Cacciatorpediniere,
già esploratore, della classe Navigatori (dislocamento standard 2125
tonnellate, 2760 in carico normale, 2880 a pieno carico).
Durante il secondo
conflitto mondiale effettuò complessivamente 213 missioni di guerra (79 di
scorta convogli, 27 di trasporto, 22 di posa di mine, 5 di ricerca del nemico,
5 di caccia antisommergibili, 40 di trasferimento, 25 per esercitazione e 10 di
altro tipo), percorrendo 71.618 miglia nautiche e trascorrendo quasi 4800 ore
in mare; fu una delle unità più attive della classe Navigatori, superata solo
dall’Antonio Pigafetta.
Breve e parziale cronologia.
25 luglio 1927
Impostazione nei
Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso (numero di costruzione 104).
21 maggio 1929
Varo nei Cantieri del
Tirreno di Riva Trigoso.
Durante le prove in
mare, nel tratto Punta Chiappa-Scoglio Ferale, il Da Noli raggiunge una velocità di 39,17 nodi. Si tratta comunque di
una velocità raggiunta in condizioni irrealistiche, con la nave incompleta e
molto più leggera che in normali condizioni operative.
Una
sequenza di immagini del varo del Da Noli:
(g.c. Nedo B. Gonzales via www.naviearmatori.net) |
(da E. Bo, “Riva Trigoso: il cantiere e la sua storia”, via Franco Lena e www.naviearmatori.net) |
(da www.forummarine.forumactif.com) |
(g.c. Nedo B. Gonzales via www.naviearmatori.net) |
(g.c. Nedo B. Gonzales via www.naviearmatori.net) |
(g.c. Nedo B. Gonzales via www.naviearmatori.net) |
29 dicembre 1929
Entrata in servizio,
come esploratore leggero. La sua costruzione è costata 20.750.000 lire.
Nei primi tre anni di
servizio il Da Noli funge da nave di
bandiera del capitano di vascello Riccardo Paladini, comandante del Gruppo
Esploratori (composto da Da Noli e
gemelli).
Il Da Noli prima di entrare in servizio nel dicembre 1929 (g.c. Stefano Cioglia via Marcello Risolo) |
9 giugno-24 settembre 1930
Sottoposto ad un
periodo di lavori di modifica, dopo le prime esperienze, presso i cantieri di
Riva Trigoso. Per migliorare la stabilità, le sovrastrutture vengono abbassate
di un livello ed alleggerite, i fumaioli vengono anch’essi leggermente
abbassati e vengono eliminati alcuni serbatoi laterali per il carburante,
utilizzando al loro posto i doppi fondi (così riducendo la riserva di nafta da
630 tonnellate a 533 tonnellate). Gli impanti lanciasiluri trinati (ciascuno
composto da un tubo lanciasiluri centrale da 450 mm e due laterali da 533 mm)
vengono sostituiti, per lo stesso motivo, con impianti binati da 533 mm.
Pur migliorando la
stabilità, questi provvedimenti non risolvono del tutto i problemi di tenuta
del mare dei “Navigatori”.
L’armamento
contraereo viene contestualmente potenziato con l’imbarco di due mitragliere
binate da 13,2/76 mm.
1930
Il Da Noli viene visitato da una
delegazione della Marina sovietica, in visita in Italia (la Marina sovietica è
infatti interessata ai “prodotti” della cantieristica navale italiana).
Il Da Noli a Venezia negli anni Trenta
(foto F. Baschetti via Wikipedia; g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net)
Dicembre 1930-Marzo 1931
Il Da Noli è tra le unità adibite ad
appoggiare la crociera aerea transatlantica dall’Italia al Brasile di Italo
Balbo. Le navi, che compongono la Divisione Esploratori al comando
dell’ammiraglio di divisione Umberto Bucci (con insegna sul Da Recco), sono tutte unità della classe
Navigatori: Da Noli, Leone Pancaldo e Lanzerotto Malocello formano il II
Gruppo (del quale è capogruppo proprio il Da
Noli) dislocato a Pernambuco, per l’assistenza nella zona americana
dell’Atlantico, mentre Nicoloso Da Recco, Luca Tarigo ed Ugolino Vivaldi costituiscono il I
Gruppo (dislocati alle Canarie ed assegnati all’Atlantico centrale) ed Emanuele Pessagno ed Antoniotto Usodimare formano il III
Gruppo (di competenza della parte africana dell’Atlantico).
Gli esploratori
salpano da La Spezia scaglionati per raggiungere le rispettive posizioni
assegnate, ed attendervi il passaggio degli idrovolanti; il II Gruppo parte il
30 novembre 1930, gli altri due il 1° dicembre 1930, seguendo itinerari
differenti.
Il Da Noli ed il resto del II Gruppo
giungono ad Orano il 3 dicembre, poi fanno scalo a Ceuta il 6 dicembre, a
Casablanca l’8, a Dakar l’11 per poi attraversare l’Atlantico e raggiungere
Pernambuco, in Brasile, il 20 dicembre. Da qui i tre cacciatorpediniere si
separano e raggiungono le posizioni assegnate per la scorta; il Da Noli, in particolare, lascia
Pernambuco il 3 gennaio 1931 e giunge l’indomani a Fernando de Noronha, dove si
ricongiunge col Malocello, insieme al
quale prosegue poi verso la posizione di scorta assegnata.
Gli idrovolanti di
Balbo, undici Savoia Marchetti S. 55 (cui se ne aggiungeranno altri tre in Africa),
decollano da Orbetello il 17 dicembre, fanno tappa a Cartagena, Kenitra, Villa
Cisneros e Bolama e da qui decollano il 6 gennaio 1931, all’1.30 di notte,
attraversando l’Atlantico e raggiungendo Porto Natal, in Brasile, alle 19.30
dello stesso giorno, dopo 3000 km. In questa fase di verificano varie avarie ed
incidenti, che provocano la perdita di tre degli aerei.
Un altro idrovolante,
l’I-DONA del pilota Renato Donatelli, è costretto ad ammarare nell’Atlantico,
sebbene a distanza non eccessiva dalla costa: l’unità più vicina è proprio il Da Noli, che insieme al Pancaldo accorre in suo aiuto.
L’equipaggio dell’idrovolante accoglie il Da
Noli schierandosi sulle ali dell’aereo. L’idrovolante viene preso a
rimorchio e rimorchiato per ventiquattr’ore fino all’isola Fernando de Noronha,
dove viene riparato il radiatore; nuovamente in grado di decollare, riuscirà a raggiungere
la sua meta.
Dopo aver fatto tappa
a Bahia, gli S. 55 volano per altri 1400 km, arrivando infine in formazione su
Rio de Janeiro, davanti al Pan di Zucchero, alle 17 del 15 gennaio 1931,
insieme agli esploratori di scorta (la Divisione Esploratori al completo si è
riunita in unica formazione proprio il 15 gennaio), sotto gli occhi di un
milione di persone.
Il 7 febbraio, a
impresa aviatoria conclusa, la Divisione Esploratori inizia il viaggio di
ritorno, divisa in due gruppi: il Da
Noli fa parte del I Gruppo, insieme a Tarigo, Pancaldo e Malocello. Le navi attraversano l’Atlantico, facendo scalo a
Pernambuco, Dakar e Las Palmas, ed il 10 marzo raggiungono Ceuta, dove sostano
brevemente.
Raggiunti a Ceuta
anche da Pessagno ed Usodimare (che ha a bordo l’ammiraglio
Bucci), gli esploratori salpano l’11 marzo, fanno tappa ad Algeri e giungono
infine a Gaeta il 18 marzo 1931.
Il Da Noli in uscita dal Mar Piccolo di Taranto nel 1930-1932 (NHHS via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)
|
1° agosto 1931
Il Da Noli ed i gemelli Leone Pancaldo, Emanuele Pessagno e Lanzerotto
Malocello presenziano, a Genova, al varo del Rex, il più grande transatlantico italiano mai costruito.
8 dicembre 1931
Riceve a Genova la bandiera di combattimento (offerte dalla città di
Genova e dai paesi natali dei navigatori cui le navi sono intitolate), insieme
ai gemelli Ugolino Vivaldi, Alvise Da Mosto, Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare, Nicoloso Da Recco, Leone Pancaldo e Lanzerotto Malocello, nel corso di una
grande cerimonia cui partecipano anche il cardinale Carlo Dalmazio Minoretti,
che benedice le bandiere, il senatore Broccardi (podestà di Genova) e
l’ammiraglio Bucci.
In questo periodo è comandante in seconda del Da Noli il capitano di corvetta Mario Mastrangelo, futura MOVM.
Un’altra
immagine del Da Noli a Venezia a metà
anni ’30 (g.c. Stefano Cioglia via www.betasom.it)
e, sotto, dettaglio della stessa foto (Paolo Bonassin)
1932
Lavori di sostituzione del timone.
Aprile 1932
Mentre il Da Noli è
in navigazione con unità similari da Portoferrario a Pozzuoli, con mare grosso,
una violenta ondata trascina in mare quattro uomini: il gemello Tarigo mette a mare la propria baleniera
che, tra mille difficoltà, riesce a trarre in salvo i quattro uomini.
In questo periodo comanda il Da
Noli il capitano di fregata Stanislao Caraciotti.
La nave nel 1933 (De Agostini Picture Library) |
Metà anni Trenta
È comandante del Da Noli il
capitano di fregata Umberto Novaro, futura MOVM.
Il Da Noli in navigazione, nel 1935 (Associazione Venus) |
Agosto 1936
Il Da Noli viene
temporaneamente dislocato a Tangeri e, insieme al gemello Luca Tarigo ed agli incrociatori
leggeri Muzio Attendolo e Giovanni delle Bande Nere, segue a
distanza i piroscafi Nereide ed Aniene, partiti da Cagliari (dove sono
giunti da La Spezia) e diretti l’uno a Melilla (dove arriva nella notte del
13-14 agosto) e l’altro a Vigo (dove arriva il 27 agosto), con a bordo un
gruppo di aerei da caccia FIAT CR. 32 della Regia Aeronautica (12
sul Nereide e 9 sull’Aniene) ed alcuni carri leggeri Ansaldo
L. 3/35 (cinque, a bordo dell’Aniene),
carburante, munizioni, parti di ricambio e gli equipaggi degli aerei (18 uomini
sul Nereide e 14 sull’Aniene) e dei carri (tutti sull’Aniene). L’operazione, sotto copertura e
con gran segretezza (gli aerei sono imballati in cassoni di abete, gli avieri
sono in borghese e senza documenti, l’imbarco è effettuato sotto la
sorveglianza della polizia), serve ad inviare tali aerei ad appoggiare le
truppe nazionaliste di Francisco Franco nella guerra civile in corso in
Spagna. Da Noli e Tarigo seguono i mercantili
tenendosi entro il loro raggio visivo, mentre Attendolo e Bande
Nere pattugliano le loro rotte. I due mercantili vengono avvistate in
alcune occasioni da navi spagnole repubblicane (ed anche britanniche), ma la
presenza delle navi italiane impedisce loro di intercettarli ed ispezionarli.
Il 18 agosto 1936 il giornalista statunitense Frank L. Kluckhohn,
corrispondente a Siviglia del “New York Times”, scrive in un articolo che «la
presenza del cacciatorpediniere italiano Antonio
Da Noli in porto [a Siviglia] significa che un alleato è venuto ad aiutare
gli insorti».
1937-1938
Partecipa ancora alle operazioni navali legate alla guerra civile
spagnola. In questo periodo è comandante in seconda del Da Noli il capitano di corvetta Giuseppe Fontana, futura MOVM.
I bastimenti mercantili adibiti al trasporto di truppe e rifornimenti
per le forze nazionaliste spagnole partono da Napoli con a bordo i “legionari”
del Corpo Truppe Volontarie ed i rifornimenti per le forze nazionaliste
spagnole, usualmente, costeggiano la Sardegna orientale, passano davanti a
Cagliari e poi dirigono a nord verso le coste del Sulcis; al largo
dell’isolotto del Toro vengono raggiunti dalle unità della scorta, che escono
da Cagliari o La Maddalena, e raggiungono Cadice cinque giorni dopo la
partenza.
Il Da Noli è appunto una
delle navi assegnate alla scorta di questi mercantili; ha base a Cagliari,
unitamente ai gemelli Ugolino Vivaldi
e Luca Tarigo, al cacciatorpediniere Maestrale ed agli incrociatori leggeri Raimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo (altre navi hanno invece
base a La Maddalena).
Con questo sistema, che vede l’impiego complessivamente di una
quarantina di navi mercantili, risulta possibile inviare in Spagna 48.000
uomini (in 66 viaggi) e 356.000 tonnellate di materiali (tra cui 488 pezzi
d’artiglieria, 706 mortai, 700 velivoli e 46 carri armati).
Il Da Noli, a sinistra, ormeggiato a Taranto insieme a Vivaldi, Tarigo e Zeno, il 4 maggio 1938 (Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it) |
5 maggio 1938
Partecipa alla rivista navale «H» organizzata in occasione della visita
in Italia di Adolf Hitler: nella rivista, il Da Noli fa della I Squadra Navale (ammiraglio Vladimiro Pini),
formata, oltre che dal Da Noli,
dagli incrociatori pesanti Trento, Trieste e Bolzano, dalle Divisioni di incrociatori leggeri degli ammiragli
Minghetti (Muzio Attendolo, Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto Duca d’Aosta), Barone
(Alberto Di Giussano, Giovanni delle Bande Nere, Bartolomeo Colleoni) e Romagna (Alberico Da Barbiano, Luigi Cadorna ed Armando Diaz), da due squadriglie di
esploratori classe Navigatori (Luca
Tarigo, Antoniotto Usodimare, Ugolino Vivaldi, Nicolò Zeno, Giovanni Da Verrazzano, Alvise
Da Mosto ed Antonio
Pigafetta, oltre appunto al Da
Noli) e da una squadriglia di cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco).
5 settembre 1938
Riclassificato cacciatorpediniere.
Sopra:
l’Antonio Da Noli (a destra) ed il
gemello Antoniotto Usodimare
ormeggiati a Napoli nel 1939, prima dei lavori di modifica della prua, accanto alle corazzate Cesare e Cavour, in una
cartolina dei F.lli Calì di Genova; sotto: dettaglio della stessa foto (da
“Orizzonte Mare Immagini A1: Corazzate Classe Conte di Cavour e Duilio”, via
Marcello Risolo). È interessante notare che molti storici oggi ritengono che
Antonio Da Noli ed Antoniotto Usodimare, in passato ritenuti due differenti e
coevi navigatori, fossero in realtà la stessa persona: dal che deriverebbe che
le due navi furono dedicate allo stesso navigatore.
19 maggio 1939-10
settembre 1939
Sottoposto a grandi lavori di modifica. La prua viene completamente
ricostruita con forma differente (inclinata in avanti anziché dritta) e lo
scafo viene allargato di un metro (nella parte compresa tra il complesso binato
prodiero ed il complesso lanciasiluri poppiero), il che permette anche di
ricavare spazio per ulteriori serbatoi di carburante (così incrementando
l’autonomia).
Il dislocamento standard sale da 1935 a 2125 tonnellate, quello a pieno
carico da 2580 a 2888; la riserva di combustibile viene portata da 533 a 680
tonnellate.
L’aumento di dislocamento provoca una diminuzione della velocità a
circa 28 nodi, ma risolve definitivamente i problemi di stabilità e tenuta del
mare.
Viene anche potenziato l’armamento (i due tubi lanciasiluri binati da
533 mm vengono sostituiti con altrettanti tubi trinati dello stesso calibro, e
vengono inoltre aggiunge due mitragliere binate da 13,2/76 mm e due
scaricabombe per bombe di profondità); le ferroguide per il trasporto e la posa
di mine vengono allungate fino al castello, permettendo di imbarcare e posare
86 mine tipo P. 200, 94 mine tipo Elia o 104 mine tipo Bollo (mentre prima si
potevano trasportare e posare solo 54 mine tipo Elia o 56 tipo Bollo).
Il Da Noli in bacino a La Spezia durante i lavori di modifica, a metà 1939: è già stato dotato della nuova prua inclinata (Coll. E. Bagnasco, via M. Brescia e www.associazione-venus.it)
|
10 giugno 1940
All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Da Noli (capitano di fregata Achille
Zoli) fa parte della XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, insieme ai gemelli Ugolino Vivaldi (caposquadriglia,
capitano di vascello Giovanni Galati), Leone
Pancaldo e Lanzerotto Malocello.
9 luglio 1940
Nel corso della grande operazione che vede l’uscita in mare del grosso
della flotta italiana per proteggere un convoglio diretto in Libia, tra il 7 ed
il 9 luglio 1940, la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, composta da Da Noli, Vivaldi e Pancaldo, rimane
di riserva a Taranto, pronta a muovere in caso di necessità. Il 9 luglio, però,
la flotta italiana e la Mediterranean Fleet, anch’essa in mare a protezione di
convogli, danno battaglia al largo di Punta Stilo, e durante la fase di
avvicinamento al nemico anche alle unità della XIV Squadriglia viene ordinato
di lasciare Taranto per raggiungere il resto della flotta (secondo una fonte,
per rimpiazzare tre cacciatorpediniere della formazione originaria, che sono
dovuti rientrare a causa di avarie).
Le tre navi salpano alle 6.18 del 9 luglio, per raggiungere il previsto
punto di riunione delle forze navali italiane (37°40’ N e 17°20’ E, 65 miglia a
sudest di Punta Stilo) entro le 14.
Poche ore dopo la partenza (tra le 10.30 e le 12.30), tuttavia, il Da Noli viene colto da avarie di
macchina ed è così costretto a tornare a Taranto senza poter partecipare alla
battaglia.
30 agosto 1940
Il Da Noli salpa da
Augusta alle 19 per condurre un rastrello antisommergibili nel Golfo di Taranto,
con i gemelli Nicoloso Da Recco,
Emanuele Pessagno, Ugolino Vivaldi ed Antoniotto Usodimare. Alle 20.25 i
cacciatorpediniere danno inizio al rastrello, su rilevamento 55° e con velocità
di 19 nodi; il mare è calmo, la notte buia. Le unità procedono in linea di
fronte, a quattro miglia l’una dall’altra; il Da Noli è il più vicino alla costa (Capo Spartivento, che si
trova sulla sinistra della formazione), il Pessagno è il più “esterno”, a venti miglia. Alle 23.50 è
il Vivaldi ad avvistare un
sommergibile, il britannico Oswald:
la nave manovra immediatamente per speronarlo, affondandolo e recuperandone poi
52 naufraghi.
5 settembre 1940
Da Noli (caposcorta,
capitano di vascello Giovanni Galati), Tarigo
e Malocello (la XIV
Squadriglia Cacciatorpediniere) salpano da Palermo alle 10, per rilevare al
largo di Trapani (nel punto a 5 miglia per 245° dal Faro di Marettimo) le
torpediniere Circe ed Aldebaran nella scorta di un
convoglio (piroscafo Marco Polo con
2000 ufficiali e soldati, motonave Francesco
Barbaro con 3000 tonnellate di munizioni, provviste, carri armati,
veicoli e materiale bellico) in navigazione da Napoli a Tripoli.
I cacciatorpediniere seguono rotte costiere fino al punto previsto per
l’incontro; alle 14.25 Tarigo e Malocello mettono a mare i
paramine, su ordine del Da Noli,
ed alle 14.56 avviene la riunione con i due mercantili. Il Da Noli assume posizione di scorta ravvicinata, mentre Tarigo e Malocello si portano a proravia del convoglio per effettuare
dragaggio protettivo.
Il convoglio supera le isole Egadi e segue le rotte costiere della
Tunisia; alle 18 incontra un convoglio di due piroscafi scortati dalla
torpediniera Procione, ed alle 19.20
è già al traverso di Capo Bon.
7 settembre 1940
Alle 5.20, al traverso della boa n. 3 di Kerkennah (posizione 34°57’30”
N e 11°45’30” E), il Da Noli avvista
tre luci a 6-7 km di distanza, a 70° di prora sinistra, che scadono lentamente
verso poppa. Il comandante le attribuisce ad un piroscafo che procede di
controbordo. Alle 16 (al largo di Sabratha) si avvistano ricognitori italiani.
Giunto nel punto convenzionale «D» alle 17.35, il convoglio entra nel
porto di Tripoli alle 17.45 (18.30 per altra versione).
8 settembre 1940
Da Noli (caposcorta),
Tarigo e Malocello ripartono da Tripoli all’una di notte, scortando
sempre Marco Polo e Barbaro dirette ora a Bengasi. Il Da Noli procede in testa, seguito dalle
motonavi; la squadriglia di cacciatorpediniere si dispone in posizione di
scorta ravvicinata.
Alle due di notte viene incrociato il piroscafo Pallade diretto a Tripoli, ed alle
7.08 ha inizio lo zigzagamento di convoglio e scorta, che proseguirà sino alle
19.18.
9 settembre 1940
Il convoglio raggiunge il punto «D» di Bengasi alle 7.18, e poco dopo
entra in porto, ormeggiandosi al molo sottoflutto alle 8.15.
10 settembre 1940
Da Noli (caposcorta),
Tarigo e Malocello lasciano Bengasi per Napoli alle 15.45 (16.30 per
altra versione) scortando il Marco
Polo, che ritorna vuoto in Italia. Nell’uscita dal porto, il Da Noli è preceduto da Malocello e Tarigo, e seguito dal Marco
Polo.
Alle 16.56 il Da Noli avvista
una mina alla deriva ad otto miglia per 230° dal faro di Bengasi (un paio di
chilometri ad est della rotta di sicurezza che conduce in porto), ed ordina
al Tarigo di avvicinarsi ed
affondarla. Così viene fatto; affondata la mina (che sembra essere un ordigno
italiano tipo «P. 200» o «Bollo») a raffiche di mitragliera, il Tarigo si ricongiunge al Da Noli alle 17.15.
11 settembre 1940
Alle 7.51 vengono avvistati ricognitori italiani; alle 11.59 inizia di
nuovo lo zigzagamento, proseguito fino alle 16.42. Alle 17.40, davanti a
Messina, la XIV Squadriglia cede la scorta alla torpediniera Generale Antonio Cantore, uscita da quel
porto. Sarà la Cantore a
scortare il Marco Polo fino a
Napoli; la XIV Squadriglia assume invece velocità 20 nodi e raggiunge Palermo.
19 settembre 1940
Da Noli, Tarigo e Malocello sostituiscono a Trapani, in mattinata, le
torpediniere Generale Antonio
Cantore e Generale Marcello
Prestinari nella scorta ai trasporti truppe Esperia e Marco
Polo, partiti da Napoli e diretti a Tripoli.
20 settembre 1940
Il convoglio raggiunge Tripoli alle otto.
24 settembre 1940
Da Noli, Tarigo e Malocello ripartono da Tripoli alle 10 (o 19) scortando Esperia e Marco Polo di rientro scarichi a Napoli, via Palermo.
25 settembre 1940
Il convoglio giunge a Palermo alle 18.30. Da Trapani in poi si aggrega
alla scorta anche la torpediniera Giuseppe
Dezza.
28 settembre 1940
Il convoglio giunge a Napoli alle 16.
6 ottobre 1940
Il Da Noli (capitano di
fregata Zoli), insieme a Vivaldi (capitano
di vascello Galati, comandante superiore in mare), Tarigo (capitano di fregata De Cristofaro) e Malocello (capitano di fregata Del
Buono), lascia Palermo alle 8.25 per partecipare alla posa dello sbarramento di
mine «M 3», a sud di Malta. I cacciatorpediniere imboccano lo stretto di
Messina alle 14.20, dirigono per entrare nella rada di Augusta alle 17.25 e si
ormeggiano a Punta Cugno alle 18.40, indi si riforniscono ed imbarcano le mine.
7 ottobre 1940
Alle 18.20 i cacciatorpediniere salpano da Augusta, ma alle 19.10
il Malocello subisce
un’avaria al timone ed alle 20.20, stante l’impossibilità di ripararla in tempo
utile per proseguire la missione, viene rimandato in porto.
8 ottobre 1940
All’1.49 la XIV Squadriglia riduce la velocità a 12 nodi, ed all’1.56
il Tarigo inizia per primo
la posa; Vivaldi e Da Noli lo precedono in linea di
fila. Alle 2.06 l’ancora di una delle mine s’inceppa mentre scorre sulle
ferroguide: il Tarigo è
così costretto ad interrompere la posa e portarsi in testa alla formazione, per
risolvere l’inconveniente e poi terminare la posa per ultimo. Il Da Noli inizia a posare le sue mine
alle 2.16 e, dopo che questi ha terminato, il Vivaldi comincia a posare le sue alle 2.30. Alle 2.47,
terminata la posa del Vivaldi,
riprende quella del Tarigo, ma
alle 2.53 lo scorrimento di una delle mine s’inceppa di nuovo, causando uno
spazio vuoto lungo 1500 metri nello sbarramento. Alle 2.56 la posa è terminata,
e le navi iniziano la navigazione di ritorno seguendo una rotta che le faccia
trovare all’alba con rotta e posizione tali (sulla congiungente Bengasi-Stretto
di Messina) che eventuali aerei nemici, qualora avvistino le navi italiane, non
riescano a capire da dove provengano.
In tutto sono state posate 191 mine tipo Elia, alla profondità di 4
metri, con una distanza di 100 metri tra ogni arma (salvo i problemi causati
dagli inceppamenti del Tarigo).
In queste mine incapperà, l’11 ottobre, il cacciatorpediniere britannico
Imperial, che riporterà gravi danni.
Alle 6.55 un ricognitore britannico viene avvistato a 14-15 km di
distanza su rilevamento 90°; si avvicina alle navi italiane e si trattiene
nell’area per parecchio tempo, poi se ne va. Alle 8.20 la XIV Squadriglia viene
raggiunta da caccia della Regia Aeronautica, ed alle 10.30 i cacciatorpediniere
arrivano ad Augusta.
Alle 19.55 Da Noli, Vivaldi e Tarigo (il Malocello è
ancora bloccato dall’avaria al timone) ripartono da Augusta per Trapani,
imboccando lo stretto di Messina alle 23.59.
9 ottobre 1940
Alle 9.38 i tre cacciatorpediniere dirigono per entrare nel porto di
Trapani, ed alle 10.15 si ormeggiano al molo della Colombaia, dove si
riforniscono ed imbarcano nuove mine, destinate allo sbarramento «4 A N» (da
posare tra Pantelleria e la Tunisia). Mollati gli ormeggi, lasciano il porto
alle 21.15, ed alle 23.38 assumono rotta verso Capo Bon.
10 ottobre 1940
Avvistato il faro di Capo Bon all’1.35, le tre navi dirigono per il
punto ove iniziare la posa alle 3.08. Dopo essersi disposti su linea di
rilevamento 150°, con un intervallo di 200 metri tra ogni nave ed una velocità
di 12 nodi, la posa è cominciata, alle 3.54, di nuovo dal Tarigo. Due delle prime mine posate
dal Tarigo esplodono
accidentalmente, come talvolta capita. Alle 4.14 inizia la posa il Da Noli, mentre alle 4.31 è il turno
del Vivaldi, che completa la
posa alle 4.46; in tutto sono state posate 174 mine (oltre alle due del Tarigo detonate prematuramente).
A mezzogiorno la XIV Squadriglia è di nuovo alla banchina Crispi di
Palermo.
Sullo sbarramento «4 A N» andrà perduto, il 22 dicembre, il
cacciatorpediniere britannico Hyperion.
12 ottobre 1940
La XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (Antonio Da Noli, Ugolino
Vivaldi, Luca Tarigo) salpa
da Messina alle otto del mattino insieme alla III Divisione (incrociatori
pesanti Trento, Trieste e Bolzano, al comando dell’ammiraglio Luigi Sansonetti) per dare
appoggio al cacciatorpediniere Camicia
Nera, che sta rientrando alla base inseguito da navi ed aerei britannici
dopo che, in un fallito attacco silurante nella notte precedente e nei suoi
successivi sviluppi il mattino del 12 ottobre, sono stati affondati il
cacciatorpediniere Artigliere (posto
fuori uso dall’incrociatore leggero Ajax e
finito dall’incrociatore pesante York)
e le torpediniere Airone ed Ariel (entrambe dall’Ajax). L’ordine è di supportare il
rientro del Camicia Nera (nonché
dei cacciatorpediniere Aviere e Geniere, anch’essi scampati allo
scontro, l’Aviere piuttosto
danneggiato) e, se possibile, impegnare gli incrociatori britannici. XIV
Squadriglia ed IV Divisione dirigono per il punto in cui si sa essere il Camicia Nera. In base alle
intercettazioni, l’ammiraglio Sansonetti comprende che Aviere, Geniere e Camicia
Nera non necessitano più di protezione, dunque alle 10.15 fa ridurre
la velocità da 30 a 25 nodi, continuando a navigare verso sud fino alle 12.15,
quando giunge da Supermarina l’ordine di rientrare alla base.
8 novembre 1940
Secondo una fonte, in questa data Da
Noli, Vivaldi e Malocello sarebbero stati inviati ad
intercettare, senza riuscirci, la Forza F britannica (corazzata Barham, incrociatore pesante Berwick, incrociatore leggero Glasgow, cacciatorpediniere Gallant, Griffin e Greyhound), che
sta trasportando 2000 soldati da Gibilterra a Malta.
16-18 novembre
1940
Il 16 novembre la XIV Squadriglia (Da
Noli, Vivaldi, Tarigo e Malocello) salpa da Palermo per unirsi al resto della flotta
italiana in un tentativo di intercettazione di una formazione britannica
diretta verso est. Si tratta della Forza H dell’ammiraglio James Somerville
(incrociatore da battaglia Renown,
portaerei Argus e Ark Royal, incrociatori leggeri Sheffield, Despatch e Newcastle,
otto cacciatorpediniere) uscita da Gibilterra per l’operazione «White», che
prevede l’invio a Malta di aerei decollati dall’Argus per rinforzarne le difese,
un’azione di bombardamento di Alghero (velivoli dell’Ark Royal) ed il trasporto a Malta di uomini e materiali della RAF
sul Newcastle.
Oltre alla XIV Squadriglia, prendono il mare le corazzate Vittorio Veneto e Cesare, l’incrociatore pesante Pola come nave comando della II
Squadra, la I Divisione con gli incrociatori pesanti Fiume e Gorizia (tutti
da Napoli), la III Divisione con gli incrociatori pesanti Trento, Trieste e Bolzano (da
Messina) e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX (Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci), XII (Ascari, Lanciere, Corazziere e Carabiniere)
e XIII (Bersagliere, Granatiere, Fuciliere, Alpino).
Le navi uscite da Napoli, prive di dati precisi sul nemico, dirigono verso sud
nel Basso Tirreno; nel pomeriggio del 16 la XIV Squadriglia raggiunge il resto
della formazione. La forza così riunita, sotto il comando dell’ammiraglio
Campioni, assume quindi rotta verso est verso l’8° meridiano, a sudovest della
Sardegna, procedendo a 18 nodi, ridotti a 14 nella notte del 17 per agevolare la
navigazione dei cacciatorpediniere, resa difficoltosa da un vento da sudovest.
Per tutta la giornata del 16 non si ricevono informazioni sulle forze
nemiche; solo alle 10.15 del 17 queste vengono avvistate da ricognitori, che
però non precisano né la rotta né la velocità. Campioni dirige verso sud, in
direzione di Bona, sperando di riuscire ad intercettare le unità britanniche
nel pomeriggio, se esse proseguono verso est.
Raggiunto alle 16.30 un punto prestabilito 45 miglia a nord-nord-est di
Ustica, la formazione italiana dirige poi verso ovest ed alle 17.30 arriva 35
miglia a sudovest di Sant’Antioco. Dopo aver navigato per un po’ in direzione
dell’Algeria, nella totale mancanza su dove sia il nemico e dove esso sia
diretto, la squadra italiana riceve l’ordine rientrare. Campioni rileverà che
le condizioni del mare – onde molto lunghe da sudovest – hanno causato forte
rollio e beccheggio in tutte le sue navi, corazzate comprese, tanto da impedire
l’uso dei cannoni se dirette verso sud. Durante il ritorno le navi italiane
eseguono esercitazioni di tiro contro la scogliera La Botte, a sud di Ponza.
Sempre durante il ritorno il Malocello viene
colto da un’avaria ad un timone, aggravata dalle avverse condizioni
meteomarine, che lo costringe a riparare a Cagliari assistito da Trento, Vivaldi e Da Noli
(nonché, nell’ultimo tratto, dal rimorchiatore Nereo); le altre navi italiane rientrano alle basi tra il mattino
ed il pomeriggio del 18 novembre.
Ancorché non abbia portato al contatto con la flotta nemica, l’uscita
in mare delle forze italiane ha determinato il parziale fallimento
dell’operazione «White»: a seguito dell’avvistamento della squadra italiana da
parte dei ricognitori di Malta, infatti, Somerville ha fatto lanciare gli aerei
dall’Argus tenendo la portaerei
quanto più ad ovest possibile, cioè più lontana da Malta di quanto inizialmente
pianificato, prolungando di molto la distanza sulla quale gli aerei dovranno
volare. Il risultato sarà che su quattordici aerei decollati dall’Argus (dodici Hawker Hurricane e
due Blackburn Skua) solo cinque (quattro Hurricane ed uno Skua) giungeranno a
Malta: gli altri esauriranno il carburante e precipiteranno in mare a seguito
di errori di navigazione e stime sbagliate sugli effetti del vento.
22 novembre 1940
Da Noli, Tarigo e Vivaldi (caposcorta) salpano da Palermo alle 17
scortando Esperia e Marco Polo, provenienti da Napoli e
diretti a Tripoli.
23 novembre 1940
Il convoglio giunge a Tripoli alle 16.
29 novembre 1940
Da Noli, Tarigo e Vivaldi (caposcorta) partono da Tripoli per Palermo e Napoli
alle 20, scortando Esperia e Marco Polo che ritornano scarichi.
30 novembre 1940
Il convoglio giunge a Palermo alle 7.30; qui rimane il Marco Polo, mentre le altre navi
proseguono per Napoli.
1° dicembre 1940
I cacciatorpediniere e l’Esperia arrivano
a Napoli.
14 dicembre 1940
Da Noli, Vivaldi (caposcorta) e Tarigo (forse, a seconda delle
fonti, ci sarebbe anche il Malocello)
lasciano Palermo alle 10.15 e sostituiscono le torpediniere Generale Antonino Cascino ed Enrico Cosenz nella scorta ai
trasporti truppe Esperia, Conte Rosso e Marco Polo, provenienti da Napoli e
diretti a Tripoli. Il convoglio ha anche una scorta indiretta, assicurata dagli
incrociatori leggeri Giovanni delle
Bande Nere ed Alberto Di
Giussano e dai cacciatorpediniere Ascari e Carabiniere (questi
ultimi per scorta antisommergibile degli incrociatori).
