L’Honestas sotto bandiera danese, con il precedente nome di Gudrun Maersk (foto Steen Schøn, Maritime Museum of Denmark/www.billedarkiv.mfs.dk) |
Piroscafo da carico
di 4959 tsl, 3005 tsn e 7500 tpl, lungo 110,4 metri, largo 15,6 e pescante 9,6,
con velocità massima (in origine) di 10 nodi. Appartenente alla Società Anonima
di Navigazione «Mare Nostrum» di Genova (appartenente all’armatore Alberto
Ravano), iscritto con matricola 2088 al Compartimento Marittimo di Genova;
nominativo di chiamata IBAR. Aveva quattro stive e due ponti.
Carlo Ravano, figlio
dell’armatore dell’Honestas, così
ricorda questa nave nel libro "97 traversate", nella quale ripercorre
la storia della sua famiglia: «…l’Honestas
era una nave speciale, di scafo solidissimo. Era stata acquistata da papà da
una grandissima società danese; che l’aveva venduta – penso – per la sua scarsa
velocità: con carena pulita e col migliore dei carboni nelle caldaie, a stento
raggiungeva i sei nodi. Sotto bandiera danese si chiamava Gudrun Maersk, e i
nostri marinai la soprannominarono in dialetto genovese “gundùn marciu”
(traducibile in “preservativo avariato”). Fu facile bersaglio».
Breve e parziale cronologia.
1920
Varato nei cantieri Ferdinand
Schichau Werft G.m.b.H. di Danzica come danese Gudrun Maersk (numero di costruzione 1097).
20 dicembre 1920
Completato come Gudrun Maersk per la compagnia A/S
Dampskibsselskabet Svendborg di Svendborg (in gestione ad A.P. Møller di
Copenhagen), la futura Maersk Line; è la prima turbonave ad essere costruita
per questa compagnia (l’apparato motore consiste in due turbine a vapore Elbing
da 1650 s.h.p. e 375 n.h.p. su un solo asse ed un’unica elica, alimentate da
tre caldaie di tipo scozzese). La sua costruzione è costata 2.660.000 corone
danesi.
Stazza lorda
originaria 4932 tsl, netta 3037 tsl, portata lorda 7650 tpl; nominativo di
chiamata NCGL, poi OXYC. La registrazione nei registri navali danesi avviene il
13 gennaio 1921; porto di registrazione è dapprima Svendborg.
7 dicembre 1921
In navigazione in
mezzo all’Atlantico, durante un viaggio da Filadelfia a Genova, il Gudrun Maersk salva gli otto uomini
dell’equipaggio della goletta canadese Ruby
W. Quest’ultima, un motoveliero a tre alberi di 375 tsl, era partita il 6
novembre da Pernambuco (carico di sabbia usata come zavorra: stava tornando da
un viaggio in cui aveva trasportato un carico di pesce sotto sale da Terranova
a Pernambuco) diretta a St. John’s, ma ha incontrato un violento uragano che
l’ha gravemente danneggiata e l’ha spinta fuori rotta di parecchie miglia.
Il Gudrun Maersk incontra il Ruby W., semiallagato e ridotto ad un
relitto galleggiante, alle due del pomeriggio del 7 dicembre, nel punto 40°08’
N e 56°02’ O (circa 900 miglia ad est di New York). Ricevuta una richiesta di
aiuto, il piroscafo danese accorre prontamente in soccorso della nave canadese;
vengono fermate le macchine e calata una scialuppa, che solo dopo due ore di
lotta contro il mare in tempesta riesce a recuperare l’equipaggio della goletta
(il comandante Charles Forward, il primo ufficiale William James, il secondo
ufficiale Nathaniel Fenny, il cuoco William Pike e quattro marinai), che prima
di avvistare il piroscafo aveva abbandonato ogni speranza di essere salvato. I
naufraghi vengono portati sul Gudrun
Maersk (il comandante del Ruby W.,
capitano Charles Forward, ha un braccio fratturato in tre punti, ed il marinaio
Thomas Lawrence ha un ginocchio contuso ed altre slogature, tanto da richiedere
assistenza per saltare sulla scialuppa del Gudrun
Maersk; rimarrà allettato per diversi giorni), dopo di che il relitto
galleggiante del motoveliero viene dato alle fiamme. I naufraghi del Ruby W. verranno sbarcati a Genova il 27
dicembre ed affidati al console britannico, che ne organizzerà il rimpatrio a
bordo del piroscafo Arabic.
1922
Un rapporto sullo
stato delle macchine del Gudrun Maersk
rileva che il consumo di carbone (mediamente 25,12 tonnellate al giorno
nell’arco dell’ultimo anno) è superiore a quello delle altre navi della
compagnia di analoghe dimensioni, e che i consumi sono in aumento rispetto al
primo anno di servizio. Nel periodo 22 dicembre 1921-30 dicembre 1922 il Gudrun Maersk ha navigato per 35.681
miglia, trascorrendo 4075,5 ore in mare, alla velocità media di 8,76 nodi,
consumando 4264,99 tonnellate di carbone.
