una quota di 3000 metri, provenendo dal mare.
L'allarme aereo viene dato alle 21 (secondo altra fonte, invece, alle
22.30); al rumore degli aerei in avvicinamento segue l’apertura di un fitto
fuoco di sbarramento da parte delle mitragliere poste a difesa del porto, che
faranno fuoco senza interruzione fino alla fine dell’incursione. Entrano in
funzione anche gli apparati nebbiogeni, che avvolgono il porto in una fitta
cortina di nebbia artificiale per impedire agli aerei di individuare i
bersagli.
La prima ondata, di dieci aerei, arriva su Palermo alle 22.35 del 2 marzo
(secondo altra fonte, poco prima di mezzanotte) e sgancia 26 bombe sull’area
portuale, per un totale di 27 tonnellate di esplosivo: i bombardieri attaccano
singolarmente od in coppia, ad intervalli di una decina di minuti l'uno
dall'altro, sorvolando il porto da nord verso sud. A dispetto dell'attivazione
degli apparati nebbiogeni, i Wellington, al terzo passaggio, colpiscono a poppa
la Cuma, ancorata alla testata del
Molo Nord: la nave prende fuoco, illuminando il porto con i bagliori del suo
incendio. Dopo aver colpito il porto, i dieci Wellington lanciano un’altra
sessantina tra bombe dirompenti e spezzoni incendiari sulla città.
Gli incendi scatenati dalle ondate precedenti, e specialmente quello che
divampa sulla Cuma, permettono ora ai
bombardieri di individuare gli obiettivi con maggiore facilità, a dispetto
della nebbia artificiale; come se non bastasse, sulla Cuma stanno iniziando a scoppiare anche munizioni di maggiore
potenza, e si teme che l’intero, pericolosissimo carico della motonave tedesca
possa saltare in aria con conseguenze disastrose per il porto e le navi
ormeggiate nei pressi. La motonave Gino
Allegri, che è la più vicina ed è anch’essa carica di munizioni, molla gli
ormeggi e manovra per allontanarsi.
La prima ondata termina il suo attacco alle due di notte del 3 marzo, e già
alle 2.14 arriva la seconda, composta da sei Wellington, che sganciano un'altra
cinquantina di bombe. Alle quattro del mattino viene centrato ed affondato il
piroscafo Le Tre Marie. Nonostante il violento e continuo tiro
da parte sia della contraerea di terra che delle armi contraeree delle navi da
guerra presenti in porto, nessuno dei Wellington viene abbattuto; ed a dispetto
della vicinanza della base aerea di Boccadifalco, nessun caccia italiano o
tedesco decolla per tentare il contrattacco.
Il bombardamento ha termine alle 5.50, ma con esso non cessa il pericolo:
sulla Cuma le fiamme divampano
incontrollabili, minacciando di causare l’esplosione del carico. La catastrofe
tanto temuta si verifica infine alle 7.25: mentre è in corso il salvataggio dei
marinai gettatisi nelle acque del porto e lo spostamento dell'Allegri, ormeggiata pericolosamente
vicino alla Cuma, la nave tedesca
erompe in una colossale esplosione, danneggiando le altre navi ormeggiate nei
suoi pressi e lanciando rottami metallici di ogni dimensione – alcuni grandi
anche diversi metri quadrati – a distanza anche di due chilometri, fino al Foro
Italico ed a Piazza Politeama. Un'enorme onda di fuoco, alimentata dal
carburante sparsosi sulla superficie del mare, avanza minacciosamente verso le
altre navi ormeggiate e verso la città; è l'improvviso cambio di direzione del
vento a salvare le altre navi e Palermo stessa da maggiori distruzioni. Per il
porto ed il centro abitato, l'esplosione della Cuma è risultata più distruttiva che non il bombardamento stesso.
Le vittime, tra civili e militari, sono diverse decine, soprattutto tra gli
equipaggi delle navi presenti nel porto: l'Assunta De Gregori, colpito
da schegge, lamenta due morti (i marinai Vito Altomare, da Molfetta, e Matteo Comin, da Pola) e dieci feriti tra l'equipaggio. Vi sono inoltre
36 tra morti e dispersi a bordo della Gino Allegri, 19 morti e 10 feriti sulla torpediniera Partenope (colpita da bombe mentre è in
bacino di carenaggio), un morto e cinque feriti sul cacciatorpediniere Freccia (sforacchiato da innumerevoli
schegge), alcuni feriti sul cacciatorpediniere Folgore (che subisce danni da schegge alle sovrastrutture) e sulla
nave officina Antonio Pacinotti
(anch'essa lievemente danneggiata da schegge), oltre ad un imprecisato numero
di vittime tra l'equipaggio della Cuma.
