mercoledì 13 dicembre 2017

Loreto

Il Loreto (da www.regionesicilia.it)

Piroscafo da carico di 1055 tsl, 541 tsn e 1300 tpl, lungo 67,90-70,6 metri, largo 10,20 e pescante 4,88, con velocità di 10,5-11 nodi. Appartenente all’armatore napoletano Achille Lauro ed iscritto con matricola 390 al Compartimento Marittimo di Napoli; nominativo di chiamata IPOK.

Breve e parziale cronologia.

25 gennaio 1912
Varato come francese Astrée (numero di cantiere 268) nel cantiere South Dock della Sunderland Shipbuilding Company di Sunderland (Regno Unito).
Febbraio 1912
Completato come nave carboniera Astrée per la Société Navale Caennaise (armatori Gaston Lamy & Cie.) con sede a Caen. Caratteristiche originarie 1069 tsl, 427 tsn e 1480 tpl.
20 novembre 1915
Requisito a Caen, entra in servizio per la Marine Nationale (la Marina francese) come nave ausiliaria Astrée I. Armato con un cannone da 47 mm.
2 dicembre 1916
L’Astrée, in navigazione a 8 nodi da Glasgow a Lorient con un carico di carbone, al comando del capitano Honoré Moizan, avvista alle 10.20, in posizione 50°55’ N e 08°58’ O, un piroscafo sotto attacco da parte di un U-Boot, che lo sta cannoneggiando da circa 500 metri di distanza. Si tratta del piroscafo britannico Harpalus, in navigazione da Penarth a Nantes con un carico di carbone, e del sommergibile tedesco U 33 (tenente di vascello Heinz Ziemer).
Subito dopo l’avvistamento, l’Astrée vira a dritta in modo da dare la poppa all’U-Boot, mentre viene ordinato il post di combattimento; le macchine sono spinte al massimo per sottrarsi al pericolo, ed il denso fumo generato dalla combustione del carbone caricato a Glasgow occulta sia l’Harpalus (che finirà con l’essere affondato dal sommergibile) che l’U 33, i quali vengono così persi di vista.
L’Astrée si dirige verso Queenstown per riferire dell’accaduto; incontrati due piropescherecci armati, li informa dell’attacco, dopo di che prosegue a zig zag nella navigazione verso Lorient, dove giunge il giorno seguente.
31 marzo 1917
Derequisito e radiato dai quadri della Marine Nationale.
Settembre 1917
Affonda a seguito di una collisione con il piroscafo norvegese Dageide. Successivamente recuperato e riparato.
10 marzo 1918
L’Astrée (al comando del capitano P. Le Bihan) salpa da Cardiff diretto a Cherbourg, con un carico di carbone bituminoso e merci varie per il Governo francese. Navigando a zig zag lungo la costa, alle 12.18 viene ricevuto per radio il messaggio «Germaine silurato»; viene subito ordinato il posto di combattimento, ed alle 12.30 si comunica con il piroscafo Radium, che informa l’Astrée della presenza di un sommergibile al largo di Trevose Head, in Cornovaglia (ed a circa un miglio dalla costa nei pressi di Padstow). Alle 13.30 l’Astrée avvista la scia di un sommergibile immerso a 45° a dritta, in posizione 50°35’ N e 05°00’ O; l’equipaggio apre subito il fuoco con i due cannoni in dotazione (per primo quello di poppa, con alzo 1500 metri), mentre le macchine vengono portate sull’avanti tutta. I primi colpi sparati cadono lunghi, ma il terzo ed il quarto sembrano andare a segno; il periscopio dell’U-Boot viene visto per un po’, dopo di che sparisce, ed altri colpi vengono sparati nella scia. Nondimeno, il sommergibile continua a guadagnare terreno; la scia scompare dopo una decina di minuti, ma riappare a 140° a sinistra, venendo nuovamente fatto oggetto del tiro dei cannoni di bordo (ora con alzo 700 metri). Dopo tre cannonate, il sommergibile scompare, e viene cessato il tiro.
Per cercare di ostacolare eventuali lanci di siluri, la nave mette prima tutta la barra a sinistra, poi a dritta. Alle 14, sparita ogni traccia del sommergibile, il piroscafo cessa il fuoco e prosegue per la sua rotta zigzagando, mantenendo però l’equipaggio ai posti di combattimento. Sono stati sparati in tutto venti colpi di cannone: otto dal pezzo di prua e dodici da quello di poppa.
Il sommergibile avvistato era quasi certamente l’U 110 (capitano di corvetta Carl Albrecht Kroll), che aveva appena silurato ed affondato il piroscafo francese Germaine.
1° ottobre 1932 o 1933
Venduto all’armatore Giovanni Longobardo & C. di Napoli, registrato a Napoli e ribattezzato Loreto.
1935