Altri rapporti nella
seconda metà degli anni Venti mostreranno che il consumo medio giornaliero di
carbone si è sostanzialmente stabilizzato su questi valori (24,80 tonnellate
nel 1925; 24,03 nel 1926; 25,69 nel 1927; 25,90 nel 1928) per poi aumentare
bruscamente nel 1929 (27,94 tonnellate al giorno). Nello stesso periodo, la
velocità del Gudrun Maersk risulta
essere: nel 1925, 7,99 nodi carico e 9,56 scarico; nel 1926, 8,57 nodi carico e
9,12 scarico; nel 1927, 8,09 nodi carico e 8,92 scarico; nel 1929, 8,36 nodi
carico e 9,48 scarico. Successivamente le caldaie vengono modificate per
l’alimentazione a nafta.
Marzo 1923
Il Gudrun Maersk (capitano H. C. Lundgren)
incontra “acqua scolorita” al largo del Perù, e nonostante tre scandagliamenti
non riesce a trovare il fondo in 155 metri d’acqua. Il fatto viene riferito
all’ufficio idrografico del Dipartimento della Marina statunitense; ciò si
colloca in un periodo in cui diverse navi, in navigazione al largo delle coste
peruviane, riferiscono di aver incontrato tratti di mare con acqua color rosso
sangue e strana sabbia rossa.
9 gennaio 1924
Subisce un incendio a
bordo mentre si trova a Karachi.
2 marzo 1928
S’incaglia mentre sta
risalendo il fiume Weser.
Marzo-Aprile 1929
Trasporta 7000
tonnellate di zucchero da Cuba a Marsiglia.
Ottobre 1929
Trasporta 6500
tonnellate di soia da Dairen (Corea) all’Europa, con viaggio iniziato il 28 ottobre
e concluso il 15 novembre.
9 agosto 1930
Durante un viaggio da
Port Lemon a San Pedro con un carico di zucchero, il Gudrun Maersk subisce una falla mentre naviga nell’Oceano Pacifico;
effettua delle riparazioni provvisorie a Honolulu.
15 gennaio 1931-23 giugno 1933
In disarmo o in
lavori (?).
1933
Il porto di
registrazione viene spostato da Svendborg a Kalundborg.
13 aprile 1936
Venduto per 320.808
corone danesi (15.000 sterline) alla Società Anonima di Navigazione "Mare
Nostrum" di Genova (armatore P. Ravano fu Marco), che lo ribattezza Honestas e lo registra a Genova. Altra
fonte indica la data di vendita nel 25 aprile 1936, che è anche la data di
cancellazione dal registro navale danese.
Febbraio 1937
Durante la guerra
civile spagnola, l’Honestas compie
un viaggio per conto delle Ferrovie dello Stato, trasportando truppe e
materiali del Corpo Truppe Volontarie. La nave (come altri trenta piroscafi),
non essendovi grande disponibilità di mercantili noleggiabili per trasportare
rifornimenti, effettua il trasporto in Spagna nel corso di un viaggio di
andata, altrimenti scarica, verso l’Europa settentrionale: parte dall’Italia,
scarica i rifornimenti in Spagna e prosegue in zavorra sino in Nordeuropa, dove
imbarca carbone per conto dell’Azienda Monopolio Carboni. Per il viaggio sino
in Spagna, vengono imbarcati alcuni uomini della Regia Marina per mantenere le
comunicazioni e compiere le segnalazioni, ed il comando della nave viene
assunto da un ufficiale di Marina; i piroscafi compiono il viaggio da soli od a
coppie, con la scorta di incrociatori leggeri o cacciatorpediniere della II
Squadra sino al meridiano di Malaga od allo stretto di Gibilterra, poi di navi
da guerra del gruppo "Quarto" (esploratori Quarto ed Aquila,
torpediniera Audace) basate a
Tangeri, che vigilano sulle rotte di accesso a Cadice.
11 aprile 1942
Navigando nella fitta
nebbia, l’Honestas sperona
accidentalmente il cacciatorpediniere Antonio
Da Noli, arrecandogli gravi danni che richiederanno quattro mesi di
riparazioni presso l’Arsenale di La Spezia.
15 novembre 1942
Requisito a Palermo
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
25 novembre 1942
L’Honestas ed il piroscafo Sant’Antioco salpano da Napoli per
Tunisi alle 4.30, scortati dalle moderne torpediniere di scorta Procione (capitano di corvetta
Renato Torchiana, caposcorta), Ardente (tenente
di vascello Rinaldo Ancillotti) e Ciclone (capitano
di corvetta Luigi Di Paola). Successivamente si aggrega al convoglio anche la
motozattera tedesca F 477, proveniente
da Trapani. Sulle torpediniere sono imbarcate anche modeste aliquote di
personale del Reggimento "San Marco", diretto in Tunisia.
26 novembre 1942
Alle 21.15 il
convoglio viene avvistato da ricognitori nemici, ed a partire dalle 22 – a
nordovest di Capo Bon – viene ripetutamente e pesantemente attaccato dal cielo
(gli attacchi proseguiranno durante la notte); ma nessun mercantile viene
colpito, grazie al violento tiro di sbarramento aperto dalle torpediniere, che
crea una vera “barriera di fuoco” attorno ai piroscafi.
