sabato 1 giugno 2019

Honestas

L’Honestas sotto bandiera danese, con il precedente nome di Gudrun Maersk (foto Steen Schøn, Maritime Museum of Denmark/www.billedarkiv.mfs.dk)

Piroscafo da carico di 4959 tsl, 3005 tsn e 7500 tpl, lungo 110,4 metri, largo 15,6 e pescante 9,6, con velocità massima (in origine) di 10 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione «Mare Nostrum» di Genova (appartenente all’armatore Alberto Ravano), iscritto con matricola 2088 al Compartimento Marittimo di Genova; nominativo di chiamata IBAR. Aveva quattro stive e due ponti.
Carlo Ravano, figlio dell’armatore dell’Honestas, così ricorda questa nave nel libro "97 traversate", nella quale ripercorre la storia della sua famiglia: «…l’Honestas era una nave speciale, di scafo solidissimo. Era stata acquistata da papà da una grandissima società danese; che l’aveva venduta – penso – per la sua scarsa velocità: con carena pulita e col migliore dei carboni nelle caldaie, a stento raggiungeva i sei nodi. Sotto bandiera danese si chiamava Gudrun Maersk, e i nostri marinai la soprannominarono in dialetto genovese “gundùn marciu” (traducibile in “preservativo avariato”). Fu facile bersaglio».

Breve e parziale cronologia.