Nei mesi a venire, il Da
Noli ed il resto della XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (capitano di
vascello Giovanni Galati, uno dei più capaci e competenti ufficiali della Regia
Marina, con bandiera sul Vivaldi),
verranno continuamente impiegati nella scorta a «convogli veloci» di grandi
navi passeggeri (Esperia, Conte Rosso e Marco Polo, nonché meno di
frequente Victoria, Neptunia, Oceania) adibite al trasporto di truppe, traversate che seguono
sempre uno schema più o meno eguale: all’andata, rotta lungo le secche di
Kerkennah; ritorno, rotte solitamente più ad est; scorta diretta, quasi sempre;
presenza, in caso di fondati timori di attacco da parte di forze navali di
superficie, di una Divisione di incrociatori per scorta a distanza. L’utilizzo
in convoglio sempre delle stesse navi permette, oltre ai vantaggi derivanti
dall’impiego di un gruppo di unità dalle caratteristiche omogenee, un maggiore
affiatamento tra di esse.
15 dicembre 1940
Il convoglio raggiunge Tripoli alle 15.
19 dicembre 1940
Da Noli, Vivaldi (caposcorta), Tarigo, Malocello e la torpediniera Orione partono da Tripoli per Napoli alle 10, scortando Esperia, Conte Rosso e Marco
Polo che rientrano vuoti.
20 dicembre 1940
Il convoglio giunge a Napoli alle 20.30.
26 dicembre 1940
Da Noli, Vivaldi (caposcorta), Malocello, Tarigo e Cosenz partono
da Napoli alle 19 diretti a Tripoli, scortando Esperia, Conte Rosso e Marco Polo. La Cosenz lascia il convoglio a Napoli.
28 dicembre 1940
Le navi giungono a Tripoli alle 11.30.
30 dicembre 1940
Da Noli, Vivaldi (caposcorta), Malocello e Tarigo lasciano Tripoli per Napoli alle 17.30, scortando
ancora Esperia, Conte Rosso e Marco Polo. A Trapani i
cacciatorpediniere vengono sostituiti da un’unica torpediniera, la Sirio, che scorta i trasporti fino a
Napoli.
Foto del Da Noli presente nel manuale di riconoscimento “ONI 202 – Italian Naval Vessels” redatto nel 1943 dall’Intelligence Office della Marina statunitense. |
1940-1941
Nuovi lavori di potenziamento dell’armamento; vengono eliminati i due
cannoncini singoli Vickers-Terni 1917 da 40/39 mm e quattro mitragliere binate
da 13,2/76 mm, mentre vengono imbarcate sette mitragliere singole da 20/65 mm Scotti-Isotta
Fraschini 1939.
7-8 gennaio 1941
Alle 22.20 del 7 Da Noli (capitano
di fregata Zoli), Vivaldi (capitano
di vascello Galati, caposquadriglia), Tarigo
(capitano di fregata De Cristofaro) e Malocello (capitano
di fregata Del Buono), unitamente alle torpediniere Vega (capitano di corvetta Fontana) e Sagittario (tenente di vascello
Cigala Fulgosi), lasciano Trapani (in linea di fila, nell’ordine dal primo
all’ultimo Vivaldi, Malocello, Vega, Da Noli, Tarigo e Sagittario) per partecipare alla posa degli sbarramenti di mine «X
2» ed «X 3», di 180 ordigni ciascuno, a nord di Capo Bon (Canale di Sicilia).
Supermarina ha ordinato il minamento di quella zona a seguito dell’operazione
britannica «Collar» e della conseguente battaglia di Capo Teulada, durante le
quali la Mediterranean Fleet è ripetutamente transitata nel canale di Sicilia
senza subire alcun danno, proprio perché a nord di Capo Bon, dove essa è
passata, non esistono campi minati.
Una volta in mare la formazione si dispone in linea di fila
(nell’ordine, Vivaldi, Malocello, Vega, Da Noli, Tarigo e Sagittario) e fa rotta su Capo Bon, avvistandone il faro all’1.53
dell’8 gennaio. Dopo aver ridotto la velocità a dodici nodi, le navi iniziano
la posa alle 4.02: per prima la Sagittario
(estremità meridionale dell’X 2), poi Tarigo e Da Noli, che con la Sagittario assumono una rotta parallela alla linea X 2. Vega, Malocello e Vivaldi si
portano sull’estremo meridionale dell’X 2, dopo di che la Vega inizia la posa per prima alle 5.02, seguita dal Malocello ed infine dal Vivaldi che conclude alle 5.04.
Durante la posa dell’X 3 esplode accidentalmente una delle mine posate
dal Da Noli.
Terminata la posa delle mine, i due gruppi assumono rotta per Marettimo
e poi per Trapani, navigando separatamente e giungendo nel porto siciliano tra
le 10 e le 11 del mattino. L’operazione, prevista in origine per una notte di
novilunio o comunque prossima ad essa (per maggior sicurezza), ha dovuto essere
effettuata, a causa dei rinvii (dovuti alla carenza di siluranti pronte per la
posa, essendo moltissime unità assorbite dalle missioni di scorta sulle rotte
per la Libia e per l’Albania, in quel momento in situazione particolarmente
critica a causa dell’andamento delle operazioni sul fronte greco), in una notte
prossima al plenilunio, ma non vi sono stati egualmente problemi.
13 gennaio 1941
In serata il Da Noli si
unisce a Tarigo, Vivaldi (caposcorta) e Malocello nella scorta ad Esperia, Conte Rosso, Marco Polo ed
un altro trasporto truppe, la motonave Calitea,
tutti partiti da Napoli e diretti a Tripoli dopo uno scalo intermedio a
Trapani.
14 gennaio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 11.30.
15 gennaio 1941
Da Noli, Vivaldi, Malocello e Tarigo
lasciano Tripoli alle 18.30, scortando ancora Esperia, Conte Rosso
e Marco Polo. A Trapani, i
quattro cacciatorpediniere della XIV Squadriglia sono sostituiti da due
torpediniere di Marina Sicilia per l’ultimo tratto della navigazione (fino a
Napoli).
22 gennaio 1941
A Trapani Da Noli, Vivaldi (caposcorta), Malocello e Tarigo sostituiscono i
cacciatorpediniere Freccia e Saetta nella scorta ad Esperia, Conte Rosso, Marco Polo ed
alla motonave Victoria,
provenienti da Napoli e diretti a Tripoli.
24 gennaio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli in mattinata.
23 febbraio 1941
Il Da Noli salpa da Napoli
alle 19 insieme ai cacciatorpediniere Aviere
(caposcorta, capitano di vascello Bigi) e Geniere
ed alla torpediniera Castore,
scortando il quarto convoglio (convoglio «Marburg»)
di piroscafi tedeschi diretti a Tripoli: Reichenfels,
Marburg, Ankara e Kybfels. Il
convoglio imbocca il Canale di Sicilia ad una velocità di 14 nodi.
24 febbraio 1941
Alle 11.30 prende contatto col convoglio «Marburg» la IV Divisione
Navale (incrociatori leggeri Giovanni
delle Bande Nere ed Armando Diaz
e cacciatorpediniere Ascari e Corazziere), al comando dell’ammiraglio
Alberto Marenco di Moriondo, uscita da Palermo per coprire l’intenso traffico
di convogli in atto tra Italia e Libia, specialmente contro possibili attacchi
a sorpresa provenienti da est. Fino al tramonto la IV Divisione si tiene a
proravia del convoglio, a distanze comprese tra gli 8 ed i 12 km (gli ordini
della IV Divisione sono di effettuare scorta ravvicinata di proravia al convoglio
«Marburg» durante la notte).
25 febbraio 1941
Alle 3.43 il Diaz viene
silurato dal sommergibile britannico Upright
ed affonda in soli sei minuti, portando con sé 464 dei 605 uomini
dell’equipaggio.
Il convoglio «Marburg» prosegue, e raggiunge Tripoli alle 20.30.
27 febbraio 1941
Il Da Noli (caposcorta) salpa
da Tripoli alle 19 per scortare a Napoli, insieme ai cacciatorpediniere Ascari, Saetta e Baleno, i
trasporti truppe Esperia, Victoria, Conte Rosso e Marco
Polo, che hanno imbarcato 3750 profughi civili e 1860 militari (1200
dell’Aeronautica, 400 dell’Esercito e 260 della Marina, compresi alcuni
naufraghi del Diaz) rimpatriati dalla Cirenaica invasa dai britannici
durante l’Operazione “Compass”.
1° marzo 1941
Il convoglio giunge a Napoli a mezzogiorno.
5 marzo 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta), Malocello ed i cacciatorpediniere Folgore e Lampo salpano da Napoli alle 17 scortando un convoglio formato dai
mercantili tedeschi Ankara, Reichenfels, Marburg e Kybfels («Sonnenblume
7»), diretti a Tripoli.
8 marzo 1941
Il convoglio deve temporaneamente sostare a Palermo, dove arriva alle
7, perché la Mediterranean Fleet si trova per mare.
9 marzo 1941
Rientrato il pericolo, il convoglio lascia Palermo alle 4 e prosegue
per la Libia.
10 marzo 1941
Raggiunto dalle torpediniere Centauro
e Clio, inviategli incontro da
Tripoli, il convoglio giunge a destinazione a mezzogiorno.
12 marzo 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta) e Malocello lasciano Tripoli alle 13 per
scortare a Palermo e Napoli i quattro piroscafi del viaggio precedente.
13 marzo 1941
Alle 20 Ankara e Kybfels arrivano a Palermo.
14 marzo 1941
Alle 7 Marburg e Reichenfels giungono a Napoli.
17 marzo 1941
Alle 3 il Da Noli salpa da
Trapani insieme a Vivaldi
(caposcorta) e Malocello ed alle
torpediniere Cigno e Polluce, per scortare a Tripoli Ankara, Marburg, Reichenfels, Kybfels e la motonave italiana Calitea. Vivaldi, Malocello, Calitea, Marburg e Reichenfels
provengono da Napoli, mentre le altre navi si uniscono al convoglio durante la
sosta a Trapani.
18 marzo 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 12.
20 marzo 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta) e Malocello, insieme alla vecchia
torpediniera Giuseppe La Farina,
ripartono da Tripoli alle 18 scortando Marburg,
Reichenfels e Kybfels.
21 marzo 1941
Il convoglio giunge a Palermo alle 22.30, poi prosegue per Napoli.
22 marzo 1941
Le navi arrivano a Napoli alle 7.30.
29 marzo 1941
Da Noli e Vivaldi (caposcorta, capitano di
vascello Giovanni Galati) salpano da Napoli per Tripoli alle 19.30, scortando
un convoglio veloce composto da Calitea,
Marburg e Kybfels.
31 marzo 1941
Verso le 7 del mattino, saputo della presenza in zona di un
sommergibile nemico (che ha silurato il piroscafo tedesco Galilea, appartenente ad un altro convoglio, proprio mentre questi
sta incrociando il convoglio del Da Noli),
il convoglio «Vivaldi» manovra per allontanarsi dalla zona, inviando le
torpediniere Polluce e Centauro a dare assistenza al Galilea.
Il convoglio arriva a Tripoli alle 14.30.
2 aprile 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta) e Malocello partono da Tripoli per Napoli
alle 11, scortando i piroscafi tedeschi Ankara,
Reichenfels, Marburg e Kybfels e la
motonave italiana Calitea.
3 aprile 1941
Poco prima del tramonto, al largo di Ustica, il caposcorta nota della
nafta e si rende conto che essa è causata da una perdita di un sommergibile che
sta manovrando per attaccare il convoglio. Il Da Noli viene lasciato con i mercantili, che proseguono per la loro
rotta, mentre dapprima il solo Vivaldi
e poi anche il Malocello danno la
caccia al sommergibile, fino a ritenere (a torto) di averlo affondato.
Successivamente anche Vivaldi e Malocello si ricongiungono col
convoglio.
4 aprile 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 7.30.
11 aprile 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta) e Malocello salpano da Napoli per Tripoli
alle 17.30, scortando Ankara, Calitea, Reichenfels, Marburg e Kybfels.
12 aprile 1941
Alle 14.35 il sommergibile britannico Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) avvista il
convoglio del Da Noli in posizione
37°07’ N e 11°11’ E. Avendo già esaurito tutti i siluri, l’Upholder si trova nell’impossibilità di attaccare;
conseguentemente, si limita a lanciare il segnale di scoperta, che però non
sembra venire ricevuto da nessuno.
Alle 17.15 il sommergibile britannico Ursula (tenente di vascello Alexander James Mackenzie) avvista su
rilevamento 350°, a 9150 metri di distanza, un cacciatorpediniere classe
Navigatori; iniziata la manovra d’attacco, alle 17.25 si rende conto che
l’unità avvistata fa parte della scorta di un convoglio, appunto il convoglio
formato dal Da Noli e dalle altre
unità partite da Napoli il giorno precedente. Alle 17.39, in posizione 36°40’ N
e 11°12’ E (a sud di Capo Bon), l’Ursula
lancia quattro siluri da una distanza di 2300 metri. Nessuna nave viene
colpita; i siluri mancando di poco il Reichenfels,
passando a distanze comprese tra i 10 e i 25 metri.
13 aprile 1941
Durante la notte tra il 12 ed il 13 il convoglio viene ripetutamente
attaccato da aerei, con lancio di numerosi siluri. Grazie anche all’intervento
dei velivoli da caccia di base in Sicilia, tuttavia, tutti gli attacchi
falliscono; due aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th Squadron
Fleet Air Arm (sottotenente di vascello A. P. Dawson e primo aviere A. Todd;
sergente pilota C. H. Wines e primo aviere L. M. Edwards) vengono abbattuti.
Nella stessa notte, i cacciatorpediniere britannici Jervis, Janus, Nubian e Mohawk escono da Malta per intercettare
il convoglio, ma non riescono a trovarlo.
14 aprile 1941
Il convoglio, raggiunto dalle torpediniere Circe e Generale Carlo
Montanari (inviategli incontro da Tripoli), giunge nel porto libico alle
10.
16 aprile 1941
Il Da Noli, insieme a Vivaldi (capitano di vascello Giovanni
Galati, che assume la direzione dei soccorsi), Malocello, Dardo, alle torpediniere
Clio, Centauro, Perseo, Partenope e Sirtori, alla nave ospedale Arno,
alla nave soccorso Giuseppe Orlando
ed ai piroscafi Capacitas ed Antonietta Lauro, partecipa alle
operazioni di soccorso ai naufraghi delle navi del convoglio «Tarigo», distrutto
nella notte precedente dai cacciatorpediniere britannici Jervis, Janus, Nubian e Mohawk (quest’ultimo affondato a sua volta dal Tarigo). I cacciatorpediniere Luca
Tarigo e Baleno ed i piroscafi Adana, Aegina, Iserlohn e Sabaudia sono stati affondati, il
cacciatorpediniere Lampo ed il
piroscafo Arta sono stati portati
all’incaglio con danni gravissimi.
Complessivamente vengono tratti in salvo 1271 naufraghi, mentre le
vittime sono circa 700 (altre fonti parlano di 1800 vittime, ma sembrano basate
su stime errate).
19 aprile 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta), Malocello ed il cacciatorpediniere Dardo lasciano Tripoli alle 16 per
scortare a Napoli Ankara, Calitea, Reichenfels, Marburg e Kybfels.
21 aprile 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 14.
4 maggio 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta) e Malocello partono da Napoli per Tripoli
all’1.15, insieme alle torpediniere Pegaso,
Orione e Cassiopea, formando la scorta diretta di un convoglio (convoglio «Victoria»)
diretto a Tripoli e scortato dalle motonavi Victoria,
Andrea Gritti, Marco Foscarini, Sebastiano
Venier, Barbarigo, Ankara
(tedesca) e Calitea.
Dal momento che a Malta sono state avvistate unità leggere della Royal
Navy, il convoglio gode anche della scorta a distanza della VII Divisione
Navale (ammiraglio di divisione Ferdinando Casardi), con gli incrociatori
leggeri Eugenio di Savoia, Muzio Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, ed i cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, Alvise Da Mosto, Antonio
Pigafetta, Giovanni Da Verrazzano
e Nicolò Zeno. Queste navi prendono
posizione in testa al convoglio «Victoria» alle 20.03, a circa tre chilometri
di distanza, con i cacciatorpediniere in posizione di scorta avanzata. La
formazione di marcia notturna disposta da Casardi è così articolata:
cacciatorpediniere in scorta avanzata, seguiti dagli incrociatori in linea di
fila, seguiti dal convoglio disposto su tre colonne, con scorta laterale. Ciò
al fine di consentire alle navi della VII Divisione di reagire prontamente
contro unità di superficie che dovessero attaccare dai settori dove ciò appare
più probabile, senza essere intralciati nelle manovre da convoglio e scorta,
che avrebbe inoltre così modo di allontanarsi senza perdite. La scorta diretta,
secondo la valutazione dell’ammiraglio, dovrebbe bastare a proteggere il
convoglio da attacchi nei settori poppieri, che comunque sono poco probabili,
stante la velocità del convoglio e la posizione delle basi britanniche.
Fino al tramonto, il convoglio fruisce di numerosa scorta aerea con
velivoli sia da caccia che da bombardamento.
5 maggio 1941
La navigazione notturna si svolge senza inconvenienti.
Alle 5.45 la VII Divisione si porta sulla congiungente Malta-convoglio,
sulla quale poi si mantiene zigzagando per tutta la giornata, tenendosi in
vista del convoglio. Alle 6.40 sopraggiungono i primi velivoli della scorta
aerea (idrovolanti della ricognizione marittima e bombardieri).
Alle 14.26 viene avvistato un secondo convoglio, il «Marco Polo», in
navigazione su rotta opposta, e la VII Divisione passa a scortare quest’ultimo,
mentre il «Victoria» dirige su Tripoli.
Dopo un viaggio nel quale il convoglio «Victoria», continuamente
pedinato da ricognitori, ha subito diversi infruttuosi attacchi aerei, le navi
entrano a Tripoli alle 20.45.
12 maggio 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta), Malocello ed il cacciatorpediniere Saetta lasciano Tripoli alle 19.30
scortando Victoria, Gritti, Venier, Barbarigo ed Ankara che rientrano a Napoli.
Durante la navigazione nel Canale di Sicilia, il convoglio fruisce
della protezione a distanza della IV Divisione (incrociatori leggeri Bande Nere e Cadorna, cacciatorpediniere Scirocco,
Maestrale ed Alpino) e dell’VIII Divisione (incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Garibaldi, cacciatorpediniere Granatiere e Bersagliere).
14 maggio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 16.30.
26 maggio 1941
Da Noli, Vivaldi (caposcorta, capitano di
vascello Giovanni Galati), il cacciatorpediniere Saetta e le torpediniere Pallade,
Procione, Pegaso, Castore e Cigno partono da Napoli alle 2.30 (altra
versione indica l’orario di partenza nelle 23 del 25 maggio) per scortare a
Tripoli un convoglio formato dalle motonavi Marco
Foscarini, Andrea Gritti, Sebastiano Venier, Barbarigo, Rialto ed Ankara (tedesca).
Il convoglio, che ha scorta aerea per alcuni tratti, è scortato a
distanza dalla III Divisione Navale, dallo stretto di Messina in poi; segue le
rotte che passano ad est di Malta.
27 maggio 1941
Verso le 13 (poco dopo che gli aerei dell’Aeronautica di Sicilia della
scorta aerea hanno lasciato il convoglio, mentre i velivoli che avrebbero
dovuto sostituirli, provenienti dalla Libia, non sono potuti decollare a causa
del forte ghibli) vengono avvistati sei aerei a 6-7 km di distanza, che volano
a 10-20 metri di quota su rotta opposta al convoglio. Il caposcorta li scambia
inizialmente per aerei da trasporto tedeschi tipo Junkers Ju 52, ma in realtà
sono bombardieri britannici Bristol Blenheim decollati da Malta, i quali si
portano al traverso del convoglio e poi accostano per attaccare a volo radente
il gruppo formato da Foscarini, Barbarigo e Venier.
Da Noli e Cigno, unitamente alle motonavi, aprono
subito il fuoco (non appena identificano gli aerei come nemici); due degli
attaccanti (il V6460 del sergente E. B. Inman e lo Z6247 del capitano G. M.
Fairburn) vengono abbattuti (secondo fonti italiane, dal fuoco contraereo; per
i britannici, ambedue gli aerei sarebbero stati travolti e distrutti dallo
scoppio delle bombe sganciate dallo stesso Inman su una delle motonavi), ma Foscarini e Venier sono colpite. In tutto, l’attacco dura tre minuti.
La Venier subisce solo danni
lievi, perché l’unica bomba che la colpisce non esplode; ma la Foscarini viene incendiata ed
immobilizzata.
L’unico sopravvissuto dei sei uomini componenti gli equipaggi dei due
aerei, il sergente K. P. Collins della 82a Squadriglia della R.A.F.,
gravemente ferito, viene recuperato dalla Cigno,
che recupera anche tredici uomini della Foscarini
che hanno abbandonato la nave.
Da Noli e Cigno si trattengono con la Foscarini, sulla quale l’incendio divampa
violento; alle 16.21 il caposcorta ordina alla torpediniera di riunirsi alla
formazione, ed al Da Noli di restare
con la Foscarini per prestarle
assistenza. Il resto del convoglio prosegue per Tripoli, dove arriverà il
mattino del 28.
Dietro ripetute sollecitazioni del caposcorta a Marina Tripoli (alle
16.25 chiede l’invio di un rimorchiatore, ed alle 17.20 di una silurante per
cooperare con il Da Noli), arrivano
sul posto la torpediniera Pallade ed
i rimorchiatori Pronta e Salvatore Primo, che cooperano al
tentativo di portare in salvo la motonave in fiamme.
30 maggio 1941
Rimorchiata fino a Tripoli, la Foscarini
viene portata a poggiare sul fondo dell’avamporto, scongiurandone
l’affondamento. Tuttavia, non verrà mai recuperata.
Si tratta del primo attacco aereo verificatosi sulla rotta di levante
per la Libia, nonché del primo bombardamento a bassa quota contro navi nella
guerra del Mediterraneo.
Alle 19.10 sopraggiungono, dopo ripetute richieste del caposcorta,
quattro aerei da caccia ed un aerosilurante Savoia Marchetti S.M.79 per la
scorta aerea.
28 maggio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli in mattinata.
Il Da Noli in tempo di pace, con la prua non ancora modificata (g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net) |
3 giugno 1941
Il Da Noli, insieme al Vivaldi (caposcorta) ed alla
torpediniera Castore, lascia Tripoli
alle 20 per scortare a Napoli le motonavi Gritti,
Venier, Rialto ed Ankara
(tedesca).
5 giugno 1941
Il convoglio arriva a Napoli alle 15.
25 giugno 1941
Il Da Noli, insieme ai
cacciatorpediniere Aviere (caposcorta,
capitano di vascello Luciano Bigi), Geniere e
Vincenzo Gioberti ed alla
torpediniera Calliope, salpa da
Napoli alle 4.30, per scortare a Tripoli un convoglio veloce composto dai
trasporti truppe Esperia (capoconvoglio,
contrammiraglio Luigi Aiello), Marco
Polo, Neptunia ed Oceania.
Il convoglio imbocca la rotta di levante (stretto di Messina e poi ad
est di Malta), ritenuta, come detto, la più adatta per i convogli veloci per
trasporto truppe; i suoi lati vantaggiosi sono una maggior elasticità per
eventuali dirottamenti, maggior spazio di manovra, la possibilità di tenere il
convoglio al di fuori del raggio d’azione degli aerosiluranti di Malta, la
facilità di confondere il nemico circa la rotta seguita; i lati svantaggiosi,
un percorso più lungo (per questo la si fa percorrere ai convogli più veloci),
la possibilità di attacchi a sorpresa di navi di superficie inviate da
Alessandria o da Tobruk (in mano britannica da gennaio), comunque poco
probabile, e la maggior difficoltà a garantire scorta aerea di giorno.
Dopo aver attraversato lo stretto di Messina, la scorta del convoglio
viene rinforzata dalla XII Squadriglia Cacciatorpediniere (Ascari, Lanciere, Corazziere e Carabiniere; per altra versione il Lanciere faceva invece parte della
scorta diretta, fin dall’inizio del viaggio) e più tardi (dal tramonto) dalla
III Divisione (incrociatori pesanti Trieste e Gorizia), quest’ultima partita da
Messina alle 19, quale scorta indiretta.
Alle 18.25, mentre le navi sono ancora a nord del parallelo di Murro di
Porco (precisamente, a 32 miglia per 90° da Murro di Porco, non lontano da
Siracusa), il convoglio viene avvistato da un ricognitore; alle 20.20, poco
dopo che la scorta aerea (due bombardieri Savoia Marchetti S.M. 79
"Sparviero" e quattro caccia Macchi MC. 200) se ne è andata, ad
eccezione di un singolo caccia che è ancora sul cielo del convoglio, vengono
avvistati tre velivoli tipo Martin Maryland che volano a 2500 metri di quota,
proprio sopra il convoglio. Viene dato l’allarme; sia i mercantili che i
cacciatorpediniere aprono subito il fuoco con le mitragliere. Gli aerei
sganciano cinque bombe, ma nessuna va a segno; si ritiene che uno degli
attaccanti, colpito, sia caduto in mare in fiamme.
Alle 20.30, terminato il lancio, i bombardieri si allontanano, ma poco
dopo un altro aereo avversario si avvicina da sinistra, volando a 1500 metri;
fatto oggetto del violento tiro di tutte le navi del convoglio, rinuncia
all’attacco e si allontana prima di poter giungere sulla verticale del
convoglio. Da poppa sopraggiunge un altro Bombardiere, ma è seguito dall’unico caccia rimasto della scorta
aerea, e lascia dietro di sé una scia di fumo; due membri del suo equipaggio si
lanciano col paracadute, poi il Bombardiere precipita
in mare. Alle 20.40 vengono avvistati altri due bombardieri, provenienti da
dritta, anch’essi accolti dal tiro delle navi della scorta: uno dei due spara
raffiche di mitragliera (che cadono una cinquantina di metri a dritta del Da Noli), poi accosta a sinistra e si
allontana senza sganciare bombe; l’altro giunge sul cielo del convoglio e
sgancia una bomba, che cade in mare senza fare danni. Alle 21, Supermarina
“informa” il convoglio che alle 18.35 questo è stato avvistato da un
ricognitore avversario.
Alle 21.10 un bengala si accende a proravia del convoglio, a circa 3000
metri di quota (resta acceso 8-9 minuti); dato che l’esperienza precedente
insegna che questo è il preludio ad un attacco di aerosiluranti, le navi della
scorta iniziano ad emettere cortine fumogene, per occultare le navi del
convoglio. Alle 21.29 gli aerosiluranti – velivoli dell’830th Squadron
della Fleet Air Arm – attaccano: provenienti da dritta e restando in
formazione, si portano a proravia del convoglio, poi sul suo lato sinistro,
indi si separano ed attaccano dai quartieri prodieri. Le navi aprono il fuoco
con le mitragliere; vengono lanciati almeno quattro siluri, nessuno dei quali
va a segno.
Mentre ancora non si è concluso l’attacco degli aerosiluranti, alle
21.37, vengono lanciati in mezzo al convoglio tre bengala che galleggiano sul
mare (si tratta di fuochi al cloruro di calcio, una nuova invenzione al suo primo
impiego nella battaglia dei convogli): due si spengono quasi subito, ma il
terzo resta acceso per un paio di minuti, illuminando a giorno il convoglio con
la sua fortissima luce gialla; le navi si diradano ed intanto avvistano sul
loro cielo i fanalini di navigazione di altri aerei, contro i quali sparano con
tutte le mitragliere. Gli aerei sganciano delle bombe di grosso calibro;
nessuna va a segno, ma una esplode a pochi metri dall’Esperia, che subisce lievi danni ed alcune perdite tra il personale
imbarcato.
Alle 21.45 gli aerei se ne vanno, inseguiti dal fuoco delle
mitragliere; uno di essi, un Fairey Swordfish dell’830th Squadron
F. A. A. (sottotenente D. A. R. Holmes, aviere J. R. Smith), viene
abbattuto.
Tanto accanimento non è casuale. Il convoglio «Esperia» detiene infatti
il dubbio onore di essere stato il primo convoglio ad essere attaccato sulla
base delle informazioni fornite da “ULTRA”, l’organizzazione segreta britannica
dedita alla decrittazione dei messaggi in codice dell’Asse. Già il 23 giugno,
due giorni prima della partenza, i britannici sanno così che un convoglio
formato da Neptunia, Oceania, Marco Polo ed Esperia (in
realtà, inizialmente, i britannici commettono un errore ed identificano la
quarta nave come Victoria, ma
questo viene prontamente corretto il 24 giugno), scortato da cinque
cacciatorpediniere, deve partire da Napoli alle 3.30 diretto a Tripoli, con
arrivo previsto per le 16.30 del 27, navigando ad una velocità di 17,5 nodi.
Ulteriori intercettazioni, sempre compiute il 23 giugno, permettono ai
britannici di apprendere anche che il convoglio deve attraversare il parallelo
34°30’ N alle sette del mattino del 26, che sarà scortato anche da aerei, e che
dopo aver scaricato i materiali dovrà tornare a Napoli seguendo la rotta ad
ovest della Sicilia.
26 giugno 1941
Vista la violenza degli attacchi aerei, nel fondato timore che essi
debbano proseguire per il resto della notte ed anche la mattina successiva –
mentre il convoglio è al di fuori del raggio operativo della caccia italiana –,
oltre che in seguito alla notizia dell’avvistamento di un sommergibile in
agguato lungo la rotta del convoglio (avvistato ed attaccato da un velivolo
della ricognizione marittima), Supermarina ordina sia al convoglio che alla III
Divisione di dirottare su Taranto. Qui le navi giungono alle 17.
27 giugno 1941
Il convoglio riparte da Taranto per Tripoli alle 17, con scorta diretta
ed indiretta invariate, seguendo una rotta che lo tenga quanto più possibile
lontano da Malta. Anche questa volta “ULTRA” intercetta e decifra i relativi
messaggi, ma stavolta la reazione britannica sarà assai meno violenta e
tempestiva.
28 giugno 1941
In mattinata il convoglio viene avvistato da un ricognitore britannico;
il segnale di scoperta da esso lanciato viene però intercettato e decifrato da
Supermarina, che ne informa il convoglio. Questi modifica allora notevolmente
la rotta, ma nel pomeriggio viene avvistato di nuovo; non si verificano però
attacchi aerei durante il giorno, né nella notte successiva.
29 giugno 1941
Intorno alle 9 il convoglio, giunto in prossimità di Tripoli ed ormai
lasciato dalla III Divisione (che rientra a Messina, dove giunge alle 11) ma
raggiunto dalla scorta aerea (due caccia Macchi MC. 200, due S.M. 79 e due
idrovolanti CANT Z. 501) viene attaccato da bombardieri britannici, i quali
sganciano poche bombe che non causano nessun danno.
Il convoglio giunge a Tripoli alle 10.30 (o 11.15).
Nemmeno con l’arrivo in porto, però, le traversie sono finite: tra le
18.30 ed il 19.45 alcuni ricognitori britannici sganciano delle bombe sul
porto, senza colpire le navi (i trasporti hanno comunque già sbarcato le
truppe, subito allontanate dal porto); dalle 21.48 alle 23.49 il porto viene
nuovamente attaccato da un nutrito numero di bombardieri, ma le molte bombe
lanciate finiscono anch’esse in mare (alcune, inesplose, vengono scambiate per
mine magnetiche, tanto che all’alba si inizia un’operazione di dragaggio
magnetico per preparare una rotta d’uscita di sicurezza: ma di mine non ve ne
sono).
30 giugno 1941
Alle 9.15 (o 9.30) quattro bombardieri britannici Bristol Blenheim,
provenienti da ovest, arrivano sul porto di Tripoli a motore spento, volando a
bassissima quota; la fittissima foschia, causata da forte ghibli, impedisce
alle stazioni di vedetta di avvistarli prima che giungano sul porto. In un
fulmineo attacco, i Blenheim colpiscono l’Esperia,
causando danni e vittime.
Alle 20, nel corso di un nuovo attacco aereo sul porto, Da Noli, Aviere (caposcorta), Geniere e Gioberti ripartono per scortare a
Napoli Esperia (sommariamente
riparata ed in grado di riprendere a navigare), Neptunia e Marco
Polo. Nella notte si uniscono al convoglio anche l’Oceania ed il Lanciere,
a loro volta salpati da Tripoli alle 22. Questa volta si seguono le rotte di
ponente.
2 luglio 1941
Il convoglio arriva a Napoli alle 7.
26 luglio 1941
Il Da Noli, insieme ai
gemelli Pigafetta (caposquadriglia
e comandante superiore in mare, capitano di vascello Mezzadra), Da Verrazzano, Da Mosto, Pessagno e
Zeno, lascia Taranto alle 20.
27 luglio 1941
Ai cacciatorpediniere si uniscono i posamine ausiliari, già traghetti
ferroviari, Reggio ed Aspromonte, usciti da Messina alle 7. Le
navi dirigono per Trapani, e durante la navigazione eseguono delle prove
evolutive per migliorare la coordinazione tra traghetti-posamine e
cacciatorpediniere, dalle caratteristiche manovriere molto differenti e che non
hanno mai eseguito un’operazione di posa insieme prima d’ora. Le unità dovranno
infatti effettuare la posa della quarta tratta dello sbarramento «S», la «S 4»,
composta dalle spezzate «S 41», «S 42», «S 43» e «S 44».
28 luglio 1941
Dopo aver dovuto rallentare nell’ultimo tratto per un’avaria dell’Aspromonte e poi essersi dovute
ancorare davanti a Trapani in attesa della dissoluzione di un banco di nebbia,
le navi entrano a Trapani alle cinque del mattino.
6 agosto 1941
Cacciatorpediniere e traghetti imbarcano a Trapani, nel pomeriggio, le
mine e le boe strappanti ed esplosive che dovranno presto posare. Nei giorni
successivi le navi restano a Trapani, pronte a muovere in 6 ore.
7 agosto 1941
Allarme aereo dalle 19.17 alle 19.49.
11 agosto 1941
Da Noli, Da Mosto, Da Verrazzano, Pessagno, Pigafetta (capitano di vascello
Mirti della Valle, caposquadriglia e comandante superiore in mare), Reggio ed Aspromonte lasciano Trapani alle 22.45 e si dispongono in
linea di fila una volta in franchia delle ostruzioni.