27 novembre 1942
Alle 00.04 il
convoglio viene avvistato, su rilevamento 235°, anche dal sommergibile
britannico Una (tenente di
vascello John Dennis Martin), che dopo essersi immerso alle 00.06 (mentre il
convoglio accosta per 185°), lancia tre siluri da 1370 metri alle 00.47, in
posizione 37°34’ N e 10°33’ E (nella zona settentrionale del Golfo di Tunisi),
contro uno dei piroscafi, di stazza stimata in 4000 tsl. Nessuna nave viene
colpita; le unità del convoglio avvertono due esplosioni subacquee ed anche
sull’Una, 50 secondi dopo il lancio, viene
avvertita una violenta esplosione, tanto forte da rompere parecchi vetri a
bordo. Sull’Una si crede trattarsi di
un siluro andato a segno, ma non è così; forse sono i siluri giunti a fine
corsa. Martin decide di non lanciare un quarto siluro, contrariamente a quanto
deciso in precedenza, e l’Una si
allontana con azione evasiva, ma non subisce contrattacchi.
Il convoglio giunge a
Tunisi alle 8.
4 dicembre 1942
Alle 3.30 Honestas e Sant’Antioco lasciano Tunisi per rientrare in Italia, scortati
dalle torpediniere Groppo
(caposcorta) ed Orione.
Alle 14.53 il
sommergibile britannico P 219 (tenente
di vascello Norman Limbury Auchinleck Jewell), in agguato a ponente di
Marettimo, avvista del fumo su rilevamento 240°, ed alle 15.11 avvista il
convoglio italiano (identificate come "due
navi trasporto di 5000 tsl scortate da un cacciatorpediniere e due
motosiluranti con un idrovolante in pattugliamento sul loro cielo")
mentre questo procede a 10 nodi su rotta 050° (verso nordest). Al sommergibile
britannico è rimasto un solo siluro, nei tubi di poppa; di conseguenza il P 219 manovra per attaccare con un
lancio di poppa, ma alle 15.45, mentre sta per lanciare, l’equipaggio perde il
controllo dell’assetto, ed il battello giunge quasi ad affiorare in superficie.
Jewell deve quindi ricominciare da capo; alle 17.07, infine, il P 219 lancia il suo ultimo siluro in
posizione 38°13’ N e 11°44’ E, da 3100 metri di distanza, mirando al secondo
mercantile. L’arma non va a segno (il Sant’Antioco
avvista la scia del siluro), ed il convoglio prosegue per la sua rotta senza
che la scorta lanci un contrattacco.
5 dicembre 1942
Alle 14.35 il
sommergibile britannico P 217 (poi
Sibyl, tenente di vascello Ernest John
Donaldson Turner), avvista i fumaioli e le alberature di Honestas e Sant’Antioco e
delle unità di scorta (identificate erroneamente come tre cacciatorpediniere)
su rilevamento 140°, a 12.800 metri di distanza, una decina di miglia a
sudovest di Capri. Alle 15.15, nel punto 40°27’ N e 14°02’ E (o 40°26’ N e
14°06’ E), il P 217 lancia quattro
siluri da 5500 metri, due contro ciascuno dei piroscafi, ambedue valutati in
circa 5000 tsl. Nessuna nave viene colpita, nonostante Turner ritenga di aver
sentito tre esplosioni (attribuite ad altrettanti siluri a segno) alle 15.20;
la Groppo viene mancata da
un siluro ed inizia il contrattacco con bombe di profondità alle 15.35,
proseguendo sino alle 17.30 con il lancio in tutto di 62 bombe, ma nessuna
viene gettata tanto vicina da danneggiare il P 217 (tanto che alle 15.45 questi può portarsi a quota
periscopica ed osservare Groppo e Orione impegnate nel contrattacco).
Non avendo ottenuto risultati apprezzabili, la Groppo si riunisce al convoglio e viene rilevata nella caccia
da cacciasommergibili della difesa locale.
Le navi giungono a
Napoli alle 20.
L’affondamento
Alle 12.30 del 12
dicembre 1942 l’Honestas (al comando
del capitano di lungo corso Luigi Pendola, da Recco) partì da Napoli diretto a
Tunisi, in convoglio con il piroscafo Castelverde.
La scorta dei due piroscafi era rappresentata dalle moderne torpediniere di
scorta Ardito (tenente di
vascello Emanuele Corsanego, caposcorta) e Fortunale (tenente di vascello Umberto Manacorda).
L’Honestas aveva a bordo 162 uomini (65
di equipaggio e 97 militari diretti in Tunisia) e 1870 tonnellate di materiale
bellico (più precisamente, 50 veicoli e 1000 tonnellate di munizioni); in
tutto, i due piroscafi trasportavano 230 militari (esclusi gli equipaggi) e
3170 tonnellate di materiali per le forze italo-tedesche in Tunisia.
I britannici, come
tante altre volte, sapevano però già tutto: “ULTRA” aveva lavorato sodo e già
dal 9 dicembre aveva comunicato che Honestas e
Castelverde sarebbero giunti a Tunisi
«a partire dall’11 dicembre». Lo
stesso 12 dicembre, intercettati altri messaggi, “ULTRA” precisò che «Honestas e Castelverde dovranno
lasciare Napoli alle 13.00 di oggi 12, velocità 7 nodi, ed essere a Tunisi alle
14.00 del giorno 14», informazione poi ripetuta il giorno seguente.