1920
Varato nei cantieri Ferdinand Schichau Werft G.m.b.H. di Danzica come danese Gudrun Maersk (numero di costruzione 1097).
20 dicembre 1920
Completato come Gudrun Maersk per la compagnia A/S Dampskibsselskabet Svendborg di Svendborg (in gestione ad A.P. Møller di Copenhagen), la futura Maersk Line; è la prima turbonave ad essere costruita per questa compagnia (l’apparato motore consiste in due turbine a vapore Elbing da 1650 s.h.p. e 375 n.h.p. su un solo asse ed un’unica elica, alimentate da tre caldaie di tipo scozzese). La sua costruzione è costata 2.660.000 corone danesi.
Stazza lorda originaria 4932 tsl, netta 3037 tsl, portata lorda 7650 tpl; nominativo di chiamata NCGL, poi OXYC. La registrazione nei registri navali danesi avviene il 13 gennaio 1921; porto di registrazione è dapprima Svendborg.
7 dicembre 1921
In navigazione in mezzo all’Atlantico, durante un viaggio da Filadelfia a Genova, il Gudrun Maersk salva gli otto uomini dell’equipaggio della goletta canadese Ruby W. Quest’ultima, un motoveliero a tre alberi di 375 tsl, era partita il 6 novembre da Pernambuco (carico di sabbia usata come zavorra: stava tornando da un viaggio in cui aveva trasportato un carico di pesce sotto sale da Terranova a Pernambuco) diretta a St. John’s, ma ha incontrato un violento uragano che l’ha gravemente danneggiata e l’ha spinta fuori rotta di parecchie miglia.
Il Gudrun Maersk incontra il Ruby W., semiallagato e ridotto ad un relitto galleggiante, alle due del pomeriggio del 7 dicembre, nel punto 40°08’ N e 56°02’ O (circa 900 miglia ad est di New York). Ricevuta una richiesta di aiuto, il piroscafo danese accorre prontamente in soccorso della nave canadese; vengono fermate le macchine e calata una scialuppa, che solo dopo due ore di lotta contro il mare in tempesta riesce a recuperare l’equipaggio della goletta (il comandante Charles Forward, il primo ufficiale William James, il secondo ufficiale Nathaniel Fenny, il cuoco William Pike e quattro marinai), che prima di avvistare il piroscafo aveva abbandonato ogni speranza di essere salvato. I naufraghi vengono portati sul Gudrun Maersk (il comandante del Ruby W., capitano Charles Forward, ha un braccio fratturato in tre punti, ed il marinaio Thomas Lawrence ha un ginocchio contuso ed altre slogature, tanto da richiedere assistenza per saltare sulla scialuppa del Gudrun Maersk; rimarrà allettato per diversi giorni), dopo di che il relitto galleggiante del motoveliero viene dato alle fiamme. I naufraghi del Ruby W. verranno sbarcati a Genova il 27 dicembre ed affidati al console britannico, che ne organizzerà il rimpatrio a bordo del piroscafo Arabic.
1922
Un rapporto sullo stato delle macchine del Gudrun Maersk rileva che il consumo di carbone (mediamente 25,12 tonnellate al giorno nell’arco dell’ultimo anno) è superiore a quello delle altre navi della compagnia di analoghe dimensioni, e che i consumi sono in aumento rispetto al primo anno di servizio. Nel periodo 22 dicembre 1921-30 dicembre 1922 il Gudrun Maersk ha navigato per 35.681 miglia, trascorrendo 4075,5 ore in mare, alla velocità media di 8,76 nodi, consumando 4264,99 tonnellate di carbone.
Altri rapporti nella seconda metà degli anni Venti mostreranno che il consumo medio giornaliero di carbone si è sostanzialmente stabilizzato su questi valori (24,80 tonnellate nel 1925; 24,03 nel 1926; 25,69 nel 1927; 25,90 nel 1928) per poi aumentare bruscamente nel 1929 (27,94 tonnellate al giorno). Nello stesso periodo, la velocità del Gudrun Maersk risulta essere: nel 1925, 7,99 nodi carico e 9,56 scarico; nel 1926, 8,57 nodi carico e 9,12 scarico; nel 1927, 8,09 nodi carico e 8,92 scarico; nel 1929, 8,36 nodi carico e 9,48 scarico. Successivamente le caldaie vengono modificate per l’alimentazione a nafta.
Marzo 1923
Il Gudrun Maersk (capitano H. C. Lundgren) incontra “acqua scolorita” al largo del Perù, e nonostante tre scandagliamenti non riesce a trovare il fondo in 155 metri d’acqua. Il fatto viene riferito all’ufficio idrografico del Dipartimento della Marina statunitense; ciò si colloca in un periodo in cui diverse navi, in navigazione al largo delle coste peruviane, riferiscono di aver incontrato tratti di mare con acqua color rosso sangue e strana sabbia rossa.
9 gennaio 1924
Subisce un incendio a bordo mentre si trova a Karachi.
2 marzo 1928
S’incaglia mentre sta risalendo il fiume Weser.
Marzo-Aprile 1929
Trasporta 7000 tonnellate di zucchero da Cuba a Marsiglia.
Ottobre 1929
Trasporta 6500 tonnellate di soia da Dairen (Corea) all’Europa, con viaggio iniziato il 28 ottobre e concluso il 15 novembre.
9 agosto 1930
Durante un viaggio da Port Lemon a San Pedro con un carico di zucchero, il Gudrun Maersk subisce una falla mentre naviga nell’Oceano Pacifico; effettua delle riparazioni provvisorie a Honolulu.
15 gennaio 1931-23 giugno 1933
In disarmo o in lavori (?).
1933
Il porto di registrazione viene spostato da Svendborg a Kalundborg.
13 aprile 1936
Venduto per 320.808 corone danesi (15.000 sterline) alla Società Anonima di Navigazione "Mare Nostrum" di Genova (armatore P. Ravano fu Marco), che lo ribattezza Honestas e lo registra a Genova. Altra fonte indica la data di vendita nel 25 aprile 1936, che è anche la data di cancellazione dal registro navale danese.
Febbraio 1937
