mercoledì 2 dicembre 2015

Folgore

Il Folgore (Coll. Guido Alfano, via g.c. Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)

Cacciatorpediniere capoclasse della classe Folgore (dislocamento standard 1450 tonnellate, a pieno carico 2130 t).
Le unità della classe (una riproduzione della precedente classe Dardo/Freccia, con scafo più stretto per ottenere una maggior velocità) avevano un unico fumaiolo (nel quale erano convogliati i tre scarichi delle caldaie), in modo da ampliare il campo di tiro delle artiglierie, ma il risultato furono navi dalla carente stabilità e tenuta del mare, che dovettero subire vari cicli di lavori per ovviare, almeno in parte, a questi problemi.
In guerra il Folgore svolse 155 missioni di guerra (77 di scorta convogli, 14 di addestramento, 8 di caccia antisommergibile, 4 con la squadra navale, una di bombardamento controcosta e 51 di trasferimento o di altro tipo), percorrendo complessivamente 56.578 miglia e passando 33 giorni ai lavori.

Breve e parziale cronologia.

30 gennaio 1930
Impostazione nei Bacini e Scali Napoletani di Napoli.
26 aprile 1931
Varo nei Bacini e Scali Napoletani di Napoli.

Il varo del Folgore (Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it

1° luglio 1932
Entrata in servizio.
Le unità della classe Folgore si riveleranno, sin dalle prove in mare, afflitte da seri problemi di stabilità trasversale, tanto da superare ripetutamente la soglia del rischio di capovolgimento (è interessante notare, a questo proposito, che tutte le quattro unità della classe, Folgore compreso, dopo essere state colpite da bombe o cannonate in combattimento affonderanno infatti capovolgendosi). Tutte le unità vengono perciò sottoposte ad importanti lavori di modifica per ridurre i pesi situati in alto: 60 tonnellate di zavorra vengono piazzate sotto i locali caldaie, altre 30 sotto le turbine di poppa, le alette antirollio vengono allargate di dieci centimetri, il fumaiolo viene abbassato (rendendo necessaria l’aggiunta di un’unghia alla sua sommità, per impedire che il fumo rechi disturbo all’equipaggio), l’alberetto a tripode viene rimosso ed il proiettore principale viene spostato sopra la timoniera, più in basso rispetto alla sua posizione originaria; le due mitragliere da 40 mm situate sul cielo della tuga, a poppavia del fumaiolo, vengono spostate ai lati della tuga, sul ponte di coperta (questo, però, fa perdere buona parte dei vantaggi della riduzione del numero dei fumaioli da due ad uno, attuata per la prima volta nelle unità delle classi Freccia e Folgore), vengono eliminati i due obici illuminanti da 120/15 mm situati ai lati della sovrastruttura principale e viene rivista la disposizione di parte dei depositi di nafta, che si pianifica di riempire di acqua di mare quando sono vuoti.
Tutto questo, tuttavia, porterà a ridurre di non poco la velocità ordinaria, facendola scendere a 31-32 nodi, al di sotto di quella della precedente classe Turbine.
Seguiranno altre modifiche di minore importanza, come lo spostamento degli occhi di cubia.
1934
Il Folgore fa parte della II Squadriglia Cacciatorpediniere con i gemelli Fulmine, Lampo e Baleno. La II Squadriglia, insieme alla I (Freccia, Dardo, Saetta, Strale) forma la 1a Flottiglia Cacciatorpediniere (conduttore l’esploratore Antonio Pigafetta), inquadrata nella I Squadra Navale.
Successivamente diventerà caposquadriglia della VIII Squadriglia Cacciatorpediniere, ruolo che manterrà pressoché ininterrottamente (due sole brevi interruzioni: nel 1938 e nel 1940) per il resto della sua vita.
7-9 aprile 1939
Il Folgore, inquadrato nel I Gruppo Navale (al comando dell’ammiraglio di divisione Angelo Iachino) insieme al gemello Fulmine, all’incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere, al cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, alle torpediniere Polluce e Pleiadi, alla nave cisterna e da sbarco Garigliano ed al grosso piroscafo Umbria, partecipa all’occupazione di San Giovanni di Medua durante le operazioni per l’invasione dell’Albania (Operazione «OMT»).
Estate 1939
Compie, assieme ad altre unità della stessa classe, una crociera a Barcellona e Porto Mahon.
1939
Presta servizio sul Folgore, come comandante in seconda (col grado di tenente di vascello), la futura MOVM Marino Fasan.
10 giugno 1940
All’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, il Folgore è caposquadriglia della VIII Squadriglia Cacciatorpediniere, che forma con i gemelli Fulmine, Lampo e Baleno.
Essendo la velocità massima di queste unità ridotta a non più di 30 nodi, verranno dapprima assegnate alla scorta delle corazzate classe Cavour, le navi maggiori più lente, e successivamente destinate alla scorta dei convogli diretti in Libia.
14 giugno 1940
Alle due di notte il Folgore, in navigazione nel Golfo di Taranto, viene mancato da quelle che sembrano scie di siluri.
7 luglio 1940
Il Folgore salpa da Taranto alle 14.10 con i tre gemelli, la VII Squadriglia Cacciatorpediniere (Freccia, Dardo, Saetta e Strale) e le corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour (nonché la IV e VIII Divisione Navale, con sei incrociatori leggeri, e le Squadriglie Cacciatorpediniere XV e XVI con otto unità) per fornire sostegno a distanza ad un convoglio di quattro mercantili carichi di truppe rifornimenti (i trasporti truppe Esperia e Calitea e le moderne motonavi da carico Marco Foscarini, Vettor Pisani e Francesco Barbaro) in navigazione verso la Libia con la scorta diretta della II Divisione Navale (incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Bartolomeo Colleoni), della X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco) e di sei torpediniere (le moderne Orsa, Procione, Orione e Pegaso e le vetuste Rosolino Pilo e Giuseppe Cesare Abba) e la scorta a distanza dell’incrociatore pesante Pola, delle Divisioni Navali I, III e VII e delle Squadriglie Cacciatorpediniere IX, XI, XII e XIII.
8 luglio 1940
Verso le 4.30, la XV Squadriglia Cacciatorpediniere avvista delle grosse ombre verso est e lo comunica all’ammiraglio Inigo Campioni, comandante superiore in mare della formazione italiana; si tratta degli incrociatori pesanti della III Divisione (Trento, Trieste e Bolzano), ma Campioni ritiene che siano navi nemiche e manda la XV Squadriglia ad attaccarle, e poco dopo impartisce analogo ordine anche alla VIII Squadriglia. Quest’ultima riconosce però il profilo delle navi “nemiche” come quello di incrociatori classe Trento, e permette così di chiarire l’equivoco senza danni.
Il mattino dell’8 luglio il sommergibile britannico Phoenix (capitano di corvetta Gilbert Hugh Nowell) lancia alcuni siluri contro Cesare e Cavour scortate dalle quattro unità della VII Squadriglia, in posizione 35°36’ N e 18°28’ E (circa duecento miglia ad est di Malta). Le armi mancano i loro bersagli e non vengono nemmeno avvistate.
9 luglio 1940
Giunto il convoglio a destinazione, la flotta italiana si avvia sulla rotta di rientro, ma viene informata che anche la Mediterranean Fleet è in mare per un’operazione simile, quindi dirige per riunirsi ed incontrare il nemico, in quella che diverrà l’inconclusiva battaglia di Punta Stilo.
Il 9 luglio la VIII Squadriglia (di cui il Folgore è caposquadriglia), come altre squadriglie di cacciatorpediniere, viene autorizzata a rifornirsi ad Augusta prima di riprendere il mare per il previsto punto di riunione delle forze navali italiane (37°40’ N e 17°20’ E, 65 miglia a sudest di Punta Stilo, con incontro previsto per le 14 od al massimo, per i cacciatorpediniere distaccati a rifornirsi, per le 16). Le unità della VIII Squadriglia non faranno però in tempo a ricongiungersi col grosso delle forze navali prima che la battaglia cominci, e ne resteranno così escluse.
Terminata la battaglia, la flotta italiana si avvia alle proprie basi. La VIII Squadriglia, insieme alle Squadriglie Cacciatorpediniere VII, IX, XI, XIV, XV e XVI (36 unità in tutto), alla corazzata Conte di Cavour, agli incrociatori pesanti Pola, Zara, Fiume e Gorizia ed agli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano, Alberto Di Giussano, Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi, entra ad Augusta nel pomeriggio del 9 luglio. Poco dopo mezzanotte, però, a seguito dell’intercettazione e decifrazione di messaggi radio britannici che facevano presagire un imminente attacco di aerosiluranti contro il naviglio ormeggiato ad Augusta, Supermarina ordina a tutte le navi di lasciare la base: dopo essersi frettolosamente rifornite, le unità ripartono per le basi di assegnazione. VIII, VII e IX Squadriglia salpano alle 00.55 del 10 luglio scortando Cavour, Pola e I Divisione (Zara, Fiume, Gorizia), raggiungendo poi Napoli.
31 agosto-2 settembre 1940
Partecipa all’uscita in mare della flotta a contrasto dell’operazione britannica «Hats». La VIII Squadriglia cui appartiene (con Fulmine, Lampo e Baleno) parte da Taranto alle sei del mattino del 31 agosto insieme alla IX Divisione (corazzate Littorio, nave di bandiera dell’ammiraglio di squadra Inigo Campioni, e Vittorio Veneto), alla V Divisione (corazzate DuilioConte di Cavour e Giulio Cesare, quest’ultima aggregatasi solo il 1° settembre a causa di avarie), alla I Divisione (incrociatori pesanti Zara, Pola, Fiume e Gorizia), all’VIII Divisione (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi) ed ad alle Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia, Dardo, Saetta, Strale), X (Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco), XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino), XV (Antonio Pigafetta, Alvise Da Mosto, Giovanni Da Verrazzano, Nicolò Zeno) e XVI (Nicoloso Da Recco, Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare). Complessivamente all’alba del 31 prendono il mare da Taranto, Brindisi e Messina 4 corazzate, 13 incrociatori della I, III, VII e VIII Divisione e 39 cacciatorpediniere. Alle 22.30 la formazione italiana, che procede a 20 nodi, riceve l’ordine di impegnare le forze nemiche lungo la rotta 155°, a nord della congiungente Malta-Zante, dunque deve cambiare la propria rotta per raggiungerle (o non potrebbe prendere contatto con esse), dirigendo più verso sudovest (verso Malta) e superando la congiungente Malta-Zante. Il mattino del 1° settembre, tuttavia, il vento, già in aumento dalla sera precedente, dà origine ad una violenta burrasca da nordovest forza 9, che verso le 13 costringe la flotta italiana a tornare alle basi, perché i cacciatorpediniere non sono in grado di tenere il mare compatibilmente con le necessità operative (non potendo restare in formazione né usare l’armamento). Poco dopo la mezzanotte del 1° settembre le unità italiane entrano nelle rispettive basi; tutti i cacciatorpediniere sono stati danneggiati (specie alle sovrastrutture) dal mare mosso, alcuni hanno perso degli uomini in mare. Le navi verranno tenute pronte a muovere sino al pomeriggio del 3 settembre, ma non si concretizzerà alcuna nuova occasione.
7-9 settembre 1940
Il Folgore, insieme a Fulmine e Baleno, alle Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia, Dardo, Saetta), X (Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco) e XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino) ed alla IX Divisione Navale (corazzate Littorio e Vittorio Veneto), cioè alla I Squadra Navale, nonché alla II Squadra (incrociatore pesante Pola, I Divisione con gli incrociatori pesanti Zara e Gorizia, III Divisione con gli incrociatori pesanti Trento, Trieste e Bolzano, cacciatorpediniere Vittorio Alfieri della IX Squadriglia, Geniere della XI Squadriglia ed Ascari, Carabiniere e Corazziere della XII Squadriglia) lascia Taranto alle 16 del 7 diretto a sud della Sardegna, per intercettare la Forza H britannica che si presume diretta verso Malta.
La formazione supera lo stretto di Messina nella notte tra il 7 e l’8, ed alle 16 dell’8 giunge 50 miglia a sud di Cagliari, come ordinato.
La ricognizione aerea, tuttavia, non avvista nessuna nave nemica (la Forza H, infatti, aveva lasciato Gibilterra per un’operazione da svolgersi non nel Mediterraneo ma nell’Atlantico, ed aveva simulato l’ingresso in Mediterraneo al preciso scopo di trarre in inganno i comandi dell’Asse), dunque alle 16 dell’8 settembre la formazione italiana, arrivata a sud della Sardegna, inverte la rotta e raggiunge le basi del Tirreno meridionale (la I Squadra a Napoli, la II a Palermo e Messina), da dove, dopo essersi rifornite ed aver vanamente atteso l’eventualità di tornare in mare, le navi torneranno nelle basi di dislocazione normale (Taranto e Messina) il 10 settembre.
11 novembre 1940
Il Folgore è a Taranto, ormeggiato in Mar Grande vicino ai tre gemelli ed alla corazzata Conte di Cavour (le unità della VIII Squadriglia sono tutte ormeggiate nel lato sudorientale del Mar Grande, all’interno della diga della Tarantola, e sono disposte quasi a semicerchio ad ovest della Cavour: in senso orario Fulmine, Lampo, Baleno e Folgore) quando la base viene attaccata da aerosiluranti britannici decollati dalla portaerei Illustrious, che silurano le corazzate Littorio, Duilio e Conte di Cavour nella cosiddetta “notte di Taranto”.
Nei giorni seguenti, la VIII Squadriglia, Folgore compreso, è uno dei pochi reparti navali che vengono mantenuti a Taranto, mentre quasi tutte le altre unità vengono evacuate verso porti ritenuti più sicuri dall’offesa aerea. A seguito dell’incursione diversiva effettuata da incrociatori britannici nel canale d’Otranto contemporaneamente all’attacco su Taranto, che ha portato alla distruzione di un convoglio di quattro mercantili, la VIII Squadriglia viene designata per tenersi pronta a muovere insieme alla VIII Divisione (in alternanza con VII Divisione e XV Squadriglia) per contrastare eventuali nuove puntate offensive britanniche nel canale d’Otranto, che comunque non avranno luogo.
Inverno 1940-1941
Partecipa, con altre unità (incrociatori leggeri Eugenio di Savoia, Duca d’Aosta, Attendolo e Montecuccoli della VII Divisione, incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Garibaldi dell’VIII Divisione, cacciatorpediniere Freccia, Dardo, Saetta e Strale della VII Squadriglia nonché i suoi compagni di squadriglia Fulmine, Lampo e Baleno), a crociere notturne (tra i paralleli 39°45’ N e 40°18’ N, con l’impiego di due incrociatori ed una squadriglia di cacciatorpediniere ogni volta) a protezione dei convogli che trasportano in Albania i rifornimenti per le truppe italiane impegnate sul fronte greco-albanese, nonché ad azioni di bombardamento navale a supporto delle stesse operazioni.
9 gennaio 1941
Folgore, Fulmine ed i più moderni cacciatorpediniere Ascari e Carabiniere effettuano il pomeriggio del 9 un bombardamento delle posizioni elleniche di Porto Palermo.
Inizio 1941
Lavori di modifica: le due mitragliere singole da 40/39 mm Vickers-Terni 1917 e le due mitragliere binate da 13,2/76 mm vengono eliminate, ed a loro posto sono installate 6 più moderne mitragliere Breda singole da 20/65 mm, Mod. 1939/1940. (Per altra fonte questi lavori si svolgono nel 1940).
5 marzo 1941
Parte da Napoli insieme al Lampo ed ai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli e Lanzerotto Malocello, scortando un convoglio formato dai mercantili tedeschi Ankara, Reichenfels, Marburg e Kybfels («Sonnenblume 7»).
8 marzo 1941
Il convoglio deve temporaneamente sostare a Palermo, perché la Mediterranean Fleet si trova per mare.
9 marzo 1941
Rientrato il pericolo, il convoglio prosegue per la Libia. Raggiunto dalla torpediniera Centauro, arriverà a Tripoli senza danni.
12 marzo 1941
Partito da Palermo, il Folgore si unisce alla scorta (cacciatorpediniere Geniere e Camicia Nera) dei trasporti truppe Victoria, Conte Rosso e Marco Polo, in navigazione da Napoli a Tripoli con la copertura degli incrociatori pesanti Trento, Trieste e Bolzano, dei cacciatorpediniere Aviere, Carabiniere e Corazziere, della torpediniera Giuseppe Dezza e di tre MAS.
13 marzo 1941
Il convoglio raggiunge Tripoli.
14 marzo 1941
Folgore, Geniere e Camicia Nera ripartono da Tripoli scortando Victoria, Conte Rosso e Marco Polo che ritornano in Italia.
16 marzo 1941
Il convoglio arriva a Napoli.
27 marzo 1941
Folgore, Dardo e Strale partono da Napoli  per scortare a Tripoli i mercantili tedeschi Galilea, Heraklea, Ruhr, Adana e Samos.
28 marzo 1941
Alle 21.58 il sommergibile britannico Utmost (capitano di corvetta Richard Douglas Cayley), dopo aver avvistato il convoglio – con rotta 150° e velocità 12 nodi, a 8230 metri per 330° – nel punto 35°40’ N e 11°19’ E (al largo delle Kerkennah e 22 miglia a sudest di Kuriat), lancia quattro siluri contro tre dei mercantili, per poi scendere più in profondità e ritirarsi verso est. Ad essere colpite sono l’Heraklea (avente a bordo 212 soldati tedeschi e 100 automezzi) e la Ruhr (che trasporta 585 soldati tedeschi e 160 veicoli): la prima affonda con 78 dei 212 uomini a bordo, la seconda viene assistita e presa a rimorchio dal Dardo, che la rimorchia a Trapani con l’assistenza delle torpediniere Circe, Alcione e Sagittario e di due MAS.
In un successivo attacco, il sommergibile Upright silura e danneggia anche il Galilea, in posizione 33°38’ N e 12°40’ E.
Il resto del convoglio arriva a Tripoli il 30 marzo.
7 aprile 1941
Folgore e Strale partono da Tripoli scortando i piroscafi Adana (tedesco) e Nirvo (italiano) che ritornano in Italia.
21 aprile 1941
Il Folgore, insieme ai cacciatorpediniere Turbine, Saetta e Strale, salpa da Napoli per scortare a Tripoli un convoglio formato dalla motonave italiana Giulia e dai mercantili tedeschi Arcturus, Leverkusen e Castellon, con truppe e materiali dell’Afrika Korps. Forniscono scorta indiretta gli incrociatori leggeri Luigi Cadorna e Giovanni delle Bande Nere con i cacciatorpediniere Maestrale e Scirocco.
23 aprile 1941
I cacciatorpediniere britannici Jervis, Janus, Jaguar e Juno escono da Malta per intercettare il convoglio, ma non lo trovano; s’imbattono invece nell’incrociatore ausiliario Egeo, che viene affondato.
24 aprile 1941
Il convoglio arriva a Tripoli.
30 aprile 1941
Folgore, Saetta, Turbine e Strale partono da Tripoli alle 18 per scortare a Napoli (o Messina) un convoglio di cinque mercantili, quattro tedeschi (Arcturus, Leverkusen, Castellon e Wachtfels) ed uno italiano (Giulia).
1° maggio 1941
Alle 11.08 il convoglio viene avvistato, in posizione 34°38’ N e 11°39’ E, dal sommergibile britannico Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) che si avvicina a tutta forza in immersione, per attaccare. Alle 11.32, due miglia a sud di Kerkennah, l’Upholder lancia quattro siluri da 2560 metri: tre vanno a segno, affondando l’Arcturus e danneggiando gravemente la Leverkusen. Quest’ultima si apprua, ma riesce poi a tornare in assetto, procedendo a bassa velocità ed accompagnata da un cacciatorpediniere, che getta bombe di profondità in modo casuale.
Dopo essere emerso alle 17.30 ed aver lanciato un segnale di scoperta, l’Upholder torna ad immergersi alle 17.55, si avvicina nuovamente al convoglio ed alle 19.01 lancia altri due siluri, da 1100 metri. Il Leverkusen viene colpito ancora, ed affonda di prua quattro miglia a sud di Kerkennah.
Il convoglio ripara temporaneamente a Trapani.
5 maggio 1941
Lasciata Trapani, il convoglio giunge a Napoli alle 7.
16 maggio 1941
Lascia Napoli insieme ai cacciatorpediniere Turbine, Euro, Fulmine e Strale, scortando in Libia il «26. Seetransport Konvoi», composto dai mercantili tedeschi Preussen e Sparta, dagli italiani Motia, Capo Orso e Castelverde e dalla motonave cisterna Panuco. A Palermo si aggiunge al convoglio una seconda nave cisterna, la Superga.
La forza di copertura è costituita dagli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi con i cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere e Alpino.
19 maggio 1941
Alle 11.30, durante la manovra per eludere l’attacco di un sommergibile, Preussen e Panuco entrano in collisione, ma possono proseguire entrambe.
20 maggio 1941
Tra le 9.32 e le 9.34 il sommergibile britannico Urge (tenente di vascello Edward Philip Tomkinson) avvista la forza di copertura del convoglio, e poi, alle 9.47, il convoglio stesso, che procede a dodici nodi con rotta 135°. L’Urge passa quindi all’attacco (in posizione 35°44’ N e 11°59’ E), lanciando quattro siluri contro il Capo Orso e la Superga, poi s’immerge a maggiore profondità, subendo il contrattacco dell’Euro. Tanto le rivendicazioni dell’Urge (di aver affondato una o due navi) quanto quelle dell’Euro (di aver affondato il sommergibile attaccante) risulteranno errate: nessuna unità riporta in realtà alcun danno.
21 maggio 1941
Il convoglio giunge a destinazione.
24 maggio 1941
Folgore, Fulmine e Turbine lasciano Tripoli scortando un convoglio formato dai piroscafi italiani Bosforo e Bainsizza, dai tedeschi Duisburg e Preussen e dalle navi cisterna Panuco e Superga.
L’incrociatore leggero Luigi Cadorna ed i cacciatorpediniere Maestrale e Grecale forniscono copertura al convoglio.
19 giugno 1941
Folgore, Fulmine ed i cacciatorpediniere Euro e Saetta partono da Napoli per Tripoli scortando i piroscafi Preussen (tedesco), Motia, Bainsizza, Maddalena Odero e Nicolò Odero.
22 giugno 1941
Il convoglio giunge a Tripoli dopo aver superato indenne diversi attacchi aerei britannici.

