mercoledì 30 dicembre 2015

Recca

Il Recca in Gran Bretagna nei primi anni Trenta (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net

Piroscafo da carico da 5441 tsl, 3428 tsn e 8615 tpl, lungo 123,2 metri, largo 16,4 e pescante 8,8, con velocità di 10,5-11 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Italia, con sede a Genova, ed iscritto con matricola 2210 al Compartimento Marittimo di Genova.

Breve e parziale cronologia.

23 agosto 1919
Impostato nello Stabilimento Tecnico Triestino di Trieste come Reka (numero di costruzione 568).
26 ottobre 1920
Varato nello Stabilimento Tecnico Triestino come Recca.
14 giugno 1921
Completato come Recca per la Navigazione Libera Triestina, avente sede a Trieste. Ha due gemelli, l’Arsa e l’Istria.
1937
Venduto alla Italia Società Anonima di Navigazione.
1937
Durante la guerra civile spagnola il Recca si ritrova a trasportare, in un’occasione, merce di “contrabbando” per le forze repubblicane spagnole, benché l’Italia stia combattendo contro i repubblicani: 563 tonnellate di piombo raffinato, per conto di una società francese.
Ottobre 1939
Il Recca, mentre l’Italia è ancora neutrale ma la seconda guerra mondiale già in corso, viene fermato a Marsiglia dalle autorità francesi, che sequestrano parte del carico. L’episodio genera vibrate proteste da parte della diplomazia italiana.
21 gennaio 1940
Il Recca partecipa, insieme ai piroscafi italiani ColomboConte BiancamanoEderaCellina, a due cacciatorpediniere francesi ed ad un rimorchiatore pure francese (quest’ultimo costretto al rientro dal mare mosso), alle operazioni di soccorso della motonave Orazio, che nel punto 42°36’ N e 05°28’ E, a circa 35 miglia da Tolone, ha preso fuoco durante una burrasca, a seguito di un un’esplosione verificatasi in sala macchine alle 5.30, mentre viaggiava da Genova a Barcellona (con destinazione finale Valparaiso) con a bordo 423 passeggeri e 210 membri dell’equipaggio. Il Recca recupera parte dei naufraghi; le vittime saranno alla fine 108, 48 passeggeri e 60 membri dell’equipaggio, in gran parte morte d’ipotermia sulle lance o annegate nel mare mosso. Terminati i soccorsi, la nave raggiunge Barcellona.

Cuba

Il 7 giugno 1940 il Recca si ormeggiò nel porto dell’Avana, nell’isola di Cuba. Quando, tre giorni dopo, l’Italia entrò nella seconda guerra mondiale, il piroscafo si trovava ancora nella capitale cubana, e divenne evidente che ci sarebbe rimasto per molto tempo.
La sua successiva storia fu molto simile a quella di tante altre navi italiane che la guerra sorprese nei porti dell’America centrale e meridionale. Per oltre nove mesi, il Recca languì in solitario internamento (unica altra nave italiana a Cuba era il piccolo panfilo Nenemoosha) nelle acque del piccolo Stato caraibico.
Quando alla fine del marzo 1941 gli Stati Uniti, benché neutrali, confiscarono tutti i mercantili dell’Asse che si trovavano internati nei loro porti, anche Cuba fu tra i molti Stati del Centro e Sud America che si allinearono a tale decisione, adottando analoghi provvedimenti nei confronti delle navi italiane e tedesche presenti nelle loro acque. Il 31 marzo 1941 il primo ministro cubano, Carlos Saladrigas, annunciò presso il palazzo presidenziale di aver ordinato alla Marina cubana di prendere in custodia il Recca, facendovi imbarcare delle guardie «per prevenire sabotaggi»; i giornali alleati descrissero tale decisione come segno di «solidarietà» verso gli Stati Uniti.
Il 1° aprile 1941 il Recca ed il suo equipaggio furono quindi posti dalla Marina cubana in «custodia protettiva» in quel di L’Avana. Quello stesso giorno, diverse bombe scoppiarono vicino alla casa del ministro cubano José Manuel Cortina, provocando pochi danni e nessun ferito; Cortina ritenne che l’attentato fosse opera della locale sezione della Falange spagnola, che aveva forti legami con i fascisti italiani, e che costituisse una ritorsione per il sequestro del Recca.
La cattura del piroscafo venne ufficializzata il 31 agosto 1941 e la nave, divenuta di proprietà del governo cubano, venne registrata a L’Avana e ribattezzata Libertad.
I 33 uomini che componevano l’equipaggio italiano del Recca vennero internati nell’Isla de Los Pinos (oggi conosciuta col nome di Isla de la Juventud), insieme ad altri nove italiani, residenti a Cuba, ritenuti di convinzioni fasciste. Sarebbero stati liberati nel novembre 1943, dopo l’armistizio tra Italia ed Alleati, ma due di loro non sarebbero mai tornati in Italia: il capo fuochista Angelo Serretta, genovese, morì il 25 gennaio 1945 durante la permanenza forzata a Cuba, mentre il fuochista Giuseppe Lombardo, di Torre del Greco, morì il 2 febbraio 1945.