12 agosto 1941
I cacciatorpediniere, una volta fuori delle rotte di sicurezza, si
dispongono in posizione di scorta ai traghetti-posamine. Alle 6.45 sopraggiunge
una scorta aerea di caccia e ricognitori, che resterà sul cielo delle navi sin
al rientro. Alle 8.41 ha inizio la posa dello sbarramento «S 41»,
conclusa alle 9.15. Lo sbarramento, al pari di quelli che saranno posati nei
giorni successivi, è formato da due file centrali («C» e «D», posate da Reggio ed Aspromonte, con intervallo di 100 metri tra ogni mina e
le armi delle due file sfalsate tra di loro) di mine italiane antidraganti, due
file intermedie («B» e «E», posate da Pigafetta e Da Mosto, con intervallo di 66
metri tra ogni boa) di boe esplosive e due file esterne («A» e «F», posate
da Pessagno, Da Noli, Da Verrazzano e, nelle pose successive, anche Zeno; intervallo tra le boe 60
metri) di boe strappanti. Tra ogni fila la distanza è di 200 metri; la
lunghezza delle file è di otto miglia. Il Da Noli, insieme al Pessagno, posa
le 220 boe strappanti della fila «F».
Tra le 14 e le 15.15 le navi si ormeggiano a Trapani; Da Noli, Da Mosto, Da Verrazzano, Zeno, Pessagno, Pigafetta,
Reggio ed Aspromonte imbarcano le mine della
spezzata «S 42».
Alle 20 i cacciatorpediniere accendono le caldaie, per partire alle 24.
13 agosto 1941
Causa ritardi nell’imbarco delle mine, all’una si decide di rimandare
la partenza di ventiquattr’ore.
14 agosto 1941
Tra le 00.00 e l’1.20 Da
Noli, Da Mosto, Da Verrazzano, Zeno, Pessagno, Pigafetta, Reggio ed Aspromonte
lasciano Trapani; in franchia delle ostruzioni si mettono in linea di fila, ed
in franchia delle rotte di sicurezza i cacciatorpediniere si pongono in
formazione di scorta a Reggio ed Aspromonte.
Alle 7.53, giunte vicine alla zona di posa, le navi devono constatare
che il mare agitato al traverso, da maestrale, impedisce la posa, quindi
tornano indietro, entrando a Trapani tra le 12.50 e le 14.50.
15 agosto 1941
Allarme aereo dalle 2.45 alle 3.
16 agosto 1941
Accese le caldaie all’1.30, Da
Noli, Da Mosto, Da Verrazzano, Zeno, Pessagno, Pigafetta, Reggio ed Aspromonte lasciano
Trapani tra le 4.30 e le 5.40. Superate le ostruzioni si dispongono in linea di
fila, e fuori dalle rotte di sicurezza i cacciatorpediniere scortano i
traghetti-posamine.
La posa della spezzata «S 42» inizia alle 12.04 e finisce alle 12.56
(il Da Noli, insieme al Pessagno, posa 198 boe strappanti,
la fila «F»), poi le navi fanno rotta su Trapani, arrivandovi tra le 16.30 e le
18.
17 agosto 1941
Le navi imbarcano a Trapani le mine per la spezzata «S 43», da posare
il 18, ma alle 22.30 viene comunicato il rinvio di 24 ore dell’operazione.
19 agosto 1941
I cacciatorpediniere accendono le caldaie alle 00.30, e tra le 3.30 e
le 4.40 escono da Trapani, mettendosi in linea di fila in franchia delle
ostruzioni e poi di scorta a Reggio ed Aspromonte dalle 6.20.
La posa della «S 43» inizia alle 10.40 e viene completata alle 11.34 (Da Noli e Pessagno posano di nuovo la fila «F»,
composta stavolta da 248 boe strappanti), poi le navi mettono la prua su
Trapani, dove i cacciatorpediniere arrivano tra le 15.20 e le 17.10.
20 agosto 1941
A Trapani vengono imbarcate le mine della spezzata «S 44». Allarme
aereo dalle 19.50 alle 20.10, dalle 21.10 alle 21.45 e dalle 22.55 alle 23.10;
vengono avvistati tre bombardieri Bristol Blenheim ed i cacciatorpediniere
aprono un fuoco di sbarramento con le mitragliere, ma i Blenheim non sganciano
alcuna bomba.
La posa della «S 44» dovrebbe aver luogo il 22 agosto, ma il maltempo
la fa rimandare di ventiquattr’ore.
23 agosto 1941
Da Noli, Da Mosto, Da Verrazzano, Pessagno, Pigafetta e Zeno accendono le caldaie alle 3.30, poi partono tra le 4.25 e
le 5.40. Come al solito, superate le ostruzioni assumono la linea di fila, poi
dirigono per la zona di posa seguendo le rotte prescritte; alle 7 arriva la
scorta aerea, che resterà sino al rientro.
La posa della «S 44» viene cominciata alle 10.23 ed ultimata alle 11.17
(di nuovo Da Noli e Pessagno posano la fila «F», composta
stavolta da 230 boe strappanti), poi si assume la rotta di rientro, arrivando a
Trapani tra le 14.30 e le 16.
Lo stesso giorno Da Noli, Pessagno, Pigafetta, Da Verrazzano, Usodimare e Malocello escono nuovamente in mare di scorta alle corazzate Littorio e Vittorio Veneto, uscite in mare per
intercettazione di forze navali britanniche, ma la missione si conclude senza
che si prenda contatto con forze nemiche.
29 agosto 1941
Il Da Noli, insieme al Pessagno, all’Usodimare ed ai cacciatorpediniere Aviere (caposcorta), Camicia
Nera e Vincenzo Gioberti,
salpa da Napoli per Tripoli alle 11.15, scortando i grossi trasporti
truppe Victoria, Neptunia ed Oceania.
A mezzogiorno il sommergibile britannico Urge (tenente di vascello Edward Philip Tomkinson) avvista il
convoglio mentre transita nella Bocca Piccola diretto verso sud, per poi
disporsi su due colonne (Neptunia e Oceania nella colonna di
dritta, Victoria da sola in
quella di sinistra) ed assumere rotta 215°. Dopo essere temporaneamente sceso a
15 metri (dalle 12.14 alle 12.16) per non essere avvistato da un
cacciatorpediniere che ha ridotto le distanze, alle 12.18 l’Urge, nel punto 40°25’ N e 14°25’ E (al
largo di Capri), lancia tre siluri da 3660 metri contro il trasporto più
vicino: la Victoria, che
Tomkinson ha scambiato per un più grande e vecchio transatlantico del tipo “Duilio”. La motonave viene mancata dai
siluri, così come l’Urge viene
mancato dalle 26 bombe di profondità gettate dalla scorta tra le 12.24 e le
12.55 (nessuna esplode particolarmente vicino al sommergible), così ritirandosi
verso sudest con l’errata impressione di avere colpito il bersaglio.
31 agosto 1941
Alle 6.30 il sommergibile britannico Upholder (tenente di vascello Malcolm David Wanklyn) rileva
rumori di navi in avvicinamento, nota del fumo e poi avvista il convoglio (con
i trasporti truppe disposti su due colonne) in avvicinamento su rotta 250°, poi
225°. Avvicinatosi con un’accostata verso nord, il battello britannico lancia
una salva di quattro siluri, da 5500-6400 metri di distanza, alle 7.10,
contro Neptunia e Oceania (in posizione 32°50’ N e
13°55’ E, a levante di Tripoli). Nessuna delle armi va a segno, e dalle 7.16
alle 7.30 due dei cacciatorpediniere contrattaccano con il lancio di 23 bombe
di profondità, che tuttavia non danneggiano l’Upholder il quale frattanto si ritira verso nord.
Il convoglio giunge a Tripoli alle 9.30.
Da Noli, Pessagno, Usodimare, Aviere (caposcorta), Gioberti e Camicia Nera ripartono da Tripoli
alle 20.30, scortando Victoria, Neptunia ed Oceania che rientrano vuote a
Taranto.
2 settembre 1941
Il convoglio arriva a Taranto alle 15.
16 settembre 1941
Il Da Noli salpa da
Taranto alle 20.20, insieme ai cacciatorpediniere Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Stanislao
Esposito), Pessagno, Usodimare, Alfredo Oriani e Vincenzo
Gioberti, per scortare a Tripoli un convoglio veloce formato dalle
motonavi Vulcania, Neptunia ed Oceania, cariche di truppe italiane e
tedesche.
Il convoglio non segue subito la rotta diretta per Tripoli,
mantenendosi invece molto più ad est, in modo da tenersi al di fuori del raggio
operativo degli aerosiluranti di base a Malta (è previsto di accostare per
Tripoli solo quando si sarà giunti nei pressi della costa libica). Inizialmente
la navigazione del convoglio si svolge approssimativamente lungo la tangente al
cerchio avente centro Malta e raggio 160 miglia; poi, dopo l’accostata, le navi
imboccheranno un corridoio stretto tra il predetto cerchio di raggio 160
miglia, a nord, ed i campi minati, a sud.
E proprio nel tratto finale di questo “corridoio”, dove il percorso è
obbligato, sono stati inviati in agguato, a seguito di decrittazioni di “ULTRA”
su orari e rotte del convoglio, quattro sommergibili britannici: l’Unbeaten (100 miglia ad est di
Tripoli), l’Upholder (10 miglia
a nordovest dell’Unbeaten) e l’Upright (20 miglia a nordovest
dell’Unbeaten), a formare uno
sbarramento perpendicolare alla presunta rotta dei convogli diretti da Tripoli
e provenienti da est; e l’Ursula, 30
miglia ad est di Tripoli, all’imbocco della rotta di sicurezza.
17 settembre 1941
In mattinata, il convoglio viene localizzato da un ricognitore
britannico, avvistato dall’Usodimare alle
otto del mattino. Alle 16.52 l’Usodimare avvista
un sommergibile su rilevamento 140°, a 7000 metri di distanza; mentre il
convoglio accosta a dritta, Pessagno ed Usodimare, che sono in posizione di
scorta laterale a sinistra, lasciano la formazione e danno la caccia al
sommergibile, mentre Da Noli e Gioberti ricevono ordine di lanciare bombe
di profondità a scopo intimidatorio, qualora vi fosse in zona un secondo
sommergibile. Alle 17.20 i due cacciatorpediniere si riuniscono al convoglio
che, già pochi minuti dopo l’avvistamento, è tornato sulla rotta originaria
(180°). Probabilmente si è trattato di un falso allarme, non risultando che vi
fossero sommergibili britannici nella zona attraversata in quel momento.
Alle 19.15 il convoglio assume rotta 255° (per giungere al punto di
atterraggio “B”, tra Homs e Tripoli), ed alle 21.05 una vedetta del Pessagno avvista quello che ritiene
essere un bengala del tipo utilizzato dai britannici, spentosi immediatamente;
il Pessagno lo riferisce al
caposcorta.
Il convoglio procede con le motonavi disposte in formazione a triangolo
(Oceania a dritta, Vulcania a sinistra, Neptunia in coda tra le due), con i
cacciatorpediniere tutt’intorno (il Da
Recco in testa, quale caposcorta).
18 settembre 1941
Alle 3.30 appare la luna all’ultimo quarto, a poppavia sinistra del
convoglio. Alcuni minuti prima, alle 3.07, l’Unbeaten (il più a sud dei tre sommergibili dislocati a
cavallo della rotta) ha avvistato le navi italiane dirette verso Tripoli;
essendo troppo lontano per lanciare i siluri con concrete possibilità di
successo, il battello britannico comunica l’avvistamento per radio ai tre
“colleghi” in agguato nelle vicinanze, che ricevono tutti il messaggio. Anche
Supermarina intercetta e decifra il messaggio dell’Unbeaten, che ritrasmette il prima possibile al Da Recco, per avvisarlo: ma è già troppo
tardi.
L’Upholder, infatti, non
appena ricevuto il messaggio si è mosso verso il convoglio, l’ha avvistato alle
3.50 a 6 miglia per 045° (la visibilità del convoglio è aumentata da un
problema della Vulcania, dal cui
fumaiolo esce un vistoso pennacchio di scintille) ed ha lanciato una salva di
siluri, alle 4.06 (orario britannico), da 4570 metri di distanza.
Alle 4.15 (orario italiano), due delle armi vanno a segno: in posizione
33°02’ N e 14°42’ E (fonti italiane; 33°01’ N e 14°49’ E per l’Upholder), la Neptunia e l’Oceania vengono
colpite, una dopo l’altra. Il disastro coglie il convoglio del tutto di
sorpresa: nessuno, né sulle motonavi né sui cacciatorpediniere, ha avvistato il
sommergibile o le scie dei siluri, neanche all’ultimo momento.
Mentre la Vulcania,
unica rimasta indenne, prosegue per Tripoli con la scorta dell’Usodimare (capitano di freagata
Galleani) per ordine del caposcorta (le due navi giungeranno indenni a
destinazione, dopo aver eluso un attacco da parte dell’Ursula), gli altri quattro cacciatorpediniere si portano subito
sotto le navi colpite, per fornire soccorso.
La Neptunia è,
delle due, quella in condizioni più critiche: il siluro è esploso a poppavia
del traverso, probabilmente sotto la chiglia, provocando immediatamente
l’immobilizzazione della nave e la cessazione dell’erogazione dell’energia
elettrica. La motonave inizia subito ad appopparsi ed a sbandare sulla sinistra
(inizialmente 9°-10°); il Da Noli,
insieme al Gioberti, riceve
ordine dal Da Recco di
prestarle assistenza, e di recuperare gli uomini che si stanno gettando in
mare. (Per altra versione, il Da Noli
viene inviato ad assistere il Gioberti
in questa opera in un secondo tempo).
Così viene fatto: Da Noli e Gioberti si portano sulla dritta
della Neptunia (cioè
sopravento), fermandosi a 50-100 metri dalla motonave, mentre questa cala tutte
le scialuppe, cariche di soldati. Molti altri soldati si sono gettati
direttamente in acqua; quelli rimasti a bordo dopo la partenza delle scialuppe
ricevono istruzione di calarsi in mare lungo corde e biscagline, mentre vengono
gettati in mare tutti gli zatterini e centinaia di galleggianti di fortuna,
quali tavole e pannelli da boccaporto. Da
Noli e Gioberti recuperano
incessantemente i naufraghi dalle imbarcazioni e dal mare; tutti indossano i
giubbotti salvagente e sono privi delle scarpe. L’appoppamento e lo sbandamento
della Neptunia si aggravano
sempre più; alle 6.20, fallito ogni tentativo di contenere gli allagamenti,
viene dato l’ordine di abbandono generale della nave (a bordo sono rimasti pochi
soldati e parte dell’equipaggio). Alle 6.35 i comandanti civile e militare
della Neptunia, capitano Gladulich e
capitano di vascello M. Fedeli, scendono in mare e raggiungono a nuoto il Da Noli, a bordo del quale vengono
issati alle 6.50.
Alle 6.50 la Neptunia s’inabissa
con la poppa in verticale. Da Noli e
Gioberti continuano a recuperare i
naufraghi; verso le 7.30 si unisce a loro anche il Da Recco.
Maggiori speranze si nutrono per l’Oceania,
che – colpita a poppa – non ha subito danni tali da comprometterne la
galleggiabilità: gli allagamenti vengono contenuti, e la maggior parte
dell’apparato propulsivo (eccetto la motrice interna di sinistra, che
dev’essere fermata per probabile perdita dell’elica) rimane in funzione. Prima
di tentare un rimorchio, comunque, il suo comandante decide di trasferire le
truppe sul Pessagno.
Nel mentre, i britannici sono ancora all’opera: alle cinque del mattino
l’Upright, avvistando le due motonavi
immobilizzate, ha dato inizio ad una manovra d’attacco per dare loro il colpo
di grazia, salvo rinunciare alle 5.25 per la presenza dei cacciatorpediniere.
Per giunta l’Upholder, sceso
in profondità dopo l’attacco (alle 4.08) per ripiegare verso sud, alle 4.45 è
riemerso ed ha osservato la scena delle due motonavi colpite con i
cacciatorpediniere impegnati nei soccorsi, e Wanklyn ha deciso di spostarsi
verso est per ricaricare i siluri ed attaccare nuovamente all’alba: alle 5.30
l’Upholder torna ad immergersi e
si avvicina alle navi italiane, ricaricando i tubi di lancio, ed alle 6.30
avvista l’Oceania ed il Pessagno, decidendo di attaccare la
prima.
Alle 6.52 anche l’Unbeaten (capitano
di corvetta Edward Arthur Woodward) avvista l’Oceania danneggiata e si avvicina per attaccare, ma viene dissuaso
dalla presenza dei cacciatorpediniere.
Alle 7.56 l’Upholder sta
per lanciare i siluri, quando un cacciatorpediniere classe Navigatori
(probabilmente il Pessagno od
il Da Recco) gli passa vicino,
inducendo Wanklyn a scendere in profondità; alle 7.59 l’Upholder scende a 21 metri e manovra per portarsi di nuovo in
poszione di attacco. Intanto, il Da
Recco giunge sul posto per sostituire il sovraccarico Pessagno (ha a bordo oltre 2000
uomini) nell’opera di soccorso.
Alle 8.51 l’Upholder lancia
un’altra salva di siluri contro l’Oceania:
colpita da due delle armi, la motonave affonda in sette minuti. Al Da Recco non resta che recuperare i
naufraghi, operazione alla quale partecipano anche le torpediniere Perseo, Centauro, Circe e Clio (giunte verso le otto) e la
nave soccorso Laurana, inviate sul
posto da Marina Libia. Un idrovolante di soccorso della Croce Rossa, tentando
di ammarare nel mare agitato, perde un’ala ed affonda; il Da Noli ne recupera l’equipaggio.
La perdita dei due transatlantici è un duro colpo, ma grazie all’alacre
opera di soccorso delle siluranti risulta possibile salvare la larghissima
maggioranza del personale imbarcato: 5434 uomini su 5818, cioè il 93 %.
Il Da Noli ha salvato 682 uomini
(tra cui alcuni feriti) e recuperato a quattro salme; il Pessagno ha tratto in salvo 2083
naufraghi, il Da Recco 1302,
il Gioberti 582, l’Usodimare (tornato sul posto dopo
aver accompagnato a Tripoli la Vulcania)
485, la Clio 163, la Perseo 131, la Circe 3 ed altri tre gli
idrovolanti di soccorso.
Molti gli episodi di altruismo e di vero e proprio eroismo: diversi
marinai dei cacciatorpediniere si sono tuffati in acqua per sostenere e
soccorrere i soldati che versavano in condizioni peggiori; una volta a bordo, i
naufraghi sono stati rifocillati e rivestiti con indumenti offerti spontaneamente
da ufficiali e marinai delle unità soccorritrici.
Da Noli, Da Recco, Gioberti, Circe, Centauro e Perseo entrano a Tripoli con i naufraghi alle 21.
Naufraghi della Neptunia sul ponte di prua del Da Noli (g.c. STORIA militare) |
19 settembre 1941
Da Noli, Da Recco, Pessagno ed Usodimare lasciano
Tripoli alle 19.30 per scortare a Napoli la Vulcania, che rientra per la rotta di ponente.
21 settembre 1941
Le navi arrivano a Napoli alle 2.45.
2 ottobre 1941
Il Da Noli (capitano di
fregata Luigi Cei Martini, caposcorta) parte da Napoli per Tripoli alle 22.30,
insieme ai cacciatorpediniere Vincenzo
Gioberti, Antoniotto Usodimare ed Euro,
scortando un convoglio composto dalle motonavi Vettor Pisani, Rialto, Fabio Filzi e Sebastiano
Venier, italiane, Ankara e Reichenfels, tedesche. In tutto le navi del convoglio trasportano
828 veicoli, 12.110 tonnellate di materiali vari, provviste e munizioni, 3162
tonnellate di carburante e 1060 uomini: circa metà della loro portata, per
frazionare il carico tra più navi in modo da ridurre le perdite nel caso
dell’affondamento di una di esse.
Il convoglio, denominato «Pisani», segue la rotta di levante, per lo
stretto di Messina ed ad est di Malta (a circa 90 miglia dall’isola, perché la
recente introduzione dei bombardieri ed aerosiluranti Vickers Wellington,
dotati di maggiore autonomia dei Fairey Swordfish ed Albacore sino ad ora
impiegati, rende inutile viaggiare a distanza maggiore: in tali condizioni,
allora, tanto vale viaggiare più vicini a Malta, per ridurre la durata della
traversata e prolungare il tempo in cui la caccia proveniente dalla Sicilia può
tenere il convoglio sotto la propria protezione).
La velocità del convoglio dovrebbe essere di 14 nodi, ma il Reichenfels ha problemi di macchina
che costringono a ridurla a 10 nodi, che più avanti è possibile portare a 13.
4 ottobre 1941
Alle 14 il Da Noli
ordina a Rialto e Reichenfels di scambiarsi di posto
nella formazione.
Nelle giornate del 3 e 4 ottobre, di giorno, il convoglio fruisce della
scorta aerea di bombardieri Savoia Marchetti SM. 79 "Sparviero" della
Regia Aeronautica e di caccia Messerschmitt della Luftwaffe, ma poco dopo le
dieci del mattino del 4 ottobre viene avvistato da ricognitori britannici
provenienti da Malta, che informano subito i propri comandi.
Supermarina intercetta i segnali di scoperta lanciati dai ricognitori,
e richiede a Superaereo di sottoporre Malta, in serata, ad un violento
bombardamento, così da impedire che gli aerei destinati ad attaccare il
convoglio nottetempo possano decollare; il bombardamento avrà luogo, ma per
“ragioni di forza maggiore” non sarà intenso come richiesto da Supermarina,
così gli aerei di Malta possono decollare egualmente.
Dopo l’intercettazione del segnale di scoperta, Supermarina ne mette al
corrente anche il comandante Cei Martini, che dopo il tramonto fa coprire tutto
il convoglio con cortine nebbiogene, così che i ricognitori nemici non lo
vedano accostare, poi modifica la rotta nel tentativo di ingannare gli aerei
britannici.
Il provvedimento sembra avere un temporaneo successo, ma tra l’una e le
due di notte del 5 ottobre i ricognitori nemici ritrovano il convoglio.
5 ottobre 1941
Alle 00.45, un sommergibile attacca infruttuosamente il convoglio e l’Usodimare contrattacca, ritenendo
di averlo danneggiato.
Poco dopo le 2.52 del 5 ottobre ha inizio un attacco aereo; viene dato
l’allarme, ed i cacciatorpediniere della scorta riescono ad occultare i
mercantili con cortine di nebbia. Non appena gli aerei si avvicinarono, tutte
le navi del convoglio aprono un violento fuoco di sbarramento, che costringe
gli attaccanti a ritirarsi. La navigazione prosegue, con vigilanza rafforzata.
Alle 3.52, una settantina di miglia a nord di Misurata (per altra
fonte, 80 miglia a nord-nord-est di tale città), ha inizio un secondo attacco,
da parte di quattro aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th Squadron
della Fleet Air Arm decollati da Malta. Il comandante Cei Martini fa emettere
nuovamente cortine fumogene, ma si accorge che, con il vento che spira dai
settori poppieri, la cortina non è efficace; risale quindi il convoglio su
rotta invertita ed emettendo fumo, così riuscendo ad occultare tutto il lato
sinistro. Il lato dritto, quello opposto alla luna, resta però scoperto; e da
quel lato attaccano gli aerosiluranti, che alle 3.57 colpiscono la Rialto con uno o due siluri. Uno
degli aerei viene abbattuto, ma la motonave rimane immobilizzata ed inizia a
sbandare fortemente. Il Da Noli
distacca prima l’Euro e poi il Gioberti
ad assisterla, ma la Rialto affonderà
alle dieci del mattino, dopo che i due cacciatorpediniere avranno recuperato
145 dei 165 uomini imbarcati.
Il resto del convoglio, proseguito dopo il siluramento, viene raggiunto
dalle torpediniere Partenope (dopo
rastrello antisommergibile) e Calliope (per
pilotaggio e rinforzo alla scorta) inviate da Tripoli, ed arriva nel porto
libico alle 15 (o 15.30) dello stesso giorno.
6 ottobre 1941
Da Noli (caposcorta) ed Usodimare lasciano Tripoli per Napoli
alle 17.15, scortando il piroscafo Castelverde.
8 ottobre 1941
Le tre navi giungono a Napoli alle 17.45, senza aver subito alcun
attacco.
15 ottobre 1941
Da Noli (nave
ammiraglia del contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, comandante del Gruppo
Cacciatorpediniere di Scorta), Pessagno
e Zeno partono da Augusta alle 19 per
una missione di trasporto: a bordo hanno 870 soldati da trasportare a Bengasi.
A seguito della perdita di vari transatlantici impiegati per trasporto
di truppe (per ultimi proprio Neptunia ed Oceania), il Comando Supremo ha infatti
deciso, ad inizio ottobre, di non utilizzare più tali navi – troppo grandi e
vulnerabili, a grande rischio di essere silurate, con elevate perdite umane in
caso di affondamento – ma di affidare invece il trasporto da Augusta a Bengasi
di reparti organici di truppe tedesche, dotate del solo equipaggiamento
individuale, a gruppi di cacciatorpediniere.
Per questo compito sono stati scelti appunto i “Navigatori”, i più
grandi (e quindi capienti) cacciatorpediniere disponibili: tra di essi il Da Noli.
Le missioni di trasporto devono essere effettuate ad elevata velocità
(21 nodi) e con la protezione, nelle ore diurne, di aerei italiani e tedeschi.
16 ottobre 1941
I tre cacciatorpediniere arrivano a Bengasi alle 16.30 e ne ripartono
alle 20.30, trasportando 52 tra civili e militari rimpatriandi.
18 ottobre 1941
Da Noli, Pessagno e Zeno e giungono ad Augusta alle otto.
20 ottobre 1941
Da Noli (nave
ammiraglia del contrammiraglio Nomis di Pollone), Pessagno e Zeno
lasciano nuovamente Augusta per Bengasi, trasportando un reparto di 800 uomini.
21 ottobre 1941
Alle 8.30, quindici miglia a nord di Bengasi, i cacciatorpediniere
vengono attaccati due volte da sommergibili, con il lancio in tutto di almeno
cinque siluri, che riescono ad evitare con pronte contromanovre, oltre che
grazie alla vigilanza degli aerei di scorta. Secondo fonti britanniche
l’attaccante sarebbe il sommergibile HMS Regent (tenente di vascello Walter Neville Ronald Knox), ma
l’attacco sarebbe avvenito alle 14.30: il Regent
avvista una nave alle 14.20, nel canale dragato che porta a Bengasi, ma è
costretto subito a scendere in profondità da un aereo che gli si avvicina;
tornato a quota periscopica dieci minuti più tardi, avvista i
cacciatorpediniere a 1830 metri di distanza e lancia sei siluri contro due dei
cacciatorpediniere, che si “sovrappongono” nella visuale del periscopio. A
causa della sottostima della velocità dei bersagli, nessun siluro va a segno,
ed i cacciatorpediniere reagiscono lanciando quattro bombe di profondità, che
esplodono a poppavia del Regent,
piuttosto vicine, ma senza causare danni.
Le navi arrivano a Bengasi alle 15.40. Ripartono alle 18.30, con a
bordo 170 rimpatriandi.
23 ottobre 1941
Da Noli, Pessagno e Zeno arrivano ad Augusta alle 2.30.
3 novembre 1941
Da Noli, Vivaldi (caposquadriglia, capitano
di vascello Giovanni Galati) e Pessagno salpano
da Augusta alle 19 trasportando 788 militari diretti a Bengasi.
4 novembre 1941
I cacciatorpediniere giungono a Bengasi alle 13.30; ripartono due ore
dopo, con a bordo 217 rimpatriandi.
5 novembre 1941
Da Noli, Vivaldi e Pessagno giungono ad Augusta alle 18.15.
10 novembre 1941
Da Noli, Vivaldi (caposquadriglia, capitano
di vascello Galati) e Pessagno partono
da Reggio Calabria alle 14.30, per trasportare a Bengasi un reparto
di 728 uomini.
11 novembre 1941
A causa del maltempo, i cacciatorpediniere devono puggiare e sostare a
Navarino dalle 10.30 alle 20.30.
12 novembre 1941
Da Noli, Vivaldi e Pessagno arrivano a Bengasi alle 15; ripartono quattro ore più
tardi, trasportando militari e civili rimpatriandi e quattro prigionieri
di guerra britannici (tre ufficiali ed un sottufficiale).
13 novembre 1941
I cacciatorpediniere giungono a Reggio Calabria alle 18.
21 novembre 1941
Alle 18, Da Noli (capitano
di fregata Luigi Cei Martini), Pessagno (capitano
di fregata Antonio Dallai) e Pigafetta o Vivaldi (capitano di vascello
Giovanni Galati, caposquadriglia della XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, cui
appartengono tutte le unità in questione) sostituiscono il Da Recco e la torpediniera Enrico Cosenz nella scorta al
convoglio «C» (motonavi Monginevro, Napoli e Vettor Pisani e
motonave cisterna Iridio Mantovani, scortate, oltre che da Cosenz e Da Recco, dal cacciatorpediniere Turbine e dalla torpediniera Perseo).
Il convoglio fa parte di un’operazione di traffico volta ad
inviare urgenti rifornimenti in Libia, dov’è iniziata da pochi giorni
un’offensiva britannica (operazione «Crusader») e dopo che la distruzione del
convoglio «Duisburg», avvenuta il 9 novembre ad opera della Forza K britannica,
ha provocato la perdita di un ingente quantitativo di rifornimenti diretti in
Africa Settentrionale.
L’operazione vede in mare anche un secondo convoglio, l’«Alfa», salpato
da Napoli alle 19 del 20 (motonavi Ankara e Sebastiano Venier e cacciatorpediniere Maestrale, Alfredo
Oriani e Vincenzo Gioberti).
Entrambi dovranno seguire la rotta di levante, passando per lo Stretto di
Messina e tenendosi poi al di fuori del raggio d’azione degli aerosiluranti d
Malta (190 miglia).
La III e VIII Divisione Navale sono in mare per dare loro protezione.
Al contempo, una motonave veloce (la Fabio Filzi) è partita
anch’essa per Tripoli ma sulla rotta di ponente (per il Canale di Sicilia), con
la scorta di un paio di cacciatorpediniere (oltre che di aerei: sia sui due
convogli che sulla Filzi la scorta
aerea dovrà essere continua, nelle ore diurne, dal 20 al 23 novembre), per non
dare nell’occhio. Contestualmente sono partiti per Bengasi l’incrociatore
leggero Luigi Cadorna in
missione di trasporto di carburante (da Brindisi) e le motonavi Città di Palermo e Città di Tunisi cariche di truppe
(da Taranto), e vengono fatte rientrare in Italia le navi rimaste bloccate a
Tripoli dall’inizio di novembre. L’idea è che un tale numero di navi in
movimento contemporaneamente, divise in più convogli sparsi su una vasta area,
confonda e disorienti la ricognizione maltese; che i convogli finiscano col coprirsi
a vicenda; che la presenza in mare della III e VIII Divisione scoraggi
interventi da parte della Forza K britannica (autrice della distruzione del
convoglio «Duisburg»), notevolmente inferiore per numero e potenza
(incrociatori leggeri Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively). L’Aeronautica, oltre alla scorta antiaerea ed
antisommergibile dei convogli, effettua anche azioni di ricognizione e di
bombardamento degli aeroporti di Malta. Alcuni sommergibili vengono disposti in
agguato nelle acque circostanti l’isola.
Il convoglio «Alfa» è stato però avvistato da un ricognitore britannico
poco dopo la partenza; a seguito dell’intercettazione di un messaggio radio
britannico dal quale risulta che una forza navale britannica non è molto lontana,
il convoglio viene dirottato ad Argostoli, ponendo così fine alla sua
partecipazione nell’operazione.
Il convoglio «C», invece, prosegue; quando Da Noli, Pessagno e Pigafetta lo raggiungono, ad esso
si è già unita per scorta diretta la VIII Divisione (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, nave
di bandiera del comandante superiore in mare, ammiraglio di divisione Giuseppe
Lombardi, e Giuseppe Garibaldi;
cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Corazziere, Carabiniere e Camicia Nera). È in mare anche la III
Divisione (incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia, quest’ultimo nave ammiraglia), per scorta strategica.
Convoglio e scorta sono stati da poco avvistati da un aereo e da un
sommergibile avversari, che segnalano a Malta la presenza di navi mercantili e
navi da guerra italiane dirette verso lo stretto di Messina. Supermarina
intercetta e decifra entrambi i segnali di scoperta; stante però la potente
scorta di cui il convoglio gode, sia Supermarina che l’ammiraglio Lombardi
decidono di proseguire, senza neanche modificare la rotta.
Alle 19.50 il convoglio e la VIII Divisione imboccano lo stretto di
Messina, e poco dopo vengono raggiunti anche dalla III Divisione
dell’ammiraglio Angelo Parona. La VIII Divisione si posiziona in testa al convoglio,
la III in coda; tutta la formazione assume direttrice di marcia lungo la costa
siciliana, a 14 nodi, come ordinato. Alle 20.45 l’ammiraglio Lombardi viene
informato da Supermarina che forze di superficie britanniche sono in mare, e
provvede ad ordinare a tutte le unità “posto di combattimento generale”,
avvisandole dell’eventualità di un incontro notturno con navi nemiche.
Contemporaneamente il convoglio inizia ad essere sorvolato da ricognitori
britannici, che volano sul suo cielo con qualche luce volutamente lasciata
accesa, in modo da attirare il fuoco contraereo delle navi, che segnalano così,
involontariamente, la direttrice di marcia del convoglio. L’ammiraglio Lombardi
ordina tassativamente di non aprire il fuoco contro i ricognitori, essendo
peraltro inutile, proprio per evitare di segnalare la propria posizione; ma
durante la notte diverse navi, soprattutto tra quelle mercantili, si lasciano
sfuggire sporadiche raffiche di mitragliera contro tali velivoli.
I ricognitori non perdono mai di vista il convoglio, aggiornando
continuamente Malta sui suoi spostamenti: innumerevoli messaggi vengono
intercettati e decifrati sia da Supermarina che dal comando della VIII
Divisione.
Alle 21.45 la formazione assume rotta 96°, in modo da uscire prima possibile
dal raggio d’azione degli aerosiluranti, e poco dopo si dispone in ordine di
marcia notturna, con l’VIII Divisione a dritta e la III a sinistra. Tale
cambiamento di rotta e formazione viene ordinato dall’ammiraglio Lombardi per
cercare di disorientare i ricognitori; ma poco dopo ricompaiono i bengala ed i
fanalini dei ricognitori, a mostrare che il convoglio non è stato perso di
vista. Non passa molto, anzi, prima che inizi una serie di violenti attacchi
aerei; ed anche sommergibili britannici si avvicinano al convoglio per
attaccarlo.
Alle 23.12 il Trieste viene
silurato dal sommergibile britannico Utmost (capitano
di corvetta Richard Douglas Cayley), riportando danni gravissimi: rimane
immobilizzato, e potrà rimettere in moto solo alle 00.38, scortato da Corazziere e Carabiniere, per trascinarsi verso
Messina. Ma non è finita.
