giovedì 1 marzo 2018

Lanzerotto Malocello

Il Malocello alla fonda davanti a La Goletta, Tunisia, il 20 marzo 1943 (g.c. STORIA militare)

Cacciatorpediniere, già esploratore, della classe Navigatori (dislocamento standard 2125 tonnellate, 2760 in carico normale, 2880 a pieno carico).
Durante gli anni Trenta svolse intensa attività di squadra, prendendo parte alle principali esercitazioni e svolgendo numerose crociere in tutto il Mediterraneo; partecipò alla guerra d’Etiopia ed alla guerra civile spagnola.
Durante il secondo conflitto mondiale effettuò complessivamente 156 missioni di guerra (54 di scorta convogli, 13 di trasporto, 9 di posa di mine, 6 di caccia antisommergibili, 5 di ricerca del nemico, 33 di trasferimento, 17 per esercitazioni e 18 di altro tipo), percorrendo 62.072 miglia nautiche e trascorrendo 3960 ore in mare.

Breve e parziale cronologia.

30 agosto 1927
Impostazione nei Cantieri Ansaldo di Genova (numero di costruzione 284). È il primo dei dodici esploratori classe Navigatori ad essere impostato, ma sarà soltanto il quinto ad entrare in servizio, causa lavori di costruzione protrattisi più a lungo.

Il Malocello in costruzione, nel maggio 1928 (Fondazione Ansaldo)


Due immagini del Malocello prima del varo (da www.kreiser.unoforu.pro). Nella foto in alto, in secondo piano si vedono la motonave Attilio Deffenu ed una sua gemella (Olbia o Caralis) in costruzione.



14 marzo 1929
Varo nei Cantieri Ansaldo di Genova.
Durante le prove di velocità, nel tragitto Punta Chiappa-Scoglio Ferale, il Malocello raggiunge la velocità massima di 39,18 nodi.

Il varo del Malocello:

(da www.kreiser.unoforum.pro)
(Fondazione Ansaldo)

(da www.bagnirosita.it)
Appena varato (da www.kreiser.unoforum.pro)

18 gennaio 1930
Entrata in servizio, classificato esploratore leggero. La sua costruzione è costata 20.750.000 lire.


Sopra: il Malocello in allestimento presso l’Officina Allestimento Navi al Molo Giano di Genova nel 1929, con accanto un posamine classe Fasana; sotto: il Malocello ancora incompleto (manca, tra l’altro, l’armamento principale) a Genova nel 1930 (Fondazione Ansaldo).


13 luglio-16 ottobre 1930
Dopo un primo breve periodo di addestramento, il Malocello viene mandato in cantiere per essere sottoposto ad un periodo di lavori di modifica, in seguito alle prime esperienze. Per migliorare la stabilità, le sovrastrutture vengono abbassate di un livello ed alleggerite, i fumaioli vengono anch’essi leggermente abbassati e vengono eliminati alcuni serbatoi laterali per il carburante, utilizzando al loro posto i doppi fondi (così riducendo la riserva di nafta da 630 tonnellate a 533 tonnellate). Gli impanti lanciasiluri trinati (ciascuno composto da un tubo lanciasiluri centrale da 450 mm e due laterali da 533 mm) vengono sostituiti, per lo stesso motivo, con impianti binati da 533 mm.
Pur migliorando la stabilità, questi provvedimenti non risolvono del tutto i problemi di tenuta del mare dei “Navigatori”.
L’armamento contraereo viene contestualmente potenziato con l’imbarco di due mitragliere binate da 13,2/76 mm.
Terminati i lavori, viene assegnato al II Gruppo della Divisione Leggera.


Il Malocello durante le prove in mare, nel 1930 (sopra: Fondazione Ansaldo; sotto: g.c. Nedo B. Gonzales via www.naviearmatori.net)


Dicembre 1930-Marzo 1931
Il Malocello è tra le unità adibite ad appoggiare la crociera aerea transatlantica dall’Italia al Brasile di Italo Balbo. Le navi, che compongono la Divisione Esploratori (o “Divisione navale dell’Oceano”) al comando dell’ammiraglio di divisione Umberto Bucci (con insegna sul Da Recco), sono tutte unità della classe Navigatori: Malocello, Leone Pancaldo ed Antonio Da Noli formano il II Gruppo (del quale è capogruppo il Da Noli) dislocato a Pernambuco, per l’assistenza nella zona americana dell’Atlantico, mentre Nicoloso Da ReccoLuca Tarigo ed Ugolino Vivaldi costituiscono il I Gruppo (dislocati alle Canarie ed assegnati all’Atlantico centrale) ed Emanuele Pessagno ed Antoniotto Usodimare formano il III Gruppo (di competenza della parte africana dell’Atlantico).
Gli esploratori salpano da La Spezia scaglionati per raggiungere le rispettive posizioni assegnate, ed attendervi il passaggio degli idrovolanti; il II Gruppo parte il 30 novembre 1930, gli altri due il 1° dicembre 1930, seguendo itinerari differenti.
Il Malocello ed il resto del II Gruppo giungono ad Orano il 3 dicembre, poi fanno scalo a Ceuta il 6 dicembre, a Casablanca l’8, a Dakar l’11 per poi attraversare l’Atlantico e raggiungere Pernambuco, in Brasile, il 20 dicembre. Da qui i tre cacciatorpediniere si separano e raggiungono le posizioni assegnate per la scorta; il Malocello, in particolare, lascia Pernambuco il 31 dicembre 1930 e giunge il 3 gennaio 1931 a Porto Natal, da dove l’indomani prosegue verso Fernando de Noronha, dove si ricongiunge col Da Noli, insieme al quale prosegue poi verso la posizione di scorta assegnata.
Gli idrovolanti di Balbo, undici Savoia Marchetti S. 55 (cui se ne aggiungeranno altri tre in Africa), decollano da Orbetello il 17 dicembre, fanno tappa a Cartagena, Kenitra, Villa Cisneros e Bolama e da qui decollano il 6 gennaio 1931, all’1.30 di notte, attraversando l’Atlantico e raggiungendo Porto Natal, in Brasile, alle 19.30 dello stesso giorno, dopo 3000 km. In questa fase di verificano varie avarie ed incidenti, che provocano la perdita di tre degli aerei. A Natal il Malocello consegna una colonna romana donata dal governo italiano a quella città brasiliana; la colonna (che diverrà nota come “Colonna Capitolina”, dato che proviene dal Campidoglio) viene inaugurata solennemente l’8 gennaio 1931 da Italo Balbo.
Dopo aver fatto tappa a Bahia, gli S. 55 volano per altri 1400 km, arrivando infine in formazione su Rio de Janeiro, davanti al Pan di Zucchero, alle 17 del 15 gennaio 1931, insieme agli esploratori di scorta (la Divisione Esploratori al completo si è riunita in unica formazione proprio il 15 gennaio), sotto gli occhi di un milione di persone. Nell’ultimo tratto gli aerei sorvolano il Malocello, in attesa di ordini presso Fernando de Noronha, che è carico di latte di benzina (è previsto che, qualora gli aerei si trovassero nella necessità di rifornirsi di carburante, dovrebbero ammarare nei pressi di Fernando de Noronha: non sarà comunque necessario) e rolla fortemente nel mare agitato dal forte vento oceanico.
Il 7 febbraio, a impresa aviatoria conclusa, la Divisione Esploratori inizia il viaggio di ritorno, divisa in due gruppi: il Malocello fa parte del I Gruppo, insieme a TarigoPancaldoDa Noli. Le navi attraversano l’Atlantico, facendo scalo a Pernambuco, Dakar e Las Palmas (dove sono accolte con grandi festeggiamenti: lo scalo non è scelto a caso, perché il navigatore genovese Lanzerotto Malocello – dal quale la nave prende il nome – fu, nel 1312, il primo europeo a riscoprire le Canarie dopo secoli di oblio, dando il suo nome all’isola di Lanzarote), ed il 10 marzo raggiungono Ceuta, dove sostano brevemente.
Raggiunti a Ceuta anche da Pessagno ed Usodimare (che ha a bordo l’ammiraglio Bucci), gli esploratori salpano l’11 marzo, fanno tappa ad Algeri e giungono infine a Gaeta il 18 marzo 1931.

Il Malocello al tempo della crociera di Italo Balbo (da Facebook-pagina “Classe Navigatori”)

1° agosto 1931
Il Malocello ed i gemelli Leone Pancaldo, Emanuele Pessagno ed Antonio Da Noli presenziano, a Genova, al varo del Rex, il più grande transatlantico italiano mai costruito.
8 dicembre 1931
Riceve a Genova la bandiera di combattimento (offerta da Varazze, città natale del navigatore eponimo), insieme ai gemelli Ugolino VivaldiAlvise Da MostoEmanuele PessagnoAntoniotto UsodimareNicoloso Da ReccoLeone Pancaldo ed Antonio Da Noli, nel corso di una grande cerimonia cui partecipano anche il cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, che benedice le bandiere, il senatore Eugenio Broccardi (podestà di Genova) e l’ammiraglio Bucci.
1932
Lavori di sostituzione del timone.
13-14 agosto 1932
Il Malocello partecipa, con altre navi, ad una rivista navale tenuta a Taranto alla presenza di Vittorio Emanuele III.
1932
Il Malocello parte da Taranto per una crociera in Mar Egeo, passando per il Canale di Corinto.
22 aprile 1934
Il Malocello, inquadrato nella II Squadriglia Esploratori insieme ai gemelli Emanuele PessagnoNicoloso Da Recco e Giovanni Da Verrazzano, ed unitamente alla I Squadriglia Esploratori (formata dai gemelli Luca TarigoUgolino VivaldiAntoniotto Usodimare ed Alvise Da Mosto) nonché alla IV Squadriglia Cacciatorpediniere (Francesco CrispiQuintino SellaGiovanni NicoteraBettino RicasoliTigreFrancesco NulloDaniele Manin) ed al posamine Dardanelli, presenzia alla cerimonia per la consegna della bandiera di combattimento agli incrociatori leggeri Alberico Da BarbianoAlberto Di GiussanoGiovanni delle Bande Nere, Bartolomeo ColleoniLuigi Cadorna, nel bacino di San Marco a Venezia.
28 giugno 1935
Durante un’esercitazione notturna con attacco simulato, il Malocello entra in collisione con il gemello Nicolò Zeno. Entrambe le navi subiscono seri danni; sul Malocello ci sono cinque morti e sei feriti.

Il Malocello (a destra) e lo Zeno in bacino a Taranto dopo la collisione, il 29 giugno 1935 (foto Andrea Ponte, per g.c. della figlia Marina)
Danni al Malocello dopo la collisione (foto Andrea Ponte, per g.c. della figlia Marina)



I funerali solenni delle vittime della collisione, celebrati il 1° luglio 1935 (foto Andrea Ponte, per g.c. della figlia Marina)



1935
Al comando del capitano di corvetta Costanzo Casana, il Malocello è dislocato in Mar Rosso durante la Guerra d’Etiopia.

Il Malocello nel 1936 (da Facebook-pagina “Classe Navigatori”)

16 agosto 1936
Nelle fasi iniziali della guerra civile spagnola, il Malocello viene inviato nelle Baleari per appoggiare l’operato delle forze nazionaliste spagnole. All’inizio di agosto le isole di Formentera (7 agosto), Ibiza (8 agosto) e Cabrera (13 agosto), inizialmente in mano alle forze nazionaliste, sono state conquistate con una serie di sbarchi dalle truppe repubblicane provenienti dalla Catalogna; il 16 agosto i repubblicani sono sbarcati anche a Maiorca, ma qui hanno incontrato maggiore opposizione da parte dei nazionalisti. La situazione si risolve però in favore di questi ultimi soltanto con l’arrivo, il 27 agosto, di decisivi aiuti mandati dal governo fascista dell’Italia, che appoggia la fazione nazionalista: caccia e bombardieri della Regia Aeronautica per controbattere le forze aeree repubblicane, nonché, quale “consigliere militare”, la carismatica figura di Arconovaldo Bonacorsi, gerarca fascista che riorganizza ed assume la guida delle truppe falangiste sull’isola. Il 5 settembre i repubblicani devono iniziare l’evacuazione delle loro truppe da Minorca, che ritorna interamente in mano ai nazionalisti-fascisti il 12 settembre.
Il Malocello arriva a Maiorca proprio il 16 agosto, quando la battaglia per il controllo dell’isola è appena iniziata, venendo dislocato a Palma; alcuni marinai del cacciatorpediniere verranno utilizzati, insieme a volontari civili, per riattare ed ampliare il campo di aviazione di Son San Juan, per renderlo idoneo ad ospitare i primi tre bombardieri Savoia Marchetti S.M. 81 inviati dall’Italia (anche per caricare le bombe su questi aerei, mancando gli armieri tra i loro equipaggi, si dovrà impiegare personale specialista del Malocello).
La presenza stessa del Malocello, in rappresentanza dell’appoggio giunto dall’Italia, avrebbe avuto un ruolo non indifferente nel risollevare il morale dei nazionalisti maiorchini; il suo comandante, capitano di fregata Carlo Margottini, diviene il principale agente di collegamento a Maiorca con le autorità italiane ed uno dei principali responsabili della riorganizzazione militare delle forze nazionaliste nelle Baleari. È lui ad esprimersi in favore dell’invio di rinforzi e aiuti, specialmente di aerei, per i nazionalisti, giudicando che la situazione a Maiorca sia favorevole alla vittoria dei nazionalisti, a patto di individuare delle figure carismatiche e militarmente capaci in grado di condurli alla vittoria (Bonacorsi), ed ottenendo l’invio degli aerei e degli aiuti militari col peso del suo parere di militare esperto. Margottini sarà di fatto una delle principali “menti”, forse anche più del sanguigno Bonacorsi (rispetto al quale è molto più astuto, accorto, sottile), dietro la riconquista delle Baleari (una fonte spagnola descrive Margottini e Bonacorsi come i “signori e padroni” di Maiorca in quel periodo).
Il 16 agosto il capitano Alberto Bayo, comandante delle truppe repubblicane nelle Baleari, dichiara il blocco navale delle Baleari ed invita tutte le navi straniere a lasciare Palma di Maiorca, il cui porto verrà bombardato dal mare e dall’aria; l’ammiraglio Ildebrando Goiran, comandante delle forze navali italiane nelle Baleari, non riconosce a Bayo l’autorità di dichiarare il blocco. Ad ogni modo, al Malocello viene ordinato di imbarcare gli italiani che intendono allontanarsi dall’isola (17 in tutto, tra cui il console Franchi) e lasciare Palma prima dell’ora stabilita per il bombardamento. Così viene fatto; il Malocello lascia Palma, nella strana compagnia delle altre due navi da guerra straniere presenti, l’incrociatore britannico Galatea e la “corazzata tascabile” tedesca Deutschland (il comando di questa singolare forza navale internazionale viene assunto dal contrammiraglio britannico James Somerville, ufficiale di grado più elevato presente nella zona: una ben strana forza navale, se si pensa che solo quattro anni più tardi Somerville comanderà la Forza H di Gibilterra in diverse battaglie contro la Marina italiana, mentre il Galatea verrà affondato in Mediterraneo da un U-Boot tedesco), e poi vi fa ritorno alle 18.30. Le successive minacce di Bayo non serviranno ad indurre il Malocello ad andarsene da Palma.

Il Malocello entra a Palma di Maiorca (Coll. F. Bargoni, via www.italie1935-45.com)

27 agosto 1936
Arriva a Maiorca, proveniente dall’Italia, il piroscafo Emilio Morandi, avente a bordo un carico di munizioni, armi leggere e sei aerei (tre caccia FIAT CR. 32 e tre idrovolanti Macchi M. 41); per mascherare l’invio dall’Italia (che formalmente è neutrale nella guerra civile) di questi rifornimenti per i nazionalisti, il Morandi simula un’avaria e viene preso a rimorchio dal Malocello, che lo porta nel porto di Palma. L’equipaggio del Malocello partecipa poi al montaggio dei CR. 32, che vengono assemblati in poche ore.
7 settembre 1936
Il Malocello (capitano di fregata Carlo Margottini) scorta a Palma il piroscafo italiano Nereide, in arrivo da La Spezia con tre caccia FIAT CR. 32, artiglierie e munizioni per le difese contraeree di Maiorca.
18 settembre 1936
Partito da Palma di Maiorca con a bordo il comandante Margottini, Arconovaldo Bonacorsi ed il capo dei falangisti maiorchini, marchese di Zayas, il Malocello effettua un giro di ricognizione attorno ad Ibiza e Formentera, allo scopo di verificare la situazione nelle due isole, col pretesto di recare aiuto agli italiani che vi si trovano. Avendo trovato che i repubblicani non hanno preparato alcuna difesa e che le isole sono facilmente riconquistabili, rientra a Palma per riferire.
19-20 settembre 1936
Il Malocello lascia Maiorca nella notte del 19 scortando il piroscafo spagnolo Ciudad de Palma, requisito per trasportare il contingente incaricato di riconquistare Ibiza: due compagnie della "Legione Maiorchina", due compagnie della Falange ed un distaccamento di marinai spagnoli, nonché Arconovaldo Bonacorsi.
Malocello e Ciudad de Palma arrivano ad Ibiza il mattino del 20 e vi sbarcano le truppe, che riconquistano agevolmente sia tale isola che Formentera, procedendo subito ad una brutale repressione contro i repubblicani ed i loro simpatizzanti. Successivamente verrà riconquistata anche Cabrera.
3 ottobre 1936
Con le Baleari ormai saldamente in mano alle forze nazionaliste e fasciste (tranne Minorca, che resterà ai repubblicani fino al 1939), il Malocello ritorna in Italia e viene sostituito a Maiorca dal gemello Nicolò Zeno.

Un’immagine della nave nella sua configurazione originale, tra gennaio e luglio 1930 (Coll. Luigi Accorsi via www.associazione-venus.it)

1937-1938
Il Malocello continua a partecipare alle operazioni navali legate alla guerra civile spagnola.
5 settembre 1938
Riclassificato cacciatorpediniere. Assegnato al gruppo cacciatorpediniere di riserva della IV Divisione, viene dislocato a La Spezia fino al luglio 1939.
5 luglio 1939
Lascia La Spezia e si trasferisce a Tangeri, dove è adibito al ruolo di stazionario.
Successivamente viene inviato a Lero, nel Dodecaneso.

La nave nel 1939 (Coll. Luigi Accorsi via www.associazione-venus.it)

2 gennaio-31 marzo 1940
Tornato in Italia, viene sottoposto a grandi lavori di modifica nei cantieri Odero Terni Orlando di Livorno. La prua viene completamente ricostruita con forma differente (inclinata in avanti anziché dritta) e lo scafo viene allargato di un metro (nella parte compresa tra il complesso binato prodiero ed il complesso lanciasiluri poppiero), il che permette anche di ricavare spazio per ulteriori serbatoi di carburante (così incrementando l’autonomia).
Il dislocamento standard sale da 1935 a 2125 tonnellate, quello a pieno carico da 2580 a 2888; la riserva di combustibile viene portata da 533 a 680 tonnellate.
L’aumento di dislocamento provoca una diminuzione della velocità a circa 28 nodi, ma risolve definitivamente i problemi di stabilità e tenuta del mare.
Viene anche potenziato l’armamento (i due tubi lanciasiluri binati da 533 mm vengono sostituiti con altrettanti tubi trinati dello stesso calibro, e vengono inoltre aggiunge due mitragliere binate da 13,2/76 mm e due scaricabombe per bombe di profondità); le ferroguide per il trasporto e la posa di mine vengono allungate fino al castello, permettendo di imbarcare e posare 86 mine tipo P. 200, 94 mine tipo Elia o 104 mine tipo Bollo (mentre prima si potevano trasportare e posare solo 54 mine tipo Elia o 56 tipo Bollo).
Terminati i lavori, viene assegnato alla XV (o XIV) Squadriglia Cacciatorpediniere, alle dipendenze della IV Divisione Navale (2a Squadra Navale).

Arrivo del Malocello a Genova con la salma dell’ammiraglio Bettolo, anni Trenta (foto Sangiorgi-Genova, via Nedo B. Gonzales e www.naviearmatori.net)

10 giugno 1940
All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Malocello fa parte della XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, con base a Taranto, insieme ai gemelli Ugolino Vivaldi (caposquadriglia, capitano di vascello Giovanni Galati), Leone Pancaldo ed Antonio Da Noli.
13 giugno 1940
In serata il Malocello ed il resto della XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Giovanni Da Verrazzano, Antonio Pigafetta, Nicolò Zeno), cui è stato momentaneamente aggregato, salpa per effettuare un rastrello antisommergibili a sud della congiungente Capo Colonne-Santa Maria di Leuca, dopo che la I Divisione Navale, uscita nel Golfo di Taranto il giorno precedente, ha segnalato ben cinque presunti avvistamenti di sommergibili al largo della costa calabrese (dovuti verosimilmente alla presenza in zona del sommergibile britannico Odin, poi affondato, anche se è probabile che uno o più di essi fossero falsi allarmi, dovuti alle vedette sovreccitate dopo la recentissima entrata in guerra). Nelle prime ore del mattino la XV Squadriglia rientra in porto, senza aver avvistato niente.
7 luglio 1940
Alle 12.30 il Malocello, aggregato alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere (insieme ai gemelli Antonio Pigafetta e Nicolò Zeno), lascia Taranto scortando le corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, insieme a tutta la I Squadra Navale: le Divisioni Navali IV (incrociatori leggeri Alberico Da BarbianoAlberto Di GiussanoLuigi CadornaArmando Diaz) e VIII (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi) e le Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia, Dardo, Saetta, Strale), VIII (Folgore, Fulmine, Lampo, Baleno) e XVI (Nicoloso Da Recco, Emanuele PessagnoAntoniotto Usodimare).
Le navi devono fornire sostegno a distanza ad un convoglio di quattro mercantili salpati da Napoli alle 19.45 del 6 e diretti a Bengasi. Il convoglio, formato dai trasporti truppe Esperia e Calitea e dalle moderne motonavi da carico Marco FoscariniVettor Pisani e Francesco Barbaro, trasporta complessivamente 232 veicoli, 10.445 tonnellate di materiali vari, 5720 tonnellate di carburante e 2190 uomini, ed ha la scorta diretta della II Divisione Navale (incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Bartolomeo Colleoni), della X Squadriglia Cacciatorpediniere (MaestraleGrecaleLibeccioScirocco) e di sei torpediniere (le moderne Orsa,ProcioneOrione e Pegaso della IV Squadriglia e le vetuste Rosolino Pilo e Giuseppe Cesare Abba) e la scorta a distanza dell’incrociatore pesante Pola, delle Divisioni Navali I, III e VII e delle Squadriglie Cacciatorpediniere IX, XI, XII e XIII (la 2a Squadra Navale, al comando dell’ammiraglio di squadra Riccardo Paladini, imbarcato sul Pola), partite da Augusta, Palermo e Messina.
Comandante superiore in mare è l’ammiraglio di squadra Inigo Campioni, con bandiera sulla Cesare.
Alle 18.30, in seguito all’avvistamento di un sommergibile, viene suonato sul Malocello il posto di combattimento generale.
8 luglio 1940
Durante la giornata, il Malocello naviga sempre in formazione, a fianco delle corazzate. Alle 15 viene avvistata la costa della Libia; essendo il convoglio ormai in acque sicure, la flotta inverte la rotta per rientrare alle basi.
Alle 15.20, tuttavia, a seguito dell’avvistamento di una formazione britannica – anche la Mediterranean Fleet, infatti, è in mare a protezione di convogli – la 1a e la 2a Squadra Navale dirigono per intercettare le navi nemiche (che si teme dirette a bombardare Bengasi), con l’intento di impegnarle in combattimento almeno un’ora prima del tramonto. La flotta britannica in mare, al comando dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, consiste in tre corazzate (WarspiteMalaya e Royal Sovereign), una portaerei (la Eagle), cinque incrociatori leggeri (OrionNeptuneSydneyLiverpool, Gloucester) e 16 cacciatorpediniere (NubianMohawkDecoyHastyHeroHerewardStuartDecoy, HostileHyperionIlexDaintyDefenderJanusJunoVampire e Voyager). Alle 16.20 viene suonato sul Malocello il posto di combattimento; alle 17.05 la II Squadra Navale, per ordine di Supermarina, si congiunge con la I Squadra.
Alle 18.30 vengono avvistati due aerei britannici che sganciano bombe contro la flotta; le navi, Malocello compreso, reagiscono con fuoco contraereo. Alle 19.27 cessa il posto di combattimento, che viene tuttavia ripreso quaranta minuti più tardi. Alle 20.13 compaiono nuovamente degli aerei nemici, e nuovamente si spara contro di essi; alle 20.40 cessa, stavolta definitivamente, il posto di combattimento.
Alle 19.20, intanto, in seguito ad ordini di Supermarina (il comando della Regia Marina, che, a differenza dell’ammiraglio Campioni ha avuto modo di apprendere, tramite la crittografia, la reale consistenza e finalità dei movimenti britannici) la flotta italiana accosta per 330° per rientrare alle basi, con l’ordine di non impegnare il nemico. Alle 22 giungono invece nuovi ordini: Supermarina teme che la Mediterranean Fleet intenda lanciare un attacco aeronavale contro le coste italiane, perciò ordina alle forze in mare di riunirsi nel punto 37°40’ N e 17°20’ E, 65 miglia a sudest di Punta Stilo, entro le 14 del 9 luglio.
Nel corso della giornata il Malocello ha sparato 710 colpi con le proprie mitragliere.
9 luglio 1940
Alle 2.59 della notte viene ordinato il posto di combattimento generale, ma è un falso allarme.
In mattinata, alle 9.07, viene nuovamente ordinato il posto di combattimento, ma solo per pochi minuti, fino alle 9.13.
Verso le 13, dopo una mattinata di infruttuosi voli di ricognizione, un velivolo italiano avvista la Mediterranean Fleet 80 miglia a nordest della V Divisione, ossia molto più a nord di quanto previsto, ed in posizione adatta ad interporsi tra la flotta italiana e la base di Taranto: l’ammiraglio Campioni inverte allora la rotta, ed ordina a Paladini, che si trova più a sud e sta dirigendo per ovest-sud-ovest, di fare altrettanto, accostando ad un tempo per riunire più rapidamente le due Squadre.
Il Malocello, tuttavia, deve lasciare la flotta per andare a rifornirsi a Messina, essendo a corto sia di acqua che di nafta. Lo stesso devono fare parecchi altri cacciatorpediniere: per tutti l’ordine è di rifornirsi e poi riprendere il mare per il previsto punto di riunione delle forze navali italiane (37°40’ N e 17°20’ E, 65 miglia a sudest di Punta Stilo, con incontro previsto per le 14 od al massimo, per i cacciatorpediniere distaccati a rifornirsi, per le 16).
Giunto nel porto siculo alle 13.48, il Malocello si ormeggia al molo Etiopia e si rifornisce; riprende il mare alle 18, per riunirsi alla flotta, ma ormai la battaglia di Punta Stilo si è conclusa, senza risultati decisivi per una parte o per l’altra. La flotta italiana sta dirigendo verso la Sicilia per il rientro quando il Malocello la raggiunge; sul cacciatorpediniere viene nuovamente ordinato il posto di combattimento alle 19.32, e sette minuti dopo viene aperto il fuoco contro cinque velivoli britannici, che attaccano la nave sganciando bombe incendiarie. Il tiro viene cessato alle 19.41, ma gli aerei avversari si ripresentano alle 19.43 ed alle 20.02; alle 20.10 viene nuovamente aperto il fuoco contro di essi. Alle 21.05 un aereo sgancia una bomba che cade a poppavia del Malocello. Alle 22 cessa il posto di combattimento; nel corso della giornata il Malocello ha sparato 1351 colpi con le sue mitragliere.
10 luglio 1940
Alle 2.51 il Malocello si ormeggia a Messina; entrano nello stesso porto anche la Cesare (danneggiata durante la battaglia), la III Divisione Navale (incrociatori pesanti Trento, Trieste e Bolzano), l’incrociatore leggero Luigi Cadorna e l’VII Squadriglia Cacciatorpediniere. Alle 10.10 viene ordinato il posto di manovra, ed alle 12.05 la nave lascia Messina, dove però fa ritorno dopo appena un’ora. Alle 20.20 il Malocello salpa nuovamente da Messina, ma nuovamente vi fa ritorno alle 22.30.
Tra il 7 ed il 10 luglio, il Malocello ha percorso un totale di 1143 miglia marine.
11 luglio 1940
Alle 10.20, mentre il Malocello è ancora a Messina, si verifica un nuovo allarme aereo.