Durante la guerra civile spagnola, l’Honestas compie un viaggio per conto delle Ferrovie dello Stato, trasportando truppe e materiali del Corpo Truppe Volontarie. La nave (come altri trenta piroscafi), non essendovi grande disponibilità di mercantili noleggiabili per trasportare rifornimenti, effettua il trasporto in Spagna nel corso di un viaggio di andata, altrimenti scarica, verso l’Europa settentrionale: parte dall’Italia, scarica i rifornimenti in Spagna e prosegue in zavorra sino in Nordeuropa, dove imbarca carbone per conto dell’Azienda Monopolio Carboni. Per il viaggio sino in Spagna, vengono imbarcati alcuni uomini della Regia Marina per mantenere le comunicazioni e compiere le segnalazioni, ed il comando della nave viene assunto da un ufficiale di Marina; i piroscafi compiono il viaggio da soli od a coppie, con la scorta di incrociatori leggeri o cacciatorpediniere della II Squadra sino al meridiano di Malaga od allo stretto di Gibilterra, poi di navi da guerra del gruppo "Quarto" (esploratori Quarto ed Aquila, torpediniera Audace) basate a Tangeri, che vigilano sulle rotte di accesso a Cadice.
11 aprile 1942
Navigando nella fitta nebbia, l’Honestas sperona accidentalmente il cacciatorpediniere Antonio Da Noli, arrecandogli gravi danni che richiederanno quattro mesi di riparazioni presso l’Arsenale di La Spezia.
15 novembre 1942
Requisito a Palermo dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
25 novembre 1942
L’Honestas ed il piroscafo Sant’Antioco salpano da Napoli per Tunisi alle 4.30, scortati dalle moderne torpediniere di scorta Procione (capitano di corvetta Renato Torchiana, caposcorta), Ardente (tenente di vascello Rinaldo Ancillotti) e Ciclone (capitano di corvetta Luigi Di Paola). Successivamente si aggrega al convoglio anche la motozattera tedesca F 477, proveniente da Trapani. Sulle torpediniere sono imbarcate anche modeste aliquote di personale del Reggimento "San Marco", diretto in Tunisia.
26 novembre 1942
Alle 21.15 il convoglio viene avvistato da ricognitori nemici, ed a partire dalle 22 – a nordovest di Capo Bon – viene ripetutamente e pesantemente attaccato dal cielo (gli attacchi proseguiranno durante la notte); ma nessun mercantile viene colpito, grazie al violento tiro di sbarramento aperto dalle torpediniere, che crea una vera “barriera di fuoco” attorno ai piroscafi.
27 novembre 1942
Alle 00.04 il convoglio viene avvistato, su rilevamento 235°, anche dal sommergibile britannico Una (tenente di vascello John Dennis Martin), che dopo essersi immerso alle 00.06 (mentre il convoglio accosta per 185°), lancia tre siluri da 1370 metri alle 00.47, in posizione 37°34’ N e 10°33’ E (nella zona settentrionale del Golfo di Tunisi), contro uno dei piroscafi, di stazza stimata in 4000 tsl. Nessuna nave viene colpita; le unità del convoglio avvertono due esplosioni subacquee ed anche sull’Una, 50 secondi dopo il lancio, viene avvertita una violenta esplosione, tanto forte da rompere parecchi vetri a bordo. Sull’Una si crede trattarsi di un siluro andato a segno, ma non è così; forse sono i siluri giunti a fine corsa. Martin decide di non lanciare un quarto siluro, contrariamente a quanto deciso in precedenza, e l’Una si allontana con azione evasiva, ma non subisce contrattacchi.
Il convoglio giunge a Tunisi alle 8.
4 dicembre 1942
Alle 3.30 Honestas e Sant’Antioco lasciano Tunisi per rientrare in Italia, scortati dalle torpediniere Groppo (caposcorta) ed Orione.
Alle 14.53 il sommergibile britannico P 219 (tenente di vascello Norman Limbury Auchinleck Jewell), in agguato a ponente di Marettimo, avvista del fumo su rilevamento 240°, ed alle 15.11 avvista il convoglio italiano (identificate come "due navi trasporto di 5000 tsl scortate da un cacciatorpediniere e due motosiluranti con un idrovolante in pattugliamento sul loro cielo") mentre questo procede a 10 nodi su rotta 050° (verso nordest). Al sommergibile britannico è rimasto un solo siluro, nei tubi di poppa; di conseguenza il P 219 manovra per attaccare con un lancio di poppa, ma alle 15.45, mentre sta per lanciare, l’equipaggio perde il controllo dell’assetto, ed il battello giunge quasi ad affiorare in superficie. Jewell deve quindi ricominciare da capo; alle 17.07, infine, il P 219 lancia il suo ultimo siluro in posizione 38°13’ N e 11°44’ E, da 3100 metri di distanza, mirando al secondo mercantile. L’arma non va a segno (il Sant’Antioco avvista la scia del siluro), ed il convoglio prosegue per la sua rotta senza che la scorta lanci un contrattacco.
5 dicembre 1942
Alle 14.35 il sommergibile britannico P 217 (poi Sibyl, tenente di vascello Ernest John Donaldson Turner), avvista i fumaioli e le alberature di Honestas e Sant’Antioco e delle unità di scorta (identificate erroneamente come tre cacciatorpediniere) su rilevamento 140°, a 12.800 metri di distanza, una decina di miglia a sudovest di Capri. Alle 15.15, nel punto 40°27’ N e 14°02’ E (o 40°26’ N e 14°06’ E), il P 217 lancia quattro siluri da 5500 metri, due contro ciascuno dei piroscafi, ambedue valutati in circa 5000 tsl. Nessuna nave viene colpita, nonostante Turner ritenga di aver sentito tre esplosioni (attribuite ad altrettanti siluri a segno) alle 15.20; la Groppo viene mancata da un siluro ed inizia il contrattacco con bombe di profondità alle 15.35, proseguendo sino alle 17.30 con il lancio in tutto di 62 bombe, ma nessuna viene gettata tanto vicina da danneggiare il P 217 (tanto che alle 15.45 questi può portarsi a quota periscopica ed osservare Groppo e Orione impegnate nel contrattacco). Non avendo ottenuto risultati apprezzabili, la Groppo si riunisce al convoglio e viene rilevata nella caccia da cacciasommergibili della difesa locale.
Le navi giungono a Napoli alle 20.
 
