Il Bosforo quando portava il nome di Mayumbé (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net) |
Piroscafo da carico
da 3648,21 tsl, 2163,98 tsn e 5385 tpl, lungo 105,8-109,47 metri, largo 14,84-15,02
e pescante 6,64-7,84 m, con 10,5-11 nodi di velocità. Appartenente alla Società
Anonima di Navigazione Adriatica (con sede a Venezia), immatricolato con
matricola 314 al Compartimento Marittimo di Venezia, nominativo internazionale
IBFA.
Breve e parziale cronologia.
7 giugno 1929
Varato nei cantieri John
Cockerill S. A. (Antwerp Engineering Company) di Hoboken (numero di cantiere
109) come belga Mayumbé.
Settembre 1929
Completato come Mayumbé per la Compagnie Africaine de
Navigation S.A., con sede ad Anversa; prima della fine dell’anno passa alla
Compagnie Maritime Belge du Congo, sempre con sede ad Anversa. Nominativo
internazionale ONEB, porto di registrazione Anversa. Caratteristiche originarie
3567 tsl, 2277 tsn, 5340 tpl. Impiegato sulle rotte da e per l’Africa.
1930
Trasferito alla
Compagnie Maritime Belge (Lloyd Royal) di Anversa.
1939
Acquistato dalla
società Adriatica di Venezia, ribattezzato Bosforo
ed impiegato sulle linee n. 59 (Adriatico-Danubio) e 59 bis (Tirreno-Danubio).
11 aprile 1940
Durante la
navigazione dall’Italia ad Istanbul via Pireo, dopo essere già stato sottoposto
ad un controllo da un’unità britannica al largo di Zante, viene fermato ancora
da navi britanniche e dirottato a Malta sotto scorta, poi viene nuovamente
fermato ed autorizzato a proseguire per Istanbul.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella
seconda guerra mondiale. A bordo del Bosforo
le autorità italiane confiscano come contrabbando di guerra cinque fusti di
metabisolfito, del peso 542 kg, di proprietà della Compagnie Alais Groges et
Camargue di Marsiglia.
1° luglio 1940
Requisito a Bari
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
12 marzo 1941
La torpediniera Pleiadi, mentre sta scortando il Bosforo al largo di Tripoli, attacca un
sommergibile. Il sommergibile britannico Undanunted
(tenente di vascello J. L. Livesay), partito da Malta il 1° marzo e sparito per
cause sconosciute nelle acque di Tripoli, potrebbe essere rimasto vittima di
questo attacco.
10 aprile 1941
Lascia Palermo alle
13.30 in convoglio con le navi cisterna Persiano
e Superga ed il piroscafo Ogaden e la scorta delle torpediniere Perseo, Giuseppe Missori e Generale
Carlo Montanari.
12 aprile 1941
Alle 8.30 il
convoglio, con rotta 150° e velocità stimata 10 nodi, viene avvistato dal
sommergibile britannico Tetrarch (capitano
di corvetta Richard Micaiah Towgood Peacock) a 37 miglia per 340° (a nordovest)
dal faro di Tripoli. Alle 8.50 il Tetrarch
lancia quattro siluri da 4100 metri contro la Persiano, che viene colpita, poi s’immerge più in profondità. La Montanari dà la caccia al Tetrarch per tre ore dopo l’attacco,
lanciando senza risultato nove bombe di profondità, e poi di nuovo a partire
dalle 16.10, mentre il battello si sta allontanando, con 15 bombe di profondità
e di nuovo infruttuosamente. La Persiano
affonda dopo qualche ora nel punto 33°29’ N e 13°01’ E, una trentina di miglia
a nordovest di Tripoli.
Il resto del
convoglio giunge a Tripoli alle 15.
24 maggio 1941
Lascia Tripoli in
convoglio con i piroscafi tedeschi Duisburg
e Preussen, l’italiano Bainsizza e le navi cisterna Superga e Panuco, scortate dai cacciatorpediniere Folgore, Fulmine e Turbine, nonché da una forza di
copertura costituita dall’incrociatore leggero Luigi Cadorna e dai cacciatorpediniere Maestrale e Grecale. Il
convoglio raggiunge Palermo e poi Napoli senza danni.
9 agosto 1941
Il Bosforo ed il piroscafo Iseo lasciano Brindisi alle dieci del
mattino scortati dalla torpediniera Partenope,
diretti a Bengasi.