22 novembre 1941
Poco dopo le 00.30, diverse unità sentono rumore di aerei, e dopo pochi
secondi molti bengala iniziano ad accendersi, uno dopo l’altro, nel cielo a
nord del convoglio, su rotta ad esso parallela: l’ammiraglio Lombardi ordina
subito a tutte le unità di accostare a un tempo di 90° verso sud, per dare la
poppa ai bengala. Si prepara infatti un attacco di aerosiluranti: Duca degli Abruzzi, Garibaldi e le quattro motonavi
appaiono ben visibili nella luce dei bengala. L’ordine viene eseguito, ma alle
alle 00.38 anche il Duca degli
Abruzzi viene colpito da un siluro d’aereo, e si ferma con gravi
danni.
Il Da Noli, insieme ad altre
unità della scorta diretta, viene distaccato per proteggere il Duca degli Abruzzi. Alle 7 del mattino
l’incrociatore danneggiato è circondato dai cacciatorpediniere Da Noli, Vivaldi, Turbine, Granatiere, Fuciliere, Alpino, Corazziere e Carabiniere e dalla torpediniera Perseo. Tutte le siluranti evoluiscono intorno al Duca degli Abruzzi, emettendo cortine
fumogene per occultarlo.
La menomazione della forza di scorta, insieme ai continui e violenti
attacchi aerei ed alla notizia della presenza in mare di forze di superficie
britanniche, inducono l’ammiraglio Lombardi ad ordinare che il convoglio,
accompagnato da Trento e Gorizia e dalla XI Squadriglia
Cacciatorpediniere (oltre alla scorta diretta), rientri a Taranto; Supermarina
conferma l’ordine. Garibaldi e
XIII Squadriglia rimangono ad assistere il Duca degli Abruzzi. L’incrociatore, assistito dal rimorchiatore Impero e scortato da Da Noli, Vivaldi, Granatiere, Fuciliere, Alpino e Perseo, riuscirà
faticosamente a rientrare a Messina alle 11.42.
Il Da Noli durante una missione di guerra, visto dal Vivaldi (g.c. Battista Pasqua) |
26 novembre 1941
Da Noli (capitano di
fregata Cei Martini), Pessagno (capitano
di fregata Dallai) e Vivaldi (caposquadriglia,
capitano di vascello Galati) salpano da Taranto all’una di notte, per una
missione di trasporto a Derna e Bengasi, in un momento particolarmente
difficile della battaglia dei convogli.
Giunto ad Argostoli alle 15, il gruppo vi sosta due giorni per
imbarcare il carico: complessivamente 170 tonnellate di benzina avio in fusti,
ripartite in parti uguali. Per il viaggio da Navarino a Bengasi a ritorno, ogni
nave consumerà oltre 200 tonnellate di nafta: ma ora è fondamentale recapitare
la benzina, a costo di rimetterci in nafta (il Da Noli consumerà 200 tonnellate di nafta per consegnarne 70 di
benzina).
28 novembre 1941
Da Noli, Vivaldi e Pessagno lasciano Argostoli alle 13. Per il tratto iniziale, i
cacciatorpediniere scortano il piroscafo tedesco Bellona, diretto a Navarino.
Alle 14.11, in posizione 38°01’ N e 20°21’ E, il sommergibile
britannico Trusty (capitano
di corvetta William Donald Aelian King), in agguato al largo di Argostoli, vede
i tre cacciatorpediniere emergere dalla nebbia ad una distanza di 1370 metri;
non riesce però a virare abbastanza in fretta da poter assumere un’angolazione
idonea al lancio di siluri, e perde così l’occasione di attaccare.
29 novembre 1941
Il Da Noli giunge a Bengasi
alle 13.25, mentre Pessagno e Vivaldi giungono a Derna.
Poche ore dopo, i tre cacciatorpediniere lasciano i rispettivi porti
per raggiungere Suda; si riuniscono in mare alle 12.30, sul meridiano di
Bengasi, ed alle 15 vengono infruttuosamente attaccati da aerei. Arrivano a
Suda alle 22.30.
Da Alessandria partiranno, il 30 novembre, quattro cacciatorpediniere
britannici (Jervis, Jaguar, Kipling e Jackal)
per intercettare quelli italiani, che ai britannici risultano essere diretti a
Derna; informazioni giunte in evidente ritardo, così che le unità britanniche
non riusciranno, naturalmente, a trovare quelle italiane. La formazione
britannica verrà anche attaccata da aerosiluranti italiani, che danneggeranno
gravemente lo Jackal.
13 dicembre 1941
Il Da Noli salpa da Taranto
alle 15 insieme ai gemelli Vivaldi
(nave ammiraglia), Da Recco, Malocello e Zeno per scortare i convogli dell’operazione di traffico «M. 41».
Dopo le gravi perdite subite dai convogli diretti in Libia nelle settimane
precedenti, infatti, le forze italo-tedesche in Nordafrica si trovano in
situazione di grave carenza di rifornimenti proprio mentre è in corso
l’operazione «Crusader», ed urge rifornirle.
Con la «M. 41», Supermarina intende inviare a Tripoli e Bengasi tutti i
mercantili già carichi presenti nei porti dell’Italia meridionale, mobilitando
per la loro protezione, diretta e indiretta, pressoché tutta la flotta in
condizioni di efficienza.
Sono previsti tre convogli: l’«A», da Messina a Tripoli, formato dalle
moderne motonavi Fabio Filzi e Carlo Del Greco scortate dai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco ed Antoniotto Usodimare (poi dirottato
su Taranto per unirsi da subito all’«L» ma distrutto durante tale percorso dal
sommergibile britannico Upright);
l’«L», da Taranto per Tripoli, formato dalle motonavi Monginevro, Napoli
e Vettor Pisani, scortate dai cacciatorpediniere Freccia e Pessagno e
dalla torpediniera Pegaso; e l’«N»,
da Navarino ed Argostoli per Bengasi, costituito dai piroscafi Iseo e Capo Orso scortati dai cacciatorpediniere Turbine e Strale, cui si devono aggiungere la motonave tedesca Ankara, il cacciatorpediniere Saetta e la torpediniera Procione provenienti da Argostoli.
(Secondo una fonte, anche Da Noli,
Vivaldi, Da Recco, Malocello e Zeno sarebbero partiti da Argostoli,
dopo aver subito un infruttuoso attacco da parte di cinque bombardieri Bristol
Blenheim decollati da Luqa, uno dei quali – lo Z7800 del sergente A. J. Lee –
sarebbe stato abbattuto dal tiro delle navi, della contraerea di terra o di un
caccia Macchi in volo in quel momento).
Ogni convoglio deve fruire della protezione di una forza navale di
sostegno, che di giorno si terrà in vista dei trasporti e di notte a in
formazione con essi, incorporato. Il gruppo assegnato al convoglio «L» dalla corazzata Duilio (nave ammiraglia
dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini) e da un’eterogenea VIII Divisione
composta per l’occasione dagli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi (nave di bandiera
dell’ammiraglio Giuseppe Lombardi, comandante della VIII Divisione) e Raimondo Montecuccoli e
dall’incrociatore pesante Gorizia (con
a bordo l’ammiraglio di divisione Angelo Parona), mentre il gruppo assegnato
agli altri convogli è composto dalla corazzata Andrea Doria e dalla VII Divisione (ammiraglio di divisione
Raffaele De Courten) con gli incrociatori leggeri Muzio Attendolo ed Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta.
Infine, a tutela dell’intera operazione contro un’eventuale uscita in
mare delle corazzate della Mediterranean Fleet, prende il mare la IX Divisione
Navale (ammiraglio di squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare) con
le moderne corazzate Littorio e Vittorio Veneto, scortate dalla XIII
Squadriglia Cacciatorpediniere (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino).
Queste navi si dovranno posizionare nel Mediterraneo centrale.
A completamento dello schieramento, un gruppo di sommergibili viene
dislocato nel Mediterraneo centro-orientale con compiti esplorativi ed
offensivi; è inoltre previsto un imponente intervento della Regia Aeronautica
(comprensivo, tra l’altro, di ricognizioni su Alessandria e nel Mediterraneo
orientale e centro-orientale).
Per via della carenza di navi scorta e del tempo necessario a
reperirne, l’operazione, inizialmente prevista per il 12 dicembre, viene
posticipata di un giorno.
Le decrittazioni di “ULTRA” sono stavolta tardive ed erronee: riportano
la partenza del convoglio come prevista per il 14 dicembre, anziché il 13.
Nel tardo pomeriggio del 13, quando i convogli sono già in mare, la
ricognizione aerea comunica a Supermarina che una consistente forza britannica,
comprensiva di corazzate ed incrociatori (in realtà sono solo quattro
incrociatori leggeri: i ricognitori hanno grossolanamente sovrastimato la
composizione e potenza della forza avvistata), si trova tra Tobruk e Marsa
Matruh, diretta verso ovest. La somma delle forze italiane in mare è
complessivamente superiore, ma si trova divisa in gruppi tra loro distanziati e
vincolati a convogli lenti e poco manovrieri; per questo, alle ore 20
Supermarina decide di sospendere l’operazione, ed i convogli ricevono ordine di
rientrare. Ciò non basterà ad evitare danni.
14 dicembre 1941
Alle nove del mattino, il sommergibile britannico Urge silura la Vittorio Veneto, danneggiandola
gravemente. Il Da Noli, insieme al Vivaldi (col quale forma la XIV
Squadriglia), ai cacciatorpediniere Aviere,
Geniere, Carabiniere e Camicia Nera
della XI Squadriglia ed alle torpediniere Lince
ed Aretusa, viene inviato a
rafforzare la scorta della corazzata danneggiata (che è in grado di sviluppare una
velocità di 21 nodi, poi portata a 23,5).
Durante la navigazione si verificano altri allarmi per sommergibili e
si ha anche l’erronea impressione che un gruppo di aerosiluranti si stia
dirigendo verso la IX Divisione, ma non alla fine non succede niente.
Durante la navigazione nel Golfo di Taranto, la scorta viene
ulteriormente ingrossata da altre siluranti distaccate da Supermarina via via
che si liberano dalla scorta dei convogli e gruppi di sostegno: all’originaria
XIII Squadriglia Cacciatorpediniere si aggiungono alle 10.50 i
cacciatorpediniere Maestrale, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti della X
Squadriglia e Corazziere,
provenienti da Taranto; alle 17 raggiungono la Vittorio Veneto il Da Noli,
il Vivaldi, l’Aviere, il Geniere, il Carabiniere ed il Camicia Nera, mentre le torpediniere Centauro e Clio lasciano
la scorta e raggiungono Messina.
Vittorio Veneto e scorta
raggiungono Taranto alle 23.15.
16 dicembre 1941
Dopo il fallimento della «M. 41», viene rapidamente organizzata al suo
posto l’operazione «M. 42», che prevede l’invio di quattro mercantili (Monginevro, Napoli, Vettor Pisani, Ankara: le motonavi uscite indenni dalla «M. 41», non essendovene
altre pronte) riunite in un unico convoglio per gran parte della navigazione,
ed inoltre l’impiego delle Divisioni di incrociatori adibite alla scorta
secondo la loro struttura organica, a differenza che nella «M. 41». In tutto le
quattro motonavi trasportano 14.770 tonnellate di materiali e 212 uomini.
La scorta diretta è costituita, oltre che dal Da Noli, dai cacciatorpediniere Vivaldi (caposcorta, contrammiraglio Nomis di Pollone), Da Recco, Pessagno, Malocello, Zeno e Saetta e dalla torpediniera Pegaso.
L’ordine d’operazione prevede che le navi procedano in formazione unica, a 13
nodi di velocità, sino al largo di Misurata, per poi scindersi in due convogli:
«L», formato da Monginevro, Napoli, Vettor Pisani ed i cinque
“Navigatori” tra cui il Da Noli, per
Bengasi; «N», composto da Ankara, Pegaso e Saetta (caposcorta), per Tripoli.
I due convogli partono da Taranto il 16 dicembre, ad un’ora di distanza
l’uno dall’altro: alle 15 l’«N», alle 16 l’«L».
Da Taranto esce un gruppo di sostegno composto dalla corazzata Duilio (nave di bandiera
dell’ammiraglio Carlo Bergamini, comandante del gruppo), dalla VII Divisione
(incrociatori leggeri Emanuele Filiberto
Duca d’Aosta, nave di bandiera dell’ammiraglio De Courten, Raimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo) e dai
cacciatorpediniere Ascari, Aviere e Camicia Nera; i suoi ordini sono di tenersi ad immediato contatto
del convoglio fino alle 8 del 18, per poi spostarsi verso est così da poter
intervenire in caso di invio contro il convoglio di forza di superficie da
Malta.
Vi è anche un gruppo di appoggio composto dalle corazzate Giulio Cesare, Andrea Doria e Littorio (nave di bandiera
dell’ammiraglio Angelo Iachino, comandante superiore in mare), dagli
incrociatori pesanti Trento e Gorizia (nave di bandiera
dell’ammiraglio di divisione Angelo Parona, comandante della III Divisione) e
dai cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Corazziere, Fuciliere,
Carabiniere, Alpino, Oriani, Gioberti ed Usodimare, nonché ricognizione e scorta
aerea assicurata dalla Regia Aeronautica e dalla Luftwaffe, l’invio dei
sommergibili Topazio, Santarosa, Squalo, Ascianghi, Dagabur e Galatea in agguato nel Mediterraneo centro-orientale, e la
posa di ulteriori campi minati al largo della Tripolitania.
Già prima della partenza, i comandi italiani e l’ammiraglio Iachino
sono stati informati dell’avvistamento alle 14.50, da parte di un ricognitore
tedesco, di una formazione britannica che comprende una corazzata. In realtà,
di corazzate britanniche in mare non ce ne sono: il ricognitore ha scambiato
per corazzata la nave cisterna militare Breconshire, partita da Alessandria per Malta con 5000 tonnellate
di carburante destinato all’isola, con la scorta degli incrociatori
leggeri Naiad, Euryalus e Carlisle e dei
cacciatorpediniere Jervis, Havock, Hasty, Nizam, Kimberley, Kingston, Kipling e
Decoy, il tutto sotto il comando
dell’ammiraglio Philip L. Vian. Comunque, Supermarina decide di procedere
egualmente con l’operazione, sia per via della disperata necessità di far
arrivare rifornimenti in Libia al più presto, sia perché la formazione italiana
è comunque molto più potente di quella avversaria. Convoglio e gruppo di
sostegno procedono dunque lungo la rotta prestabilita.
Poco prima di mezzanotte, il sommergibile britannico Unbeaten avvista parte delle unità
italiane e ne informa il comando britannico (messaggio che viene peraltro
intercettato e decrittato dalla Littorio);
quest’ultimo ne è in realtà già al corrente grazie alle decrittazioni di
“ULTRA”, che tra il 16 ed il 17 dicembre forniscono a più riprese molte
informazioni su mercantili, scorte dirette ed indirette, porti ed orari di
partenza e di arrivo. Il 16 dicembre “ULTRA” informa che è probabile un nuovo
tentativo di rifornimento della Libia con inizio proprio quel giorno, dopo
quello fallito di tre giorni prima. Il 17 dicembre “ULTRA” aggiunge
informazioni più precise: Monginevro, Pisani e Napoli, scortati da sei cacciatorpediniere tra cui il Vivaldi, dovevano lasciare Taranto a
mezzogiorno del 16 insieme all’Ankara,
scortata invece da due siluranti tra cui il cacciatorpediniere Saetta; arrivo previsto a Bengasi alle 8
del 18 per l’Ankara, a Tripoli alle
17 dello stesso giorno per le altre motonavi; presenza in mare a scopo di
protezione della Duilio, della
VII Divisione (“probabilmente l’Aosta e
l’Attendolo”) e forse anche di altre
forze navali, Littorio compresa.
Il 18 aggiungerà che le motonavi sono partite da Taranto alle 13 del 16 e che
sono scortate da 2 corazzate, 2 incrociatori e 12 cacciatorpediniere, più una
forza di supporto di 3 corazzate, 2 incrociatori e 10 cacciatorpediniere a
nordest.
I comandi britannici, tuttavia, non si trovano in condizione di poter
organizzare un attacco contro il convoglio italiano.
17 dicembre 1941
Alle 16.25 il convoglio viene avvistato da un ricognitore britannico.
Nel tardo pomeriggio del 17 dicembre il gruppo «Littorio» si scontra
con la scorta della Breconshire,
in un breve ed inconclusivo scambio di colpi chiamato prima battaglia della
Sirte. Iniziato alle 17.23, lo scontro si conclude già alle 18.10, senza danni
da ambo le parti; Iachino, ancora all’oscuro dell’invio a Malta della Breconshire e convinto che navi da
battaglia britanniche siano in mare, attacca gli incrociatori di Vian per
tenerli lontani dal suo convoglio (ritiene infatti che gli incrociatori
britannici siano lì per attaccare i mercantili italiani, mentre in realtà non
vi è alcun tentativo del genere da parte britannica) e rompe il contatto al
crepuscolo, per evitare un combattimento notturno, per il quale la flotta
italiana non è preparata.
Alle 17.56, per evitare un pericoloso incontro del convoglio con unità
di superficie britanniche (si crede ancora che in mare ci siano una o più
corazzate britanniche), il convoglio ed il gruppo di sostegno accostano ad un
tempo ed assumono rotta nord (in modo da allontanarsi dalla zona dove si trova
la formazione britannica), sulla quale rimangono fino alle 20 circa; poi, in
base a nuovi ordini impartiti da Iachino (e per non allontanarsi troppo dalla
zona di destinazione), manovrano per conversione di 20° per volta (in modo da
mantenere per quanto possibile la formazione, in una zona ad elevato rischio di
attacchi aerei) ed effettuano un’ampia accostata sino a rimettere la prua su
Misurata. Convoglio e gruppo di sostegno sono “incorporate” in un’unica
complessa formazione (i mercantili su due colonne, con Monginevro in posizione avanzata a
dritta, Pisani in posizione
avanzata a sinistra, seguite rispettivamente da Napoli ed Ankara,
il Vivaldi in testa, Da Noli e Malocello rispettivamente 30° di prora a dritta e sinistra
di Pisani e Monginevro, Zeno e Da Recco
70° di prora a dritta e sinistra di Pisani e Monginevro, Saetta a sinistra della Pisani e Pessagno a
dritta della Napoli; seguite dal gruppo di sostegno su due colonne,
con Duca d’Aosta seguito
da Attendolo e Camicia Nera a sinistra, Duilio seguita da Montecuccoli ed Aviere a dritta, più Pigafetta a sinistra di Duca d’Aosta ed Attendolo e Carabiniere a dritta di Duilio e Montecuccoli), il che fa sì che occorra più del previsto perché la
formazione venga riordinata sulla rotta 210°: ciò accade alle 22 del 17.
Durante la notte il convoglio, che avanza a 13 nodi, viene avvistato da
ricognitori nemici, ma non subisce attacchi.
18 dicembre 1941
Poco prima dell’alba del 18, i cacciatorpediniere Granatiere e Corazziere entrano in collisione,
distruggendosi a vicenda la prua; gli incrociatori della VII Divisione prestano
loro soccorso. Alle 13 la Duilio si
riunisce al gruppo «Littorio», lasciando la VII Divisione a protezione
immediata dei mercantili. Frattanto, alle 12.30 (in posizione 33°18’ N e 15°33’
E), le navi mercantili si separano come previsto: il convoglio «N» dirige per
Bengasi, mentre il convoglio «L» prosegue per Tripoli con la scorta e diretta
e, fino al tramonto, anche quella della VII Divisione. Calato il buio, anche la
VII Divisione lascia il convoglio per rientrare a Taranto.
Il contrammiraglio Nomis di Pollone ordina al convoglio «L» di
dividersi in tre gruppi, ognuno formato da una motonave e due
cacciatorpediniere (Napoli con Da Noli e Zeno; Pisani con Vivaldi e Pessagno; Monginevro con Da Recco e Malocello), in modo da rendere la formazione
più maneggevole; i gruppi devono distanziarsi di 4 miglia l’uno dall’altro.
L’ordine è in corso d’esecuzione, ed i gruppi si sono già distanziati
di 2-3 miglia, quando a distanza si accendono i bengala che preannunciano un
attacco aereo. Nomis di Pollone ordina di emettere cortine fumogene,
proseguendo la navigazione seguendo all’ecometro la batometrica di 30 metri,
cui corrisponde la rotta di sicurezza.
Mentre il gruppo Pisani-Pessagno-Vivaldi non viene attaccato ed il gruppo Monginevro-Da Recco-Malocello viene attaccato da un solo
aereo, che viene abbattuto, dopo una ventina di minuti il gruppo composto da Da Noli, Napoli e Zeno (che è il
gruppo più a poppa) viene assalito da più velivoli che attaccano a bassa quota,
e la Napoli viene colpita a poppa
estrema da un siluro o da una bomba, che causa pochi danni allo scafo ma
immobilizza il timone. Poco dopo lo Zeno,
mentre manovra per proteggere la Napoli,
entra in collisione con quest’ultima, riportando una falla (ma è in grado di
raggiungere Tripoli con i propri mezzi).
Per soccorrere la motonave, viene richiesto l’invio di rimorchiatori
dalla ormai vicina Tripoli, e Pessagno
e Malocello vengono distaccati dagli
altri gruppi ed inviati nella zona in cui si trova la motonave, essendo tale
area particolarmente pericolosa perché abitualmente infestata da sommergibili.
Anche le torpediniere Perseo e Prestinari, provenienti da est, vanno a
rinforzare il gruppo della Napoli.
Il rimorchiatore Ciclope,
inviato da Tripoli, prende a rimorchio la Napoli
(che in precedenza è stata presa a rimorchio dal Da Noli).
Nella notte tra il 18 ed il 19 dicembre la Forza K britannica, uscita
da Malta per cercare il convoglio, finisce sui campi minati posati al largo di
Tripoli: affondano l’incrociatore leggero Neptune ed il cacciatorpediniere Kandahar, viene gravemente danneggiato l’incrociatore leggero Aurora e meno gravemente anche il
gemello Penelope. La temuta
Forza K ha cessato di esistere.
19 dicembre 1941
La danneggiata Napoli (il
cui carico è però intatto), a rimorchio del Ciclope, giunge a Tripoli alle 16, preceduta di due ore da Da Noli, Pessagno, Malocello e Zeno. L’operazione «M. 42» si conclude
finalmente in un successo, con l’arrivo a destinazione di tutti i rifornimenti
inviati.
Medaglia
del Da Noli, recante il motto dell’unità
(g.c. Mario Galasso)
3 gennaio 1942
Il Da Noli salpa da Taranto
alle 18.50, facendo parte del gruppo di appoggio per l’operazione di
rifornimento «M. 43», che prevede l’invio a Tripoli di cinque grandi motonavi
da carico (Gino Allegri, Lerici, Monviso, Monginevro e Nino Bixio) ed una petroliera (Giulio Giordani), tutte veloci (almeno 14 nodi) e di recente costruzione,
con fortissima scorta. Il gruppo di appoggio (Gruppo «Littorio»), al comando
dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare,
comprende le corazzate Littorio (nave
ammiraglia di Iachino), Giulio Cesare
ed Andrea Doria (nave di bandiera
dell’ammiraglio di divisione Guido Porzio Giovanola, comandante della V
Divisione), gli incrociatori pesanti Trento
e Gorizia (nave di bandiera
dell’ammiraglio di divisione Angelo Parona, comandante della III Divisione) ed
i cacciatorpediniere Da Noli, Ascari, Pigafetta, Carabiniere, Alpino, Aviere, Geniere e Camicia Nera. Il Da Noli, insieme ad Ascari
e Pigafetta, accompagna le corazzate
della V Divisione (Cesare e Doria).
Oltre al gruppo di appoggio, il cui compito è proteggere il convoglio
da un eventuale attacco in forze della Mediterranean Fleet, esce in mare anche
una forza di «scorta diretta incorporata nel convoglio» (ammiraglio di squadra
Carlo Bergamini, con il compito di respingere eventuali attacchi di formazioni
leggere di superficie come la Forza K), composta dalla corazzata Duilio con gli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo Montecuccoli, Muzio Attendolo e Giuseppe Garibaldi ed i
cacciatorpediniere Maestrale, Scirocco, Alfredo Oriani e Vincenzo
Gioberti. Alla scorta aerea concorrono la Regia Aeronautica (Armata Aerea e
Ricognizione Marittima) e la Luftwaffe (II Corpo Aereo Tedesco e X Corpo Aereo
Tedesco, di base l’uno in Sicilia e l’altro in Grecia) per effettuare
ricognizione sul porto della Valletta (Malta) e nelle acque di Alessandria,
bombardamenti preventivi sugli aeroporti maltesi e scorta di caccia,
antiaerosilurante ed antisommergibile sui cieli del convoglio nonché a
protezione delle navi impegnate nello scarico una volta giunte a Tripoli.
Completa il dispositivo di difesa la dislocazione di undici sommergibili sulle
probabili rotte che una ipotetica forza navale nemica dovrebbe percorrere per
attaccare il convoglio.
I mercantili sono inizialmente divisi in tre convogli: il numero 1
(motonavi Monginevro, Lerici e Nino Bixio, cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi, Nicoloso Da Recco, Antoniotto Usodimare, Bersagliere e Fuciliere) parte da Messina alle 10.15; il 2 (motonave Monviso, motocisterna Giulio Giordani, torpediniere Orsa,
Aretusa, Castore ed Antares) salpa
da Taranto alle 15.06; il 3 (motonave Gino
Allegri, cacciatorpediniere Freccia,
torpediniera Procione) lascia
Brindisi alle 13.15.
La sera stessa del 3 la corazzata Andrea
Doria deve tornare a Taranto a causa del riscaldamento di un cuscinetto, ma
l’operazione prosegue secondo i piani.
4 gennaio 1942
Tra le 4 e le 11, come previsto, i tre convogli si riuniscono a formare
un unico grande convoglio, il cui caposcorta è il contrammiraglio Amedeo Nomis
di Pollone, sul Vivaldi. Mentre il
convoglio «Allegri» si unisce al Gruppo «Duilio», la III Divisione Navale (Trento e Gorizia) del gruppo d’appoggio viene avvistata da un ricognitore
britannico; da Malta decolla una formazione aerea per attaccare, ma deve
rientrare senza essere riuscita a trovare il convoglio. Al tramonto il gruppo «Duilio»
s’incorpora nella formazione del convoglio, che durante la notte mette la prua
su Tripoli.
Alle 18.45 il gruppo «Littorio», essendo calato il buio e divenuto
improbabile l’intervento di navi di superficie britanniche, assume rotta 20°
per rientrare a Taranto.
5 gennaio 1942
Tra le 14.53 e le 14.58 il sommergibile britannico Unique (tenente di vascello Anthony Foster Collett) avverte rumori
di navi su rilevamento 140°, dopo di che avvista in successione alberature di
una nave su rilevamento 130° e poi diverse altre unità, in posizione 40°07’ N e
17°07’ E (nel Golfo di Taranto); alle 15 vengono avvistate una corazzata, un
incrociatore ed alcuni cacciatorpediniere. Si tratta del gruppo «Littorio».
Dopo aver temporaneamente perso l’assetto alle 15.05, mentre cercava di
portarsi a quota periscopica, l’Unique
deve scendere a 15 metri perché un cacciatorpediniere appare molto vicino, ma
alle 15.24 ritorna a quota periscopica, ed alle 15.30 lancia quattro siluri. La
posizione di lancio non è molto favorevole, ed infatti nessuna delle armi
raggiunge il bersaglio.
Alle 17 il gruppo «Littorio» giunge a Taranto. Il convoglio, intanto, è
arrivato a Tripoli senza aver subito alcun attacco.
19 gennaio 1942
Il Da Noli (caposcorta), il Saetta e la torpediniera Clio partono da Tripoli per Trapani alle
19.30, scortando le motonavi Lerici e
Gino Allegri.
20 gennaio 1942
Il convoglio giunge a
Trapani alle 20.20.
22 gennaio 1942
Il Da Noli salpa da Messina alle otto
insieme al resto del gruppo «Vivaldi» (formato da Vivaldi e Malocello, che
col Da Noli formano la XIV
Squadriglia, dai cacciatorpediniere Aviere, Geniere e Camicia Nera della XI Squadriglia e dalle torpediniere Orsa e Castore) cui è stata assegnatala scorta delle motonavi da
carico Monviso e Vettor Pisani, dirette a Tripoli nell’ambito dell’operazione di
traffico «T. 18», consistente nell’invio in Libia di 15.000 tonnellate di
rifornimenti, 97 carri armati, 271 autoveicoli e 1467 uomini.
Nello stretto di
Messina si uniscono al convoglio altre due moderne motonavi, la Monginevro e la Ravello, provenienti da Napoli; il
gruppo «Vivaldi» (al comando del contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone)
assume la scorta diretta delle quattro navi. Da Taranto escono in mare anche la
quinta nave del convoglio, il grande trasporto truppe Victoria, ed i due gruppi di scorta indiretta: l’«Aosta»
(ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, partito alle 11) con gli
incrociatori leggeri della VII Divisione (Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo Montecuccoli, Muzio Attendolo) e la XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Bersagliere, Carabiniere, Fuciliere, Alpino) ed il «Duilio» (ammiraglio di
squadra Carlo Bergamini, partito alle 17 insieme alla Victoria) con la corazzata Duilio e
la XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Antonio
Pigafetta, Alfredo Oriani, Ascari, Scirocco).
A protezione
dell’operazione, nove sommergibili sono dislocati ad est di Malta e tra Creta e
l’Egitto; la Regia Aeronautica e la Luftwaffe danno il loro contributo con
aerei da caccia (sempre presenti, nelle ore diurne, sul cielo del convoglio),
da ricognizione ed antisommergibile.
Poco dopo la partenza
la Ravello, colta da avaria al
timone, è costretta a tornare in porto; il resto del convoglio prosegue e si
unisce al gruppo «Aosta» nel pomeriggio del 22.
23 gennaio 1942
Alle 15, con un certo
ritardo ma approssimativamente nel punto prestabilito, il convoglio si unisce
anche al gruppo «Duilio»; le motonavi si dispongono su due colonne e la Victoria, divenuta nave capo convoglio,
si pone in testa alla colonna sinistra, mentre il gruppo «Vivaldi» si posiziona
attorno ai mercantili ed i due gruppi «Duilio» e «Aosta» si dispongono sui
fianchi del convoglio.
Le navi seguono rotte
che passano a 190 miglia da Malta, distanza che dovrebbe essere maggiore del
raggio operativo degli aerosiluranti di base a Malta ed in Cirenaica, 180
miglia; la sera del 23 dovranno poi accostare verso Tripoli, mantenendo rotta
tangente al cerchio di 190 miglia di raggio con centro Malta. In realtà, 190
miglia sono divenute una distanza insufficiente, perché l’autonomia degli
aerosiluranti britannici è aumentata rispetto al passato e perché ora gli aerei
possono decollare da nuove basi cirenaiche, più avanzate di quanto ritenuto dai
comandi italiani, conquistate dai britannici con l’operazione «Crusader».
Già dal giorno
precedente, però, i comandi britannici sono a conoscenza dei movimenti
italiani: sommergibili in agguato nel golfo di Taranti hanno infatti segnalato
il passaggio del gruppo «Aosta», e nella serata e notte successive ricognitori
hanno individuato e pedinato il gruppo «Duilio».
Dopo la riunione, il
convoglio, che procede a 14 nodi sotto la protezione di nove Junkers Ju 88
della Luftwaffe, continua ad essere tallonato dai ricognitori: alle 15.50 uno
di essi viene avvistato 20.000 metri ad est della formazione. Ai ricognitori
seguono gli attacchi aerei: il primo si verifica alle 16.16, quando la Victoria viene mancata da alcune
bombe di piccolo calibro; poco dopo altre bombe di maggior calibro sono
sganciate contro il gruppo «Aosta» ma ancora senza risultato, grazie anche alla
rabbiosa reazione contraerea delle navi.
Su richiesta
dell’ammiraglio Bergamini, la scorta aerea viene rinforzata con altri tre Ju 88
del II Corpo Aereo Tedesco.
Alle 17.25 il
convoglio viene nuovamente attaccato da tre aerosiluranti, provenienti dalla
direzione del sole: le torpediniere (che si trovano su quel lato) aprono contro
di essi un intenso tiro, così che i velivoli, giunti a circa un chilometro
dalla scorta (e tre dalla Victoria),
scaricano in mare le loro armi, cabrano ed invertono la rotta (uno di essi sarà
poi abbattuto dagli Ju 88 della scorta aerea). Dapprima le navi italiane
pensano che i velivoli fossero bombardieri: solo quando il Vivaldi avvista le scie dei siluri
ci si accorge della realtà. Alle 17.31 la Victoria viene colpita a poppa da un siluro e rimane
immobilizzata. Aviere, Ascari e Camicia Nera si fermano per dare assistenza alla nave
danneggiata, mentre il resto del convoglio prosegue sulla sua rotta. Due nuovi
attacchi di aerosiluranti, alle 18.40 ed alle 18.45, daranno il colpo di grazia
alla Victoria, che affonderà
alle 19 con la perdita di 391 dei 1455 uomini a bordo.
Il resto del
convoglio continua scortato dai gruppi «Vivaldi» ed «Aosta»; a notte fatta il
gruppo «Duilio» si sposta invece a nord del 36° parallelo ed ad est del 19°
meridiano per proteggere il convoglio da eventuali attacchi di navi di
superficie provenienti dal Mediterraneo Orientale. A partire dalle 21.44 si
scatena un crescendo di nuovi attacchi aerei sul convoglio: le navi vengono
illuminate con bengala e fuochi galleggianti al cloruro di calcio, bombardate,
fatte oggetto del lancio di siluri, ma la reazione del fuoco contraereo, le
manovre evasive e l’emissione di cortine nebbiogene permettono di evitare tutti
i siluri e sventare ogni attacco senza danni.
24 gennaio 1942
Alle 7.30 il
convoglio viene raggiunto dalle torpediniere Calliope e Perseo,
venute ad esso incontro da Tripoli; cinque minuti dopo il gruppo «Aosta» lascia
la scorta come previsto, e dopo altri cinque minuti sopraggiunge la scorta
aerea con caccia e ricognitori della Regia Aeronautica.
Alle 8.24 il
sommergibile britannico P 36 (tenente
di vascello Harry Noel Edmonds) avvista prima gli alberi e poi le navi del
convoglio in posizione 32°50’ N e 14°20’ E (a nord di Homs, sulla costa
libica); avvicinatosi ad alta velocità fino a 4110 metri, lancia una salva di
quattro siluri contro i mercantili di testa, per poi scendere a 40 metri ed
allontanarsi su rotta opposta a quella del convoglio.