(foto Steen Schøn, Maritime Museum of Denmark/www.billedarkiv.mfs.dk)

L’affondamento

Alle 12.30 del 12 dicembre 1942 l’Honestas (al comando del capitano di lungo corso Luigi Pendola, da Recco) partì da Napoli diretto a Tunisi, in convoglio con il piroscafo Castelverde. La scorta dei due piroscafi era rappresentata dalle moderne torpediniere di scorta Ardito (tenente di vascello Emanuele Corsanego, caposcorta) e Fortunale (tenente di vascello Umberto Manacorda).
L’Honestas aveva a bordo 162 uomini (65 di equipaggio e 97 militari diretti in Tunisia) e 1870 tonnellate di materiale bellico (più precisamente, 50 veicoli e 1000 tonnellate di munizioni); in tutto, i due piroscafi trasportavano 230 militari (esclusi gli equipaggi) e 3170 tonnellate di materiali per le forze italo-tedesche in Tunisia.
I britannici, come tante altre volte, sapevano però già tutto: “ULTRA” aveva lavorato sodo e già dal 9 dicembre aveva comunicato che Honestas e Castelverde sarebbero giunti a Tunisi «a partire dall’11 dicembre». Lo stesso 12 dicembre, intercettati altri messaggi, “ULTRA” precisò che «Honestas e Castelverde dovranno lasciare Napoli alle 13.00 di oggi 12, velocità 7 nodi, ed essere a Tunisi alle 14.00 del giorno 14», informazione poi ripetuta il giorno seguente.
Il primo attacco subacqueo non tardò quindi a manifestarsi: già la sera del 12 dicembre, nel punto 40°29’ N e 14°20’ E (a sudest di Capri), la Fortunale avvistò un sommergibile in superficie, che dopo l’avvistamento s’immerse rapidamente. La torpediniera si precipitò sul punto in cui il battello era scomparso e ben presto il suo ecogoniometro segnalò un contatto subacqueo, che venne prontamente attaccato con quattro scariche di bombe di profondità, per un totale di 31 bombe. Al termine del quarto attacco, il contatto venne perso; nel buio della sera risultò impossibile avvistare rottami o chiazze di nafta, che potessero confermare con certezza l’avvenuto affondamento di un sommergibile. Ma il sommergibile britannico P 222 (capitano di corvetta Alexander James Mackenzie), in agguato in quella zona, scomparve proprio in quei giorni con tutto l’equipaggio di 47 uomini (il comandante Mackenzie, altri 4 ufficiali e 42 tra sottufficiali e marinai): dopo un messaggio del 7 dicembre con cui comunicava di aver raggiunto il settore d’agguato assegnato nel Golfo di Napoli, il P 222 non diede più notizia di sé, e non fece mai ritorno alla base. Era questo, con ogni probabilità, il sommergibile attaccato e affondato dalla Fortunale. In mancanza di sopravvissuti, è impossibile sapere con esattezza cosa accadde a bordo del P 222: lo storico britannico A. S. Evans ha ipotizzato che Mackenzie, avendo avvistato il convoglio e rendendosi conto che sarebbe passato ad est di Capri, avesse manovrato per cercare di intercettarlo in superficie dopo il tramonto; il P 222 era emerso con il buio ad ovest del convoglio, che aveva poi virato verso est, ma essendo venuto in superficie neanche un’ora dopo il tramonto la sua sagoma si stagliava contro la parte più chiara dell’orizzonte, il che aveva permesso alla Fortunale di avvistarlo, segnandone la sorte. Tutto ciò, ad ogni modo, appartiene al regno della congettura.
Le navi italiane proseguirono nella navigazione, ma al largo di Capo Bon le aspettava uno sbarramento di sommergibili britannici. Almeno tre di essi – il P 228 poi diventato Splendid, il P 46 poi diventato Unruffled ed il P 212 poi divenuto Sahib – erano proprio sulla loro rotta.
Il convoglio giunse a Trapani alle 17.30 del 13 dicembre, e qui sostò fino alle 00.50 (o 00.30) del 14, quando le navi italiane ripartirono alla volta di Tunisi. Oltre alle due torpediniere, che zigzagavano a proravia dei piroscafi, il convoglio godeva di una scorta aerea che comprendeva, tra l’altro, diversi bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 e caccia Messerschmitt Bf 110.
Lo sbarramento dei sommergibili britannici non tardò ad entrare in azione. Alle 9.45 del 14 dicembre il P 228 (poi ribattezzato Splendid, tenente di vascello Ian Lachlan Mackay McGeogh), in agguato a nord di Capo Bon, avvistò dapprima un idrovolante, e qualche minuto dopo anche del fumo, nella prevista direzione di provenienza di un convoglio il cui arrivo – evidentemente in base alle  notizie di “ULTRA” – gli era stato segnalato; il sommergibile accostò in quella direzione ed alle 10.07 McGeogh vide apparire nel suo periscopio, su rilevamento 051°, le sagome delle navi italiane (identificate come due mercantili di medie dimensioni, scortati da due torpediniere e numerosi aerei) che si avvicinavano. Iniziata pertanto la manovra d’attacco, alle 11.14 il P 228 lanciò quattro siluri contro la nave più grossa, dalla distanza di 915 metri, stando sul lato di dritta del convoglio: dopo un minuto, tre delle armi passarono sotto la chiglia del Castelverde, senza esplodere, e si diressero verso l’Honestas (i due piroscafi procedevano in linea di fronte, Honestas a dritta e Castelverde a sinistra), che li evitò con una tempestiva manovra e sparò su di essi con le sue mitragliere. L’Ardito evitò con la manovra un altro siluro; non ci fu contrattacco della scorta. McGeogh, che subito dopo il lancio era sceso in profondità, ritenne di aver colpito ed affondato una nave con un siluro, avendo sentito delle esplosioni, ma in realtà nessuna nave aveva subito danni. L’attacco si era verificato in posizione 37°38’ N e 11°02’ E, a nordest del Golfo di Tunisi. (Secondo un’altra fonte britannica, " British and Allied Submarine Operations in World War II" di Arthur Hezlet, il P 228 si sarebbe portato tra le due colonne del convoglio ed avrebbe lanciato cinque siluri: quattro dai tubi prodieri, contro una nave distante 915 metri, ed uno dai tubi poppieri, contro un’altra nave. Questa versione appare erronea, in quanto difforme da quanto scritto nel giornale di bordo del P 228; peraltro, Hezlet accredita erroneamente a questo attacco l’affondamento del piroscafo Sant’Antioco, che in realtà non faceva parte di questo convoglio e che venne affondato il giorno seguente dal P 46).
Superato indenne questo attacco, il convoglio proseguì nella navigazione: ma, senza rendersene conto, andò ad infilarsi tra due fuochi. Alle 12.15 il sommergibile britannico P 212 (poi Sahib, tenente di vascello John Henry Bromage), avvistò fumo di navi ed aerei in pattugliamento su rilevamento 030°. Alle 12.54, identificato il convoglio come composto da due mercantili di medie dimensioni scortati da due torpediniere “classe Partenope” (oltre a numerosi aerei in pattugliamento sul loro cielo), il P 212 diede inizio alla manovra d’attacco; ciascuna delle torpediniere zigzagava davanti ad uno dei piroscafi, ed alle 13.43 una di esse passò a soli 915 metri a proravia del P 212, senza avvedersi della sua presenza. Alle 13.50, in prossimità di Capo Bon (circa 30 miglia a nordest di Tunisi), il P 212 lanciò cinque siluri contro uno dei due piroscafi, del quale valutava la stazza in 6000 tsl, da una distanza di 1740 metri; siccome in quel momento i due mercantili si “sovrapponevano” parzialmente nel suo periscopio, Bromage sperò che il quinto siluro potesse colpire l’altro piroscafo, così centrando entrambi i mercantili con quella salva di siluri. Subito dopo il lancio, il battello britannico scese a 107 metri di profondità, ritirandosi verso nord alla velocità di quattro nodi.
Proprio alle 13.50 (per altra fonte, con incongruenza di qualche minuto, alle 13.46), un idrovolante FIAT R.S. 14 della scorta aerea (144a Squadriglia della Regia Aeronautica) si buttò in picchiata – manovra che stava ad indicare che l’aereo aveva avvistato un sommergibile immerso, oppure delle scie di siluri – e lanciò due bombe contro il P 212; praticamente nello stesso istante (per una fonte alle 13.51), l’Honestas venne colpito da un siluro sul lato sinistro, a centro nave (altra versione invece parla di due siluri che l’avrebbero colpito sul lato di dritta, ma lo stesso giornale di bordo del P 212 rivendica un solo siluro a segno, non due), in posizione 37°28’ N e 10°36’ E. Il caposcorta Corsanego sull’Ardito ordinò alla Fortunale di prestare assistenza alla nave colpita, mentre con la sua unità proseguì scortando l’indenne Castelverde.
Considerato che gli incendi scoppiati a bordo potevano far esplodere il pericolosissimo carico di munizioni da un momento all’altro, il comandante Pendola ordinò di abbandonare la nave; fu lui l’ultimo a lasciare l’Honestas, ma successivamente tornò a bordo del piroscafo in fiamme con alcuni altri uomini per richiamare l’attenzione dei soccorritori, dopo di che abbandonò la nave per la seconda ed ultima volta.