Il Folgore in manovra (da www.marina.difesa.it

21 luglio 1941
Alle 5.15 Folgore, Fulmine, Saetta ed Euro partono da Napoli per scortare a Tripoli il convoglio «Nicolò Odero», formato dai piroscafi Maddalena Odero, Nicolò Odero, Caffaro e Preussen. Il Folgore è caposcorta.
Alle 13.27 il sommergibile britannico Olympus (capitano di corvetta Herbert George Dymott) avvista il convoglio in posizione 39°53’ N e 11°49’ E, ed alle 13.58 lancia infruttuosamente un siluro da 5490 metri; alle 14.23 lancia un secondo siluro da 5030 metri, di nuovo senza colpire. L’attacco non viene notato.
Successivamente, al convoglio si aggregano anche la nave cisterna Brarena (partita il 21 da Palermo scortata dal Fuciliere) ed i cacciatorpediniere Alpino e Fuciliere.
22 luglio 1941
Attacchi di aerosiluranti britannici Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm, al largo di Pantelleria, affondano il Preussen (che affondando trascina con sé 180 dei 440 uomini a bordo) trenta miglia a sudest di Pantelleria. Bombardieri Bristol Blenheim (od altri Swordfish) immobilizzano – 80 miglia a sud di Pantelleria – la Brarena, che, dopo un inutile tentativo dapprima di rimorchiarla verso Lampedusa (da parte del Fuciliere, assistito dal Folgore) e poi di finirla a cannonate, viene abbandonata alla deriva in fiamme (affonderà definitivamente dopo alcuni giorni).
23 luglio 1941
Il resto del convoglio, raggiunto dalla torpediniera Pallade (inviata da Tripoli), raggiunge Tripoli alle 17.
27 luglio 1941
Il Folgore parte da Tripoli alle sette del mattino insieme ai cacciatorpediniere Saetta, Fuciliere ed Alpino, scortando un convoglio (denominato «Ernesto») formato dai piroscafi Ernesto, Nita, Nirvo, Aquitania, Palmaiola e Castelverde di ritorno a Napoli. Gli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi e Raimondo Montecuccoli ed i cacciatorpediniere Granatiere e Bersagliere forniscono copertura a distanza.
28 luglio 1941
Alle 18.15 il Fulmine si unisce alla scorta del convoglio, ma alle 19.55 il Garibaldi viene silurato dal sommergibile Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) in posizione 38°04’ N e 11°57’ E (al largo di Capo San Vito), riportando gravi danni; Fuciliere ed Alpino vengono distaccati per prestargli assistenza.
29 luglio 1941
La torpediniera Giuseppe Sirtori viene inviata a rinforzare la scorta del convoglio.
Alle 3.20 il convoglio (in navigazione a 9 nodi con rotta 030°) viene avvistato a nordest di Capo San Vito dall’Upholder, che si prepara a lanciare ma che deve poi interrompere all’attacco in seguito all’arrivo di un cacciatorpediniere in avvicinamento subito prima del lancio, alle 3.35. Alle 3.46 l’Upholder emerge, ed alle 3.52 lancia l’ultimo siluro rimasto contro due mercantili ed un cacciatorpediniere, in posizione 38°28’ N e 12°14’ E, ma l’arma li manca, passando a proravia. L’attacco non viene nemmeno notato.
Alle 14.51 il convoglio viene avvistato in posizione 39°51’ N e 13°46’ E (una sessantina di miglia a sudovest di Napoli) dal sommergibile olandese O 21 (capitano di corvetta Johannes Frans Van Dulm), che alle 15.53 lancia quattro siluri contro due dei mercantili, dalla distanza di 4150 metri, per poi immergersi a 35 metri ed allontanarsi verso sudovest. Nessuna nave viene colpita; tre unità della scorta bombardano l’O 21 con 24 bombe di profondità dalle 16.09 alle 17.01, ma il battello olandese elude senza danni il contrattacco scendendo ad una quota di 87 metri.
30 luglio 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 3.10.
13 agosto 1941
Il Folgore (capitano di fregata Giurati) lascia Napoli insieme ai cacciatorpediniere Fulmine, Strale, Ugolino Vivaldi e Lanzerotto Malocello ed alla torpediniera Orsa, per scortare a Tripoli le motonavi Rialto, Andrea Gritti, Francesco Barbaro, Vettor Pisani e Sebastiano Venier.
Il convoglio viene più volte attaccato da aerei e sommergibili, ma senza mai riportare danni (fatta eccezione per un cannone del Vivaldi, che scoppia accidentalmente il 14 durante un attacco aereo, costringendo la nave al rientro).
Poco dopo la partenza si verifica un presunto attacco di sommergibile, senza risultato (in realtà, si tratta probabilmente di un falso allarme); poco dopo uno dei cannoni da 120 mm del Vivaldi esplode accidentalmente, costringendolo al rientro, ed il Folgore diviene il nuovo caposcorta.
14 agosto 1941
Poco dopo mezzanotte, il convoglio viene attaccato da aerei con lancio di bengala, a sud di Lampione. Nessuna nave viene colpita, grazie alla reazione della scorta.
15 agosto 1941
Il convoglio giunge a Tripoli senza danni nel pomeriggio.
24 agosto 1941
Il Folgore, insieme al Fulmine, alla VII Squadriglia (Dardo, Freccia e Strale) ed alla VIII Divisione Navale (Duca degli Abruzzi, Montecuccoli ed Attendolo) esce da Palermo alle 5.30 a contrasto dell’operazione britannica «Mincemeat», consistente nell’invio del posamine Manxman, camuffato da cacciatorpediniere francese classe Leopard, a posare mine al largo di Livorno, con azione diversiva della Forza H al largo della Sardegna ed attacco aereo su Tempio Pausania. Altre aliquote delle forze navali italiane sono uscite il 23 da Taranto (IX Divisione con Littorio e Vittorio Veneto, XI Squadriglia Cacciatorpediniere con Aviere e Geniere, XIII Squadriglia con Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino), Messina (III Divisione con Trento, Trieste, Bolzano e Gorizia, X Squadriglia con Maestrale e Scirocco, XII Squadriglia con Corazziere, Carabiniere, Ascari e Lanciere), Napoli (cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Lanzerotto Malocello della XIV Squadriglia e Nicoloso Da Recco della XVI Squadriglia) e Trapani (cacciatorpediniere Antonio Pigafetta e Giovanni Da Verrazzano della XV Squadriglia). L’VIII Divisione e le due squadriglie di cacciatorpediniere con essa dovrebbero effettuare una crociera verso La Galite per intercettare un eventuale convoglio. Alle 16, dato che la ricognizione aerea, spintasi sino al meridiano 3° E, non ha trovato alcun convoglio, l’VIII Divisione ed i relativi cacciatorpediniere ricevono ordine di non proseguire più verso La Galite (ormai in vista) dopo le 17, ma di assumere invece rotta 30° per riunirsi, se del caso, al gruppo «Littorio». Alle 16.56 la Divisione inizia ad accostare di conseguenza alla velocità di 22 nodi, ma all’1.25 giungerà l’ordine di rientrare a Palermo – essendo la Forza H già tornata a Gibilterra – dove le navi arriveranno alle 8.45.
1° settembre 1941
Lascia Napoli per Tripoli scortando, insieme ai cacciatorpediniere Dardo, Strale e Nicoloso Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Stanislao Esposito), un convoglio composto dalle motonavi Andrea Gritti, Vettor Pisani, Rialto, Sebastiano Venier e Francesco Barbaro.
2 settembre 1941
Il convoglio, informato della probabile presenza di un sommergibile nemico, devia dalla rotta, manovra che lo farà passare nello stretto di Messina con tre ore di ritardo. Passato lo stretto, il convoglio si divide in due colonne, con Rialto e Pisani a dritta, Gritti e Barbaro a sinistra, Venier più a poppavia, tra le due colonne, e la scorta tutt’intorno (Da Recco in testa, Freccia e Strale a dritta, Folgore e Dardo a sinistra). La deviazione compiuta in precedenza fa però sì che il convoglio si trovi in acque pericolose – nel raggio d’azione degli aerei britannici di base a Malta – in acque notturne (senza cioè poter fruire della scorta aerea italiana, che vi è solo di giorno), contrariamente alle previsioni iniziali.
3 settembre 1941
Alle 00.25-00.30, 26 miglia a sud/sudest (per 140°) di Capo Spartivento (nel punto 37°33’ N e 16°26 E) il convoglio viene attaccato da nove aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th Squadron F.A.A. decollati da Malta, che, nonostante la reazione delle artiglierie contraeree delle navi (il Folgore abbatte un aerosilurante), colpiscono Gritti e Barbaro con un siluro ciascuna. La prima, incendiata, esplode uccidendo tutti i 349 uomini a bordo tranne due, mentre la Barbaro viene incendiata e presa a rimorchio dal Dardo (il quale prende inoltre a bordo i 9 ufficiali e 294 sottufficiali e soldati del Regio Esercito che si trovavano imbarcati di passaggio sulla motonave), che, con la scorta dei cacciatorpediniere Ascari e Lanciere (e successivamente rilevato, nel rimorchio, dai rimorchiatori Titano e Porto Recanati), riuscirà a portarla a Messina, giungendovi alle 18.30 dello stesso giorno. Il resto del convoglio arriverà a Tripoli il 4 settembre.
5 settembre 1941
Folgore, Da Recco, Freccia e Strale (ai quali si unisce il 7 anche la torpediniera Circe) partono da Tripoli per scortare un convoglio formato dal piroscafo Ernesto, dalla nave cisterna Pozarica e dalla motonave Col di Lana, dirette a Napoli.
7 settembre 1941
Il sommergibile olandese O 21 silura l’Ernesto 20 miglia a nord di Pantelleria, danneggiandolo. Il piroscafo viene preso a rimorchio da Strale e Circe, che lo portano a Pantelleria.
8 settembre 1941
Il Folgore ed il resto del convoglio arrivano a Napoli.
19 settembre 1941
Mentre il Folgore, insieme ai cacciatorpediniere Freccia, Dardo, Euro e Vincenzo Gioberti, sta scortando da Napoli a Tripoli il piroscafo Caterina, la petroliera Minatitlan e le motonavi Col di Lana e Marin Sanudo, il convoglio viene attaccato da aerei della Royal Air Force, che danneggiano la Col di Lana. La motonave, presa a rimorchio dal Gioberti, potrà essere condotta a Trapani.
21 settembre 1941
Le mitragliere del Folgore abbattono un bombardiere durante un attacco aereo.