Il Malocello ormeggiato al Molo Mediceo di Livono nel 1940 (Coll. Luigi Fumarola, via www.naviearmatori.net)

12 luglio 1940
Alle 19.30 viene ordinato il posto di manovra, ed alle 20.18 il Malocello lascia Messina, insieme alla XI Squadriglia Cacciatorpediniere, per scortare a La Spezia Cesare e Bolzano, là inviati per effettuarvi le riparazioni dei danni subiti a Punta Stilo.
13 luglio 1940
Alle 20.44 il Malocello apre il fuoco contro un aereo che vola verso la formazione, ma 20.52 il Bolzano gli segnala di cessare il fuoco, perché il velivolo è italiano (contro di esso sono stati sparati 173 colpi delle mitragliere). Alle 22.30 il Malocello si ormeggia alla boa a La Spezia. Ha percorso 564 miglia dalla partenza da Messina.
30 luglio-1° agosto 1940
Il Malocello, temporaneamente aggregato alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere, salpa da Taranto alle 5.55 del 30 luglio insieme ai gemelli Pigafetta e Zeno ed alla IV Divisione Navale (incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano ed Alberto Di Giussano), per fornire protezione a distanza ai convogli diretti in Libia nell’ambito dell’operazione «Trasporto Veloce Lento» (T.V.L.). Allo stesso scopo prendono il mare anche la I Divisione (incrociatori pesanti ZaraFiume e Gorizia con i cacciatorpediniere Ascari, Lanciere, Corazziere e Carabiniere della XII Squadriglia ed Alfieri, Oriani, Gioberti e Carducci della IX Squadriglia), la VII Divisione (incrociatori leggeri Eugenio di SavoiaLuigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Muzio AttendoloRaimondo Montecuccoli con i cacciatorpediniere GranatiereBersagliereFuciliere ed Alpino della XIII Squadriglia) e li incrociatori pesanti Pola (nave di bandiera dell’ammiraglio Riccardo Paladini, comandante superiore in mare) e Trento.
I convogli in mare per l’operazione T.V.L. sono tre: il n. 1 (lento, partito da Napoli alle 8.30 del 27 a 7,5 nodi di velocità) è formato dalle navi da carico Maria EugeniaGloria Stella, MaulyBainsizzaBarbaro e Col di Lana e dall’incrociatore ausiliario Città di Bari (qui usato come trasporto) scortati dalle torpediniere ProcioneOrsaOrione e Pegaso (poi rinforzate dai cacciatorpediniere MaestraleGrecaleLibeccio e Scirocco); il n. 2 (veloce, partito da Napoli alle 00.30 del 29 alla velocità di 16 nodi) è composto dai trasporti truppe Marco PoloCittà di Napoli e Città di Palermo, scortati dalle torpediniere AlcioneAretusaAirone ed Ariel; il n. 3 (partito da Trapani) è composto dai piroscafi Bosforo e Caffaro, scortati dalle torpediniere VegaPerseoGenerale Antonino Cascino e Generale Achille Papa. Il gruppo che comprende la IV Divisione e la XV Squadriglia è incaricato della protezione del convoglio “lento”, il numero 1.
Sempre a protezione dei convogli, viene potenziato lo schieramento di sommergibili nel Mediterraneo orientale ed occidentale, portandolo in tutto a 23 battelli, e vengono disposte numerose ricognizioni aeree speciali con mezzi della ricognizione marittima e dell’Armata Aerea (Armera).
A seguito della notizia dell’uscita in mare sia del grosso della Mediterranean Fleet da Alessandria, che da gran parte della Forza H da Gibilterra (incrociatore da battaglia Hood, corazzate Valiant e Resolution, portaerei Argus ed Ark Royal), che si presume essere dirette verso il Mediterraneo centrale, i convogli n. 1 e 2 vengono dirottati l’uno a Catania e l’altro a Messina, dove giungono rispettivamente la sera del 28 ed alle 13.30 del 29.
Il 30 luglio i due convogli, più il n. 3 che salpa solo ora, prendono nuovamente il mare per la Libia, e salpa anche la forza navale di copertura che comprende il Malocello.
Alle 24 del 31 luglio, quando ormai i convogli hanno raggiunto una posizione tale da potersi ormai considerare al sicuro da pericoli, il gruppo «Da Barbiano» dirige per il rientro ad Augusta, dove giunge alle 10 del 1° agosto.
Tutti i convogli raggiungono senza danni le loro destinazioni tra il 31 luglio ed il 1° agosto.
5 agosto 1940
Il Malocello (capitano di fregata Servadio Cortesi), insieme ai gemelli Pigafetta (capitano di vascello Paolo Melodia) e Zeno (capitano di fregata Morra) ed agli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano (capitano di vascello Azzi; nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Alberto Marenco di Moriondo, comandante superiore in mare) ed Alberto Di Giussano (capitano di vascello Maroni Ponti), dovrebbe partecipare alla posa del campo minato «7 AN» tra Pantelleria e la Tunisia, posando 94 mine.
Durante l’approntamento, tuttavia, il Malocello subisce un’avaria alle valvole di manovra di una delle motrici, che lo costringe a rinunciare alla missione e restare in porto. L’assenza del Malocello comporterà una riduzione del numero delle mine dello sbarramento «7 AN» da 486 a 394.

Il Malocello nel 1940 (Coll. Luigi Accorsi via www.associazione-venus.it)

5 settembre 1940
Malocello, Da Noli (caposcorta, capitano di vascello Giovanni Galati) e Tarigo (la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere) salpano da Palermo alle 10, per rilevare al largo di Trapani (nel punto a 5 miglia per 245° dal Faro di Marettimo) le torpediniere Circe ed Aldebaran nella scorta di un convoglio (piroscafo Marco Polo con 2000 ufficiali e soldati, motonave Francesco Barbaro con 3000 tonnellate di munizioni, provviste, carri armati, veicoli e materiale bellico) in navigazione da Napoli a Tripoli.
I cacciatorpediniere seguono rotte costiere fino al punto previsto per l’incontro; alle 14.25 Malocello e Tarigo mettono a mare i paramine, su ordine del Da Noli, ed alle 14.56 avviene la riunione con i due mercantili. Malocello e Tarigo si portano a proravia del convoglio per effettuare dragaggio protettivo, mentre il Da Noli assume posizione di scorta ravvicinata.
Il convoglio supera le isole Egadi e segue le rotte costiere della Tunisia; alle 18 incontra un convoglio di due piroscafi scortati dalla torpediniera Procione, ed alle 19.20 è già al traverso di Capo Bon.
7 settembre 1940
Alle 5.20, al traverso della boa n. 3 di Kerkennah (posizione 34°57’30” N e 11°45’30” E), viene avvistato un piroscafo che procede di controbordo. Alle 16 (al largo di Sabratha) si avvistano ricognitori italiani.
Giunto nel punto convenzionale «D» alle 17.35, il convoglio entra nel porto di Tripoli alle 17.45 (18.30 per altra versione).
8 settembre 1940
Malocello, Tarigo e Da Noli (caposcorta) ripartono da Tripoli all’una di notte, scortando sempre Marco Polo e Barbaro dirette ora a Bengasi. Il Da Noli procede in testa, seguito dalle motonavi; la squadriglia di cacciatorpediniere si dispone in posizione di scorta ravvicinata.
Alle due di notte s’incrocia il piroscafo Pallade  diretto a Tripoli, ed alle 7.08 ha inizio lo zigzagamento di convoglio e scorta, che proseguirà sino alle 19.18.
9 settembre 1940
Il convoglio raggiunge il punto «D» di Bengasi alle 7.18, e poco dopo entra in porto, ormeggiandosi al molo sottoflutto alle 8.15.
10 settembre 1940
Malocello, Tarigo e Da Noli (caposcorta) lasciano Bengasi per Napoli alle 15.45 (16.30 per altra versione) scortando il Marco Polo, che ritorna vuoto in Italia. Malocello e Tarigo sono i primi ad uscire dal porto, seguiti dal Da Noli, che a sua volta è seguito dal Marco Polo.
Alle 16.56 il Da Noli avvista una mina alla deriva, che viene affondata a raffiche di mitragliera dal Tarigo.
11 settembre 1940
Alle 7.51 vengono avvistati ricognitori italiani; alle 11.59 inizia di nuovo lo zigzagamento, proseguito fino alle 16.42. Alle 17.40, davanti a Messina, la XIV Squadriglia cede la scorta alla torpediniera Generale Antonio Cantore, uscita da quel porto. Sarà la Cantore a scortare il Marco Polo fino a Napoli; la XIV Squadriglia assume invece velocità 20 nodi e raggiunge Palermo.
19 settembre 1940
Malocello, Tarigo e Da Noli sostituiscono a Trapani, in mattinata, le torpediniere Generale Antonio Cantore Generale Marcello Prestinari nella scorta ai trasporti truppe Esperia e Marco Polo, partiti da Napoli e diretti a Tripoli.
20 settembre 1940
Il convoglio raggiunge Tripoli alle otto.
24 settembre 1940
Malocello, Tarigo e Da Noli ripartono da Tripoli alle 10 (o 19) scortando Esperia e Marco Polo di rientro scarichi a Napoli, via Palermo.
25 settembre 1940
Il convoglio giunge a Palermo alle 18.30. Da Trapani in poi si aggrega alla scorta anche la torpediniera Giuseppe Dezza.
28 settembre 1940
Il convoglio giunge a Napoli alle 16.
6 ottobre 1940
Il Malocello (capitano di fregata Del Buono) insieme a Vivaldi (capitano di vascello Galati, comandante superiore in mare), Tarigo (capitano di fregata De Cristofaro) e Da Noli (capitano di fregata Zoli), lascia Palermo alle 8.25 per partecipare alla posa dello sbarramento di mine «M 3», a sud di Malta. I cacciatorpediniere imboccano lo stretto di Messina alle 14.20, dirigono per entrare nella rada di Augusta alle 17.25 e si ormeggiano a Punta Cugno alle 18.40, indi si riforniscono ed imbarcano le mine.
7 ottobre 1940
Alle 18.20 i cacciatorpediniere salpano da Augusta, ma alle 19.10 il Malocello comunica al capo formazione di aver subito un’avaria al timone; alle 20.10 riferisce che è impossibile riparare l’avaria in tempo utile per completare la missione, pertanto, dieci minuti più tardi, riceve ordine da Galati di tornare in porto.
8 novembre 1940
MalocelloVivaldi e Da Noli ricevono ordine di tenersi pronti a muovere.
9 novembre 1940
Alle tre di notte il Malocello lascia Messina alla volta di Augusta, dove arriva quattro ore più tardi, dopo aver percorso 72 miglia. Giunge segnalazione di un convoglio nemico in mare, ma non l’ordine di uscire.
Si tratta della Forza F britannica (corazzata Barham, incrociatore pesante Berwick, incrociatore leggero Glasgow, cacciatorpediniere GallantGriffin e Greyhound), che sta trasportando 2000 soldati da Gibilterra a Malta.
10 novembre 1940
Entra ad Augusta un sommergibile che rivendica l’affondamento di una nave nemica; al suo arrivo, l’equipaggio del Malocello lo saluta.
11 novembre 1940
Alle 3.30 il Malocello prende il mare per cercare tre MAS, salpati per attaccare le navi britanniche. Poco al largo, il Malocello incontra i MAS e dunque ritorna alla base, avendo passato in tutto sei ore in mare (116 miglia percorse).

Il Malocello in partenza per una missione nell’autunno 1940 (da www.digilander.libero.it)

16-18 novembre 1940
Il 16 novembre la XIV Squadriglia (Malocello, Vivaldi, Da NoliTarigo) salpa da Palermo per unirsi al resto della flotta italiana in un tentativo di intercettazione di una formazione britannica diretta verso est. Si tratta della Forza H dell’ammiraglio James Somerville (incrociatore da battaglia Renown, portaerei Argus e Ark Royal, incrociatori leggeri SheffieldDespatch e Newcastle, otto cacciatorpediniere) uscita da Gibilterra per l’operazione «White», che prevede l’invio a Malta di aerei decollati dall’Argus per rinforzarne le difese, un’azione di bombardamento di Alghero (velivoli dell’Ark Royal) ed il trasporto a Malta di uomini e materiali della RAF sul Newcastle.
Oltre alla XIV Squadriglia, prendono il mare le corazzate Vittorio Veneto e Cesare, l’incrociatore pesante Pola come nave comando della II Squadra, la I Divisione con gli incrociatori pesanti Fiume e Gorizia (tutti da Napoli), la III Divisione con gli incrociatori pesanti TrentoTrieste e Bolzano (da Messina) e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX (AlfieriOrianiGiobertiCarducci), XII (AscariLanciereCorazziere e Carabiniere) e XIII (Bersagliere,GranatiereFuciliereAlpino). Le navi uscite da Napoli, prive di dati precisi sul nemico, dirigono verso sud nel Basso Tirreno; nel pomeriggio del 16 la XIV Squadriglia raggiunge il resto della formazione. La forza così riunita, sotto il comando dell’ammiraglio Campioni, assume quindi rotta verso est verso l’8° meridiano, a sudovest della Sardegna, procedendo a 18 nodi, ridotti a 14 nella notte del 17 per agevolare la navigazione dei cacciatorpediniere, resa difficoltosa da un vento da sudovest.
Per tutta la giornata del 16 non si ricevono informazioni sulle forze nemiche; solo alle 10.15 del 17 queste vengono avvistate da ricognitori, che però non precisano né la rotta né la velocità. Campioni dirige verso sud, in direzione di Bona, sperando di riuscire ad intercettare le unità britanniche nel pomeriggio, se esse proseguono verso est.
Raggiunto alle 16.30 un punto prestabilito 45 miglia a nord-nord-est di Ustica, la formazione italiana dirige poi verso ovest ed alle 17.30 arriva 35 miglia a sudovest di Sant’Antioco. Dopo aver navigato per un po’ in direzione dell’Algeria, nella totale mancanza su dove sia il nemico e dove esso sia diretto, la squadra italiana riceve l’ordine rientrare. Campioni rileverà che le condizioni del mare – onde molto lunghe da sudovest – hanno causato forte rollio e beccheggio in tutte le sue navi, corazzate comprese, tanto da impedire l’uso dei cannoni se dirette verso sud. Durante il ritorno le navi italiane eseguono esercitazioni di tiro contro la scogliera La Botte, a sud di Ponza.
Sempre durante il ritorno, il Malocello viene colto da un’avaria ad un timone, aggravata dalle avverse condizioni meteomarine, che lo costringe a riparare a Cagliari assistito da TrentoVivaldi e Da Noli (nonché, nell’ultimo tratto, dal rimorchiatore Nereo); le altre navi italiane rientrano alle basi tra il mattino ed il pomeriggio del 18 novembre.
Ancorché infruttuosa, l’uscita in mare delle forze italiane ha contribuito al parziale fallimento dell’operazione «White»: a seguito dell’avvistamento della squadra italiana da parte dei ricognitori di Malta, infatti, Somerville ha fatto lanciare gli aerei dall’Argus tenendo la portaerei quanto più ad ovest possibile, cioè più lontana da Malta di quanto inizialmente pianificato, prolungando di molto la distanza sulla quale gli aerei dovranno volare. Il risultato sarà che su quattordici aerei decollati dall’Argus (dodici Hawker Hurricane e due Blackburn Skua) solo cinque (quattro Hurricane ed uno Skua) giungeranno a Malta: gli altri esauriranno il carburante e precipiteranno in mare a seguito di errori di navigazione e stime sbagliate sugli effetti del vento.
14 dicembre 1940
Malocello, TarigoVivaldi (caposcorta) e Da Noli lasciano Palermo alle 10.15 e sostituiscono le torpediniere Generale Antonino Cascino ed Enrico Cosenz nella scorta ai trasporti truppe EsperiaConte Rosso e Marco Polo, provenienti da Napoli e diretti a Tripoli. Il convoglio ha anche una scorta indiretta, assicurata dagli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere ed Alberto Di Giussano e dai cacciatorpediniere Ascari e Carabiniere (questi ultimi per scorta antisommergibile degli incrociatori).
Nei mesi a venire, il Malocello ed il resto della XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (comandata dal capitano di vascello Giovanni Galati, uno dei più capaci e competenti ufficiali della Regia Marina, con bandiera sul Vivaldi), verranno continuamente impiegati nella scorta a «convogli veloci» di grandi navi passeggeri (EsperiaConte Rosso e Marco Polo, nonché meno di frequente VictoriaNeptuniaOceania) adibite al trasporto di truppe, traversate che seguono sempre uno schema più o meno eguale: all’andata, rotta lungo le secche di Kerkennah; ritorno, rotte solitamente più ad est; scorta diretta, quasi sempre; presenza, in caso di fondati timori di attacco da parte di forze navali di superficie, di una Divisione di incrociatori per scorta a distanza. L’utilizzo in convoglio sempre delle stesse navi permette, oltre ai vantaggi derivanti dall’impiego di un gruppo di unità dalle caratteristiche omogenee, un maggiore affiatamento tra di esse.
15 dicembre 1940
Il convoglio raggiunge Tripoli alle 15.
19 dicembre 1940
MalocelloVivaldi (caposcorta), Da Noli, Tarigo e la torpediniera Orione partono da Tripoli per Napoli alle 10, scortando i trasporti truppe EsperiaConte Rosso e Marco Polo che rientrano vuoti in Italia.
20 dicembre 1940
Il convoglio giunge a Napoli alle 20.30.
26 dicembre 1940
MalocelloVivaldi (caposcorta), Da NoliTarigo e Cosenz partono da Napoli alle 19 diretti a Tripoli, scortando EsperiaConte Rosso e Marco Polo. La Cosenz lascia il convoglio a Napoli.
28 dicembre 1940
Le navi giungono a Tripoli alle 11.30.
30 dicembre 1940
Malocello, TarigoVivaldi (caposcorta) e Da Noli lasciano Tripoli per Napoli alle 17.30, scortando ancora EsperiaConte Rosso e Marco Polo. A Trapani i cacciatorpediniere vengono sostituiti da un’unica torpediniera, la Sirio, che scorta i trasporti fino a Napoli.
1940-1941
Nuovi lavori di potenziamento dell’armamento; vengono eliminati i due cannoncini singoli Vickers-Terni 1917 da 40/39 mm e le quattro mitragliere binate da 13,2/76 mm, mentre vengono installate sette mitragliere Breda singole da 20/65 mm Mod. 1940.
7-8 gennaio 1941
Alle 22.20 del 7 Malocello (capitano di fregata Del Buono), Vivaldi (capitano di vascello Galati, caposquadriglia), Da Noli (capitano di fregata Zoli) e Tarigo (capitano di fregata De Cristofaro), unitamente alle torpediniere Vega (capitano di corvetta Fontana) e Sagittario (tenente di vascello Cigala Fulgosi), lasciano Trapani (in linea di fila, nell’ordine dal primo all’ultimo Vivaldi, Malocello, Vega, Da Noli, Tarigo e Sagittario) per partecipare alla posa degli sbarramenti di mine «X 2» ed «X 3», di 180 ordigni ciascuno, a nord di Capo Bon (Canale di Sicilia). Supermarina ha ordinato il minamento di quella zona a seguito dell’operazione britannica «Collar» e della conseguente battaglia di Capo Teulada, durante le quali la Mediterranean Fleet è ripetutamente transitata nel canale di Sicilia senza subire alcun danno, proprio perché a nord di Capo Bon, dove essa è passata, non esistono campi minati.
Una volta in mare la formazione si dispone in linea di fila (nell’ordine, VivaldiMalocelloVegaDa NoliTarigo e Sagittario) e fa rotta su Capo Bon, avvistandone il faro all’1.53 dell’8 gennaio. Dopo aver ridotto la velocità a dodici nodi, le navi iniziano la posa alle 4.02: per prima la Sagittario (estremità meridionale dell’X 2), poi Tarigo e Da Noli, che con la Sagittario assumono una rotta parallela alla linea X 2. VegaMalocello e Vivaldi si portano sull’estremo meridionale dell’X 2, dopo di che la Vega inizia la posa per prima alle 5.02, seguita dal Malocello ed infine dal Vivaldi che conclude alle 5.04.
Durante la posa dell’X 3 esplode accidentalmente una delle mine posate dal Da Noli.
Terminata la posa delle mine, i due gruppi assumono rotta per Marettimo e poi per Trapani, navigando separatamente e giungendo nel porto siciliano tra le 10 e le 11 del mattino. L’operazione, prevista in origine per una notte di novilunio o comunque prossima ad essa (per maggior sicurezza), ha dovuto essere effettuata, a causa dei rinvii (dovuti alla carenza di siluranti pronte per la posa, essendo moltissime unità assorbite dalle missioni di scorta sulle rotte per la Libia e per l’Albania, in quel momento in situazione particolarmente critica a causa dell’andamento delle operazioni sul fronte greco), in una notte prossima al plenilunio, ma non vi sono stati egualmente problemi.


Il Malocello ormeggiato a Trapani nel 1941, carico di mine per una missione di posa nel canale di Sicilia (da “Cacciatorpediniere classe Navigatori” di Maurizio Brescia, 1995, via Dante Flore e www.naviearmatori.net; e: Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it)