Venduto all’armatore Giuseppe Parisi, sempre di Napoli.
1937
Venduto all’armatore Achille Lauro di Napoli.
6 luglio 1934
Il Loreto viene coinvolto in un sinistro al largo di Gallipoli, durante la navigazione da Ravenna a Gallipoli.
20 novembre 1934
Coinvolto in un altro incidente nelle acque di Gallipoli, mentre è in navigazione sulla rotta Ravenna-Lissa-Brindisi-Otranto-Gallipoli.
6 marzo 1941
Il Loreto, con a bordo 572 tonnellate di munizioni e materiale da costruzione, salpa da Brindisi alle due di notte insieme al piroscafo postale Merano, con la scorta del vecchio cacciatorpediniere Augusto Riboty. Le tre navi raggiungono Durazzo alle 11.
6 aprile 1941
Il Loreto, insieme ai piroscafi Polcevera e Bucintoro, lascia scarico Durazzo alle 19.20 per rientrare in Italia, con la scorta della torpediniera Castelfidardo.
7 aprile 1941
Il convoglio raggiunge Bari alle 21.30.
15 aprile 1941
Il Loreto ed il piroscafo Armando, entrambi adibiti a traffico civile, salpano da Bari alle 20.15 diretti a Durazzo. Al largo di Brindisi vengono raggiunti dalla torpediniera Sirio, che ne assume la scorta.
16 aprile 1941
Le navi arrivano a Durazzo alle 16.25.
3 giugno 1941
Il Loreto lascia Durazzo e rientra a Bari, solo e senza scorta.
2 luglio 1941
Compie un viaggio da Valona a Brindisi, di nuovo da solo e privo di scorta.
12 luglio 1941
Il Loreto ed il piroscafo Tripolino trasportano un carico di materiali vari da Brindisi a Patrasso, scortati dall’incrociatore ausiliario Olbia.
25 luglio 1941
Il Loreto lascia Patrasso e rientra a Brindisi, passando per Prevesa, da solo e senza scorta.
3 agosto 1941
Il Loreto ed il piroscafo Acilia, privi di scorta, trasportano da Bari a Valona un carico di materiali del Regio Esercito.
15 agosto 1941
Parte da Porto Edda e raggiunge Brindisi, da solo e senza scorta.
23 agosto 1941
Compie un viaggio da Bari a Valona, in navigazione isolata.
13 settembre 1941
Altro viaggio da Porto Edda a Brindisi, da solo e senza scorta.
8 ottobre 1941
Il Loreto ed il piroscafo Costante C. compiono un viaggio da Valona a Brindisi.
18 ottobre 1941
Trasporta un carico di materiali vari da Bari a Valona, da solo e privo di scorta.
24 novembre 1941
Trasporta un carico di materiali vari da Bari a Valona, sempre in navigazione isolata.
14 dicembre 1941
Il Loreto, in convoglio con i piroscafi Audace, Carlo Zeno e Capo Pino, trasporta truppe e materiali dal Pireo a Kavaliani, con la scorta della torpediniera Castelfidardo e di due motovedette tedesche.
29 dicembre 1941
Loreto, Audace e Carlo Zeno rientrano da Kavaliani al Pireo scortati dal dragamine RD 17 e da un MAS.
24 gennaio 1942
Il Loreto lascia Valona e raggiunge Bari, da solo e senza scorta.
21 febbraio 1942
Viaggio da Bari a Durazzo, in navigazione isolata.
23 maggio 1942
Viaggio da Durazzo a Bari, da solo e senza scorta.
31 maggio 1942
Viaggio da Bari ad Antivari, da solo e senza scorta.
15 luglio 1942
Viaggio da Bari ad Antivari, in navigazione isolata.
19 luglio 1942
Viaggio da Antivari a Bari, da solo e privo di scorta.
27 luglio 1942
Viaggio da Bari ad Antivari, da solo e senza scorta.
18 agosto 1942
Viaggio da Bari a Valona, ancora in navigazione isolata.
27 agosto 1942
Viaggio da Valona a Bari, da solo e senza scorta.
2 settembre 1942
Requisito a Bari dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
9 settembre 1942
Il Loreto, insieme al piroscafo Leonardo Palomba, salpa da Crotone diretto a Messina, con la scorta della vecchia torpediniera Giuseppe Sirtori. Il sommergibile britannico P 42 (tenente di vascello Alastair Campbell Gillespie Mars), in agguato fuori del porto, avvista entrambi i piroscafi non appena essi escono dal porto, il primo alle 18.22 ed il secondo alle 18.40; alle 19.22 attacca il secondo piroscafo col lancio di due siluri, dalla distanza di 4115 metri. Nessuno dei siluri va a segno, e la Sirtori contrattacca alle 19.50 col lancio di quattro bombe di profondità, che non arrecano danni al P 42.
17 settembre 1942
Salpa da Palermo per Tripoli a mezzogiorno, da solo e senza scorta, con un carico di benzina per aerei in fusti.
21 settembre 1942
Dopo aver seguito le rotte costiere della Tunisia, il Loreto raggiunge Tripoli alle 14.20.