Alle 9 uno dei caccia
di scorta spara delle raffiche di mitragliera contro il mare, segnalando la
presenza del sommergibile 4-5 km a dritta del convoglio: il contrammiraglio
Nomis di Pollone ordina un’accostata d’urgenza sulla sinistra, che permette
alla Monviso di evitare di
pochissimo un siluro. Castore, Geniere e Malocello, insieme ad un ricognitore CANT Z. 501 della 196a
Squadriglia, contrattaccano con bombe di profondità (una trentina in tutto); al
termine della caccia si vedrà sulla superficie una chiazza di nafta, ma in
realtà nessuna bomba è esplosa vicina ed il sommergibile non ha subito danni.
Alle 14.15 il
convoglio entra a Tripoli; poco dopo il porto libico subisce un violento
bombardamento aereo, ma nessuna unità del convoglio viene danneggiata.
30 gennaio 1942
Il marinaio nocchiere
Pietro Grilli del Da Noli,
ventunenne, di Firenze, muore in Libia.
31 gennaio 1942
A mezzogiorno il Da Noli si unisce alle torpediniere Orsa (caposcorta) e Calliope, che stanno scortando da Tripoli a Napoli il piroscafo San Giovanni Battista.
2 febbraio 1942
Nella notte tra l’1
ed il 2 febbraio il convoglio (già avvistato da ricognitori fin dalle 4 del 31)
viene attaccato da aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th
Squadron al largo di Zuara. Uno Swordfish (tenente di vascello J. R. O.
Stevenson, sottotenente di vascello J. F. Wilson) viene abbattuto, ma il San Giovanni Battista viene colpito da
un siluro a centro nave; dei 126 uomini a bordo del piroscafo, 54 perdono la
vita, uccisi dallo scoppio del siluro o scomparsi in mare a seguito del
capovolgimento di una scialuppa. La Calliope
recupera i 72 superstiti e prende a rimorchio il San Giovanni Battista, che riesce a rimorchiare a Tajura, con
l’assistenza del Da Noli, arrivandovi
alle 18 del 2 febbraio.
5 febbraio 1942
Il Da Noli (caposcorta) e l’anziana
torpediniera Generale Antonio Cantore
partono da Tripoli per Messina alle 18, scortando la motonave Monviso.
Da Malta escono per
intercettare il convoglietto i cacciatorpediniere britannici Lively e Zulu; non riescono però a trovarlo, ed affondano invece due piccole
unità costiere, il Grongo e
l’Aosta, incontrate al largo di
Pantelleria.
6 febbraio 1942
Il sommergibile
britannico Uproar attacca
infruttuosamente il convoglio.
7 febbraio 1942
Intorno all’una di
notte, il convoglio viene attaccato da numerosi aerei, ma non subisce danni (un
Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm,
pilotato dal sottotenente M. Swithinbank, viene anzi abbattuto, 30 miglia a
nordest di Capo Turgennes), e – superato indenne anche un attacco da parte del
sommergibile Unbeaten –
raggiunge Messina alle 14.30.
21 febbraio 1942
Alle 18.30 il Da Noli salpa da Messina insieme ai
cacciatorpediniere Alpino (caposquadriglia)
ed Alfredo Oriani,
all’incrociatore leggero Giovanni
delle Bande Nere ed agli incrociatori pesanti Trento e Gorizia
(nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Angelo Parona), formando il
gruppo «Gorizia», uno dei due gruppi di scorta indiretta previsti nell’ambito
dell’operazione di traffico «K. 7».
Tale operazione vede
l’invio in Libia di due convogli, uno salpato da Messina alle 17.30
(motonavi Monginevro, Ravello ed Unione, cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi – nave ammiraglia
del contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, caposcorta –, Lanzerotto Malocello, Nicolò Zeno, Premuda e Strale e
torpediniera Pallade) e l’altro
da Corfù alle 13.30 (motonavi Lerici e Monviso, nave cisterna Giulio Giordani, cacciatorpediniere Antonio Pigafetta – caposcorta,
capitano di vascello Enrico Mirti della Valle –, Emanuele Pessagno, Antoniotto
Usodimare, Maestrale e Scirocco e torpediniera Circe). Oltre al gruppo «Gorizia», c’è
un secondo gruppo di scorta indiretta, il gruppo «Duilio», formato dall’omonima
corazzata (nave di bandiera dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini,
comandante superiore in mare) insieme a quattro cacciatorpediniere (Aviere, Geniere, Ascari e Camicia Nera).
Alle 23.15, la
divisione «Gorizia» si unisce al convoglio n. 1 (quello partito da Messina),
che prosegue per Tripoli seguendo rotte che passano a circa 190 miglia da
Malta.
22 febbraio 1942
All’alba del 2 il
convoglio n. 1 viene raggiunto anche dal gruppo «Duilio», che lo segue a breve
distanza.
Intorno alle 12.45
(per altra versione, verso le dieci), 180 miglia ad est di Malta, i convogli 1
e 2 si riuniscono; il convoglio n. 2 si accoda – con una manovra piuttosto
lenta – al convoglio n. 1. La formazione (di cui è caposcorta l’ammiraglio
Nomis di Pollone) assume rotta 184° e velocità 14 nodi; sin dalla prima mattina
(e fino alle 19.45) volano sul suo cielo aerei tedeschi Junkers Ju 88 e
Messerschmitt Bf 110 decollati dalla Sicilia per la sua scorta.
Dalle prime ore del
mattino (precisamente, dalle 7.25) compaiono anche ricognitori britannici, che
segnalano il convoglio agli aerei di base a Malta; tra le 14 e le 16 si
verifica un attacco aereo, che i velivoli della Luftwaffe respingono,
abbattendo tre degli aerei attaccanti ed impedendo agli altri di portare a
fondo l’attacco (tranne un Boeing B 17 che lancia delle bombe di piccolo
calibro contro la Duilio, senza
colpirla). Quando l’ammiraglio Bergamini chiede altri aerei mediante il
collegamento radio diretto, la richiesta viene prontamente soddisfatta.
La sera del 22, in
base agli ordini ricevuti, il gruppo «Duilio» lascia i convogli, che proseguono
con la scorta diretta ed il gruppo «Gorizia».
Nella notte seguente
il convoglio, che è rimasto diviso in due gruppi (cioè i convogli 1 e 2, che
procedono uno dietro l’altro ma separati), viene più volte sorvolato da dei
bengalieri nemici (tra le 00.30 e le 5.30 del 23 dei bengala si accendono sul
cielo dei convogli), ma non subisce danni, grazie alle manovre ed all’emissione
di cortine fumogene.
23 febbraio 1942
Poco dopo le otto del
mattino sopraggiungono due torpediniere inviate da Marilibia in rinforzo alla
scorta, cui l’ammiraglio Parona ordina di unirsi al gruppo «Vivaldi». La
foschia impedisce ai due convogli, distanti solo 8-9 miglia, di vedersi, ed
alla scorta aerea della Luftwaffe di trovare le navi; le trovano invece, ma
solo quelle del gruppo «Gorizia», i caccia italiani FIAT CR. 42 inviati
anch’essi per la scorta.
Alle 10.14 del
mattino, una novantina di miglia ad est di Tripoli ed al largo di Capo
Misurata, la Circe localizza
con l’ecogoniometro il sommergibile britannico P 38, che sta tentando di attaccare il convoglio (poco dopo ne
viene avvistato anche il periscopio, che però subito scompare poiché il
sommergibile, capendo di essere stato individuato, s’immerge a profondità
maggiore), e, dopo aver ordinato al convoglio di virare a dritta, alle 10.32 lo
bombarda con bombe di profondità, arrecandogli gravi danni. Subito dopo
il P 38 affiora in
superficie, per poi riaffondare subito: a questo punto si uniscono alla caccia
anche l’Usodimare ed il Pessagno, che gettano altre cariche di
profondità, e, insieme ad aerei della scorta, mitragliano il sommergibile.
L’attacco è tanto violento e confuso che un marinaio, su una delle navi
italiane, rimane ucciso dal tiro delle mitragliere, e la Circe deve richiamare le altre
unità al loro posto per poter proseguire nella sua azione. Dopo questi
ulteriori attacchi, la Circe effettua
un nuovo attacco con bombe di profondità, ed alle 10.40 il sommergibile affiora
di nuovo con la poppa, fortemente appruato, le eliche che girano all’impazzata
ed i timoni orientati a salire, per poi affondare di prua con l’intero
equipaggio in posizione 32°48’ N e 14°58’ E. Un’ampia chiazza di carburante,
rottami e resti umani marcano la tomba dell’unità britannica.
Intanto, alle 11.25,
il sommergibile P 34 (tenente
di vascello Peter Robert Helfrich Harrison) avvista su rilevamento 040° il
convoglio formato da Ravello,
Unione e Monginevro e
scortato da Strale, Vivaldi, Malocello, Zeno, Pallade e Premuda, che procede su rotta 250°. Alle 11.49, in posizione 32°51’
N e 13°58’ E (un’ottantina di miglia ad est di Tripoli), il P 34 lancia quattro siluri da 4150
metri di distanza; nessuna nave è colpita, e la scorta inizia alle 11.58 un
contrattacco nel quale sono lanciate 57 bome di profondità, alcune delle quali
esplodono molto vicine al sommergibile. Il P 34, in ogni caso, riesce ad allontanarsi.
Nel frattempo, alle
10.30, lo Scirocco, come
stabilito in precedenza, lascia la scorta del convoglio numero 2 e si aggrega
al gruppo «Gorizia», che a quell’ora – essendo ormai il convoglio vicino a
Tripoli, e non presentandosi più rischi di attacchi di navi di superficie – si
avvia sulla rotta di rientro.
I convogli giungono
indenni a Tripoli tra le 16 e le 16.40 del 23, portando a destinazione in tutto
113 carri armati, 575 automezzi, 405 uomini e 29.517 tonnellate di
rifornimenti.
24 febbraio 1942
Il gruppo «Gorizia»
arriva a Messina alle 11.40.
7 marzo 1942
Il Da Noli ed il cacciatorpediniere Bersagliere salpano da Messina alle
cinque del mattino scortando la motonave Gino
Allegri, con la quale formano il convoglio numero 2 dell’operazione di
traffico «V. 5». Alle 19.20, a sud di Santa Maria di Leuca, il convoglio del Da Noli si riunisce con il
convoglio numero 1, partito da Brindisi con le motonavi Nino Bixio e Reginaldo Giuliani e la scorta del
cacciatorpediniere Antonio Pigafetta e
della torpediniera Aretusa (poi
rimpiazzata dal cacciatorpediniere Scirocco);
le navi proseguono poi per meridiano sino all’imbocco del Golfo della Sirte.
8 marzo 1942
Alle 7.30, al
convoglio 1-2 si aggrega anche il numero 3, composto dalla motonave Monreale proveniente da Napoli con le
torpediniere Castore e Circe ed i cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Fuciliere; entro le 8.30, a 190 miglia
da Leuca, si forma così un unico convoglio sotto il comando del capitano di
vascello Enrico Mirti della Valle, imbarcato sul Pigafetta. Poco dopo, alle 9.45, sopraggiunge anche il gruppo di
scorta, al comando dell’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, formato
dagli incrociatori Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli e Giuseppe Garibaldi e dai cacciatorpediniere Alfredo Oriani, Aviere, Ascari e Geniere; tale gruppo zigzaga a 16-18 nodi di velocità mantenendosi
poco a poppavia del convoglio, che procede a 15 nodi verso sud passando a 190
miglia da Malta. La scorta aerea è fornita da due bombardieri medi CANT Z. 1007
della Regia Aeronautica e da sei tra bombardieri Junkers Ju 88 e caccia pesanti
Messerschmitt Me 110 della Luftwaffe; comunque non si concretizza alcuna
minaccia da parte degli aerei di Malta, essendo l’isola sottoposta a continui
bombardamenti da più di due mesi (la cui intensità viene peraltro aumentata
quando vengono inviati grossi convogli). Al tramonto il gruppo di scorta viene
“incorporato” nel convoglio.
9 marzo 1942
Al largo di Ras Cara
(punto d’atterraggio), in mattinata, il gruppo di scorta lascia il convoglio e
si posiziona in modo da coprirlo da eventuali attacchi di navi britanniche, che
però non hanno luogo. Alle 7.30 Scirocco e Pigafetta lasciano anch’essi il
convoglio per rinforzare la scorta di un altro partito da Tripoli per tornare
in Italia (e che ha in quel momento incrociato quello proveniente dall’Italia);
il Da Noli e le altre navi
entrano nel porto di Tripoli tra le 17.30 e le 18.
Già alle 19.30 il Da Noli riparte da Tripoli quale
caposcorta del convoglio «IOTA», composto dalla sola motonave Monviso scortata, oltre che dal Da Noli, dalla torpediniera Pallade.
10 marzo 1942
Alle 9.30, al largo
di Lampione, il convoglio «IOTA» viene attaccato da un sommergibile, ma i
siluri vengono evitati con la manovra, dopo di che la Pallade viene distaccata per dare la caccia al sommergibile.
A Trapani la scorta
viene rinforzata dalla torpediniera Centauro.
11 marzo 1942
Il convoglio «IOTA»
giunge a Palermo alle 2.15.
2 aprile 1942
Il Da Noli parte da Taranto alle 12.50,
insieme a Pigafetta (caposcorta) ed
Euro ed alla torpediniera Cigno, per scortare a Tripoli le
motonavi Unione e Lerici, nell’ambito dell’operazione
«Lupo».
A mezzanotte dello
stesso giorno, la Cigno è
sostituita dalla gemella Pallade.
3 aprile 1942
Alle otto del
mattino, una sessantina di miglia ad est di Capo Murro di Porco, il convoglio
che comprende il Da Noli si
unisce – come prestabilito – ad un secondo proveniente da Taranto e composto
dalle motonavi Nino Bixio e Monviso, scortate dai
cacciatorpediniere Emanuele Pessagno e Folgore e dalla torpediniera Centauro. Si forma così un unico
convoglio, che imbocca una rotta che passa a 110 miglia da Malta per
raggiungere Tripoli.
Al tramonto si
aggregano al convoglio anche le motonavi Gino Allegri e Monreale,
provenienti da Augusta con la scorta dei cacciatorpediniere Freccia e Nicolò Zeno.
4 aprile 1942
Il convoglio viene
avvistato da ricognitori britannici e sottoposto a diversi attacchi aerei, ma
non subisce alcun danno e giunge a Tripoli tra le 9 e le 10.30, portando a
destinazione un prezioso carico di 14.955 tonnellate di munizioni e materiali
vari, 6190 tonnellate di carburante, 769 tra automezzi e rimorchi, 82 carri
armati e 327 militari.
11 aprile 1942
Durante una missione
di scorta, il Da Noli viene
accidentalmente speronato dal piroscafo Honestas
a causa della fitta nebbia. I gravi danni subiti richiederanno alcuni mesi di
riparazioni.
Durante i lavori
viene eliminato uno degli impianti trinati lanciasiluri da 533 mm, e vengono
imbarcate due mitragliere pesanti singole Breda 1939 da 37/54 mm.
18 settembre 1942
Il Da Noli salpa da Taranto alle
18.50, scortando, insieme alle torpediniere Centauro, Pallade e Ciclone, la motonave Monginevro diretta a Bengasi
(carica di 650 tonnellate di munizioni, 2354 di benzina e lubrificanti, 162
autoveicoli e tre carri armati, oltre a 82 militari di passaggio).
Il Da Noli in navigazione il 18 settembre 1942 (foto Lucio Profeti, da “Italian Warships of World War Two” di Alfo Fraccaroli) |
19 settembre 1942
Alle sette il
convoglio cui appartiene il Da Noli si
unisce ad un altro, proveniente da Brindisi, composto dalla motonave Apuania con la scorta dei
cacciatorpediniere Freccia (capitano
di fregata Minio Paluello, che diviene caposcorta del convoglio unico) e Nicolò Zeno e della
torpediniera Calliope. Il
convoglio segue le rotte costiere della Grecia Occidentale.
20 settembre 1942
Dopo aver superato
indenne degli attacchi di bombardieri durante la notte, all’alba il convoglio
viene attaccato anche dal sommergibile Taku,
che lancia una salva di siluri contro le motonavi; le armi vengono però evitate
con la manovra.
Alle 17 il convoglio
raggiunge indenne Bengasi.
Subito dopo Da Noli, Zeno, Freccia (caposcorta),
Centauro e Pallade lasciano Bengasi alle 17 per scortare a Patrasso (e poi a
Brindisi) la motonave scarica Sestriere.
21 settembre 1942
La Centauro lascia la scorta e dirige
per Suda, dove giunge alle 20.15.
22 settembre 1942
Il resto del
convoglio, compreso il Da Noli,
arriva a Patrasso alle 7.10.
30 settembre 1942
Il Da Noli ed il cacciatorpediniere Freccia partono da Messina per scortare
a Patrasso la motonave tedesca Ruhr.
Alle 8.50 il
sommergibile britannico P 44 (poi United, tenente di vascello Thomas
Erasmus Barlow) avvista le tre navi (il Da
Noli, riconosciuto correttamente per un classe Navigatori, si trova a
proravia della Ruhr, mentre il Freccia, erroneamente identificato come
un classe Maestrale, è sulla dritta) mentre procedono sottocosta verso est, a
cinque miglia di distanza. Iniziata la manovra d’attacco, alle 9.20 il P 44 lancia tre siluri in posizione
37°52’ N e 15°58’ E (al largo di Capo Spartivento Calabro), da una distanza di
2740 metri. Le armi mancano la Ruhr
di stretta misura; il sommergibile ritenta alle 9.45 col lancio di un quarto
siluro, ma anche stavolta manca il bersaglio.
6 ottobre 1942
Alle 11.30 la Ruhr, che il Da Noli sta ancora scortando insieme al Freccia ed alle torpediniere Lupo
e Centauro, viene avvistata 25 miglia
a nordest di Bengasi, da 12.800 metri di distanza, dal sommergibile britannico Turbulent (capitano di fregata John
Wallace Linton). Il sommergibile manovra per attaccare; quando il convoglietto
modifica la propria rotta, anche il Turbulent
accosta di conseguenza, per usare i propri tubi lanciasiluri poppieri. Alle
12.32, in posizione 32°39’ N e 20°19’ E, il sommergibile lancia tre siluri dai
tubi di poppa, da una distanza di 1000 metri; nessuna delle armi va a segno.
Alle 12.45 inizia il
contrattacco della scorta (allertata da un idrovolante CANT Z. 501 della 196a
Squadriglia, in servizio di scorta aerea), col lancio di una prima bomba di
profondità, piuttosto lontana, da parte del Freccia;
poco dopo ne viene lanciata una seconda (sempre dal Freccia), anch’essa lontana, mentre alle 13.25 il Da Noli passa sulla verticale del Turbulent e lancia un pacchetto di 9
bombe di profondità che esplodono vicinissime, danneggiando il sommergibile. Il
Da Noli inverte poi la rotta e lancia
un secondo pacchetto di 10 bombe, leggermente più lontane ma ancora abbastanza
vicine. La caccia prosegue per più di due ore, ma non vengono lanciate altre
bombe.
13 ottobre 1942
Da Noli, Pigafetta, Da Verrazzano e Zeno caricano
nel porto di Trapani le mine destinate alla posa della spezzata «S 71» dello
sbarramento «S 7». Per la prima volta verranno impiegate mine magnetiche
tedesche tipo EMC ed EMF; Da Noli, Pigafetta e Zeno caricano ciascuno 43 mine tipo EMC ed altrettante tipo EMF
(entrambe le tipologie sono utilizzabili per fondali fino a 200 metri), che
dovranno posare in alternanza.
L’imbarco avviene a rilento e con varie difficoltà, causa le carenti
attrezzature della base di Trapani ed i danni causati dai bombardamenti, che
impediscono ai cacciatorpediniere di affiancarsi ai moli, così da obbligare a
prelevare le mine dai depositi, caricate su autocarri che le portino in
banchina, indi trasferite su bettoline e poi da queste trasbordate sui
cacciatorpediniere coi loro mezzi. Per giunta il trasferimento delle mine dai
camion alle bettoline può essere compiuto soltanto usando la gru elettrica
dell’officina siluri della banchina della Casermetta Sommergibili: quando tale
gru va in avaria, l’imbarco delle mine dev’essere fermato sino a che questa non
viene riparata; ed inoltre a Trapani ci sono soltanto quattro bettoline a fondo
liscio – le uniche adatte ad imbarcare mine tedesche –, di cui due piccole e
due grandi, che in tutto possono contenere soltanto 150 mine.
Il Da Noli impiega ben tre
ore e mezza per caricare le sue 86 mine, iniziando alle 10.20 e finendo alle
13.50 (altra versione parla invece di cinque ore); l’operazione si protrae
tanto a lungo (il Pigafetta carica un
uguale numero di mine, dalle stesse bettoline, in solo un’ora e mezza) perché
sul Da Noli si rende prima necessario
smontare trasferire sulle bettoline i
lanciabombe e le tramogge tedesche per bombe di profondità.
Alle 21.13, terminato finalmente l’imbarco delle mine, i quattro
cacciatorpediniere mollano gli ormeggi e superano le ostruzioni con Pigafetta in testa, seguito dallo Zeno, il Da Noli in terza posizione ed il Da Verrazzano in coda; quest’ultimo, però, passa in testa alla
formazione alle 21.49, dopo di che i cacciatorpediniere imboccano le rotte
prescritte ed assumono una velocità di 22 nodi.
14 ottobre 1942
All’1.51 viene avvistato a proravia il faro di Capo Bon, ed alle 2.40
la velocità viene ridotta gradualmente fino a 10 nodi. Alle 3.31 le navi
accostano per rotta 331°, mettendo la prua sull’isola di Zembretta, ed alle
4.01, a seguito del segnale del Da
Verrazzano, tutti accostano ad un tempo di 90° a dritta, disponendosi in
linea di fronte (il Da Noli è
l’unità più a dritta, con lo Zeno 400
metri alla sua sinistra, il Pigafetta a 400
metri da quest’ultimo ed il Da
Verrazzano a 200 metri dal Pigafetta); tre minuti dopo la velocità viene ulteriormente ridotta
a 8 nodi ed alle 4.25, su ordine del Pigafetta (capo
formazione, capitano di vascello Mirti della Valle), comincia la posa.
Scambiando il segnale di preavviso per quello di inizio della posa, il Da Noli lancia anzitempo due mine (una
ad urto ed una magnetica): per trovarle e renderle inoffensive, si renderà
necessario l’invio di mezzi della Flottiglia Dragamine di Trapani, che le
troveranno il 24 ottobre, dopo tre giorni di ricerche.
Alle 4.58 i cacciatorpediniere accostano ad un tempo a sinistra di 11°.
Il Da Noli posa le 86 mine
magnetiche e ad antenna (regolate per una profondità di 3 metri le EMC, e di
18-20 metri le EMF), alternate e sfalsate, con un intervallo di 175
metri l’una dall’altra, su una lunghezza di sei miglia (linea «D»),
seguendo rotta 61° per i primi 6020 metri e poi 50° per
altri 8800 metri.
La posa, durante la quale scoppiano accidentalmente due mine (alle 5.10
ed alle 5.22), termina alle 5.27; tutto avviene in condizioni ideali, con
totale assenza di vento e mare completamente calmo, oltre ad un’eccellente
visibilità, il che permette di mantenere rotta e posizioni relative tra le navi
durante la posa.
Alle 5.29 le navi accostano ad un tempo di 80° a sinistra, disponendosi
in linea di fila, ed alle 5.30 il Pigafetta ordina
al Da Verrazzano di
posizionarsi in coda. Alle 5.55 la velocità viene portata a 20 nodi ed alle
7.43 giunge sul cielo della formazione la scorta aerea, composta da un
ricognitore e due caccia italiani, cui alle 8.15 si aggiungono altri sei
caccia. Alle 14.30 le navi entrano nel porto di Palermo.
15 ottobre 1942
Il Da Noli lascia Palermo
diretto a Cagliari.
18 ottobre 1942
In mattinata il Da Noli (capitano di fregata Pio
Valdambrini) ed il cacciatorpediniere Ascari
(capitano di fregata Teodorico Capone), usciti da Palermo, vanno rinforzare la
scorta della nave cisterna Saturno,
partita da Cagliari alle 16 del giorno precedente con la scorta della sola
torpediniera Nicola Fabrizi (tenente
di vascello di complemento Augusto Bini).
Alle 12.30, a nord
delle Egadi, Saturno e scorta, Da Noli compreso, si uniscono al
convoglio «D», proveniente da Napoli e formato dai piroscafi Capo Orso, Beppe e Titania
con la scorta dei cacciatorpediniere Giovanni
Da Verrazzano (capitano di fregata Carlo Rossi), Alfredo Oriani (capitano di fregata Paolo Pesci) e Vincenzo Gioberti (capitano di
fregata Pietro Tona). Viene così formato un unico convoglio, che alle 12.35
viene raggiunto dal cacciatorpediniere Antonio
Pigafetta (capitano di vascello Enrico Mirti della Valle), il quale ne
assume il comando della scorta.
Alle 20 la Fabrizi lascia il convoglio, sostituita
dalla più moderna torpediniera Centauro
(capitano di corvetta Luigi Zerbi).
Nelle giornate del 18
e 19 ottobre, fino anche alle prime ore notturne, il convoglio gode anche di
una forte scorta aerea. La sera del 18, e nella prima metà della notte
seguente, vengono avvertiti rumori di aerei (nemici) in volo e vengono
avvistate delle cortine di bengala che si accendono a poppavia delle navi, il
che indica che il convoglio è stato localizzato e seguito dalle forze
avversarie.
In realtà la
"scoperta" è ancora antecedente: il 18 ottobre, infatti, le
decrittazioni di “ULTRA” hanno permesso ai comandi britannici di sapere che
la Saturno è partita da
Cagliari alle 16 del 17 e che alle 12.30 del 18 si deve unire a Capo Orso, Beppe e Titania partiti
da Napoli alle 16 del 17, dopo di che il convoglio deve proseguire sulla rotta
a ponente di Malta a 8 nodi, per giungere a Tripoli alle 13 del 20 ottobre.
Ricognitori vengono
inviati per trovare e seguire il convoglio, e ben cinque sommergibili ricevono
l’ordine di attaccarlo: il P 37 (poi Unbending), il P 42 (poi Unbroken),
il P 44 (poi United), il P 211 (poi Safari)
e l’Utmost. Il comandante della
flottiglia sommergibili di Malta, Simpson, li dispone in modo da formare una
linea di sbarramento orientata da nord verso sud: nell’ordine, Utmost, P 211, P 37, P 42 e P 44.
19 ottobre 1942
Alle 9.25, dato che
Supermarina ha segnalato la presenza di un sommergibile, la Centauro viene distaccata per
dargli la caccia, mentre il suo posto nella scorta viene preso dalla
torpediniera Sagittario (capitano
di corvetta Lanfranco Lanfranchi) appositamente inviata.
Il primo sommergibile
ad attaccare è l’Utmost (tenente
di vascello John Walter David Coombe): avvista il convoglio alle 8.40, in
posizione 36°03’ N e 11°56’ E (tra Pantelleria e Lampedusa) su rilevamento
350°, identifica le navi alle 8.50 come tre navi mercantili di medie dimensioni
scortate da sette cacciatorpediniere disposti su ogni estremità, lato e quarto
del convoglio nonché a poppavia dello stesso, ed alle 9.32 avvista anche
la Saturno, che diviene il suo
bersaglio. Alle 10.03 l’Utmost lancia
due siluri, da 5500 metri, contro la petroliera, ma nessuna arma va a
segno, e l’attacco passa inosservato. Più tardi riemerge per segnalare la
presenza del convoglio.
Viene poi il turno
del P 37 (poi Unbending, tenente di vascello Edward
Talbot Stanley), che ha assunto la sua posizione nello sbarramento alle sei del
mattino del 18. Nove aerei, uno dei quali antisommergibili, sono in volo sul
cielo del convoglio, ma nessuno vede l’unità britannica immersa a quota
periscopica. Il convoglio si trova 70 miglia a sud di Pantelleria.
Alle 11.48 il P 37 ha avvistato degli aerei che
volano con ampi zig zag sia a sud che a nord della sua posizione, e cinque
minuti dopo ha avvistato, su rilevamento 360°, anche il convoglio. Le navi
mercantili, disposte su due colonne di due unità ciascuna, procedono su rotta
180°; degli aerei procedono a zig zag davanti ad esse, mentre lo schermo dei
cacciatorpediniere procede un miglio a poppavia dei velivoli, nonché a proravia
dei trasporti.
Alle 12.15 il
convoglio accosta su rotta 156°, ed il sommergibile passa tra i due
cacciatorpediniere che coprono il suo fianco sinistro; poi, alle 12.49,
il P 37 lancia quattro
siluri da 915 metri, contro il mercantile in testa alla colonna di sinistra
(posizionando la mira a proravia del mercantile di circa mezza lunghezza, e poi
lanciando i siluri a intervalli di 13 secondi nella speranza che quelli che
fossero passati a prua od a poppa del bersaglio colpiscano il mercantile in
testa all’altra colonna, più lontana). Subito dopo scende in profondità.
Alle 12.53 (in
posizione 35°52’ N e 12°05’ E, 28-30 miglia a sudovest dell’isolotto di
Lampione), senza alcun preavviso, il Beppe venne
colpito da un siluro a poppa sinistra; un minuto più tardi anche il Da Verrazzano, dopo aver evitato un
primo siluro, viene colpito da una seconda arma, che gli asporta la poppa.
Il resto del
convoglio accosta subito di 90° a dritta, ma ormai il danno è fatto: il Pigafetta ordina all’Oriani di dare assistenza al Beppe ed alla Sagittario di dare assistenza
al Da Verrazzano, nonché
al Gioberti di dare la
caccia al sommergibile; quest’ultima venne cessata dopo che il
cacciatorpediniere vede apparire in superficie un’ampia chiazza di nafta,
riferendolo al caposcorta (secondo fonti italiane, l’Unbending venne seriamente danneggiato dalle bombe di
profondità; dal suo giornale di bordo risulta però che tra le 12 e le 15 furono
lanciate 24 bombe di profondità, di cui solo due esplosero vicine).
Per le due navi
colpite non c’è niente da fare: il Beppe cola
a picco già alle 13.43, dopo che l’Oriani ne
ha recuperato i sopravvissuti; la Sagittario tenta
di prendere a rimorchio il Da
Verrazzano mentre il Gioberti (finita
la caccia) dà loro scorta, ma il cacciatorpediniere affonda alle 15.30 nel
punto 35°12’ N e 12°05’ E, a sud di Pantelleria ed a 25 miglia da
Lampedusa. 255 dei 275 membri dell’equipaggio del Da Verrazzano vengono salvati da Gioberti e Sagittario.
Oriani e Gioberti sbarcano i
rispettivi naufraghi a Lampedusa e poi si riuniscono al convoglio, mentre
la Sagittario viene fatta
rientrare a Trapani.
Alle 14.05, intanto,
il P 42 (tenente di vascello Alastair
Campbell Gillespie Mars) avvista a sua volta fumo su rilevamento 290°, manovra
per avvicinarsi ed alle 14.30 inizia la manovra di attacco, stimando la rotta
del convoglio come 135°. Alle 15.30 il sommergibile lancia una salva di quattro
siluri, in posizione 34°45’ N e 12°31’ E (a nordovest di Tripoli), da 7300
metri; nessuno va a segno, due passano sotto la Saturno senza esplodere ed altri due vengono evitati dalla
petroliera con la manovra. (Da fonti italiane risulterebbe che un sommergibile
avrebbe lanciato due siluri contro la Saturno,
mancandola, alle 16.19).
Dopo il lancio il P 42 scende a 21 metri di profondità e
si allontana a tutta forza, ma il contrattacco della scorta inizia già alle
15.21; vengono rapidamente lanciate 20 bombe di profondità, dalle 15.21 alle
15.37, con notevole precisione. Tutte esplodono vicine, arrecando seri danni al
sommergibile, che la sera stessa dovrà abbandonare la missione e rientrare a
Malta a causa della gravità dei danni subiti. La caccia da parte dei
cacciatorpediniere prosegue per quasi un’ora, anche se non vengono lanciate
altre bombe.
Intorno alle 19 viene
ricevuto un messaggio da Supermarina, che annuncia che un attacco aerosilurante
è probabilmente in arrivo; poco dopo le 20, difatti, Gioberti (che si trova insieme all’Oriani e sta per raggiungere il convoglio) ed Ascari riferiscono al Pigafetta di avvertire rumori di
aerei sul loro cielo. L’unico velivolo della scorta aerea, un aereo tedesco, ha
da poco lasciato il convoglio.
Le siluranti della
scorta circondano i mercantili con cortine nebbiogene, ma alle 23.06, durante
l’attacco degli aerosiluranti, il Titania viene
colpito da un siluro, restando immobilizzato. L’Ascari riesce a prenderlo a rimorchio, portandolo verso Tripoli; l’Oriani rimane per dargli
assistenza, mentre il resto del convoglio, Da Noli compreso, prosegue verso Tripoli.
20 ottobre 1942
Gli attacchi aerei
continuano: tra le 00.10 e le 00.22 Oriani ed Ascari vengono attaccati da
bombardieri in picchiata ed aerosiluranti, ed alle 00.36 anche il Da Noli viene mancato di stretta
misura da quattro bombe, che cadono molto vicine sulla dritta.
All’1.28 il P 44 (tenente di vascello Thomas Erasmus
Barlow) avvista a 2,5 miglia di distanza il gruppo composto da Saturno, Da Noli e Pigafetta, e
tre minuti dopo, restando in superficie, lancia tre siluri contro la Saturno nel punto 34°03’ N e 12°35’ E
(un’ottantina di miglia a nord-nord-ovest di Tripoli). Nessuno dei siluri va a
segno; il Da Noli avvista le scie e
poi anche il P 44, che intanto si sta
immergendo, si dirige sul posto e contrattacca col lancio di alcune cariche di
profondità. Incrocia poi nell’area per quattro ore, ritenendo – a torto – di
aver danneggiato l’attaccante (le bombe sono esplose piuttosto lontane).
Il caposcorta decide
dunque di dividere il convoglio in due gruppi, in base alla velocità: Capo Orso (capace di navigare a 10
nodi), Da Noli e Gioberti formano il primo; la Saturno (8,4 nodi) ed il Pigafetta costituiscono il secondo.
Alle 3.05 il Da Noli avvista
un sommergibile emerso e tenta di speronarlo, ma questi s’immerge prima della
collisione; tra le 4.25 e le 4.45 entrambi i gruppi vengono attaccati da bombardieri
ed aerosiluranti, ma non subiscono danni. Alle 7.15 il convoglio viene
raggiunto dalla torpediniera Circe (capitano
di corvetta Stefanino Palmas), mandata da Tripoli per rinforzare la scorta e
pilotare il convoglio in porto; sopraggiunge anche un gruppo di aerei, che
assume la scorta aerea delle navi.
