mercoledì 10 gennaio 2018

B 541 Nuovo Ardizio

L’equipaggio del Nuovo Ardizio in posa accanto ad una mina appena dragata: in basso a destra, in canottiera nera, Balilla Mattani; in piedi, da destra a sinistra, Gualtiero Mordini, il comandante Salvatore Magnani (con il berretto), Tito Gori, Giuseppe Lazzari e (probabilmente) Mario Vannoni (da www.ilnuovo.rn.it)

Il Nuovo Ardizio, matricola 608 del Compartimento Marittimo di Rimini, era un piccolo motoveliero da pesca di appena 23,50 tsl, lungo 15,35 metri e largo 4,42, con un pescaggio di 1,28 metri: un peschereccio come tantissimi altri, che conducevano la loro umile e laboriosa esistenza nel mare Adriatico. Era stato costruito nel cantiere di Cattolica del maestro d’ascia Giuseppe Ubalducci, venendo varato il 6 aprile 1921 per Alessandro Silvagni e Rosa Pritelli, che in epoca successiva lo vendettero a Luigi Giorgetti ed ai fratelli Salvatore, Fernando e Oreste Magnani di Bellaria, frazione di Rimini. Armatore principale del Nuovo Ardizio era Salvatore Magnani, 35 anni, di Bellaria, che ne era anche il comandante. Alle sue dipendenze lavoravano sul Nuovo Ardizio altri cinque pescatori, tutti, come lui, provenienti da località della riviera romagnola: il più giovane aveva 29 anni, il più anziano 40.
Per diciannove anni, l’esistenza del Nuovo Ardizio si svolse silenziosamente, senza clamori. Anche dopo l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, gli uomini del Nuovo Ardizio continuarono a svolgere, come sempre, il duro mestiere del pescatore, ora gravato anche dai pericoli del conflitto che infiammava il mondo: guerra o non guerra, bisognava comunque guadagnarsi da vivere.
La pacifica esistenza del Nuovo Ardizio e dei suoi marinai conobbe un brusco mutamento il 5 dicembre 1940, sei mesi dopo l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, quando il piccolo peschereccio venne requisito a Cesenatico dalla Regia Marina: le esigenze della guerra si imponevano; gli uomini del Nuovo Ardizio non avrebbero più pescato pesce, ma mine.
La navicella, ora divenuta un dragamine, venne iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato con la sigla B 541: la sua era una sorte comune a tanti altri pescherecci duranti quel conflitto, trasformati in navi militari per ovviare alle necessità della Marina. La sigla "B" designava le unità destinate al dragaggio ravvicinato: tra i 983 dragamine ausiliari che prestarono servizio per la Regia Marina durante il conflitto, i 620 che ricevettero la caratteristica "B" erano in assoluto i più piccoli; minuscole navicelle di poche decine di tsl, poco più che barche, in massima parte pescherecci convertiti come il Nuovo Ardizio.

Insieme alla nave, anche l’equipaggio venne militarizzato: i sei pescatori divennero così militari della Regia Marina. A Salvatore Magnani, in qualità di comandante, venne conferito il grado di secondo capo nocchiere, mentre Mario Vannoni diventò secondo capo meccanico, Tito Gori sottocapo motorista e gli altri tre (Giuseppe Lazzari, Balilla Mattani e Gualtiero Mordini) furono militarizzati come marinai semplici. Probabilmente il Nuovo Ardizio venne anche armato con una mitragliera, per difendersi da eventuali attacchi aerei, e come servente per quest’arma venne imbarcato anche un settimo componente dell’equipaggio, il più giovane di tutti: Guido Vanzan, veneto, marinaio cannoniere. A dire il vero "completava" l’equipaggio anche un ottavo "elemento": un cane.

Come anonima e silenziosa era l’attività del Nuovo Ardizio come peschereccio, così lo fu anche come dragamine: per più di due anni il minuscolo naviglio svolse il suo monotono e pericoloso compito senza clamore, come i moltissimi altri dragamine ausiliari che cercavano di tener libere dalle mine le coste italiane.
Così andò fino al 10 febbraio 1943. Quel giorno, nonostante le condizioni meteorologiche proibitive, il Nuovo Ardizio salpò da Taranto alla volta di Crotone, ma qui non arrivò mai. Dopo aver sostato a Trebisacce durante la notte successiva alla partenza, il piccolo dragamine proseguì verso la sua destinazione, ma non diede mai più notizie di sé: venne inghiottito dallo Ionio con tutto il suo equipaggio di sette uomini.
La Marina lo considerò perduto l’11 febbraio 1943, per sinistro marittimo. Mario Vannoni avrebbe compiuto proprio quel giorno il suo trentunesimo compleanno, Salvatore Magnani ne avrebbe compiuti 36 sedici giorni dopo. Dei sette componenti del suo equipaggio, il mare restituì solo il corpo di Gualtiero Mordini, che venne ritrovato il 3 marzo 1943 sulla costa di Strangoli. Gli altri furono dichiarati dispersi in mare.
Forse il Nuovo Ardizio naufragò a causa del maltempo, forse urtò proprio una mina, al largo di Cirò. La mancanza di sopravvissuti impedisce di sapere come si svolsero esattamente le cose.
Per le mogli e i figli dei pescatori rimasero soltanto il dolore della scomparsa dei cari, e la perdita, in molti casi, del loro unico supporto economico. Non ci furono riconoscimenti o indennizzi. La loro storia fu la stessa di tantissimi altri marittimi e pescatori, inghiottiti dalla guerra con le loro navi senza neanche che qualcuno se ne accorgesse, all’infuori dei parenti. Salvatore Magnani, il comandante-armatore del Nuovo Ardizio, lasciava due figli e la moglie incinta. Il fratello Fernando si recò a Cirò per cercare di sapere di più su quanto era successo, ma senza risultato. In seguito, il motore del Nuovo Ardizio venne individuato da dei subacquei sui fondali al largo di Cirò, recuperato e riportato a Bellaria.

Ernestina Magnani, figlia di Salvatore, si è lungamente battuta per ottenere che i sette scomparsi del Nuovo Ardizio avessero almeno qualcosa che ne ricordasse la memoria: il 27 maggio del 2017, infine, questo desiderio è stato coronato dall’inaugurazione, a Bellaria-Igea Marina (paese di origine di Salvatore Magnani e di altri due degli uomini affondati con il Nuovo Ardizio), di una targa che ricorda la tragedia, alla presenza di numerosi familiari e discendenti delle vittime.

L’equipaggio del Nuovo Ardizio, scomparso al completo:

Tito Gori, sottocapo motorista, 40 anni, da Bellaria (Rimini)
Giuseppe Lazzari, marinaio, 29 anni, da Cattolica (Rimini)
Salvatore Magnani, secondo capo nocchiere (comandante), 35 anni, da Bellaria (Rimini)
Balilla Mattani, marinaio, 31 anni, da Cesenatico (Forlì-Cesena)
Gualtiero Mordini, marinaio, 34 anni, da Bellaria (Rimini)
Mario Vannoni, secondo capo meccanico, 30 anni, da San Giovanni in Marignano (Rimini)
Guido Vanzan, marinaio cannoniere, 20 anni, da Mira (Venezia)



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