12 agosto 1941
Alle 11.45 il
sommergibile britannico Torbay
(capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers) avvista fumi in lontananza su
rilevamento 010°, avvicinandosi per intercettare le navi che li emettono, e a
mezzogiorno avvista ed identifica queste ultime come due mercantili di 3000
tonnellate scortati da una torpediniera classe Spica, un grosso MAS ed un aereo:
si tratta del convoglio composto da Bosforo,
Iseo e Partenope.
Alle 12.48 (o 12.52),
a 4,6 miglia per 286° dal faro di Bengasi, il Torbay lancia quattro siluri da 5500 metri contro il Bosforo, che si trova in coda al
convoglio in procinto di entrare nel porto di Bengasi, poi scende in
profondità. Le armi mancano il bersaglio, ed alle 13.08 l’idrovolante CANT Z.
501 della 196a Squadriglia che funge da scorta aerea (sottotenente
di vascello Ugo De Biaggi) lancia due bombe di profondità regolate per 30 e 50
metri. Le due cariche esplodono abbastanza vicine al Torbay, che viene poi sottoposto a caccia antisommergibile da parte
della Partenope dalle 13.15 alle
13.45 ma riesce infine a sfuggire senza danni nonostante il pesante
bombardamento con cariche di profondità.
Nel frattempo i due
piroscafi entrano a Bengasi.
4 novembre 1941
Parte da Brindisi per
Bengasi alle otto di sera, insieme al piroscafo tedesco Savona, con la scorta della torpediniera Pegaso (tenente di vascello Acton). Il Bosforo ha a bordo 1861 tonnellate di materiali vari, 272
tonnellate di munizioni e materiale d’artiglieria, 590 tonnellate di carburante
in fusti, due automezzi con rimorchio (del peso complessivo di sette
tonnellate) e due zattere (del peso totale di 18 tonnellate).
5 novembre 1941
A causa del mare
molto mosso, le navi sono costrette a tornare a Brindisi alle dieci del
mattino.
7 novembre 1941
Il convoglio riparte
da Brindisi alle 00.00. Nel pomeriggio le navi, mentre lasciano l’Adriatico,
sono avvistate da ricognitori britannici.
8 novembre 1941
Il convoglio, in
navigazione verso Bengasi, subisce in mattinata ripetuti attacchi da parte di
bombardieri Bristol Blenheim decollati da Malta: due aerei vengono abbattuti ed
il Bosforo riporta solo danni leggeri
(le esplosioni delle bombe distruggono delle casse di limoni e cipolle
sistemate in coperta, riempiendo il ponte di pezzi di cipolla), ma il Savona viene gravemente danneggiato (da
un aereo precipitato in coperta), incendiato ed abbandonato da tutto
l’equipaggio tranne quattro uomini. La Pegaso
recupera l’equipaggio del Savona e ne
rimanda a bordo la parte necessaria a salvare la nave, che più tardi viene
nuovamente attaccata da aerei, i quali vengono però respinti dalla
torpediniera, che ne abbatte uno. Alle 15.30, nel punto 38°40’ N e 19°56’ E, il
Bosforo, mentre è fermo per assistere
il Savona, viene colpito, riportando
solo lievi danni alla sovrastruttura, ma due soldati rimangono uccisi.
Circa tre ore e mezza
dopo l’inizio degli attacchi aerei, il Savona,
domato l’incendio, può riprendere la navigazione, ma, date le sue condizioni,
il caposcorta Acton decide di portare il convoglio a Navarino.
10 novembre 1941
Bosforo e Pegaso (il
danneggiato Savona viene invece
trasferito a Patrasso per le riparazioni) ripartono alle 18.30 per riprendere
il viaggio verso Bengasi.
12 novembre 1941
Bosforo e Pegaso arrivano a
Bengasi alle 8.10 (o 7.30).
23 novembre 1941
Il Bosforo riparte da Bengasi alle 17.20
scortato dal cacciatorpediniere Strale
(capitano di corvetta Stefano Palmas).