Ma il P 212 non era il solo sommergibile nei paraggi: nello stesso momento, sul lato opposto del convoglio, anche il P 46 (poi Unruffled, tenente di vascello John Samuel Stevens) si preparava ad attaccare.
Dei due sommergibili, anzi, il P 46 era stato il primo ad avere sentore del convoglio in arrivo: già alle 11.06 Stevens aveva avvistato degli aerei che giravano in cerchio su rilevamento 060°, deducendo che ciò significasse che un convoglio era in arrivo. Il P 46 aveva cambiato la rotta per intercettare il presunto convoglio, ed alle 13 era stato premiato dalla comparsa del fumaiolo di una nave mercantile, con tre aerei che volteggiavano sopra di esso. Alle 13.15 tutte e quattro le navi del convoglio – due mercantili in linea di fronte, scortati da due torpediniere – risultavano ben visibili, ed appariva chiaro che erano dirette verso Tunisi.
Alle 13.51 Stevens vide il piroscafo di testa – l’Honestas – venire silurato da un altro sommergibile; il Castelverde accostò temporaneamente proprio in direzione del P 46, ma tornò presto ad assumere la rotta originaria. Il comandante del P 46 vide l’Honestas, colpito, deviare dalla rotta verso sinistra e poi restare alla deriva, come se le sue macchine fossero state fermate. I siluri del P 212 che mancarono il bersaglio rischiarono di quasi colpire il P 46: subito dopo che Stevens ebbe assistito al periscopio al siluramento dell’Honestas, l’idrofonista del P 46 annunciò un siluro in avvicinamento su rilevamento 40°, e visto che il rilevamento non sembrava cambiare molto rapidamente, il comandante del sommergibile diede ordine di scendere a profondità maggiore (12 metri) per scongiurare ogni rischio di essere colpito da quel “fuoco amico”: i siluri passarono a poppavia, così vicini che l’equipaggio del P 46 sentì il rumore generato dai loro motori. Venne ordinata nuovamente quota periscopio. Alle 13.59 venne sentita una forte esplosione, probabilmente un siluro era giunto a fine corsa. Stevens ricordò poi quei momenti con queste parole: “…con la coda dell’occhio, al margine della lente del periscopio, vidi un pennacchio d’acqua sollevarsi sul lato opposto della nave di testa, e dopo un momento si sentì il rumore sordo di un siluro andato a segno, e poi giunse l’annuncio «Siluri in avvicinamento» dall’operatore del sonar. Ordinai [di scendere ad] una quota di 90 piedi [27 metri], ed annullai l’attacco per il momento. I siluri passarono sopra di noi senza fare danno; poi tornammo a quota periscopica. La nave di testa, che era stata colpita da un siluro del P 212, stava perdendo velocità e deviando dalla rotta, mentre le navi di scorta stavano dando la caccia al P 212 sul lato opposto rispetto a noi”. Stevens osservò che navi della scorta, insieme a sei aerei, si concentravano a dare la caccia all’altro sommergibile, dunque colse l’occasione per attaccare.
Alle 14.03, in posizione 37°29’ N e 10°46’ E (circa 30 miglia a nord-nord-ovest di Capo Bon e 50 km a nord di Sidi Daoud), il P 46 lanciò tre siluri contro il Castelverde, da una distanza di 1830 metri. Una delle tre armi, forse per difetto del giroscopio, affiorò in superficie e deviò dalla rotta, disperdendosi nel mare verso sinistra.
Gli altri due siluri colpirono invece il Castelverde alle 14.07, sul lato di dritta, subito a poppavia del fumaiolo. Subito il P 46 scese in profondità e rivolse la poppa alle navi della scorta.
Alle 14.17, la Fortunale ottenne un contatto all’ecogoniometro e lo segnalò al caposcorta, che le ordinò di attaccarlo; così fece, eseguendo quattro corse con lancio di cariche di profondità. Nell’arco dell’ora successiva al lancio dei siluri, il P 212 rilevò le esplosioni di 26 bombe di profondità, in quattro scariche di 7, 7, 4 e 5 bombe, ma nessuna di esse scoppiò particolarmente vicina al sommergibile, che non subì danni. Parecchie cariche di profondità, invece, esplosero piuttosto vicine al P 46 (che contò 27 esplosioni invece di 26, nell’arco di mezz’ora, a partire da un "pacchetto" di quattro bombe alquanto vicine lanciate alle 14.28), causando però solo la rottura di alcune lampade. I due sommergibili immersi comunicarono tra di loro per mezzo del sistema di comunicazione subacquea SST, scambiandosi messaggi su quanto era appena accaduto: il P 46 riferì al P 212 di aver anch’esso attaccato lo stesso convoglio, spiegando a Bromage che l’altro mercantile, quello non attaccato dal P 212 (cioè il Castelverde), era il suo bersaglio, e che questi aveva cambiato rotta dopo che il primo (l’Honestas) era stato silurato dal P 212. Stevens aggiunse comunque di essere riuscito anche lui a colpire il “suo” piroscafo.
L’Ardito, intanto, iniziò a recuperare i naufraghi, gettando bombe di profondità a scopo intimidatorio (il suo ecogoniometro non funzionava). Alle 15.05 l’Ardito mise a mare la motolancia, e dieci minuti dopo anche la Fortunale si mise a recuperare naufraghi di entrambe le navi.
Ma Stevens non intendeva neanche aspettare che la sua vittima affondasse per conto proprio; tornato a quota periscopica alle 15.33, e visto che i due piroscafi erano entrambi ancora a galla, sebbene immobilizzati (le torpediniere stazionavano nelle loro vicinanze), alle 15.53 il P 46 lanciò un ultimo siluro per finire il Castelverde, in posizione 37°30’ N e 10°46’ E, da una distanza di 5480 metri. Anche questo siluro andò a segno, ed alle 16.05 il piroscafo affondò in fiamme a 27 miglia per 327° da Capo Bon (cioè a nord/nordovest del Capo). Alle 15.55, dopo aver lanciato ma prima che il siluro colpisse il bersaglio, il P 46 vide che un aereo stava lanciando dei bengala sopra la scia lasciata dal suo siluro, pertanto scese in profondità e diede inizio a delle manovre evasive. A partire dalle 16 fu nuovamente sottoposto a caccia con bombe di profondità, ma nessuna esplose vicina.