12 gennaio 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta) e Tarigo sostituiscono a Trapani la torpediniera Cosenz nella scorta ad EsperiaConte RossoMarco Polo ed un altro trasporto truppe, la motonave Calitea, tutti partiti da Napoli e diretti a Tripoli.
13 gennaio 1941
In serata si unisce alla scorta anche il Da Noli.
14 gennaio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 11.30.
15 gennaio 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta), Da NoliTarigo lasciano Tripoli alle 18.30, scortando ancora EsperiaConte RossoMarco Polo.
A Trapani, i quattro cacciatorpediniere della XIV Squadriglia sono sostituiti da due torpediniere di Marina Sicilia per l’ultimo tratto della navigazione (fino a Napoli, dove arriveranno il 17).
22 gennaio 1941
A Trapani Malocello, Vivaldi (caposcorta), Da NoliTarigo sostituiscono i cacciatorpediniere FrecciaSaetta nella scorta ad EsperiaConte RossoMarco Polo ed alla motonave Victoria, provenienti da Napoli e diretti a Tripoli.
24 gennaio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli in mattinata.
9 febbraio 1941
MalocelloTarigoFreccia (caposcorta, capitano di vascello Baldo) e Saetta e la torpediniera Aldebaran partono da Tripoli alle 18.30 scortando EsperiaConte RossoMarco Polo e Calitea, che hanno imbarcato 5000 profughi civili (2000 per altra versione) in fuga dall’avanzata delle forze britanniche (sta terminando l’operazione «Compass»: le forze britanniche hanno conquistato l’intera Cirenaica ed annientato la X Armata italiana, e si teme una loro avanzata anche in Tripolitania).
Durante la navigazione, Calitea ed Aldebaran si separano dal resto del convoglio, per raggiungere Palermo.
Alle 19.36 il sommergibile britannico Usk (capitano di corvetta Peter Ronald Ward) avvista due unità del convoglio a 3200-3660 metri di distanza, al largo di Tripoli, e cinque minuti dopo lancia due siluri contro la nave di testa. I siluri hanno corsa irregolare e mancano il bersaglio; l’Usk s’immerge poco dopo.
Poche ore dopo, alle 22.20, è un altro sommergibile britannico, il Truant (capitano di corvetta Hugh Alfred Vernon Haggard), ad avvistare il convoglio italiano, in posizione 33°41’ N e 13°51’ E (una sessantina di miglia a nordest di Tripoli), mentre procede su rotta 350°, a 7-8 miglia di distanza. Alle 23 il battello britannico lancia sei siluri, ma nessuno di essi raggiunge il bersaglio, e le navi del convoglio non si accorgono neanche dell’attacco.
11 febbraio 1941
EsperiaConte RossoMarco Polo ed i cacciatorpediniere arrivano a Napoli alle cinque. Calitea ed Aldebaran vi giungeranno un giorno più tardi.
20 febbraio 1941
Malocello, Tarigo (caposcorta) e la torpediniera Rosolino Pilo lasciano Tripoli per Napoli alle 9, scortando i piroscafi CaffaroIstria e Beatrice Costa.
22 febbraio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 20.
5 marzo 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta), Da Noli ed i cacciatorpediniere Folgore e Lampo salpano da Napoli alle 17 scortando un convoglio formato dai mercantili tedeschi AnkaraReichenfelsMarburg e Kybfels («Sonnenblume 7»), diretti a Tripoli.
8 marzo 1941
Il convoglio deve temporaneamente sostare a Palermo, dove arriva alle 7, perché la Mediterranean Fleet si trova per mare.
9 marzo 1941
Rientrato il pericolo, il convoglio lascia Palermo alle 4 e prosegue per la Libia.
10 marzo 1941
Raggiunto dalle torpediniere Centauro e Clio, inviategli incontro da Tripoli, il convoglio giunge a destinazione a mezzogiorno.
12 marzo 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta) e Da Noli lasciano Tripoli alle 13 per scortare a Palermo e Napoli i quattro piroscafi del viaggio precedente.
13 marzo 1941
Alle 20 Ankara e Kybfels arrivano a Palermo.
14 marzo 1941
Alle 7 Marburg e Reichenfels giungono a Napoli.
16 marzo 1941
Malocello e Vivaldi (caposcorta) partono da Napoli alle 20.30 scortando la motonave italiana Calitea e le tedesche Marburg e Reichenfels, dirette a Tripoli.
17 marzo 1941
Il convoglio sosta a Trapani e ne riparte alle tre di notte, dopo che ad esso si sono uniti la motonave Ankara, il Da Noli e le torpediniere Cigno e Polluce.
18 marzo 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 12.
20 marzo 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta) e Da Noli, insieme alla vecchia torpediniera Giuseppe La Farina, ripartono da Tripoli alle 18 scortando Marburg, Reichenfels e Kybfels.
21 marzo 1941
Il convoglio giunge a Palermo alle 22.30, poi prosegue per Napoli.
22 marzo 1941
Le navi arrivano a Napoli alle 7.30.
30 marzo 1941
Il Malocello salpa da Palermo per Tripoli alle 3.30, scortando i mercantili tedeschi Ankara e Reichenfels.
31 marzo 1941
All’alba Malocello, Ankara e Reichenfels si uniscono ad un altro convoglio, proveniente da Napoli e diretto a Tripoli, formato dai mercantili tedeschi Marburg e Kybfels e dall’italiano Calitea scortati da Vivaldi (caposcorta) e Da Noli.
Il convoglio così riunito giunge a Tripoli alle 14.30.
Alcune ore prima dell’arrivo a Tripoli, intorno alle 7 del mattino, le navi incrociano un convoglio che procede in senso opposto, proprio mentre quest’ultimo viene attaccato dal sommergibile britannico Upright, che silura e danneggia il piroscafo tedesco Galilea. Le navi del convoglio che comprende il Malocello assistono così al siluramento del Galilea, dopo il quale manovrano subito per allontanarsi dalla zona prima che il sommergibile possa attaccare anche loro.
2 aprile 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta) e Da Noli partono da Tripoli per Napoli alle 11, scortando i piroscafi tedeschi Ankara, Reichenfels, Marburg e Kybfels e la motonave italiana Calitea.
3 aprile 1941
Poco prima del tramonto, al largo di Ustica, il caposcorta nota della nafta e si rende conto che essa è causata da una perdita di un sommergibile che sta manovrando per attaccare il convoglio. I mercantili vengono fatti proseguire per la loro rotta con la scorta del Da Noli, mentre il Vivaldi inizia subito la caccia antisommergibili, lanciando in tutto 29 cariche di profondità; in un secondo momento si unisce alla caccia anche il Malocello, che esegue quattro corse lanciando in tutto 8 bombe di profondità da 50 kg e 6 da 100 kg, tutte dotate di ritardo pirico a balistite. Tre delle bombe di profondità (una da 50 e due da 100 kg) non scoppiano.
Al termine dell’azione, il caposcorta, vedendo emergere in abbondanza bolle di nafta sulla superficie del mare, giudica che il sommergibile sia stato affondato: ma in realtà, non è così.
Terminata la caccia, Malocello e Vivaldi si ricongiungono col convoglio.
4 aprile 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 7.30.
11 aprile 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta) e Da Noli salpano da Napoli per Tripoli alle 17.30, scortando Ankara, Calitea, Reichenfels, Marburg e Kybfels.
12 aprile 1941
Alle 14.35 il sommergibile britannico Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) avvista il convoglio del Malocello in posizione 37°07’ N e 11°11’ E. Avendo già esaurito tutti i siluri, l’Upholder si trova nell’impossibilità di attaccare; conseguentemente, si limita a lanciare il segnale di scoperta, che però non sembra venire ricevuto da nessuno.
Alle 17.15 il sommergibile britannico Ursula (tenente di vascello Alexander James Mackenzie) avvista su rilevamento 350°, a 9150 metri di distanza, un cacciatorpediniere classe Navigatori; iniziata la manovra d’attacco, alle 17.25 si rende conto che l’unità avvistata fa parte della scorta di un convoglio, appunto il convoglio formato dal Malocello e dalle altre unità partite da Napoli il giorno precedente. Alle 17.39, in posizione 36°40’ N e 11°12’ E (a sud di Capo Bon), l’Ursula lancia quattro siluri da una distanza di 2300 metri. Nessuna nave viene colpita; i siluri mancando di poco il Reichenfels, passando a distanze comprese tra i 10 e i 25 metri.
13 aprile 1941
Durante la notte tra il 12 ed il 13 il convoglio viene ripetutamente attaccato da aerei, con lancio di numerosi siluri. Grazie anche all’intervento dei velivoli da caccia di base in Sicilia, tuttavia, tutti gli attacchi falliscono; due aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th Squadron Fleet Air Arm (sottotenente di vascello A. P. Dawson e primo aviere A. Todd; sergente pilota C. H. Wines e primo aviere L. M. Edwards) vengono abbattuti.
Nella stessa notte, i cacciatorpediniere britannici Jervis, Janus, Nubian e Mohawk escono da Malta per intercettare il convoglio, ma non riescono a trovarlo.
14 aprile 1941
Il convoglio, raggiunto dalle torpediniere Circe e Generale Carlo Montanari (inviategli incontro da Tripoli), giunge nel porto libico alle 10.
16 aprile 1941
Il Malocello, insieme a Vivaldi (capitano di vascello Giovanni Galati, che assume la direzione dei soccorsi), Da Noli, Dardo, alle torpediniere Clio, Centauro, Perseo, Partenope e Sirtori, alla nave ospedale Arno, alla nave soccorso Giuseppe Orlando ed ai piroscafi Capacitas ed Antonietta Lauro, partecipa alle operazioni di soccorso ai naufraghi delle navi del convoglio «Tarigo», distrutto nella notte precedente dai cacciatorpediniere britannici Jervis, Janus, Nubian e Mohwak (quest’ultimo affondato a sua volta dal Tarigo). I cacciatorpediniere Luca Tarigo e Baleno ed i piroscafi Adana, Aegina, Iserlohn e Sabaudia sono stati affondati, il cacciatorpediniere Lampo ed il piroscafo Arta sono stati portati all’incaglio con danni gravissimi.
Complessivamente vengono tratti in salvo 1271 naufraghi, mentre le vittime sono circa 700 (altre fonti parlano di 1800 vittime, ma sembrano basate su stime errate).
19 aprile 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta), Da Noli ed il cacciatorpediniere Dardo lasciano Tripoli alle 16 per scortare a Napoli Ankara, Calitea, Reichenfels, Marburg e Kybfels.
21 aprile 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 14.
4 maggio 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta) e Da Noli partono da Napoli per Tripoli all’1.15, insieme alle torpediniere Pegaso, Orione e Cassiopea, formando la scorta diretta di un convoglio (convoglio «Victoria») diretto a Tripoli e scortato dalle motonavi Victoria, Andrea Gritti, Marco Foscarini, Sebastiano Venier, Barbarigo, Ankara (tedesca) e Calitea.
Dal momento che a Malta sono state avvistate unità leggere della Royal Navy, il convoglio gode anche della scorta a distanza della VII Divisione Navale (ammiraglio di divisione Ferdinando Casardi), con gli incrociatori leggeri Eugenio di Savoia, Muzio Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, ed i cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, Alvise Da Mosto, Antonio Pigafetta, Giovanni Da Verrazzano e Nicolò Zeno. Queste navi prendono posizione in testa al convoglio «Victoria» alle 20.03, a circa tre chilometri di distanza, con i cacciatorpediniere in posizione di scorta avanzata. La formazione di marcia notturna disposta da Casardi è così articolata: cacciatorpediniere in scorta avanzata, seguiti dagli incrociatori in linea di fila, seguiti dal convoglio disposto su tre colonne, con scorta laterale. Ciò al fine di consentire alle navi della VII Divisione di reagire prontamente contro unità di superficie che dovessero attaccare dai settori dove ciò appare più probabile, senza essere intralciati nelle manovre da convoglio e scorta, che avrebbe inoltre così modo di allontanarsi senza perdite. La scorta diretta, secondo la valutazione dell’ammiraglio, dovrebbe bastare a proteggere il convoglio da attacchi nei settori poppieri, che comunque sono poco probabili, stante la velocità del convoglio e la posizione delle basi britanniche.
Fino al tramonto, il convoglio fruisce di numerosa scorta aerea con velivoli sia da caccia che da bombardamento.
5 maggio 1941
La navigazione notturna si svolge senza inconvenienti.
Alle 5.45 la VII Divisione si porta sulla congiungente Malta-convoglio, sulla quale poi si mantiene zigzagando per tutta la giornata, tenendosi in vista del convoglio. Alle 6.40 sopraggiungono i primi velivoli della scorta aerea (idrovolanti della ricognizione marittima e bombardieri).
Alle 14.26 viene avvistato un secondo convoglio, il «Marco Polo», in navigazione su rotta opposta, e la VII Divisione passa a scortare quest’ultimo, mentre il «Victoria» dirige su Tripoli.
Dopo un viaggio nel quale il convoglio «Victoria», continuamente pedinato da ricognitori, ha subito diversi infruttuosi attacchi aerei, le navi entrano a Tripoli alle 20.45.
12 maggio 1941
Malocello, Vivaldi (caposcorta), Da Noli ed il cacciatorpediniere Saetta lasciano Tripoli alle 19.30 scortando Victoria, Gritti, Venier, Barbarigo ed Ankara che rientrano a Napoli.
Durante la navigazione nel Canale di Sicilia, lungo la rotta che passa ad ovest di Malta (nelle vicinanze delle Kerkennah), il convoglio fruisce della protezione a distanza della IV Divisione (incrociatori leggeri Bande Nere e Cadorna, cacciatorpediniere Scirocco, Maestrale ed Alpino) e dell’VIII Divisione (incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Garibaldi, cacciatorpediniere Granatiere e Bersagliere), oltre che – nelle ore diurne – di una buona scorta aerea.
Durante la navigazione non si verniciano eventi di rilievo, eccezion fatta per problemi di comunicazione all’interno del convoglio e tra le unità della scorta diretta e le Divisioni di incrociatori.
14 maggio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 16.30.
10 giugno 1941
Il Malocello (caposcorta, capitano di fregata Nicolò Del Buono) salpa da Napoli per Tripoli alle 5.30 insieme alle torpediniere Procione, OrsaPegaso, scortando un convoglio formato dai piroscafi italiani AmsterdamErnesto e Tembien, dal tedesco Wachtfels e dalle motonavi italiane GiuliaCol di Lana. Le navi procedono a 10 nodi.
Al largo di Favignana si aggregano al convoglio anche la nave appoggio sommergibili Antonio Pacinotti e la torpediniera Clio, uscita da Trapani alle 14.30.
11 giugno 1941
Alle 18.30, a sud di Pantelleria, due bombardieri britannici Bristol Blenheim appaiono a poppavia del convoglio, volando a bassissima quota, e si avventano sul Tembien, secondo mercantile della colonna di sinistra, mitragliando e sganciando bombe. Prima dello sgancio, tuttavia, il tiro contraereo di Tembien e Wachtfels colpisce uno dei due aerei attaccanti: il Bombardiere perde quota, urta l’albero del Tembien e precipita in mare, incendiandosi. Il Malocello apre il fuoco contro il secondo bombardiere, ma non può tirare col cannone perché la Pegaso è nel piano di tiro, e l’aereo vola a pochi metri dalla superficie. Eseguito lo sgancio delle bombe, il velivolo si allontana inseguito da un Savoia Marchetti SM. 79 (che, al momento dell’attacco, era l’unico velivolo dell’Asse in visto del convoglio, 5 km a proravia) e poi da due caccia della scorta aerea, nonché dal tiro delle mitragliere della Pegaso (secondo una fonte, sarebbe stato poi anch’esso abbattuto).
Il Tembien non viene colpito dalle bombe e non subisce danni di rilievo, ma deve lamentare parecchi feriti per il mitragliamento.
12 giugno 1941
Il convoglio arriva a Tripoli tra le 19 e le 21.
21 giugno 1941
Alle 15 il Malocello (caposcorta, capitano di fregata Del Buono) salpa da Tripoli insieme alle torpediniere Enrico CosenzOrsaProcione, Pegaso e Clio, scortando il convoglio di ritorno composto ancora da WachtfelsAmsterdamGiuliaErnestoTembien e Col di Lana.
22 giugno 1941
Alle 12.08 sei bombardieri Bristol Blenheim, che volano a bassissima quota, vengono avvistati sulla dritta del convoglio (che in quel momento ha una scorta aerea formata da due caccia biplani FIAT CR. 42 e da un idrovolante antisommergibili CANT Z. 501). Il Malocello apre il fuoco con le mitragliere per dare l’allarme, e poi, quando possibile, anche con i cannoni; il CANT Z. 501 s’interpone tra i bombardieri ed i piroscafi, sparando con le proprie mitragliere (tornerà poi in posizione di scorta al termine dell’attacco). Anche le altre navi della scorta ed i mercantili aprono il fuoco; la formazione nemica si divide in due gruppi di tre bombardieri ciascuno, che attaccano uno la prima linea di piroscafi e l’altro la seconda. I mercantili accostano in modo da volgere la poppa agli aerei; due o forse tre dei velivoli vengono abbattuti (due colpiti dal tiro delle siluranti: uno cade in mare, l’altro s’incendia in volo e poi precipita; un terzo è forse abbattuto dai FIAT CR. 42 della scorta aerea) ed altri si allontanano scaricando le bombe in mare, ma due riescono a portare a termine l’attacco, sganciando le loro bombe su Tembien e Wachtfels.
Entrambi i piroscafi riportano danni gravissimi, imbarcando molta acqua; solo grazie all’assistenza prestata da Procione ed Orsa, che li prendono a rimorchio, i due mercantili rimangono a galla. Proprio mentre le torpediniere stanno prestando assistenza a Tembien e Wachtfels, viene localizzato un sommergibile nemico probabilmente intenzionato ad attaccare i due piroscafi immobilizzati e danneggiati: si tratta del britannico Unique (tenente di vascello Anthony Foster Collett), che alle 11.25, cinque minuti dopo aver avvistato fumi ed un aero su rilevamento 140°, ha avvistato le navi del convoglio, della cui presenza era già stato precedentemente informato. Alle 12.03 il sommergibile osserva il convoglio accostare da 320° a 265°, e quattro minuti dopo Collett nota che le navi della scorta sembrano avvicinarsi al suo battello: l’Unique è stato infatti avvistato da un aereo, e Pegaso (tenente di vascello Sironi), Orsa e Procione provvedono subito a dargli la caccia. Collett abbandona l’attacco ed ordina subito di scendere in profondità.
La Pegaso, particolarmente attiva nel contrattacco, effettua un primo lancio di bombe di profondità alle 12.54, per poi vedere il sommergibile emergere parzialmente (si vedono tutto il fianco e la parte superiore della torretta) e fortemente sbandato (circa 70° a dritta); poco dopo il battello si immerge nuovamente. La quasi totalità dell’equipaggio del Tembien, oltre a quello della Pegaso, assiste all’affioramento del sommergibile, che si ritiene agonizzante, celebrandolo con applausi ed acclamazioni; il comandante del Tembien grida “Viva l’Italia”. Alle 12.59 la Pegaso effettua un secondo lancio di bombe, per poi vedere grosse chiazze di nafta sulla superficie del mare. A dispetto delle impressioni, tuttavia, l’Unique è scampato al contrattacco senza subire danni, anche se ha sentito molte bombe esplodergli vicine.
Verso le 16 l’Orsa recupera da un battellino tre aviatori britannici di uno degli aerei abbattuti: il maggiore John Davidson-Broadley ed i sergenti Stewart Carl Thompson e Leonard Felton, quest’ultimo ferito gravemente.
Dopo alcune ore di rimorchio, Tembien e Wachtfels riescono a riparare le avarie ed a contenere le infiltrazioni d’acqua, così riuscendo a rimettere in moto con le proprie macchine. Stante comunque la gravità dei danni, entrambi i piroscafi devono raggiungere Pantelleria, scortati da Procione ed Orsa, cui poi si aggiungono anche i cacciatorpediniere Maestrale e Grecale inviati in loro soccorso da Palermo.
24 giugno 1941
Il resto del convoglio, con i mercantili rimasti indenni, giunge a Napoli alle 3.30.
10 luglio 1941
Alle 16.30, a Palermo, il Malocello si unisce alla scorta (cacciatorpediniere Alpino e Fuciliere, torpediniere Orsa, Procione e Pegaso) di un convoglio in navigazione da Napoli a Tripoli e composto dai piroscafi Nita, Nirvo, Castelverde, Ernesto ed Aquitania. Una volta unitosi al convoglio, il Malocello assume il ruolo di caposcorta.
14 luglio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 6.
Alle 17 Malocello (caposcorta), Fuciliere, Alpino, ProcioneOrsaPegaso lasciano Tripoli per scortare a Napoli le motonavi RialtoBarbarigoAndrea GrittiSebastiano Venier ed Ankara (tedesca); il convoglio è denominato «Barbarigo».
Questo convoglio è il primo ad essere oggetto con successo delle intercettazioni di “ULTRA”, che l’11 luglio 1941, tre giorni prima della partenza, apprende da messaggi decrittati che un convoglio di sei mercantili di 5000 tsl, scortato da cacciatorpediniere, lascerà Tripoli alle 16 del 14 luglio, procedendo a 14 nodi, passando a est delle Kerkennah alle cinque del mattino del 15 luglio e poi ad ovest di Pantelleria alle 14 del 15 luglio, probabilmente diretto a Napoli.
In seguito a quest’informazione, i comandi britannici schierano uno sbarramento di sommergibili (tra cui l’Union ed il P 33) attorno a Pantelleria, dove sanno che il convoglio dovrà passare nel primo pomeriggio del 15.
Vengono anche lanciati diversi attacchi aerei tra il 14 ed il 15 luglio, ma i velivoli – Fairey Swordfish decollati da Malta – non riescono a localizzare il convoglio da attaccare.
15 luglio 1941
In mattinata il convoglio viene localizzato da un ricognitore britannico, e nel pomeriggio si verificano gli attacchi dei sommergibili.
Alle 11.20 le navi giungono in vista di Pantelleria, su rilevamento 24°, ed accostano in tale direzione, procedendo a zig zag; oltre ai cacciatorpediniere ed alle torpediniere, è presente anche una scorta aerea, con due caccia e due idrovolanti CANT Z. 501. Alle 14.07 il sommergibile britannico P 33 (tenente di vascello Reginald Denis Whiteway-Wilkinson) avvista il convoglio nel punto 36°27’ N e 11°54’ E, da una distanza di 10 km, si avvicina ed alle 14.39, da 2300 metri, lancia quattro siluri.
Alle 14.41 il convoglio si trova a 21 miglia per 209° da Punta Sciaccazza (Pantelleria) quando l’Alpino riferisce per radiosegnalatore «Scie di siluro a dritta», mentre uno dei velivoli della scorta aerea (l’idrovolante CANT Z. 501/6 della 144a Squadriglia della Regia Aeronautica) si getta in picchiata sul punto dove si presume essere il sommergibile nemico, sganciando due bombe per poi inseguire e mitragliare le scie dei siluri. L’Alpino ed il Fuciliere riescono ad evitarne uno e due siluri, ma la Barbarigo viene colpita alle 14.43 ed inizia subito ad affondare di poppa. 
Il Malocello ordina alla Pegaso di dare assistenza alla motonave danneggiata (che affonderà ugualmente alle 15.10 nel punto 36°27’ N e 11°54’ E) ed a Procione ed Orsa di dare la caccia al sommergibile. Intanto il Fuciliere, avendo visto le scie dei siluri, contrattacca subito con 28 bombe di profondità, seguito dall’Alpino che ne lancia altre due; poi i due cacciatorpediniere riassumono le loro posizioni nel convoglio, sostituiti nella caccia da Procione ed Orsa, in cooperazione con l’idrovolante CANT Z. 501 numero 2 della 144a Squadriglia.
La caccia prosegue fino alle 16.05, con il lancio in tutto di 116 bombe di profondità. Solo una scarica di bombe (attribuita da alcune fonti alla Procione) esplode vicina al P 33, limitandosi a mettere fuori uso alcune luci; il sommergibile riporta però gravi danni proprio durante il tentativo di eludere la caccia, perdendo il controllo dell’assetto e precipitando accidentalmente dai 21 metri previsti a ben 94 metri di profondità, dove l’elevata pressione deforma lo scafo resistente e causa vie d’acqua che costringeranno il P 33 ad interrompere la missione e rientrare a Malta per le riparazioni.
Alle 15.26 l’Alpino, a 11,5 miglia per 130° da Punta Sciaccazza (Pantelleria), segnala una scia di siluro sulla dritta; avvistato il punto in cui esse iniziano, distante un migliaio di metri, si porta su tale punto e vi lancia un segnale e due bombe di profondità, le ultime rimaste. Malocello, Fuciliere ed mercantili accostano immediatamente 90° a sinistra; il Fuciliere, dopo aver avvistato a sua volta tre scie di siluri, si porta nel punto di partenza delle scie (dove l’Alpino ha lanciato un segnale) e vi getta 28 bombe di profondità. Arrivano intanto due MAS da Pantelleria.
Alle 16.15 tutte le siluranti hanno riassunto le rispettive posizioni di scorta; il convoglio prosegue per la sua rotta, lasciano i due MAS sul luogo del secondo attacco.
16 luglio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 14.30.
30 luglio 1941
Malocello (caposcorta), ProcionePegaso partono da Napoli per Tripoli alle 15, scortando GrittiRialtoAnkara e Pisani. Da Trapani salpa anche l’Orione, che va a rinforzare la scorta.
31 luglio 1941
Tra le 19.30 e le 20.45, al tramonto, il convoglio viene ripetutamente attaccato da aerei una ventina di miglia a nordovest di Pantelleria; gli attaccanti sono sei bombardieri Bristol Blenheim del 105th Squadron della RAF, decollati dalla base di Luqa (Malta) e guidati dal maggiore George Goode. Nessuna nave viene colpita, mentre uno degli aerei britannici viene abbattuto dal Malocello (per altra versione, danneggiato dal tiro del Malocello e poi inseguito e colpito ancora dai biplani FIAT CR. 42 della scorta aerea); la violenta reazione delle navi, anzi, induce i Blenheim a rinunciare all’attacco, scaricando le bombe in mare e rientrando a Malta.
1° agosto 1941
Raggiunto nell’ultimo tratto dalla torpediniera Partenope, il convoglio arriva a Tripoli alle 13.30.
4 agosto 1941
Il Malocello, insieme ai cacciatorpediniere Freccia (caposcorta, capitano di fregata Giorgio Ghè), Dardo, Turbine e Strale ed alla torpediniera Pegaso, parte da Tripoli alle 8 (o 9.30) scortando i piroscafi Amsterdam, Bainsizza e Maddalena Odero e la motonave Col di Lana (convoglio «Amsterdam», con velocità 10 nodi).
5-6 agosto 1941
Nella notte sul 6 agosto, al largo di Pantelleria, il convoglio viene attaccato da aerei. Il caposcorta ordina l’emissione di nebbia artificiale, ma tale provvedimento si rivela inefficace, perché rende più visibile la posizione del convoglio; risulta inutile accostare verso i bengala, perché gli aerei ne lanciano su entrambi i lati del convoglio. Ad ogni modo, nessuna nave viene colpita.
7 agosto 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 2.30 (o 7.30).
13 agosto 1941
Il Malocello lascia Napoli alle 17 insieme ai cacciatorpediniere FolgoreFulmine, StraleVivaldi (caposcorta, capitano di vascello Giovanni Galati) ed alla torpediniera Orsa, per scortare a Tripoli le motonavi RialtoAndrea Gritti, Francesco BarbaroVettor Pisani e Sebastiano Venier.
Il convoglio viene più volte attaccato da aerei e sommergibili, ma senza mai riportare danni.
Poco dopo la partenza si verifica un presunto attacco di sommergibile, senza risultato (in realtà, si tratta probabilmente di un falso allarme); la scorta reagisce prontamente.
14 agosto 1941
Poco dopo la partenza (per altra fonte, durante un attacco aereo), un cannone da 120 mm del Vivaldi scoppia accidentalmente, costringendo la nave al rientro a Napoli (al suo posto, assume il ruolo di caposcorta il Folgore, al comando del capitano di fregata Giuriati).
Poco dopo mezzanotte, il convoglio viene attaccato da aerosiluranti che lanciano bengala, a sud di Lampione. Nessuna nave viene colpita, grazie alla reazione della scorta.
15 agosto 1941
Il convoglio giunge a Tripoli senza danni, alle 14.
16 agosto 1941
MalocelloFulmineFolgore (caposcorta), Orsa e Strale ripartono da Tripoli alle 20.20 per scortare a Napoli i piroscafi scarichi ErnestoNirvoCastelverdeNinuccia ed Aquitania e la nave cisterna Pozarica.
Durante il viaggio vengono avvistati aerei nemici ed anche sommergibili, cui viene data limitata caccia (per non allontanare per troppo tempo le navi della scorta), ma non si verificano eventi di rilievo.
20 agosto 1941
Il convoglio arriva a Napoli alle 3.30.


Il Malocello e i gemelli ormeggiati a Napoli in tempo di pace (da www.italie1935-45.com)