Dato in gestione alla Victory S. S. Line, il Libertad prese nuovamente il mare con un equipaggio cubano. Dopo che Cuba, seguendo gli Stati Uniti, ebbe dichiarato guerra all’Asse (al Giappone l’8 dicembre 1941; a Italia e Germania l’11 dicembre), il piroscafo iniziò a solcare il Mar dei Caraibi e l’Atlantico occidentale facendo parte di numerosi convogli: il TAW 9 (Trinidad-Key West, luglio 1942), il CK 302 (L’Avana-Key West, ottobre 1942), il KC 7 (Key West-L’Avana, novembre 1942), il CK 309 (L’Avana-Key West, novembre 1942), il KP 419 (Key West-Pilottown, novembre 1942), il KG 642 (Key West-Guantanamo, giugno 1943), il KH 403 (Key West-Galveston Bar, luglio 1943), il KH 415 (Key West-Galveston Bar, agosto 1943), il KG 653 (Key West-Guantanamo, agosto 1943), il KH 423 (Key West-Galveston Bar, settembre 1943), l’HK 131 (Galveston Bar-Key West, settembre 1943), il KG 658 (Key West-Guantanamo, settembre 1943), il KG 664 (Key West-Guantanamo, ottobre 1943), l’NG 397 (New York-Guantanamo, novembre 1943), il KG 671 (Key West-Guantanamo, novembre 1943).

Il 1° dicembre 1943 il Libertad, dopo essere giunto a Miami da Antilla (Cuba) scortato da una cannoniera e con a bordo un carico di 8000 tonnellate di zucchero, ne ripartì alla volta di Baltimora, aggregandosi al convoglio KN 280 (partito da Key West e diretto a New York con dieci navi mercantili, scortato da un panfilo armato e tre cutter della Guardia Costiera statunitense).
Il mattino del 4 dicembre 1943, mentre il piroscafo navigava nella posizione n. 13 del convoglio, il sommergibile tedesco U 129 (tenente di vascello Richard von Harpe) gli lanciò quattro siluri; due di essi colpirono, alle 8.57, sul lato sinistro, uno nella stiva numero 4 e l’altro più a poppavia. Il Libertad sbandò fortemente ed affondò di poppa in pochissimo tempo nel punto 34°12’ N e 75°20’ O (o 34°30’ N e 74°42’ O), circa 75 miglia a sud/sudest di Capo Hatteras, prima che l’equipaggio riuscisse a calare due lance.
Dei 43 membri dell’equipaggio cubano, dodici raggiunsero due zattere, che legarono insieme; quattro si arrampicarono su una scialuppa capovolta ed almeno nove si aggrapparono a tavole ed altri rottami che galleggiavano. I naufraghi cercarono di richiamare l’attenzione di altre navi con una torcia elettrica ed accendendo un composto galleggiante di sodio, ma invano.
Non ci fu il tempo di lanciare un SOS, e nessuna delle altre navi, nella notte piovosa e senza luna, vide il Libertad affondare: solo il mattino successivo si accorsero della sua mancanza, e da Norfolk presero il mare la fregata USS Natchez ed il cacciasommergibili PC-564 per setacciare la zona; i cacciasommergibili SC-1306 e SC-1358 ricevettero l’ordine di rastrellare la rotta del convoglio, mentre da Cherry Point decollarono tre idrovolanti Lockheed Ventura, da Norfolk un PBM Mariner, da Elizabeth City un Hall PH e da Weeksville due dirigibili.
Alle 18.35 del 5 dicembre il dirigibile K-82 (guardiamarina Frank J. Hudner) avvistò dei naufraghi aggrappati a rottami galleggianti in posizione 34°40’ N e 74°53’ O, e lanciò loro razioni d’emergenza ed una zattera di salvataggio. Questi uomini furono recuperati quattro ore dopo dalla Natchez, che recuperò poi i 12 naufraghi sulle due zattere, avvistati dal dirigibile K-72 (tenente di vascello John Marck) in posizione 34°33’ N e 74°58’ O. Le quattro navi formarono poi una linea esplorante per cercare altri superstiti, ma durante la notte l’SC-1306 entrò in collisione con il cacciasommergibili PCE-869 e dovette lasciare le ricerche.
Il mattino del 6 dicembre il dirigibile K-76 (tenente di vascello David T. Beault) avvistò nel punto 34°44’ N e 74°50’ O i quattro uomini sulla scialuppa capovolta e diresse sul posto la Natchez, che li trasse in salvo. La Natchez e l’SC-1358 proseguirono le ricerche fino al 7 dicembre, trovando molti rottami ma nessun altro superstite; tutti i naufraghi furono poi trasferiti sull’SC-1358, che li sbarcò a Morehead City.
Dei 43 uomini del Libertad ne morirono 25, tra cui il comandante Moisés Gondra Urrutia, che era rimasto in plancia per affondare con la sua nave. Almeno quindici di loro erano affondati con la nave, mentre altri sette, forse dieci, erano morti in attesa dei soccorsi, annegati dopo aver esaurito le forze, o divorati dagli squali (che ferirono anche alcuni di quelli che sopravvissero).
Il Libertad fu la più grande nave perduta in guerra dalla piccola Marina Mercantile cubana, ed i 25 marittimi che vi trovarono la morte costituirono più di un quarto del tributo in vite umane pagato da Cuba nel conflitto (le vittime cubane nella seconda guerra mondiale furono un centinaio, pressoché esclusivamente marittimi delle navi cubane affondate dagli U-Boote).


I naufraghi del Libertad (da “The Naples Record” del 29 dicembre 1943)

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