Il primo attacco
subacqueo non tardò quindi a manifestarsi: già la sera del 12 dicembre, nel
punto 40°29’ N e 14°20’ E (a sudest di Capri), la Fortunale avvistò un sommergibile in superficie, che dopo
l’avvistamento s’immerse rapidamente. La torpediniera si precipitò sul punto in
cui il battello era scomparso e ben presto il suo ecogoniometro segnalò un
contatto subacqueo, che venne prontamente attaccato con quattro scariche di
bombe di profondità, per un totale di 31 bombe. Al termine del quarto attacco,
il contatto venne perso; nel buio della sera risultò impossibile avvistare
rottami o chiazze di nafta, che potessero confermare con certezza l’avvenuto
affondamento di un sommergibile. Ma il sommergibile britannico P 222 (capitano di corvetta Alexander
James Mackenzie), in agguato in quella zona, scomparve proprio in quei
giorni con tutto l’equipaggio di 47 uomini (il comandante Mackenzie, altri 4
ufficiali e 42 tra sottufficiali e marinai): dopo un messaggio del 7 dicembre
con cui comunicava di aver raggiunto il settore d’agguato assegnato nel Golfo
di Napoli, il P 222 non diede più
notizia di sé, e non fece mai ritorno alla base. Era questo, con ogni
probabilità, il sommergibile attaccato e affondato dalla Fortunale. In mancanza di sopravvissuti, è impossibile sapere con
esattezza cosa accadde a bordo del P 222:
lo storico britannico A. S. Evans ha ipotizzato che Mackenzie, avendo avvistato
il convoglio e rendendosi conto che sarebbe passato ad est di Capri, avesse
manovrato per cercare di intercettarlo in superficie dopo il tramonto; il P 222 era emerso con il buio ad ovest
del convoglio, che aveva poi virato verso est, ma essendo venuto in superficie
neanche un’ora dopo il tramonto la sua sagoma si stagliava contro la parte più
chiara dell’orizzonte, il che aveva permesso alla Fortunale di avvistarlo, segnandone la sorte. Tutto ciò, ad ogni
modo, appartiene al regno della congettura.
Le navi italiane
proseguirono nella navigazione, ma al largo di Capo Bon le aspettava uno
sbarramento di sommergibili britannici. Almeno tre di essi – il P 228 poi diventato Splendid, il P 46 poi
diventato Unruffled ed il P 212 poi divenuto Sahib – erano proprio sulla loro rotta.
Il convoglio giunse a
Trapani alle 17.30 del 13 dicembre, e qui sostò fino alle 00.50 (o 00.30) del
14, quando le navi italiane ripartirono alla volta di Tunisi. Oltre alle due
torpediniere, che zigzagavano a proravia dei piroscafi, il convoglio godeva di
una scorta aerea che comprendeva, tra l’altro, diversi bombardieri tedeschi
Junkers Ju 88 e caccia Messerschmitt Bf 110.
Lo sbarramento dei
sommergibili britannici non tardò ad entrare in azione. Alle 9.45 del 14
dicembre il P 228 (poi ribattezzato
Splendid, tenente di vascello Ian
Lachlan Mackay McGeogh), in agguato a nord di Capo Bon, avvistò dapprima un
idrovolante, e qualche minuto dopo anche del fumo, nella prevista direzione di
provenienza di un convoglio il cui arrivo – evidentemente in base alle notizie di “ULTRA” – gli era stato segnalato;
il sommergibile accostò in quella direzione ed alle 10.07 McGeogh vide apparire
nel suo periscopio, su rilevamento 051°, le sagome delle navi italiane (identificate
come due mercantili di medie dimensioni, scortati da due torpediniere e
numerosi aerei) che si avvicinavano. Iniziata pertanto la manovra d’attacco, alle
11.14 il P 228 lanciò quattro siluri contro
la nave più grossa, dalla distanza di 915 metri, stando sul lato di dritta del
convoglio: dopo un minuto, tre delle armi passarono sotto la chiglia del Castelverde, senza esplodere, e si
diressero verso l’Honestas (i
due piroscafi procedevano in linea di fronte, Honestas a dritta e Castelverde
a sinistra), che li evitò con una tempestiva manovra e sparò su di essi con le
sue mitragliere. L’Ardito evitò
con la manovra un altro siluro; non ci fu contrattacco della scorta. McGeogh,
che subito dopo il lancio era sceso in profondità, ritenne di aver colpito ed
affondato una nave con un siluro, avendo sentito delle esplosioni, ma in realtà
nessuna nave aveva subito danni. L’attacco si era verificato in posizione
37°38’ N e 11°02’ E, a nordest del Golfo di Tunisi. (Secondo un’altra fonte
britannica, " British and Allied Submarine Operations in World War
II" di Arthur Hezlet, il P 228
si sarebbe portato tra le due colonne del convoglio ed avrebbe lanciato cinque
siluri: quattro dai tubi prodieri, contro una nave distante 915 metri, ed uno
dai tubi poppieri, contro un’altra nave. Questa versione appare erronea, in
quanto difforme da quanto scritto nel giornale di bordo del P 228; peraltro, Hezlet accredita erroneamente
a questo attacco l’affondamento del piroscafo Sant’Antioco, che in realtà non faceva parte di questo convoglio e
che venne affondato il giorno seguente dal P
46).