23 agosto 1941
Malocello, Vivaldi e Da Recco salpano da Napoli per unirsi alla scorta delle corazzate Littorio e Vittorio Veneto, uscite in mare per intercettazione di forze navali britanniche. È in corso l’operazione britannica «Mincemeat», consistente nell’uscita da Gibilterra di parte della Forza H (la portaerei Ark Royal, la corazzata Nelson, l’incrociatore leggero Hermione e cinque cacciatorpediniere) con lo scopo di bombardare gli stabilimenti industriali ed i boschi di sughero nella Sardegna settentrionale (con gli aerei dell’Ark Royal), posare mine al largo di Livorno (con il posamine veloce Manxman) e dissuadere, con tale dimostrazione di forza, la Spagna dall’entrare in guerra a fianco dell’Asse. I veri obiettivi dell’azione britannica non sono comunque noti a Supermarina, che pensa soprattutto ad un nuovo tentativo britannico di inviare a Malta un convoglio di rifornimenti.
24 agosto 1941
Poco dopo le cinque del mattino Malocello, Vivaldi e Da Recco si uniscono al largo di Capo Carbonara al gruppo «Littorio» (corazzate Littorio e Vittorio Veneto della IX Divisione e cacciatorpediniere Aviere e Camicia Nera della XI Squadriglia e GranatiereBersagliereFuciliere ed Alpino della XIII Squadriglia), salpato da Taranto alle 16; contemporaneamente, si aggregano al gruppo anche Pigafetta e Da Verrazzano, inviati da Trapani. Fanno parte della formazione anche la III Divisione (incrociatori pesanti Trento, Trieste, Bolzano e Gorizia) e la XII Squadriglia Cacciatorpediniere (Lanciere, Ascari, Corazziere e Carabiniere), partite da Messina, nonché i cacciatorpediniere Maestrale e Scirocco, inviati da Palermo.
Le navi italiane assumono una rotta che le conduca al centro del Tirreno. Tra le 6.30 e le 6.40 LittorioVittorio Veneto e Trieste catapultano i loro idrovolanti da ricognizione, che tuttavia non riescono a trovare nulla; alle 11.15 è il Bolzano a catapultare il suo ricognitore, ma con risultati non migliori.
La formazione italiana, al comando dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino, ha l’ordine di trovarsi per le otto del 24 trenta miglia a sud di Capo Carbonara, dato che la Forza H è stata avvistata da un ricognitore alle 9.10 del 23, circa 90 miglia a sud di Maiorca (il ricognitore ne ha stimato la composizione in una corazzata, una portaerei, un incrociatore e quattro cacciatorpediniere, con rotta 270° e velocità 14 nodi), ed alle 19.18 di quel giorno dei rilevamenti radiogoniometrici hanno collocato la Forza H 145 miglia ad ovest di Capo Teulada.
Intorno alle cinque del mattino del 24, gli aerei dell’Ark Royal attaccano la zona di Coghinas e Tempio Pausania con bombe e spezzoni incendiari, causando però pochissimi danni (una casa distrutta ed un soldato ucciso) nonostante la zona sia ricca di boschi di sughero, mentre alle 7.45 la squadra italiana viene avvistata a sud della Sardegna da un ricognitore britannico, proprio mentre anche la Forza H viena a sua volta localizzata 30 miglia ad est di Minorca, con rotta 105° e velocità 20 nodi.
Sulla base di tale avvistamento, Supermarina (che ha intercettato il segnale di scoperta del ricognitore nemico, informando subito l’ammiraglio Iachino), ritenendo improbabile che le forze italiane possano incontrare quelle britanniche entro il 24, a meno di non uscire dal raggio di copertura della caccia aerea, ordina a Iachino di tenersi ad est del meridiano 8° (salvo, per l’appunto, riuscire ad incontrare la Forza H di giorno ed entro la zona protetta dalla caccia italiana) e di rientrare nel Tirreno dopo aver appoggiato la ricognizione che l’VIII Divisione è stata mandata a svolgere nelle acque di Capo Serrat e dell’isola di La Galite; ordina poi alla III ed alla IX Divisione di trovarsi alle dieci del mattino del 25 agosto a 28 miglia per 150° da Capo Carbonara, per ripetere la manovra del 24. Alle 17.20 le forze britanniche vengono avvistate da un altro ricognitore trenta miglia a sudest di Maiorca, il che conferma che un incontro per il 24 non sarebbe possibile, mentre sarebbe probabile il giorno seguente.
25 agosto 1941
In mattinata, dato che la ricognizione aerea (che si spinge fino al 3° meridiano) non trova traccia della Forza H, ed il traffico radio britannico sta tornando ai ritmi usuali, Supermarina decide di far rientrare alle basi le proprie forze navali; alle 13.35, di conseguenza, l’ammiraglio Iachino riceve ordine di rientrare a Napoli. La sera del 25 si viene a sapere che all’alba la Forza H è stata avvistata ormai già in acque spagnole, tra Sagunto e Valencia, prima con rotta nord e poi diretta verso sud, accompagnata da numerosi velivoli. Più tardi è stata vista a sud di Capo Sant’Antonio e si sono sentite molte cannonate, probabilmente dovute ad esercitazioni di tiro.
Malocello, Pigafetta e Da Verrazzano raggiungono La Spezia.
12 ottobre 1941
Il Malocello salpa da Taranto alle 3.40, insieme a Duca d’AostaEugenio di SavoiaMontecuccoliVivaldiPigafetta, Da Verrazzano e due altri cacciatorpediniere, l’Aviere ed il Camicia Nera, per effettuare la posa dello sbarramento di mine «B» al largo di Bengasi.
13 ottobre 1941
Alle 9.15 dei ricognitori italiani avvistano una formazione britannica composta da due corazzate, tre incrociatori e dieci cacciatorpediniere a 130 miglia da Alessandria, con rotta che la porterebbe ad intercettare la squadra italiana. Si tratta della Mediterranean Fleet, uscita in mare con le corazzate Valiant e Queen Elizabeth, gli incrociatori leggeri Ajax, Hobart e Galatea ed i cacciatorpediniere Jervis, Jaguar, Jupiter, Kandahar, Griffin, Hasty, Hotspur, Eridge, Decoy e Avon Vale; questa forza navale è salpata da Alessandria d’Egitto il 12 ottobre per coprire l’operazione "Cultivate", l’invio a Tobruk di alcune navi da guerra (posamine veloce Abdiel, cacciatorpediniere Nizam, Kipling e Hero) per il rifornimento di quella guarnigione assediata, e sta già dirigendo per il rientro ad Alessandria quando, alle 13.15 del 13, viene informata dell’avvistamento di tre incrociatori e sei cacciatorpediniere italiani: ricevuto il quale, essa dirige verso ovest per intercettarli.
Supermarina ordina pertanto alle navi di rientrare a Taranto; il successivo precipitare degli eventi in Libia e sulle rotte dei convogli impedirà di ritentare la posa dello sbarramento «B», che non sarà mai effettuato.
9 novembre 1941
Assume il comando del Malocello, a Taranto, il capitano di fregata Mario Leoni, il quale sostituisce il precedente comandante, che si è ammalato.
19 novembre 1941
Malocello (capitano di fregata Mario Leoni) e Zeno (caposcorta, capitano di fregata Ollandini) salpano da Taranto alle 14 scortando verso Bengasi gli incrociatori ausiliari Città di Palermo (capitano di fregata Filippo Ogno) e Città di Tunisi (capitano di vascello Franzoni), in missione di trasporto e carichi complessivamente di 1453 militari e 195 tonnellate di materiali di commissariato.
20 novembre 1941
Alle 15 convoglio viene attaccato da tre bombardieri britannici; tre bombe cadono in mare a poppavia del Città di Palermo, che non subisce danni. Per il resto la navigazione procede senza accadimenti degni di nota, ma nelle prime ore della sera il Città di Tunisi viene colto da un’avaria ad un motore: deve così interrompere la missione e puggiare a Suda, scortato dal Malocello.
21 novembre 1941
Malocello e Città di Tunisi entrano a Suda alle 8.30, sostandovi per due giorni. Nell’entrare a Suda, il Malocello finisce sulle ostruzioni retali, del quale non gli sono stati consegnati i piani, anche se riesce a passare senza inconvenienti.
Durante la sosta, il Malocello si rifornisce di nafta prelevata dai serbatoi dell’incrociatore britannico York, il cui relitto giace semiaffondato nella baia sin dalla presa di Creta, avvenuta sei mesi prima.
23 novembre 1941
Riparata l’avaria dell’incrociatore ausiliario, Malocello e Città di Tunisi ripartono da Suda a mezzogiorno.
24 novembre 1941
Mentre Malocello e Città di Tunisi sono in navigazione da Suda a Bengasi, il sommergibile Luigi Settembrini rileva agli idrofoni, a 105 miglia per 125° da Malta, la Forza K britannica – incrociatori leggeri Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively – uscita in mare da Malta per intercettare convogli italiani. Supermarina, avvisata dal Settembrini, ordina il dirottamento di tutti i convogli in zona; fa eccezione proprio il convoglietto Malocello-Città di Tunisi, cui non viene dato ordine di dirottamento in quanto Supermarina stima, a ragione, che la posizione e velocità delle due navi siano tali che esse non possano comunque essere raggiunte ed attaccate dalle navi nemiche (anche se l’intercettazione, da parte del Malocello, di un segnale di scoperta del Settembrini induce il comandante Leoni a ritenere diversamente, tanto da richiedere l’intervento dell’aviazione da Bengasi).
A cadere vittima della Forza K sarà invece il convoglio «Maritza», in navigazione dal Pireo a Bengasi, con l’affondamento dei piroscafi tedeschi Maritza e Procida nonostante la difesa opposta dalle torpediniere di scorta Lupo e Cassiopea.
Malocello e Città di Tunisi arrivano infine a Bengasi alle 12.30. Dopo aver sbarcato truppe e materiali, il Città di Tunisi imbarca 276 prigionieri britannici da trasportare a Tripoli. Tra sera e notte il porto è sottoposto ad attacchi aerei che si protraggono per alcune ore; molte bombe cadono sulla città e sulle banchine, ma nessuna sulle navi (una manca di poco il Malocello, cadendo in mare a poppa).
25 novembre 1941
Malocello e Città di Tunisi lasciano Bengasi alle 17, diretti a Tripoli.
26 novembre 1941
Alle 15.15 le due navi vengono attaccate da aerei nelle acque della Tripolitania: il Città di Tunisi viene colpito da una bomba che ne squarcia l’opera morta in corrispondenza della sala macchine. Dopo alcune ore di duro lavoro dell’equipaggio, tuttavia, la falla viene tamponata, ed il bastimento è in grado di rimettere in moto a 10 nodi, senza che vi siano state perdite tra l’equipaggio ed i prigionieri.
Alle 21 Malocello e Città di Tunisi arrivano a Tripoli. Durante la successiva sosta a Tripoli si verificano vari attacchi aerei, ma il Malocello non subisce danni.
1° dicembre 1941
Alle 18 il Malocello salpa da Tripoli per ordine di Supermarina, per andare ad unirsi al gemello Da Mosto nella scorta della nave cisterna Iridio Mantovani, in navigazione da Trapani a Tripoli con un prezioso carico di 8629 tonnellate di carburante, che è stata attaccata e colpita da aerei britannici, restando immobilizzata a 75 miglia dalla sua destinazione. Qualche ora prima del Malocello (che non era pronto per salpare prima anch’esso), sempre su ordine di Supermarina, prendono il mare anche la torpediniera Generale Marcello Prestinari (da Tripoli) ed l rimorchiatore Ciclope (da Zuara) anch’essi per scortare ed assistere la Mantovani.
Prima che ciascuna delle tre unità riesca a raggiungerla, tuttavia, la Mantovani viene colpita ancora da nuovi attacchi aerei e poi attaccata anche dalla Forza K britannica (incrociatori leggeri Aurora e Penelope, cacciatorpediniere Lively), che le dà il colpo di grazia ed affonda anche il Da Mosto, che aveva disperatamente tentato di difenderla.
Marina Tripoli, informata dell’accaduto dai velivoli della scorta aerea, richiama in porto le navi che aveva fatto partire, essendo ormai inutile il loro intervento. Alle 20 il Malocello, pertanto, riceve ordine di tornare indietro.
5 dicembre 1941
Il Malocello salpa da Tripoli alle 18.45, insieme al gemello Giovanni Da Verrazzano.
6 dicembre 1941
Le due unità arrivano a Trapani alle 10.
Qualche giorno dopo il Malocello, insieme al gemello Usodimare ed al cacciatorpediniere Saetta, scorta la motonave Carlo Del Greco in navigazione di trasferimento da Trapani a Messina.
13 dicembre 1941
Alle 11 il Malocello, il cacciatorpediniere Saetta (caposcorta) e la torpediniera Procione partono da Taranto scortando la motonave tedesca Ankara, diretta a Bengasi nell’ambito dell’operazione di traffico «M. 41».
Dopo le gravi perdite subite dai convogli diretti in Libia nelle settimane precedenti, le forze italo-tedesche in Nordafrica si trovano in situazione di grave carenza di rifornimenti proprio mentre è in corso una nuova offensiva britannica, l’operazione «Crusader», ed urge rifornirle. Con la «M. 41», Supermarina intende inviare a Tripoli e Bengasi tutti i mercantili già carichi presenti nei porti dell’Italia meridionale, mobilitando per la loro protezione, diretta e indiretta, pressoché tutta la flotta in condizioni di efficienza.
Sono previsti tre convogli: l’«A», da Messina a Tripoli, formato dalle moderne motonavi Fabio FilziCarlo Del Greco scortate dai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco ed Antoniotto Usodimare (poi dirottato su Taranto per unirsi da subito all’«L» ma distrutto durante tale percorso dal sommergibile britannico Upright); l’«L», da Taranto per Tripoli, formato dalle motonavi MonginevroNapoli e Vettor Pisani scortate dai cacciatorpediniere Freccia ed Emanuele Pessagno (con a bordo il contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) e dalla torpediniera Pegaso; e l’«N», da Taranto ed Argostoli per Bengasi, costituito da MalocelloSaetta, Procione ed Ankara cui si devono aggiungere i piroscafi Iseo e Capo Orso ed i cacciatorpediniere Turbine e Strale, provenienti da Argostoli.
Ogni convoglio deve fruire della protezione di una forza navale di sostegno, che di giorno si terrà in vista dei trasporti e di notte a stretto contatto con essi. Il gruppo assegnato al convoglio «N» è composto dalla corazzata Andrea Doria e dalla VII Divisione (ammiraglio di divisione Raffaele De Courten) con gli incrociatori leggeri Muzio Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, mentre gli altri due convogli saranno protetti dalla corazzata Duilio (nave ammiraglia dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini) e da un’eterogenea VIII Divisione composta per l’occasione dagli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi (nave di bandiera dell’ammiraglio Giuseppe Lombardi, comandante della VIII Divisione) e Raimondo Montecuccoli e dall’incrociatore pesante Gorizia (con a bordo l’ammiraglio di divisione Angelo Parona).
Infine, a tutela dell’intera operazione contro un’eventuale uscita in mare delle corazzate della Mediterranean Fleet, prende il mare la IX Divisione Navale (ammiraglio di squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare) con le moderne corazzate Littorio e Vittorio Veneto, scortate dalla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (GranatiereBersagliereFuciliereAlpino). Queste navi si dovranno posizionare nel Mediterraneo centrale.
A completamento dello schieramento, un gruppo di sommergibili viene dislocato nel Mediterraneo centro-orientale con compiti esplorativi ed offensivi; è inoltre previsto un imponente intervento della Regia Aeronautica.
Per via della carenza di navi scorta e del tempo necessario a reperirne, l’operazione, inizialmente prevista per il 12 dicembre, viene posticipata di un giorno.
Nel tardo pomeriggio del 13, quando i convogli sono già in mare, la ricognizione aerea comunica a supermarina che una consistente forza britannica, comprensiva di corazzate ed incrociatori (in realtà sono solo quattro incrociatori leggeri: i ricognitori hanno grossolanamente sovrastimato la composizione e potenza della forza avvistata), si trova tra Tobruk e Marsa Matruh, diretta verso ovest. La somma delle forze italiane in mare è complessivamente superiore, ma si trova divisa in gruppi tra loro distanziati e vincolati a convogli lenti e poco manovrieri; per questo, alle ore 20 Supermarina decide di sospendere l’operazione, ed i convogli – compreso quello composto da Malocello, Saetta, Procione ed Ankara, che è il più avanzato sulla rotta – ricevono ordine di rientrare. Ciò non basterà ad evitare danni: durante la notte, il sommergibile britannico Urge silurerà la Vittorio Veneto, danneggiandola gravemente.
14 dicembre 1941
Alle 2.15 Malocello, Saetta, Procione ed Ankara invertono la rotta in seguito all’ordine di Supermarina; a bordo circola voce che in mare “c’è tutta la squadra inglese”. Alle 17 il convoglio arriva a Taranto; il Malocello si mette alla fonda, con il timone incatastato. Alle 20.30 la nave si mette alla boa.
16 dicembre 1941
Dopo il fallimento della «M. 41», viene rapidamente organizzata al suo posto l’operazione «M. 42», che prevede l’invio di quattro mercantili (MonginevroNapoliVettor PisaniAnkara: le motonavi uscite indenni dalla «M. 41», non essendovene altre pronte) riunite in un unico convoglio per gran parte della navigazione, ed inoltre l’impiego delle Divisioni di incrociatori adibite alla scorta secondo la loro struttura organica, a differenza che nella «M. 41». In tutto le quattro motonavi trasportano 14.770 tonnellate di materiali e 212 uomini.
La scorta diretta è costituita, oltre che dal Malocello, dai cacciatorpediniere Vivaldi (caposcorta, contrammiraglio Nomis di Pollone), Da ReccoDa NoliPessagno, Zeno e Saetta e dalla torpediniera Pegaso. L’ordine d’operazione prevede che le navi procedano in formazione unica, a 13 nodi di velocità, sino al largo di Misurata, per poi scindersi in due convogli: «L», formato da Monginevro, Napoli, Vettor Pisani ed i cinque “Navigatori” tra cui il Malocello, per Bengasi; «N», composto da AnkaraPegaso e Saetta (caposcorta), per Tripoli.
I due convogli partono da Taranto il 16 dicembre, ad un’ora di distanza l’uno dall’altro: alle 15 l’«N», alle 16 l’«L».
Da Taranto esce un gruppo di sostegno composto dalla corazzata Duilio (nave di bandiera dell’ammiraglio Carlo Bergamini, comandante del gruppo), dalla VII Divisione (incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, nave di bandiera dell’ammiraglio De Courten, Raimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo) e dai cacciatorpediniere AscariAviere e Camicia Nera; i suoi ordini sono di tenersi ad immediato contatto del convoglio fino alle 8 del 18, per poi spostarsi verso est così da poter intervenire in caso di invio contro il convoglio di forza di superficie da Malta.
Vi è anche un gruppo di appoggio composto dalle corazzate Giulio CesareAndrea Doria e Littorio (nave di bandiera dell’ammiraglio Angelo Iachino, comandante superiore in mare), dagli incrociatori pesanti Trento e Gorizia (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Angelo Parona, comandante della III Divisione) e dai cacciatorpediniere GranatiereBersagliereCorazziereFuciliere, CarabiniereAlpinoOrianiGioberti ed Usodimare, nonché ricognizione e scorta aerea assicurata dalla Regia Aeronautica e dalla Luftwaffe, l’invio dei sommergibili TopazioSantarosaSqualoAscianghi, Dagabur e Galatea in agguato nel Mediterraneo centro-orientale, e la posa di ulteriori campi minati al largo della Tripolitania.
Già prima della partenza, i comandi italiani e l’ammiraglio Iachino sono stati informati dell’avvistamento alle 14.50, da parte di un ricognitore tedesco, di una formazione britannica che comprende una corazzata. In realtà, di corazzate britanniche in mare non ce ne sono: il ricognitore ha scambiato per corazzata la nave cisterna militare Breconshire, partita da Alessandria per Malta con 5000 tonnellate di carburante destinato all’isola, con la scorta degli incrociatori leggeri Naiad, Euryalus e Carlisle e dei cacciatorpediniere JervisHavockHastyNizamKimberleyKingstonKipling e Decoy, il tutto sotto il comando dell’ammiraglio Philip L. Vian. Comunque, Supermarina decide di procedere egualmente con l’operazione, sia per via della disperata necessità di far arrivare rifornimenti in Libia al più presto, sia perché la formazione italiana è comunque molto più potente di quella avversaria. Convoglio e gruppo di sostegno procedono dunque lungo la rotta prestabilita.
Poco prima di mezzanotte, il sommergibile britannico Unbeaten avvista parte delle unità italiane e ne informa il comando britannico (messaggio che viene peraltro intercettato e decrittato dalla Littorio); quest’ultimo ne è in realtà già al corrente grazie alle decrittazioni di “ULTRA”, che tra il 16 ed il 17 dicembre forniscono a più riprese molte informazioni su mercantili, scorte dirette ed indirette, porti ed orari di partenza e di arrivo. Il 16 dicembre “ULTRA” informa che è probabile un nuovo tentativo di rifornimento della Libia con inizio proprio quel giorno, dopo quello fallito di tre giorni prima. Il 17 dicembre “ULTRA” aggiunge informazioni più precise: MonginevroPisani e Napoli, scortati da sei cacciatorpediniere tra cui il Vivaldi, dovevano lasciare Taranto a mezzogiorno del 16 insieme all’Ankara, scortata invece da due siluranti tra cui il cacciatorpediniere Saetta; arrivo previsto a Bengasi alle 8 del 18 per l’Ankara, a Tripoli alle 17 dello stesso giorno per le altre motonavi; presenza in mare a scopo di protezione della Duilio, della VII Divisione (“probabilmente l’Aosta e l’Attendolo”) e forse anche di altre forze navali, Littorio compresa. Il 18 aggiungerà che le motonavi sono partite da Taranto alle 13 del 16 e che sono scortate da 2 corazzate, 2 incrociatori e 12 cacciatorpediniere, più una forza di supporto di 3 corazzate, 2 incrociatori e 10 cacciatorpediniere a nordest.
I comandi britannici, tuttavia, non si trovano in condizione di poter organizzare un attacco contro il convoglio italiano.
17 dicembre 1941
Alle 16.25 il convoglio viene avvistato da un ricognitore britannico.
Nel tardo pomeriggio del 17 dicembre il gruppo «Littorio» si scontra con la scorta della Breconshire, in un breve ed inconclusivo scambio di colpi chiamato prima battaglia della Sirte. Iniziato alle 17.23, lo scontro si conclude già alle 18.10, senza danni da ambo le parti; Iachino, ancora all’oscuro dell’invio a Malta della Breconshire e convinto che navi da battaglia britanniche siano in mare, attacca gli incrociatori di Vian per tenerli lontani dal suo convoglio (ritiene infatti che gli incrociatori britannici siano lì per attaccare i mercantili italiani, mentre in realtà non vi è alcun tentativo del genere da parte britannica) e rompe il contatto al crepuscolo, per evitare un combattimento notturno, per il quale la flotta italiana non è preparata.
Alle 17.56, per evitare un pericoloso incontro del convoglio con unità di superficie britanniche (si crede ancora che in mare ci siano una o più corazzate britanniche), il convoglio ed il gruppo di sostegno accostano ad un tempo ed assumono rotta nord (in modo da allontanarsi dalla zona dove si trova la formazione britannica), sulla quale rimangono fino alle 20 circa; poi, in base a nuovi ordini impartiti da Iachino (e per non allontanarsi troppo dalla zona di destinazione), manovrano per conversione di 20° per volta (in modo da mantenere per quanto possibile la formazione, in una zona ad elevato rischio di attacchi aerei) ed effettuano un’ampia accostata sino a rimettere la prua su Misurata. Convoglio e gruppo di sostegno sono “incorporate” in un’unica complessa formazione (i mercantili su due colonne, con Monginevro in posizione avanzata a dritta, Pisani in posizione avanzata a sinistra, seguite rispettivamente da Napoli ed Ankara, il Vivaldi in testa, Da Noli e Malocello rispettivamente 30° di prora a dritta e sinistra di Pisani e MonginevroZeno e Da Recco 70° di prora a dritta e sinistra di Pisani e MonginevroSaetta a sinistra della Pisani e Pessagno a dritta della Napoli; seguite dal gruppo di sostegno su due colonne, con Duca d’Aosta seguito da Attendolo e Camicia Nera a sinistra, Duilio seguita da Montecuccoli ed Aviere a dritta, più Pigafetta a sinistra di Duca d’Aosta ed Attendolo e Carabiniere a dritta di Duilio e Montecuccoli), il che fa sì che occorra più del previsto perché la formazione venga riordinata sulla rotta 210°: ciò accade alle 22 del 17.
Durante la notte il convoglio, che avanza a 13 nodi, viene avvistato da ricognitori nemici, ma non subisce attacchi.
18 dicembre 1941
Poco prima dell’alba del 18, i cacciatorpediniere Granatiere e Corazziere entrano in collisione, distruggendosi a vicenda la prua; gli incrociatori della VII Divisione prestano loro soccorso. Alle 13 la Duilio si riunisce al gruppo «Littorio», lasciando la VII Divisione a protezione immediata dei mercantili. Frattanto, alle 12.30 (in posizione 33°18’ N e 15°33’ E), le navi mercantili si separano come previsto: il convoglio «N» dirige per Bengasi, mentre il convoglio «L» prosegue per Tripoli con la scorta e diretta e, fino al tramonto, anche quella della VII Divisione. Calato il buio, anche la VII Divisione lascia il convoglio per rientrare a Taranto.
Il contrammiraglio Nomis di Pollone ordina al convoglio «L»  di dividersi in tre gruppi, ognuno formato da una motonave e due cacciatorpediniere (Monginevro con Da Recco e MalocelloPisani con Vivaldi e PessagnoNapoli con Da Noli e Zeno), in modo da rendere la formazione più maneggevole; i gruppi devono distanziarsi di 4 miglia l’uno dall’altro.
L’ordine è in corso d’esecuzione, ed i gruppi si sono già distanziati di 2-3 miglia, quando a distanza si accendono i bengala che preannunciano un attacco aereo. Nomis di Pollone ordina di emettere cortine fumogene, proseguendo la navigazione seguendo all’ecometro la batometrica di 30 metri, cui corrisponde la rotta di sicurezza.
Il gruppo Monginevro-Da Recco-Malocello viene attaccato da un singolo velivolo, probabilmente un aerosilurante, che viene abbattuto dal Da Recco.
Il gruppo della Pisani non subisce alcun attacco, mentre ha meno fortuna quello della Napoli: la motonave viene colpita all’estrema poppa, subendo pochi danni ma la messa fuori uso del timone. Nella confusione, lo Zeno entra in collisione con la Napoli stessa e riporta una falla (anche se raggiungerà ugualmente Tripoli con i propri mezzi).
Nella notte tra il 18 ed il 19 dicembre la Forza K britannica, uscita da Malta per cercare il convoglio, finisce sui campi minati posati al largo di Tripoli: affondano l’incrociatore leggero Neptune ed il cacciatorpediniere Kandahar, viene gravemente danneggiato l’incrociatore leggero Aurora e meno gravemente anche il gemello Penelope. La temuta Forza K ha cessato di esistere.
19 dicembre 1941
Dato che Tripoli è sotto bombardamento, Monginevro e Pisani ricevono ordine di mettersi alla fonda presso Tagiura (che è già entro il sistema protettivo di sbarramenti), a dieci miglia dal porto, per attendere che terminino il bombardamento e poi il dragaggio magnetico dell’avamporto di Tripoli. Intanto, Malocello e Pessagno vengono inviati a dare assistenza alla Napoli, difendendola dai sommergibili che frequentano, notoriamente, la zona in cui è stata colpita. Sopraggiungono anche le torpediniere Perseo e Prestinari.
Infine, le navi entrano a Tripoli alle 10.30. La danneggiata Napoli (il cui carico è però intatto), rimorchiata dal Ciclope, giungerà in porto alle 16, preceduta di due ore da Malocello, Da Noli, Pessagno e Zeno. L’operazione «M. 42» si conclude finalmente in un successo, con l’arrivo a destinazione di tutti i rifornimenti inviati.
L’operazione «M. 42» si conclude finalmente in un successo, con l’arrivo a destinazione di tutti i rifornimenti inviati.
3 gennaio 1942
Il Malocello parte da Taranto alle 16 insieme ai cacciatorpediniere MaestraleScirocco, Oriani e Gioberti, agli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten), Muzio AttendoloRaimondo Montecuccoli e Giuseppe Garibaldi ed alla nave da battaglia Duilio (nave di bandiera dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini), formando il gruppo di scorta per i tre convogli diretti a Tripoli da Messina, Taranto e Brindisi per l’operazione di traffico «M. 43». Oltre ai tre convogli con le relative scorte dirette ed al gruppo scorta di cui fa parte il Malocello (gruppo «Duilio»), è in mare anche un gruppo di appoggio (gruppo «Littorio») con le corazzate Littorio (ammiraglio di squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare), Doria (ammiraglio di divisione Guido Porzio Giovanola) e Cesare, gli incrociatori pesanti Gorizia (ammiraglio di divisione Angelo Parona) e Trento ed i cacciatorpediniere AviereAlpinoGeniereCarabiniereAscariCamicia NeraAntonio Pigafetta ed Antonio Da Noli. Il gruppo di scorta, che navigherà per la prima volta ad immediato contatto con il convoglio, sin quasi a formare un tutt’uno con esso ("scorta indiretta incorporata nel convoglio", ideata dall’ammiraglio Bergamini), ha il compito di respingere eventuali attacchi da parte di formazioni navali leggere (incrociatori leggeri e cacciatorpediniere) come la Forza K, mentre il gruppo di appoggio si terrà pronto ad intervenire contro un eventuale attacco con forze pesanti da parte della Mediterranean Fleet (che comunque è rimasta senza più corazzate efficienti dall’incursione della X MAS ad Alessandria del 19 dicembre, ma questo in Italia ancora non lo si sa).
Aerei impiegati in compiti di ricognizione e bombardamento sulle basi aeree e navali di Malta e della Cirenaica, nonché scorta da caccia, antiaerosilurante ed antisommergibile sulle navi e sul porto di Tripoli, e sommergibili dislocati ad est di Malta e tra Creta e la Cirenaica completano l’imponente dispiegamento di forze predisposto a tutela dell’importante convoglio (il cui carico assomma a 15.379 tonnellate di carburante, 2417 tonnellate di munizioni, 10.242 tonnellate di altri materiali, 144 carri armati, 520 automezzi e 901 uomini).
4 gennaio 1942
Il gruppo «Duilio» raggiunge i tre convogli, che si sono frattanto riuniti come previsto in un unico grande convoglio composto dalle moderne motonavi da carico Nino BixioLericiMonginevroMonviso e Gino Allegri e dalla grande nave cisterna Giulio Giordani, scortate dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta, contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone), Nicoloso Da ReccoAntoniotto UsodimareBersagliereFreccia e Fuciliere e dalle torpediniere CastoreOrsaAretusaProcione ed Antares.
Mentre il gruppo «Duilio» si unisce al convoglio «Allegri» (AllegriFreccia e Procione) la III Divisione (Trento e Gorizia) viene avvistata da un ricognitore britannico; più tardi il convoglio viene avvistato anche da un altro aereo avversario, ma la formazione aerea inviata da Malta ad attaccarlo non riuscirà a trovarlo.
Al tramonto il gruppo «Duilio» s’incorpora nella formazione; durante la notte le navi assumono rotta per Tripoli, e poco dopo le tre di notte del 5 gennaio il gruppo «Duilio» lascia il convoglio e si allontana a 22 nodi verso est. I mercantili giungeranno in porto alle 12.30 dello stesso giorno, senza nemmeno essere stati attaccati.
6 gennaio 1942
Il Malocello ed il resto del gruppo di scorta indiretta rientrano a Taranto alle 4.20.