24 novembre 1941
Mentre Bosforo e Strale sono in navigazione verso Brindisi, il sommergibile Luigi Settembrini rileva agli idrofoni,
a 105 miglia per 125° da Malta, la Forza K britannica – incrociatori leggeri Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance
e Lively – uscita in mare da Malta
per intercettare convogli italiani. Lo Strale
intercetta il segnale di scoperta lanciato dal sommergibile, ma il comandante
Palmas ritiene correttamente che il suo convoglio, avendo già una velocità
maggiore del previsto, non può essere raggiunto dalla Forza K, considerate le
posizioni reciproche; per maggior sicurezza, comunque, Palmas ordina di
smettere di zigzagare, in modo da poter incrementare la velocità un altro po’.
Supermarina, avvisata
dal Settembrini, ordina il dirottamento di tutti i convogli in zona; al
convoglio formato da Bosforo e Strale viene ordinato di rifugiarsi a
Suda, ma le due navi non ricevono il messaggio contenente tale ordine, perché
lo Strale, contrariamente alle
disposizioni generali, non sta facendo ascolto sull’onda prevista per la zona e
l’ora in cui il convoglio si trova, avendo male interpretato le complesse norme
in vigore.
A cadere vittima
della Forza K sarà invece il convoglio «Maritza», in navigazione dal Pireo a
Bengasi, con l’affondamento dei piroscafi tedeschi Maritza e Procida
nonostante la difesa opposta dalle torpediniere di scorta Lupo e Cassiopea.
25 novembre 1941
Nel tardo pomeriggio,
mentre Bosforo e Strale sono già in prossimità di Brindisi, lo Strale riceve il segnale di soccorso lanciato dall’incrociatore
ausiliario Attilio Deffenu, silurato,
alle 17.15, dal sommergibile britannico Thrasher.
Il cacciatorpediniere ordina al Bosforo
di proseguire alla massima velocità sulla rotta di sicurezza per poi aspettarlo
presso le Pedagne (Brindisi), dopo di che si dirige verso la posizione indicata
nel messaggio. Dopo aver recuperato parte dell’equipaggio del Deffenu, successivamente affondato, lo Strale viene rilevato da un MAS inviato
da Brindisi e può ricongiungersi al Bosforo,
riprendendo la navigazione.
Bosforo e Strale giungono
indenni a Brindisi alle 22.30, senza aver subito attacchi.
12 gennaio 1942
Salpa da Messina alle
20.40 alla volta di Tripoli, scortato dai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta) ed Antoniotto Usodimare e dall’anziana
torpediniera Generale Antonio Cantore.
13-14 gennaio 1942
Il convoglio sosta a
Palermo per due giorni, poi riparte e fa scalo a Trapani.
16 gennaio 1942
Bosforo e scorta giungono a Tripoli alle 13.15.
6 febbraio 1942
Riparte da Tripoli
alle 18 trasportando 250 prigionieri di guerra del Commonwealth, scortato dalla
torpediniera Calliope (tenente di
vascello Giuseppe Pighini), diretto a Napoli.
7 febbraio 1942
Alle 9.20 del 7
febbraio, nel punto 34°25’ N e 11°52’ E (o 34°20’ N e 12°23’ E; presso la boa
numero 5 delle Kerkennah), il convoglio viene avvistato dal sommergibile
britannico Unbeaten (tenente di
vascello J. D. Martin) che manovra per attaccare, ed alle 10.04 lancia quattro
siluri da 3200 metri contro il Bosforo.
Il Bosforo ne evita due, mentre un
altro manca di poco la Calliope;
quest’ultima risale le scie dei siluri e lancia 30 bombe di profondità (che
esplodono vicine al sommergibile ma senza riuscire a danneggiarlo) dalle 10.14
alle 10.34, poi deve abbandonare la caccia per ricongiungersi al Bosforo. Anche un aereo della scorta
sgancia una bomba; le due navi si rifugiano momentaneamente a Pantelleria a
scopo precauzionale (per il maltempo oltre che per il rischio rappresentato dai
sommergibili), poi riprendono la navigazione, dirette però, per nuovo ordine, a
Palermo invece che a Napoli.
Lo stesso 7 febbraio
il servizio di decrittazione britannico “ULTRA” intercetta e decifra alcuni
messaggi sulla sua partenza, comunicando le informazioni ai comandi britannici;
benché tra le informazioni fornite da “ULTRA” (porti ed orari di partenza ed
arrivo, nave scorta, velocità prevista) vi sia anche notizia del fatto che la
nave trasporta 250 prigionieri britannici, vengono egualmente inviati a caccia
del convoglio i cacciatorpediniere Lively
e Zulu, che lo cercano nella notte
tra il 7 e l’8 febbraio. Il Bosforo,
avendo incrementato la propria velocità rispetto ai 10,5 nodi previsti, non
viene però trovato.