Superato indenne
questo attacco, il convoglio proseguì nella navigazione: ma, senza rendersene
conto, andò ad infilarsi tra due fuochi. Alle 12.15 il sommergibile
britannico P 212 (poi Sahib, tenente di vascello John Henry
Bromage), avvistò fumo di navi ed aerei in pattugliamento su rilevamento 030°.
Alle 12.54, identificato il convoglio come composto da due mercantili di medie
dimensioni scortati da due torpediniere “classe Partenope” (oltre a numerosi
aerei in pattugliamento sul loro cielo), il P 212 diede inizio alla manovra d’attacco; ciascuna delle
torpediniere zigzagava davanti ad uno dei piroscafi, ed alle 13.43 una di esse
passò a soli 915 metri a proravia del P
212, senza avvedersi della sua presenza. Alle 13.50, in prossimità di Capo
Bon (circa 30 miglia a nordest di Tunisi), il P 212 lanciò cinque siluri contro uno dei due piroscafi, del quale
valutava la stazza in 6000 tsl, da una distanza di 1740 metri; siccome in quel
momento i due mercantili si “sovrapponevano” parzialmente nel suo periscopio,
Bromage sperò che il quinto siluro potesse colpire l’altro piroscafo, così
centrando entrambi i mercantili con quella salva di siluri. Subito dopo il
lancio, il battello britannico scese a 107 metri di profondità, ritirandosi
verso nord alla velocità di quattro nodi.
Proprio alle 13.50
(per altra fonte, con incongruenza di qualche minuto, alle 13.46), un
idrovolante FIAT R.S. 14 della scorta aerea (144a Squadriglia
della Regia Aeronautica) si buttò in picchiata – manovra che stava ad indicare
che l’aereo aveva avvistato un sommergibile immerso, oppure delle scie di
siluri – e lanciò due bombe contro il P
212; praticamente nello stesso istante (per una fonte alle 13.51), l’Honestas venne colpito da un siluro
sul lato sinistro, a centro nave (altra versione invece parla di due siluri che
l’avrebbero colpito sul lato di dritta, ma lo stesso giornale di bordo del P 212 rivendica un solo siluro a segno,
non due), in posizione 37°28’ N e 10°36’ E. Il caposcorta Corsanego sull’Ardito ordinò alla Fortunale di prestare assistenza
alla nave colpita, mentre con la sua unità proseguì scortando l’indenne Castelverde.
Considerato che gli
incendi scoppiati a bordo potevano far esplodere il pericolosissimo carico di
munizioni da un momento all’altro, il comandante Pendola ordinò di abbandonare
la nave; fu lui l’ultimo a lasciare l’Honestas,
ma successivamente tornò a bordo del piroscafo in fiamme con alcuni altri
uomini per richiamare l’attenzione dei soccorritori, dopo di che abbandonò la
nave per la seconda ed ultima volta.
Ma il P 212 non era il solo sommergibile
nei paraggi: nello stesso momento, sul lato opposto del convoglio, anche
il P 46 (poi Unruffled, tenente di vascello John
Samuel Stevens) si preparava ad attaccare.
Dei due sommergibili,
anzi, il P 46 era stato il
primo ad avere sentore del convoglio in arrivo: già alle 11.06 Stevens aveva
avvistato degli aerei che giravano in cerchio su rilevamento 060°, deducendo
che ciò significasse che un convoglio era in arrivo. Il P 46 aveva cambiato la rotta per
intercettare il presunto convoglio, ed alle 13 era stato premiato dalla
comparsa del fumaiolo di una nave mercantile, con tre aerei che volteggiavano
sopra di esso. Alle 13.15 tutte e quattro le navi del convoglio – due
mercantili in linea di fronte, scortati da due torpediniere – risultavano ben
visibili, ed appariva chiaro che erano dirette verso Tunisi.
Alle 13.51 Stevens
vide il piroscafo di testa – l’Honestas –
venire silurato da un altro sommergibile; il Castelverde accostò temporaneamente proprio in direzione
del P 46, ma tornò presto ad
assumere la rotta originaria. Il comandante del P 46 vide l’Honestas,
colpito, deviare dalla rotta verso sinistra e poi restare alla deriva, come se
le sue macchine fossero state fermate. I siluri del P 212 che mancarono il bersaglio rischiarono di quasi colpire il P 46: subito dopo che Stevens ebbe
assistito al periscopio al siluramento dell’Honestas,
l’idrofonista del P 46 annunciò un
siluro in avvicinamento su rilevamento 40°, e visto che il rilevamento non
sembrava cambiare molto rapidamente, il comandante del sommergibile diede
ordine di scendere a profondità maggiore (12 metri) per scongiurare ogni
rischio di essere colpito da quel “fuoco amico”: i siluri passarono a poppavia,
così vicini che l’equipaggio del P 46
sentì il rumore generato dai loro motori. Venne ordinata nuovamente quota
periscopio. Alle 13.59 venne sentita una forte esplosione, probabilmente un
siluro era giunto a fine corsa. Stevens ricordò poi quei momenti con queste
parole: “…con la coda dell’occhio, al
margine della lente del periscopio, vidi un pennacchio d’acqua sollevarsi sul
lato opposto della nave di testa, e dopo un momento si sentì il rumore sordo di
un siluro andato a segno, e poi giunse l’annuncio «Siluri in avvicinamento»
dall’operatore del sonar. Ordinai [di scendere ad] una quota di 90 piedi [27 metri],
ed annullai l’attacco per il momento. I siluri passarono sopra di noi senza
fare danno; poi tornammo a quota periscopica. La nave di testa, che era stata
colpita da un siluro del P 212, stava perdendo velocità e deviando dalla rotta,
mentre le navi di scorta stavano dando la caccia al P 212 sul lato opposto
rispetto a noi”. Stevens osservò che navi della scorta, insieme a sei
aerei, si concentravano a dare la caccia all’altro sommergibile, dunque colse
l’occasione per attaccare.