In totale i feriti tra i militari sono 127; tra la popolazione civile
palermitana, le vittime sono 6 ed i feriti 108.
Le navi affondate sono quattro, tutte tra quelle che erano ormeggiate alla
testata del Molo Nord: la Cuma
(completamente distrutta, ovviamente), i piroscafi Securitas e Le Tre Marie
(entrambi successivamente recuperati e riparati) e la piccola nave cisterna Tricolore (anch'essa poi recuperata),
oltre alla bettolina militare G.R. 42.
Oltre alle navi citate più sopra, subiscono danni i piroscafi tedeschi Salvador e Ruhr, il cacciatorpediniere Strale,
la torpediniera Giuseppe Cesare Abba e la cisterna militare Marte,
che tuttavia non lamentano perdite tra gli equipaggi, ed altre 28 imbarcazioni
di ogni tipo e dimensioni.
A terra, Villa Lampedusa, l'Opera Pia Collegio di Maria Immacolata al
Borgo, lo scalo d'alaggio Sicari, uno stabilimento per la lavorazione del
sommacco e numerose abitazioni (nelle vie XX Settembre, Siracusa, Trapani,
dello Speziale, Collegio, Ruffino, Vicolo della Cera, E. Amari, La Marmora,
Vicolo Fiammetta al Borgo) sono danneggiate o distrutte dalle bombe; ben 85
edifici lamentano danni di varia entità per effetto dell'esplosione della Cuma (tra gli altri, un edificio viene
gravemente danneggiato da una lamiera del peso di 400 kg), che ha inoltre
scardinato migliaia di infissi in tutta la città e provocato alcune vittime
anche a terra. I Vigili del Fuoco eseguiranno ben 147 interventi.
16 marzo 1942
Dopo aver caricato 7000 tonnellate di carbone, l'Assunta De Gregori salpa
da Palermo per Tripoli alle 2.30, scortato dal cacciatorpediniere Premuda
(caposcorta, capitano di fregata Mario Bartalesi) con il rinforzo, dopo Trapani,
della torpediniera Castore. Il convoglio imbocca la rotta del Canale di
Sicilia. Il tutto avviene nell'ambito della più vasta operazione di traffico
«Sirio».
19 marzo 1942
Giunge a Tripoli alle 7.30.
8 aprile 1942
Lascia Tripoli alle otto, diretto a Sfax con la scorta della vecchia
torpediniera Generale Marcello Prestinari.
9 aprile 1942
Arriva a Sfax alle 7.30. Qui inizia a caricare fosfati per l'industria italiana; le operazioni di caricamento procedono a rilento, causa la scarsa collaborazione delle locali autorità portuali francesi.
L'affondamento
L'imbarco del carico
di fosfati nel porto di Sfax richiese ben dieci giorni: giunto nel porto
tunisino il 9 aprile, l'Assunta De
Gregori ne poté ripartire solo alle dieci del mattino del 19, diretto a
Napoli al comando del capitano di lungo corso Francesco Schiaffino. La scorta era costituita dalla torpediniera Castore (capitano di corvetta Gaspare Tezel), inviata da Tripoli - da dov'era salpata all'alba di quello stesso giorno per raggiungere il
mercantile in uscita da Sfax -, oltre che da due aerei; la Castore procedeva in testa, seguita dall'Assunta De Gregori.
Il viaggio del
piroscafo s'interruppe però solo poche ore dopo la partenza: alle 15.50 dello
stesso 19 aprile, infatti, il sommergibile britannico P 35 (poi divenuto Umbra;
lo comandava il tenente di vascello Stephen Lynch Conway Maydon) avvistò l'Assunta De Gregori che si avvicinava da
sud, e virò in modo da intercettarlo. Alle 15.57 il battello britannico avvistò
anche la Castore e due aerei di
scorta, e stimò correttamente la stazza del mercantile in 4000-5000 tsl; iniziò
la manovra di attacco, ed alle 16.43 lanciò due siluri da un migliaio di metri,
contro l'Assunta De Gregori.
Benché la Castore fosse munita di ecogoniometro e
si trovasse a proravia del piroscafo, non rilevò il sommergibile avversario, e
non avvistò nemmeno le scie dei siluri: sulla torpediniera ci si rese conto di
quanto stava accadendo solo quando l'Assunta
De Gregori venne centrato da entrambi i siluri e si spezzò in due.