8 febbraio 1942
Alle 17.20, in
posizione 38°18’ N e 12°51’ E (ad otto miglia per 73° da Capo San Vito) il
sommergibile britannico Upholder
(tenente di vascello Compton Patrick Norman) avvista Bosforo e Calliope
diretti verso est, ed alle 17.39 lancia tre siluri contro il piroscafo, da 1200
metri. Nessuna arma colpisce il bersaglio; tra le 17.52 e le 17.57, mentre l’Upholder si ritira verso ovest, la Calliope (che non ha visto le scie dei
siluri ma è stata indirizzata dal Bosforo
verso la zona da dove provenivano) lo bombarda con otto cariche di profondità
che esplodono piuttosto vicine (ma non abbastanza da arrecare danni), cui ne
seguono altre, ad intervalli, sino alle 18.30, poi il convoglio prosegue.
Il convoglio giungerà
indenne in a Palermo in giornata.
12 febbraio 1942
Il Bosforo è in navigazione nel golfo di
Taranto con la scorta della torpediniera Circe,
quando alle 20.20 quest’ultima riceve ordine di dirottare il piroscafo su
Crotone ed eseguire rastrello antisommergibile tra Crotone e Punta Alice: la
nave cisterna Lucania è stata
silurata dal sommergibile britannico Una.
Così viene fatto; la Circe riuscirà a
localizzare ed affondare un altro sommergibile britannico, il Tempest.
15 marzo 1942
Lascia Brindisi per
Bengasi alle 22.50, con a bordo 2121 tonnellate di provviste e materiali vari,
481 tonnellate di carburanti e lubrificanti, 103 tonnellate di munizioni e
materiale d’artiglieria, un automezzo con rimorchio, una bettolina ed una
pirobarca. La scorta è inizialmente costituita dalla vecchia torpediniera Giuseppe Missori, che al largo di Santa
Maria di Leuca viene sostituita dal cacciatorpediniere Saetta.
17 marzo 1942
A seguito di
un’avaria di macchina che ha colpito il Saetta,
il convoglio deve riparare a Navarino, dove giunge alle 19 e sosterà per due
giorni.
19 marzo 1942
Il convoglio lascia
Navarino alle 19.
21 marzo 1942
Bosforo e Saetta arrivano a
Bengasi alle 9.50, dopo aver passato la notte alla fonda, fuori dal porto.
L'affondamento
Alle 19.45 (18.30 per
altre fonti) del 29 marzo 1942 il Bosforo,
al comando del capitano di lungo corso Romano Angelini, lasciò scarico Bengasi
diretto a Brindisi (per altra fonte, nelle sue stive la nave avrebbe avuto circa 350 tonnellate di merce varia). Lo scortava il cacciatorpediniere Strale, al comando del capitano di corvetta Enea Picchio. Sul
piroscafo, oltre ai 44 membri dell’equipaggio, si trovavano altri 59 uomini
imbarcati di passaggio.
“ULTRA” aveva
nuovamente intercettato dei messaggi relativi al viaggio della nave: il 29
stesso informò i comandi britannici che il Bosforo,
scortato dallo Strale, avrebbe dovuto
lasciare Bengasi nel pomeriggio di quello stesso giorno, procedendo a 10 nodi
per arrivare a Brindisi alle otto del mattino del 1° aprile. Il sommergibile
britannico Proteus (capitano di
corvetta Philip Stewart Francis), che si trovava sulla rotta seguita dal
convoglio, ne fu informato e non dovette far altro che aspettare.
Per un giorno la
navigazione, alla velocità di dieci nodi, procedette tranquilla, poi, alle
21.45 del 30 marzo, mentre il Bosforo
avanzava nel mare lungo da sud-sudest tra i saltuari piovaschi ed il vento teso
da ovest, il comandante Angelini fu informato dal terzo ufficiale, di guardia,
che lo Strale stava virando. Angelini
si avvicinò ai finestroni del ponte per controllare la virata; dopo 3-4 minuti
il terzo ufficiale ordinò al timoniere di venire piano a sinistra e dopo poco
meglio a sinistra, per mettersi in linea di fila con il cacciatorpediniere, ma
in quel momento – erano le 21.53, e la nave si trovava in posizione 36°35' N e
21°15' E, circa 24 miglia ad ovest dell’isola di Sapienza – il piroscafo fu
scosso da due detonazioni contemporanee (almeno una delle quali verificatasi in
sala macchine), sbandò sulla dritta e s’ingavonò di poppa: il Bosforo era stato colpito a poppa da un
siluro lanciato dal Proteus.