La nave con il precedente nome di Astrée, negli anni Venti (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

L’affondamento

Alle 5.20 del 9 ottobre 1942 il Loreto salpò da Tripoli diretto a Palermo, trasportando fusti di benzina vuoti e soprattutto 400 prigionieri di guerra indiani con 26 (per altra fonte, 21) militari italiani di scorta, oltre ai 26 uomini dell’equipaggio (tra cui undici militari addetti all’armamento contraereo del piroscafo). Poco tempo dopo la partenza, al largo di Djerba, il Loreto venne fermato dalla nave soccorso Laurana, che aveva a bordo alcuni naufraghi del piroscafo Alga, affondato poche ore prima in navigazione sulla rotta opposta. Dal momento che tre dei naufraghi erano gravemente feriti e necessitavano di essere trasferiti con urgenza a Palermo, dove avrebbero potuto ricevere cure migliori, la Laurana li trasbordò sul Loreto, che fu poi lasciato proseguire per la sua rotta (per altra fonte, i naufraghi furono trasbordati sul Loreto da un MAS). Il carico umano del vecchio piroscafo veniva così ad assommare in tutto a ben 455 anime, tra naufraghi, soldati, prigionieri e marinai.
Dal momento che il Loreto disponeva di un buon armamento difensivo (4 mitragliere da 20 mm; qualche fonte parla anche di "quattro cannoni contraerei", ma sembra probabile che si intendano in realtà sempre le mitragliere) si decise di farlo navigare da solo, senza alcuna scorta. Dopo lo scalo a Palermo, dove la nave avrebbe fatto rifornimento, il viaggio sarebbe dovuto proseguire fino alla meta finale, Napoli.
Ancora una volta, i comandi britannici sapevano del viaggio prima ancora che la nave partisse: già l’8 ottobre, infatti, un dispaccio di “ULTRA” annunciava, sulla base dei messaggi italiani decrittati, che «…Il Loreto probabilmente partirà da Tripoli ventiquattr’ore più tardi [rispetto al piroscafo Castore, che doveva partire alle 8 dell’8 ottobre], sempre per Napoli.» Il giorno seguente, 9 ottobre, “ULTRA” precisò la natura del "carico" del piroscafo, insieme a molte altre informazioni sul viaggio: «Il Loreto lascerà Tripoli alle 9 del giorno 9, velocità 7 nodi, e dovrà arrivare a Napoli alle 7.30 del 13. Trasporterà 350 prigionieri di guerra»; il 10 ottobre l’orario di partenza venne corretto da un nuovo messaggio, il quale annunciò che «Il Loreto è salpato alle 5.20 del giorno 9 per Napoli». L’11 ottobre, infine, ulteriori intercettazioni permisero ad “ULTRA” di riferire che «Il Loreto con 350 prigionieri di guerra è partito da Tripoli alle 5.20 del 9 ottobre per Napoli, dove giungerà alle 7.30 del 13».
Fin dall’8 ottobre le autorità navali britanniche nel Mediterraneo furono informate da Londra che il Loreto trasportava prigionieri, come ammesso in un rapporto dell’Ammiragliato datato 20 novembre 1942; ci sarebbero stati quattro o cinque giorni per organizzarsi ed impedire che venisse attaccato, ma si scelse di non fare niente. Se le navi che trasportavano prigionieri fossero state sempre risparmiate, mentre le altre venivano attaccate, il rischio era che i comandi italiani sospettassero che i loro messaggi venivano intercettati e decifrati, e decidessero dunque di cambiare i codici, vanificando il lavoro fatto da “ULTRA” per penetrarli; i comandi britannici avevano pertanto deciso che alcune centinaia di prigionieri potevano essere sacrificate, se ciò permetteva di mantenere il segreto su “ULTRA”. Il Loreto stava per diventare il penultimo di una triste serie di sanguinosi affondamenti di navi italiane cariche di prigionieri Alleati; lo avrebbe seguito, esattamente un mese più tardi, lo Scillin, ultimo e più catastrofico di questi casi.