Alle 14.03, in
posizione 37°29’ N e 10°46’ E (circa 30 miglia a nord-nord-ovest di Capo Bon e 50
km a nord di Sidi Daoud), il P 46 lanciò
tre siluri contro il Castelverde,
da una distanza di 1830 metri. Una delle tre armi, forse per difetto del
giroscopio, affiorò in superficie e deviò dalla rotta, disperdendosi nel mare
verso sinistra.
Gli altri due siluri
colpirono invece il Castelverde alle
14.07, sul lato di dritta, subito a poppavia del fumaiolo. Subito il P 46 scese in profondità e rivolse
la poppa alle navi della scorta.
Alle 14.17, la Fortunale ottenne un contatto
all’ecogoniometro e lo segnalò al caposcorta, che le ordinò di attaccarlo; così
fece, eseguendo quattro corse con lancio di cariche di profondità. Nell’arco
dell’ora successiva al lancio dei siluri, il P 212 rilevò le esplosioni di 26 bombe di profondità, in quattro
scariche di 7, 7, 4 e 5 bombe, ma nessuna di esse scoppiò particolarmente
vicina al sommergibile, che non subì danni. Parecchie cariche di profondità,
invece, esplosero piuttosto vicine al P
46 (che contò 27 esplosioni invece di 26, nell’arco di mezz’ora, a partire
da un "pacchetto" di quattro bombe alquanto vicine lanciate alle
14.28), causando però solo la rottura di alcune lampade. I due sommergibili
immersi comunicarono tra di loro per mezzo del sistema di comunicazione subacquea
SST, scambiandosi messaggi su quanto era appena accaduto: il P 46 riferì al P 212 di aver anch’esso attaccato lo stesso convoglio, spiegando a
Bromage che l’altro mercantile, quello non attaccato dal P 212 (cioè il Castelverde),
era il suo bersaglio, e che questi aveva cambiato rotta dopo che il primo (l’Honestas) era stato silurato dal P 212. Stevens aggiunse comunque di
essere riuscito anche lui a colpire il “suo” piroscafo.
L’Ardito, intanto, iniziò a
recuperare i naufraghi, gettando bombe di profondità a scopo intimidatorio (il
suo ecogoniometro non funzionava). Alle 15.05 l’Ardito mise a mare la motolancia, e dieci minuti dopo anche
la Fortunale si mise a
recuperare naufraghi di entrambe le navi.
Ma Stevens non
intendeva neanche aspettare che la sua vittima affondasse per conto proprio;
tornato a quota periscopica alle 15.33, e visto che i due piroscafi erano
entrambi ancora a galla, sebbene immobilizzati (le torpediniere stazionavano
nelle loro vicinanze), alle 15.53 il P
46 lanciò un ultimo siluro per finire il Castelverde, in posizione 37°30’ N e 10°46’ E, da una distanza di
5480 metri. Anche questo siluro andò a segno, ed alle 16.05 il piroscafo affondò
in fiamme a 27 miglia per 327° da Capo Bon (cioè a nord/nordovest del Capo). Alle
15.55, dopo aver lanciato ma prima che il siluro colpisse il bersaglio, il P 46 vide che un aereo stava lanciando
dei bengala sopra la scia lasciata dal suo siluro, pertanto scese in profondità
e diede inizio a delle manovre evasive. A partire dalle 16 fu nuovamente sottoposto
a caccia con bombe di profondità, ma nessuna esplose vicina.
Nel frattempo, alle
15.38, anche il P 212 era tornato a
quota periscopica: Bromage vide che entrambi i mercantili erano immobilizzati,
nei pressi del punto in cui era avvenuto l’attacco, e che il suo bersaglio (l’Honestas) appariva in fiamme dal
fumaiolo fino a poppa. Quattro aerei pattugliavano il cielo dei mercantili,
mentre le torpediniere si trovavano più a sud. Il P 212 tornò ad immergersi in profondità per ricaricare i tubi
lanciasiluri, al fine di dare anch’esso il colpo di grazia alla nave colpita.
Alle 16.11 l’Ardito effettuò una nuova caccia
antisommergibili, ma nessuna bomba di profondità esplose vicino al P 212, tanto che alle 16.20 questi poté
tornare a quota periscopica per prepararsi ad attaccare di nuovo. Bromage notò
che uno dei mercantili era scomparso (il Castelverde),
e giudicò correttamente che fosse affondato, mentre le navi scorta stavano
continuando a perlustrare la zona in cerca degli attaccanti.