Il Malocello in una vecchia cartolina (da www.bagnirosita.it)

22 gennaio 1942
Il Malocello salpa da Messina alle otto insieme al resto del gruppo «Vivaldi» (formato da Vivaldi e Da Noli, che col Malocello formano la XIV Squadriglia, dai cacciatorpediniere AviereGeniere e Camicia Nera della XI Squadriglia e dalle torpediniere Orsa e Castore) cui è stata assegnatala scorta delle motonavi da carico Monviso e Vettor Pisani, dirette a Tripoli nell’ambito dell’operazione di traffico «T. 18», consistente nell’invio in Libia di 15.000 tonnellate di rifornimenti, 97 carri armati, 271 autoveicoli e 1467 uomini.
Nello stretto di Messina si uniscono al convoglio altre due moderne motonavi, la Monginevro e la Ravello, provenienti da Napoli; il gruppo «Vivaldi» (al comando del contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) assume la scorta diretta delle quattro navi. Da Taranto escono in mare anche la quinta nave del convoglio, il grande trasporto truppe Victoria, ed i due gruppi di scorta indiretta: l’«Aosta» (ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, partito alle 11) con gli incrociatori leggeri della VII Divisione (Emanuele Filiberto Duca d’AostaRaimondo MontecuccoliMuzio Attendolo) e la XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (BersagliereCarabiniereFuciliereAlpino), ed il «Duilio» (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini, partito alle 17 insieme alla Victoria) con la corazzata Duilio e la XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Antonio PigafettaAlfredo OrianiAscariScirocco).
A protezione dell’operazione, nove sommergibili sono dislocati ad est di Malta e tra Creta e l’Egitto; la Regia Aeronautica e la Luftwaffe danno il loro contributo con aerei da caccia (sempre presenti, nelle ore diurne, sul cielo del convoglio), da ricognizione ed antisommergibile.
Poco dopo la partenza la Ravello, colta da avaria al timone, è costretta a tornare in porto; il resto del convoglio prosegue e si unisce al gruppo «Aosta» nel pomeriggio del 22.
23 gennaio 1942
Alle 15, con un certo ritardo ma approssimativamente nel punto prestabilito, il convoglio si unisce anche al gruppo «Duilio»; le motonavi si dispongono su due colonne e la Victoria, divenuta nave capo convoglio, si pone in testa alla colonna sinistra, mentre il gruppo «Vivaldi» si posiziona attorno ai mercantili ed i due gruppi «Duilio» e «Aosta» si dispongono sui fianchi del convoglio.
Le navi seguono rotte che passano a 190 miglia da Malta, distanza che dovrebbe essere maggiore del raggio operativo degli aerosiluranti di base a Malta ed in Cirenaica, 180 miglia; la sera del 23 dovranno poi accostare verso Tripoli, mantenendo rotta tangente al cerchio di 190 miglia di raggio con centro Malta. In realtà, 190 miglia sono divenute una distanza insufficiente, perché l’autonomia degli aerosiluranti britannici è aumentata rispetto al passato e perché ora gli aerei possono decollare da nuove basi cirenaiche, più avanzate di quanto ritenuto dai comandi italiani, conquistate dai britannici con l’operazione «Crusader».
Già dal giorno precedente, però, i comandi britannici sono a conoscenza dei movimenti italiani: sommergibili in agguato nel golfo di Taranti hanno infatti segnalato il passaggio del gruppo «Aosta», e nella serata e notte successive ricognitori hanno individuato e pedinato il gruppo «Duilio».
Dopo la riunione, il convoglio, che procede a 14 nodi sotto la protezione di nove Junkers Ju 88 della Luftwaffe, continua ad essere tallonato dai ricognitori: alle 15.50 uno di essi viene avvistato 20.000 metri ad est della formazione. Ai ricognitori seguono gli attacchi aerei: il primo si verifica alle 16.16, quando la Victoria viene mancata da alcune bombe di piccolo calibro; poco dopo altre bombe di maggior calibro sono sganciate contro il gruppo «Aosta» ma ancora senza risultato, grazie anche alla rabbiosa reazione contraerea delle navi.
Su richiesta dell’ammiraglio Bergamini, la scorta aerea viene rinforzata con altri tre Ju 88 del II Corpo Aereo Tedesco.
Alle 17.25 il convoglio viene nuovamente attaccato da tre aerosiluranti, provenienti dalla direzione del sole: le torpediniere (che si trovano su quel lato) aprono contro di essi un intenso tiro, così che i velivoli, giunti a circa un chilometro dalla scorta (e tre dalla Victoria), scaricano in mare le loro armi, cabrano ed invertono la rotta (uno di essi sarà poi abbattuto dagli Ju 88 della scorta aerea). Dapprima le navi italiane pensano che i velivoli fossero bombardieri: solo quando il Vivaldi avvista le scie dei siluri ci si accorge della realtà. Alle 17.31 la Victoria viene colpita a poppa da un siluro e rimane immobilizzata. AviereAscari e Camicia Nera si fermano per dare assistenza alla nave danneggiata, mentre il resto del convoglio prosegue sulla sua rotta. Due nuovi attacchi di aerosiluranti, alle 18.40 ed alle 18.45, daranno il colpo di grazia alla Victoria, che affonderà alle 19 con la perdita di 391 dei 1455 uomini a bordo.
Il resto del convoglio continua scortato dai gruppi «Vivaldi» ed «Aosta»; a notte fatta il gruppo «Duilio» si sposta invece a nord del 36° parallelo ed ad est del 19° meridiano per proteggere il convoglio da eventuali attacchi di navi di superficie provenienti dal Mediterraneo Orientale. A partire dalle 21.44 si scatena un crescendo di nuovi attacchi aerei sul convoglio: le navi vengono illuminate con bengala e fuochi galleggianti al cloruro di calcio, bombardate, fatte oggetto del lancio di siluri, ma la reazione del fuoco contraereo, le manovre evasive e l’emissione di cortine nebbiogene permettono di evitare tutti i siluri e sventare ogni attacco senza danni.
24 gennaio 1942
Alle 7.30 il convoglio viene raggiunto dalle torpediniere Calliope e Perseo, venute ad esso incontro da Tripoli; cinque minuti dopo il gruppo «Aosta» lascia la scorta come previsto, e dopo altri cinque minuti sopraggiunge la scorta aerea con caccia e ricognitori della Regia Aeronautica.
Alle 8.24 il sommergibile britannico P 36 (tenente di vascello Harry Noel Edmonds) avvista prima gli alberi e poi le navi del convoglio in posizione 32°50’ N e 14°20’ E (a nord di Homs, sulla costa libica); avvicinatosi ad alta velocità fino a 4110 metri, lancia una salva di quattro siluri contro i mercantili di testa, per poi scendere a 40 metri ed allontanarsi su rotta opposta a quella del convoglio.
Alle 9 uno dei caccia di scorta spara delle raffiche di mitragliera contro il mare, segnalando la presenza del sommergibile 4-5 km a dritta del convoglio: il contrammiraglio Nomis di Pollone ordina un’accostata d’urgenza sulla sinistra, che permette alla Monviso di evitare di pochissimo un siluro. Malocello (capitano di fregata Mario Leoni), Geniere (capitano di fregata Baslini) e Castore (capitano di corvetta Congedo), insieme ad un ricognitore CANT Z. 501 della 196a Squadriglia, contrattaccano con bombe di profondità (una trentina in tutto); al termine della caccia si vedrà sulla superficie una chiazza di nafta, ma in realtà nessuna bomba è esplosa vicina al sommergibile, che non ha subito danni.
Alle 14.15 il convoglio entra a Tripoli; alle 18 Malocello, Vivaldi, Aviere, Geniere, Ascari e Camicia Nera ripartono per tornare in Italia.
21 febbraio 1942
Alle 17.30 il Malocello salpa da Messina insieme ai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (nave ammiraglia del contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, caposcorta), Nicolò Zeno, Strale e Premuda ed alla torpediniera Pallade, scortando un convoglio (il numero 1) composto dalle moderne motonavi MonginevroRavello ed Unione nell’ambito dell’operazione di traffico «K. 7».
I convogli fruiscono inoltre della scorta indiretta del gruppo «Gorizia» (ammiraglio di divisione Angelo Parona; incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere, cacciatorpediniere AlpinoAlfredo Oriani ed Antonio Da Noli) e del gruppo «Duilio», formato dall’omonima corazzata (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini) insieme a quattro cacciatorpediniere (AviereGeniereAscari e Camicia Nera).
Alle 23.15, la divisione «Gorizia» si unisce al convoglio n. 1, che prosegue per Tripoli seguendo rotte che passano a circa 190 miglia da Malta.
22 febbraio 1942
All’alba del 2 il convoglio n. 1 viene raggiunto anche dal gruppo «Duilio», che lo segue a breve distanza.
Intorno alle 12.45 (per altra versione, verso le dieci), 180 miglia ad est di Malta, il convoglio numero 1 si congiunge con il convoglio numero 2 della «K. 7», proveniente da Corfù e formato dalle motonavi Lerici e Monviso e dalla nave cisterna Giulio Giordani, con la scorta dei cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta, capitano di vascello Enrico Mirti della Valle), Emanuele PessagnoAntoniotto UsodimareMaestrale e Scirocco e della torpediniera Circe.
Il convoglio n. 2 si accoda – con una manovra piuttosto lenta – al convoglio n. 1. La formazione (di cui è caposcorta l’ammiraglio Nomis di Pollone) assume rotta 184° e velocità 14 nodi; sin dalla prima mattina (e fino alle 19.45) volano sul suo cielo aerei tedeschi Junkers Ju 88 e Messerschmitt Bf 110 decollati dalla Sicilia per la sua scorta.
Dalle prime ore del mattino (precisamente, dalle 7.25) compaiono anche ricognitori britannici, che segnalano il convoglio agli aerei di base a Malta; tra le 14 e le 16 si verifica un attacco aereo, che i velivoli della Luftwaffe respingono, abbattendo tre degli aerei attaccanti ed impedendo agli altri di portare a fondo l’attacco (tranne un Boeing B 17 che lancia delle bombe di piccolo calibro contro la Duilio, senza colpirla). Quando l’ammiraglio Bergamini chiede altri aerei mediante il collegamento radio diretto, la richiesta viene prontamente soddisfatta.
La sera del 22, in base agli ordini ricevuti, il gruppo «Duilio» lascia i convogli, che proseguono con la scorta diretta ed il gruppo «Gorizia».
Nella notte seguente il convoglio, che è rimasto diviso in due gruppi (cioè i convogli 1 e 2, che procedono uno dietro l’altro ma separati), viene più volte sorvolato da dei bengalieri nemici (tra le 00.30 e le 5.30 del 23 dei bengala si accendono sul cielo dei convogli), ma non subisce danni, grazie alle manovre ed all’emissione di cortine fumogene.
23 febbraio 1942
Poco dopo le otto del mattino sopraggiungono due torpediniere inviate da Marilibia in rinforzo alla scorta, cui l’ammiraglio Parona ordina di unirsi al gruppo «Vivaldi». La foschia impedisce ai due convogli, distanti solo 8-9 miglia, di vedersi, ed alla scorta aerea della Luftwaffe di trovare le navi; le trovano invece, ma solo quelle del gruppo «Gorizia», i caccia italiani FIAT CR. 42 inviati anch’essi per la scorta.
Alle 10.14 del mattino, una novantina di miglia ad est di Tripoli ed al largo di Capo Misurata, la Circe localizza con l’ecogoniometro il sommergibile britannico P 38, che sta tentando di attaccare il convoglio (poco dopo ne viene avvistato anche il periscopio, che però subito scompare poiché il sommergibile, capendo di essere stato individuato, s’immerge a profondità maggiore), e, dopo aver ordinato al convoglio di virare a dritta, alle 10.32 lo bombarda con bombe di profondità, arrecandogli gravi danni. Subito dopo il P 38 affiora in superficie, per poi riaffondare subito: a questo punto si uniscono alla caccia anche l’Usodimare ed il Pessagno, che gettano altre cariche di profondità, e, insieme ad aerei della scorta, mitragliano il sommergibile. L’attacco è tanto violento e confuso che un marinaio, su una delle navi italiane, rimane ucciso dal tiro delle mitragliere, e la Circe deve richiamare le altre unità al loro posto per poter proseguire nella sua azione. Dopo questi ulteriori attacchi, la Circe effettua un nuovo attacco con bombe di profondità, ed alle 10.40 il sommergibile affiora di nuovo con la poppa, fortemente appruato, le eliche che girano all’impazzata ed i timoni orientati a salire, per poi affondare di prua con l’intero equipaggio in posizione 32°48’ N e 14°58’ E. Un’ampia chiazza di carburante, rottami e resti umani marcano la tomba dell’unità britannica.
Intanto, alle 11.25, il sommergibile P 34 (tenente di vascello Peter Robert Helfrich Harrison) avvista su rilevamento 040° il convoglio formato da Ravello, UnioneMonginevro e scortato da MalocelloVivaldi, Strale, ZenoPallade e Premuda, che procede su rotta 250°. Alle 11.49, in posizione 32°51’ N e 13°58’ E (un’ottantina di miglia ad est di Tripoli), il P 34 lancia quattro siluri da 4150 metri di distanza; nessuna nave è colpita, e la scorta inizia alle 11.58 un contrattacco nel quale sono lanciate 57 bome di profondità, alcune delle quali esplodono molto vicine al sommergibile. Il P 34, in ogni caso, riesce ad allontanarsi.
Nel frattempo, alle 10.30, lo Scirocco, come stabilito in precedenza, lascia la scorta del convoglio numero 2 e si aggrega al gruppo «Gorizia», che – essendo ormai il convoglio vicino a Tripoli, e non presentandosi più rischi di attacchi di navi di superficie – si avvia sulla rotta di rientro.
I convogli giungono indenni a Tripoli tra le 16 e le 16.40 del 23.
Alle 18 Malocello e Vivaldi (caposcorta) lasciano Tripoli per Palermo, scorando la motonave Vettor Pisani.
25 febbraio 1942
Le tre navi giungono a Palermo alle 8. Qui termina la missione del Malocello, mentre Vivaldi e Pisani proseguono per Napoli, dove arriveranno il 27.
2-3 marzo 1942
Il Malocello (capitano di fregata Mario Leoni) si trova ormeggiato a Palermo quando il porto e la città vengono sottoposti ad un pesante bombardamento aereo britannico (16 bombardieri Vickers Wellington del 37th Squadron R.A.F., decollati da Luqa, Malta, che attaccano in due ondate), iniziato alle 22.29 del 2 marzo e terminato alle 4.45 del 3 marzo. Tra le navi ormeggiate in porto, oltre al Malocello, vi sono i cacciatorpediniere Freccia, Saetta (ormeggiato vicinissimo al Malocello), Vivaldi, Aviere e Camicia Nera, la torpediniera Partenope ed otto navi mercantili tra cui il piroscafo tedesco Cuma, il cui carico comprende 480 tonnellate di benzina nonché munizioni e bombe d’aereo. I comandi britannici hanno deciso il bombardamento, piuttosto imponente in rapporto ai modesti mezzi disponibili a Malta in quel momento, proprio perché il giorno precedente un ricognitore, pilotato dal capitano Adrian Warburton, ha notato la notevole concentrazione di navi mercantili, presumibilmente cariche di rifornimenti diretti in Libia, nel porto di Palermo.
L’allarme aereo viene dato alle 21; al rumore degli aerei in avvicinamento segue l’apertura del fuoco da parte delle mitragliere poste a difesa del porto, che faranno fuoco senza interruzione fino alla fine dell’incursione.
Fino a mezzanotte i bombardieri si susseguono incessantemente sulla città e sul porto: le bombe cadono sia sul centro abitato che sul porto (quest’ultimo, con le navi ivi ormeggiate, è l’obiettivo dell’incursione), dove una di esse colpisce la torpediniera Partenope ed altre mancano di poco il Freccia, crivellandolo di schegge; altre ancora colpiscono il Cuma, scatenandovi violenti incendi ed esplosioni. Gli apparati di annebbiamento avvolgono le navi in cortine di nebbia artificiale, ma diversi cacciatorpediniere (non però il Malocello) aprono il fuoco con l’armamento contraereo su iniziativa dei comandanti, senza riuscire a colpire gli aerei (che non possono vedere) ma così rivelando la propria posizione.
Nel complesso i cacciatorpediniere hanno subito danni modesti, ma preoccupa la situazione del Cuma, sul quale le fiamme divampano incontrollabili minacciando di causare l’esplosione del carico: sul Malocello vengono approntate le macchine per tenersi pronti ad uscire dal porto (e così evitare di essere coinvolti nell’eventuale esplosione del piroscafo), ma non si riesce a trovare un rimorchiatore che possa rimuovere le reti parasiluri che circondano la nave, la quale è così costretta a restare all’ormeggio. Una bomba cade vicino al Malocello, che viene colpito da tre schegge (una sul fumaiolo, una sul proiettore ed una terza che trancia un cavo d’acciaio) ma non subisce che danni lievissimi e nessun ferito tra l’equipaggio (anche se il cane Buby, mascotte di bordo, viene gettato in mare dallo spostamento d’aria e prontamente ripescato).
Terminata infine l’incursione dopo le quattro del mattino, il comandante Leoni manda l’equipaggio a riposarsi, ma tre ore dopo il Cuma esplode: lo spostamento d’aria dell’immane esplosione getta a terra chiunque si trovi in piedi e fa sbandare paurosamente il Malocello, rompendone gli ormeggi; una muraglia di fuoco alta forse venti metri, alimentata dalla benzina in fiamme che galleggia sul mare, avanza verso il cacciatorpediniere, sul quale il comandante Leoni ordina di tenersi pronti ad allagare i depositi munizioni ed a gettare in mare siluri e bombe di profondità, autorizzando al contempo chiunque lo desideri a scendere a terra (ma nessuno abbandona la nave). Tutto sembra perduto, ma quando le fiamme sono giunte ormai a trenta metri dal Malocello, e Leoni sta per dare l’ordine di allagare i depositi munizioni, la direzione del vento cambia, e le fiamme iniziano ad essere spinte via: il Malocello è salvo, e la sera stessa potrà riprendere il mare per una nuova missione di scorta.
16 marzo 1942
Il Malocello parte da Messina alle 16 insieme ai gemelli Vivaldi (caposcorta, capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni), Pessagno e Zeno ed alle torpediniere Pallade e Giuseppe Sirtori (quest’ultima poi rientrata a Messina), per scortare a Messina la motonave Vettor Pisani. È in corso l’operazione di traffico «Sirio», che vede in mare una serie di convogli da e per la Libia (motonavi Gino Allegri e Reginaldo Giuliani da Tripoli a Palermo con le torpediniere Perseo e Circe; piroscafo Assunta De Gregori da Palermo a Tripoli con il cacciatorpediniere Premuda e la torpediniera Castore; motonavi Nino Bixio e Monreale da Tripoli a Napoli con la stessa scorta che ha scortato Pisani e Reichenfels sulla rotta opposta) fruenti della protezione a distanza dell’incrociatore leggero Emanuele Filiberto Duca d’Aosta (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Alberto Da Zara) e dei cacciatorpediniere Grecale e Scirocco.
Nello stretto di Messina Vettor Pisani e scorta si uniscono ad un secondo gruppo proveniente da Napoli, composto dalla motonave tedesca Reichenfels scortata dalla torpediniera Lince (che lascia quindi la scorta e raggiunge Messina).
Il convoglio così formato procede verso Tripoli lungo la rotta che passa ad est di Malta, con la protezione a distanza di Duca d’AostaScirocco e Grecale. Passato a circa 200 miglia dall’isola insieme alla forza di protezione, il convoglio punta poi su Tripoli.
Alle 16.37, al largo di Capo Bruzzano (Calabria, non lontano da Capo Spartivento), il sommergibile britannico Unbeaten (capitano di corvetta Edward Arthur Woodward) avvista la Pisani ed uno dei cacciatorpediniere della scorta, a 7 miglia per 241°. Iniziata la manovra d’attacco, Woodward sovrastima la stazza del bersaglio (11.000 tsl) e nota le altre due unità della scorta (in questo momento la Pisani sta procedendo con la scorta di SirtoriVivaldi e Malocello); alle 17.06 lancia quattro siluri da 3660 metri. L’idrovolante assegnato alla scorta aerea, il CANT Z. 501 n. 4 della 184a Squadriglia, avvista il siluro, stimandone la distanza di lancio dalle navi in circa 2000 metri, e dà l’allarme, poi sgancia due bombe da 160 kg sul presunto punto in cui si dovrebbe trovare il sommergibile. La Sirtori spara una salva per dare l’allarme, poi si dirige verso il sommergibile, gettando quattro bombe di profondità; il Malocello inverte la rotta e lancia a sua volta 16 bombe di profondità.
Nessuno dei siluri va a segno, così come è infruttuoso il contrattacco della scorta (l’ultima bomba di profondità viene gettata alle 18.25).
18 marzo 1942
Il convoglio, raggiunto in mattinata dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari (inviata incontro da Tripoli), giunge a Tripoli alle 15.15.
Alle 19.30  Malocello, Vivaldi, PessagnoZenoPallade ripartono da Tripoli per scortare a Napoli le motonavi Nino Bixio e Monreale. Il convoglio segue le rotte del Canale di Sicilia.
19 marzo 1942
In serata Malocello e Vivaldi lasciano il convoglio, diretti a Trapani, dove giungono alle 19. Il resto del convoglio arriverà regolarmente a Napoli l’indomani.
8 aprile 1942
Malocello e Vivaldi vengono dislocati a Trapani in preparazione della posa del campo minato «S 5» nel Canale di Sicilia. Il piano di posa di tale sbarramento è stato più volte modificato e ridimensionato, per via del mutare delle unità disponibili e delle condizioni generali; alla fine, data la situazione favorevole in Mediterraneo (Mediterranean Fleet ridotta al lumicino dopo la notte di Alessandria, Malta ridotta allo stremo dai bombardamenti aerei) e l’avanzata ricominciata in Nordafrica, che spingono a ritenere inopportuno distogliere troppe navi dalla scorta ai convogli, si è optato per un totale di due linee di mine, composte da 180 ordigni ciascuna, posate da Malocello e Vivaldi (90 mine ciascuno) in due fasi successive.
11 aprile 1942
Malocello e Vivaldi salpano da Trapani alle 9.15 per posare la spezzata «S 51» dello sbarramento «S 5»; la posa avviene regolarmente tra le 11.15 e le 11.40, e già alle 15.30 le due unità sono nuovamente a Trapani, dove imbarcano subito altre 180 mine.
12 aprile 1942
Caricate le mine, Malocello e Vivaldi ripartono da Trapani alle 4.55 per posare la spezzata «S 52». Le mine vengono posate tra le 7.12 e le 7.34, senza intoppi, dopo di che i due cacciatorpediniere tornano a Trapani e ricevono ordine di prepararsi per una nuova missione: la posa degli sbarramenti «M 5», «M 6» e «M 8» a sud di Malta.

Il Malocello durante una missione di posa di mine, in una foto scattata dal Vivaldi (g.c. Adriano Pasqua)

18 aprile 1942
Malocello e Vivaldi, dopo aver caricato le 156 mine (96 tipo Elia e 60 tipo P 200) destinate allo sbarramento «M 5», lasciano Trapani per eseguire la posa. Lasciata Trapani, le due navi dirigono immediatamente per passare vicino a Pantelleria; da quell’isola, invece di dirigersi subito verso la zona in cui posare le mine, fanno rotta per Linosa, allo scopo di ridurre al massimo la navigazione stimata (da 140 miglia a 80) e di sfruttare il faro di Linosa per determinare la posizione con maggiore precisione.
19 aprile 1942
Intorno alle 00.04 Malocello e Vivaldi iniziano a vedere, verso Malta, accensione di proiettori, bengala e scoppi di proiettili contraerei: si tratta di un’incursione aerea “di disturbo” concertata con la Luftwaffe, che la esegue durante la posa. Terminata la posa, gli uomini del Malocello addetti all’operazione si radunano a centro nave, dove assistono allo spettacolo dei proiettori di Malta che frugano vanamente il cielo. In precedenza il comandante Leoni avvista sullo scoglio di Filfola un faro rosso che ripete a più riprese, in codice morse, il segnale “HX”, ma non accade null’altro.
Alle 2.26 i due cacciatorpediniere, dispostisi in linea di rilevamento, iniziano a posare le mine, su due file, con gli ordigni sfalsati; alle 2.55 la posa è regolarmente conclusa e le due unità accelerano a 25 nodi, fanno rotta su Linosa e, determinata con precisione la posizione, dirigono su Augusta, dove arrivano alle 11.35.
20 aprile 1942
In mattinata Malocello e Vivaldi imbarcano ad Augusta le mine destinate allo sbarramento «M 7» (156 P 200, di cui 136 con antenna e 20 senza), ed alle 13.45 salpano per effettuare la posa, deviando nuovamente verso Linosa per gli stessi motivi della missione precedente.
21 aprile 1942
Alle 00.43 le due navi avvistano un bombardiere Bristol Blenheim, proveniente da Malta, puntare verso di loro volando a circa 250 metri, sorvolarla nel senso della rotta e poi sparire in direzione di Malta. Subito dopo, sia il Malocello che il Vivaldi intercettano diverse comunicazioni radio aventi tutta la medesima caratteristica, e che ritengono dunque provenire dall’aereo: dato che con ogni probabilità esso ha comunicato a Malta l’avvistamento, la rotta e la velocità delle due navi, la segretezza necessaria alla riuscita della posa è del tutto sfumata. All’1.05, pertanto, il comandante del Vivaldi (capo formazione, capitano di vascello Mario Mezzadra) ordina d’invertire la rotta e tornare ad Augusta, dove entrambi arrivano alle 10.25.
Sbarcate le mine, Malocello e Vivaldi ricevono l’ordine di trasferirsi, rispettivamente, a Napoli e Messina.
La posa degli sbarramenti «M 7» e «M 8» viene rimandata a data da definirsi, ma in realtà non verrà più eseguita; lo sbarramento «M 5» finirà con l’essere l’ultimo campo minato posato da navi italiane nelle acque di Malta.
26 aprile 1942
Malocello e Premuda (caposcorta) partono da Napoli alle 3.30 per scortare a Tripoli le moderne motonavi Unione e Monreale.
Alle 4 il convoglio si dispone in linea di fila nell’ordine Premuda-Unione-Monreale-Malocello, ma alle 5.10 l’Unione viene colta da un’avaria al timone; il guasto può comunque essere riparato, e la nave riprende il suo posto nella formazione. Alle 5.35 il convoglio passa nella formazione in linea di fronte, con da dritta a sinistra Premuda, Unione (regolatrice), Monreale e Malocello.
Alle 10.15 vengono avvistati cinque aerosiluranti italiani, che eseguono un attacco simulato contro il convoglio a scopo di esercitazione.
Alle 16.40 raggiunge il convoglio la torpediniera Castore, inviata per rinforzare la scorta, che si pone in testa alla formazione. Alle 16.45 il caposcorta ordina di assumere la formazione in linea di fila, ma durante la manovra l’Unione subisce nuovamente un’avaria al timone ed accosta bruscamente a sinistra, rischiando la collisione con la Monreale, che la evita con pronta virata a dritta. Siccome l’Unione continua a girare in tondo, non riuscendo a riparare l’avaria, il caposcorta decide di dirottarla su Palermo, con la scorta della Castore; il resto del convoglio prosegue a 15 nodi.
Verso le 22.55 alcune navi sentono rumore di aerei, ed alle 23.58 il caposcorta annuncia che alle 22.30 il convoglio è stato avvistato da un aereo nemico.
27 aprile 1942
Alle 2.50 ha inizio il primo attacco aereo. In quel momento, il convoglio procede in linea di fronte (Monreale al centro, Malocello a sinistra, Premuda a dritta) su rotta vera 166°; il cielo è sereno, il mare quasi calmo, la visibilità ottimale. Un aereo sgancia alcune bombe contro la Monreale (che accosta a dritta per evitarlo), mancandola di poco e causando una leggera avaria del timone, che però riprende subito a funzionare; al contempo, il Malocello inverte la rotta a sinistra e comunica alla motonave “Aerei da levante”. Si sentono altri rumori di aerei da est verso le 3.10, ma alle 3.26 l’attacco può dirsi concluso, praticamente senza danni, ed il Premuda ordina di riprendere la navigazione normale sulla rotta precedentemente seguita.
La luna tramonta alle 4.05, e due minuti dopo ha inizio un secondo attacco aereo: nel cielo attorno al convoglio si accendono alcuni bengala, ed il Premuda si avvicina alla Monreale per coprirla con cortine fumogene, come concordato in precedenza. Durante l’attacco, la Monreale apre il fuoco con le sue mitragliere e subisce un’avaria al timone, che però riprende a funzionare dopo pochi minuti. Mentre altri bengala si accendono nel cielo, a gruppi di quattro, andando a formare una cortina piuttosto estesa, Malocello e Premuda emettono cortine fumogene; nelle loro manovre, però, finiscono con l’allontanarsi dalla motonave, che rimane al di fuori delle loro cortine e deve rinunciare ad avvicinarsi ad essi in quanto, per farlo, dovrebbe attraversare proprio la zona più illuminata dai bengala. La Monreale manovra invece per allontanarsi da tale zona; in questa fase, a circa dieci minuti dall’inizio dell’attacco, diversi bengala si accendono proprio sopra la cortina nebbiogena stesa dai cacciatorpediniere, che essendo bianca risulta molto visibile. Alle 4.21 si spegne l’ultimo bengala, e subito dopo un aerosilurante attacca infruttuosamente il Premuda, che reagisce con le mitragliere. L’attacco è concluso, ed il convoglio torna ad assumere la formazione originaria per proseguire la navigazione.
Nelle ore successive, la Monreale continua ad essere tormentata da problemi al timone: questo va in avaria alle 5.15, poi riprende a funzionare, poi fa nuovamente avaria a più riprese, per poi smettere di funzionare definitivamente alle 5.30. Alle 5.37 la motonave passa al timone a mano, sistema col quale proseguirà fino all’arrivo a destinazione.
Malocello, Premuda e Monreale entrano a Tripoli alle 20.45. La Monreale porta a destinazione un carico di 3898,682 tonnellate di rifornimenti, tra cui 137 automezzi (72 italiani e 65 tedeschi), 16 carri armati italiani, 6 cannoni (quattro italiani e due tedeschi), munizioni, provviste, vestiario, olio minerale e materiali vari.
30 aprile 1942
Malocello e Premuda (caposcorta) lasciano Tripoli alle 19 per scortare a Napoli le motonavi Gino Allegri ed Agostino Bertani.
2 maggio 1942
Il convoglio giunge a Napoli alle 6.15.