La piccola e vecchia nave, data la sua modesta velocità, ci mise più di quattro giorni per attraversare il Canale di Sicilia; ma nel pomeriggio del 13 ottobre la costa siciliana appariva finalmente in vista, e sicuramente, a bordo, si doveva pensare di averla scampata, quando alle 16.40 il Loreto venne avvistato dal sommergibile britannico P 46 (poi Unruffled, al comando del tenente di vascello John Samuel Stevens). Secondo un articolo del ricercatore Pietro Faggioli, il Loreto raggiunse indenne Trapani, dopo di che imboccò la rotta costiera verso Palermo, dove avrebbe dovuto fare un rifornimento straordinario di provviste ed acqua per i prigionieri; l’incontro col P 46 avvenne quando ormai la nave, navigando sottocosta, era quasi giunta a Palermo.
Il P 46 avvistò dapprima gli alberi ed il fumaiolo del Loreto, del quale stimò che stesse navigando verso est ad una velocità di 6 o 7 nodi, cercando di mimetizzarsi con le alture della costa; alle 17.20 iniziò la manovra d’attaco. Stevens identificò il suo bersaglio come una nave mercantile di circa 1500 tsl, con un cannone a poppa, apparentemente scarica. Alle 17.33 (l’orario indicato dalle fonti italiane differisce di un minuto, risultando le 17.32 come ora del siluramento), in posizione 38°14’ N e 13°14’ E (a quattro miglia per 280° da Capo Gallo, cioè ad ovest-nord-ovest di tale capo) il P 46 lanciò infine tre siluri da 1050 metri di distanza.
Due dei siluri mancarono il bersaglio, uno dei quali esplodendo contro gli scogli dell’isolotto antistante Isola delle Femmine, ma un altro andò a segno, colpendo il Loreto sotto la poppa.
Il piroscafo affondò di poppa in soli dodici minuti: alle 17.43 la nave era per metà sott’acqua, con la poppa già completamente sommersa, ed un minuto più tardi scivolò definitivamente sotto la superficie, portando con sé 124 uomini, affondati con la nave o risucchiati dal gorgo generato dall’affondamento.