Il Folgore all’ormeggio (Coll. Guido Alfano, via g.c. Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)

26-29 settembre 1941
Il Folgore, aggregato alla XVI Squadriglia Cacciatorpediniere (Nicoloso Da Recco ed Emanuele Pessagno), salpa da Napoli unitamente alle navi da battaglia Littorio e Vittorio Veneto (IX Divisione) ed alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Vincenzo Gioberti) per raggiungere ed attaccare un convoglio britannico diretto a Malta e scortato dalla Forza H britannica con tre corazzate ed una portaerei, oltre a cinque incrociatori e 18 cacciatorpediniere (operazione britannica «Halberd»). Partono anche la III (Trento, Trieste, Gorizia) e la VIII Divisione (Duca degli Abruzzi, Attendolo) rispettivamente da Messina e La Maddalena, accompagnate rispettivamente dalla XII (Lanciere, Carabiniere, Corazziere, Ascari) e dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Scirocco). A mezzogiorno del 27 la III, la VIII e la IX Divisione, con le rispettive squadriglie di cacciatorpediniere, si riuniscono una cinquantina di miglia ad est di Capo Carbonara, per intercettare il convoglio, poi dirigono verso sud a 24 nodi per l’intercettazione. Risultando però – in seguito alle segnalazioni dei ricognitori – in inferiorità rispetto alla forza britannica, e per giunta sprovvista di copertura aerea, la squadra italiana alle 14.30 inverte la rotta per portarsi fuori dal raggio degli aerosiluranti nemici. Alle 15.30 sopraggiungono tre caccia italiani FIAT CR. 42 assegnati alla scorta aerea, ma, per via della loro somiglianza agli aerosiluranti britannici (sono anch’essi biplani), vengono inizialmente scambiati per aerei inglesi ed il Fuciliere ne abbatte il capo pattuglia, mentre gli altri due si allontanano. Il pilota dell’aereo, fortunatamente, rimane illeso e può paracadutarsi, venendo poi recuperato dal Granatiere. Alle 17.18, avendo ricevuto comunicazioni secondo cui la squadra britannica avrebbe subito pesanti danni a causa degli attacchi aerei, la formazione italiana dirige nuovamente verso sud (prima stava procedendo verso nord), salvo invertire nuovamente la rotta alle 18.14, portandosi al centro del Mar Tirreno. Alle otto del mattino del 28 le navi italiane, come ordinato, raggiungono un punto 80 miglia ad est di Capo Carbonara, poi fa rotta per ovest-sud-ovest ma infine, alle 14.00, dato che i ricognitori non trovano più alcuna nave nemica a sud ed ad ovest della Sardegna (il convoglio è infatti passato) viene ordinato il rientro alle basi. Il Folgore, a causa di un’avaria, viene mandato a Messina, mentre il resto della XVI Squadriglia e la IX Divisione raggiungono Napoli.
16 ottobre 1941
Il Folgore (capitano di fregata Giuriati) salpa da Napoli alle 13.30 in qualità di caposcorta del convoglio «Beppe», composto dalle motonavi Marin Sanudo, Probitas, Beppe, Paolina e Caterina e scortato, oltre che dal Folgore stesso, dal gemello Fulmine, dai cacciatorpediniere Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti ed Antoniotto Usodimare e dalla torpediniera Cigno.
Alle 16.50 il Probitas viene colto da un’avaria e deve rientrare a Napoli scortato dal Fulmine, mentre la minuscola motonave Amba Alagi si unisce al convoglio a Trapani, dove viene invece lasciata la Cigno.
17 ottobre 1941
Il 17 ottobre “ULTRA”, la celebre organizzazione britannica dedicata alla decrittazione dei messaggi in codice dell’Asse, intercetta e decifra un messaggio relativo al convoglio «Beppe» (da esso chiamato «Caterina»), apprendendone così la composizione (6 mercantili e 4 cacciatorpediniere), data e luogo di partenza (Napoli, ore 11 del 16) ed arrivo (Tripoli, ore 18 del 19), rotta seguita (a ponente di Malta) e velocità (9 nodi); da Malta vengono pertanto fatti decollare dei ricognitori, che rintracciano le navi italiane a mezzogiorno.
Nella notte tra il 17 ed il 18 il convoglio, che procede a velocità molto bassa e si trova a sud di Pantelleria, viene informato via radio da Supermarina di essere stato avvistato da un ricognitore britannico. Un’ora dopo si verificano i primi attacchi da parte di almeno tre aerosiluranti: questi attaccano dopo aver lanciato dei razzi illuminanti, ma l’attacco può essere eluso grazie a manovre difensive ed alla pronta stesura di cortine nebbiogene, attorno ai mercantili, da parte della scorta (grazie anche alla rotta seguita, 188°, ed al leggero vento di poppa).
18 ottobre 1941
Mentre il convoglio è a sud di Lampedusa (nel punto 35°25' N e 11°39' E), ed a 140 miglia da Tripoli (per altra fonte, 45 miglia ad ovest di Lampedusa e 85 miglia ad ovest-nord-ovest di Tripoli), il sommergibile britannico Ursula (tenente di vascello Arthur Richard Hezlet, che ha avvistato il convoglio alle 8.06 nel punto 35°27'N e 11°45'E, con rilevamento 306°) lancia quattro siluri da 5500-6400 metri contro le navi italiane: alle 9.10 il Beppe avvista due siluri; riesce ad evitarne uno, ma l’altro lo colpisce a prua, lasciandolo immobilizzato, fortemente appruato, sbandato ed abbandonato da parte dell’equipaggio. Un’unità della scorta contrattacca con nove bombe di profondità tra le 9.25 e le 10, senza riuscire a danneggiare l’attaccante. Il caposcorta sul Folgore distacca per l’assistenza l’Oriani ed il Gioberti, ma poco dopo richiama l’Oriani, a seguito della notizia che altri due cacciatorpediniere, il Nicoloso Da Recco ed il Sebenico, sono salpati da Tripoli allo stesso scopo. Il Beppe riuscirà a raggiungere Tripoli dopo tre giorni di difficilissima navigazione.
Il resto del convoglio prosegue. Alle 21.50, ad una sessantina di miglia da Tripoli, vengono avvistati quattro aerei che si avvicinano per attaccare; la scorta inizia ad emettere cortine fumogene, ed alle 22.30 il comandante Giuriati ordina per radiosegnalatore al convoglio di accostare di 45° a dritta (portandosi su rotta 135°) in modo da allontanarsi dalla zona illuminata dai bengala: proprio in quel momento, però, il Caterina viene raggiunto da un siluro in sala macchine.
Alle 23.01 termina l’attacco aereo ed alle 23.30 viene compiuta una nuova accostata di 45° a dritta (assumendo rotta 180°) per evitare di essere individuati.
Il Caterina affonderà capovolgendosi, dopo una lunga agonia ed un vano tentativo di rimorchio da parte dell’Oriani, alle 17.30 del giorno seguente.
19 ottobre 1941
Alle 11.30 Folgore, Usodimare, Paolina, Marin Sanudo ed Amba Aradam entrano a Tripoli.
20 ottobre 1941
Il Folgore riparte da Tripoli alle 17.30 e sostituisce l’Usodimare nella scorta (insieme ai cacciatorpediniere Da Recco e Sebenico) alla motonave Giulia ed alla nave cisterna Proserpina, dirette a Napoli.
24 ottobre 1941
Dato che il  giorno precedente la ricognizione aerea ha infatti avvistato la Forza K britannica – incrociatori leggeri Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively – in arrivo a Malta, viene diramato un allarme navale e Supermarina dispone a scopo precauzionale la temporanea sospensione del traffico da e per la Libia; il convoglio di cui fa parte il Folgore, riceve pertanto ordine di rientrare, arrivando a Tripoli alle 13. A causa dei successivi eventi (distruzione del convoglio «Duisburg» da parte della Forza K, il 9 novembre), che renderanno estremamente pericoloso percorrere la rotta per Tripoli, il convoglio finirà col trattenervisi per un mese.
24 novembre 1941
Folgore, Da Recco, Sebenico, Giulia e Proserpina lasciano finalmente Tripoli alle 18 per rientrare in Italia. La partenza avviene in piccoli gruppi separati, composti da un mercantile ed un cacciatorpediniere; il Folgore è insieme alla Giulia.
27 novembre 1941
Il convoglio entra a Napoli tra le 10.30 e le 12.45.
1942
A seguito di lavori di modifica, viene aggiunta un’altra mitragliera binata da 20 mm, sistemata sulla tuga tra gli impianti lanciasiluri. Per altra fonte, invece, viene eliminato un impianto trinato da 533 mm ed imbarcate due mitragliere pesanti Breda 1939 da 37/54 mm in impianti singoli.
14 febbraio 1942
Il Folgore, insieme a Freccia e Saetta (che formano la VIII Squadriglia), alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Carabiniere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino), alla VII Divisione (Montecuccoli e Duca d’Aosta) ed alla corazzata Duilio, lascia Taranto per partecipare all’operazione «M.F. 5» a contrasto dell’invio di un convoglio britannico (convoglio «M.W. 9») da Alessandria a Malta.
La VIII Squadriglia, in particolare, parte per prima da Taranto alle 18.40 del 14, scortando la Duilio; già alle 19.55, tuttavia, la Duilio e la VIII Squadriglia ricevono ordine di rientrare in porto. Supermarina, infatti, ha appurato che non ci sono corazzate britanniche in mare (difatti la Mediterranean Fleet non ha più una sola corazzata efficiente da dicembre, quando le ultime due sono state poste fuori uso ad Alessandria dagli incursori della X MAS), pertanto l’impiego della Duilio è ritenuto superfluo.
2-3 marzo 1942
Il Folgore si trova nel porto di Palermo quando, durante la notte, la città viene sottoposta ad un bombardamento in due ondate da parte di 16 bombardieri Vickers Wellington del 37th Squadron della Royal Air Force, decollati dall’aeroporto maltese di Luqa. La prima ondata giunge sulla città poco prima di mezzanotte; le bombe colpiscono la motonave tedesca Cuma, carica di rifornimenti tra cui bombe, munizioni e 480 tonnellate di gasolio. Sette ore più tardi, la Cuma esplode, travolgendo le navi circostanti con una pioggia di fuoco e schegge.
Tra le navi investite e danneggiate dall’esplosione vi è anche il Folgore; i danni sono modesti, ma due membri dell’equipaggio, il marinaio cannoniere Albano Caselli ed il marinaio Antonio Torrisi, perdono la vita.
24 marzo 1942
Dopo la conclusione della seconda battaglia della Sirte, il Folgore (capitano di corvetta Renato D’Elia) e la torpediniera Pallade salpano da Messina alle 6.35 e vengono inviati dal Comando Militare Marittimo della Sicilia alla ricerca di sopravvissuti dei cacciatorpediniere Lanciere e Scirocco, naufragati nella violenta tempesta scatenatasi dopo la battaglia. Gli ordini prevedono di raggiungere il punto 36°24’ N e 16°02’ E (a 46 miglia per 111° da Capo Passero), posizione stimata di massima deriva possibile dello Scirocco (del quale non si hanno più notizie da un giorno). Folgore e Pallade giungono in tale punto alle 15, dopo di che intraprendono le ricerche in linea di fronte, distanziati di qualche chilometro, lungo la direttrice 115°. Dopo 50 miglia, le due navi si spostano cinque miglia più a nord ed invertono la rotta, proseguendo le ricerche fino alle 19.30. A questo punto Marina Messina ordina loro di tornare ad Augusta.
Frattanto, però, prende a soffiare un violento vento da nord ed il mare cresce rapidamente in eguale misura: alle 20.15 Folgore e Pallade sono obbligate a mettere la prua al mare e ridurre via via la velocità, sino ad appena 6 nodi. Alle 20.30 iniziano a verificarsi delle avarie su entrambe le navi, ed alle 22 il Folgore riferisce a Messina di essersi messo alla cappa e di non poter raggiungere Augusta; poco dopo mezzanotte, mentre le avarie aumentano, perde di vista la Pallade.
25 marzo 1942
Tra le 3.10 e le 4.15 per sei volte il Folgore viene illuminato da gruppi di bengala e sorvolato da aerei, ma non riesce a capire se questi abbiano lanciato dei siluri; ogni volta accosta volgendo la poppa ai bengala, cercando di allontanarsi dall’area illuminata ed accelerando quanto possibile compatibilmente con le condizioni del mare. Ciò, però, provoca ulteriori danni alle sovrastrutture ed alle imbarcazioni.
Alle 6.50 il Folgore avvista la costa della Calabria e riesce a rimettersi in contatto radio con la Pallade, ma non riesce a comunicare; alle 10.10 giunge infine di Messina, dove approderà, alle 13.50, anche la Pallade. Nessun naufrago è stato salvato dalle due unità; altri mezzi salveranno in tutto solo 17 uomini, su 478 imbarcati su Lanciere e Scirocco.
3 aprile 1942
Il Folgore salpa da Messina alle 00.30 insieme ai cacciatorpediniere Emanuele Pessagno e Premuda ed alla torpediniera Centauro, per scortare a Tripoli le moderne motonavi Monviso e Nino Bixio nell’ambito dell’operazione di traffico «Lupo». Alle cinque del mattino il Premuda lascia il convoglio.
Tre ore dopo, una sessantina di miglia ad est di Capo Murro di Porco, il convoglio che comprende il Folgore si unisce – come prestabilito – ad un secondo proveniente da Taranto e composto dalle motonavi Lerici ed Unione, scortate dai cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta), Antonio Da Noli ed Euro e dalla torpediniera Pallade. Si forma così un unico convoglio, che imbocca una rotta che passa a 110 miglia da Malta per raggiungere Tripoli.
Al tramonto si aggregano al convoglio anche le motonavi Gino Allegri e Monreale, provenienti da Augusta con la scorta dei cacciatorpediniere Freccia e Nicolò Zeno.
4 aprile 1942
Il convoglio viene avvistato da ricognitori britannici e sottoposto a diversi attacchi aerei, ma non subisce alcun danno e giunge a Tripoli tra le 9 e le 10.30.
Alle 18 il Folgore lascia la città libica insieme alla torpediniera Castore, scortando la pirocisterna Saturno diretta a Napoli.
6 aprile 1942
Le tre navi giungono a Napoli alle 18.30.