Prima che il P 212 potesse impartirgli il colpo di
grazia, l’ormai deserto Honestas
saltò in aria a 27 miglia per 327° da Capo Bon (secondo "Navi mercantili
perdute", l’esplosione finale sarebbe stata causata da un altro siluro, ma
si tratta di un errore, in quanto risulta chiaramente che il P 46). Sembra esserci disaccordo circa
l’orario dell’affondamento: il giornale di bordo del P 46 afferma che il piroscafo «saltò con un’esplosione
terrificante» alle 16.48, mentre le fonti italiane registrano l’esplosione dell’Honestas come avvenuta alle 17.29. Il
giornale di bordo del P 46 sembra
confermare la versione italiana, dal momento che alle 17.20 questo sommergibile
tornò a quota periscopica e vide che il suo bersaglio (il Castelverde) non c’era più, ma che l’altro mercantile (l’Honestas) era ancora a galla e bruciava
furiosamente. Alle 17.35 il P 46
sentì un’esplosione molto violenta, dopo di che non vide altro che fumo nel
punto in cui si trovava l’Honestas
(nelle memorie di Stevens, “dopo il
tramonto ci fu un’esplosione molto violenta, che era il bersaglio del P 212 che
esplodeva”).
L’Ardito raccolse gli ultimi
naufraghi alle 17.50.
Alle 18.40 le due
torpediniere, cariche di naufraghi, intrapresero la navigazione di ritorno a
Trapani, dove arrivarono alle 00.55 del 15. Avevano salvato in tutto 402 uomini
(secondo altra fonte, invece, l’Ardito recuperò
174 uomini e la Fortunale 96,
il che significa probabilmente che gli altri 132 furono recuperati da altre
unità), mentre gli scomparsi erano 23.
Tra il personale
imbarcato sull’Honestas i morti
furono otto, mentre 154 tra marinai e soldati furono tratti in salvo dalle
torpediniere.
“ULTRA” completò il
suo lavoro, lo stesso 14 dicembre, annunciando che «l’Honestas non era arrivato a Tunisi alle 19.30 del 14, cioè cinque ore
e mezzo dopo il suo previsto approdo». Il 15 dicembre nuove intercettazioni
avrebbero permesso ai britannici di apprendere i dettagli sulla distruzione
dell’Honestas e del Castelverde. Hezlet, nel suo libro
citato più sopra, definisce l’attacco congiunto di P 212 e P 46 (ciascuno
dei quali era all’oscuro della presenza dell’altro fino a dopo i rispettivi
primi attacchi) come "un attacco «a
branco di lupi» non intenzionale ma molto efficace".
Gran parte
dell’equipaggio dell’Honestas, tra
cui il comandante Pendola ed il direttore di macchina, il veneziano Mario
Marangoni, fu recuperato dalla Fortunale;
quando Pendola e Marangoni, dopo il salvataggio e dopo essere stati sfamati,
vennero invitati sulla plancia della torpediniera, rimasero sbalorditi nel
vedere che l’ufficiale di rotta della Fortunale,
un giovane guardiamarina di complemento, era Antioco Ravano, uno dei figli del
loro datore di lavoro. Ha commentato a riguardo Carlo Ravano, figlio di Alberto
e fratello di Antioco: «Credo che si
tratti di un fatto unico nella storia della marineria genovese e nazionale:
l’armatore che salva il suo equipaggio in tempo di guerra!».
La condotta del
comandante Pendola fu giudicata encomiabile; gli venne conferita la Medaglia di
Bronzo al Valor Militare, con motivazione: "Comandante di piroscafo, attaccato ripetutamente da sommergibile nemico,
evitava con pronta manovra due siluri e reagiva con raffiche di mitraglia
all'offesa, dimostrando sereno coraggio e perizia marinaresca. Colpita ed
incendiata l'unità da ulteriore lancio di siluri, impartiva tempestive
disposizioni per la salvezza dell'equipaggio e, lasciata per ultimo la nave su
un mezzo di fortuna, ritornava a bordo con pochi uomini, nonostante il pericolo
di esplosione, per segnalare l'invocazione di soccorso dei naufraghi, che poterono
essere successivamente raccolti e tratti in salvo. Dava prova, nella circostanza,
di presenza di spirito ed elevato senso di abnegazione. (Mediterraneo Centrale,
14 dicembre 1942)".
Sia Pendola che
Marangoni sarebbero sopravvissuti alla guerra, navigando per i Ravano ancora
per molti anni. Un ultimo ricordo di Carlo Ravano, da "97 traversate",
relativo a questi due lupi di mare: «Capitan
Pendola, cessato il conflitto e tornato a lavorare per la nostra famiglia,
dedicò tutta la sua vita al mare e alla musica classica. Ne ho un ricordo
nitido: ci trovavamo a Port de Bouc, Marsiglia, e Pendola comandava una
cisterna da 16.000 tonnellate chiamata Charitas. Salimmo a bordo con l'agente
Pommé trovandolo sul ponte, immerso in un forte e acre odore di pesce crudo,
mentre ascoltava beato Le Quattro Stagioni di Vivaldi. Marangoni, invece, era
l'opposto: infaticabile lavoratore, mangiava in continuazione. Lui diceva che
si sentiva meglio "con la cambusa piena". Era stato reclutato nel '34
come allievo di macchina sull' Utilitas Primo, una pirocisterna impiegata lungo
le rotte col Mar Nero, da dove l'Italia importava petrolio russo. L'imbarco
doveva essere per alcuni mesi perché avrebbe dovuto sposarsi. Gli fu garantito
un contratto breve. Sbarcò cinque anni dopo come capo macchinista! Finita la
guerra fu promosso caposezione nell'ufficio tecnico per le macchine delle navi.