Un’altra foto della nave (da www.digilander.libero.it)

17 maggio 1942
Malocello e Pessagno salpano da Napoli per Bengasi alle 9.30, scortando gli incrociatori ausiliari Città di Napoli e Città di Tunisi.
Alle 16 si unisce alla scorta la torpediniera Circe, inviata da Messina, ed alle 23.45 sopraggiunge da Messina anche il Vivaldi, che diviene caposcorta.
19 maggio 1942
Il convoglio raggiunge Bengasi alle 7.45. Lo stesso giorno, dopo aver sbarcato il loro carico, Città di Napoli e Città di Tunisi ripartono per Napoli (formando il convoglio «B») con la scorta di Malocello e Vivaldi (caposcorta).
20 maggio 1942
Alle 7.40 si unisce alla scorta la torpediniera Circe. Alle 9.15 un sommergibile attacca infruttuosamente il convoglio con lancio di siluri.
21 maggio 1942
Il convoglio arriva a Napoli alle 6.
26 maggio 1942
Malocello, Vivaldi (caposcorta) ed Usodimare partono da Napoli per Bengasi alle 9.30, insieme alla torpediniera Lince, scortando il convoglio «F», composto dagli incrociatori ausiliari Città di Genova, Città di Napoli ed al Città di Tunisi.
27 maggio 1942
A Messina, alle due di notte, la Lince viene sostituita dal cacciatorpediniere Turbine.
Il convoglio subisce due attacchi di sommergibili, alle 18.40 ed alle 19, ma nessuna nave viene colpita.
28 maggio 1942
Il convoglio «F» arriva a Bengasi alle 10.30.
MalocelloVivaldi (caposcorta), Usodimare e Turbine ripartono da Bengasi alle 10.40, sempre scortando le stesse tre navi del convoglio «F».
19 maggio 1942
Alle 10 il Turbine lascia il convoglio.
30 maggio 1942
Il convoglio «F» raggiunge Napoli alle 13.30.
5 giugno 1942
Malocello e Vivaldi (capo sezione) partono da Napoli per Tripoli alle 18.30 in missione di trasporto, avendo a bordo un reparto organico del Regio Esercito composto in tutto da 600 uomini.
La torpediniera Cigno accompagna le due navi fino a Lampedusa, poi viene avvicendata dalla gemella Polluce, uscita da Tripoli.
6 giugno 1942
Malocello e Vivaldi arrivano a Tripoli alle 19.
7 giugno 1942
Malocello, Vivaldi (caposcorta) e la torpediniera Polluce ripartono da Tripoli per Napoli alle 22. 20 (o 23), di scorta alle motonavi italiane Rosolino Pilo e Lerici ed alla tedesca Reichenfels. Le navi formano il convoglio «K».
8 giugno 1942
Alle 17.25 il convoglio «K», al largo di Ras Iddah, ne incontra un altro proveniente da Palermo e diretto a Tripoli, con il piroscafo Numidia e la nave cisterna Caucaso scortate dalle torpediniere Castore e Clio. La Polluce, come prestabilito, passa al convoglio nuovo arrivato, assumendone il comando, mentre il «K» prosegue verso la sua destinazione.
9 giugno 1942
Il convoglio giunge a Napoli a mezzogiorno (od alle 14.35).
13 giugno 1942
Il Malocello ed il resto della XIV Squadriglia (Vivaldi e Zeno), per ordine dell’ammiraglio Luigi Sansonetti (sottocapo di Stato Maggiore della Marina), lasciano Napoli alle 11 per trasferirsi a Messina, dove devono arrivare alle 19. Successivamente viene loro ordinato di raggiungere invece Palermo, dove danno fondo alle 17.
14 giugno 1942
In mattinata i comandanti del Malocello e delle altre unità della X e XIV Squadriglia Cacciatorpediniere e della VII Divisione Navale vengono convocati a rapporto dall’ammiraglio di divisione Alberto Da Zara sull’incrociatore leggero Eugenio di Savoia, sua nave di bandiera. Le navi, al comando di Da Zara, dovranno salpare in serata per attaccare un convoglio con rifornimenti in navigazione da Gibilterra a Malta nell’ambito dell’operazione britannica «Harpoon».
Dopo che una precedente operazione di rifornimento di Malta svoltasi nel marzo 1942 (e sfociata nell’inconclusivo scontro navale della seconda battaglia della Sirte) si è conclusa con la perdita, causata dagli attacchi aerei, di 24.000 delle 25.000 tonnellate di rifornimenti inviati, la situazione dell’isola è divenuta molto critica: in maggio si è dovuto introdurre il razionamento dei viveri, e le calorie fornite quotidianamente alla guarnigione sono state dimezzate (da 4000 a 2000) mentre per la popolazione civile la riduzione è stata ancora più marcata (1500 calorie).
I comandi britannici, pertanto, hanno programmato per metà giugno una duplice operazione di rifornimento, articolata su due sotto-operazioni: “Harpoon”, il cui convoglio partirà da Gibilterra, e “Vigorous”, che partirà invece da Alessandria. Quest’ultima consiste nell’invio di un convoglio di undici navi mercantili, scortati da sette incrociatori leggeri, un incrociatore antiaereo, 26 cacciatorpediniere, 4 corvette, due dragamine, quattro motosiluranti e due navi soccorso, in aggiunta alla vecchia nave bersaglio Centurion, una ex corazzata camuffata di nuovo, per l’occasione, da corazzata nel tentativo – fallito – di far credere ai ricognitori italiani che la scorta includa appunto anche una nave da battaglia. Contro “Vigorous” prenderà il mare il grosso della flotta da battaglia italiana, al comando dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino.
Il convoglio dell’operazione “Harpoon”, partito da Gibilterra il 12 giugno, è invece composto da sei navi mercantili: i piroscafi britannici Burdwan, Orari e Troilus, la motonave olandese Tanimbar, la motonave statunitense Chant e la nuovissima nave cisterna statunitense Kentucky, che trasportano in tutto 43.000 tonnellate di rifornimenti. La scorta diretta del convoglio, denominata Forza X, consiste nell’incrociatore antiaerei Cairo (capitano di vascello Cecil Campbell Hardy, comandante della Forza X), nei cacciatorpediniere di squadra Bedouin, Marne, Matchless, Ithuriel e Partridge (appartenenti alla 11th Destroyer Flotilla), nei cacciatorpediniere di scorta (classe “Hunt”) Blankney, Badsworth, Middleton e Kujawiak (appartenenti alla 19th Destroyer Flotilla), nei dragamine Hebe, Speedy, Hythe e Rye ed in sei “motolance” impiegate per il dragaggio (ML-121, ML-134, ML-135, ML-168, ML-459, ML-462). Tutte le unità della scorta sono britanniche con l’eccezione del Kujawiak, che è Polacco.
In aggiunta alla scorta diretta, nel primo tratto della navigazione (da Gibilterra fino a poco prima dell’imbocco del Canale di Sicilia) il convoglio è accompagnato anche da una poderosa forza di copertura, la Forza W del viceammiraglio Alban Curteis: la compongono la corazzata Malaya, le portaerei Eagle ed Argus, gli incrociatori leggeri Kenya (nave ammiraglia di Curteis), Charybdis e Liverpool ed i cacciatorpediniere Onslow, Icarus, Escapade, Wishart, Antelope, Westcott, Wrestler e Vidette.
Nella giornata del 14 giugno, le navi di “Harpoon” iniziano a subire i primi attacchi da parte degli aerei dell’Asse: aerosiluranti Savoia Marchetti S.M. 79 “Sparviero” della Regia Aeronautica affondano la motonave Tanimbar e silurano l’incrociatore leggero Liverpool, danneggiandolo gravemente e costringendolo a rientrare in porto. Il resto della formazione prosegue fino all’imbocco del Canale di Sicilia; qui (alle 20.15), come previsto, la Forza W di Curteis inverte la rotta e dirige per rientrare a Gibilterra, lasciando proseguire verso Malta il convoglio con la scorta della Forza X di Hardy.
Supermarina ha ricevuto le prime notizie su “Harpoon” alle 7.55 del 12 giugno, quando informatori di base nella zona di Gibilterra hanno comunicato la partenza da Gibilterra di una poderosa squadra navale composta da Malaya, Eagle, Argus, almeno tre incrociatori e numerosi cacciatorpediniere (la Forza W), diretta verso est, nonché il passaggio nello stretto, a fanali spenti, di numerose navi provenienti dall’Atlantico. Il Comando della Marina italiana ha correttamente ipotizzato che sia dunque in navigazione da Gibilterra a Malta un grosso convoglio proveniente dall’Atlantico, impressione confermata dai successivi avvistamenti della ricognizione aerea. Per contrastare tale convoglio, Supermarina mette a punto un piano che prevede: l’invio di un ampio schieramento di sommergibili nel Mediterraneo occidentale; la dislocazione di torpediniere e MAS in agguato nel Canale di Sicilia; la cooperazione con la Regia Aeronautica affinché il convoglio sia pesantemente attaccato da aerei a sud della Sardegna, indebolendone la scorta; e l’invio di una formazione navale leggera, particolarmente adatta ad un combattimento in acque circoscritte ed insidiate, per attaccare il convoglio a sorpresa all’alba del 15. Quest’ultimo compito è appunto affidato alle navi dell’ammiraglio Da Zara.
Il Malocello (capitano di fregata Mario Leoni) salpa pertanto da Palermo alle 19.24 insieme al resto della XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (Ugolino VivaldiNicolò Zeno), alla X Squadriglia (Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti ed Ascari) ed alla VII Divisione Navale (incrociatori leggeri Raimondo Montecuccoli ed Eugenio di Savoia, al comando dell’ammiraglio Da Zara, imbarcato sull’Eugenio), per partecipare alla battaglia aeronavale di Mezzo Giugno.
Nelle ore successive si unirà alla formazione anche il cacciatorpediniere Premuda, proveniente da Trapani.
Gli ordini per il gruppo dell’ammiraglio Da Zara sono di trovarsi alle 5 del mattino del 15 giugno cinque miglia a sud di Pantelleria, in modo da attaccare il convoglio dopo che esso sarà passato nel Canale di Sicilia, evitando di impegnarsi con forze superiori.
Subito dopo la partenza del gruppo da Palermo, tuttavia, Zeno e Gioberti subiscono avarie di macchina non riparabili con i mezzi disponibili, e sono dunque costretti a tornare indietro; il numero dei cacciatorpediniere viene così ridotto da sette a cinque (compreso il Premuda, aggregatosi poco dopo). Le navi sono scortate da una sezione di caccia FIAT CR. 42. I due incrociatori procedono in linea di fila, Eugenio in testa e Montecuccoli in coda, con Malocello e Vivaldi sulla dritta, Premuda sulla sinistra ed Ascari e Oriani a proravia della formazione.
Alle 20.25, al largo di Palermo, il gruppo di Da Zara viene avvistato da un ricognitore britannico, che tuttavia non riesce a seguirlo per verificare quale debba essere la sua definitiva direttrice di marcia. L’ammiraglio Ralph Leatham, comandante della base navale di Malta, stima erroneamente che le navi di Da Zara siano dirette verso est per ricongiungersi con il grosso delle forze italiane (corazzate Littorio e Vittorio Veneto, incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta e Giuseppe Garibaldi e dieci cacciatorpediniere della VII, XI e XIII Squadriglia) uscite da Taranto e dirette contro l’altro convoglio britannico diretto a Malta, «Vigorous», proveniente da Alessandria. Di conseguenza, si limita ad inviare aerei a pattugliare lo Stretto di Messina ed a preparare a Malta un reparto di aerosiluranti, da far decollare qualora la formazione venisse ritrovata dai ricognitori.
L’ammiraglio Curteis, che sta navigando verso Gibilterra, viene a sapere dell’avvistamento (proprio da Letham) alle 22.15. Dopo aver valutato la possibilità di dover rinforzare la Forza X, che conta soltanto su di un incrociatore contraereo e nove cacciatorpediniere, Curteis decide di non mandare rinforzi, perché anche lui non pensa che le navi di Da Zara intendano far rotta verso ovest per attaccare il convoglio di notte, né che intendano entrare nella zona in cui esso verrà a trovarsi all’alba, in quanto crede che le navi italiane ne rimangano alla larga per restare fuori del raggio degli aerei di Malta. Considerando che in precedenza (prima e seconda battaglia della Sirte) formazioni di consistenza non molto maggiore della Forza X avevano saputo tenere gruppi italiani di maggior potenza lontani dai convogli, Curteis decide di non distaccare alcun incrociatore per rinforzare la Forza X anche perché così facendo indebolirebbe la sua Forza W nel momento in cui questa verrebbe a trovarsi nel raggio d’azione dell’aeronautica della Sardegna.
Contrariamente alle aspettative di Letham e Curteis, il gruppo di Da Zara è invece diretto verso ovest proprio con l’intento di attaccare il convoglio di «Harpoon» alle luci dell’alba. La navigazione notturna delle navi italiane si svolge senza che si verifichino eventi di rilievo; alle 23.50 l’ammiraglio Da Zara viene informato che la corazzata e le portaerei (la Forza W) hanno invertito la rotta al tramonto, ed alle 23.52 Supermarina precisa la composizione del convoglio in 4-6 mercantili, scortati da 1-2 incrociatori e 10 cacciatorpediniere.
15 giugno 1942
Alle due di notte appaiono in cielo due bengala, che illuminano il mare con la loro luce rossastra. Il mare è calmissimo, con atmosfera limpida e cielo stellato. Alle 2.52 Supermarina informa Da Zara che il convoglio potrebbe essere in leggero anticipo.
Alle tre di notte, superata Marettimo, vengono viste delle campe di cannonate in direzione di Capo Bon: le unità della Forza X, di scorta al convoglio di “Harpoon”, stanno infatti sparando contro illusori avvistamenti di MAS e torpediniere italiane, dirette ad attaccare il convoglio, che credono di vedere nel buio della notte. In realtà, nessuna unità italiana di alcun tipo si trova nei pressi del convoglio: il cacciatorpediniere Ithuriel cannoneggia quella che ritiene una torpediniera italiana ma si rivela poi essere il relitto incagliato del cacciatorpediniere britannico Havock, qui arenatosi il precedente 6 aprile; il dragamine Rye ed altre unità sparano contro immaginarie motosiluranti italiane, ma non è altro che uno scherzo giocato ai marinai britannici dall’effetto combinato della tensione e dell’oscurità (caso non isolato nella guerra sul mare).
Alle quattro del mattino appare all’orizzonte Pantelleria, e mezz’ora dopo gli equipaggi italiani passano dal posto di combattimento notturno al posto di combattimento generale. Vengono alzate le bandiere di combattimento.
Alle 4.35, con l’approssimarsi della zona in cui è ritenuto probabile l’incontro col nemico, l’ammiraglio Da Zara dispone la X Squadriglia Cacciatorpediniere (Oriani, Ascari e Premuda) a proravia degli incrociatori, e la XIV Squadriglia (Malocello e Vivaldi) a poppavia. Ciò perché le navi della XIV Squadriglia sono le meno veloci della formazione: di conseguenza, Da Zara pensa di utilizzarli per attaccare i lenti mercantili, mentre gli incrociatori e la X Squadriglia impegneranno la scorta. Alle 4.40 viene assunta rotta 180°, ed alle 5.05 la velocità viene portata a 24 nodi.
Il convoglio britannico, nel mentre, procede con i mercantili disposti su due colonne precedute dal Cairo, con i cinque cacciatorpediniere di squadra della 11th Destroyer Flotilla (Bedouin in testa) in posizione di scorta sulla dritta, ed i quattro cacciatorpediniere di scorta della 12th Destroyer Flotilla (Blankney in testa) sulla sinistra, mentre tutti i dragamine sono a poppavia della formazione.
Poco dopo, le navi italiane vengono avvistate da un caccia Bristol Beaufighter, decollato da Malta e diretto incontro alla Forza X per assumerne la scorta aerea, il quale alle 5.20 comunica al Cairo che due incrociatori e quattro cacciatorpediniere sono a 15 miglia di distanza, al traverso a sinistra. In quel momento il convoglio si trova 25 miglia a sudovest di Pantelleria e procede a 12 nodi su rotta 130°. Pochi minuti dopo, anche il Cairo avvista in direzione 75° le navi italiane, identificandole come due incrociatori leggeri tipo “Condottieri” e cinque cacciatorpediniere, distanti dieci miglia e con rotta stimata 150°. Alle 5.31 l’incrociatore britannico comunica l’avvistamento al resto del convoglio, e dà al Bedouin libertà di movimento per attaccare la formazione italiana con gli altri cacciatorpediniere di squadra. Con questa mossa, Hardy intende tenere a distanza le navi italiane e guadagnare tempo mentre il Cairo e gli “Hunt” coprono i mercantili con cortine nebbiogene e li dirottano verso la costa della Tunisia (alle 5.45, infatti, il convoglio riceve ordine di accostare verso la costa). La posizione rispetto al sole, che sta sorgendo alle spalle delle navi italiane, è favorevole ai britannici, in quanto questi ultimi sono ancora protetti da una relativa oscurità, mentre le sagome delle unità di Da Zara si stagliano contro il sole che sorge.
Da parte italiana, la VII Divisione viene raggiunta dalla prima pattuglia di aerei da caccia alle 5.20, e dieci minuti dopo avvista la Forza X su rilevamento 270°, ad una distanza stimata di 20 km. Da Zara stima la composizione del convoglio nemico in 6 piroscafi, 12 tra cacciatorpediniere e corvette e due incrociatori; portata la velocità da 24 a 28 nodi alle 5.36, Eugenio e Montecuccoli aprono il fuoco alle 5.39. In realtà i due “incrociatori” sono i due cacciatorpediniere di testa della 11th Flotilla, Bedouin e Partridge, che le loro grosse dimensioni e la distanza hanno tratto in inganno l’ammiraglio Da Zara.
Mentre la 11th Flotilla si porta a proravia del convoglio e va all’attacco, il Cairo e la 12th Flotilla rispondono al fuoco solo alle 5.50, perché i loro cannoni (sono armati con pezzi da 102 mm, contro i 152 della VII Divisione) non hanno una gittata sufficiente per poter rispondere prima in modo efficace.
Alle 5.44 l’ammiraglio Da Zara, avendo ulteriormente accelerato fino a 32 nodi alle 5.38, accosta verso il convoglio per ridurre le distanze e sparare più efficacemente. Bersaglio principale del tiro italiano sono il Bedouin (capitano di fregata Bryan Gouthwaite Scurfield, capoflottiglia della 11th Flotilla) e gli altri caccia della 11th Flotilla che stanno andando al contrattacco.
Alle 5.48 il Vivaldi (capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni, caposquadriglia della XIV Squadriglia) comunica a Da Zara – come del resto gli aveva già riferito la sera precedente, prima di partire – che la XIV Squadriglia non può superare i 28 nodi di velocità, il massimo che il Malocello riesca a raggiungere (secondo alcune fonti, ciò sarebbe dovuto ad un’avaria di macchina del Malocello, ma più probabilmente è dovuto al logorio dell’apparato motore, causato dall’intenso servizio di scorta e di posa mine e dal continuo rinvio dei lavori di manutenzione), e sta scadendo di poppa agli incrociatori; l’ammiraglio, non volendo ridurre la velocità di tutta la sua formazione proprio mentre è in corso l’attacco della 11th Flotilla, ordina pertanto a Vivaldi e Malocello, alle 5.50, di attaccare le navi mercantili, come aveva già pianificato. Con le altre sue navi, Da Zara si propone di tagliare la rotta al nemico, aggirarlo ed attaccare il convoglio sull’altro lato.
La decisione di Da Zara di accelerare a 32 nodi, facendo così scadere i cacciatorpediniere rispetto agli incrociatori, e quella conseguente di distaccare Malocello e Vivaldi dal resto della sua formazione per attaccare direttamente il convoglio, saranno in seguito oggetto criticate dall’ammiraglio Iachino, superiore di Da Zara, che considererà inopportuna tale divisione delle forze subito prima dell’attacco. Anche il comandante Leoni, nelle sue memorie pubblicate nel dopoguerra (“Sangue di marinai”), criticherà il comandante della VII Divisione, accusandolo in sostanza di aver cercato per sé la gloria lanciandosi contro la scorta per affondare qualche nave da guerra, e lasciando ai due soli cacciatorpediniere della XIV Squadriglia il compito, più importante ai fini dell’obiettivo finale, di attaccare il convoglio, compito ineseguibile data la disparità di forze tra i due cacciatorpediniere della XIV Squadriglia ed i quattro “Hunt” appoggiati anche dai dragamine (occorre però dire che Da Zara aveva sovrastimato la composizione della scorta, scambiando alcuni dei grossi cacciatorpediniere classe “Tribal” per incrociatori, e che la sua decisione di affrontare prima la scorta era legata alla necessità di neutralizzare prima quella che riteneva essere una grave minaccia per la VII Divisione).
Malocello e Vivaldi si dirigono subito verso i fumi del convoglio, aprendo il fuoco da 18.000 metri contro le sagome dei mercantili che appaiono saltuariamente in mezzo alla nebbia artificiale; diversi colpi cadono in mezzo al convoglio ed inquadrano la motonave statunitense Chant, cadendo molto vicini ad essa ma senza colpirla. Alle 5.54 i quattro “Hunt” rimasti a proteggere il convoglio (Blankney, Badsworth, Middleton e Kujawiak, i primi tre britannici ed il quarto polacco), spuntati all’improvviso dalla cortina nebbiogena, avvistano i due cacciatorpediniere italiani in avvicinamento; le due unità britanniche in posizione più avanzata aprono subito il fuoco da 16.500 metri (la gittata massima dei loro cannoni), ma il loro tiro risulta corto ed inefficace. Si uniscono poi al tiro anche gli altri due “Hunt”, ed al contempo (sempre alle 5.54) anche due dei cacciatorpediniere di squadra, il Marne ed il Matchless, pur continuando a dirigere incontro alla VII Divisione, spostano di propria iniziativa il tiro sulle unità della XIV Squadriglia, ritenute una minaccia più immediata per le navi del convoglio. Il Marne tira contro il Malocello, il Matchless contro il Vivaldi, entrambi da circa 16.500 metri di distanza. Vivaldi e Malocello, che stanno tentanto di aggirare il convoglio da sud, si vengono così a trovare sotto il fuoco di ben sei cacciatorpediniere britannici (secondo il volume dell’U.S.M.M. sulle azioni navali in Mediterraneo dall’1.4.1941 all’8.9.1943, di ben nove cacciatorpediniere, perché avrebbero aperto il fuoco contro di essi anche tutte le unità della 11th Flotilla); ciononostante, proseguono in direzione del convoglio.
Alle 5.58 Malocello e Vivaldi sparano a loro volta contro gli “Hunt”, che sbarrano loro la strada, ritenendo a torto di aver colpito con un proiettile la terza unità della formazione (il Badsworth), che viene vista accostare, seguita per imitazione in tale manovra dal Kujawiak (quarto ed ultimo “Hunt” della formazione, segue il suo capo sezione senza aver ancora potuto aprire il fuoco; alcuni colpi cadono nei suoi pressi, ma senza colpirlo). Innumerevoli colpi esplodono tutt’attorno al Malocello, sollevando colonne d’acqua che ricadono in coperta, ma la nave non subisce danni.
Alle 5.59, essendo violentemente bersagliati da Marne e Matchless e non ritenendo possibile serrare ulteriormente le distanze col convoglio, che sta dirigendo verso la costa tunisina, Malocello e Vivaldi lanciano ciascuno rispettivamente uno e due siluri contro il convoglio, da circa 5800 metri di distanza. Il Malocello lancia il suo siluro contro una nave apparsa nella nebbia, che ritiene essere un cacciatorpediniere: è infatti il Kujawiak, che cinque minuti dopo eviterà il siluro con la manovra.
Dopo il lancio, le due navi della XIV Squadriglia continuano a sparare sui mercantili, quando questi appaiono in mezzo alla nebbia, e contro i cacciatorpediniere britannici, che per parte loro seguitano a bersagliarli con un fuoco molto intenso e centrato.
Successivamente gli “Hunt” vengono richiamati dal Cairo, il cui comandante ordina loro di raggiungerlo a tutta forza, e si allontanano verso sud, così Malocello e Vivaldi alternano il loro tiro tra i mercantili ed il Marne.
Alle 6.05 le navi italiane vedono un’alta fiammata ed una colonna di fumo al di là della cortina fumogena, ritenendo di conseguenza che uno dei mercantili sia stato silurato; in realtà uno dei bastimenti è stato effettivamente colpito, ma da bombe sganciate dagli aerei (probabilmente si tratta del Chant, anche se vi sarebbe qualche incongruenza relativa all’orario).
Alle 6.07 il Vivaldi viene colpito da un proiettile del Matchless nella sala macchine prodiera: la nave subisce gravi danni, ed a bordo si scatena rapidamente un violento incendio, che alle 6.15 diventa pressoché incontrollabile, costringendo il Vivaldi a ridurre di molto la velocità, mentre il Malocello riduce a sua volta la velocità a 7 nodi e stende cortine nebbiogene per proteggerlo. Nel mentre, alle 6.10, i due caccia della XIV Squadriglia vedono un’esplosione su un cacciatorpediniere britannico, che inverte la rotta facendo fumo: un proiettile del Premuda è appena scoppiato vicinissimo al cacciatorpediniere Ithuriel, danneggiandolo in modo lieve. Nella confusione del momento, tuttavia, gli equipaggi di Malocello e Vivaldi credono di essere stati loro a colpire l’unità nemica.
Alle 6.20 il vento fa uscire Malocello e Vivaldi dalla cortina fumogena da essi stesa; il capoflottiglia degli “Hunt” (capitano di fregata P. F. Powlett, del Blankney) ordina allora a Badsworth e Kujawiak – che sono rimasti arretrati a causa dell’accostata in fuori eseguita mentre erano inquadrati dal tiro della XIV Squadriglia – di dirigersi contro di essi, considerandoli pericolosi per il convoglio. Dato che il Vivaldi sta per fermarsi, tuttavia, entrambe le unità italiane ripiegano di nuovo all’interno della cortina nebbiogena, e poco dopo (6.22) il Vivaldi rimane effettivamente immobilizzato, con un violento incendio a bordo ed anche il timone in avaria.
Badsworth e Kujawiak abbandonano allora la manovra di attacco e riprendono a navigare verso il Cairo, ma alle 6.30 le navi della XIV Squadriglia avvistano l’Ithuriel in avvicinamento da una parte, seguito dal Cairo e dal Matchless, e dall’altra parte il Bedouin (che si trova immobilizzato dopo essere stato colpito dal tiro della VII Divisione) ed il Partridge.
Alle 6.37, Ithuriel, Cairo e Matchless aprono il fuoco contro Vivaldi e Malocello, che rispondono al fuoco; i cacciatorpediniere avversari si avvicinano fino a 4500 metri, concentrandosi sul Vivaldi in difficoltà. Otto colpi cadono in mare tutti insieme a soli trenta metri dalla prua del Malocello (il quale, essendo il Vivaldi nascosto dalla cortina fumogena, è divenuto il bersaglio principale, ma continua a non essere colpito). Il caposquadriglia Castrogiovanni, del Vivaldi, ordina al comandante Leoni del Malocello di abbandonarlo e disimpegnarsi con la sua nave («Abbandonatemi et allontanatevi alt Vivaldi»), ma il Malocello invece evoluisce intorno al caposquadriglia immobilizzato per nasconderlo con ulteriori cortine fumogene, continuando intanto a fare fuoco sul nemico, dopo di che va al contrattacco, lanciando due siluri da 7000 metri contro un incrociatore e sparando coi cannoni contro un cacciatorpediniere. Secondo la ricostruzione di Enrico Cernuschi in un suo articolo su “Storia Militare” n. 205 e 206, l’incrociatore oggetto del lancio del siluro sarebbe stato il Cairo, ed il cacciatorpediniere contro cui il Malocello sparò era l’Ithuriel (che tre minuti dopo evitò un siluro con la manovra); Vincent P. O’Hara, nel suo libro “In Passage Perilous” ritiene invece che il contrattacco del Malocello non sia stato diretto contro Cairo ed Ithuriel, bensì contro Blankney, Badsworth, Middleton e Kujawiak, emersi in quel momento da una cortina nebbiogena.
(Nel suo rapporto telegrafico, inviato a Supermarina alle 18.20, Da Zara stimerà erroneamente che il Malocello abbia silurato un incrociatore ed un cacciatorpediniere durante la battaglia).
Il comandante Hardy del Cairo, ritenendo che Vivaldi e Malocello costituiscano una minaccia per il convoglio, ordina che quest’ultimo si allontani verso nordovest, manovra però che porterà a notevole perdita di tempo.
Malocello e Vivaldi hanno poi uno scambio di cannonate con Bedouin e Partridge: alle 6.45 il Malocello concentra il suo tiro sul Bedouin, ed il Partridge comunica per errore al Cairo che esso sta attaccando il convoglio; pertanto, alle 6.48 il comandante Hardy ordina ai quattro “Hunt” di invertire la rotta e tornare presso il convoglio, per difenderlo dal ritorno dei due cacciatorpediniere della XIV Squadriglia.
Sia il Vivaldi che i cacciatorpediniere britannici lanciano due siluri gli uni contro gli altri, mancando in tutti i casi; il comandante del Vivaldi, credendo che la nave sia perduta, comunica «Combatterò fino all’ultimo. Viva il re!», ma poco dopo le navi britanniche abbandonano il loro attacco e si allontanano verso sud. Il Vivaldi è salvo: rimessa faticosamente in moto, alle 6.46, la motrice poppiera, inizia a navigare a bassa velocità verso Pantelleria, scortato dal Malocello. Castrogiovanni chiede a Leoni di mandare sul Vivaldi tutti gli estintori disponibili, e di prendere a bordo del Malocello i feriti del Vivaldi.
Nel frattempo, infuria il combattimento tra le altre navi di Da Zara e la scorta britannica al comando di Hardy. Eugenio e Montecuccoli ricevono un colpo ciascuno, ma con danni lievissimi; il Cairo viene anch’esso colpito una volta in modo non grave, mentre subiscono seri danni Bedouin e Partridge, che rimangono immobilizzati. Il Marne, il Matchless e l’Ithuriel subiscono modesti danni da schegge per colpi caduti vicini. Alle 6.18 l’ammiraglio Da Zara, informato della critica situazione del Vivaldi (che in quel momento è ancora immobilizzato e sotto l’attacco di almeno quattro cacciatorpediniere nemici, difeso dal solo Malocello), decide di inviare in suo soccorso tutta la X Squadriglia (capitano di vascello Riccardo Pontremoli dell’Oriani), mentre prosegue l’azione con i soli incrociatori.
Alle 7.55 (per altra fonte, le 7.15) Oriani, Ascari e Premuda raggiungono il Vivaldi ed il Malocello; alle 9.05 Da Zara ordina a Pontremoli di riunirsi alla VII Divisione con le sue unità, lasciandone una a cooperare con il Malocello nella scorta ed assistenza al Vivaldi. Alle 9.30, pertanto, Oriani ed Ascari tornano a ricongiungersi con la VII Divisione, lasciando sul posto il Premuda (capitano di fregata Mario Bartalesi) che, non essendosi potuto rifornire a Trapani, è a corto di carburante.
Nel frattempo, il convoglio britannico è attaccato anche dai velivoli dell’Asse, che approfittano del fatto che buona parte della sua scorta ha dovuto lasciarlo sguarnito per affrontare le navi di Da Zara: aerei italiani e tedeschi affondano il mercantile Chant e danneggiano la nave cisterna Kentucky, che viene presa a rimorchio dal dragamine Hebe. Il Partridge, che è riuscito a rimettere in moto, ha preso a rimorchio il Bedouin. Un successivo attacco aereo immobilizza anche un altro mercantile, il Kentucky.
Gli incrociatori di Da Zara, perso il contatto col convoglio alle 8.15 (avvolto nelle cortine nebbiogene, si è allontanato verso nord), aggirano da sud lo sbarramento di mine 7 AN e poi ritornano verso ovest per intercettare le navi britanniche; alle 11.23 avvistano i fumi degli incendi delle navi colpite dagli aerei, e si dirigono verso di esse. Alle 13.25 un aerosilurante italiano S.M. 79 “Sparviero” affonda l’immobilizzato Bedouin, mentre Burdwan e Kentucky vengono finiti dall’azione combinata di Oriani ed Ascari e da altri attacchi aerei; il dragamine Hebe viene colpito dal tiro italiano. Le navi di Da Zara tentano d’inseguire il Partridge, ma alle 14.20 abbandonano l’inseguimento, dato che le distanze non accennano a diminuire ed anzi aumentano. Ha così termine il combattimento; i due mercantili britannici superstiti, Orari e Troilus, e la loro scorta riusciranno a raggiungere Malta, non prima però di essere finiti su un campo minato (posato tempo addietro da MAS italiani e da S-Boote tedesche), subendo la perdita del cacciatorpediniere polacco Kujawiak ed il danneggiamento dell’Orari, dell’Hebe e dei cacciatorpediniere Matchless e Badsworth.
Quanto alla XIV Squadriglia, alle 6.55 escono da Pantelleria quattro MAS inviati dal comandante di tale Zona Militare Marittima, contrammiraglio Amilcare Cesarano, per fornire protezione a Vivaldi, Malocello e Premuda. In un secondo momento lo stesso ammiraglio Cesarano si reca sul posto con altri due MAS, per verificare di persona la situazione ed i provvedimenti da prendere. Il comandante Leoni, ritenendo inutile la presenza dei MAS, suggerisce loro di andare ad attaccare il convoglio, ma essi rispondono che i loro ordini sono di fornire scorta antisommergibili a Vivaldi e Malocello.
A bordo del Vivaldi, gli incendi divampano furiosamente, nonostante gli sforzi dell’equipaggio per contrastarli; alle 8.30 un MAS si porta sottobordo a Malocello e Premuda per imbarcare tutti gli estintori disponibili sulle due unità e portarli sul Vivaldi, che ha esaurito i suoi. Intanto vengono trasferiti sul Malocello i feriti gravi del Vivaldi, che, mancando una vera e propria infermeria, vengono adagiati sul pavimento della centrale di tiro. I più sono terribilmente ustionati dalle fiamme e dal vapore e, nonostante le cure prestate con i pochi mezzi disponibili a bordo (per le quali viene totalmente esaurito il materiale medico di bordo: le iniezioni di morfina vengono praticate fin quasi al raggiungimento della dose di tossicità, ma spesso questo non è sufficiente), molti di essi, sbarcati a Pantelleria nel pomeriggio, moriranno durante la notte seguente.
Alle 8.50 il Malocello cerca di prendere a rimorchio il Vivaldi, ma il cavo si spezza. Ci prova allora il Premuda (per altra fonte, il Premuda avrebbe preso a rimorchio il Vivaldi fin dalle 7.57), ma alle 9.36 la formazione viene attaccata da quattro aerosiluranti Fairey Albacore (altre fonti parlano, erroneamente, di Fairey Swordfish) dell’828th Squadron della Fleet Air Arm, decollati da Malta insieme a due Bristol Beaufort del 217th Squadron R.A.F. e guidati dal capitano di corvetta A. J. J. Roe. Malocello e Premuda manovrano prontamente per evitare i siluri e girano intorno al Vivaldi, occultandolo con cortine nebbiogene: difatti nessuna delle tre navi viene colpita, benché il Vivaldi sia immobile. Proprio il Malocello è il bersaglio principale dell’attacco: il comandante Leoni vede gli aerosiluranti, provenienti da est, aprirsi a semicerchio (con un angolo di 45° tra ciascuno di essi) in modo da attaccare da direzioni diverse per massimizzare la probabilità di colpirlo, pertanto ordina di mettere le macchine avanti a tutta forza e di aprire il fuoco con tutte le armi di bordo. Gli aerei sganciano i siluri da circa 2000 metri di distanza, ma il Malocello (che ne vede le scie), con rapide manovre a tutta forza, riesce a schivarli tutti: prima accosta verso il primo aereo che ha lanciato, poi – avvistato un secondo siluro sulla dritta – accosta a dritta (uno dei due siluri passa lungo il lato di dritta, così vicino che Leoni può distinguerne chiaramente la testata, dipinta di verde chiaro), infine – avvistati altri due siluri, uno a dritta ed uno a sinistra – mette le macchine indietro tutta. L’ultimo siluro passa a pochi metri, dopo di che l’equipaggio erompe in un applauso per lo scampato pericolo. Le scie dei siluri formano una sorta di stella, il cui centro dista poco più di trenta metri dalla prua del Malocello.
Il rabbioso tiro contraereo di tutte le unità, MAS compresi, ha un ruolo notevole nello sventare l’attacco. (Per altra versione, il Malocello cerca di prendere il Vivaldi a rimorchio alle 9.25, ma il tentativo è in corso quando, alle 9.30, avviene l’attacco degli aerosiluranti: il Malocello, bersaglio principale dell’attacco, deve allora accelerare rapidamente, strappando i cavi di rimorchio – non c’è stato il tempo di mollarli – ed evitando con rapide manovre i quattro siluri. Arriva poi il Premuda, che prende il Vivaldi a rimorchio).
Alle 9.50 si verifica un secondo attacco da parte di sette bombardieri, che sganciano circa 30 bombe da 1500 metri di quota: tutti gli ordigni cadono in mare, a circa un chilometro dal Vivaldi. (In realtà, si saprà in seguito, non sono sette bombardieri ma nove e, soprattutto, sono italiani: nove Savoia Marchetti S.M. 84, che li hanno scambiati per navi nemiche. Già alle 6.30 un bombardiere dell’Asse, in quel caso uno Junkes Ju 88 tedesco del KG 54, aveva sganciato le sue bombe contro il Vivaldi, facendo fortunatamente cilecca anche in quel caso).
Alle 10.15 il Premuda riesce finalmente a prendere il Vivaldi a rimorchio, e dirige a lento moto verso Pantelleria; sul Vivaldi, intanto, gli incendi continuano ad estendersi, e si verificano ripetuti scoppi. Alle 12.18 si uniscono alla formazione due dragamine mandati da Pantelleria, che a loro volta mandano tutti i loro estintori sulla nave in fiamme. Alle 14 le navi giungono nel porticciolo di Scauri, sulla costa sudoccidentale di Pantelleria; l’incendio del Vivaldi ha ormai assunto proporzioni tali da far dubitare della possibilità di salvare la nave, ma alle 16 sopraggiunge un’attrezzatissima bettolina dei pompieri proveniente da Pantelleria.
Alle 16.20 Malocello e Premuda ricevono ordine dall’ammiraglio Da Zara di riunirsi alla VII Divisione ed alla X Squadriglia, che stanno passando in quelle acque mentre rientrano alla base; la loro presenza non è più necessaria. Alle 16.40 anche il comandante Castrogiovanni del Vivaldi conferma  a Malocello e Premuda l’ordine di lasciare la zona. Le fiamme sul Vivaldi verranno infine completamente domate verso le 21.
16 giugno 1942
Malocello, Oriani, Ascari, Eugenio e Montecuccoli arrivano a Napoli alle 11. Il Premuda, su ordine di Supermarina, ha invece raggiunto Trapani.
All’arrivo a Napoli, la folla radunata sulle banchine applaude gli equipaggi del Malocello e delle altre navi; il capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, porta loro il saluto ed il ringraziamento del governo e del Paese, e si reca poi a bordo di ciascuna delle navi che hanno partecipato alla battaglia.
Durante tutta la “battaglia di Pantelleria” (nome attribuito allo scontro navale combattuto attorno al convoglio di “Harpoon” durante la battaglia di Mezzo Giugno), il Malocello ha sparato in tutto 329 colpi da 120 mm e lanciato tre siluri.
Per la sua strenua difesa del Vivaldi contro forze nemiche preponderanti, il Malocello diverrà uno dei due soli cacciatorpediniere (l’altro è proprio il Vivaldi) decorati di Medaglia d’Argento al Valor Militare “alla bandiera”.