Il sommergibile, come
previsto, aveva avvistato le due navi alle 20.34, in posizione 36°25' N e
21°16' E, a 4,5 miglia per 140°, ed alle 21.20 si era immerso, per poi lanciare
due siluri dai tubi di poppa alle 21.49, da soli 410 metri.
Subito saltò la
corrente, ed il timone rimase bloccato a sinistra. Il capitano Angelini corse
sull'aletta di dritta e constatò che i danni visibili erano proprio in corrispondenza
della sala macchine; tornò quindi all'interno della plancia per dare gli ordini
del caso, ma non c’era più nessuno.
Angelini imboccò
allora la scala di sinistra, e scendendola s'imbatté nel radiotelegrafista, che
gli spiegò che l’antenna radio si era spezzata e perciò non poteva inviare
l'SOS. Il comandante poté anche vedere che, delle due scialuppe di salvataggio
del Bosforo, una era stata resa
inutilizzabile dallo scoppio dei siluri, e l'altra si stava allontanando con
appena una decina di persone a bordo.
Osvaldo Capocasa,
marinaio della Regia Marina imbarcato sul Bosforo
ed in quel momento di guardia alle mitragliere contraeree, stava conversando
con un sottufficiale ed alcuni commilitoni sul prossimo arrivo in Italia e
sulla licenza che sarebbe seguita, mentre qualcuno scrutava il mare con un
binocolo, quando sentì un boato enorme scuotere la nave; poi la colonna d’acqua
sollevata dallo scoppio del siluro ricadde loro addosso, e suonarono le sirene.
Alcuni uomini gridavano in preda al panico, altri si gettavano in mare; il
sottufficiale Mele diceva ai suoi uomini di seguirli, ma il fumo diffusosi dopo
il siluramento ostruiva la visuale, e Capocasa rimase solo. Un amico recanatese
di Capocasa, che stava dormendo in cuccetta, fu ferito al volto e dovette
uscire attraverso l'oblò, essendosi bloccata la porta della cabina.
Il capitano Angelini
scese frattanto sul ponte di coperta, dove trovò alcuni soldati e la residua
parte dell’equipaggio; alla domanda su dove fossero gli altri, si sentì
rispondere che si erano tutti gettati in acqua o si erano allontanati
sull'unica scialuppa intatta.
Angelini e gli uomini
rimasti riuscirono tuttavia a mettere a mare uno zatterone sistemato in
prossimità del fumaiolo e due zatterini posizionati nel pozzo di prua ed a
calare la lancia di servizio. Quest'ultima, però, si allontanò subito con
appena tre uomini a bordo, ed anche lo zatterone si allontanò con a bordo un
solo uomo.
Osvaldo Capocasa, che
quando era giunto a centro nave aveva trovato che la scialuppa se n'era già
andata lasciando solo i tiranti, rimase indeciso sul da farsi; un suo amico
napoletano, Mareschi, sopraggiunse e, dopo un breve scambio di parole sulla
possibilità che la nave stesse per affondare, si gettò in acqua. Capocasa
attese finché vide una tavola che galleggiava non molto lontana, poi si liberò
dei vestiti che sarebbero stati d'intralcio e si tuffò nel mare cosparso di
nafta. Si aggrappò alla tavola, ma dopo un po’ la cedette ad un altro membro
dell’equipaggio, napoletano anch'egli, sfinito e coperto di nafta; nuotarono
entrambi in direzione di una luce che vedevano, e raggiunsero faticosamente uno
zatterino, ma furono sconsigliati dal salire a bordo dal cuoco del Bosforo, che vi si trovava sopra, perché
lo zatterino era già sovraccarico. Capocasa ed altri, tra cui il nostromo del Bosforo, si aggrapparono attorno al
bordo dello zatterino, senza salire; il cuoco diede loro un po’ del cognac che
aveva, per ritemprarli in attesa dei soccorsi.