Nel frattempo, alle 15.38, anche il P 212 era tornato a quota periscopica: Bromage vide che entrambi i mercantili erano immobilizzati, nei pressi del punto in cui era avvenuto l’attacco, e che il suo bersaglio (l’Honestas) appariva in fiamme dal fumaiolo fino a poppa. Quattro aerei pattugliavano il cielo dei mercantili, mentre le torpediniere si trovavano più a sud. Il P 212 tornò ad immergersi in profondità per ricaricare i tubi lanciasiluri, al fine di dare anch’esso il colpo di grazia alla nave colpita.
Alle 16.11 l’Ardito effettuò una nuova caccia antisommergibili, ma nessuna bomba di profondità esplose vicino al P 212, tanto che alle 16.20 questi poté tornare a quota periscopica per prepararsi ad attaccare di nuovo. Bromage notò che uno dei mercantili era scomparso (il Castelverde), e giudicò correttamente che fosse affondato, mentre le navi scorta stavano continuando a perlustrare la zona in cerca degli attaccanti.
Prima che il P 212 potesse impartirgli il colpo di grazia, l’ormai deserto Honestas saltò in aria a 27 miglia per 327° da Capo Bon (secondo "Navi mercantili perdute", l’esplosione finale sarebbe stata causata da un altro siluro, ma si tratta di un errore, in quanto risulta chiaramente che il P 46). Sembra esserci disaccordo circa l’orario dell’affondamento: il giornale di bordo del P 46 afferma che il piroscafo «saltò con un’esplosione terrificante» alle 16.48, mentre le fonti italiane registrano l’esplosione dell’Honestas come avvenuta alle 17.29. Il giornale di bordo del P 46 sembra confermare la versione italiana, dal momento che alle 17.20 questo sommergibile tornò a quota periscopica e vide che il suo bersaglio (il Castelverde) non c’era più, ma che l’altro mercantile (l’Honestas) era ancora a galla e bruciava furiosamente. Alle 17.35 il P 46 sentì un’esplosione molto violenta, dopo di che non vide altro che fumo nel punto in cui si trovava l’Honestas (nelle memorie di Stevens, “dopo il tramonto ci fu un’esplosione molto violenta, che era il bersaglio del P 212 che esplodeva”).
L’Ardito raccolse gli ultimi naufraghi alle 17.50.
Alle 18.40 le due torpediniere, cariche di naufraghi, intrapresero la navigazione di ritorno a Trapani, dove arrivarono alle 00.55 del 15. Avevano salvato in tutto 402 uomini (secondo altra fonte, invece, l’Ardito recuperò 174 uomini e la Fortunale 96, il che significa probabilmente che gli altri 132 furono recuperati da altre unità), mentre gli scomparsi erano 23.
Tra il personale imbarcato sull’Honestas i morti furono otto, mentre 154 tra marinai e soldati furono tratti in salvo dalle torpediniere.