Il Malocello, a sinistra, ormeggiato al Molo Razza di Napoli insieme ad Oriani, Ascari ed Eugenio di Savoia (nell’ordine, andando da sinistra verso destra) nel pomeriggio del 26 giugno 1942, con gli equipaggi schierati in banchina per ricevere da Mussolini le medaglie conferite per la battaglia al largo di Pantelleria (g.c. STORIA militare)


Il 18 giugno 1942, pochi giorni dopo la battaglia di Mezzo Giugno, il comandante Leoni, un sottufficiale e due marinai del Malocello, insieme ad analoghe rappresentanze degli equipaggi delle altre navi che avevano partecipato alla battaglia, vennero invitati dalla principessa di Piemonte, Maria José di Savoia (moglie del principe Umberto), nella sua villa di Posillipo. Uno di questi marinai era il sottocapo S.D.T. Guglielmo Menichetti, di 23 anni, da Lerici, che così descrive l’incontro nelle pagine del suo diario qui riportate (si ringrazia il cugino Eraldo Burgay). Guglielmo Menichetti, come la maggior parte dell’equipaggio del Malocello, avrebbe trovato la morte pochi mesi dopo, nell’affondamento della nave.


26 giugno 1942
Il Malocello e le altre navi che hanno partecipato alla “battaglia di Pantelleria” (meno il Vivaldi, avviato ai lavori di riparazione per i gravissimi danni riportati), radunate a Napoli, vengono visitate da Benito Mussolini, che consegna poi personalmente le decorazioni individuali e collettive conferite ai componenti dei loro equipaggi.


Il Malocello con l’equipaggio schierato a terra, a Napoli, in attesa dell’arrivo di Mussolini, 26 giugno 1942 (da Facebook)

15 luglio 1942
A seguito dell’avvistamento del posamine veloce britannico Manxman, segnalato nella rada di Philippeville con rotta verso est (è in navigazione da Gibilterra a Malta con un carico di carburante), il Malocello, che si trova a Trapani, riceve ordine di prendere il mare per intercettarlo. Gli ordini prevedono che la nave si trovi alle ore 20 una ventina di miglia a nord di Capo Bon, dove, congiuntasi col Gioberti, dovrebbe incontrare il Manxman.
Alle 17.30 il Malocello lascia Trapani e fa rotta a tutta forza verso Capo Bon, ma dopo aver scapolato le isole Egadi incontra mare sempre più mosso, che lo costringe a ridurre la velocità. C’è però un fonte vento di sudovest, che mantiene il cielo limpido ed agevola l’avvistamento di navi nemiche.
Alle 20 il Malocello è nella posizione prevista al largo di Capo Bon, quando gli viene comunicato che il Gioberti non arriverà, causa un’avaria. Il mare si fa sempre più grosso, tanto da strappare dal suo alloggiamento il motoscafo del Malocello (al quale, come a tutte le altre imbarcazioni, sono state tolte le rizze per ordine del comandante Leoni, in vista dell’imminente combattimento); il Manxman non si fa vedere, e poco dopo le 21 arriva l’ordine di rientrare a Trapani.
A mezzanotte, quando il Malocello sta ormai arrivando in porto, arriva un telegramma PAPA di Supermarina che gli ordina di trovarsi entro le 6 dieci miglia a sud di Pantelleria, dove – in cooperazione con alcuni MAS – dovrà intercettare il Manxman, che sarebbe stato colpito da una bomba d’aereo con conseguente riduzione della velocità.
16 luglio 1942
Durante la navigazione verso Pantelleria, il mare diviene sempre più grosso, tanto da costringere il Malocello a procedere a velocità ridotta. Riesce comunque a raggiungere in orario la zona assegnata, ma non avvista né il Manxman né i MAS; alle 9 arriva l’ordine di tornare in porto: il Manxman non è stato colpito da nessuna bomba, ed ha raggiunto Malta proprio mentre il Malocello giungeva nei pressi di Pantelleria.
18 luglio 1942
In mattinata il Malocello imbarca a Trapani 104 mine destinate ad uno sbarramento da posare nel Canale di Sicilia, al largo di Capo Bon, insieme alla nave cisterna-posamine Volturno (che imbarca 122 mine). Supermarina ha deciso di posare tale sbarramento dopo che il convoglio di “Harpoon”, durante la battaglia di Mezzo Giugno, è riuscito a passare nel Canale di Sicilia senza subire danni sui campi minati già presenti: questo perché esiste un passaggio ampio circa quattro miglia tra la costa della Tunisia e l’estremità della spezzata «S 11», la più vicina alla costa. Proprio lì è passato il convoglio britannico a mezzo giugno: è stata allora presa la decisione di minare anche tale passaggio.
Alle 11.30 Malocello e Volturno, insieme alla torpediniera Centauro (incaricata della loro scorta e della ricognizione della costa), lasciano Trapani per eseguire la posa; ma alle 14.45, improvvisamente, ricevono ordine di invertire la rotta e tornare a Trapani.
Il motivo del contrordine è legato ad una comunicazione dell’ufficiale di collegamento della Kriegsmarine in Italia, ammiraglio Eberhard Weichold, il quale ha riferito che Berlino, pur non intendo interferire nell’attività della Marina italiana, “non potrebbe associarsi alla responsabilità politica derivante da operazione [di posa dello sbarramento]”, a meno che esso non fosse posato “soltanto quando manifestatosi serio urgente pericolo” e che avesse soltanto “carattere temporaneo”. Lo sbarramento, infatti, dovrebbe essere posato nelle acque territoriali della Tunisia, controllata dalla Francia di Vichy, formalmente “neutrale”, ed andrebbe a contrastare con le condizioni di armistizio con la Francia, che Hitler desidera rispettare a tutti i costi.
Fatte rientrare le navi in porto, Supermarina modifica così interamente il piano dello sbarramento, che da «S 6» viene ribattezzato «S.t. 1» (cioè «Sbarramento temporaneo 1»): esso sarà composto, anziché dalle normali mine usate comunemente, da mine a temporaneo galleggiamento, per la precisione 110 mine V.E. dotate di congegni di autoaffondamento, che verranno regolati in modo da farle affondare 48 ore dopo la posa, rendendole così inoffensive. Lo sbarramento dovrà essere posato soltanto quando si avrà la certezza dell’imminente tentativo di transito nel Canale di Sicilia da parte di importanti gruppi navali o convogli nemici.
Agosto 1942
Il comandante Mario Leoni lascia il comando del Malocello, venendo sostituito dal capitano di fregata Pierfrancesco Tona.
10 agosto 1942
A seguito di vari avvistamenti di ricognitori, Supermarina apprezza che almeno 57 navi britanniche, provenienti da Gibilterra, siano dirette verso est: viene correttamente giudicato che si tratti di un nuovo tentativo britannico di rifornire Malta mediante l’invio di un grosso convoglio, scortato da una poderosa formazione navale. E difatti è proprio così: i britannici hanno organizzato l’operazione «Pedestal», ed hanno inviato verso Malta un convoglio di 14 navi mercantili (13 navi da carico ed una nave cisterna, l’Ohio) con la scorta diretta di 4 incrociatori leggeri e 11 cacciatorpediniere (Forza X) ed un gruppo di appoggio, che accompagnerà il convoglio fino al Canale di Sicilia, composto da ben 2 corazzate, 3 portaerei, 3 incrociatori leggeri e 15 cacciatorpediniere (Forza Z). L’insieme delle operazioni di contrasto dell’Asse a “Pedestal” prenderà il nome di “battaglia di Mezzo Agosto”, la più grande battaglia aeronavale mai combattuta nel Mediterraneo.
L’invio del convoglio di “Pedestal” fornisce proprio l’occasione di “serio urgente pericolo” necessario a giustificare la posa dello sbarramento temporaneo «S.t. 1»: e nel quadro delle operazioni di contrasto a tale convoglio, insieme agli agguati di sommergibili e motosiluranti ed all’invio di due divisioni di incrociatori, Supermarina include anche la posa di tale campo minato da parte del Malocello.
11 agosto 1942
Il Malocello (capitano di fregata Pierfrancesco Tona) salpa da Trapani alle 16.20 per eseguire la posa dello sbarramento «S.t. 1». Dopo circa un’ora, il Malocello si congiunge con la torpediniera Climene (capitano di corvetta Cerqueti), incaricata della sua scorta e protezione durante la navigazione e la posa.
Alle 21.45, arrivati nelle acque di Capo Bon, il Malocello dà alla Climene libertà di manovra, affinché esegua il pendolamento protettivo come ordinato.
Alle 22.20, a circa 6 miglia per 154° da Capo Bon, il Malocello avvista delle ombre (per altra fonte, luci oscurate) a proravia sinistra, verso sud-sudest (mentre sulla sua dritta si trovano i MAS 552 e 553, inviati sul posto per agevolare l’individuazione del punto di posa mediante l’emissione di segnali luminosi per orientare il Malocello); non essendo in grado di sostenere un combattimento, avendo le mine già innescate (con cappellozzi tolti e rizze in buona parte già mollate) e pronte alla posa, la cui presenza impedisce peraltro l’uso dei tubi lanciasiluri e dei complessi binati da 120 mm del centro e di poppa, accosta verso ovest per avvicinarsi alla costa, e riduce la velocità a 12 nodi per diminuire la possibilità di essere avvistato. Poco dopo, le ombre vengono identificate come tre navi e due siluranti che procedono con rotta nord; il comandante Tona ritiene che si tratti di un convoglio italiano o francese, non indicato tra gli incontri previsti. Ad ogni modo, essendo il compito primario del Malocello la posa dello sbarramento, il comandante Tona decide di proseguire, cercando di non farsi vedere, per portare a termine la missione; le navi sconosciute non sembrano vedere il Malocello nemmeno quando questi passa al traverso dell’ultima di esse, ma alle 22.25, quando ormai tale silurante si trova nei quartieri di poppa del Malocello, essa spara una salva di due colpi, che scoppiano circa 400 metri a poppavia del traverso.
In realtà, le navi avvistate non sono né italiane né francesi, bensì britanniche: si tratta dei due mercantili superstiti di “Harpoon”, Orari e Troilus, che stanno rientrando da Malta a Gibilterra, scortati dai cacciatorpediniere Badsworth e Matchless (le quattro navi costituiscono la Forza Y), con l’operazione “Ascendant”, una delle operazioni secondarie di “Pedestal” (per cercare di ridurre il pericolo di attacchi aerei italo-tedeschi, gli equipaggi britannici hanno dipinto sulle prue delle navi le strisce di riconoscimento bianche e rosse in uso sulle unità della Regia Marina). Il Badsworth ed il Matchless erano due delle navi che il Malocello ha affrontato nella battaglia di Pantelleria, quasi esattamente due mesi prima: ora questi avversari s’incontrano di nuovo, ma resteranno tutti reciprocamente all’oscuro delle rispettive identità.
Le navi procedono nell’ordine Matchless-Orari-Troilus-Badsworth; alle 22.25 il Matchless (capitano di corvetta J. Mowlam) ha notato il Malocello – del quale però non conosce l’identità – a 40° di poppa sinistra, accostando pertanto a dritta e sparando contro di esso i due colpi, ordinando al contempo al convoglio di virare verso est per allontanarsi dalla potenziale minaccia.
Il Malocello risponde immediatamente al fuoco col complesso prodiero da 120 mm, l’unico utilizzabile; vi è un breve ed infruttuoso scambio di colpi. La silurante che ha aperto il fuoco accende il proiettore dopo la prima salva, illumina in pieno la bandiera del cacciatorpediniere italiano e poi, dopo pochi secondi, spegne il proiettore e prosegue per la sua rotta: ha scambiato la bandiera italiana del Malocello per quella francese, ed ha erroneamente concluso che la nave incontrata sia un dragamine francese classe Élan. Il comandante del Matchless, che ha anche sparato alcuni proiettili illuminanti per vederci meglio, crede anche di vedere l’altra nave effettuare dei segnali di riconoscimento corrispondenti a quelli della Marina francese.
L’azione di fuoco ha brevissima durata, dopo di che la Forza Y accosta verso est e sparisce. Il Malocello, intanto, ha portato la velocità a 20 nodi ed ha accostato a sinistra in modo da tenere il convoglio nel campo di tiro dell’impianto binato di prua (per altra fonte, allo scopo di mettere in campo tutti e tre gli impianti da 120: ma ciò non dovrebbe essere stato comunque possibile, per i motivi sopra accennati); dopo lo spegnimento del proiettore da parte dell’unità britannica, tuttavia, non vede più alcuna traccia delle altre navi. Dato che entrambi i comandanti hanno una missione da compiere, per la quale sarebbe meglio evitare uno scontro con unità nemiche, da ambo le parti si decide di non indugiare oltre, e di proseguire nelle rispettive missioni.
Alle 22.45, al largo di Capo Bon, una volta giunto su fondali di 15 metri (allo scopo, viene eseguito scandagliamento ultrasonoro), il Malocello può finalmente iniziare la posa della linea «a» dello sbarramento «S.t. 1», che completa alle 23; quindici minuti dopo ultima anche la posa della linea «b». Le due linee, composte da 52 mine ciascuna (con un intervallo di 50 metri tra ogni ordigno), presentano un’angolazione di 120° tra loro e di circa 60° sull’allineamento Ras Iddah-Ras el Mirh. In tutto vengono posate 104 mine tipo V.E., dotate di meccanismo di autoaffondamento e di rampino antidragante, regolate per tre metri di profondità; la posa avviene senza intoppi, dopo di che la nave fa rotta su Trapani, passando vicino alla costa sudoccidentale di Pantelleria.
12 agosto 1942
Il Malocello arriva a Trapani alle 10. Nessuna delle navi di «Pedestal» capiterà sulle mine dello sbarramento «S.t. 1», mentre molte verranno affondate da aerei, sommergibili e motosiluranti (quattro mercantili e l’Ohio, però, riusciranno a raggiungere Malta ed a consegnare abbastanza rifornimenti da permettere la sopravvivenza dell’isola). Uno dei cacciatorpediniere della scorta del convoglio britannico, l’Ashanti, vedrà bensì due mine ad antenna, galleggianti in superficie, passargli lungo la murata ad appena tre metri di distanza; i loro cavi di ormeggio sono stati probabilmente tranciati dai divergenti dei cacciatorpediniere che effettuano dragaggio a proravia del convoglio.
Scadute le quarantott’ore, tutte le mine si autoaffonderanno, come programmato, rendendo la zona nuovamente navigabile (come confermato da un dragaggio esplorativo eseguito a fine agosto da tre unità della XVIII Flottiglia Dragamine).
14 agosto 1942
Mentre la battaglia di Mezzo Agosto volge al termine, il Malocello esce nuovamente da Trapani alle 2.15 per intercettare un mercantile danneggiato, che – in base a segnalazioni fatte – dovrebbe trovarsi a sud di Pantelleria. Il presunto mercantile non viene trovato; alle 6.40 il Malocello localizza quello che ritiene essere sommergibile e gli dà la caccia per qualche tempo, poi riprende la sua ricerca ed alle 11.02 avvista un’ampia chiazza di nafta e rottami 35 miglia a sud di Pantelleria. Ad un velivolo della ricognizione marittima, che lo accompagna, il Malocello ordina di perlustrare una vasta zona, ma l’aereo torna alle 13 comunicando di non aver visto nulla. A questo punto il Malocello dirige per il ritorno a Trapani, ove arriva alle 19.30. Per tutta la durata della navigazione è stato scortato da pattuglie di caccia della Regia Aeronautica e della Luftwaffe.
18 agosto 1942
Il Malocello ed il cacciatorpediniere Maestrale salpano da Trapani in mattinata per andare a soccorrere i naufraghi della motonave Rosolino Pilo, affondata dal sommergibile britannico United dopo essere stata immobilizzata da un attacco aereo sulla rotta Trapani-Tripoli. Viene inviato sul posto, da Pantelleria, anche il rimorchiatore Montecristo; tra tutti e tre, Malocello, Maestrale e Montecristo riescono a trarre in salvo tutto il personale imbarcato sulla Pilo, tranne un membro dell’equipaggio civile.
Agosto 1942-Gennaio 1943
Verso fine agosto il Malocello passa in riserva e viene mandato a La Spezia per un lungo periodo di grandi lavori in Arsenale, necessari dopo l’incessante e prolungata attività bellica che ha svolto, che si protrarranno per quattro mesi.
Durante questi lavori, nel dicembre 1942, viene dotato di un ecogoniometro e di un radar per la direzione del tiro di produzione tedesca “De.Te”  (a seconda delle fonti, tipo Fu.Mo 21/39, o Fu.Mo 21/40 G, o Fu.Mo 24 GW, o Fu.Mo 26/40 G, o Fu.Mo 31/42 G, con antenna “Veltro”).
Viene inoltre sbarcato uno degli impianti lanciasiluri trinati da 533 mm, mentre vengono imbarcate due mitragliere singole Breda 1939 da 37/54 mm.
Agli inizi del 1943 verrà installato anche un apparato tedesco “Metox” per la rilevazione delle emissioni radar provenienti da altre unità.
Gennaio 1943
Conclusi i lavori a La Spezia, il Malocello torna operativo.
24 gennaio 1943
Il Malocello (capitano di fregata Carlo Rossi) parte da Napoli alle 00.20 per trasferirsi a Trapani, dove giunge alle 11.50, ed iniziare la sua partecipazione alle missioni di trasporto truppe verso la Tunisia.
Alle 5.35, in posizione 39°12’ N e 13°12’ E (circa 35 miglia a nord di Ustica), il Malocello localizza il sommergibile britannico P 211 (poi Safari, capitano di fregata Benjamin Bryant), che si è portato a quota periscopica per attaccarlo, e contrattacca col lancio di 17 bombe di profondità in tre passaggi (anche se sul P 211 vengono contate le esplosioni di 32 bombe), prima di perdere il contatto a causa del malfunzionamento del sonar. Il P 211 non subisce danni.
Sempre durante la navigazione di trasferimento, il Malocello si trova a passare nella zona in cui, alcune ore prima, è stato affondato da aerei il piroscafo Verona; il cacciatorpediniere trova tre naufraghi del piroscafo, tra i quali il suo comandante (capitano di lungo corso Giusto Panfili), e li trae in salvo, sbarcandoli poi a Trapani.
28 gennaio 1943
Il Malocello (caposquadriglia) ed i cacciatorpediniere Ascari e Corazziere salpano da Trapani per Tunisi alle 3.30 in missione di trasporto truppe. Hanno a bordo, complessivamente, 990 militari.
Giunti a Tunisi alle 10.30, i tre cacciatorpediniere sbarcano le truppe, imbarcano 500 rimpatrianti dalla Tripolitania e ripartono alle 12.40 per Trapani, dove arrivano alle 22.10.