Il Folgore in una fotografia probabilmente risalente al 1942 (da www.danieleranocchia.it

18 aprile 1942
Il Folgore, in veste di caposcorta, parte da Napoli alle 23 insieme alla torpediniera Centauro per scortare a Tripoli la nave cisterna Panuco.
20 aprile 1942
Alle 23.35 il convoglio, trovandosi una quarantina di miglia a sud di Lampedusa, viene attaccato da aerosiluranti, ma nessuna nave viene colpita.
21 aprile 1942
Raggiunto dalla torpediniera Generale Carlo Montanari, inviata da Tripoli, il convoglio giunge a destinazione alle 14.30.
27 aprile 1942
Il Folgore riparte da Tripoli alle 13, come caposcorta del convoglio «Italia» diretto a Napoli: lo compongono le motonavi Reginaldo Giuliani e Reichenfels (tedesca) e lo scortano il Folgore e le torpediniere Pallade e Centauro.
Al largo di Pantelleria, il convoglio «Italia» incontra il convoglio «Genova», diretto da Palermo a Tripoli con la nave cisterna Saturno ed il piroscafo San Luigi scortati dalle torpediniere Cigno (caposcorta), Castore e Lince: qui, come previsto, avviene un parziale scambio di scorte; il Folgore e la Centauro passano al convoglio «Genova» (del quale il Folgore diviene caposcorta), mentre Cigno e Lince passano al convoglio «Italia».
28 aprile 1942
A causa del maltempo, le navi del convoglio «Genova» devono ridossarsi a Pantelleria durante la mattina, poi proseguono alla volta di Tripoli.
La Castore recupera alcuni superstiti di due aerei, uno italiano e l’altro tedesco, caduti in mare.
30 aprile 1942
Il convoglio «Genova» entra a Tripoli a mezzogiorno.
2 maggio 1942
Il Folgore ed il cacciatorpediniere Pessagno (caposcorta) lasciano Tripoli alle 11.30 scortando i piroscafi Amsterdam e Wachtfels (tedesco), diretti a Napoli.
3 maggio 1942
Il convoglio, una dozzina di miglia a sudovest di Pantelleria, viene infruttuosamente sottoposto ad attacchi aerei.
4 maggio 1942
Il convoglio giunge a Napoli alle 16.10.
9 maggio 1942
Alle 19.30 il Folgore salpa da Napoli per Bengasi, scortando il piroscafo tedesco Menes.
12 maggio 1942
Alle 6.30, all’uscita dello stretto di Messina, Folgore e Menes si uniscono ai piroscafi Orsa e Bolsena ed al cacciatorpediniere Saetta, provenienti da Taranto e Brindisi, e formano un unico convoglio – denominato «L» – che prosegue per Bengasi. Le navi vengono avvistate da ricognitori avversari.
13 maggio 1942
Alle 11.30 il convoglio, dopo aver superato indenne alcuni attacchi aerei notturni, raggiunge Bengasi.
Alle 19.30 il Folgore riparte da Bengasi scortando i piroscafi tedeschi Brook e Trapani, diretti a Tripoli.
15 maggio 1942
Le tre navi giungono a Tripoli alle 19.
21 maggio 1942
Il Folgore salpa da Tripoli all’una di notte scortando la motonave Reginaldo Giuliani, diretta a Taranto (convoglio «K»).
22 maggio 1942
Folgore e Giuliani arrivano a Taranto alle 14.10.
14-15 giugno 1942
Lascia Taranto insieme al resto dell’ormai eterogenea VII Squadriglia (Freccia e Legionario) cui è stato aggregato, alla XIII Squadriglia (Mitragliere, Bersagliere ed Alpino), alla XI Squadriglia (Aviere, Geniere, Corazziere, Camicia Nera), alla III Divisione (Trento e Gorizia), alla VIII Divisione (Garibaldi e Duca d’Aosta) ed alla IX Divisione (Littorio e Vittorio Veneto) per contrastare l’operazione britannica «Vigorous» (invio di un convoglio di rifornimenti da Alessandria a Malta, con undici mercantili scortati da otto incrociatori e 26 cacciatorpediniere oltre a naviglio minore ed ausiliario) nel corso della battaglia aeronavale di Mezzo Giugno. La VII Squadriglia, insieme alla XIII, è assegnata alla scorta delle due corazzate.
La formazione italiana (le cui unità sono tenute pronte ad uscire in mare entro tre ore già dalle 18 del 13 giugno) parte da Taranto nel primo pomeriggio del 14 (la III e la VIII Divisione oltrepassano le ostruzioni alle 13.02, la IX Divisione alle 13.49), poi (a 20 nodi) segue le rotte costiere orientali del golfo di Taranto sino al largo di Vela di Santa Maria di Leuca (dove si uniscono ad essa i cacciatorpediniere Saetta, che viene aggregato alla VII Squadriglia, e Pigafetta, che viene aggregato alla XIII), dopo di che, alle 18.06, assume rotta 180° e dirige per il punto prestabilito «Alfa» (34°00’ N e 18°20’ E) per intercettare il convoglio britannico. Calata la notte, gli otto cacciatorpediniere della VII e XIII Squadriglia si dispongono attorno a Littorio e Vittorio Veneto: Alpino e Legionario – i capisquadriglia – procedono a proravia della formazione, il primo a sinistra ed il secondo a dritta, mentre gli altri sei procedono su due colonne (VII Squadriglia a dritta e XIII a sinistra) ai lati delle due corazzate. Essendo stata avvistata alle 17.45 da ricognitori, la squadra italiana prosegue verso sud fino alle 22, poi, alle 22.03, accosta per 140°, riassumendo rotta 180° solo a mezzanotte, allo scopo di disorientare le forze nemiche. Intorno alle 2.30 del 15 giugno, essendo stati rilevati aerei britannici ed essendo prossimo il loro attacco (diretto contro il gruppo «Littorio»), la squadra italiana inizia ad emettere cortine nebbiogene ed accosta ad un tempo di 40° a sinistra, ritenendo l’ammiraglio Iachino che l’attacco aereo sia in arrivo da tale lato (ed in tal caso sarebbe vantaggioso puntare la prua sugli aerei per ridurre le probabilità di essere colpiti, ed al contempo per allontanarsi dai bengala, che usualmente vengono sganciati dal lato opposto a quello dove si verifica l’attacco), ma poi, dato che si sentono rumori di aerei in arrivo anche da altre direzioni, viene ripresa la navigazione verso sud in linea di fila. Alle 2.40, appena è stata riassunta rotta 180°, iniziano ad accendersi bengala a sinistra, quindi la squadra italiana accosta di 40° a dritta per allontanarsi, e procede con tale rotta sino alle 3.31, poi accosta di 30° a dritta e dopo altri cinque minuti di 30° a sinistra (per confondere i piloti degli aerei), fino a che alle 3.56, non vedendosi più bengala, viene ripresa la rotta 180° e cessa l’emissione di cortine fumogene. I quattro aerosiluranti Vickers Wellington, infatti, si sono ritirati non essendo riusciti ad individuare le navi italiane nelle cortine nebbiogene, eccetto uno che ha lanciato un siluro contro una corazzata ma senza risultati.
Alle 4.15 la formazione italiana, essendo andata più ad ovest della rotta prevista, accosta per 160° dirigendo per il punto «Alfa» per non ritardare l’incontro con il convoglio britannico (che tuttavia, all’insaputa dei comandi italiani, ha già invertito la rotta alle 00.45 rinunciando a raggiungere Malta, in seguito sia a danni e perdite causati dagli attacchi aerei che all’impossibilità di sostenere uno scontro con la forza navale italiana, di molto superiore; il convoglio dirigerà di nuovo su Malta dalle 5.30 alle 8.40, per poi invertire definitivamente la rotta e tornare ad Alessandria).
Poco dopo le cinque del mattino del 15 giugno i quattro incrociatori, che con la XI Squadriglia procedono 15 miglia a poppavia del gruppo «Littorio», vengono attaccati da nove aerosiluranti britannici Bristol Beaufort, uno dei quali colpisce il Trento, che viene immobilizzato ed incendiato. Poi tre degli aerosiluranti attaccano anche il gruppo «Littorio»: le due corazzate aprono il fuoco con i cannoni da 90 mm ed i cacciatorpediniere sparano alcune salve con i pezzi principali da 120 mm quando gli aerei sono lontani, poi aprono il fuoco anche con le mitragliere non appena la distanza si è sufficientemente ridotta, continuando inoltre ad eseguire accostate per impedire il lancio simultaneo dei siluri. Il primo aereo lancia, infruttuosamente, alle 5.26 da 4500 metri, un altro lancia da 1500 ma l’arma viene evitata con le manovre, il terzo si allontana per poi ritornare all’attacco e, nonostante l’intenso tiro contraereo (tutte le armi sono dirette contro di lui), alle 5.51 riesce a sganciare da 2000 metri e poi si allontana indenne dopo essere passato tra le due corazzate. Il siluro, diretto contro la Vittorio Veneto, non va a segno. La formazione italiana prosegue sulla sua rotta, dopo aver distaccato Saetta e Pigafetta per l’assistenza al Trento danneggiato. (Più tardi, alle 9.13, il Trento verrà nuovamente silurato dal sommergibile britannico P 35 – che alle 5.46 aveva già infruttuosamente lanciato quattro siluri da 4500 metri contro la Vittorio Veneto, senza che le unità italiane se ne accorgessero – ed affonderà in soli sette minuti, con la perdita di 570 dei 1151 uomini dell’equipaggio).
Alle sette vi è un nuovo allarme in seguito all’avvistamento di nove aerei dapprima ritenuti nemici – tutte le armi vengono puntate contro di essi –, ma che poi si rivelano essere tedeschi, la scorta aerea sopraggiunta. Sempre alle 7, in seguito a numerose comunicazioni che rivelano che il convoglio è molto indietro rispetto al previsto od addirittura sta tornando ad Alessandria, la squadra di Iachino assume rotta 140° per poterlo intercettare (nell’ipotesi che ancora stia dirigendo su Malta). Poco dopo le otto vengono avvisati due aerei britannici 30° a di prua a dritta, e viene aperto il fuoco contro di essi, ma frattanto sopraggiunge da sinistra una formazione di otto bombardieri statunitensi Consolidated B-24 Liberator che, tenendosi a 4000 metri di quota, sgancia sulle corazzate, colpendo con una bomba la Littorio, provocando modesti danni. Subito dopo le navi italiane accostano ad un tempo di 80° a sinistra, per poter rivolgere tutte le armi contro gli aerei, poi, essendosi questi allontanati, riprendono la rotta 110°. Poco dopo le 8.40 vengono avvistati cinque aerosiluranti Bristol Beaufort provenienti da prua, contro cui aprono il fuoco sia i pezzi da 90 mm delle corazzate che quelli da 120 mm dei cacciatorpediniere (e successivamente anche le mitragliere), e le navi accostano rapidamente sulla dritta sin quasi ad invertire la rotta, confondendo gli attaccanti, che lanciano infruttuosamente da poppa, tre da una distanza di circa 4000 metri e due da una distanza di 2000 metri (le prime tre armi sono evitate con piccole accostate, le ultime due mettendo tutta la barra a sinistra). Due degli aerei vengono danneggiati dal tiro contraereo. Poi la squadra italiana ritorna in linea di fila, con la Littorio in testa ed i sei cacciatorpediniere in posizione di scorta ravvicinata (Folgore e Freccia si trovano ora a proravia delle corazzate); viene assunta rotta verso sud e poi, alle nove, si torna sulla rotta 110° (verso est-sud-est) per raggiungere il nemico. Alle 9.17, in seguito all’avvistamento di navi da parte di uno dei ricognitori imbarcati, la velocità viene portata a 24 nodi; alle 11.50, in seguito all’avvistamento di un fumo a 30° di prua dritta, la formazione italiana accelera a 28 nodi ed assume rotta per 150° per incontrare quelle che crede essere le navi britanniche, ma scopre trattarsi di un ricognitore italiano precipitato in mare. Alle 12.20 la velocità viene nuovamente ridotta a 24 nodi, ed alle 14.00, essendo ormai evidente l’impossibilità di incontrare le forze nemiche, ormai tornate alla base, anche le unità italiane accostano per 340° e riducono la velocità a 20 nodi per rientrare alle loro basi. Alle 17.09 un caccia tedesco getta in mare, a sinistra delle navi, un fumogeno, segnale concordato per indicare l’avvistamento di un sommergibile, pertanto la formazione italiana accosta ad un tempo a dritta, per poi tornare sulla rotta 340° alle 17.21. Alle 22, in seguito a nuove disposizioni (trovarsi a 60 miglia per 180° da Nido alle cinque del mattino del 16, per un’eventuale ripresa dell’azione) la squadra di Iachino assume rotta 250°, ma tra le 22.30 e le 23, in seguito al rilevamento di aerei, accosta dapprima per 210° e poi (poco prima delle 23) per 260°. Poco dopo, tuttavia, iniziano ad accendersi dei bengala e quindi le navi italiane iniziano ad emettere cortine di nebbia, che risultano però meno dense ed efficaci rispetto alla notte precedente. Alle 23.26 ed alle 23.55 si accendono altri bengala a dritta e verso poppavia, e la seconda serie di bengala, a 4000 metri, vanifica l’effetto delle cortine fumogene. Le navi accostano rapidamente di 20° a sinistra, per lasciarsi a poppa i bengala, ma poco dopo se ne accendono altri a soli 2500 metri. I cacciatorpediniere (cui poi si uniscono le corazzate) dirigono il tiro di tutte le mitragliere su un aerosilurante britannico, in avvicinamento da circa 20° di prora a dritta, che riesce ad avvicinarsi a circa 1000 metri prima di sganciare: alle 23.40 la Littorio viene colpita da un siluro a prua dritta. Dopo essersi fermata per evitare una collisione con la Vittorio Veneto impegnata in manovre evasive, la corazzata colpita può rimettere in moto a 20 nodi, e la formazione assume rotta 340°, ma altri bengala si accendono a soli 2000 metri, quindi la formazione italiana accosta immediatamente ad un tempo a dritta assumendo rotta 50° per lasciarsi i bengala a poppa, ma non vi sono altri attacchi. Poco dopo mezzanotte viene ripresa rotta 350° (verso nord), mentre le navi italiane vengono infruttuosamente cercate da altri aerei. Non si verificano più attacchi aerei, ed all’1.18 viene fatta cessare l’emissione di cortine e si ritorna in formazione, con rotta su Taranto. Alle 5.06 la squadra accosta per 315° apprestandosi ad imboccare la rotta di sicurezza, procedendo a zig zag e poi eseguendo diverse accostate in seguito ad avvistamenti, veri o presunti, di periscopi nemici; verso le 9 un altro caccia tedesco getta in mare un fumogeno (così segnalando la presenza di un sommergibile) a dritta della formazione, che accosta immediatamente a sinistra. La rotta di sicurezza viene imboccata alle 10.35, ed alle 16 il gruppo «Littorio» attraversa le ostruzioni, giungendo poco dopo nel porto di Taranto.
22 giugno 1942
Il Folgore (ancora caposcorta) parte da Palermo per Bengasi alle 21.30 assieme alle torpediniere Castore, Orsa e Partenope, scortando un convoglio composto dalle moderne motonavi Nino Bixio e Mario Roselli.
23 giugno 1942
All’alba il Folgore, che deve raggiungere Messina, lascia il convoglio e viene rilevato dal cacciatorpediniere Turbine (capitano di corvetta Granato), che diviene caposcorta. Giunge a Messina alle 6.18.
9 luglio 1942
Il Folgore parte da Patrasso alle 23 come caposcorta del convoglio «L», composto dalle motonavi Lerici e Ravello e scortato dal Folgore e dal Lampo.
10 luglio 1942
Alle 5.20 il convoglio «L» si congiunge al convoglio «O» (motonave Unione, scortata dal cacciatorpediniere Freccia e dalle torpediniere Partenope, Polluce e Calliope), formando così il convoglio «S» del quale è caposcorta il Freccia. Alle 10 si riunisce ai primi due un terzo convoglio, l’«N», proveniente da Argostoli con la motonave Apuania scortata dalle torpediniere Orsa e Pallade.
Alle 18 il Saetta raggiunge il convoglio per poi separarsene di nuovo dopo un’ora e mezza, seguito però da Lerici e Polluce; le tre navi fanno rotta per Suda.
11 luglio 1942
Unione, Apuania e Ravello giungono a Bengasi alle 7.40.
Le navi della scorta non entrano in porto, perché devono assumere la scorta di un altro convoglio in uscita: alle 17, infatti, Freccia (caposcorta), Folgore, Lampo, Orsa, Pallade e Calliope assumono la scorta del convoglio «Y», formato dalle motonavi Nino Bixio e Monviso dirette a Brindisi.
13 luglio 1942
Il convoglio arriva a Brindisi alle 13.50.
3 agosto 1942
Il Folgore salpa da Taranto alle 00.30 di scorta alla motonave tedesca Ankara, insieme ai cacciatorpediniere Freccia, Turbine e Grecale. Alle 9.30 il convoglio si unisce ad un altro proveniente da Brindisi, con le motonavi Sestriere e Nino Bixio scortate dai cacciatorpediniere Legionario (caposcorta, capitano di vascello Giovanni Marabotto) e Corsaro e dalle torpediniere Partenope e Calliope; si forma così un unico convoglio avente come caposcorta il Legionario. Quest’ultimo è dotato di radar tedesco tipo «De.Te.»; il Folgore è a sua volta munito di un nuovo ritrovato della tecnologia tedesca, l’apparato «Metox», in grado di rilevare le emissioni dei radiotelemetri di unità nemiche in un raggio di 150 km, indicando sia la presenza di radar sia se si sia stati individuati da essi.
Il convoglio (che trasporta in tutto 92 carri armati, 340 automezzi, 3 locomotive, una gru, 4381 tonnellate di carburanti e lubrificanti, 5256 tonnellate di altri materiali e 292 uomini) dispone anche, di giorno, di una poderosa scorta aerea, con velivoli sia della Regia Aeronautica che della Luftwaffe.
4 agosto 1942
Alle 18 si verifica un primo attacco di bombardieri statunitensi B-24 “Liberator”, senza alcun danno.
Alle 21.40 il convoglio si divide in due: l’Ankara dirige infatti per Tobruk scortata da Folgore, Turbine e Grecale, mentre le altre navi (suddivise a loro volta in due gruppi a seguito di un’avaria sulla Bixio) proseguono per Bengasi.
Avvistati da ricognitori nemici, i tre gruppi ne verranno continuamente tallonati; giungeranno poi gli attacchi aerei, che si protrarranno per quattro ore, durante la notte, con impiego di bengalieri e bombardieri che continueranno ad alternarsi su tutte e tre le formazioni, ma nessuna nave verrà colpita.
5 agosto 1942
Ankara, Folgore, Freccia, Turbine e Grecale arrivano a Tobruk a mezzogiorno.
6 agosto 1942
Il Folgore (ancora una volta caposcorta) salpa da Tobruk alle 19.45 scortando insieme alla Castore la motonave Apuania, diretta a Brindisi.
8 agosto 1942
Dopo aver sostato a Patrasso, il convoglio, cui si sono uniti il cacciatorpediniere Sebenico e la piccola motonave Abbazia, riparte alle 6.30 per poi arrivare a Brindisi alle 19.30.