Alle 7.20 il Titania, colpito da un altro siluro
(lanciato dal sommergibile britannico P
211), affonda in posizione 33°53’ N e 12°30’ E. Le altre navi arrivano a
Tripoli alla spicciolata: per primo l’Oriani,
con feriti del Titania, alle 10,
quindi Gioberti e Capo Orso, alle 11, poi Saturno, Pigafetta, Circe
e Da Noli, alle 13.40. L’Ascari (avendo poca nafta, e non
essendovene a sufficienza a Tripoli) rientra invece a Trapani, dove giungerà il
mattino del 21.
22 ottobre 1942
Da Noli, Pigafetta e Zeno si ritrovano a Palermo.
28 ottobre 1942
Da Noli, Pigafetta e Zeno si trasferiscono da Palermo a
Trapani.
29 ottobre 1942
Da Noli, Pigafetta (capitano di vascello Rodolfo
Del Minio, capo formazione) e Zeno imbarcano
a Trapani le mine (le quali, giunte a Trapani il 23 per via ferroviaria, sono
state approntate e caricate sulle bettoline già il 27, ma qui sono rimaste per
due giorni a causa del tempo incerto) per la posa della spezzata «S 72» del
campo minato «S 7», da eseguirsi al largo di Capo Bon. La quarta nave
incaricata della posa era il Da
Verrazzano: a seguito della sua perdita, è stato rimpiazzato dall’anziana
torpediniera Castelfidardo, che
tuttavia ha una capacità di trasporto e posa di mine di meno della metà
rispetto ad un cacciatorpediniere classe Navigatori. Conseguentemente, il piano
di posa della «S 72» viene modificato; mentre i cacciatorpediniere dovranno
posare una prima tratta di 52 mine e poi, dopo un’accostata sulla sinistra, una
seconda tratta di 34 mine, la Castelfidardo
poserà solo 30 mine della seconda tratta.
Terminato l’imbarco delle mine, le quattro navi lasciano Trapani alle
19.15.
A protezione della posa, sono disposti un agguato notturno con
motosiluranti e cooperazione aerea.
30 ottobre 1942
Da Noli, Pigafetta e Zeno iniziano la posa delle mine alle quattro del mattino, dopo
aver accostato ad un tempo per assumere la linea di fronte, in due tratte.
Dapprima posano 52 mine tipo EMC e EMF, in grado di essere ancorate fino a
fondali di 200 metri, alternate (26 e 26, alternate e sfalsate, con distanza di
180 metri tra una EMC ed una EMF e di 350 metri tra due EMF) su una lunghezza
di 9180 metri, su rotta 39°; poi accostano a sinistra su rotta di posa 12° e
posano la seconda tratta, di 34 EMF (che possono essere ancorate su fondali di
300 metri), su una lunghezza di 11.730 metri. Le EMC sono regolate per una
profondità di tre metri, le EMF per una di 20. La Castelfidardo posa solo la seconda tratta, dopo l’accostata ad un
tempo di 27° a sinistra; seguendo una rotta di posa di 12°, la torpediniera
posa 30 mine tipo EMF distribuite su una lunghezza di 10.150 metri (distanza
tra due mine metri 350, profondità 20 metri). Ogni linea di mine dista 400
metri da quella più vicina; il Da Noli
posa la linea «B», la seconda da sinistra (le altre sono: «A» per il Pigafetta, «C» per lo Zeno, «D» per la Castelfidardo).
In tutto, le quattro navi posano 288 mine; la posa si svolge
regolarmente e senza incidenti. Durante la navigazione di ritorno, tuttavia, la
Castelfidardo subisce un’avaria alla
pompa di spinta della nafta, che la costringe a ridurre la velocità; lo Zeno riceve ordine di accompagnarla,
mentre Da Noli e Pigafetta proseguono per Trapani, dove giungono alle 10.45. Castelfidardo e Zeno vi arriveranno a loro volta un paio d’ore dopo.
3 novembre 1942
Da Noli, Pigafetta, Zeno e Castelfidardo
lasciano Trapani per effettuare la posa della spezzata «S 73» dello sbarramento
«S 7» (essendo le mine pronte già dal 27, la posa avrebbe dovuto essere svolta subito
dopo quella della «S 72»: ma il maltempo ha costretto a rinviarla di alcuni
giorni). Di nuovo il tutto avviene in concomitanza con un agguato notturno di
motosiluranti, e con l’appoggio di forze aeree.
4 novembre 1942
Le navi posano le mine tra le 2.48 e le 3.46, senza che si verifichino
inconvenienti. Di nuovo, i cacciatorpediniere posano due tratte: una prima di
50 tra EMC e EMF (25 e 25, posabili in fondali fino a 200 metri) alternate e
sfalsate (distanza di 180 metri tra una EMC ed una EMF e di 350 metri tra due
EMF), su rotta 56° per 8820 metri, poi una seconda di 36 EMF (posabili in
fondali fino a 500 metri), su rotta di posa 11° e per una lunghezza di 12.430
metri, dopo un’accostata a sinistra. Di nuovo le EMC sono regolate per tre
metri di profondità, e le EMF per 20. La Castelfidardo
posa solo la seconda (36 mine tipo EMF distribuite su una lunghezza di 10.150
metri, con distanza di 350 metri tra ogni ordigno, regolate per una profondità
di 20 metri). Il Da Noli posa ancora
la linea «B» (Pigafetta, Zeno e Castelfidardo posano rispettivamente «A», «C» e «D»); la distanza
tra ogni linea è di 400 metri.
Le navi rientrano a Trapani alle 9.25.
7 novembre 1942
Da Noli, Pigafetta, Zeno, Ascari ed il
cacciatorpediniere Mitragliere
imbarcano a Trapani le mine destinate alla posa dello sbarramento «S 8», da
posare a sud dello «S 11» per ridurre il varco esistente tra quest’ultimo e la
costa tunisina, e rendere così ancor più pericoloso, per le forze nemiche, il
transito lungo le coste della Tunisia. Da
Noli e Pigafetta imbarcano
ciascuno 126 boe strappanti di produzione tedesca, lo Zeno 104 boe strappanti ed altrettante esplosive (anch’esse di
produzione tedesca), Ascari e Mitragliere caricano ciascuno 56 mine
tipo «E». All’operazione parteciperà anche il nuovissimo incrociatore leggero Attilio Regolo, che però – onde evitare
il sovraffollamento del porto di Trapani – caricherà le sue mine (129 tipo «E»)
a Palermo.
MAS e motosiluranti inviate dal Comando di Messina si occupano della
scorta e dell’esecuzione di agguati protettivi ad ovest di Capo Bon ed a sud di
Kelibia.
Da Noli, Pigafetta (con a bordo il
contrammiraglio Lorenzo Gasparri, comandante del Gruppo Cacciatorpediniere di
Squadra, incaricato di dirigere l’operazione), Zeno, Ascari, Mitragliere ed un sesto
cacciatorpediniere, il Corazziere
(incaricato di posare un altro sbarramento per suo conto), salpano da Trapani
alle 7, assumendo una velocità di 20 nodi. Alle 22 si unisce alla formazione
anche il Regolo.
Giunte sul posto, le navi trovano ad attenderle la torpediniera Nicola Fabrizi, inviata da Trapani per
segnalare loro il punto in cui cominciare a posare le mine. Regolandosi in base
ai fari che appaiono visibili ed ai segnali della Fabrizi, i cacciatorpediniere si portano in linea di fronte ed assumono
la rotta di posa (rotta 68°); il Corazziere,
come previsto, lascia la formazione per andare a posare poco lontano uno
sbarramento temporaneo di 50 mine, l’«S.T. 2», avente lo scopo di ostacolare il
passaggio nel Canale di Sicilia ad una formazione navale nemica che si pensa
possa transitare nei prossimi giorni (sono state avvistate, infatti, decine di
navi Alleate in movimento da Gibilterra verso est: sono le unità destinate
all’Operazione «Torch», gli sbarchi angloamericani nel Nordafrica francese, ma
questo Supermarina non può saperlo con certezza, dunque ordina la posa
nell’eventualità che quelle navi siano dirette a Malta).
All’1.37 viene dato lo stop di inizio della posa; il Da Noli, avendo la Fabrizi esattamente di poppa, funge da nave regolatrice. Le cinque
unità posano su file parallele, distanziate tra loro di 200 metri: da sinistra
verso dritta, posano Pigafetta, Da Noli, Ascari, Mitragliere, Regolo e Zeno. Le file posate dalle diverse unità, date le differenze in
numero e tipologia degli ordigni, hanno lunghezze differenti; lo sbarramento si
estende in lunghezza per 4,68 miglia (file più lunghe, tra cui quella posata
dal Da Noli). Le boe esplosive e
strappanti sono regolate per 6 metri di profondità, le mine per 3 metri. Da Noli e Pigafetta ultimano la posa delle loro boe alle 4.06, preceduti da Ascari (4.02), Mitragliere (4.03), Regolo
(4.04) e seguiti dallo Zeno, che
impiega più del previsto a causa di ritardo dei graduatori, causato
dall’incatastamento di una boa antidragante che costringe a lanciare le boe
successive senza più attenersi al ritmo prestabilito. Alle 4.20, anzi, un uomo
dello Zeno cade in mare (viene poi
ripescato) ed il cacciatorpediniere deve interrompere la posa, rinunciando a
posare le ultime otto boe.
Alle 5.30 il Corazziere,
ultimata la posa dell’«S.T. 2», si riunisce alle altre unità, che dirigono per
rientrare a Palermo alla velocità di 20 nodi.
Alle 6.37 lo Zeno avvista un
aereo sospetto, che sorvola il gruppo a bassa quota, ed alle 9.58 il Comando
Marina di Trapani segnala che un velivolo nemico sta tallonando la formazione.
Alle 10.22 l’ammiraglio Gasparri ordina di assumere una formazione su
due colonne (fino a quel momento si è mantenuta la linea di fila), con il Corazziere in posizione di scorta
laterale a dritta del Regolo; ma la
manovra è appena cominciata, quando – tre miglia a nordovest di Capo San Vito –
il Regolo viene colpito a prua da un
siluro lanciato dal sommergibile britannico P
46 (poi Unruffled, tenente di
vascello John Samuel Stevens), guidato sul posto dai segnali dell’aereo.
Il P 46, avvistate alberature
ed aerei verso sudovest alle 9.55 e ritenendo, correttamente, trattarsi
dell’incrociatore e dei cacciatorpediniere del cui arrivo era stato avvisato,
ha avuto conferma dei suoi sospetti alle 10, quando ha avvistato la centrale di
direzione del tiro del Regolo, ed
alle 10.05 ha iniziato ad avvicinarsi a tutta forza per attaccare. Alle 10.23,
in posizione 38°14’ N e 12°43’ E, il sommergibile ha lanciato una salva di
quattro siluri (gli ultimi rimasti a bordo) da 1920 metri di distanza, per poi
scendere subito in profondità onde eludere la reazione della scorta.
L’esplosione asporta buona parte della prua del Regolo.
L’ammiraglio Gasparri ordina a Da
Noli e Zeno di dare la caccia al
sommergibile attaccante, ed agli altri cacciatorpediniere di girare intorno al Regolo coprendolo con cortine fumogene;
contatta Trapani richiedendo l’invio di mezzi di soccorso. La caccia con bombe
di profondità da parte di Da Noli e Zeno ha inizio alle 10.35 e si protrae
per un’ora; vengono gettate 14 bombe di profondità, singolarmente, ma nessuna
esplode vicina al P 46, che non
subisce danni.
Poco dopo sopraggiungono due rimorchiatori, che tentano
infruttuosamente di prendere a rimorchio l’incrociatore e di metterlo sulla rotta
desiderata; le lamiere di ciò che resta della prua, piegate verso l’esterno,
fanno da timone ed impediscono di governare. Alle 11.30 arrivano i MAS 544 e 549; il Pigafetta tenta a
sua volta il rimorchio, ma senza successo. Alle 13.30, con l’arrivo da Trapani
di altri due rimorchiatori (i quattro rimorchiatori sono il Monfalcone, il Maurizio, il Liguria ed
il Trieste), si riesce finalmente a
prendere il Regolo a rimorchio, e
inizia così la navigazione verso Palermo, all’esasperante velocità di due nodi
e mezzo. Poco più tardi arrivano anche le torpediniere Cigno e Giuseppe Cesare Abba,
che effettuano ricerca con l’ecogoniometro nell’area dell’attacco, mentre alle
14.48 Ascari, Mitragliere e Corazziere vengono
distaccati per raggiungere Messina, su ordine di quel Comando Marina.
Un altro sommergibile britannico, il P 44 (tenente di vascello Thomas Erasmus Barlow), ha notato
alle 10.25 l’esplosione dei siluri che hanno colpito il Regolo, ed avvistato in lontananza la colonna di fumo levatasi
dall’incrociatore danneggiato; avvicinatosi per vederci chiaro, alle 13.56 –
tre miglia a nordest di Capo San Vito – il sommergibile avvista il danneggiato Regolo a 6 miglia per
126°. Dopo essersi avvicinato ad alta velocità ed a quota maggiore, il P 44 torna a quota periscopica alle
14.24 e nota che l’incrociatore è danneggiato ed a rimorchio, su rotta 070°.
Giunto a 3,5 miglia alle 15.45, quattro minuti dopo il sommergibile
lancia due siluri in posizione 38°15' N e 12°47' E (tre miglia a nordest di
Capo San Vito), ma le armi mancano il bersaglio ed esplodono a fine corsa. Il Regolo avvista e segnala a dritta una
scia di siluro (poco dopo si sentono le due esplosioni subacquee attribuite
allo scoppio dei siluri a fine corsa), e Da
Noli e Zeno vengono nuovamente
mandati a dare la caccia al sommergibile, lanciando bombe di profondità a scopo
intimidatorio (non essendo riusciti ad ottenere un contatto all’ecogoniometro,
nonostante la ricerca).
Alle 17.30 arriva anche un altro potente rimorchiatore, il Polifemo, che si aggiunge agli altri due
già impegnati nel rimorchio (che procede a soli 2,5 nodi, ed è ostacolato dalle
lamiere contorte della prua del Regolo,
che “fanno da timone” ed intralciano il governo). La formazione prosegue così
con Regolo al centro
rimorchiato da tre rimorchiatori, Da
Noli a dritta del convoglio, Lince a
sinistra, Cigno a proravia
e Pigafetta a poppavia
(tutti impegnati in ampi zig zag), mentre lo Zeno effettua rastrello antisommergibile a poppavia della
formazione. Non si verificano altri problemi, e tutte le navi giungono a
Palermo all’alba del 9 novembre.
9 novembre 1942
Regolo e scorta giungono
finalmente a Palermo all’alba.
20 novembre 1942
Da Noli e Pigafetta (capo
sezione) partono da Cagliari per Biserta all’una di notte, in missione di
trasporto di 750 uomini del Reggimento «San Marco».
Le due unità giungono
a Biserta alle 8.40, sbarcano le truppe e ripartono per Cagliari alle 13,
giungendovi alle 20.50.
21 novembre 1942
Il Da Noli salpa da Cagliari alle 15.35 in
missione di trasporto truppe verso Biserta.
22 novembre 1942
Arriva a Biserta alle
8.25, sbarca le ruppe e riparte alle 10.45 diretto a Trapani, dove giunge alle
18.20.
24 novembre 1942
Il Da Noli (caposcorta) e la torpediniera Uragano salpano da Tunisi per Trapani
alle 14.45, scortando l’incrociatore ausiliario Barletta.
In mare aperto si
unisce al convoglietto anche il traghetto requisito Aspromonte, proveniente da Biserta.
25 novembre 1942
Il convoglio giunge a
Trapani alle 13.
Dal medesimo libro
(“La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dall’1.10.1942 alla caduta
della Tunisia”, dell’USMM), tuttavia, risulterebbe anche una missione di
trasporto truppe del Da Noli eseguita
negli stessi giorni: partito da Palermo per Biserta alle 2.15 del 24, il Da Noli sarebbe giunto nel porto tunisino
alle 9.20, sbarcando le truppe e ripartendo alle 15, per poi arrivare a Trapani
alle 2.45 del 25. Evidente l’incongruenza.
29 novembre 1942
Il Da Noli (capitano di fregata Pio
Valdambrini) e l’incrociatore ausiliario Barletta,
attrezzato anche per la posa di mine, caricano a Trapani le mine destinate alle
spezzate «S 91» e «S 92» del nuovo sbarramento «S 9», da posare nel Canale di
Sicilia per proteggere le nuove rotte di rifornimento tra l’Italia e la Tunisia.
Il Da Noli carica 30 mine tipo EMF e 56
tipo EMC, destinate alla spezzata «S 91»; il Barletta imbarca 30 EMF e 56 EMC in coperta, che dovrà posare per
la «S 91», nonché 56 EMF e 98 EMC nella stiva, queste ultime destinate alla «S
92» ed in parte da trasferire sul Da Noli
per la posa.
Alle 18.30 il Da Noli molla
gli ormeggi ed esce dal porto; il Barletta
è già alla fonda fuori dalle ostruzioni, e Valdambrini gli ordina di seguire il
Da Noli. Alle 19, sulla rotta di
sicurezza, le due navi vengono raggiunte dalle motosiluranti MS 31 e MS 32, che assumono posizione di scorta laterale a dritta e
sinistra. Alle 19.30 le navi giungono nel punto convenzionale «T 2» di Trapani
ed iniziano la navigazione di altura.
30 novembre 1942
Alle 6.05 il Da Noli atterra
sullo Scoglio dei Cani e si dirige verso il punto in cui cominciare la posa
della «S 91» (37°23.5' N e 09°44.5' E, mentre il punto di conclusione della
posa sarà 37°30' N, 09°54.5' E). Il tempo, inizialmente maneggevole (vento da
ponente-maestro e frequenti piovaschi) nelle prime ore della notte, dopo il
sorgere della luna va via via peggiorando, tanto che il comandante Valdambrini
inizia a dubitare della possibilità di effettuare la posa. Le motosiluranti
sono costrette a rientrare per via del mare molto agitato; la MS 32 urta anche il Barletta, riportando danni.
Alle 7.05 il tempo si è ulteriormente deteriorato, con mare forza 4-5
da ponente-maestro, ed il Barletta
comunica di ritenere inutile tentare la posa; Valdambrini ordina tuttavia di
proseguire verso il punto prefissato, deliberando di decidere poi se posare o
meno le mine in base a come le navi si comporteranno una volta sulla rotta di
posa.
Alle 8.07, siccome il Barletta
regge molto bene il mare al traverso, e nonostante le forti sbandate del Da Noli (fino a 24°), il comandante
Valdambrini ritiene di poter eseguire la posa, dunque dà ordine di cominciare a
posare le mine. Le navi effettuano la posa su rotta 52° (lo sbarramento ha
orientamento approssimativo verso nordest), posando una prima tratta della
lunghezza di 600 metri, con 60 mine EMF (magnetiche) ed altrettante EMC (ad
urto) alternate e distanziate tra loro di 180 metri, con un ritmo di lancio di
29 secondi. Le linee della prima tratta distano tra loro 400 metri. Terminata
la prima tratta, Da Noli e Barletta riducono le distanze a 200
metri e poi posano le 52 mine della seconda tratta, tutte del tipo EMC e
distanziate tra loro di 100 metri, per una lunghezza di 2600 metri (ritmo di
lancio, 16 secondi). Le EMC sono regolate per una profondità di tre metri, le
EMF per 15.
Completata la posa alle 8.42, il Da
Noli si porta in testa alla formazione, che fa rotta per Biserta.
Alle 9.45 il Da Noli entra a
Biserta, facendosi precedere dal Barletta
che, per ordine di Valdambrini, si ancora in rada; il Da Noli si affianca quindi all’incrociatore ausiliario (manovra che
risulta piuttosto difficoltosa, a causa del vento forte e della corrente,
nonché della diversa tipologia e lunghezza delle due navi) per procedere, come
previsto, al trasbordo delle mine destinate alla tratta «S 92» che il Barletta ha nella stiva. È in corso un
allarme aereo. Il trasbordo inizia alle 11 e termina alle 14.30; durante
l’operazione, alle 13.30, aerei angloamericani sorvolano più volte Biserta ed
il suo porto, sganciando delle bombe sul Gaulet e sui depositi di nafta del
porto esterno. Data l’urgenza dell’operazione, gli equipaggi di Da Noli e Baratta proseguono le
operazioni di carico e messa a posto delle mine anche sotto il bombardamento
aereo.
Alle 14.35 il Da Noli esce
dal porto, dopo di che inizia ad incrociare a bassa velocità aspettando che
esca anche il Barletta, che arriva
alle 15.36. A questo punto, le due navi si mettono in rotta per il punto in cui
iniziare la posa della «S 92» (37°25,6' N e 09°53,7' E, mentre il punto di
ultimazione della posa è 37°30,3' N e 09°59,7' E).
La posa ha inizio alle 16.21 e termina alle 16.53, senza inconvenienti.
Alle 17 Da Noli e Barletta accostano verso est per tornare
in Italia; alle 22.50 viene avvistata all’orizzonte, verso nord, una nave
illuminata diretta verso ovest, ed alle 23.30 viene ricevuto l’ordine di
dirottare di 25 miglia per nord, per poi atterrare sul punto «T 2».
1° dicembre 1942
Alle 00.00 Da Noli e Barletta accosano per nord, seguendo le
nuove rotte ordinate, ed alle 5.17 atterrano al punto «T 2», dopo di che imboccano
le rotte di sicurezza per Trapani.
Alle 6.06 il Da Noli, seguito
dal Barletta, entra nel porto di
Trapani.
2 dicembre 1942
Alle sei del mattino il Da Noli
(capitano di fregata Pio Valdambrini), insieme al Pigafetta (capitano di vascello Rodolfo Del Minio), salpa da
Trapani dietro ordine di Supermarina, per andare in soccorso delle navi del
convoglio «H», che è stato attaccato nelle acque del banco di Skerki (costa
tunisina) da superiori forze britanniche (la Forza Q). Supermarina ha disposto
con urgenza l’invio di Da Noli e Pigafetta dopo aver ricevuto dal Da Recco, caposcorta del convoglio «H»,
il messaggio «Piroscafi in fiamme», inviato all’1.15.
Il convoglio è stato completamente distrutto: su quattro trasporti, tre
(Aspromonte, Aventino, KT 1) sono stati affondati, il quarto (Puccini) ridotto ad un relitto in
fiamme; su cinque navi scorta, una (il cacciatorpediniere Folgore) è stata affondata e due (il cacciatorpediniere Da Recco e la torpediniera Procione) hanno subito gravi danni.
Quella di Da Noli e Pigafetta è una missione di soccorso ai
naufraghi ed alle navi danneggiate.
Il Da Recco (capitano di
vascello Aldo Cocchia), benché immobilizzato e ridotto in condizioni pietose
dal combattimento contro la Forza Q, durante il quale è stato colpito il
deposito munizioni prodiero, che è deflagrato devastando la nave (più di metà
dell’equipaggio è morto o gravemente ustionato), riesce a comunicare la propria
posizione (60 miglia per 249° da Marettimo), così agevolando l’opera delle
unità soccorritrici.
Raggiunto il Da Recco, Da Noli e Pigafetta trovano sul posto altri due cacciatorpediniere, Lampo (capitano di corvetta Antonio
Cuzzaniti) e Camicia Nera (capitano
di fregata Adriano Foscari), già arrivati in precedenza (il Lampo si è diretto sul posto proprio a
seguito di un segnale di soccorso urgente lanciato dal Da Noli); essi si pongono alle dipendenze del Pigafetta, che assume così la direzione dei soccorsi prestati al Da Recco.
Il Pigafetta prende a
rimorchio di poppa il Da Recco; il
comandante Del Minio ordina che tutti i feriti del Da Recco (sono 40, tutti ustionati: tra di essi anche il comandante
Cocchia, rimasto gravemente ustionato al volto e alle mani), parte dei quali
già trasbordati sul Lampo, vengano
trasferiti sul Da Noli, dato che
questa unità ha a bordo l’ufficiale medico della XV Squadriglia
Cacciatorpediniere. Così viene fatto; poi, sempre per ordine di Del Minio, il Da Noli trasborda a sua volta i feriti
sulla nave soccorso Capri, intanto
inviata sul posto, dopo di che – alle 11.24 – va a rinforzare, come ordinato,
la scorta del Da Recco (che,
rimorchiato dal Pigafetta e scortato
dal Lampo e dai MAS 563 e 576, sta
lentamente dirigendo verso Trapani dalle 9.50).
Mezz’ora dopo, tuttavia, il Da
Noli riceve un nuovo ordine e lascia la scorta del Da Recco per raggiungere la motonave Puccini, che galleggia ancora, benché devastata dagli incendi, ed è
assistita dal Camicia Nera.
Raggiunta la Puccini alle 13,
il Da Noli trova nei suoi pressi il Camicia Nera, la torpediniera Perseo (tenente di vascello Saverio
Marotta) e la nave soccorso Laurana
(sottotenente di vascello Oscar Sacchi), tutti impegnati a cercare naufraghi. A
questo punto il Da Noli assume la
direzione dei soccorsi e si mette anch’esso alla ricerca di naufraghi, salvando
dieci sopravvissuti del piroscafo Aventino.
Una volta concluso che non vi sono più superstiti nella zona, il comandante
Valdambrini ordina al Camicia Nera di
appurare se sia possibile prendere a rimorchio la Puccini e poi, col Da Noli,
si sposta più a nord, dove la motosilurante MS
32, con alcuni naufraghi a bordo, sta ancora cercando; la ricerca del Da Noli, tuttavia, si rivela
infruttuosa, non trovando né rottami né sopravvissuti.
Verso le 16 il Da Noli si
ricongiunge col Camicia Nera, il
quale frattanto ha affondato la Puccini
(informandone Valdambrini), non essendo possibile salvarla. Alle 18 Da Noli e Camicia Nera ricevono l’ordine di sospendere le ricerche e fanno
rotta per Trapani, dove giungono alle 19.05. Prima di andarsene, comunque, il
comandante Valdambrini ordina alla nave soccorso Laurana di proseguire le ricerche fino al mattino del giorno
seguente.
5 dicembre 1942
Il Da Noli salpa da Trapani nelle prime ore
della notte ed alle 3.26 si unisce al Pigafetta
(capitano di vascello Rodolfo Del Minio, caposquadriglia), col quale dovrà
posare la spezzata «S 93». In origine era previsto che all’operazione
partecipasse anche il Barletta e che
lo stesso giorno venissero posate sia la «S 93» che la «S 93», seguendo le
stesse modalità della posa di «S 91» e «S 92»; tuttavia, problemi all’apparato
motore del Barletta costringono a
rinunciare a questa unità, ed il programma è stato modificato, riducendo la «S
93» a due file (anziché tre), che saranno posate dai soli Da Noli e Pigafetta (in
questo modo, la «S 93» diviene uguale alla «S 91», con la sola differenza di
due EMC in più e due EMF in meno), e sostituendo la «S 94» con un’altra
spezzata, la «S 97», da far posare alla X Squadriglia Cacciatorpediniere.
Dopo la riunione, Da Noli e Pigafetta proseguono a 25 nodi in linea di rilevamento. Alle 7.51
le navi sono sorvolate per poco tempo da due aerei da caccia, che poi si
allontanano, ed alle 8.15 accostano per contromarcia assumendo rotta normale a
quella di posa, riducendo la velocità a 12 nodi. Alle 8.44 Da Noli e Pigafetta
iniziano a posare le mine, facendo in modo che siano sfalsate; alle 9.12
accostano in dentro di 15°, riducendo la distanza tra le file a 200 metri, e
riassumono la rotta di posa. Alle 9.23, conclusa la posa, la velocità viene via
via incrementata fino a 20 nodi.
La posa è avvenuta in condizioni favorevoli, con mare calmo e brezza leggera da
sudest.
8 dicembre 1942
Il Da Noli, il Pigafetta ed i cacciatorpediniere Zeno, Ascari, Mitragliere, Corazziere e Grecale
iniziano a caricare le mine per la posa della spezzata «S 94».
9 dicembre 1942
Alle 9.40 Supermarina
ordina di sospendere l’imbarco delle mine, rimettere sulle bettoline quelle già
imbarcate e prepararsi subito ad un’urgente missione di trasporto truppe a
Tunisi e Biserta.
10 dicembre 1942
Da Noli e Pigafetta
(caposquadriglia) salpano da Trapani per Biserta alle 3.20, trasportando
personale della Marina ed altre truppe.
Arrivati a Biserta
alle 10.30, i due cacciatorpediniere sbarcano il personale trasportato e
ripartono alle 17 insieme ai cacciatorpediniere Ascari, Grecale e Mitragliere (caposquadriglia è sempre il
Pigafetta). Le cinque unità
trasportano ora 900 smobilitati della Marina francese.
Sbarco di truppe dal Da Noli, a Biserta, il mattino del 10 dicembre 1942 (g.c. STORIA militare) |
11 dicembre 1942
I cacciatorpediniere
arrivano a Trapani alle due di notte; poco dopo, ricominciano ad imbarcare le
mine. Da Noli, Pigafetta e Zeno caricano
ciascuno 85 mine tipo EMF, mentre Mitragliere,
Ascari, Corazziere e Grecale ne
caricano 52 tipo P 200 od Elia ciascuno.
Pochi minuti prima
della partenza, in tarda serata, il Pigafetta
subisce un’avaria di macchina che gli impedisce di partire; viene così deciso
di rinunciare ad una fila di mine (il piano originario ne prevedeva cinque, tre
composte da 86 EMF e due di 104 Elia o P 200). Il capitano di vascello Del
Minio, che comanda la XV Squadriglia Cacciatorpediniere e deve dirigere la
posa, trasborda dal Pigafetta sul Da Noli.
12 dicembre 1942
Da Noli, Zeno, Mitragliere, Ascari, Corazziere e Grecale partono da Trapani all’una di
notte. Procedono a 20 nodi di velocità finché alle 7.10 avvistano l’Isola dei
Cani; a questo punto riducono la velocità a 18 nodi e dirigono per la rotta
normale a quella di posa, passando nel varco rimasto tra le spezzate «S 93» e
«S 96». Alle 7.55 sopraggiunge un ricognitore che fornisce alle unità scorta
antisommergibili (insieme, per poco tempo, a tre aerei da caccia) fino alle
10.45. Viene assunta formazione con Zeno,
Da Noli e Corazziere in linea di fronte, seguiti da Mitragliere e Grecale
anch’essi in linea di fronte, seguiti a loro volta dall’Ascari; viene ridotta ancora la velocità, fino a 14 nodi, ed alle
9.29 inizia la posa, su rotta 57°. Prima nave a posare le mine è lo Zeno, poi Da Noli, Mitragliere ed Ascari, mantenendo gli intervalli
necessari per lo sfalsamento delle mine tra le file, poi Corazziere e Grecale. In
tutto, otto mine esplodono prematuramente.
Zeno
e Da Noli posano rispettivamente la
prima e seconda fila di mine (da sinistra), entrambe lunghe 16 miglia e
composte da 86 ordigni tipo EMF, regolati per una profondità di 15 metri e
distanziati tra loro di 350 metri. Corazziere
e Mitragliere posano la terza fila, Grecale ed Ascari la quarta, formate ambedue da 104 mine tipo Elia o P 200 e
lunghe 13 miglia.
La posa viene
ultimata alle 10.39. Durante l’operazione, una schiarita ha agevolato il
riconoscimento dei punti cospicui della costa; terminata la posa, tuttavia, il
tempo diventa fosco, la visibilità cala drasticamente e si verificano frequenti
piovaschi.
Le navi rientrano a
Trapani alle 16.40.
15 dicembre 1942
Da Noli e Zeno (capo sezione)
partono da Trapani per Tunisi alle 2.15, in missione di trasporto truppe.
Raggiunta Tunisi alle 10, sbarcano le truppe e ripartono per Trapani alle 15,
giungendovi alle 23.30.
16 dicembre 1942
Supermarina ordina a
Marina Messina di far caricare sulle bettoline, la sera del 19 dicembre, le
mine destinate alla spezzata «S 98» dello sbarramento «S 9», che dovrà essere
posata da Da Noli, Pigafetta, Zeno (tutti con mine tipo EMC e EMF), Grecale e Corazziere (con
mine tipo Elia). Marina Messina, tuttavia, risponde che Da Noli, Zeno, Ascari e Corazziere, appena tornati da una missione di trasporto truppe in
Tunisia, hanno solo 200 tonnellate di nafta, insufficienti ad eseguire la
missione; a riprova della crescente gravità della carenza di nafta, Supermarina
si trova a dover ordinare a Marina Messina, alle 14.25, che lo Zeno ceda al Da Noli tutta la nafta in eccedenza rispetto a quella necessaria a
trasferirsi da Trapani a Palermo, dopo di che il Da Noli si rechi a Palermo, riempia di nafta tutti i serbatoi
prelevandola dalle unità ai lavori, e poi torni a Trapani per distribuire la
nafta agli altri cacciatorpediniere. Tale è la scarsezza di nafta nella base di
Trapani.
Successivamente, le
necessità del rifornimento della Tunisia, che impegnano i cacciatorpediniere in
continue missioni di trasporto truppe, ed i periodi di maltempo costringono a
rimandare la posa della «S 98» per oltre un mese.
21 dicembre 1942
Da Noli e Pigafetta (capo
sezione) salpano da Trapani per Biserta alle due di notte, in missione di
trasporto truppe. In mare aperto le due unità si uniscono ai cacciatorpediniere
Legionario (caposquadriglia), Bombardiere, Corazziere e Grecale,
partiti un’ora prima. In tutto, i sei cacciatorpediniere trasportano 1750
uomini.
Da Noli e Pigafetta arrivano a
Biserta alle 9, un quarto d’ora dopo gli altri caccia. Le sei unità imbarcano
1000 smobilitati della Marina francese, poi ripartono: Da Noli, Pigafetta
(caposquadriglia), Bombardiere e Corazziere lasciano Biserta alle 10.30, Legionario e Grecale dieci minuti dopo.
Da Noli, Pigafetta, Bombardiere e Corazziere arrivano a Palermo alle 23.40, mentre Grecale e Legionario dirigono per Trapani.
23 dicembre 1942
Da Noli, Zeno e Pigafetta (caposquadriglia) salpano da
Palermo per Tunisi alle 22.30, trasportando 1050 militari.
24 dicembre 1942
Le tre unità giungono
a Tunisi alle 11.25, sbarcano le truppe e ripartono alle 11.30 (o mezzogiorno)
scortando la motonave Alfredo Oriani,
diretta a Palermo (caposcorta è il Pigafetta).
