L’equipaggio del Nuovo Ardizio in posa accanto ad una mina appena dragata: in basso a destra, in canottiera nera, Balilla Mattani; in piedi, da destra a sinistra, Gualtiero Mordini, il comandante Salvatore Magnani (con il berretto), Tito Gori, Giuseppe Lazzari e (probabilmente) Mario Vannoni (da www.ilnuovo.rn.it) |
Il Nuovo Ardizio, matricola 608 del
Compartimento Marittimo di Rimini, era un piccolo motoveliero da pesca di
appena 23,50 tsl, lungo 15,35 metri e largo 4,42, con un pescaggio di 1,28
metri: un peschereccio come tantissimi altri, che conducevano la loro umile e
laboriosa esistenza nel mare Adriatico. Era stato costruito nel cantiere di
Cattolica del maestro d’ascia Giuseppe Ubalducci, venendo varato il 6 aprile
1921 per Alessandro Silvagni e Rosa Pritelli, che in epoca successiva lo
vendettero a Luigi Giorgetti ed ai fratelli Salvatore, Fernando e Oreste
Magnani di Bellaria, frazione di Rimini. Armatore principale del Nuovo Ardizio era Salvatore Magnani, 35
anni, di Bellaria, che ne era anche il comandante. Alle sue dipendenze lavoravano
sul Nuovo Ardizio altri cinque
pescatori, tutti, come lui, provenienti da località della riviera romagnola: il
più giovane aveva 29 anni, il più anziano 40.
Per diciannove anni,
l’esistenza del Nuovo Ardizio si
svolse silenziosamente, senza clamori. Anche dopo l’entrata dell’Italia nella
seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, gli uomini del Nuovo Ardizio continuarono a svolgere, come sempre, il duro
mestiere del pescatore, ora gravato anche dai pericoli del conflitto che
infiammava il mondo: guerra o non guerra, bisognava comunque guadagnarsi da
vivere.
La pacifica esistenza
del Nuovo Ardizio e dei suoi marinai
conobbe un brusco mutamento il 5 dicembre 1940, sei mesi dopo l’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, quando il piccolo peschereccio venne
requisito a Cesenatico dalla Regia Marina: le esigenze della guerra si
imponevano; gli uomini del Nuovo Ardizio
non avrebbero più pescato pesce, ma mine.
La navicella, ora
divenuta un dragamine, venne iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello
Stato con la sigla B 541: la sua era
una sorte comune a tanti altri pescherecci duranti quel conflitto, trasformati
in navi militari per ovviare alle necessità della Marina. La sigla
"B" designava le unità destinate al dragaggio ravvicinato: tra i 983
dragamine ausiliari che prestarono servizio per la Regia Marina durante il
conflitto, i 620 che ricevettero la caratteristica "B" erano in
assoluto i più piccoli; minuscole navicelle di poche decine di tsl, poco più
che barche, in massima parte pescherecci convertiti come il Nuovo Ardizio.
Insieme alla nave,
anche l’equipaggio venne militarizzato: i sei pescatori divennero così militari
della Regia Marina. A Salvatore Magnani, in qualità di comandante, venne
conferito il grado di secondo capo nocchiere, mentre Mario Vannoni diventò
secondo capo meccanico, Tito Gori sottocapo motorista e gli altri tre (Giuseppe
Lazzari, Balilla Mattani e Gualtiero Mordini) furono militarizzati come marinai
semplici. Probabilmente il Nuovo Ardizio
venne anche armato con una mitragliera, per difendersi da eventuali attacchi
aerei, e come servente per quest’arma venne imbarcato anche un settimo
componente dell’equipaggio, il più giovane di tutti: Guido Vanzan, veneto,
marinaio cannoniere. A dire il vero "completava" l’equipaggio anche
un ottavo "elemento": un cane.
Come anonima e
silenziosa era l’attività del Nuovo
Ardizio come peschereccio, così lo fu anche come dragamine: per più di due
anni il minuscolo naviglio svolse il suo monotono e pericoloso compito senza
clamore, come i moltissimi altri dragamine ausiliari che cercavano di tener
libere dalle mine le coste italiane.
Così andò fino al 10
febbraio 1943. Quel giorno, nonostante le condizioni meteorologiche proibitive,
il Nuovo Ardizio salpò da Taranto
alla volta di Crotone, ma qui non arrivò mai. Dopo aver sostato a Trebisacce
durante la notte successiva alla partenza, il piccolo dragamine proseguì verso
la sua destinazione, ma non diede mai più notizie di sé: venne inghiottito dallo
Ionio con tutto il suo equipaggio di sette uomini.
La Marina lo
considerò perduto l’11 febbraio 1943, per sinistro marittimo. Mario Vannoni
avrebbe compiuto proprio quel giorno il suo trentunesimo compleanno, Salvatore
Magnani ne avrebbe compiuti 36 sedici giorni dopo. Dei sette componenti del suo
equipaggio, il mare restituì solo il corpo di Gualtiero Mordini, che venne
ritrovato il 3 marzo 1943 sulla costa di Strangoli. Gli altri furono dichiarati
dispersi in mare.
Forse il Nuovo Ardizio naufragò a causa del
maltempo, forse urtò proprio una mina, al largo di Cirò. La mancanza di
sopravvissuti impedisce di sapere come si svolsero esattamente le cose.
Per le mogli e i
figli dei pescatori rimasero soltanto il dolore della scomparsa dei cari, e la
perdita, in molti casi, del loro unico supporto economico. Non ci furono
riconoscimenti o indennizzi. La loro storia fu la stessa di tantissimi altri
marittimi e pescatori, inghiottiti dalla guerra con le loro navi senza neanche che
qualcuno se ne accorgesse, all’infuori dei parenti. Salvatore Magnani, il
comandante-armatore del Nuovo Ardizio,
lasciava due figli e la moglie incinta. Il fratello Fernando si recò a Cirò per
cercare di sapere di più su quanto era successo, ma senza risultato. In
seguito, il motore del Nuovo Ardizio
venne individuato da dei subacquei sui fondali al largo di Cirò, recuperato e
riportato a Bellaria.
Ernestina Magnani,
figlia di Salvatore, si è lungamente battuta per ottenere che i sette scomparsi
del Nuovo Ardizio avessero almeno
qualcosa che ne ricordasse la memoria: il 27 maggio del 2017, infine, questo
desiderio è stato coronato dall’inaugurazione, a Bellaria-Igea Marina (paese di
origine di Salvatore Magnani e di altri due degli uomini affondati con il Nuovo Ardizio), di una targa che ricorda
la tragedia, alla presenza di numerosi familiari e discendenti delle vittime.
L’equipaggio del Nuovo Ardizio, scomparso al completo:
Tito Gori, sottocapo motorista, 40 anni, da
Bellaria (Rimini)
Giuseppe Lazzari, marinaio, 29 anni, da
Cattolica (Rimini)
Salvatore Magnani, secondo capo nocchiere
(comandante), 35 anni, da Bellaria (Rimini)
Balilla Mattani, marinaio, 31 anni, da
Cesenatico (Forlì-Cesena)
Gualtiero Mordini, marinaio, 34 anni, da
Bellaria (Rimini)
Mario Vannoni, secondo capo meccanico, 30
anni, da San Giovanni in Marignano (Rimini)
Guido Vanzan, marinaio cannoniere, 20 anni, da
Mira (Venezia)
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