Il troncone poppiero
affondò subito, in posizione verticale; pochi minuti dopo lo seguì quello
prodiero. La posizione registrata era 34°55' N e 11°42' E secondo la Castore, 35°23' N e 11°23' E secondo il P 35; al largo della boa numero 1 delle Kerkennah, una
ventina di miglia ad est-sud-est di Mahdia.
La Castore, dopo aver lanciato due bombe di
profondità a scopo intimidatorio, trasse in salvo i 35 sopravvissuti, ma altri
18 uomini risultarono dispersi, secondo il volume USMM "La difesa del traffico con l'Africa Settentrionale dal 1° ottobre 1941 al 30 settembre 1942". Un documento della Regia Capitaneria di Porto di Palermo datato 21 aprile 1942, che cita le dichiarazioni del direttore di macchina e del nostromo dell'Assunta De Gregori, Antonio Niederbaker e Carlo Stagnaro, traccia invece un bilancio più pesante: nell'affondamento sarebbero morti 17 membri dell'equipaggio civile, tra cui il comandante Schiaffino, due dei nove militari della Regia Marina addetti all'armamento difensivo e sette od otto militari del Regio Esercito su un totale di 21 o 22 presenti a bordo (tra cui un sottotenente d'artiglieria, unico ufficiale; in 14 si erano salvati). Le vittime sarebbero dunque state, in tutto, 26 o 27.
Trascrizione del verbale di scomparizione in mare
dei marittimi dell'Assunta De Gregori nei registri degli atti di morte del
Comune di Palermo (g.c. Michele Strazzeri)
I comandi della
Marina italiana attribuirono la perdita della nave all’eccessiva lunghezza
della sua sosta nel porto di Sfax, che – si riteneva – aveva dato ad eventuali
informatori nemici, presenti in quel sorgitore, il tempo di raccogliere e trasmettere
informazioni sulla sua presenza e circa la sua futura partenza; già in passato Supermarina aveva fatto presente al Comando Supremo la pericolosità di Sfax sotto questo aspetto, ma non potendo
rinunciare a quel porto, indispensabile per i carichi di fosfati, si decise quanto
meno di abbreviare la durata delle soste in porto dei mercantili e di fare in
modo che il loro arrivo a Sfax giungesse senza preavviso, oltre a stabilire che
le navi destinate a scortarli fossero sempre munite di ecogoniometro (gli
affondamenti erano infatti stati sempre causati da sommergibili: l'ecogoniometro della Castore, d'altra parte, non era servito a salvare l'Assunta De Gregori).
In realtà,
l'affondamento dell'Assunta De Gregori
non fu dovuto all’operato di spie infiltrate a Sfax quanto piuttosto a quello
dei decrittatori di “ULTRA”. Sin dal 16 aprile, questi ultimi avevano potuto
ricavare la notizia che il piroscafo sarebbe partito da Sfax per Napoli alle
cinque del 18, scortato da una torpediniera proveniente da Tripoli. Dopo aver ribadito
tale informazione il 17, il 18 “ULTRA” si corresse, posticipando la data di
partenza di un giorno ma confermando l’orario ed i porti di partenza e di
arrivo, oltre a precisare il carico (fosfati) ed il nome della torpediniera
assegnata alla scorta (Castore).
L’ultimo dispaccio di “ULTRA”, inviato il 19 aprile, aveva confermato quanto
detto il giorno precedente; poi era toccato al P 35, avvisato di attendere l'arrivo di una nave diretta verso nord.
L'affondamento dell'Assunta De Gregori nel giornale di bordo del P 35 (da
Uboat.net):
"1550 hours - Sighted a merchant ship approaching
from the Southward. Altered course to intercept.
1557 hours - Sighted a Spica class torpedo boat escorting the merchant
vessel of about 4000 to 5000 tons. Also two aircraft were patrolling the area.
Started attack.
1643 hours - In position 35°23'N, 11°23'E fired two torpedoes at the
merchant vessel from 1100 yards. Both torpedoes hit the target. The torpedo
boat dropped only 2 depth charges which caused no damage to P 35.
1730 hours - Returned to periscope depth. Saw the torpedo boat laying
stopped to pick up the survivors of the merchant ship".
Il piroscafo quando portava il nome di Tirreno (da www.marina-mercantile-italiana.net)
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