Mi fece da maestro e lo ricordo sempre con vivo e sincero affetto. Viaggiammo
insieme in tutto il mondo: tre volte in India, poi Giappone, Caraibi, Egitto;
in Nord Europa eravamo di casa. Quando dormivo, aveva la pessima abitudine di
svegliarmi con una secchiata d'acqua fredda in faccia... Qualche volta erano le
quattro del mattino, ma a bordo non c'erano orari. Che Iddio li abbia in gloria!».
L’attacco al
convoglio nel giornale di bordo del P
212 (da Uboat.net):
“1215 hours - Sighted
smoke and aircraft patrols bearing 030°.
1254 hours - Started
an attack on 2 medium sized merchant vessels escorted by 2 Partenope-class
torpedo boats. Several aircraft were patrolling overhead. Both torpedo boats
were zigging in front of each of the merchant vessels.
1343 hours - One of
the torpedo boats passed 1000 yards ahead. P 212 was not detected.
1350 hours - Fired 5
torpedoes at one of the merchant ships. It was hoped that the 5th torpedo might
hit the other ship that partially overlapped with the target. One hit was
obtained. After the attack P 212 went
to 350 feet and retired to the Northward at 4 knots. 26 Depth charges were
dropped in the next hour in patterns of 7, 7, 4 and 5 but none were really
close and no damage was caused by them. HMS P 46 meanwhile reported by SST that she had also attacked.
That the other merchant ship had been her target, that it had changed course
when our target had been hit and that this merchant had also been hit.
1538 hours - Returned
to periscope depth. Noticed that both merchant ships were stopped in the
vicinity of the attack. Our target was ablaze from the funnel to aft. Four
aircraft were patrolling overhead and the escorting torpedo boats were to the
Southward. Went deep again to reload the torpedo tubes.
1620 hours - Returned
to periscope depth. Only one the merchants was seen, the other must have sunk.
The escorts were still searching the area.
1648 hours - The
other merchant vessel blew up with a terrific explosion so there was now no
need to remain in the area to finish off the prey.”
Ed in quello del P 46:
“0700 hours - A land
fix showed that P 46 had
been set to the north-east during the night and that we were 10 miles from our
patrol position. Closed the Bizerta convoy route and proceeded via it to our
patrol position.
1106 hours - Sighted
aircraft circling bearing 060°. Thought that this means a convoy approaching.
Altered course to intercept.
1300 hours - Sighted
the funnel of a merchant vessel. Three aircraft were seen circling overhead.
1315 hours - The
convoy was now seen to be made up of two merchant vessels in line ahead. They
were escorted by two torpedo boats and were bound for Tunis.
1351 hours - The
leading ship was torpedoed by another submarine. The second ship altered
towards but soon resumed her original course.
1403 hours - In
position 37°29'N, 10°46'E fired three torpedoes at this merchant vessel from
2000 yards. The third torpedo broke surface and ran off to port, possibly a
gyro failure. One hit was obtained, the torpedo hit just abaft the
funnel. P 46 then went deep
and turned stern on the escorts.
1428 hours - A
pattern of four depth charges was dropped fairly close. P 46 was now hunted for about half
an hour in which 27 depth charges were dropped, several fairly close. They
broke a few lamps but caused no other damage.
1533 hours - Returned
to periscope depth. Both ships were seen to be stopped. The torpedo boats were
close by the targets.
1553 hours - In
position 37°30'N, 10°46'E fired one torpedo at 'our' target from 6000 yards.
The target was seen to be down by the stern.
1555 hours - An
aircraft was seen to drop flares over the torpedo track. Went deep and took
avoiding action.
1557 hours - Heard
the torpedo hit the target. This was followed by breaking up noises.
1600 hours - A depth
charge was dropped. More followed but none were close.
1720 hours - Returned
to periscope depth. 'Our' target was not seen but the other ship was seen to be
burning fiercely.
1735 hours - Heard a
very violent explosion. Only smoke could be seen where the ship had been.”
Un’altra immagine della nave quando si chiamava Gudrun Maersk (da www.forums.clydemaritime.co.uk) |
Chiedo ancora scusa, Lorenzo, ma il TV Manacorda del Fortunale, si chiamava Edoardo, non Umberto.
RispondiEliminaSaluti.
Su "La difesa del traffico con l'A.S. dal 1° ottobre 1942 alla caduta della Tunisia" il comandante della Fortunale è menzionato come Umberto Manacorda; Edoardo Manacorda comandava la Lince.
EliminaNell'annuario ufficiale R. Marina Umberto non esiste. La lince è un refuso su le mbvm della marina per edoaEdo
RispondiEliminaMi sa che è incompleto o sbagliato l'annuario allora. E' sempre il volume USMM a menzionare Edoardo come comandante della Lince. Ed il comandante della Cosenz si chiamava De Grossi Mazzorin, come provato da vari link che ho inserito sulla relativa pagina.
EliminaHa ragione. Ho toppato.
RispondiEliminaI due Manacorda comunque erano fratelli
RispondiEliminaaddirittura gemelli nati a Roma il 26 ottobre 1913 e con stessa anzianita', mi son confuso per quello, chiedo scusa.
RispondiEliminaNessun problema, grazie per l'informazione.
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