La nave fotografata al Pireo il 23 ottobre 1942 (da www.regiamarinaitaliana.it

27 agosto 1942
Il Folgore parte dal Pireo all’una di notte, quale caposcorta della scorta (torpediniere Aretusa e Calliope oltre al Folgore) della motonave Unione, diretta a Bengasi. Alle sei del mattino si unisce alla scorta anche il cacciatorpediniere Saetta.
Alle 14.10 il sommergibile britannico P 35 (tenente di vascello Stephen Lynch Conway Maydon) avvista il convoglio che procede a 12-14 nodi su rotta 270° (225° dopo un’accostata effettuata alle 14.20), ed alle 14.29 lancia tre siluri in posizione 35°35’ N e 23°03’ E. Proprio mentre i siluri vengono lanciati, però, l’Unione compie un’altra accostata per 170°, così nessuna delle armi va a segno. Le navi italiane avvertono due esplosioni subacquee, ma non vedono scie di siluri.
Alle 22.30 il convoglio viene avvistato da ricognitori avversari, ed alle 23.45 hanno inizio gli attacchi aerei. Il Folgore viene lievemente danneggiato, senza perdite tra l’equipaggio.
28 agosto 1942
Senza aver subito altri danni, il convoglio giunge a Bengasi alle 14.15.
Alle 19 il Folgore ne riparte insieme a Da Recco (caposcorta), Saetta ed alla torpediniera Climene, scortando le motonavi Foscolo e Ravello.
30 agosto 1942
Alle 6.30 il convoglio giunge al Pireo.
4 ottobre 1942
Il Folgore (capitano di corvetta Renato D’Elia) salpa alle 24 da Bengasi insieme al cacciatorpediniere Nicolò Zeno (capitano di fregata Roberto Lo Schiavo) ed alla torpediniera Antares (capitano di corvetta Maurizio Ciccone), scortando la motonave Sestriere (carica di 3030 tonnellate di carburante, 1060 tonnellate di altri materiali, 70 tonnellate di munizioni, 28 carri armati e 144 veicoli) diretta a Bengasi. Sul Folgore è imbarcato un ufficiale di collegamento tedesco.
5 ottobre 1942
Alle 6.25 la scorta viene rafforzata dall’arrivo dei cacciatorpediniere Pigafetta (capitano di vascello Enrico Mirti della Valle), che diviene caposcorta, Saetta (capitano di corvetta Enea Picchio) e Camicia Nera (capitano di fregata Adriano Foscari). Per meglio godere della protezione della caccia aerea (la scorta aera sarà pressoché ininterrotta fino alla sera del 6), fino all’altezza di Creta il convoglio si mantiene vicino alla costa greca.
6 ottobre 1942
Alle 5.20 Zeno e Camicia Nera lasciano il convoglio e raggiungono Navarino.
Alle 10 Supermarina avverte il caposcorta che alle 8.15 il convoglio è stato avvistato da ricognitori, una trentina miglia ad est di Cerigotto. Tra le 12 e le 16 un piovasco e poi un banco di densa foschia danno ulteriore “protezione” al convoglio, privandolo però della scorta aerea.
Alle 17.40, trenta miglia ad ovest di Cerigotto, la Sestriere avvista aerei sospetti alla sinistra – sono quattro bombardieri quadrimotori, che volano ad alta quota in direzione del convoglio – e viene dato l’allarme aereo. La scorta aerea è costituita in questo momento da tre bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 e da altrettanti caccia Messerschmitt Me 111 della Luftwaffe.
Le navi della scorta aprono il fuoco con le mitragliere, ma alle 17.46 il tiro viene cessato perché inutile – gli aerei nemici volano troppo alti, oltre la portata delle armi di bordo – e superfluo – la scorta aerea sta passando al contrattacco. Uno degli aerei nemici è abbattuto da un caccia tedesco, gli altri tre attaccano alle 17.48; le loro bombe mancano di poco la Sestriere ed il Pigafetta, ma non ci sono danni. Inseguiti dai caccia tedeschi, i bombardieri si ritirano verso est, mentre alle 18 il convoglio può tornare ad assumere rotta e formazione originaria. Mezz’ora dopo gli aerei di scorta se ne vanno.
7 ottobre 1942
Il convoglio giunge a Bengasi alle 11.30, senza aver avuto altri problemi.
12 ottobre 1942
Folgore (capitano di corvetta Renato D’Elia) e Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Aldo Cocchia) e le torpediniere Ardito (tenente di vascello Emanuele Corsanego) e Clio (tenente di vascello Ugo Tonani) salpano da Brindisi alle 20 diretti a Bengasi, scortando la motonave D’Annunzio.
13 ottobre 1942
Alle 7, al largo di Corfù, si uniscono al convoglio la motonave Foscolo, il cacciatorpediniere Lampo (capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti) e la torpediniera Partenope (capitano di corvetta Pasquale Senese); caposcorta è sempre il Da Recco. Nonostante un temporale in corso, i velivoli della scorta aerea raggiungono il convoglio sin dalle prime luci dell’alba.
Alle 21.58 sia accende un bengala, lontano sulla dritta, e si sente rumore di aerei; pertanto viene dato l’allarme e tutte le navi iniziano ad emettere cortine nebbiogene. Alle 22 un aereo sgancia due bombe che cadono tra il Folgore (che si trova a poppavia del convoglio) e le motonavi; alle 23.07 si sente ancora rumore di aerei ed alle 23.30 si accendono tre nuovi bengala, sempre lontani e sulla dritta.
Alle 23.56 un aereo sgancia due bombe di piccolo calibro, che cadono cinque metri al traverso a sinistra del Folgore; le schegge delle bombe investono la nave, arrecandole modesti danni e ferendo non gravemente cinque serventi del complesso poppiero da 120 mm. Al tempo stesso, il Folgore avvista due aerei a circa 200 metri di quota ed apre il fuoco contro di essi, imitato dalle altre navi che procedono a poppa del convoglio.
14 ottobre 1942
Alle 00.30, quando il convoglio si trova a cento miglia da Bengasi, cessa l’allarme e si smette di emettere nebbia, dato che non si sentono più rumori di aerei da mezz’ora. Nessuna nave è stata colpita e nessuna, a parte il Folgore, ha subito alcun danno.
Il convoglio giunge a Bengasi alle 13.30.
Dopo appena mezz’ora Da Recco (caposcorta), Folgore, Lampo, Partenope, Ardito e Clio ne ripartono scortando la motonave italiana Sestriere e la tedesca Ruhr, scariche.
16 ottobre 1942
Alle 18 il convoglio si divide: Folgore e Partenope dirigono per Brindisi scortando la Ruhr, mentre le altre navi (tranne l’Ardito, che raggiunge Argostoli per avaria con l’assistenza della Clio) fanno rotta per Taranto.
17 ottobre 1942
Folgore, Partenope e Ruhr giungono a Brindisi alle 17. Il viaggio non è stato disturbato da attacchi.
29 ottobre 1942
Il Folgore (caposcorta, capitano di corvetta Renato D’Elia) e le torpediniere di scorta Ardito (tenente di vascello Emanuele Corsanego) ed Uragano (capitano di corvetta Luigi Zamboni) salpano da Taranto alle cinque del mattino, scortando la nave cisterna Portofino (carica di benzina, nafta e gasolio).
30 ottobre 1942
Alle 19.30 il convoglio giunge a Patrasso, dove sosta fino all’indomani.
31 ottobre 1942
Il convoglio riparte da Patrasso alle 6.30, con l’aggiunta del piroscafo Anna Maria Gualdi, del cacciatorpediniere Freccia (capitano di fregata Alvise Minio Paluello, che diviene il caposcorta) e della torpediniera Lupo (capitano di corvetta Giuseppe Folli). Le navi giungono al Pireo alle 20.45 e vi sostano.
2 novembre 1942
Il convoglio riparte dal Pireo alle 6.30; si sono aggregate altre due unità, la motonave Col di Lana ed il cacciatorpediniere tedesco Hermes.
3 novembre 1942
Intorno a mezzogiorno il convoglio viene avvistato da ricognitori nemici.
4 novembre 1942
Dopo essere stato infruttuosamente attaccate da bombardieri ed aerosiluranti dalle 00.15 alle 2.30, senza riportare danni (grazie alla stesura di cortine nebbiogene ed al fuoco contraereo), le navi raggiungono Bengasi alle 11.30.
Già alle 13 Freccia (caposcorta), Folgore, Ardito ed Uragano (per altra versione, anche la torpediniera Lupo ed il cacciatorpediniere tedesco Hermes) ripartono di scorta alla motonave Monginevro.
5 novembre 1942
Alle 23 il Freccia lascia il convoglio, ed il ruolo di caposcorta passa al Folgore.
6 novembre 1942
Il convoglio giunge a Brindisi alle 6.45.
13 novembre 1942
Il Folgore parte da Napoli a mezzogiorno, di scorta alla motonave Città di Tunisi diretta a Biserta.
14 novembre 1942
All’1.30 la scorta viene rinforzata dalla torpediniera Uragano. Il Folgore è caposcorta.
Alle 11.30 il convoglio giunge a Biserta.
15 novembre 1942
Folgore (caposcorta) ed Uragano ripartono da Biserta alle 17.15, scortando la Città di Tunisi ed un’altra motonave scarica, la Caterina Costa.
16 novembre 1942
Il convoglio giunge a Palermo alle 18.40; qui rimane la Città di Tunisi, mentre le altre navi proseguono per Napoli.
18 novembre 1942
Caterina Costa e scorta giungono a Napoli alle 22.30.
26 novembre 1942
Il Folgore (capitano di corvetta Renato D’Elia) ed i cacciatorpediniere Mitragliere (caposcorta, capitano di vascello Giuseppe Marini) e Corazziere (capitano di fregata Antonio Monaco di Longano) partono da Palermo per Biserta alle 22.15 (o 22.20), scortando il convoglio «G», formato dalle motonavi Città di Napoli e Città di Tunisi.
27 novembre 1942
Nelle prime ore della notte, tra Capo Gallo e Capo San Vito, il convoglio «G» (che procede a 15 nodi con le due motonavi in linea di fronte, il Folgore a dritta, il Mitragliere a sinistra ed il Corazziere in posizione avanzata a proravia) incontra il convoglio «LL», in navigazione da Tripoli a Palermo con i piroscafi Zenobia Martini e Giuseppe Leva e la torpediniera Circe (con i piroscafi in linea di fila e la torpediniera in scorta avanzata a proravia). Le condizioni di visibilità, grazie alla luce lunare, sono eccellenti; i due convogli – che sanno del previsto incontro – si avvistano già da grande distanza e seguono le rispettive rotte senza incertezze. Il convoglio «G», dato che tra le navi c’è una distanza più che adeguata a fargli passare in mezzo il convoglio «LL» (che ha rotta opposta e velocità 7 nodi), prosegue senza mutare rotta e formazione, ma all’1.13 – nel punto 38°14’ N e 12°27’ E – la Circe, per una sua manovra errata, taglia la rotta alla Città di Tunisi, che la sperona. La torpediniera affonda rapidamente spezzata in due; il Folgore, su ordine del caposcorta, può soltanto salvare i superstiti, 99 su un equipaggio di 165 uomini. Aggregatosi al convoglio «LL», il Folgore giunge a Palermo alle dieci, insieme a Leva e Martini, e qui sbarca i naufraghi. La Città di Tunisi, danneggiata, ripara a Trapani con la Climene, mentre la Città di Napoli prosegue da sola per Biserta (dove giungerà senza danni).
Alle 21.15 la Città di Tunisi riparte da Trapani scortata dalla Climene; il Folgore e la torpediniera di scorta Animoso vanno a rafforzarne la scorta (cui più tardi si aggiungerà anche l’incrociatore ausiliario Brindisi).
28 novembre 1942
Il convoglio viene ripetutamente attaccato da aerei; alle 3.57 un aerosilurante lancia un siluro, che viene evitato, e mitraglia la Climene, causando due vittime. Le navi giungono a Biserta alle 13 del 28.
Alle 20 il Folgore, ripartito, va a rafforzare la scorta (cacciatorpediniere Maestrale, caposcorta capitano di vascello Riccardo Pontremoli, e torpediniera di scorta Animoso, tenente di vascello Camillo Cuzzi) della Città di Napoli, in navigazione di ritorno da Biserta a Palermo.
Alle 22.40 la Città di Napoli viene scossa da un’esplosione a prua, affondando dopo 50 minuti in posizione 38°13’ N e 12°20’ E (a nord di Capo San Vito siculo); il suo equipaggio verrà tratto in salvo dai cacciatorpediniere, ad eccezione di un uomo. Sulle prime si pensa ad un attacco di sommergibili, ma in base all’osservazione ecogoniometrica prima e dopo l’affondamento, si conclude infine che la nave abbia urtato una mina alla deriva.
 