Il Loreto in affondamento, in una foto scattata attraverso il periscopio del P 46 (da “Focus” n. 122 – dicembre 2002, via www.pietrocristini.com

I pescatori dei vicini paesi di Isola delle Femmine (distante un miglio e mezzo dal luogo del siluramento) e Sferracavallo (distante tre miglia), messi sull’avviso dalle esplosioni dei siluri, avvistarono il Loreto in affondamento al largo della costa, e si precipitarono sul posto per prestare soccorso con tutte le barche disponibili, sia a motore che a remi. Tra i pescatori accorsi vi furono Salvatore Favaloro (che aveva perso un figlio in guerra, e proprio in mare, scomparso nel 1940 nell’affondamento del sommergibile Provana) e due suoi figli, Salvatore Di Maggio (affetto da problemi cardiaci, ebbe una crisi poco dopo l’affondamento del Loreto e morì quattro mesi più tardi), Vincenzo Riso, Pietro Riso, Salvatorino d’Ippolito, Erasmo Lucido, Giuseppe Lucido (la cui barca recuperò dal mare 13 naufraghi italiani), Giovanni e Cosimo Polizzi, Angelo Randazzo, Ignazio Favaloro ed altri.
Così l’allora corrispondente di guerra Libero Accini, nel suo libro “La rotta della morte”, narra la fine del Loreto, attraverso le parole di un sottufficiale incontrato con gli altri naufraghi sul Molo Piave del porto di Palermo: "Il nostro bastimento, una vecchia carretta, teneva bene il mare. I prigionieri erano stivati sotto coperta. A bordo avevamo ventisei militari di scorta. Servivano per la sorveglianza ai prigionieri. Disponevamo anche di un armamento difensivo contraereo che in caso di attacco dall’aria ci sarebbe servito poco o niente. I soldati di scorta avevano paura del mare. Si riunivano a prora e guardavano noi di bordo con espreswioni astiose. Come fossimo stati noi a richiamarli dalle loro case per mandarli a fare la guerra! Io sono un borghese... Da anni navigavo sul Loreto e mi ci trovavo bene. Credevamo di avercela fatta, ormai, dopo quattro giorni di navigazione eravamo a poche miglia da Capo San Gallo. Là cera l’Isola delle Femmine. I soldati della scorta parevano avere ritrovato la ducia in noi. Ci chiedevano quando saremmo arrivati in porto e qualcuno di essi spingeva la propria condenza fino a mostrarci le fotograe delle danzate o delle mogli o delle sorelle o delle madri. Un caporale mi ha addirittura mostrato la lettera che gli aveva scritto una madrina di guerra, una insegnante delle elementari, di un paese dei dintorni di Bologna. La madrina gli scriveva le solite parole «gloria, vittoria immancabile» e nalmente, al fondo della lettera, lo invitava a trascorrere qualche giorno con lei, nella villetta che abitava. Il caporale pensava ai giorni che sarebbero venuti, alla sua madrina che si aveva inviato dieci lire. Se gli aveva mandato dieci lire signicava che gli voleva bene. All’improvviso è avvenuto il disastro. Un sommergibile ci ha avvistati. L’ho già detto, non avevamo scorta. Che cosa può fare un carretta contro un sommergibile? Il sommergibile lancia una doppietta di siluri. Un siluro esplode contro l’Isola delle Femmine. L’altro siluro ci colpisce a poppa. I soldati sono sbiancati dalla paura…" Il sottufficiale parla, parla. Parole e visioni di fatti che stanno accadendo. Il Loreto non può manovrare, scade di poppa. Non c’è niente da fare. I soldati corrono qua e là sulla coperta che rapidamente si appoppa. I prigionieri urlano. Bisogna salvare i prigionieri. Salvarli. La nave continua ad appopparsi. Non c’è scampo. Lancio di fuochi Very. Urla. «Madonna mia... Madonna di Lourdes salvami... » La Madonna, neanche quella di Lourdes, non si fa viva. La coperta è una confusione di uomini. Prigionieri di guerra e soldati. I superstiti del naufragio del Loreto non si muovono. Che cosa fanno? Sono lì impietriti e guardano davanti a sé senza vedere niente. Le barche di salvataggio sono state fracassate dall’esplosione del siluro. La nave continua a sprofondare. La gente di bordo tenta di portare un po’ d’ordine. «Calma... Calma... Siamo vicini alla costa...» Le parole restano parole. Non hanno senso. Una massa impaurita si lancia in mare senza aspettare l’«abbandono nave». A qualcuno salta in mente di urlare «Viva il Re». È una voce che si sperde nell’aria. Gli indiani, quelli restati a bordo, hanno la paura in faccia. (…) L’acqua è a due terzi della nave. Il Loreto continua a sprofondare. Urla, urla, urla. Gemiti di feriti. Finalmente è dato l’«abbandono nave». I soldati e i prigionieri di guerra indiani sono già in mare. Alcuni di essi scompaiono inghiottiti dall’acqua. L’abisso ha fame. (…) Un soldato bacia un cartoncino con l’immagine di un santo, chiude gli occhi e si lascia andare in mare. Ha la cintura di salvataggio. Ormai sul bastimento non sono restati che i cadaveri dei marinai, di quelli uccisi dall’esplosione del siluro. (…) Arrivano barche di pescatori. I pescatori di Capo Gallo, dell’Isola delle Femmine ricuperano i naufraghi. Ne ricuperano quanti possono. Dopo un certo tempo arrivano i mezzi della Marina da Guerra."