“ULTRA” completò il suo lavoro, lo stesso 14 dicembre, annunciando che «l’Honestas non era arrivato a Tunisi alle 19.30 del 14, cioè cinque ore e mezzo dopo il suo previsto approdo». Il 15 dicembre nuove intercettazioni avrebbero permesso ai britannici di apprendere i dettagli sulla distruzione dell’Honestas e del Castelverde. Hezlet, nel suo libro citato più sopra, definisce l’attacco congiunto di P 212 e P 46 (ciascuno dei quali era all’oscuro della presenza dell’altro fino a dopo i rispettivi primi attacchi) come "un attacco «a branco di lupi» non intenzionale ma molto efficace".

Gran parte dell’equipaggio dell’Honestas, tra cui il comandante Pendola ed il direttore di macchina, il veneziano Mario Marangoni, fu recuperato dalla Fortunale; quando Pendola e Marangoni, dopo il salvataggio e dopo essere stati sfamati, vennero invitati sulla plancia della torpediniera, rimasero sbalorditi nel vedere che l’ufficiale di rotta della Fortunale, un giovane guardiamarina di complemento, era Antioco Ravano, uno dei figli del loro datore di lavoro. Ha commentato a riguardo Carlo Ravano, figlio di Alberto e fratello di Antioco: «Credo che si tratti di un fatto unico nella storia della marineria genovese e nazionale: l’armatore che salva il suo equipaggio in tempo di guerra!».
La condotta del comandante Pendola fu giudicata encomiabile; gli venne conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con motivazione: "Comandante di piroscafo, attaccato ripetutamente da sommergibile nemico, evitava con pronta manovra due siluri e reagiva con raffiche di mitraglia all'offesa, dimostrando sereno coraggio e perizia marinaresca. Colpita ed incendiata l'unità da ulteriore lancio di siluri, impartiva tempestive disposizioni per la salvezza dell'equipaggio e, lasciata per ultimo la nave su un mezzo di fortuna, ritornava a bordo con pochi uomini, nonostante il pericolo di esplosione, per segnalare l'invocazione di soccorso dei naufraghi, che poterono essere successivamente raccolti e tratti in salvo. Dava prova, nella circostanza, di presenza di spirito ed elevato senso di abnegazione. (Mediterraneo Centrale, 14 dicembre 1942)".
Sia Pendola che Marangoni sarebbero sopravvissuti alla guerra, navigando per i Ravano ancora per molti anni. Un ultimo ricordo di Carlo Ravano, da "97 traversate", relativo a questi due lupi di mare: «Capitan Pendola, cessato il conflitto e tornato a lavorare per la nostra famiglia, dedicò tutta la sua vita al mare e alla musica classica. Ne ho un ricordo nitido: ci trovavamo a Port de Bouc, Marsiglia, e Pendola comandava una cisterna da 16.000 tonnellate chiamata Charitas. Salimmo a bordo con l'agente Pommé trovandolo sul ponte, immerso in un forte e acre odore di pesce crudo, mentre ascoltava beato Le Quattro Stagioni di Vivaldi. Marangoni, invece, era l'opposto: infaticabile lavoratore, mangiava in continuazione. Lui diceva che si sentiva meglio "con la cambusa piena". Era stato reclutato nel '34 come allievo di macchina sull' Utilitas Primo, una pirocisterna impiegata lungo le rotte col Mar Nero, da dove l'Italia importava petrolio russo. L'imbarco doveva essere per alcuni mesi perché avrebbe dovuto sposarsi. Gli fu garantito un contratto breve. Sbarcò cinque anni dopo come capo macchinista! Finita la guerra fu promosso caposezione nell'ufficio tecnico per le macchine delle navi. Mi fece da maestro e lo ricordo sempre con vivo e sincero affetto. Viaggiammo insieme in tutto il mondo: tre volte in India, poi Giappone, Caraibi, Egitto; in Nord Europa eravamo di casa. Quando dormivo, aveva la pessima abitudine di svegliarmi con una secchiata d'acqua fredda in faccia... Qualche volta erano le quattro del mattino, ma a bordo non c'erano orari. Che Iddio li abbia in gloria!».