Il comandante
Angelini non poté far altro che ordinare a quanti restavano di radunare i
feriti ed impartire all’unico segnalatore della Regia Marina (l'equipaggio
militare della Regia Marina era rimasto a bordo, ad eccezione di due
sottufficiali) di comunicare allo Strale,
che si stava avvicinando lanciando in acqua cariche di profondità (ne lanciò in
tutto cinque a partire dalle 21.55, senza però danneggiare il Proteus che, dopo il lancio, era sceso
in profondità e si era allontanato verso ovest), di dare loro aiuto. A bordo
dello Strale era parso inizialmente
che il Bosforo avesse mantenuto una
buona galleggiabilità, quindi il cacciatorpediniere si era preparato a
prenderlo a rimorchio, ma le condizioni del mare e l'abbandono da parte di parte
dell’equipaggio avevano impedito di stendere un cavo da rimorchio.
Dopo la segnalazione
da parte del segnalatore, non passò molto prima dell'arrivo, sottobordo al Bosforo, di un’imbarcazione al comando
di un ufficiale della Regia Marina; questi chiese al capitano Angelini se fosse
possibile far prendere il piroscafo a rimorchio, ma dovette rapidamente
rendersi conto che lo sbandamento di 40 gradi del mercantile, la cui coperta
aveva già iniziato ad andare sott'acqua, rendeva tale proposito inattuabile.
Dopo aver trasbordato
i feriti sull'imbarcazione soccorritrice, il comandante Angelini tornò in
plancia per recuperare i libretti di navigazione, il giornale di bordo ed i
cifrari, mentre dovette abbandonare il contenuto della cassaforte perché il
primo ufficiale, che aveva in custodia le chiavi, non c'era; poi lasciò per ultimo
la sua nave. I corpi delle vittime, tra cui i componenti del personale di
macchina in servizio al momento del siluramento, vennero lasciati a bordo del Bosforo.
Intorno all'una di
notte il comandante Angelini e gli altri uomini saliti sull’imbarcazione dello Strale vennero presi a bordo dal
cacciatorpediniere, che frattanto aveva già tratto in salvo gli altri
superstiti: complessivamente, erano state soccorsi 90 uomini. Anche la zattera
di Osvaldo Capocasa, dopo essere stata “mancata” una prima volta, era stata
trovata: lo Strale aveva gettato
delle biscagline lungo la murata (inizialmente delle corde, ma i superstiti,
sporchi di nafta, scivolavano di nuovo in acqua, dunque si era passati alle
biscagline), ed i naufraghi vi si erano arrampicati per salire a bordo.
Quando fu fatto
l'appello, tredici uomini non risposero: otto militari e cinque civili.
Da Patrasso, su
ordine di Marimorea, presero il mare i rimorchiatori Teseo e Valente, ma ormai
non c’era più nulla da fare. Il Bosforo
terminò la sua lunga agonia alle 7.40 (o 7.42) del 31 marzo 1942, quando, a
seguito del cedimento delle paratie interne, s’inabissò per sempre nel punto 36°54'
N e 21°18' E (o 36°38' N e 21°15' E).
I naufraghi, cui gli
uomini dello Strale restituirono gli
effetti personali recuperati, furono portati all’ospedale militare di Brindisi.
Il capitano Angelini
fece successivamente rapporto circa il comportamento di chi si era allontanato
prematuramente e senza ordini dalla nave, aggravando le difficoltà di chi era
ancora a bordo; tali membri dell'equipaggio ricevettero una lettera di biasimo.
Il comandante Picchio del Saetta
elogiò invece la condotta calma e serena del comandante Angelini e del vice
commissario, capitano degli Alpini Giuseppe Bagliani, che avevano tentato di
salvare la nave, recuperato i documenti segreti e sovrinteso personalmente al
salvataggio degli uomini rimasti a bordo, nonché quella del sottotenente
d’artiglieria Dario Anabassi, prodigatosi per mantenere la calma tra gli uomini
rimasti a bordo.
“ULTRA”, come in altri
casi, intercettò anche i messaggi che riferivano della perdita del Bosforo, potendo così dare conferma ai
comandi dell’avvenuto affondamento.