Nel pomeriggio il
convoglietto fa scalo a Biserta.
25 dicembre 1942
Le navi arrivano a
Palermo alle due di notte.
29 dicembre 1942
Da Noli, Pigafetta
(caposquadriglia) e Zeno salpano da
Palermo per Tunisi alle 19.40, trasportando 1050 soldati.
30 dicembre 1942
I tre
cacciatorpediniere arrivano a Tunisi alle 8.30, sbarcano le truppe e ripartono
alle 9.30. Lo Zeno deve dirottare per
Trapani a causa di un’avaria, mentre Da
Noli e Pigafetta giungono a
Palermo alle 22.15.
6 gennaio 1943
Da Noli, Pigafetta
(caposquadriglia), Granatiere e Bersagliere partono da Palermo per
Biserta alle due di notte, trasportando 1200 soldati più altro personale della
Regia Aeronautica ed anche un carico di materiali.
Arrivati a Biserta a
mezzogiorno, i cacciatorpediniere sbarcano truppe e materiali, imbarcano 1020
tra smobilitati della Marina francese e personale rimpatriante e ripartono alle
13.
7 gennaio 1943
Le navi arrivano a
Palermo all’1.30.
Poche ore dopo,
mentre ancora sono ormeggiate nel porto di Palermo, il capoluogo siciliano subisce
il primo bombardamento da parte dell’aviazione statunitense, dalle 16.25 alle
17.10.
Su di un totale di 25 bombardieri Consolidated B-24 “Liberator” della 9th
USAAF (93rd, 98th e 376th Heavy Bomber Group),
decollati dalla base egiziana di Fayid al comando del capitano M. T. Fennell,
soltanto dieci riescono a giungere su Palermo, a causa della fitta copertura
nuvolosa. Proprio per via delle nubi, l’attacco coglie le difese della città
completamente di sorpresa, anche perché la rotta di avvicinamento seguita dai
bombardieri (costeggiando Monte Pellegrino dal lato mare) è la stessa
utilizzata abitualmente dai velivoli dell’Asse: gli addetti alla contraerea,
quando avvistano i “Liberators”, li scambiano per dei quadrimotori Focke-Wulf
FW 200 “Condor” della Luftwaffe. Di conseguenza, non viene dato l’allarme
aereo.
Obiettivo dei bombardieri statunitensi è il porto, con le navi ivi
ormeggiate, ma molte delle 20 tonnellate di bombe sganciate (sono tutti ordigni
da 1000 libbre) cadono anche sul centro della città, provocando una strage tra
i civili, con 139 morti e 329 feriti.
Il Da Noli, all’ormeggio in
porto, viene colpito e danneggiato, con una vittima tra l’equipaggio: il
marinaio Cosimo Capuzzimati, ventidue anni, da Faggiano (Taranto). Nello stesso
giorno risulterebbe essere morto, in "territorio metropolitano", anche
un secondo membro dell’equipaggio del Da
Noli, il marinaio fuochista Spartaco Rapari, romano, di ventidue anni. È
possibile che ciò significhi che Rapari sia rimasto ucciso a terra durante lo
stesso bombardamento.
Subiscono danni più lievi altri due cacciatorpediniere, Pigafetta e Granatiere, mentre molto peggio va ad un terzo, il Bersagliere: colpito in pieno da diverse
bombe, affonda rovesciandosi con la morte di 59 uomini.
Il Da Noli, secondo da destra, a Trapani a
metà gennaio 1943, insieme a Malocello
(a destra), Zeno (a sinistra) e Corazziere (più a sinistra) (Coll. N.
Siracusano, via M. Brescia e www.associazione-venus.it)
18 gennaio 1943
Calmatosi il tempo, e
giunti in Sicilia altri cacciatorpediniere per concorrere alle missioni di
trasporto truppe, alleggerendo la pressione su quelli presenti, si decide di
procedere con la posa della «S 98». In serata, Da Noli e Pigafetta
completano alcuni piccoli lavori a Palermo, dopo di che effettuano subito le prove
e poi s recano a Trapani, ove imbarcano le mine.
20 gennaio 1943
Alle 3.30 Da Noli, Pigafetta (avente a bordo l’ammiraglio Lorenzo Gasparri, comandante
del Gruppo Cacciatorpediniere di Squadra), Zeno,
Ascari e Corazziere salpano da Trapani per effettuare la posa.
I cinque
cacciatorpediniere si dirigono verso ovest, fino a superare il meridiano dello
scoglio Keith, di modo da tenersi sempre (per quanto possibile) in acque
profonde almeno 200 metri, e di avvicinarsi all’area di posa provenendo da
ovest.
La torpediniera Cigno avrebbe l’incarico di posizionare
un segnale sullo scoglio Keith e di portarsi tre miglia a sudest dello stesso
per agevolare l’individuazione della zona di posa ai cacciatorpediniere, ma
problemi alle caldaie la costringono a rientrare; il suo comandante ferma la
corvetta Gabbiano, in zona per altra
missione, e le ordina di rimpiazzarla. Ciò determina tuttavia alcuni disguidi,
così che l’ammiraglio Gasparri decide di distaccare un cacciatorpediniere per
sincerarsi che la Gabbiano sappia
bene cosa dovrà fare. Alle 10.20 sopraggiungono tre MAS che assumono la scorta
dei cacciatorpediniere; due si posizionano a dritta, uno a sinistra.
Infine, con un paio
d’ore di ritardo, i cacciatorpediniere accostano ad un tempo sulla sinistra ed
assumono la linea di fronte, su rotta di posa 224°, iniziando la posa alle
10.58. Da dritta a sinistra, le file parallele sono posate nell’ordine da Pigafetta, Da Noli, Zeno, Corazziere ed Ascari; la distanza tra le file è di 400 metri, eccetto che per
quelle posate da Ascari e Corazziere, che distano solo 200 metri
tra di loro. La lunghezza dello sbarramento è di 21.300 metri, il suo
orientamento da nordest a sudovest.
Da Noli, Zeno e Pigafetta posano prima le 32 mine
magnetiche EMF (regolate per 15 metri di profondità), distanziate tra loro di
350 metri, e poi le 54 mine ad urto EMC (regolate per tre metri di profondità),
distanziate tra loro di 150 metri. I tre cacciatorpediniere concludono la posa
alle 11.47, preceduti di 20 minuti da Ascari
e Corazziere, che sono poi rimasti
sulla loro sinistra eseguendo scorta e ricerca antisom.
Durante la posa viene
avvertita una concussione subacquea, senza colonna d’acqua, e mezz’ora dopo la
fine della posa si verifica l’esplosione prematura di quattro mine.
Inizia poi la navigazione
di rientro, a 20 nodi di velocità. Alle 13.30 giungono quale scorta aerea tre
caccia ed un ricognitore della Regia Aeronautica, che rimangono sul cielo delle
navi per un’ora; durante questo periodo viene avvistata la torretta di un
sommergibile, il quale tuttavia è lesto ad immergersi. Segnalato dagli aerei il
Pigafetta, subisce la caccia da parte
di Ascari e Corazziere, appositamente distaccati.
Alle 16.45 i
cacciatorpediniere raggiungono Trapani.
Dopo il rientro, le
navi iniziano ad imbarcare le mine per posare la spezzata successiva dello
sbarramento «S 9», la «S 99». Da Noli,
Pigafetta e Zeno caricano ciascuno 86 mine tedesche, delle quali 24 magnetiche
e 62 ad urto, mentre Ascari e Corazziere imbarcano 50 mine tipo Elia.
24 gennaio 1943
Da Noli, Pigafetta (capitano
di vascello Del Minio), Zeno, Ascari e Corazziere salpano da Trapani alle 3.30.
Alle 3.55, fuori
dalle ostruzioni, le navi si dispongono in linea di fila, con Pigafetta in testa, seguito dal Da Noli, lo Zeno in terza posizione, il Corazziere
dietro di lui e l’Ascari per ultimo.
La velocità viene gradatamente incrementata fino a 20 nodi.
Alle 5.35, in
franchia delle rotte di sicurezza, i cacciatorpediniere passano in una
formazione su due colonne, con Pigafetta,
Da Noli e Zeno a dritta, Corazziere
ed Ascari a sinistra, coi capofila in
linea di rilevamento.
Alle 7.39 viene
avvistata la corvetta Artemide, in
attesa presso lo scoglio Keith, svolgendo le stesse funzioni della Gabbiano durante la missione precedente;
alle 7.50 un ricognitore italiano ed un aereo da combattimento tedesco assumono
la scorta aerea delle navi.
Alle 7.52 i
cacciatorpediniere accostano ad un tempo a sinistra e passano in linea di
fronte su rotta opposta a quella di posa (verso sudovest), come ordinato. Alle
8.38 la velocità viene ridotta a 14 nodi, ed alle 8.52, superato di tre miglia
il punto di inizio della posa, viene invertita la rotta ad un tempo sulla
sinistra.
Alle 9.05 inizia la
posa; comincia per primo il Da Noli,
seguito dagli altri, con gli intervalli prestabiliti per lo sfalsamento. Da
dritta verso sinistra, le file parallele sono posate da Zeno, Da Noli, Pigafetta, Corazziere ed Ascari; la
distanza tra ogni fila è di 400 metri. La rotta di posa è di 50°, lo
sbarramento è orientato da sudovest a nordest, le mine EMF (magnetiche) sono
regolate per 15 metri di profondità (e distanziate tra loro di 150 metri), le
EMC (ad urto) per tre metri.
Alle 9.25, dopo la
posa delle prime 72 mine magnetiche (24 per ciascuno dei tre “Navigatori”), il Da Noli e gli altri cacciatorpediniere
tranne il Pigafetta (che posa la
linea centrale) accostano in dentro, riducendo l’intervallo tra le file a 200
metri.
Ascari e Corazziere ultimano
la posa alle 9.32, passando poi a compiti di protezione e ricerca antisom sulla
sinistra del gruppo; Da Noli, Pigafetta e Zeno ultimano la posa alle 9.50. In tutto si verificano tre
esplosioni premature di mine. L’Ascari,
avendo il fonoscandaglio in avaria, viene lasciato libero di tornare a Trapani.
Gli altri
cacciatorpediniere, Da Noli compreso,
una volta ultimata la posa vanno a scandagliare un’area rettangolare lunga
dodici miglia e larga tre, situata poco a nordest di quella in cui hanno appena
posato le mine, e che è stata designata per la posa di un nuovo sbarramento.
Terminato lo scandagliamento,
le unità rientrano a Trapani alle 16.25.
28 gennaio 1943
Da Noli, Pigafetta
(caposquadriglia) e Zeno partono da
Trapani per Biserta alle 3.45, trasportando 990 militari; arrivano a Biserta
alle 11, sbarcano le truppe e ripartono dopo due ore, giungendo a Trapani alle
23.15.
29 gennaio 1943
In mattinata Da Noli, Pigafetta (caposquadriglia, capitano di vascello Del Minio), Zeno, Ascari e Corazziere
iniziano a caricare a Trapani le mine per la posa della spezzata «S 910»,
ultima spezzata dello sbarramento «S 9» nonché ultimo campo minato posato da
unità italiane a protezione della rotta per la Tunisia. Da Noli e gemelli imbarcano ciascuno 86 mine tedesche (23 EMF
magnetiche, 14 EMC con antenna e 49 senza antenna), Ascari e Corazziere 50
mine tipo P 200 ciascuno.
30 gennaio 1943
Alle 4.30 i
cacciatorpediniere salpano da Trapani per eseguire la posa. Alle 5.17 hanno
raggiunto i 20 nodi di velocità, ed alle 6.40, in franchia delle rotte di
sicurezza, cominciano a zigzagare a 22 nodi. Alle 6.58 due aerei da caccia
della Regia Aeronautica sorvolano la formazione, per poi andarsene dopo qualche
minuto; alle 7.15 sopraggiungono due bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 ed un
idrovolante italiano CANT Z. 506, che assumono la scorta aerea dei
cacciatorpediniere. Alle 7.30, quando quattro MAS assumono la scorta
antisommergibili dei cacciatorpediniere, soltanto il CANT Z. 506 è sul cielo
delle navi.
Alle 8.25 le unità
smettono di zigzagare e riducono la velocità a 20 nodi, ed alle 8.42 accostano
per contromarcia e riducono la velocità a 18 nodi, preparandosi alla posa. Alle
8.50 viene eseguita un’accostata ad un tempo di 90° sulla dritta, viene assunta
la rotta di posa (58°) e la velocità diventa di 14 nodi.
La posa ha inizio
alle 9.07; le file parallele sono posate nell’ordine, da sinistra a dritta, da Da Noli, Zeno, Pigafetta, Ascari e Corazziere. I “Navigatori” posano le prime 49 mine (prima tratta,
sole EMC senza antenna, lunghezza 4 miglia) lasciando un intervallo di 150
metri tra l’una e l’altra, poi altre 14 mine (seconda tratta, EMC con antenna,
lunghezza due miglia) con intervalli di 250 metri, e le restanti (terza tratta,
mine magnetiche EMF, lunghezza 4,5 miglia) con intervalli di 350 metri. La
profondità è di 15 metri per le EMF, tre metri per le altre. Dopo la posa della
cinquantottesima mina (per i Navigatori), Da
Noli e Zeno accostano in fuori
verso sinistra e, con manovra opposta rispetto a quella eseguita nella posa
della «S 99», si distanziano tra di loro e dal Pigafetta in modo da raddoppiare l’intervallo tra le file di mine.
Al contempo, sul lato opposto, Ascari
e Corazziere fanno lo stesso.
Lo sbarramento ha
orientamento quasi identico alla spezzata «S 99», ma forma rovesciata
(ristretto all’inizio, più largo alla fine).
Le ultime unità
terminano la posa alle 9.52, e cinque minuti dopo accostano ad un tempo di 90°
a dritta ed iniziano la navigazione di rientro, alla velocità di 20 nodi.
Alle 10.15 Ascari e Corazziere si posizionano 5 km a poppavia dei “Navigatori”, e tutte
le navi iniziano a zigzagare a 22 nodi.
A mezzogiorno viene
data libertà di manovra ai MAS, e dopo qualche minuto anche all’Ascari, che deve raggiungere Messina.
Il Da Noli e gli altri cacciatorpediniere
superano le ostruzioni di Trapani alle 12.59 e si ormeggiano in porto entro le 13.35.
Durante questa
missione risulterebbe aver perso la vita, sul Da Noli, il marinaio elettricista Luigi Crippa. (Le circostanze
della morte non sono chiare: è anche possibile che fosse invece rimasto ferito
durante il bombardamento del 7 gennaio, e che sia deceduto il 30 gennaio,
probabilmente in ospedale).
1° febbraio 1943
Da Noli, Malocello, Zeno, Corazziere e Legionario
(caposquadriglia) salpano da Trapani per Tunisi alle 6.30, trasportando 1700
militari nonché un carico di materiali vari.
Alle 13.30 i
cacciatorpediniere vengono infruttuosamente attaccati da aerei all’imboccatura
di La Goletta; approdati a Tunisi mezz’ora dopo, mettono a terra truppe e
carico e poi ripartono alle 15.45, trasportando 470 rimpatrianti. Alle 19
vengono nuovamente attaccati da aerei, ma non subiscono danni, ed arrivano a
Trapani alle 23.30.
5 febbraio 1943
Da Noli, Malocello (nave
ammiraglia), Zeno e Corazziere partono da Trapani per Tunisi
all’una di notte, trasportando 920 soldati e materiali vari. Arrivano a Tunisi
alle 5.45, sbarcano truppe e carico e ripartono alle 11.15, giungendo a Trapani
alle 20.30.
8 febbraio 1943
Da Noli, Pigafetta, Malocello, Zeno ed i più moderni cacciatorpediniere Mitragliere e Legionario
caricano a Trapani le mine destinate alla spezzata «S 62», da posare sulla
linea Capo Bon-Marettimo con duplice scopo antinave ed antisommergibili, per
insidiare le unità nemiche che tentassero di attaccare il naviglio dell’Asse
sulla rotta di sicurezza per Trapani.
Il Da Noli, al pari dello Zeno, imbarca 34 mine ad antenna tipo
EMC e 52 mine magnetiche tipo EMF, mentre Pigafetta
e Malocello caricano ciascuno 29 EMC
e 52 EMF, e Mitragliere e Legionario 50 P 200.
Per far sì che lo
sbarramento sia efficace sia contro unità di superficie che contro
sommergibili, le mine dovranno essere posate a sei profondità diverse, comprese
tra i 3 ed i 50 metri: Da Noli e Zeno, in particolare, devono regolare le
loro EMC per i tre metri di profondità e le EMF per i 15 metri. Le mine delle
diverse file saranno sfalsate.
Alle 11.35 i sei
cacciatorpediniere, al comando dell’ammiraglio Lorenzo Gasparri (imbarcato sul Pigafetta), salpano da Trapani, e dopo
un’ora vengono raggiunti da tre MAS, che li scorteranno durante l’intera
missione, nonostante il mare mosso.
La posa ha inizio alle
13.18, a 14 nodi di velocità; affinché le mine siano sfalsate tra le file, il Pigafetta lancia la prima, poi lo Zeno (in sezione col Da Noli) lancia la prima delle sue dopo
9 secondi, il Malocello dopo 10
secondi, il Legionario dopo 11, il Da Noli dopo 18 secondi ed il
Mitragliere dopo 24. Da Noli e Zeno posano le loro mine ad intervalli
di 17 secondi, lasciando 120 metri tra una mina e quella successiva. La fila
posata dal Da Noli è quella più a
destra; andando verso sinistra ci sono, nell’ordine, Zeno, Pigafetta, Malocello, Legionario e Mitragliere.
La distanza tra le file è di 400 metri, eccetto che tra quelle di Legionario e Mitragliere, dove è solo di 200 metri.
La rotta di posa
iniziale è 181; alle 13.40, dopo 4,9 miglia, tutti i cacciatorpediniere accostano
ad un tempo di 35° a dritta. A Mitragliere
e Legionario, che hanno posato tutte
le mine, viene data libertà di manovra per raggiungere Palermo, mentre i
“Navigatori” continuano la posa sulla nuova rotta, 216°, per altre 7 miglia,
fino alle 14.11, quando ultimano la posa delle ultime mine magnetiche. A questo
punto si dispongono in linea di fila e fanno rotta per Trapani a 20 nodi.
Durante la posa sono esplose prematuramente tre mine.
Da Noli, Malocello, Pigafetta e Zeno entrano a Trapani alle 16.
21 febbraio 1943
Da Noli, Pigafetta
(caposquadriglia) e Zeno salpano da
Palermo per Tunisi alle 2.30, in missione di trasporto truppe. In mare aperto
si uniscono alla formazione anche Alpino
e Malocello, provenienti da Trapani;
in tutto, i cinque cacciatorpediniere trasportano 2100 uomini.
Arrivate a Tunisi a
mezzogiorno, le unità sbarcano le truppe e ripartono alle 13.50, arrivando a
Trapani alle 21.30 (meno l’Alpino,
che raggiunge invece Palermo).
23 febbraio 1943
Il marinaio
ventunenne Luigi Perini del Da Noli,
da Santa Maria Rezzonico (Como), muore nel Mediterraneo Centrale.
27 febbraio 1943
Da Noli, Malocello, Pigafetta (capitano di vascello Rodolfo
Del Minio, caposquadriglia), Zeno ed
il cacciatorpediniere Alpino salpano
da Trapani all’1.45 con le mine destinate allo sbarramento «S 101», da posare a
sud di Pantelleria per proteggere le rotte verso la Tunisia da attacchi di navi
di superficie aventi base a Malta. I “Navigatori” trasportano 86 mine EMF
ciascuno, l’Alpino 50 P 200.
Alle 3.17 i
cacciatorpediniere portano la velocità a 22 nodi e si dirigono verso
Pantelleria; all’alba vengono raggiunti da quattro MAS, che ne assumono la
scorta, nonché da cinque velivoli della Luftwaffe, tra cui tre caccia.
La posa ha inizio
alle 6.49; le file parallele, sfalsate tra loro, sono posate nell’ordine, da
sinistra verso dritta, da Da Noli, Zeno, Pigafetta, Malocello ed Alpino. Le file sono distanziate tra
loro di 400 metri, la rotta di posa è 197° e la lunghezza totale delle file di
16,3 miglia. Tutte le EMF sono regolate per 15 metri di profondità, e
distanziate tra loro di 350 metri.
Alle 7.29 l’Alpino termina la posa delle sue mine ed
inizia a zigzagare, mentre il Da Noli
e gli altri “Navigatori” lanciano l’ultima mina poco dopo le 7.59. Dodici mine
esplodono prematuramente, tra la mezz’ora prima della fine della posa e la
mezz’ora dopo.
Mentre i
cacciatorpediniere manovrano per tornare in linea di fila ed iniziare la
navigazione di rientro, uno dei velivoli della scorta aerea segnala un
sommergibile nei pressi; i MAS vengono inviati a dargli la caccia, riassumendo
le posizioni di scorta alle 8.20.
I cacciatorpediniere
si dirigono verso Pantelleria a 22 nodi. Alle 9.34, due miglia ad ovest di Capo
Sideri, il Pigafetta avvista la scia
di un siluro; tutte le navi accostano d’urgenza a sinistra, tornando sulla
rotta dopo due minuti.
Nel corso della fase
conclusiva di questa manovra, tuttavia, il Da
Noli subisce un’avaria al timone – già il 6 febbraio l’ammiraglio Gasparri
aveva fatto presente che la nave necessitava di lavori – e sperona lo Zeno: la prua del Da Noli viene in gran parte dilaniata dalla collisione, mentre lo Zeno riporta un grosso squarcio nel
fianco.
Benché i danni siano
gravi, entrambi i cacciatorpediniere mantengono la loro galleggiabilità; Pigafetta, Malocello ed Alpino
girano intorno a loro fino a quando non risulta possibile appurare le loro
condizioni. Alcuni uomini, caduti in mare a seguito della collisione, vengono
recuperati, e tre feriti gravi vengono trasferiti su un MAS, che li porta
immediatamente a Pantelleria.
Una volta che si è
verificato che sia Da Noli che Zeno sono in grado di navigare a 12
nodi, viene ripresa la navigazione; i due cacciatorpediniere danneggiati
avanzano in linea di fila, con Pigafetta
e Malocello sui lati, mentre l’Alpino, dovendo raggiungere Palermo,
viene lasciato libero. Alle 18.15 Da Noli,
Zeno, Malocello e Pigafetta
raggiungono Trapani.
Il grave
danneggiamento di Da Noli e Zeno, due delle poche unità dotate di
ferroguide adatte per la posa di mine tedesche (ormai usate in prevalenza
rispetto a quelle italiane), ha effetti nefasti sulle operazioni di posa delle
mine, riducendo drasticamente il già ridotto numero di unità disponibili per
simili missioni.
La situazione si
andrà ulteriormente aggravando, nelle settimane successive, con la perdita di Geniere (affondato da un bombardamento a
Palermo il 1° marzo), Ascari e Malocello (saltati su mine il 24 marzo),
la precedenza data dai comandi alle missioni di trasporto truppe, la necessità
di avviare ai lavori il Pigafetta
ormai logorato da intenso ed ininterrotto servizio. Di conseguenza, l’«S 101»
sarà l’ultimo campo minato posato da unità italiane nel Canale di Sicilia: gli
altri quattro che, nei piani di Supermarina, avrebbero dovuto comporre insieme
all’«S 101» lo sbarramento «S 10» non verranno infatti mai posati, a causa del
precipitare della situazione cui si è accennato.
Il Da Noli dopo la collisione con lo Zeno, il 28 febbraio 1943: ben visibili, sulla sinistra, i gravissimi danni alla prua (da www.naviearmatori.net, utente Edozio) |
1943
Durante i lavori di riparazione dei danni subiti nella collisione con lo Zeno, il Da Noli viene dotato anche di un radar EC/3.ter “Gufo” di produzione italiana (per altra fonte, la nave sarebbe stata predisposta per l’installazione del radar, che però non sarebbe mai stato imbarcato, a causa dell’armistizio).
2 giugno 1943
Il marinaio silurista
Antonio Morosini, ventunenne, di Pola,
muore sul Da Noli nel Mediterraneo
Centrale.
Il Da Noli nel 1936 (Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it)
|
L’ultima missione
All’inizio del
settembre 1943, il Da Noli si trovava
a La Spezia, dove ormai erano concentrate la squadra da battaglia e la maggior
parte dei pochi cacciatorpediniere rimasti ancora in efficienza dopo oltre tre
anni di guerra contro le forze Alleate.
Nessuno sul Da Noli poteva saperlo, ma proprio in
quelle ore erano in corso le trattative per porre fine a quel conflitto ormai
irrimediabilmente perduto, nel tentativo di limitare i già ingenti danni per il
Paese ormai giunto al collasso.
Nel tardo pomeriggio
del 3 settembre 1943, nel villaggio siciliano di Cassibile, il generale
statunitense Walter Bedell Smith, a nome del generale Dwight Eisenhower
(comandante delle forze Alleate nel teatro europeo), ed il generale italiano
Giuseppe Castellano, a nome del maresciallo Pietro Badoglio (capo del governo
italiano), firmavano l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati. Con tale atto
veniva decretata la cessazione di ogni ostilità verso gli Alleati da parte
dell’Italia e, in sostanza, la sua resa.
La proclamazione
dell’armistizio, tuttavia, venne rimandata, e per cinque giorni la sua
conclusione venne mantenuto nel più assoluto segreto, mentre le forze italiane
ed Alleate continuavano a combattere. Lo stesso 3 settembre il maresciallo
Badoglio convocò il capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio di
divisione Raffaele De Courten, e gli spiegò che erano in corso trattative con
gli Alleati per un armistizio; non gli disse, però, che l’armistizio era già
stato firmato.
Il 5 settembre il
capo di Stato Maggiore generale, generale Vittorio Ambrosio, informò
l’ammiraglio De Courten che l’armistizio sarebbe stato annunciato tra il 10 ed
il 15 settembre, probabilmente il 12 od il 13 (il governo italiano, infatti,
sperava di poterne procrastinare l’annuncio fino a quella data), e che
verosimilmente la flotta si sarebbe dovuta trasferire a La Maddalena, in
Sardegna, dove forse si sarebbero rifugiati anche il re, la famiglia reale e
parte del governo. Il mattino del 6 settembre, Ambrosio confermò a De Courten
che, qualora fosse stato impossibile mantenere a Roma il governo (era più che
prevedibile, infatti, una violenta reazione tedesca alla notizia
dell’armistizio, e non era stato predisposto – colpevolmente – alcun piano per la
difesa della capitale), il re ed i vertici delle forze armate si sarebbero
trasferiti a La Maddalena, dato che la netta superiorità delle forze italiane
in Sardegna (130.000 uomini, a fronte di 32.000 tedeschi) garantiva che almeno
quell’isola poteva considerarsi sicura dalla reazione tedesca, a differenza
dell’Italia continentale. Chiese dunque a De Courten di mettere a disposizione
della famiglia reale e del governo due cacciatorpediniere, due corvette e due
mezzi veloci, per il loro trasferimento in Sardegna.
Nel frattempo si
moltiplicarono le segnalazioni di movimenti delle forze navali Alleate
(culminate nell’avvistamento, nel pomeriggio del 7 settembre, di una formazione
di mezzi da sbarco Alleati in navigazione verso il Golfo di Salerno), che facevano
presagire che l’annuncio dell’armistizio da parte degli Alleati sarebbe
avvenuto probabilmente alcuni giorni prima del previsto, intorno al 7 od 8
settembre.
Conseguentemente, lo
stesso 6 settembre Supermarina – per disposizione del capo del governo, maresciallo
Pietro Badoglio – predispose un piano per il trasferimento da Roma a La
Maddalena del re, di Badoglio, del governo (compresi i vertici delle forze
armate) e del seguito, complessivamente una cinquantina di personalità. La
scelta dei cacciatorpediniere destinati al trasferimento di re e governo cadde
proprio su Da Noli ed il Vivaldi (che in quel momento era a
Genova per iniziare un periodo di lavori), che formavano la XVI Squadriglia
Cacciatorpediniere: Supermarina ordinò le due unità si trovassero a
Civitavecchia a partire dall’alba del 9 settembre, pronti a muovere in due ore.
Avrebbero dovuto imbarcare re e governo in fuga da Roma per portarli a La
Maddalena (ovviamente, ai comandanti era stato genericamente parlato
dell’imbarco di alti personaggi, senza rivelarne l’identità); al medesimo
scopo, le corvette Gabbiano e Pellicano (poi ridotte alla sola
corvetta Pellicano, che avrebbe
imbarcato alcuni degli alti personaggi insieme ai due cacciatorpediniere) dovevano
tenersi pronte a Gaeta, e due motoscafi veloci dovevano essere preparati a
Fiumicino (sarebbero serviti, in base al piano predisposto dall’ammiraglio De
Courten, per portare re e seguito fino a Civitavecchia).
Nel tardo
pomeriggio/sera del 7 settembre, Supermarina ordinò al Comando delle Forze
Navali da Battaglia di accelerare al massimo i preparativi per la partenza di Da Noli e Vivaldi, affinché si trovassero a Civitavecchia non più tardi delle
otto del mattino del 9; quella sera stessa, Supermarina inviò al Comando FF.
NN. BB. il messaggio PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze Assolute)
«Disponete C.T. VIVALDI et DA NOLI si trasferiscano subito relitto
[Civitavecchia] restandovi pronti in sei ore (alt) TABELLA PISA (alt) 194507».
Alle 16.20 dell’8
settembre Supermarina trasmise un ordine, compilato alle 15.30, col quale
disponeva che Da Noli e Vivaldi salpassero da La Spezia e Genova
per arrivare a Civitavecchia alle otto del giorno seguente.
Alle 18 dell’8
settembre l’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, comandante in capo delle forze
navali da battaglia, convocò sulla corazzata Roma (ormeggiata a La Spezia col resto della squadra), sua nave
ammiraglia, tutti gli ammiragli e comandanti a lui subordinati presenti a La
Spezia. Tra i convocati vi era anche il capitano di fregata Pio Valdambrini,
comandante del Da Noli.
Il giorno precedente,
Bergamini aveva partecipato a Roma, presso il quartier generale della Marina,
ad una riunione indetta dall’ammiraglio De Courten, il quale, pur non rivelando
a nessuno dell’armistizio, aveva impartito una serie di disposizioni affinché
le installazioni a terra si preparassero a respingere eventuali attacchi
tedeschi e le navi si preparassero all’eventuale trasferimento in porti al di
fuori della penisola italiana.
Agli ammiragli e
comandanti riuniti sulla Roma,
Bergamini annunciò che non avrebbe potuto riferire tutto quello che De Courten
gli aveva detto, ma che erano imminenti gravissime decisioni da parte del
governo, e che solo la Marina, tra le forze armate italiane, si poteva ritenere
ancora integra ed ordinata. In caso di ricezione del telegramma convenzionale
«Attuare misure ordine pubblico Promemoria n. 1 Comando Supremo», si sarebbe
dovuto procedere alla cattura del personale tedesco presente a bordo per i
collegamenti ed attuare l’allarme speciale, cioè preparare le navi a respingere
qualsiasi colpo di mano proveniente dall’esterno. Bisognava anche prepararsi
all’eventualità dell’autoaffondamento.
Al comandante
Valdambrini, l’ammiraglio Bergamini confermò durante la riunione l’ordine di
partenza per Civitavecchia, che fece confermare (per mezzo dell’ammiraglio
Luigi Biancheri, comandante l’VIII Divisione Navale di stanza a Genova) anche
al capitano di vascello Francesco Camicia, comandante del Vivaldi e caposquadriglia della XVI Squadriglia Cacciatorpediniere.
Poco dopo la
conclusione della riunione, verso le 18.30, gli Alleati annunciarono infine
l’armistizio di Cassibile con un proclama trasmesso da Radio Algeri, e poco più
di un’ora dopo, alle 19.42, il maresciallo Badoglio confermò la notizia con un
comunicato trasmesso dall’EIAR.
Il Da Noli salpò da La Spezia alle 22,
diretto verso Civitavecchia. Alle 23.15 dello stesso 8 settembre, al largo
dell’Isola del Tino (poco a sud di La Spezia), il Da Noli si riunì col Vivaldi,
proveniente da Genova in condizioni di efficienza ridotta, accodandosi a
quest’ultimo, ed insieme proseguirono per Civitavecchia.
Nel frattempo,
tuttavia, paracadutisti tedeschi della 2. Fallschirmjäger-Division avevano
stavano già occupando Ostia e Fiumicino: ciò rendeva impossibile imbarcare re e
governo sui motoscafi per trasportarli fino a Civitavecchia. Di conseguenza, re
e seguito abbandonarono l’idea di raggiungere la Sardegna e ripiegarono su
un’altra alternativa per la fuga da Roma: anziché dirigersi a Civitavecchia, imboccarono
la strada per Pescara, da dove poi raggiunsero Ortona, ove s’imbarcarono sulla
corvetta Baionetta che li condusse a
Brindisi.
La missione di Da Noli e Vivaldi veniva dunque a perdere il suo scopo: di conseguenza, alle 6.40
del 9 settembre, Supermarina ordinò ai due cacciatorpediniere – che intanto
erano già giunti davanti a Civitavecchia – di invertire la rotta e tornare alla
Spezia («Invertite la rotta e rientrare a
La Spezia-064009», ricevuto alle 7), salvo correggersi alle 7.24 ordinando
invece di cambiare rotta e dirigersi immediatamente verso La Maddalena («Modifica mio precedente ordine dirigete
subito isola La Maddalena-072409», ordine ricevuto alle 7.43), dove doveva
comunque trasferirsi il grosso della flotta proveniente da La Spezia e Genova,
al comando dell’ammiraglio Bergamini.
Alle 10.38
Supermarina ordinò a Da Noli e Vivaldi di riunirsi al resto della
squadra da battaglia («24997 – C.T. Vivaldi e C.T.
Da Noli si riuniscano alla Squadra-092309»), ma subito dopo reiterò
l’ordine «Modifica mio precedente ordine
dirigete subito isola La Maddalena», mentre alle 14.14 dispose che
passassero ad ovest della Sardegna e facessero rotta per Bona, unendosi, se
possibile, alla squadra da battaglia («Vivaldi
e Da Noli. Supermarina 97424-Proseguite per Bona aggregandovi possibilmente Forza
Navale da Battaglia (alt) Milano – 132909»).
Nel frattempo, il Vivaldi aveva intercettato una
comunicazione della corvetta Danaide
a Supermarina, nella quale la nave riferiva che La Maddalena era stata occupata
dalle forze tedesche.