L’attacco al convoglio nel giornale di bordo del P 212 (da Uboat.net):

“1215 hours - Sighted smoke and aircraft patrols bearing 030°.
1254 hours - Started an attack on 2 medium sized merchant vessels escorted by 2 Partenope-class torpedo boats. Several aircraft were patrolling overhead. Both torpedo boats were zigging in front of each of the merchant vessels.
1343 hours - One of the torpedo boats passed 1000 yards ahead. P 212 was not detected.
1350 hours - Fired 5 torpedoes at one of the merchant ships. It was hoped that the 5th torpedo might hit the other ship that partially overlapped with the target. One hit was obtained. After the attack P 212 went to 350 feet and retired to the Northward at 4 knots. 26 Depth charges were dropped in the next hour in patterns of 7, 7, 4 and 5 but none were really close and no damage was caused by them. HMS P 46 meanwhile reported by SST that she had also attacked. That the other merchant ship had been her target, that it had changed course when our target had been hit and that this merchant had also been hit.
1538 hours - Returned to periscope depth. Noticed that both merchant ships were stopped in the vicinity of the attack. Our target was ablaze from the funnel to aft. Four aircraft were patrolling overhead and the escorting torpedo boats were to the Southward. Went deep again to reload the torpedo tubes.
1620 hours - Returned to periscope depth. Only one the merchants was seen, the other must have sunk. The escorts were still searching the area.
1648 hours - The other merchant vessel blew up with a terrific explosion so there was now no need to remain in the area to finish off the prey.”

Ed in quello del P 46:

“0700 hours - A land fix showed that P 46 had been set to the north-east during the night and that we were 10 miles from our patrol position. Closed the Bizerta convoy route and proceeded via it to our patrol position.
1106 hours - Sighted aircraft circling bearing 060°. Thought that this means a convoy approaching. Altered course to intercept.
1300 hours - Sighted the funnel of a merchant vessel. Three aircraft were seen circling overhead.
1315 hours - The convoy was now seen to be made up of two merchant vessels in line ahead. They were escorted by two torpedo boats and were bound for Tunis.
1351 hours - The leading ship was torpedoed by another submarine. The second ship altered towards but soon resumed her original course.
1403 hours - In position 37°29'N, 10°46'E fired three torpedoes at this merchant vessel from 2000 yards. The third torpedo broke surface and ran off to port, possibly a gyro failure. One hit was obtained, the torpedo hit just abaft the funnel. P 46 then went deep and turned stern on the escorts.
1428 hours - A pattern of four depth charges was dropped fairly close. P 46 was now hunted for about half an hour in which 27 depth charges were dropped, several fairly close. They broke a few lamps but caused no other damage.
1533 hours - Returned to periscope depth. Both ships were seen to be stopped. The torpedo boats were close by the targets.
1553 hours - In position 37°30'N, 10°46'E fired one torpedo at 'our' target from 6000 yards. The target was seen to be down by the stern.
1555 hours - An aircraft was seen to drop flares over the torpedo track. Went deep and took avoiding action.
1557 hours - Heard the torpedo hit the target. This was followed by breaking up noises.
1600 hours - A depth charge was dropped. More followed but none were close.
1720 hours - Returned to periscope depth. 'Our' target was not seen but the other ship was seen to be burning fiercely.
1735 hours - Heard a very violent explosion. Only smoke could be seen where the ship had been.”
 
Un’altra immagine della nave quando si chiamava Gudrun Maersk (da www.forums.clydemaritime.co.uk)


8 commenti:

  1. Chiedo ancora scusa, Lorenzo, ma il TV Manacorda del Fortunale, si chiamava Edoardo, non Umberto.
    Saluti.

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    1. Su "La difesa del traffico con l'A.S. dal 1° ottobre 1942 alla caduta della Tunisia" il comandante della Fortunale è menzionato come Umberto Manacorda; Edoardo Manacorda comandava la Lince.

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  2. Nell'annuario ufficiale R. Marina Umberto non esiste. La lince è un refuso su le mbvm della marina per edoaEdo

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    1. Mi sa che è incompleto o sbagliato l'annuario allora. E' sempre il volume USMM a menzionare Edoardo come comandante della Lince. Ed il comandante della Cosenz si chiamava De Grossi Mazzorin, come provato da vari link che ho inserito sulla relativa pagina.

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  3. I due Manacorda comunque erano fratelli

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  4. addirittura gemelli nati a Roma il 26 ottobre 1913 e con stessa anzianita', mi son confuso per quello, chiedo scusa.

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