Le vittime:
Gennaro Acquarulo, fuochista, da Torre del
Greco
Enrico Benedettini (o Bandettini), cameriere, da Firenze
Giacomo Bosca, soldato Cp. Chimica di Napoli addetto ai nebbiogeni di bordo, da Calamandrana
Luigi Di Domenico, fuochista, da Mugnano di Napoli
Carlo Marini, artigliere, da Porto Tolle
Emanuele Nicosia, giovanotto, da Gela
Edgardo Opera, secondo ufficiale di macchina,
da Trieste
Giuseppe Pesce, soldato Cp. Chimica di Napoli addetto ai nebbiogeni di bordo, da Bistagno
Mario Procaccianti, soldato, da Raddusa
Antonio Romeo, marinaio R. Marina, da Gallico
Mario Verde, sottocapo cannoniere, da Ponza
Giovanni Zabot, marinaio cannoniere puntatore mitragliere, da Feltre
Risulta mancare un nome.
Il secondo ufficiale
di macchina Edgardo Opera aveva chiesto appena venti giorni prima, l'11 marzo
1942, di essere trasferito sul trasporto truppe Marco Polo (ov'era rimasto vacante un posto da terzo ufficiale di
macchina) per poter ritemprare il suo organismo ed il suo sistema nervoso
scossi da quasi due anni di navigazione su mercantili carichi di rifornimenti
sulle rotte per la Libia. Qualunque risposta, purtroppo, sarebbe ormai giunta
troppo tardi.
Verbale di scomparizione in mare relativo ai dispersi del Bosforo. Stranamente il documento, pur
parlando di due caduti e undici dispersi, fa i nomi di solo dieci di questi
ultimi (g.c. Michele Strazzeri)
Il ricordo di Osvaldo
Capocasa, di Cupra Marittima, all'epoca ventiduenne, sul viaggio del 4-12
novembre 1941 (intervista di Oliver Panichi per www.rivieraoggi.it):
"Li vedevamo venire
verso di noi, bassissimi sul mare, gli stessi aerei del giorno prima [quando
cinque Blenheim avevano tentato di attaccare ma, presi sotto intenso tiro
contraereo, si erano ritirati sganciando le bombe in mare; nda], stavolta erano
sei. Gli ufficiali non esitarono a dare l’ordine di fare fuoco contraereo:
sparavamo con le mitraglie di ogni calibro, dal cannone di 147 mm non proprio
adatto per il tiro contraereo a quelle di 20 mm. Uno dei bombardieri colpì il Savona, subito dopo un altro aereo
inglese, rimasto indietro rispetto alla sua formazione, piombò su di noi, ma
venne ripetutamente colpito ed esplose in fiamme infilandosi in mare dopo
essere passato sulle nostre teste. Può sembrare strano, ma io non ricordo in
questo momento di aver provato paura o terrore, la battaglia era talmente
concitata, che in quegli attimi non si prova paura. (…) Subito dopo ci
accorgemmo, dal Bosforo, che uno
degli aerei nemici si era schiantato sull’albero del Savona, accartocciandosi sul ponte. E lì morirono cinque uomini,
due tedeschi e tre inglesi, di cui celebrammo i funerali il giorno dopo, nel
porto greco di Navarrino. Ma l’attacco non era finito: stava arrivando una
seconda ondata. Fummo colpiti, ma le bombe fecero esplodere le casse di limoni
e cipolle sulla coperta senza toccare lo scafo. Nel frattempo un altro
bombardiere veniva colpito dalla torpediniera di scorta e sopra di noi, un
Messerschmitt 109 tedesco era accorso in aiuto e stava facendo fuoco sul
Blenheim, che colto di sorpresa non ebbe scampo e fu abbattuto. Il ponte del
piroscafo era pieno di pezzi di cipolle sparsi ovunque. Due marinai italiani
erano morti durante l’azione e non tornarono mai più alle loro famiglie, come
anche i piloti che vedevamo galleggiare tra i flutti.."