Non destò dunque
stupore, alle 14.33, il messaggio di Supermarina – telecifrato 87775 – che
ordinava a Da Noli e Vivaldi di uscire dall’estuario della
Maddalena verso ovest, e di affondare durante il passaggio tutti i mezzi
tedeschi impegnati nel traffico tra Sardegna e Corsica («PAPA Cifr. 19 ter da Supermarina a Vivaldi et Da Noli p.c.Roma per
FF.NN.BB. Uscite da estuario verso ponente ed affondate tutti i mezzi tedeschi
che eseguono traffico Sardegna-Corsica alt Milano 134909»). Decifrato
quest’ordine, i due cacciatorpediniere accostarono verso le Bocche di
Bonifacio; alle 16 incontrarono proprio la Danaide
ed un’altra corvetta, la Minerva, in
navigazione da La Maddalena a Portoferraio. Le due corvette confermarono che i
tedeschi avevano occupato La Maddalena.
Ciò che era accaduto
era che il generale Carl Hans Lungerhausen, comandante della 90a
Divisione tedesca di stanza in Sardegna, aveva concordato con il comandante
militare dell’isola, generale Antonio Basso, la pacifica evacuazione delle sue
truppe (32.000 uomini) verso la Corsica, attraverso il porto di La Maddalena.
Il colonnello Hunäus (riportato erroneamente, dalle fonti italiane, come
“Uneus”), sottoposto di Lungerhausen, aveva a sua volta preso accordi con
l’ammiraglio Bruno Brivonesi, comandante militare marittimo della Sardegna,
affinché il passaggio delle truppe tedesche attraverso La Maddalena avvenisse
senza atti di ostilità (ed in questo senso, d’altro canto, andavano gli ordini
impartiti dal generale Basso all’ammiraglio Brivonesi); ma alle 11.25 di quel 9
settembre Hunäus aveva tradito l’accordo preso, attuando un colpo di mano con
le sue truppe ed assumendo così il controllo di diverse posizioni chiave
all’interno del perimetro della base. Le truppe tedesche avevano circondato
anche il Comando Marina di La Maddalena, ponendo l’ammiraglio Brivonesi sotto
scorta armata, praticamente prigioniero. Con il porto in mano loro, i tedeschi
avevano iniziato il traghettamento delle loro truppe e del loro equipaggiamento
attraverso le Bocche di Bonifacio, per mezzo di motozattere ed altri mezzi
simili.
Alle 16.20,
procedendo a 23 nodi con tre caldaie su quattro in funzione, Da Noli e Vivaldi imboccarono le Bocche di Bonifacio mantenendosi sulle rotte
di sicurezza, con gli uomini ai posti di combattimento.
Poco prima di
superare Razzoli vennero avvistati due natanti che, navigando in sezione, si
dirigevano verso la Corsica. Alle 16.50, ridotte le distanze a 8-9 km, il Vivaldi aprì il fuoco con i cannoni da
120 mm contro i due mezzi tedeschi, identificati come una motosilurante ed una
motozattera. Cessato il tiro contro la motozattera dopo alcune salve, dato che
l’unità aveva invertito la rotta, appariva sbandata e faceva fumo, il Vivaldi riaprì il fuoco alle 17 contro
una motosilurante e poi contro due motozattere, visibili sotto la costa della
Corsica; a bordo si giudicò di aver messo vari colpi a segno sulle motozattere.
Anche il Da Noli, che non aveva visto le prime
due unità dal lato opposto, aprì adesso il fuoco contro le unità tedesche
visibili sul lato della Corsica. Si sviluppò un vivace combattimento.
Sull’esito di questo
scontro le diverse fonti riportano notizie contrastanti. Il comandante del Vivaldi stimò alcune delle motovedette e
motozattere tedesche fossero state affondate, altre danneggiate ed altre ancora
costrette a riparare in costa. Il volume "La Marina dall’8 settembre 1943
alla fine del conflitto", dell’Ufficio Storico della Marina Militare, riferisce
che, a quanto risulta, nessuna unità tedesca sarebbe stata colpita, ma soltanto
inquadrata dal tiro italiano; ma sia lo storico Francesco Mattesini, nel suo
saggio "L’armistizio dell’8 settembre 1943 e il dramma delle forze navali
da battaglia" pubblicato sul Bollettino d’Archivio USMM, che il volume
"Esploratori, fregate, corvette ed avvisi italiani" anch’esso
dell’USMM, riportano invece che alcune delle motozattere sarebbero state
danneggiate ed incendiate dal tiro di Vivaldi
e Da Noli. Il libro "Struggle
for the Middle Sea" di Vincent O’Hara, invece, identifica le unità
ingaggiate da Da Noli e Vivaldi come un motodragamine tipo
R-Boot e tre motozattere tipo Marinefährprahm, ed afferma che queste ultime
sarebbero state costrette a portarsi ad incagliare in costa dal tiro delle navi
italiane. Il ricercatore Platon Alexiades, sulla scorta di documenti tedeschi,
ha scoperto che tra le unità ingaggiate dai cacciatorpediniere italiani vi
erano almeno due motodragamine, l’R 198 e
l’R 200 della 11. Raumboot-Flottille,
forse le "motosiluranti" indicate nel rapporto del Vivaldi. Sempre in base alla
documentazione tedesca da lui consultata, non si fa parola di perdite in
relazione allo scontro nelle Bocche di Bonifacio, mentre viene riportata la
perdita di sette unità affondate quello stesso giorno, poco lontano, dalla
torpediniera Aliseo a Bastia.
Nel mentre, vennero
avvistati diversi aerei che volavano a bassa quota lungo la costa corsa,
restando al di fuori del tiro delle mitragliere contraeree dei
cacciatorpediniere.
L’attacco contro le
unità tedesche, oltre ovviamente alla reazione di queste ultime, causò anche la
violenta reazione da parte di alcune batterie costiere da 88 mm site sulla
costa meridionale della Corsica, il cui controllo era passato alle truppe
tedesche (i loro artiglieri, appartenenti alle camicie nere, le avevano
consegnate quel mattino a reparti tedeschi della 16. Flak-Division).
Inizialmente non risultò possibile localizzare con precisione le batterie
costiere per poter rispondere al fuoco.
Il Vivaldi, che aveva aumentato la velocità
a 25 nodi ed aveva tentato di tenersi al largo rispetto alla costa
(compatibilmente con la posizione delle mine), venne centrato da diversi colpi
verso le 17.15, subendo numerose perdite tra l’equipaggio e seri danni
all’apparato motore ed a parte dell’armamento. Alle 17.30 il Vivaldi si trovava immobilizzato, con
incendi a bordo ed ancora sotto il fuoco di una delle batterie costiere.
La situazione del Da Noli, che aveva aperto anch’esso il
fuoco contro le batterie costiere della Corsica (oltre che sui mezzi navali
tedeschi), era relativamente migliore: sebbene raggiunto anch’esso da due colpi
sparati dalle batterie costiere (uno lo colpì a poppa, all’altezza della linea
di galleggiamento, e l’altro a prua, sotto il castello), il cacciatorpediniere
non aveva subito né morti né feriti tra il suo equipaggio, ed i danni erano
molto meno gravi di quelli riportati dal Vivaldi.
Dopo essere stato colpito, il Da Noli
si largò dalla costa e superando in velocità il Vivaldi sulla sinistra e verso sudovest, emettendo molto fumo, per
portarsi fuori tiro rispetto alle batterie costiere. A bordo, l’equipaggio si
mise al lavoro per tamponare la via d’acqua aperta dalla cannonata che aveva
colpito la nave a poppa.
Alle 17.50 (altra
fonte parla delle 17.20), all’improvviso, avvenne il disastro: il Da Noli urtò una mina, sollevando una
grande colonna d’acqua biancastra, si spezzò in due a proravia della plancia ed
affondò in pochi secondi, circa cinque miglia ad ovest del faro di Pertusato.
Il comandante
Valdambrini, insieme a gran parte del personale presente con lui in plancia,
rimase ucciso dall’esplosione (secondo un’altra fonte, invece, Valdambrini
sarebbe stato visto in acqua dopo l’affondamento, ferito, ma comunque non
sopravvisse); gran parte dell’equipaggio affondò con la nave, altri finirono in
acqua o su zattere.
La mina urtata dal Da Noli apparteneva ad uno sbarramento
(che contava in tutto 410 mine, disposte su tre file) posato a sud di Capo Fenu
appena due settimane prima, il 26 agosto, dai posamine tedeschi Pommern e Brandenburg. Da Noli e Vivaldi non erano stati informati della
presenza di tale campo minato, così il Da
Noli vi si era inconsapevolmente infilato nel tentativo di sottrarsi al
tiro tedesco, con tragiche conseguenze.
Dal Vivaldi vennero avvistati numerosi
naufraghi in mare, e poco dopo anche una motolancia, in movimento vicino a
delle zattere di salvataggio; ma il Vivaldi
non era in condizione di prestare aiuto a nessuno, e poté soltanto comunicare a
Supermarina ed al Comando Squadra (col radiosegnalatore, alimentato con batterie
di riserva, dato che la radio principale era fuori uso) la notizia
dell’affondamento del Da Noli e la
posizione dei naufraghi. Il comandante Camicia descrisse così, nel suo
rapporto, la fine dell’unità sezionaria: «Nel
frattempo il DA NOLI, che ha preso parte al tiro contro le unità e le batterie
dal lato della Corsica, sembra anch’esso colpito; si allarga dalla costa, mi
sopravanza in velocità verso sud-ovest e fa molto fumo. Alle 17.50 una grande
colonna d’acqua biancastra, come di esplosione di mina, avvolge il DA NOLI che
spezzato in due al centro affonda. Si vede molta gente in mare e
poco dopo anche una motolancia in moto vicino alle zattere di salvataggio.
Avendo la radio principale inutilizzata, trasmetto con radiosegnalatore
(alimentato con batterie di riserva) a Supermarina e al Comando Squadra
l’affondamento e la posizione del DA NOLI e la posizione e le avarie del VIVALDI».
Più tardi, rimessa
faticosamente in funzione una caldaia, il Vivaldi
si diresse verso ovest-sudovest, per portarsi fuori tiro rispetto alle batterie
costiere, dopo di che assunse rotta verso Minorca. Alle 19.15 il Vivaldi avvistò in lontananza
l’incrociatore Attilio Regolo e la
XII Squadriglia Cacciatorpediniere, in navigazione verso le Baleari con i
naufraghi della corazzata Roma,
affondata poche ore prima da aerei tedeschi nel Golfo dell’Asinara; seguì uno
scambio di segnali col quale il comandante Camicia cercò di chiedere assistenza
per la sua nave e soccorso per i superstiti del Da Noli, ma, causa una serie di equivoci e malintesi, non riuscì ad
ottenere né l’una né l’altro.
Il cacciatorpediniere
Mitragliere (capitano di vascello
Giuseppe Marini), caposquadriglia della XII Squadriglia, ordinò alla
torpediniera Pegaso (capitano di
fregata Riccardo Imperiali) – anch’essa in navigazione verso le Baleari con
naufraghi della Roma, ma
separatamente – di andare a soccorrere il Da
Noli. La torpediniera, tuttavia, venne attaccata ripetutamente da aerei
tedeschi fino a notte fatta, ed in conseguenza finì col rinunciare all’operazione
di soccorso: il suo comandante, avendo visto il Vivaldi in navigazione verso ovest e non sapendo che era gravemente
danneggiato, pensò che avrebbe potuto occuparsene quest’ultimo. Secondo il
libro "Le navi da guerra italiane internate alle Baleari dopo l'8
settembre" di Giuliano Marenco, che a sua volta cita la dettagliata opera
"L’armistizio dell’8 settembre 1943 e il dramma delle forze navali da
battaglia" di Francesco Mattesini, la situazione dei due
cacciatorpediniere e la loro necessità di aiuto fu al centro di un terribile
equivoco: per chiedere aiuto, il Vivaldi
trasmise il messaggio «Procedo lento moto ho grandi avarie alt Da Noli affondato su mine», ma questo
venne decifrato soltanto in parte, così che sul Mitragliere si lesse invece «Procedo lento moto ho grandi avarie su
mine», perdendo la parte centrale del messaggio ed ogni riferimento al Da Noli. In conseguenza di questo
incredibile malinteso, il comandante del Mitragliere
trasse l’impressione che fosse il Vivaldi
ad essere incappato in mine al largo di Capo Fenu e che avesse subito danni
gravissimi, mentre ignorava del tutto la sorte del Da Noli. Poco dopo, avendo avvistato verso prua un
cacciatorpediniere (era il Vivaldi,
danneggiato, ma i cui danni non apparivano visibili data la grande distanza) e
non sapendo che il Da Noli era
affondato, il comandante del Mitragliere
ritenne che si trattasse appunto del Da
Noli, e che questi fosse rimasto indenne. Di conseguenza, il Mitragliere ordinò alla Pegaso di andare a soccorrere il Vivaldi, anziché il Da Noli, presso Capo Fenu. La torpediniera si diresse appunto verso
Capo Fenu, ma dovette poi cambiare rotta per ragioni di sicurezza; proprio a
seguito di questo cambiamento di rotta, s’imbatté nel Vivaldi, del quale intercettò alcuni messaggi in cui si diceva che
esso era ancora in grado di sviluppare una velocità di 7 nodi, che gli avrebbe
permesso di portarsi in costa; vedendo il Vivaldi
navigare verso ovest, il comandante della Pegaso
– che non sapeva che il Da Noli era
affondato – ritenne che il cacciatorpediniere fosse in grado di cavarsela da sé
e, in considerazione dei continui attacchi aerei, decise allora di abbandonare
il tentativo di soccorso e di tornare a cercare il resto della squadra.
Alla fine, nessuno
andò a salvare i naufraghi del Da Noli.
Erano una novantina
gli uomini del Da Noli, alcuni dei
quali feriti, che erano inizialmente sopravvissuti all’affondamento, finendo in
mare: ma la maggior parte di essi avrebbe trovato la morte in mare. I naufraghi
del cacciatorpediniere si trovavano vicinissimi alla costa della Corsica, ma
nelle Bocche di Bonifacio soffiava un vento di levante che li allontanava dalla
terra, anziché avvicinarli: lottando contro il forte vento contrario, i più finirono
col soccombere, annegando prima di poter raggiungere la riva.
I primi naufraghi a
raggiungere la costa ci misero quasi ventiquattr’ore per arrivarci: si trattava
di 15 uomini su una lancia di salvataggio, quella di sinistra, che sbarcarono
alle 17 del 10 settembre nei pressi della Stazione Segnali di Capo Senetosa.
Tra di essi vi era il comandante in seconda del Da Noli, capitano di corvetta Danilo Silvestri, che aveva
recuperato i 14 naufraghi (tre dei quali feriti) che era riuscito a raggiungere
vogando faticosamente contro vento, fino a che il buio non gli aveva precluso
ulteriori ricerche. Questi quindici uomini furono anche il gruppo più numeroso
di naufraghi del Da Noli a toccare
terra. A mezzanotte il gruppetto venne imbarcato su un motoveliero mandato da
Ajaccio, che li condusse nel porto corso, dove giunse alle 4.30 dell’11
settembre recando anche il corpo di un naufrago (probabilmente uno dei 15 della
lancia, deceduto successivamente), che venne sepolto ad Ajaccio.
Altri superstiti, a
bordo di zattere di salvataggio, raggiunsero tra mille stenti la costa della
Corsica nei 2-3 giorni seguenti; un gruppetto di quattro naufraghi, su una
zattera, venne tratto in salvo alle 13 dell’11 settembre (per altra versione,
la mattina del 13 settembre) da un motoveliero da pesca corso, che li portò in
una delle Isole Sanguinarie, da dove poi raggiunsero Ajaccio.
Una volta a terra, il
capitano di corvetta Silvestri sollecitò l’organizzazione di ricerche da parte
del Comando Marina di Bonifacio: venne pertanto inviato un aereo di soccorso,
ma non fu trovato nessun altro sopravvissuto. Tutti i naufraghi del Da Noli vennero imbarcati sulla corvetta
Ibis e trasferiti a Porto Torres il
18 settembre, proseguendo poi per Cagliari.
Nei giorni seguenti
il mare gettò sulle coste della Corsica le salme di sei o sette uomini del Da Noli; altri cadaveri, che
galleggiavano in mezzo ai campi minati, non vennero recuperati perché le mine
rendevano tale compito troppo pericoloso.
Sul numero di morti e
sopravvissuti vi sono alcune discrepanze in base alle fonti, ma la triste certezza
è che l’equipaggio del Da Noli perì
quasi al completo, nell’affondamento della nave od in mare durante i giorni
seguenti.
Secondo il citato volume
dell’USMM "La Marina dall’8 settembre 1943 alla fine del conflitto", alla
partenza da La Spezia erano imbarcati sul Da
Noli 267 uomini, dei quali solo 39 sopravvissero, mentre morirono in 228,
tra cui il comandante Valdambrini, altri 7 ufficiali e 22 sottufficiali.
Un recente saggio
(2015) di Giuliano Manzari, "La partecipazione della Marina alla Guerra di
Liberazione", pubblicato nel Bollettino d’Archivio dell’USMM, traccia un
bilancio ancora peggiore: l’equipaggio del Da
Noli sarebbe stato composto da 238 uomini (12 ufficiali, 25 sottufficiali,
19 sergenti, 37 sottocapi e 145 marinai), dei quali soltanto 18 sarebbero
sopravvissuti, ossia 4 ufficiali, 3 sottufficiali, un sergente, 5 sottocapi e 5
marinai, mentre i morti sarebbero stati 220, di cui 8 ufficiali, 22
sottufficiali, 18 sergenti, 32 sottocapi e 140 marinai.
Nell’elenco dei
caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda guerra mondiale figurano
i nomi di 223 uomini del Da Noli
deceduti o dispersi a seguito dell’affondamento.
I loro nomi:
Santo Aiello, secondo capo meccanico, deceduto
Luigi Albiero, capo silurista di seconda
classe, disperso
Luigi Alboretti, marinaio cannoniere, disperso
Angelo Aliprandi, marinaio cannoniere,
disperso
Carlo Altieri, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Alberto Ambrosi, sergente cannoniere, disperso
Ezio Angelucci, marinaio fuochista, disperso
Armando Antonelli, marinaio S.D.T., disperso
Giannino Antoniacomi, sottocapo nocchiere,
disperso
Duilio Antonucci, marinaio segnalatore, disperso
Raffaele Aricò, marinaio cannoniere, disperso
Luigi Arman, capo meccanico di seconda classe,
disperso
Giovanni Armuzza, tenente di vascello,
disperso
Raffaele Avitaia, marinaio, disperso
Arturo Bagnasco, marinaio, disperso
Lorenzo Baiochi, marinaio meccanico, disperso
Giacinto Bani, marinaio meccanico, disperso
Costantino Bassi, sergente cannoniere,
disperso
Fausto Bellotti, marinaio, disperso
Angelo Beretta, marinaio cannoniere, disperso
Ernesto Besio, marinaio fuochista, disperso
Fernando Bevilacqua, marinaio elettricista,
disperso
Gildo Bianchi, marinaio, disperso
Francesco Biasco, sergente meccanico, disperso
Agostino Biggi, marinaio, disperso
Alide Bisaschi, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Bocchino, sottocapo cannoniere,
disperso
Salvatore Brambilla, marinaio cannoniere,
disperso
Salvatore Brigandi, marinaio fuochista,
disperso
Stellio Brivonese, marinaio, disperso
Michele Bruno, marinaio fuochista, disperso
Salvatore Buda, marinaio, disperso
Leonida Burchianti, secondo capo S.D.T.,
disperso
Angelo Buzzetto, secondo capo meccanico,
disperso
Benedetto Cabella, sergente cannoniere,
disperso
Cirillo Caddeo, secondo capo motorista,
disperso
Fausto Calbini, marinaio, disperso
Giovanni Caminiti, marinaio, disperso
Ferdinando Cammarota, secondo capo S.D.T.,
disperso
Giusto Campaner, sottocapo meccanico, disperso
Gioacchino Cancila, marinaio, disperso
Italo Candiotto, sergente cannoniere, disperso
Antonio Capone, marinaio motorista, disperso
Rinaldo Cappella, marinaio S.D.T., disperso
Mario Caralla, marinaio, disperso
Virgilio Carpani, sottocapo cannoniere,
disperso
Biagio Casalini, marinaio fuochista, disperso
Bruno Caslini, marinaio cannoniere, disperso
Renato Castiglia, sottocapo cannoniere,
disperso
Pietro Cavassa, marinaio, disperso
Luigi Cervini, marinaio cannoniere, disperso
Aldo Ciccotti, marinaio S.D.T., disperso
Eugenio Collovigh, capo meccanico di terza
classe, deceduto
Nicolò Colonna, sottocapo cannoniere, disperso
Lorenzo Conca, sottocapo radiotelegrafista,
disperso
Agostino Coratella, sergente cannoniere,
disperso
Orlando Corbacella, sottocapo
radiotelegrafista, disperso
Salvatore Costa, marinaio, disperso
Carmine Crescitelli, marinaio nocchiere,
disperso
Sante Crotti, marinaio cannoniere, disperso
Antonio Cuccurullo, sottocapo cannoniere,
disperso
Aldo Curcio, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Curto, sergente cannoniere, deceduto
Vincenzo D’Andrea, marinaio, disperso
Giuseppe D’Anna, marinaio cannoniere, disperso
Pasquale D’Auria, secondo capo furiere,
disperso
Augusto Dallou, marinaio, disperso
Alighiero Dante, sergente furiere, disperso
Antonino Dattola, marinaio cannoniere,
disperso
Angelo De Fareri, sottocapo meccanico,
disperso
Pietro De Sario, secondo capo cannoniere,
disperso
Arturo Debernardi, marinaio elettricista,
disperso
Francesco Dentice, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Giuseppe Di Lorenzo, marinaio segnalatore,
disperso
Giovanni Di Maio, marinaio fuochista, disperso
Bruno Di Nisio, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Di Vincenzo, sottocapo elettricista,
disperso
Nevio Donatelli, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Donato, secondo capo
radiotelegrafista, disperso
Efisio Falchi, marinaio, disperso
Salvatore Farris, marinaio fuochista, disperso
Vito Fello, aspirante del Genio Navale,
disperso
Giuseppe Ficara, sottocapo cannoniere,
disperso
Giuseppe Florio, marinaio S.D.T., disperso
Giuseppe Formica, marinaio cannoniere,
disperso
Francesco Fregoni, marinaio, disperso
Massimo Frusteri, capo meccanico di terza
classe, disperso
Emilio Galimberti, sottocapo fuochista,
disperso
Guido Galli, sottocapo S.D.T., disperso
Franco Gandolfo, marinaio S.D.T., disperso
Vittorio Gavagnin, marinaio elettricista, disperso
Gian Roberto Genta, guardiamarina, disperso
Ettore Giampieri, serg. m. Genio Navale,
disperso
Esterino Giannico, marinaio fuochista,
deceduto
Rocco Gioffrè, capo meccanico di terza classe,
disperso
Renato Girace, secondo capo furiere, disperso
Aldo Giribone, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Gismondi, sergente cannoniere,
disperso
Vittorio Giuliani, secondo capo
radiotelegrafista, disperso
Angelo Gobbi, marinaio, disperso
Raffaele Goduto, sottocapo elettricista,
disperso
Alberto Gori, marinaio, disperso
Rosario Grasso, marinaio, disperso
Adelio Grilli, marinaio segnalatore, disperso
Annibale Guerra, marinaio fuochista, disperso
Vincenzo Guida, marinaio, disperso
Silvano Guidi, sottocapo cannoniere, disperso
Primo Gullienszich, marinaio fuochista,
disperso
Antonio Invernizzi, sergente elettricista,
disperso
Claudio La Rocca, marinaio segnalatore,
disperso
Mario Lambri, marinaio fuochista, disperso
Decimo Landini, sergente, disperso
Renato Lattanzi, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Romano Lazzari, capo nocchiere di seconda
classe, disperso
Sergio Leardini, marinaio, disperso
Donato Lenuzza, sergente elettricista,
disperso
Antonino Leotta, sottotenente del Genio
Navale, disperso
Giuseppe Libri, marinaio carpentiere, disperso
Andrea Lieto, sottocapo cannoniere, disperso
Brenno Ligabue, marinaio cannoniere, disperso
Antonio Lipari, guardiamarina, deceduto
Paolo Livorno, sottocapo S.D.T., disperso
Calogero Lo Biondo, marinaio, disperso
Alberto Lombardi, marinaio motorista, disperso
Spartaco Longoni, marinaio elettricista,
disperso
Luciano Lubrano, marinaio fuochista, disperso
Attilio Lucchi, marinaio, disperso
Mario Managlia, marinaio, disperso
Olivo Marinari, marinaio cannoniere, deceduto
Tommaso Marolla, secondo capo cannoniere,
disperso
Arturo Martincig, sergente cannoniere,
disperso
Fernando Masini, marinaio cannoniere, disperso
Vito Matarese, marinaio cannoniere, disperso
Luigi Mauri, marinaio cannoniere, disperso
Antonio Mazza, sottocapo silurista, disperso
Alessandro Mazzoni, marinaio fuochista,
disperso
Raffaele Meli, marinaio cannoniere, disperso
Francesco Mellone, sottocapo elettricista,
disperso
Isaia Mellone, sottocapo S.D.T., disperso
Ettore Micheloni, marinaio cannoniere,
deceduto
Eugenio Minniti, sottocapo meccanico, disperso
Bruno Miori, marinaio, disperso
Silvestro Modesto, marinaio, disperso
Mario Moretti, marinaio fuochista, disperso
Aldo Moro, sergente nocchiere, disperso
Cesare Morra, marinaio fuochista, disperso
Alessandro Mozzali, marinaio silurista,
disperso
Antonio Navarra, marinaio, disperso
Nereo Nicoli, capo furiere di terza classe,
disperso
Gaspare Noto, marinaio, disperso
Giovanni Orsucci, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Lorenzo Pagano, marinaio, disperso
Placido Paladino, marinaio, disperso
Vito Antonio Palmisano, marinaio fuochista,
disperso
Giuseppe Perdetti, marinaio cannoniere,
disperso
Filippo Petruzzellis, sergente cannoniere,
disperso
Mario Piccoli, marinaio cannoniere, disperso
Luigi Pilotti, marinaio fuochista, disperso
Baldassare Pinetti, secondo capo cannoniere,
disperso
Giuseppe Piras, marinaio cannoniere, disperso
Mario Pischedda, marinaio fuochista, disperso
Mario Polichetti, marinaio silurista, disperso
Vittorio Poni, sergente meccanico, disperso
Giuseppe Porchera, marinaio, disperso
Paolo Porrino, sottocapo torpediniere,
disperso
Augusto Pricca, sottocapo meccanico, disperso
Salvatore Proietto, marinaio nocchiere,
disperso
Pasquale Proscia, marinaio, disperso
Francesco Quartuccio, marinaio S.D.T.,
disperso
Pietro Paolo Rabboni, capo meccanico di prima
classe, disperso
Eugenio Remondino, marinaio silurista,
disperso
Vincenzo Renda, marinaio meccanico, disperso
Carmelo Repaci, marinaio, disperso
Felice Riboldi, marinaio, disperso
Angelo Riccò, marinaio cannoniere, disperso
Ortensio Riva, marinaio fuochista, disperso
Tullio Rossi, marinaio fuochista, disperso
Domenico Rotella, sottocapo S.D.T., disperso
Giovanni Ruggiero, marinaio, deceduto
Tommaso Ruggiero, marinaio, disperso
Eugenio Russo, marinaio, disperso
Michele Russo, tenente del Genio Navale,
deceduto
Duilio Sabatini, marinaio fuochista, disperso
Francesco Saccomani, marinaio
radiotelegrafista, disperso
Albano Sambin, secondo capo portuale, disperso
Attilio Sarzanini, marinaio, disperso
Romeo Savoia, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Sbarbaro, marinaio, disperso
Angelo Scaletta, marinaio, disperso
Salvatore Scamardella, marinaio nocchiere,
disperso
Emilio Scardala, secondo capo
radiotelegrafista, disperso
Raffaele Scaringi, secondo capo nocchiere,
disperso
Andrea Sciacqua, sergente S.D.T., disperso
Michele Scotto D’Abusco, marinaio nocchiere,
disperso
Sergio Sebastianutti, marinaio cannoniere,
disperso
Giuseppe Secondo, marinaio, disperso
Antonio Sementa, secondo capo meccanico,
disperso
Ignazio Serio, marinaio fuochista, disperso
Roberto Sibilio, marinaio meccanico, disperso
Pietro Silipigni, marinaio, disperso
Mario Simoni, sottocapo cannoniere, disperso
Cesare Soria, sergente infermiere, disperso
Giovanni Spena, sottocapo cannoniere, disperso
Virginio Tettamanti, marinaio fuochista,
disperso
Ferruccio Tonello, marinaio S.D.T., disperso
Guido Torniai, marinaio, disperso
Domenico Tortora, marinaio, disperso
Gaetano Tregrosso, marinaio S.D.T., disperso
Rosario Trovato, marinaio, disperso
Domenico Uggeri, marinaio cannoniere, disperso
Danilo Ughi, sottocapo furiere, deceduto
Carmelo Vaccaro, marinaio fuochista, disperso
Pio Valdambrini, capitano di fregata
(comandante), disperso
Vincenzo Valentini, marinaio S.D.T., disperso
Renzo Vaselli, marinaio nocchiere, disperso
Angelo Vasile, marinaio, disperso
Carlo Venturelli, capo elettricista di seconda
classe, deceduto
Girolamo Verde, marinaio, disperso
Amos Vezzani, marinaio, disperso
Bruno Vianello, marinaio fuochista, disperso
Walther Vicinelli, marinaio fuochista,
disperso
Arrigo Vigino, marinaio motorista, disperso
Cataldo Zaccaria, marinaio fuochista, disperso
Il relitto del Da Noli è stato localizzato per caso nel
1975 dal corallaro Giovanni Spigno, di Santa Teresa di Gallura. Questi,
pescando corallo nelle Bocche di Bonifacio con una "croce di Sant’Andrea",
trovò la "croce" piena di proiettili ed informò immediatamente le
autorità, che alcune settimane più tardi inviarono sul posto la nave appoggio
incursori Pietro Cavezzale, la quale
procedette all’identificazione del relitto.
A quanto risulta, la
prima immersione di subacquei sul relitto del Da Noli sarebbe avvenuta soltanto nel settembre del 2009;
stranamente, sono circolate notizie sul "ritrovamento" del
cacciatorpediniere nel maggio 2013, benché la sua posizione fosse già nota da
diversi anni.
Il Da Noli giace spezzato in due tronconi su
un fondale sabbioso, a 5,85 miglia dalla costa corsa e ad una profondità
compresa tra i 93 ed i 108 metri.
Nel luglio 2016 un
gruppo di subacquei, guidato da Mario Arena, ha deposto sul relitto del
cacciatorpediniere una targa donata dal Comune di Noli, paese natale del
navigatore eponimo della nave. La targa recita «In memoria degli oltre 200
marinai che persero la vita nel compimento del loro dovere» e riporta il motto
del Da Noli: «Prendimi teco a
l'ultima fortuna».
Un'altra immagine del Da Noli (da M. J. Whitley, “Destroyers of World War Two”, Naval Institute Press, Annapolis 1988)
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Mi sono emozionata nella lettura. Il mio papà è stato tra i 18 naufraghi che si sono salvati( sottocapo meccanico) .Ha portato per tutta la vita i segni di quel naufragio sulle gambe che si sono ustionate nuotando nel mare che bruciava per il combustibile.
RispondiEliminaSono lazzari antonio figlio di lazzari romano del danoli se vuoi possiamo sentirci
EliminaPapà è poi arrivato in Corsica
RispondiEliminaMi sembra di riudire la sua voce che racconta quei momenti drammatici e di vederlo ancora qui ora che è mancato. Rosangela Piombo
Ciao sono lazzari antonio figlio di lazzari romano se vuoi possiamo incontrarci tel.3896837999
EliminaSono la nipote di Emilio Scardala. Grazie per la preziosa ricostruzione.
RispondiEliminaBgiorno Lorenzo. Il CF Valdambrini mori' il 9.9.1943 appena quarantenne. Infatti era nato a Roma il 17 agosto 1903, sposato con una signora inglese, tale Ludovica Rosina Proctor, ma nata ad Anversa. Nel 1939 comandante della Tp Lupo con la quale prese parte all'occupazione di Durazzo - Albania. CF dal ll'1.1.1940, nel 1941 comando' il gruppo antisom di Crotone e dall'ottobre 1942 assunse il comando del Ct Antonio Da Noli. Grazie
RispondiEliminaBsera Lorenzo. Il comte in 2^ del Da Noli il 9 settembre 1943 era il CC Francesco Albrizio (nato a Bari il 28 luglio 1908). Grazie. GP
RispondiEliminaIl volume USMM "La Marina dall'8 settembre 1943 alla fine del conflitto" fa il nome di Danilo Silvestri.
EliminaGrazie x le notizie sono una nipote fi Poni Vittorio sergente meccanico sulla da Noli ricordo la nonna che non aveva mai perso la speranza di vedere tornare suo figlio .
RispondiEliminaSalve, nel 1949 il giornale La Stampa pubblicò una notizia in riguardo a possibili superstiti del Da Noli portati alla Iugoslavia a bordo della nave "Orstalj". Si sa qualcosa di certo sul particolare?
RispondiEliminaBuonasera,
Eliminaè la prima volta che ne sento parlare e francamente mi sembra estremamente improbabile, considerato dove e quando fu affondato il Da Noli...
mio padre Sansoni candido. l'8 settembre 1943 si trovava come capomacchina sul Da Noli alle Bocche di Bonifacio e lui vide tutta la guerra lì in quella baia. Vide la distruzione di tutta la flotta Navale Italiana tradita da Mussolini che scappava altrove... Si salvò quandola nave si prese la mina che la fece dividere in due monconi e cadere a fondo... mio padre si salvò come lui mi raccontava perchè conosceva b bene la nave e si getto in mare men tre questa affondò in 5 minuti... nuotò fino alle coste della Corsica e lì fu soccorso e ferito ad una mano fu inviatoallo H militare diLa Spezia... in seguito fu decorato al valor militare con la medaglia al volte... Mio padre Candido era uscito dalla Accademia Navale di Venezia poi allo scoppio della guerra dovette subito salpare sulla ammiragli Zara e si recarono a Bari... laggiù una battaglia terribile e Candido fu ferito. Portato allo H di La Spezia fu poi inviato in convalescenza... a casa. Poi accadde lo smembramento della Marina militare lui non tornerà più imbarcato perchè tutto era finito in mare e anche molto mosso...
EliminaMa mio padre Candido resterà sempre il marinaio per tutta la vita della Marina Militare italiana e lui diceva: "La migliore al modo!"
Sono lazzari antonio figlio di lazzari romano disperso sul danoli se ci sono ancora figli dell affondamento del danoli mi piacerebbe incontrarli.
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