Il Folgore (in prima fila) ed i tre gemelli alla boa nel Canale della Giudecca (Venezia) a fine anni ’30 (foto Baschetti, Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it). L’intera classe sarebbe andata perduta sulle rotte dei convogli.

Lo scontro del banco di Skerki

Alla fine del novembre 1942 il comandante del Folgore, Renato D’Elia, venne sostituito dal capitano di corvetta Ener Bettica, che fino a pochi giorni prima aveva comandato il Centro Studi ed Esperienze dei Servizi Ottici della Regia Marina (solo dopo molte insistenze, era riuscito infine ad ottenere un comando in mare).
Di lì a poco, il Folgore venne assegnato alla scorta del convoglio «H», in partenza per la Tunisia. La scorta era piuttosto consistente: oltre al Folgore, comprendeva anche i cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Aldo Cocchia) e Camicia Nera (capitano di fregata Adriano Foscari) e le torpediniere Procione e Clio.
Nel 1940 il comandante Bettica aveva comandato la torpediniera Polluce, con la quale aveva affondato il sommergibile britannico Grampus; da allora, però, erano passati più di due anni, e questa era per lui la prima missione di guerra dal 1940.
Quando il convoglio «H» lasciò Palermo, alle dieci del mattino del 1° dicembre 1942, lo formavano tre bastimenti, ossia i trasporti truppe Aventino e Puccini ed il piccolo trasporto militare tedesco KT 1. Prima di imboccare la rotta del Canale di Sicilia, il convoglio passò davanti a Trapani, da dove uscì, alle 15.30, il traghetto requisito Aspromonte, che gli si aggregò.
La destinazione era Biserta; il carico, 1766 tra ufficiali e soldati in prevalenza della Divisione «Superga» (equamente distribuiti su Aventino e Puccini), 698 tonnellate di rifornimenti (di cui 120 di munizioni, il tutto sul KT 1), dodici pezzi da 88 mm con le relative dotazioni, 32 veicoli e quattro carri armati.
Le navi del convoglio «H» non sarebbero state sole per mare quella notte: ben tre altri convogli, infatti, si trovavano in navigazione nel Canale di Sicilia. Il «B», con cinque mercantili (piroscafi Arlesiana, Achille Lauro, Campania, Menes e Lisboa) e cinque navi scorta (le torpediniere Sirio, Groppo, Orione, Pallade ed Uragano) era diretto da Napoli verso la Tunisia, il «C» con tre trasporti (piroscafi Chisone e Veloce e cisterna militare Devoli) e quattro torpediniere per la scorta (Lupo, Ardente, Aretusa e Sagittario) procedeva da Napoli verso Tripoli, ed il «G» (nave cisterna Giorgio scortata dal cacciatorpediniere Lampo e dalla torpediniera Climene) era in rotta da Palermo a Tunisi.
I comandi britannici non erano all’oscuro di questi movimenti, e si erano preparati di conseguenza. Sino a quel momento il traffico con la Tunisia non era stato granché disturbato, perché gli Alleati avevano preferito concentrarsi sulla distruzione degli ultimi convogli per la Libia e necessitavano di tempo per riorganizzare le loro forze nel Nordafrica francese appena occupato; ma ora le cose sarebbero cambiate. A Bona, in Algeria, era stata costituita una forza navale leggera incaricata, come la Forza K aveva fatto un anno prima, di compiere scorrerie ai danni dei convogli italiani: la Forza Q. Questa formazione era composta da tre incrociatori leggeri, l’Aurora (nave di bandiera del viceammiraglio C. H. J. Harcourt) che proprio della Forza K era un reduce (il suo comandante, capitano di vascello William Gladstone Agnew, era stato il comandante della Forza K nel 1941), il Sirius (capitano di vascello Patrick William Beresford Brooking) e l’Argonaut (capitano di vascello Eric William Longley Longley-Cook), e da due cacciatorpediniere, il Quiberon (della Marina australiana, al comando del capitano di fregata Hugh Walters Shelley Browning) ed il Quentin (capitano di corvetta Allan Herbert Percy Noble).
Nel pomeriggio del 1° dicembre si erano susseguiti gli avvistamenti dei convogli italiani da parte dei ricognitori britannici: per primo il «B», alle 14.40, poi il «C», alle 15, seguito dal «G» un quarto d’ora dopo. L’unico convoglio che non era ancora stato avvistato al momento della partenza della Forza Q – le 17.30 – era proprio quello che ne sarebbe caduto vittima, l’«H». Questo fu infatti avvistato solo alle 20.15.
D’altra parte, i britannici disponevano di altri mezzi, altrettanto efficaci, per sapere se e quali convogli italiani sarebbero stati in mare. Già il 29 novembre “ULTRA” aveva decrittato messaggi italiani ed appreso che Puccini, Aventino, KT 1, Giorgio ed Anna Maria Gualdi (quest’ultimo rimase poi in porto per avaria) sarebbero dovuti partire da Palermo alle 6.30 del 1° dicembre, i primi tre diretti a Biserta e gli ultimi due a Tunisi, dopo che la loro partenza era stata ritardata di 24 ore; e che al largo di Trapani si sarebbe unito a loro l’Aspromonte, dopo di che avrebbero imboccato il canale di Sicilia alla velocità di 9 nodi. Nel comunicare tali informazioni ai comandi mediterranei, l’Operational Intelligence Centre dell’Ammiragliato britannico aveva persino suggerito quale arma fosse più conveniente impiegare contro il convoglio: la Forza Q. Il 1° dicembre “ULTRA” fece avere maggiori particolari sui convogli «G» e «H».
Dopo aver lasciato Bona, le navi di Harcourt assunsero la velocità di 27 nodi, dirigendo verso il banco di Skerki, presso la costa tunisina. Lì sarebbero dovuti passare i convogli diretti in Tunisia.
In base alle notizie a sua disposizione, Harcourt ritenne di poter intercettare i convogli «G» e «H», che dovevano navigare piuttosto vicini; quindi predispose la navigazione in modo da raggiungerli ed attaccarli di sorpresa, con l’ausilio del radar.
Supermarina non era a sua volta all’oscuro di quanto stava accadendo. Aveva intercettato tutti i segnali di scoperta dei ricognitori britannici, sin dal 30 novembre (quando i convogli «B» e «C» erano stati avvistati a sudovest di Napoli, verso le 23); e com’era pratica comune, dopo averli decifrati li aveva ritrasmessi all’aria, così che i convogli in mare potessero sapere di essere stati avvistati, e dunque regolarsi di conseguenza.
Nemmeno la ricognizione dell’Asse era stata inattiva; la sera del 30 novembre ricognitori italo-tedeschi avevano avvistato forze leggere avversarie nel porto di Bona, e, intuendo correttamente che sarebbero state impiegate contro i convogli (si valutò che la distanza tra Bona e l’area di passaggio dei convogli «B» e «H» nella notte tra l’1 ed il 2 dicembre sarebbe stata percorribile in sei ore, se le navi britanniche avessero mantenuto una velocità attorno ai 30 nodi), Supermarina chiese che al tramonto del 1° dicembre venisse effettuata una nuova ricognizione sul porto di Bona.
Un aereo della Luftwaffe, accompagnato da un velivolo della Regia Aeronautica, venne pertanto inviato, ma nessuno dei due fece ritorno. Dopo insistenti richieste di Supermarina, l’Ufficio di collegamento con il Comando in Capo delle forze tedesche in Italia riferì del mancato rientro dei due aerei, spiegando che probabilmente erano stati entrambi abbattuti.
L’arrivo dei rifornimenti trasportati dai quattro convogli era molto urgente, dunque non si poteva rimandare l’operazione per un semplice avvistamento in porto di forze nemiche. C’era nel Canale di Sicilia, in quel momento, una squadriglia di cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Ascari) che aveva appena ultimato una missione di posa di mine; dato che il convoglio «H» era più veloce e dotato di maggior scorta del convoglio «B», ed in considerazione del fatto che alla mezzanotte del 1° dicembre il convoglio «H» avrebbe già goduto della “protezione” dei bassi fondali del banco Keith (situato sei miglia a nord del banco Skerki, presentava scogli affioranti e fondali che in alcuni punti non superavano i 7-8 metri) e dei tratti già posati dello sbarramento di mine in corso di realizzazione, Supermarina decise (alle 19.35) di inviare i tre cacciatorpediniere a rinforzare la scorta del convoglio «B» e non quella del convoglio «H».
Alle 22.40, un altro aereo tedesco avvistò casualmente un gruppo di cinque navi da guerra di medio tonnellaggio e tipologia imprecisata, con rotta stimata 90° (sbagliava di poco, era 104°) ed alta velocità, in posizione poi rivelatasi quasi esatta. Era la Forza Q. Sfortuna volle che la radio dell’aereo fosse guasta, quindi l’avvistamento poté essere riferito a Supermarina (mediante comunicazione telefonica di Superareo, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica) soltanto quando il velivolo atterrò, alle 23.30.
Alle 23.40 fu lanciato ai convogli il segnale di scoperta di questa forza navale.
Supermarina, intanto, fece le sue valutazioni. Il convoglio «C», unico diretto a Tripoli anziché in Tunisia, era troppo lontano dalla posizione della forza avvistata perché questa costituisse un pericolo (infatti ad attaccarlo furono inviati aerei e la Forza K da Malta); il convoglio «G» non poteva più essere minacciato, perché la minaccia nei suoi confronti si era già manifestata con successo. Ad attaccarlo erano stati aerosiluranti e alle 21.56 la Giorgio era stata colpita da un siluro: incendiata, in quel momento la Climene la stava rimorchiando verso Trapani.
Ne derivava che ad essere a rischio erano i convogli «B» e «H». Il secondo più del primo: era infatti in posizione più avanzata, e la sua rotta lo avrebbe portato con maggior probabilità ad incontrare le navi britanniche. L’ora a cui questo sarebbe avvenuto venne stimata, con notevole precisione, tra le 00.10 e le 00.30 del 2 dicembre.
Si valutò quindi se non sarebbe stato meglio far tornare indietro i due convogli. Per il «B» era possibile, anche se non venne ordinato, preferendo lasciare che fosse il caposcorta a decidere (avendo ricevuto il segnale di scoperta delle 23.40 ed un altro inviato dal Da Recco alle 00.30, aveva abbastanza elementi per poter decidere: e infatti decise a mezzanotte di tornare indietro, dirigendo prima per Palermo e poi per Trapani); per l’«H» sembrava già troppo tardi. Gli ordini di dirottamento dei convogli venivano di solito eseguiti solo 30-45 minuti dopo essere stati impartiti, a causa dei tempi necessari alla trasmissione e ricezione ed alle manovre; ciò comportava che un ordine che il convoglio «H» invertisse la rotta avrebbe fatto sì che la Forza Q lo raggiungesse proprio mentre era in corso la manovra per invertire la rotta, cioè proprio in un momento di massimo disordine, in cui il convoglio sarebbe stato preda più facile. Rischio per rischio, si preferì che il convoglio proseguisse almeno in formazione corretta e quindi non furono ordinati cambiamenti di rotta.
La formazione era così articolata: i mercantili procedevano su due colonne parallele, formando i quattro vertici di un quadrato di lato 800 metri; la colonna di dritta era costituita da Puccini (in testa) e KT 1 (in coda), quella di sinistra da Aventino (in testa) ed Aspromonte (in coda). Sui lati, alla stessa altezza dei mercantili di coda ed a 1500 metri di distanza da loro, c’erano sulla dritta il Camicia Nera e sulla sinistra la Clio; a prora dritta della Puccini, a 1700 metri di distanza, si trovava la Procione, ed a prora sinistra dell’Aventino, ad eguale distanza, il Da Recco. Il Folgore procedeva in coda al convoglio, a 1000 metri a poppavia di Aspromonte e KT 1, equidistante dalle due navi. La velocità del convoglio era di dieci nodi, la rotta di 245°.
Prima di salpare, il caposcorta Cocchia aveva diramato un ordine d’operazione che prevedeva che in caso di attacco da parte di navi nemiche la scorta le avrebbe attaccate, impegnandole a fondo e coprendo con cortine nebbiogene i mercantili, che avrebbero dovuto allontanarsi più rapidamente possibile; sarebbero stati esentati dal contrattacco il Folgore e la Clio, che sarebbero dovuti invece restare assieme ai trasporti.