L’affondamento del Loreto in alcune immagini scattate dalla costa siciliana: sopra, la nave poco dopo essere stata silurata, verso le 17.32; sotto, il Loreto impenna la prua al termine alla sua agonia, alle 17.43, mentre le barche dei pescatori hanno già preso il mare e dirigono verso il luogo del disastro (da www.regionesicilia.it)


Strada facendo, dirigendo verso il luogo dell’affondamento, gli improvvisati soccorritori incontrarono le imbarcazioni di salvataggio del Loreto, dirette verso l’isolotto antistante Isola delle Femmine; una volta giunti sul posto, i pescatori trovarono il mare pieno di naufraghi, decine se non centinaia, che si tenevano a galla nuotando nel mare cosparso di olio, alzando le braccia per chiedere aiuto. Alcuni erano già morti. Alcuni dei pescatori, raccolti i naufraghi, li portavano immediatamente fino al paese di Isola delle Femmine, mentre altri li sbarcavano sul vicino isolotto per poi tornare sul luogo dell’affondamento e soccorrerne altri. Sbarcarono sull’isolotto anche i naufraghi che erano riusciti ad imbarcarsi su scialuppe e zattere di salvataggio prima che la nave affondasse. I pescatori recuperarono quanti più uomini possibile prima di tornare verso terra, ma nelle loro piccole barche non c’era abbastanza posto per tutti i naufraghi, e intanto stava già calando il buio.
Vi sono alcune discrepanze sul numero dei morti e dei sopravvissuti; secondo il volume dell’USMM "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dall’1.10.1942 alla caduta della Tunisia", le vittime furono 124 (un militare italiano e 123 prigionieri di guerra indiani) ed i sopravvissuti 331, in parte salvati dai pescatori del posto ed in parte da mezzi della Regia Marina accorsi sul luogo del siluramento. Altre fonti, indicando sempre in 124 il numero dei morti, parlano invece di 326 sopravvissuti, 49 italiani e 277 prigionieri, dei quali 131 (32 italiani e 99 prigionieri) furono salvati dai pescatori, e 195 (17 italiani e 178 prigionieri) dalle unità della Regia Marina. Il Bollettino delle Forze Armate n. 871 del 14 ottobre 1942, riportato nel diario di guerra di Supermarina e consultato dal ricercatore Platon Alexiades, menziona invece un bilancio più pesante: si parla di 457 uomini a bordo del Loreto, 400 indiani e 57 italiani, dei quali sarebbero stati salvati 271 prigionieri e 39 italiani, il che significherebbe che morirono 129 prigionieri di guerra, anziché 123, e 18 italiani, anziché uno. Ma considerato che tali notizie risalgono al giorno immediatamente successivo all’affondamento, è possibile che ai Comandi italiani fossero giunte informazioni incomplete sul numero dei sopravvissuti raccolti dalle varie unità, e che il dato riportato nel volume USMM sia successivo e più corretto.
I tre naufraghi feriti dell’Alga si trovarono a subire un secondo affondamento nel giro di quattro giorni, ma sopravvissero tutti e tre anche a questa nuova disavventura.