E sul siluramento e
affondamento del Bosforo:
"Proprio mentre
parlavamo, improvvisamente un boato violentissimo scosse la nave, e
contemporaneamente all’urto ci investì un’altissima colonna d’acqua. Le sirene
di bordo confermarono che era successo qualcosa di grave, e noi lo capivamo
perché subito dopo l’esplosione il Bosforo
sbandava sempre di più. Dopo scoprimmo che era stato un sommergibile inglese a
silurarci, il Proteus. Fu un momento
drammatico: chi preso dal panico si gettò subito in acqua, molti erano presi
dal terrore e urlavano. Era difficile soprattutto orientarsi perché il
piroscafo era invaso dal fumo ovunque, si sentivano solo le grida e i tonfi dei
marinai che trovavano la fuga in acqua. Cercavo di trovare la posizione e il
momento migliore per buttarmi, che arrivò quando vidi galleggiare una tavola
poco distante. C’era una grande quantità di nafta in mare, e alcuni dei miei
compagni sparsi tutti intorno che cercavano aiuto. Mi tolsi di mezzo gli
indumenti che potevano appesantirmi e con molti sforzi raggiunsi uno zatterino
di salvataggio dove c’era il cuoco di bordo che ci supplicò di non salire sulla
zattera perché era strapiena. Allora io e altri ci appoggiammo intorno alla
scialuppa in attesa, spasmodica e disperata, di essere tratti in salvo dallo Strale, il cacciatorpediniere che
monitorava l’area in cerca di superstiti. Il cuoco offriva a noi naufraghi sorsi
di cognac, per tirarci su. Finalmente arrivò lo Strale, da cui ci lanciarono delle scale di corda. Stremato,
ritrovai i miei compagni dispersi. Poi ritornammo a Brindisi, all’ospedale
militare."
L'affondamento del Bosforo nel giornale di bordo del Proteus (da Uboat.net):
"2034 hours - When in
positon 36°25'N, 21°16'E sighted a merchant vessel and a destroyer besring
140°E. Range was 4.5 nautical miles. Started attack.
2120 hours - Dived to
complete the attack from submerged.
2149 hours - Fired
two stern torpedoes from 450 yards. Went deep on firing and started to retire
to the westward. Two explosions were heard, both thought to be torpedo hits.
After the second torpedo explosion another loud explosion was heard. It was
hoped that something inside the merchant vessel blew up. HE of the target
ceased immediately.
2155 hours - The
first of five depth charges was dropped. None were close.
2230 hours - All HE
had faded.
2315 hours - Surfaced
about three nautical miles from the scene of the attack. Nothing in sight. Set
course to return to Alexandria."
Buonasera, per caso lei ha mica la lista completa dei componenti dell'equipaggio del Bosforo nel suo ultimo viaggio? Oppure mi potrebbe indicare dove trovarla? Mio padre, marò classe 1922 raccontava ai miei fratelli più grandi di un suo naufragio ... ma non scendeva mai in dettagli. Ho però una foto (scattata a Trieste),nella quale mio padre Casillo Antonio, è in compagnia del Sig.Osvaldo Capocasa e di un altro amico di nome Paolo Peria. Mi farebbe piacere saperne di più ... purtroppo mio padre è deceduto nel 1996, ed il Sig.Capocasa non ha lasciato eredi diretti, però ha riportato la storia in un suo libro che questa estate amici ci hanno portati da Cupra Marittima (gentile dono dell'Archeoclub d'Italia sede di Cupra Marittima), paese Natale del Capocasa.
RispondiEliminaGrazie per tempo, a prescindere dal fatto che possa o meno fornirmi quanto richiesto. Cordiali saluti, Stella Casillo
Buongiorno,
Eliminapurtroppo non ho l'elenco completo degli imbarcati; se esiste ancora, ritengo che si trovi presso l'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, potrebbe provare a scrivere una e-mail a questo indirizzo: ufficiostorico@marina.difesa.it
Grazie lo stesso per la sua disponibilità.
RispondiEliminaAncora cortesi saluti.
Buongiorno,
RispondiEliminauno dei componenti dell'equipaggio potrebbe essere mio zio, il cannoniere Zabot Giovanni classe 1922 di Feltre (BL). Mia nonna mi disse che morì nel'affondamento di una nave nel 1942 e effettivamente ho ritrovato il portafoglio dello zio che fu recapitato a sua madre dopo la morte del figlio. Tra gli effetti personali c'è una tessera di riconoscimento nella quale è riportata che il cannoniere Zabot Giovanni è stato imbarcato sul Bosforo. C'è anche una foto con dei commilitoni davanti la facciata del santuario di Pompei
Buongiorno,
Eliminagrazie a documento reperito dal signor Michele Strazzeri le confermo che Giovanni Zabot morì nell'affondamento del Bosforo.
la ringrazio, molto gentile
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