Quando scese il buio della sera, l’orizzonte era coperto da un po’ di foschia, e la luna era nascosta da fitti banchi di nuvole.
Poco dopo le otto di sera del 1° dicembre comparvero i primi aerei avversari, che per le quattro ore successive continuarono a sorvolare il convoglio illuminandolo, ma senza portare a fondo i loro attacchi. Nel frattempo, a scopo difensivo, la distanza tra le colonne dei mercantili era stata raddoppiata, mentre quella tra i mercantili e le navi scorta era stata ridotta (così che queste ultime potessero più agevolmente coprire i trasporti con cortine di neggia).
Già dalle 20 il Folgore informò il caposcorta della presenza in zona di alcuni radar (rilevati dal suo «Metox»), e poco dopo aggiunse che distavano circa 50 km e li avrebbero raggiunti entro 8-10 minuti; si trattava dei radar degli aerei. Le navi della scorta iniziarono ad emettere cortine fumogene, e dalle 20.30 iniziarono a piovere i primi bengala. Da lì in poi la luminaria non si spense più; bengala continuavano ad accendersi anche a gruppi di 4-5-6 ai lati del convoglio, mentre il «Metox» del Folgore continuava a rilevare le emissioni di numerosi radar attorno a loro.
Anche un sommergibile tentò di attaccare il convoglio, della cui presenza era stato informato: il Seraph (tenente di vascello Norman Limbury Auchinleck Jewell) avvistò le navi italiane alle 21.55 e si avvicinò per attaccare, ma alle 23.39 uno dei bengala che venivano continuamente lanciati da aerei alleati cadde proprio dietro il sommergibile; vedendo uno dei cacciatorpediniere della scorta avvicinarsi ad alta velocità, Jewell credette d’essere stato avvistato e s’immerse alle 23.43. Il cacciatorpediniere passò nei suoi pressi, poi si riunì al convoglio.
Ricevuto alle 23.40 il segnale di scoperta della Forza Q, il caposcorta Cocchia (che aveva intanto inviato la Procione a proravia del convoglio per effettuare dragaggio, in conformità con un ordine giunto alle 23.30) chiese ordini alle 00.01 del 2 dicembre, ma subito dopo decise autonomamente di far spostare il con voglio di tre miglia verso sud; non di più, perché sapeva che in zona c’erano vasti campi minati, ma non ne conosceva la precisa ubicazione. A tale scopo, alle 00.05 ordinò a tutte le navi di accostare di 90° a un tempo sulla sinistra (così assumendo rotta 150°); poi, alle 00.17, diede ordine di accostare a un tempo sulla dritta per riassumere la rotta 245°.
Questi ordini, tuttavia, ebbero l’involontario effetto di precipitare il convoglio nel caos. La Puccini, infatti, non ricevette il secondo ordine (delle 00.17) a causa della sua radio malfunzionante e proseguì sulla sua rotta, così speronando l’Aspromonte; nessuna delle due navi riportò danni gravi, ma entrambe si fermarono e rimasero indietro. Come se non bastasse, il KT 1, che era sprovvisto di radio ed aveva l’ordine di seguire la Puccini ed imitarla nelle manovre, fu perso di vista dopo le 00.05: perse il contatto col convoglio e, non sapendo cosa fare, proseguì da solo nella notte.
Nel frattempo, a mezzanotte, il Seraph era riemerso. Alle 00.07, in posizione 37°42’ N e 11°03’ E, il sommergibile lanciò tre siluri da 4570 metri, contro il mercantile di testa; Jewell avrebbe voluto lanciarne sei, ma vide che i primi due avevano corsa irregolare e decise quindi di interrompere la salva.
I siluri non andarono a segno, anche se le navi del convoglio avvertirono due esplosioni subacquee poco prima della collisione tra Aspromonte e Puccini.
Limbury s’immerse per sfuggire alla reazione della scorta; quando più tardi sarebbe riemerso, avrebbe visto una nave in fiamme e creduto di aver colpito, ma senza sapere che in realtà la Forza Q era già passata all’attacco.
Dopo la collisione, il Folgore si avvicinò a circa 200 metri dalla Puccini per segnalarle la rotta da assumere. Nelle vicinanze c’erano anche l’Aspromonte e la Clio, che aveva ricevuto ordine di assisterlo; il Da Recco era 6 km a proravia di questo gruppetto, seguito di meno di un chilometro dall’Aventino – unico mercantile che avesse eseguito correttamente e senza incidenti la manovra – mentre la Procione era 2-3 km a proravia del Da Recco, il Camicia Nera a metà strada tra l’Aventino ed il gruppo che includeva il Folgore, ed il KT 1 circa 3,5 miglia a nordovest del Da Recco.
Proprio in mezzo a questa confusione, secondo i peggiori timori di Supermarina, sopraggiunse la Forza Q. Le navi britanniche procedevano in linea di fila a 20 nodi: nell’ordine l’Aurora, il Sirius, l’Argonaut, il Quiberon e per ultimo il Quentin.
Alle 00.21 il radar dell’Aurora rilevò le navi del convoglio «H».
Alle 00.30 il Da Recco chiese ordini a Supermarina in base all’avvistamento delle 22.40.
Il KT 1, procedendo da solo nell’oscurità, si cacciò per primo, inconsapevolmente, nella bocca del leone. Alle 00.37 l’Aurora ed il Sirius aprirono il fuoco da soli 1700 metri contro la sfortunata nave tedesca. Tre minuti dopo era tutto finito: il KT 1 era affondato, con il suo intero equipaggio. Nessun superstite.
La Forza Q diede inizio ad una lenta accostata sulla dritta, poi (tra le 00.45 e le 00.50) intraprese un’ancor più lenta accostata sulla sinistra ed all’1.04 assunse rotta per nordest, avvolgendo l’intero convoglio da sud.
Alle 00.38, subito dopo che la Forza Q ebbe aperto il fuoco contro il KT 1, il caposcorta Cocchia trasmise via radio a tutte le sue unità l’ordine: «Andate all’attacco». Non era più rivolto alle sole tre unità previste dall’ordine d’operazione, ma anche a Folgore e Clio: la forza attaccante era di entità tale che si rendeva necessario impiegare tutte le siluranti a disposizione per il contrattacco.
Dato che la Forza Q era a nord del gruppo principale del convoglio (formato da Folgore, Aspromonte, Puccini e Clio), il Folgore si veniva anzi a trovare, insieme al Camicia Nera, nella posizione tattica più favorevole all’attacco silurante.
Il comandante Bettica non attese neppure l’ordine di contrattacco del caposcorta (che lo raggiunse qualche secondo dopo): non appena vide le vampe dei primi colpi tirati dalle navi britanniche contro il KT 1, lanciò la sua nave all’attacco.
Alle 00.47 il Folgore lanciò una prima salva di tre siluri, verso sinistra, da 1000-1500 metri (a dirigere il lancio fu il tenente del Genio Navale Vincenzo Berler); il bersaglio era l’Aurora, che fu però mancata. Dopo aver comunicato il lancio al Da Recco ed aver accostato a dritta per disimpegnarsi, il cacciatorpediniere si accorse della presenza del Sirius, che aveva puntato un proiettore contro un mercantile: interruppe allora la manovra di disimpegno, virò nuovamente a sinistra ed alle 00.50.30 lanciò tre siluri contro il Sirius. Ritenendo – in errore – di averne messi a segno due (in realtà nessuno aveva colpito il bersaglio), il Folgore riferì al Da Recco del nuovo lancio, proseguì l’accostata a sinistra e prese rotta di allontanamento verso est/sudest, aprendo al contempo il fuoco con i propri cannoni. Ciò destò tuttavia la violenta reazione della Forza Q: dalle 00.52 alle 00.55 l’Argonaut sparò ben undici salve sul Folgore con i suoi cannoni a tiro celere; alle 00.59 anche l’Aurora tirò contro il cacciatorpediniere, centrandolo ed incendiandolo.
Nel giro di qualche minuto, il Folgore venne centrato da nove proiettili da 133 mm, e poi da altri ancora, da 133 e da 152 mm. I colpi giunti a bordo scatenarono diversi incendi, falcidiarono l’equipaggio e causarono danni gravissimi in parti vitali della nave. La nave di Bettica continuò comunque a sparare finché non si esaurirono le riservette di munizioni dei cannoni. A quel punto, dato che i danni subiti e le perdite tra l’equipaggio non permettevano di rifornire ulteriormente i cannoni dai depositi munizioni principali, il Folgore cessò il fuoco.
Il malridotto cacciatorpediniere si trascinò ancora per venti minuti alla notevole velocità di 27 nodi; la nave accostò per 340° nel tentativo di dirigere verso Cagliari, porto italiano più vicino, e si tentò in ogni modo di fermare o contenere il crescente sbandamento (i tentativi di salvare la nave furono diretti dal direttore di macchina, capitano del Genio Navale Mario Valvason, e dal tenente del Genio Navale Berler), ma all’1.15 il Folgore era ormai sbandato di 20° a dritta, e l’acqua stava per riversarsi negli osteriggi ed allagare l’interno dello scafo. Il comandante Bettica si consultò con il direttore di macchina Valvason, poi ordinò di fermare le macchine, far salire in coperta l’equipaggio ed abbandonare la nave. Lui, invece, rimase a bordo per seguire la sorte del suo cacciatorpediniere.
Così Aldo Cocchia, caposcorta del convoglio «H», ricordò la fine del Folgore: “Il Fologore fece a un dipresso la mia stessa manovra; partendo però da posizione più vantaggiosa della mia, poiché era l’ultimo della formazione, riuscì ad arrivare sul nemico più presto di me. Ci arrivò infatti dopo circa mezz’ora di ricerca e ingaggiò brevemente il combattimento. Il capitano di corvetta Ener Bettica, comandante del Folgore, non contò gli avversari e non si perse in sottilizzazioni; apparteneva alla scuola di coloro (ed erano tanti in Marina) che non conoscevano altra tattica se non quella di dare addosso al nemico ad ogni costo e attaccò col cannone, col siluro, con le mitragliere. Fu il combattimento del Folgore a svelarmi la posizione delle navi britanniche che io cercavo.
Vidi d’un tratto accendersi proiettili illuminanti in vari punti dell’orizzonte e un rapido e vivace scambio di codette luminose. Ce n’erano di tutti i colori: verdi, gialle, azzurre, rosse. (…) Alle varie luci accese si aggiunsero ben presto le dritte lame bianco-azzurre dei proiettori e i globi incandescenti delle mitragliere da 20. Il Folgore, piccolo, vecchio cacciatorpediniere, veterano di tante scorte, provato in mille contingenze, reggeva da solo, con eroismo, che un giorno apparirà leggendario, tutto il peso del combattimento. Avvistate e raggiunte le navi che ci avevano attaccato, lancia una parte dei suoi siluri contro la più grossa di esse. Scoperto dalle navi nemiche, è fatto segno al fuoco violentissimo delle artiglierie britanniche che lo colpiscono una, due volte, ma Bettica, l’abbiamo detto, non uomo da rompere il contatto per così poco. Fallito il primo lancio, continua nell’azione, risponde al fuoco nemico, cerca di migliorare la sua posizione rispetto all’unità contro la quale vuol ripetere il lancio. È ancora colpito a più riprese, va avanti; gli si incendia una delle motrici, va avanti; serra le distanze; contro di lui, al fuoco delle artiglierie, si aggiunge quello delle mitragliere, va avanti; risponde con le proprie armi alle armi nemiche, lancia tutti i siluri che gli sono rimasti. 3 incrociatori, 6 cacciatorpediniere non riescono a fermare Bettica nella sua eroica corsa, non riescono a impedire al Folgore il lancio dei suoi ultimi siluri da distanza ravvicinatissima. Uno degli incrociatori è colpito due volte, forse affonda [Cocchia scrisse queste pagine tra il 1942 ed il 1944, dunque potendosi basare solo sull’apprezzamento da parte italiana; non poteva sapere che in realtà i siluri del Folgore non avevano colpito alcuna nave]. Sul Folgore divampa un forte incendio a poppa, la prora è crivellata di colpi, una motrice è inutilizzata, sulla plancia sono tutti morti o feriti, eppure il caccia italiano combatte ancora, cammina, portato dalla volontà del suo indomito comandante più che dall’unica elica ancora girante, vuole ancora avventarsi sul nemico. Inquadrato dai proiettori che permettono alle navi britanniche di meglio centrarlo, affonda prima che il suo ultimo cannone e la sua ultima mitragliera abbiano smesso di sparare.
Mai medaglia d’oro fu più meritata di quella decretata alla memoria del capitano di corvetta Ener Bettica.”
All’1.16 il Folgore si capovolse ed affondò nel punto 37°43’ N e 11°16’ E, portando con sé il comandante Bettica e oltre metà dell’equipaggio.
I naufraghi trascorsero tutta la notte sulle zattere, o in acqua. A quanti erano morti nel combattimento od affondati con la nave, si aggiunsero quelli che non riuscirono a resistere al freddo per tante ore. Il guardiamarina Giuseppe “Geppino” D’Amato, salito su una zattera, vide in acqua un commilitone ferito; scese allora dal galleggiante per cedergli il suo posto, ma morì d’ipotermia nell’acqua gelida.
Il direttore di macchina Valvason ed il tenente del Genio Navale Berler si prodigarono nell’assistenza ai loro uomini, cercando di tenerne in vita quanti più possibile.
In tutto, del Folgore morirono 4 ufficiali, 13 sottufficiali e 107 tra sottocapi e marinai.