La maggior parte dei prigionieri superstiti furono sbarcati a Isola delle Femmine, ed i restanti a Sferracavallo; dopo i primi soccorsi prestati dalla gente del luogo, vennero caricati su degli autobus e trasportati a Palermo. L’incontro con i prigionieri indiani destò un singolare equivoco tra i poveri pescatori, che ben di rado vedevano stranieri, di qualsiasi nazionalità, e mai in vita loro avevano visto né un indiano d’India né un "indiano" d’America: i prigionieri indicavano sé stessi e dicevano "Amico, io Indian POW", ma i pescatori non conoscevano il significato della parola "POW" ("Prisoner of War", prigioniero di guerra), e pensarono che quelle parole volessero dire che quegli uomini erano indiani d’America, della tribù dei “Pow” o “Poe”. Sulla base del loro aspetto (pelle olivastra, capelli lunghi e neri con treccine, oltre ad essere sporchi e fradici dopo il naufragio), i pescatori giunsero anche alla conclusione che dovessero essere indiani catturati come schiavi; da allora il Loreto divenne noto, per gli abitanti del luogo, come "nave degli schiavi", un appellativo che ancor oggi è legato al suo relitto.
Tra i prigionieri indiani sopravvissuti all’affondameno vi fu anche Chanan Singh Dhillon, dei Bengal Sappers, che nel dopoguerra avrebbe proseguito la sua carriera nel nuovo esercito dell’India indipendente fino a raggiungere il grado di tenente colonnello.
Il 16 ottobre “ULTRA” completò il suo lugubre lavoro, annunciando freddamente che «Il Loreto è stato affondato a quattro miglia da Capo Gallo, Sicilia, alle 17.30 del giorno 13 dal sommergibile P 46».
Nei giorni e nelle settimane successive all’affondamento, anche a seguito di una burrasca, numerose salme, anche in stato di decomposizione via via che passava tempo da quando la nave era colata a picco, vennero portate a riva dalle onde, tra Isola delle Femmine e Sferracavallo. Gli abitanti del posto le recuperarono e le seppellirono nel locale cimitero.

Il relitto del Loreto, meta di subacquei, giace oggi su un fondale fangoso a 85-90 metri di profondità, a 1,5 miglia dal porticciolo di Isola delle Femmine. La prima esplorazione del relitto, ad opera dei subacquei Deny Orlando, Umberto Trapani, Pino Li Muli e Beppe Montaina, risale al 1991. La nave si presenta in assetto di navigazione, con la prora rivolta verso terra, a nordest dell’isolotto che dà il nome al paese; nelle stive si trovano ancora numerosi fusti vuoti di benzina, ed è ben visibile lo squarcio aperto dal siluro che provocò l’affondamento. Nonostante l’elevato numero di vittime, sono mai stati rinvenuti, invece, resti umani all’interno del relitto.
Dal 2015 una targa, apposta su iniziativa dell’Associazione BCsicilia, ricorda ad Isola delle Femmine le vittime del Loreto ed i pescatori che soccorsero i sopravvissuti; il 18 ottobre 2017, nel 75° anniversario dell’affondamento, una cerimonia commemorativa è stata celebrata presso il monumento, seguita dal lancio in mare di fiori.


L’affondamento del Loreto nel giornale di bordo dell’Unruffled (da Uboat.net):

1640 hours - Sighted masts and funnels of an eastbound ship keeping close inshore.
1720 hours - Started attack. The target was a merchant vessel of 1500 tons. A gun was seen aft and she was in ballast.
1733 hours - In position 38°14'N, 13°14'E fired three torpedoes from 1150 yards. Two hits were obtained.
1745 hours - The ship was seen to sink by the stern.”


2 commenti:

  1. Looking at 11 men for defense guns probably only 4 machine guns 20mm(technically it is a cannon so that might be the confusion). Besides being so small ship it would have been difficult/strange to have more weapons than even a bigger auxiliary cruiser.


    Dili.

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