Non ebbe miglior sorte il resto del convoglio. Alle 00.53 la Procione, mentre tentava di portarsi al contrattacco, venne colpita dal Sirius e costretta a ritirarsi con gravi danni.
Dopo il KT 1, primo ad essere affondato fu l’Aventino: cannoneggiato dall’Aurora e dall’Argonaut e silurato da quest’ultimo o dal Sirius, affondò alle 00.55, trascinando con sé quasi un migliaio di uomini.
La Puccini, cannoneggiata da tutte e cinque le navi della Forza Q, fu immobilizzata all’1.08 ed abbandonata dall’equipaggio e dalle truppe imbarcate, che perirono in mare a centinaia. Rimasta a galla benché divorata dagli incendi, sarebbe stata finita il giorno seguente dal Camicia Nera, nell’impossibilità di rimorchiarla.
L’Aspromonte, che in un primo momento sembrava essere riuscito a sottrarsi al massacro, venne poi raggiunto, cannoneggiato dall’Aurora ed affondato all’1.29.
Il Da Recco, andato con decisione al contrattacco, venne individuato e cannoneggiato all’1.35 dal Sirius, dal Quiberon e dal Quentin: il suo deposito munizioni prodiero deflagrò, devastando la nave ed uccidendo od ustionando più di metà dell’equipaggio. Nonostante i danni tremendi, la nave non affondò.
Completata la propria opera di distruzione, la Forza Q si allontanò dal luogo dello scontro, assumendo rotta per Bona. Le navi britanniche non avevano subito alcun danno nel combattimento; durante la navigazione di rientro, invece, subirono la perdita del Quentin, affondato da aerosiluranti tedeschi.
Le perdite umane nello scontro, da parte italo-tedesca, furono terribili: in tutto morirono 2200 uomini. Oltre ai 124 morti del Folgore, persero la vita in combattimento od in mare 1527 dei 1766 soldati imbarcati su Aventino e Puccini, 118 uomini del Da Recco, 41 militari dell’Aspromonte (iscritto nei ruoli del naviglio ausiliario dello Stato), 3 della Procione e circa 400 tra marittimi civili o militarizzati dei mercantili e personale tedesco del KT 1. Tra tutte le battaglie navali combattute nel Mediterraneo, solo quella di Capo Matapan fu più sanguinosa.

Il mattino seguente, le acque del banco di Skerki si riempirono di navi soccorritrici, impegnate nell’assistenza alle unità danneggiate e nel salvataggio dei naufraghi.
I cento sopravvissuti del Folgore, insieme a dieci dell’Aventino ed a tredici cadaveri di uomini del cacciatorpediniere (tra cui quello del comandante Bettica), vennero recuperati tra le 9.10 e le 14 del 2 dicembre dalla torpediniera Partenope (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli), che aveva diretto sul posto d’iniziativa insieme alla gemella Perseo. Sbarcati a Trapani, i naufraghi furono portati all’ospedale di Torrebianca.
Alla memoria del comandante Bettica venne conferita la Medaglia d’oro al Valor Militare; la Marina gli ha intitolato nel 2000 un pattugliatore della classe Comandanti.
Furono decorati con la Medaglia d’Argento al Valor Militare il tenente del Genio Navale Vincenzo Berler (a vivente, per il suo ruolo nei tentativi di salvare la nave e nella messa in salvo dell’equipaggio), il sergente cannoniere Pietro Costa (alla memoria: ferito gravemente, non aveva voluto lasciare il suo posto), il capo elettricista Augusto Panizza (alla memoria) ed il direttore di macchina Mario Valvason (a vivente). La Medaglia di Bronzo al Valor Militare venne conferita al sergente cannoniere Girolamo Girlanda, al sottotenente di vascello Alberto Marchetti, al sottotenente CREM Luigi Gamba, al sottotenente di vascello Franco Ceccaci ed al secondo capo meccanico Mario Cecchini, ed alla memoria del sergente cannoniere Gaetano Giarrizza, del marinaio fuochista Mario Godina, del capo radiotelegrafista di terza classe Francesco Leonetti, del sottocapo cannoniere Ferruccio Mariottini, del capo S. D. T. di terza classe Raffaele Martinis, del sergente meccanico Pierino Pertegatto, del sergente cannoniere Pasquale Rea, del sottotenente del Genio Navale Vincenzo Bertoncin e del sottocapo cannoniere Enrico De Pippo.


Morirono col Folgore:

Giuseppe Africano, marinaio cannoniere, disperso
Mario Angelantonio, sottocapo silurista, disperso
Arrigo Antichi, marinaio radiotelegrafista, disperso
Valentino Arecco, marinaio, disperso
Francesco Argentini, marinaio elettricista, disperso
Giuseppe Arizzi, sottocapo cannoniere, disperso
Gennaro Autiero, marinaio silurista, disperso
Michele Balestriere, marinaio, disperso
Luigi Baroncelli, sottocapo cannoniere, disperso
Pietro Belleri, marinaio cannoniere, disperso
Marino Bello, sergente furiere, deceduto
Domenico Beltrame, sottocapo nocchiere, disperso
Vincenzo Bertoncin, aspirante (Genio Navale), deceduto
Olinto Bertoni, capo silurista di seconda classe, disperso
Mario Berzuini, marinaio cannoniere, deceduto
Ener Bettica, capitano di corvetta (comandante), deceduto
Mario Billo, secondo capo furiere, disperso
Enrico Biraghi, marinaio, disperso
Amilcare Bonandi, marinaio torpediniere, disperso
Pietro Bonardi, marinaio fuochista, disperso
Gavino Bonetto, marinaio fuochista, deceduto
Daniele Borroni, marinaio fuochista, disperso
Bartolomeo Bovone, marinaio meccanico, deceduto
Oddo Brardinelli, marinaio, deceduto
Leo Brizzolara, marinaio, disperso
Rino Brugioni, sottocapo cannoniere, disperso
Francesco Caiffa, sottocapo radiotelegrafista, disperso
Vittorio Calcinaro, marinaio, disperso
Gino Casalini, sottocapo fuochista, deceduto
Loris Castagna, marinaio fuochista, disperso
Gino Castiglioni, sottocapo S. D. T., disperso
Giuseppe Cavallaro, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Cester, secondo capo meccanico, disperso
Mario Consalvo, sottocapo silurista, disperso
Pietro Costa, sergente cannoniere, disperso
Giuseppe D’Amato, guardiamarina, deceduto
Eugenio Luigi D’Ambra, capo fuochista di terza classe, disperso
Francesco D’Amico, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe D’Argenio, secondo capo cannoniere, deceduto
Salvatore D’Orio, secondo capo furiere, disperso
Raffaele Daniele, marinaio cannoniere, disperso
Michele Dapas, marinaio, disperso
Luigi De Angeli, marinaio cannoniere, deceduto
Giulio De Iacobis, marinaio fuochista, disperso
Enrico De Pippo, sottocapo cannoniere, disperso
Aldo Del Ciondolo, marinaio cannoniere, disperso
Tolmino Del Grande, marinaio cannoniere, disperso
Attilio Della Rovere, sottocapo cannoniere, disperso
Giovanni Delle Vacche, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Di Giacomo, sottocapo nocchiere, disperso
Domenico Di Palo, sottocapo motorista, deceduto
Primo Dina, sottotenente di vascello, deceduto
Mario Esposito, marinaio cannoniere, disperso
Luigi Europeo, sottocapo fuochista, deceduto
Andrea Fancellu, marinaio meccanico, disperso
Bruno Fenzi, marinaio fuochista, disperso
Carlo Fiandro, sergente segnalatore, disperso
Pietro Floro, sottocapo cannoniere, deceduto
Guido Forlani, marinaio, deceduto
Mario Franchioni, sottocapo fuochista, disperso
Pietro Gelfi, marinaio fuochista, deceduto
Antonio Gentile, marinaio, disperso
Gaetano Giarrizzo, sergente cannoniere, disperso
Giuseppe Gigliotti, marinaio elettricista, disperso
Attilio Gillardoni, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Giordano, sottocapo cannoniere, deceduto
Attilio Girardi, sergente cannoniere, disperso
Elio Giusberti, sottocapo motorista, deceduto
Francesco Gliozzi, marinaio, disperso
Mario Godina, marinaio fuochista, disperso
Andrea Grillo, sergente furiere, disperso
Gaetano Giulizia, marinaio, disperso
Francesco Inverni, sottocapo cannoniere, deceduto
Salvatore La Barbera, marinaio, disperso
Dionisio Leban, sottocapo meccanico, disperso
Francesco Leo, marinaio fuochista, disperso
Francesco Leonetti, capo radiotelegrafista di terza classe, disperso
Vito Marco Lizza, sottocapo cannoniere, disperso
Gaetano Longotano, marinaio fuochista, deceduto
Giovanni Maestro, marinaio fuochista, disperso
Gaspare Manuele, marinaio S. D. T., disperso
Pietro Marchese, marinaio fuochista, disperso
Vito Pietro Marinosci, secondo capo cannoniere, disperso
Ferruccio Mariottini, secondo capo cannoniere, disperso
Domenico Martini, sergente cannoniere, disperso
Raffaele Martinis, capo S. D. T. di terza classe, disperso
Giuseppe Menegardo, sottocapo meccanico, deceduto
Achille Morelli, marinaio, disperso
Luigi Morganti, marinaio fuochista, disperso
Dante Odone, marinaio, disperso
Biagio Palomba, marinaio, disperso
Augusto Panizza, sottocapo elettricista, disperso
Remo Papini, sottocapo elettricista, disperso
Nicola Paradiso, marinaio fuochista, disperso
Battista Paravisi, marinaio fuochista, deceduto
Antonio Pennini, marinaio, disperso
Guerrino Pernumian, sottocapo fuochista, disperso
Pietro Pertegato, sergente meccanico, disperso
Gaetano Pintacorna, marinaio cannoniere, disperso
Victor Pisani, secondo capo furiere, disperso
Giovanni Pitone, secondo capo cannoniere, disperso
Giovanbattista Quinci, marinaio, disperso
Pasquale Rea, sergente cannoniere, disperso
Paolo Luciano Rizza, marinaio fuochista, disperso
Ottaviano Rosso, marinaio meccanico, disperso
Giuseppe Santin, secondo capo cannoniere, disperso
Giuseppe Sardo, marinaio, disperso
Giuseppe Sassanelli, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Savastano, marinaio motorista, disperso
Raffaele Schivalocchi, sottocapo cannoniere, disperso
Salvatore Scorsone, marinaio, disperso
Domenico Serilli, marinaio, disperso
Mario Speroni, marinaio S. D. T., disperso
Pietro Strain, marinaio fuochista, disperso
Francesco Tempestini, sottocapo cannoniere, disperso
Cassiano Terzoli, marinaio nocchiere, disperso
Giuseppe Tirenna, marinaio, disperso
Rocco Tomeo, marinaio fuochista, disperso
Carlo Torra, marinaio S. D. T., disperso
Luigi Trezza, marinaio, disperso
Vittorio Veronesi, sergente radiotelegrafista, disperso
Luigi Vincelli, capo meccanico di seconda classe, disperso
Michele Volpe, secondo capo infermiere, disperso
Fernando Zanobini, sottocapo furiere, disperso

Il sottocapo fuochista Mario Franchioni, 23 anni, da Bergamo, morto sul Folgore (Famiglia Franchioni, via Rinaldo Monella/www.combattentibergamaschi.it)

Caduti in guerra tra l’equipaggio del Folgore, prima dell’affondamento:

Albano Caselli, marinaio cannoniere, deceduto il 3.3.1942
Giuseppe Cimador, sergente meccanico, deceduto in territorio metropolitano il 4.4.1942
Romolo Como, marinaio fuochista, deceduto in territorio metropolitano il 12.9.1941
Antonio Torrisi, marinaio, deceduto il 6.3.1942


La motivazione della Medaglia d’oro al Valor Militare conferita alla memoria del capitano di corvetta Ener Bettica, nato a Castagnole delle Lanze (Asti) il 15 febbraio 1907:

“Ufficiale Superiore di alte virtù combattive, chiedeva con insistenza di imbarcare su siluranti nonostante che per una sua specifica e geniale attività tecnica fosse destinato a conservare una destinazione terrestre.

Ottenuto il comando di un cacciatorpediniere, nel corso di un aspro combattimento notturno contro una formazione avversaria, composta di incrociatori e cacciatorpediniere, con impavido animo si lanciava due volte all'attacco delle unità nemiche e, incurante della violenta reazione, con freddo ardimento e serena abilità, riusciva a portare a segno i suoi siluri, dalle distanze più serrate, con sicuro effetto distruttivo di una delle navi avversarie.
Gravemente colpita la sua unità in più parti, trovandosi nel cuore della formazione nemica, ed esauriti i siluri, proseguiva per oltre mezz'ora di combattimento col cannone fino all'estremo limite di ogni possibilità.
Dopo aver provveduto alla salvezza dell'equipaggio, affondava con la nave al suo comando, immolando la vita sempre e tutta fieramente dedicata alla Marina, al suo progresso ed alla Patria.
Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942”

 

Il Folgore nel 1931 (da it.wikipedia.org) 



4 commenti:

  1. Molto interessante c'è anche il nome del poveŕo mio zio.grazie

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  2. Ringrazio per la narrazione di tutta la storia di questa nave, mio nonno Brusoni Rinaldo è stato uno dei sopravvissuti, dopo aver passato due interi giorni in mare, è stato tratto in salvo da una nave amica. Vissuto fino a 95 anni, grande uomo, ciao nonno

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  3. Grazie, c'è anche il nome di mio zio Francesco Inverni.

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  4. Sto cercando di ricostruire quella tragica notte. Ho la testimonianza del marinaio Smeriglio Demetrio che è riuscito a sopravvivere. Se qualcuno ha qualche dato mi può contattare.

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