Il Malocello, primo a destra, con (procedendo verso sinistra) Da Noli, Zeno, Corazziere ed un’altra unità (forse il Legionario) a metà gennaio 1943 (Coll. N. Siracusano, via M. Brescia e www.associazione-venus.it)

1° febbraio 1943
Malocello, Zeno, Da Noli, Corazziere e Legionario (caposquadriglia) salpano da Trapani per Tunisi alle 6.30, trasportando 1700 militari nonché un carico di materiali vari.
Alle 13.30 i cacciatorpediniere vengono infruttuosamente attaccati da aerei all’imboccatura di La Goletta; approdati a Tunisi mezz’ora dopo, mettono a terra truppe e carico e poi ripartono alle 15.45, trasportando 470 rimpatrianti. Alle 19 vengono nuovamente attaccati da aerei, ma non subiscono danni, ed arrivano a Trapani alle 23.30.
5 febbraio 1943
Malocello (nave ammiraglia), Da Noli, Zeno e Corazziere partono da Trapani per Tunisi all’una di notte, trasportando 920 soldati e materiali vari. Arrivano a Tunisi alle 9.45, sbarcano truppe e carico e ripartono alle 11.15, giungendo a Trapani alle 20.30.
Durante la navigazione, nei pressi di Kelibia, il Malocello tocca leggermente il fondo, ma non subisce danni.
8 febbraio 1943
Malocello, Pigafetta, Da Noli, Zeno ed i più moderni cacciatorpediniere Mitragliere e Legionario caricano a Trapani le mine destinate alla spezzata «S 62», da posare sulla linea Capo Bon-Marettimo con duplice scopo antinave ed antisommergibili, per insidiare le unità nemiche che tentassero di attaccare il naviglio dell’Asse sulla rotta di sicurezza per Trapani.
Il Malocello, al pari del Pigafetta, imbarca 29 mine ad antenna tipo EMC e 52 mine magnetiche tipo EMF, mentre Da Noli e Zeno caricano ciascuno 34 EMC e 52 EMF, e Mitragliere e Legionario 50 P 200.
Per far sì che lo sbarramento sia efficace sia contro unità di superficie che contro sommergibili, le mine dovranno essere posate a sei profondità diverse, comprese tra i 3 ed i 50 metri: Malocello e Pigafetta, in particolare, devono regolare le loro EMC per 35 metri di profondità, e le EMF per 15 metri. Le mine delle diverse file saranno sfalsate.
Alle 11.35 i sei cacciatorpediniere, al comando dell’ammiraglio Lorenzo Gasparri (imbarcato sul Pigafetta), salpano da Trapani, e dopo un’ora vengono raggiunti da tre MAS, che li scorteranno durante l’intera missione, nonostante il mare mosso.
La posa ha inizio alle 13.18, a 14 nodi di velocità; affinché le mine siano sfalsate tra le file, il Pigafetta lancia la prima, poi lo Zeno lancia la prima delle sue dopo 9 secondi, il Malocello (in sezione col Pigafetta) dopo 10 secondi, il Legionario dopo 11, il Da Noli dopo 18 secondi ed il Mitragliere dopo 24. Malocello e Pigafetta posano le loro mine ad intervalli di 19 secondi, lasciando 140 metri tra una mina e quella successiva. Le file, andando da destra verso sinistra, sono posate nell’ordine da Da Noli, Zeno, Pigafetta, Malocello, Legionario e Mitragliere. La distanza tra le file è di 400 metri, eccetto che tra quelle di Legionario e Mitragliere, dove è solo di 200 metri.
La rotta di posa iniziale è 181; alle 13.40, dopo 4,9 miglia, tutti i cacciatorpediniere accostano ad un tempo di 35° a dritta. A Mitragliere e Legionario, che hanno posato tutte le mine, viene data libertà di manovra per raggiungere Palermo, mentre i “Navigatori” continuano la posa sulla nuova rotta, 216°, per altre 7 miglia, fino alle 14.11, quando ultimano la posa delle ultime mine magnetiche. A questo punto si dispongono in linea di fila e fanno rotta per Trapani a 20 nodi. Durante la posa sono esplose prematuramente tre mine.
Malocello, Pigafetta, Da Noli e Zeno entrano a Trapani alle 16.
21 febbraio 1943
Malocello ed Alpino salpano da Trapani per Tunisi alle 5.30, in missione di trasporto truppe.
In mare aperto Malocello ed Alpino si uniscono ai cacciatorpediniere Da Noli, Pigafetta (caposquadriglia) e Zeno, provenienti da Palermo; in tutto, i cinque cacciatorpediniere trasportano 2100 uomini.
Arrivate a Tunisi a mezzogiorno, le unità sbarcano le truppe e ripartono alle 13.50, arrivando a Trapani alle 21.30 (meno l’Alpino, che raggiunge invece Palermo).
27 febbraio 1943
Malocello, Pigafetta (capitano di vascello Rodolfo Del Minio, caposquadriglia), Da Noli, Zeno ed il cacciatorpediniere Alpino salpano da Trapani all’1.45 con le mine destinate allo sbarramento «S 101», da posare a sud di Pantelleria per proteggere le rotte verso la Tunisia da attacchi di navi di superficie aventi base a Malta. I “Navigatori” trasportano 86 mine EMF ciascuno, l’Alpino 50 P 200.
Alle 3.17 i cacciatorpediniere portano la velocità a 22 nodi e si dirigono verso Pantelleria; all’alba vengono raggiunti da quattro MAS, che ne assumono la scorta, nonché da cinque velivoli della Luftwaffe, tra cui tre caccia.
La posa ha inizio alle 6.49; le file parallele, sfalsate tra loro, sono posate nell’ordine, da sinistra verso dritta, da Da Noli, Zeno, Pigafetta, Malocello ed Alpino. Le file sono distanziate tra loro di 400 metri, la rotta di posa è 197° e la lunghezza totale delle file di 16,3 miglia. Tutte le EMF sono regolate per 15 metri di profondità, e distanziate tra loro di 350 metri.
Alle 7.29 l’Alpino termina la posa delle sue mine ed inizia a zigzagare, mentre il Malocello e gli altri “Navigatori” lanciano l’ultima mina poco dopo le 7.59 (per primo il Pigafetta, alle 7.59, ed in successione Malocello, Zeno e Da Noli). Dodici mine esplodono prematuramente, tra la mezz’ora prima della fine della posa e la mezz’ora dopo.
Mentre i cacciatorpediniere manovrano per tornare in linea di fila ed iniziare la navigazione di rientro, uno dei velivoli della scorta aerea segnala un sommergibile nei pressi; i MAS vengono inviati a dargli la caccia, riassumendo le posizioni di scorta alle 8.20.
I cacciatorpediniere si dirigono verso Pantelleria a 22 nodi. Alle 9.34, due miglia ad ovest di Capo Sideri, il Pigafetta avvista la scia di un siluro; tutte le navi accostano d’urgenza a sinistra, tornando sulla rotta dopo due minuti.
Nel corso della fase conclusiva di questa manovra, tuttavia, il Da Noli subisce un’avaria al timone e sperona lo Zeno: la prua del Da Noli viene in gran parte dilaniata dalla collisione, mentre lo Zeno riporta un grosso squarcio nel fianco.
Benché i danni siano gravi, entrambi i cacciatorpediniere mantengono la loro galleggiabilità; Malocello, Pigafetta ed Alpino girano intorno a loro fino a quando non risulta possibile appurare le loro condizioni. Alcuni uomini, caduti in mare a seguito della collisione, vengono recuperati, e tre feriti gravi vengono trasferiti su un MAS, che li porta immediatamente a Pantelleria.
Una volta che si è verificato che sia Da Noli che Zeno sono in grado di navigare a 12 nodi, viene ripresa la navigazione; i due cacciatorpediniere danneggiati avanzano in linea di fila, con Malocello e Pigafetta sui lati, mentre l’Alpino, dovendo raggiungere Palermo, viene lasciato libero. Alle 18.15 Malocello, Pigafetta, Da Noli e Zeno raggiungono Trapani.
Il grave danneggiamento di Da Noli e Zeno, due delle poche unità dotate di ferroguide adatte per la posa di mine tedesche (ormai usate in prevalenza rispetto a quelle italiane), ha effetti nefasti sulle operazioni di posa delle mine, riducendo drasticamente il già ridotto numero di unità disponibili per simili missioni; pochi giorni dopo, la situazione peggiorerà ulteriormente con la perdita del Geniere, affondato da un bombardamento a Palermo il 1° marzo, e con la necessità di avviare il logorato Pigafetta ai lavori, il 13 marzo. I comandi, inoltre, decideranno di dare la priorità alle missioni di trasporto truppe, rispetto a quelle di posa di mine.
Di conseguenza, l’«S 101» sarà l’ultimo campo minato posato da unità italiane nel Canale di Sicilia: gli altri quattro che, nei piani di Supermarina, avrebbero dovuto comporre insieme all’«S 101» lo sbarramento «S 10» non verranno infatti mai posati, a causa del precipitare della situazione.
1° marzo 1943
Malocello, Pigafetta (caposquadriglia) e Premuda salpano da Trapani per Tunisi alle 7.20, in missione di trasporto truppe.
Dopo le Egadi si uniscono alla formazione anche i cacciatorpediniere Fuciliere ed Alpino, partiti da Palermo; in tutto, le cinque unità trasportano 1930 militari.
Alle 13.25 i cacciatorpediniere entrano a Tunisi, ed alle 14.30, dopo aver celermente sbarcato le truppe, ne ripartono: Malocello, Pigafetta (caposquadriglia) e Premuda verso Trapani, Fuciliere ed Alpino verso Palermo.
2 marzo 1943
Malocello, Pigafetta e Premuda arrivano a Trapani alle 3.20.
19 marzo 1943
Il Malocello ed il gemello Leone Pancaldo salpano da Napoli per Tunisi alle 19, in missione di trasporto truppe.



Il Malocello alla fonda davanti a La Goletta (Tunisi) il 20-21 marzo 1943, per sbarcare le truppe tedesche che ha portato in Tunisia (sopra: da “Mussolini’s Navy” di Maurizio Brescia; sotto: g.c. STORIA militare)


20 marzo 1943
Arrivati a Tunisi alle 10, Malocello e Pancaldo sbarcano le truppe e ripartono dopo appena 55 minuti.
Alle 15.50, in posizione 38°02’ N e 11°47’ E, il sommergibile britannico Saracen (tenente di vascello Michael Geoffrey Rawson Lumby) avvista Malocello e Pancaldo in avvicinamento da ovest, con rotta a zig zag e continuo mutamento della velocità; proprio l’impossibilità di determinare la velocità dei bersagli induce il comandante del Saracen a rinunciare ad attaccare, benché le due navi passino a soli 1370 metri di distanza. Malocello e Pancaldo non si accorgono della presenza del sommergibile.
21 marzo 1943
I due cacciatorpediniere giungono a Napoli alle 2.45.

Una foto aerea del Malocello scattata durante le prove di macchina, nel 1930 (g.c. Carlo Di Nitto via www.naviearmatori.net)

Mine

Alle 18.40 (per altra fonte, le 19.40) del 23 marzo 1943 il Malocello, al comando del capitano di fregata Carlo Rossi, salpò da Pozzuoli insieme al gemello Leone Pancaldo (capitano di fregata Antonio Raffai) per una nuova missione di trasporto truppe verso la Tunisia.
Sul Malocello, oltre ai 241 uomini dell’equipaggio, si trovavano 359 tra ufficiali e soldati tedeschi con il loro armamento: in tutto, pertanto, esattamente 600 uomini.
Pochi giorni prima della partenza (come ricordò Mario Leoni, che per sua fortuna era stato da tempo destinato ad altro incarico, nelle sue memorie), si era verificato un episodio cui la tradizionale superstizione dei marinai avrebbe potuto attribuire un significato di cattivo auspicio: la scomparsa della mascotte di bordo, uno scotch terrier nero di nome Buby. Questo cane era imbarcato sul Malocello fin dall’inizio della guerra, nel 1940; aveva “partecipato” a tutte le missioni della nave, da quelle di scorta convogli e di posa mine alla battaglia di Pantelleria, e nonostante il suo terribile carattere (aggrediva rabbiosamente, abbaiando e mordendo, chiunque osasse salire a bordo e non fosse un membro dell’equipaggio, compreso il caposquadriglia Galati, e dava una caccia senza quartiere al gatto di bordo) era benvoluto dall’equipaggio perché si credeva che portasse fortuna: cosicché i marinai di ritorno dalla franchigia gli portavano sempre delle caramelle in regalo, e durante le soste in porto lo portavano a prendere il gelato o persino al cinema. Forse questa credenza era dovuta al fatto che in quei quasi tre anni d’intensa attività il Malocello, caso più unico che raro, non era praticamente mai stato danneggiato. In un’occasione, Buby aveva morso due giovani ufficiali di complemento appena imbarcati sul Malocello, mandandoli all’ospedale; il cane era stato di conseguenza rinchiuso nel locale canile municipale ed il locale Comando Marina aveva preteso che non tornasse mai più a bordo, ma l’equipaggio del cacciatorpediniere, dichiarando di “non fidarsi più” ad andare per mare senza di lui, si era offerto di pagare danni e spese ed aveva infatti pagato 2000 lire di multe, ottenendo la liberazione ed il reimbarco della bestiola “portafortuna”. Sul Malocello, Buby aveva persino una propria piastrina di riconoscimento ed un salvagente “personale”. Pochi giorni prima del 23 marzo, dopo tre anni di permanenza a bordo, Buby scese a terra e non tornò mai più a bordo del Malocello. Non se ne ebbero più notizie.

Alle 20 del 23 marzo Malocello e Pancaldo vennero raggiunti da un terzo cacciatorpediniere, il Camicia Nera (capitano di fregata Mario Trabucchi), proveniente da Gaeta (era partito alle 17.40).
Alle 5.50 si unì al gruppo anche il cacciatorpediniere Ascari (capitano di fregata Mario Gerini), partito da Palermo alle 22.50 del giorno precedente, che assunse il comando della formazione.
Tutti e quattro i cacciatorpediniere erano carichi di truppe tedesche, con le relative armi: in tutto circa 1300-1400 uomini della Wehrmacht, equamente distribuiti (circa 300-350 per nave). La destinazione era Tunisi.
Le navi procedevano nel canale in linea di fila, zigzagando a 27 nodi di velocità: apriva la formazione il Malocello (e proprio questa, con ogni probabilità, fu la ragione della sua fine), seguito dal Pancaldo, mentre l’Ascari era in terza posizione ed il Camicia Nera chiudeva la fila.
Alle 6.44 venne cessato temporaneamente lo zigzagamento in modo da poter accostare, e la formazione assunse rotta 201°, che avrebbe dovuto portarla a passare tra gli sbarramenti italiani X 2 e S 73, con direzione su Zembretta.
Alle 7.05 venne avvistato un gruppo di unità distante circa 12 km, su rilevamento 160° (cioè sulla sinistra), ed il Malocello ordinò il posto di combattimento per cinque minuti; alle 7.25 fu avvistato un secondo gruppo di navi, distanti una quindicina di chilometri, sempre su rilevamento 160°, ma entrambi i gruppi vennero poi identificati come convogli italiani provenienti dalla Tunisia.
La tragedia ebbe inizio alle 7.28 del 24 marzo, quando, circa 28 miglia a nord di Capo Bon, il Malocello urtò una mina a centro nave, sul lato di dritta, e rimase immobilizzato, fermandosi e sbandando sulla dritta, avvolto in una nube bianca.
I cacciatorpediniere erano capitati su un campo minato posato il precedente 8 marzo dal posamine veloce britannico Abdiel: 160 mine divise in due spezzate, all’incirca a metà strada tra Biserta e le isole Egadi. Sul momento, tuttavia, non ci si rese conto che il Malocello aveva urtato una mina: si pensò invece ad un siluramento (era ben difficile capire se un’esplosione subacquea fosse causata da mine o siluri), ed infatti il Malocello stesso comunicò alle altre navi «siluro a dritta», dopo di che gli altri tre cacciatorpediniere accostarono a sinistra.

Inizialmente vi fu qualche momento d’indecisione sul da farsi, causato dal fatto che le navi si erano riunite in mare aperto, partendo da porti diversi, ed i loro comandanti non avevano quindi potuto concordare alcunché su cosa fare in circostanze impreviste: alcuni dei comandanti, ad esempio, non sapevano chi fosse imbarcato sul Malocello e chi fosse il comandante del Pancaldo.
Poco dopo il capo formazione, Gerini (che era alla sua prima missione di questo tipo), ordinò a Pancaldo e Camicia Nera di proseguire per Tunisi (ove entrambi giunsero intorno alle 10.30), mentre col suo Ascari rimase sul posto ad assistere la nave danneggiata. Sul Malocello, equipaggio italiano e soldati tedeschi aspettavano ordinati e silenziosi. Alcuni uomini erano in mare, tuffatisi o gettati dall’esplosione.
A dispetto del mare molto agitato (forza 3-4 da Scirocco), che certo non favoriva una manovra del genere, l’Ascari riuscì ad affiancarsi sul lato sinistro del Malocello, con l’intento di trasbordarne il personale non necessario; ma non appena le due navi furono affiancate l’apparato «T.A.G.» dell’Ascari (uno strumento di produzione tedesca, da poco installato, che serviva a rilevare e segnalare siluri in movimento) segnalò un siluro sulla sinistra, costringendo il cacciatorpediniere a tagliare i cavi d’ormeggio che già erano stati tesi tra Ascari e Malocello, mettere le macchine avanti tutta ed effettuare un ampio giro sulla sinistra, lanciando otto bombe di profondità. L’equivoco continuava: si andava rafforzando l’impressione che le navi fossero sotto attacco da parte di un sommergibile, anziché in un campo minato (probabilmente, l’errore del «T.A.G.» fu determinato dal mare grosso).
Terminata l’azione antisommergibili, l’Ascari accostò per affiancarsi nuovamente al Malocello, ma proprio durante questa manovra urtò a sua volta una mina, che gli troncò l’intera prua. Ora la vera natura della minaccia era divenuta evidente.
A bordo del Malocello, intanto, il comandante Rossi dirigeva gli sforzi per tentare di salvare la nave, ma combatteva una battaglia persa; il primo direttore del tiro, tenente di vascello Adolfo Gregoretti, si faceva in quattro per garantire il salvataggio dei suoi uomini. Gregoretti era già sopravvissuto, nel dicembre 1941, all’affondamento dell’incrociatore Alberto Di Giussano, meritandosi per il suo comportamento in tale frangente una Medaglia di Bronzo al Valor Militare; ora, sul Malocello, scese dalla controplancia in plancia e cercò faticosamente di riportare ordine tra la massa di uomini che affollava il cacciatorpediniere danneggiato. Non pago, si prodigò personalmente per salvare quanti più uomini possibile: si calò dapprima in un locale munizioni e ne riemerse portando in salvo uno dei suoi cannonieri, dopo di che si calò nuovamente da un boccaporto nel locale macchine dove era scoppiata la mina, invaso dal vapore surriscaldato che rendeva l’ambiente invivibile e pericolosissimo, e ne uscì portando sulle spalle un fuochista gravemente ferito, unico sopravvissuto tra gli occupanti di quel locale (gli altri erano stati tutti uccisi dall’esplosione o dal vapore surriscaldato).
Distrusse poi le carte nautiche e la documentazione segreta, per evitare che potesse cadere in mano nemica, chiudendole nelle apposite cassette che gettò poi in mare.
Circa un’ora dopo l’urto contro la mina, il Malocello, che fino a quel momento era sembrato in grado di reggere abbastanza bene i gravi danni che aveva riportato, iniziò ad affondare. Alle 8.35 il comandante Rossi diede l’ordine di abbandonare la nave. Il tenente di vascello Gregoretti, in piedi accanto a lui, disciplinò l’abbandono della nave facendo dare la precedenza ai feriti sulle zattere di salvataggio; diede anche il suo giubbotto salvagente ad un marinaio ferito, che non lo aveva. Oltre a diverse zattere, venne calata in mare almeno una scialuppa, ma la violenza del mare la fece capovolgere.
Il tenente di vascello Gregoretti, non volendo abbandonare la nave finché c’erano ancora altri uomini a bordo (e ce n’erano ancora molti), tornò in plancia e si mise in attesa sull’aletta di plancia di sinistra, a braccia incrociate. Aveva fatto tutto quello che era umanamente possibile per salvare altre vite; ora non voleva lasciare il Malocello e gli uomini che ancora si trovavano a bordo. Era ancora sull’aletta di plancia quando la nave affondò, e non fu mai più rivisto. Alla sua memoria venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Alle 8.45, infine (altra fonte parla delle 8.30), il Malocello concluse la propria agonia spezzandosi in due ed affondando lentamente, senza generare risucchio (per una fonte, di attendibilità incerta, la nave si sarebbe anche rovesciata nell’affondare). Scomparve in mare anche il comandante Rossi, che fino alla fine si era preoccupato di mettere in salvo il suo equipaggio, senza pensare a sé stesso; sarebbe stato decorato alla memoria con la Medaglia d’Argento al Valor Militare.

Il tenente di vascello Adolfo Gregoretti (da www.movm.it)

La situazione dell’Ascari, pur seria, era meno grave; la nave manteneva una buona galleggiabilità e, soprattutto, la piena funzionalità dell’apparato motore e degli organi di governo, tanto da potersi permettere di calare in mare l’unica imbarcazione rimasta intatta (che subì qualche danno nella fase di messa a mare) per soccorrere i naufraghi del Malocello.
Per cinque lunghe ore l’imbarcazione dell’Ascari, lottando contro il mare agitato, si fece in quattro per salvare quanti più uomini possibile: si portava nel punto in cui era affondato il Malocello, ne recuperava quanti più naufraghi possibile e li portava a bordo dell’Ascari, poi tornava sul luogo di affondamento del Malocello per soccorrerne altri, in un instancabile via vai. Il mare, intanto, allontanava i superstiti, disperdendoli per oltre un chilometro. L’Ascari avvistò un MAS di passaggio e gli chiese di raccogliere altri naufraghi; passarono nel cielo due idrovolanti, ma le condizioni del mare impedirono loro di ammarare. Altri aerei lanciarono in mare degli zatterini, ma il vento li portò lontano.
Ma il peggio doveva ancora venire. Intorno alle 13, mentre l’Ascari manovrava a marcia indietro per raggiungere alcune zattere cariche di naufraghi del Malocello, la nave urtò una seconda mina, che questa volta le asportò la poppa. Ora l’Ascari non era niente più che un povero troncone in balia delle onde, senza più prora né poppa: alle 13.20, andando alla deriva, urtò una terza mina sotto la plancia, e s’inabissò nel giro di qualche secondo.
Centinaia di uomini erano ora in balia di un mare che intanto si era ulteriormente ingrossato, diventando forza 4-5, ed era per giunta cosparso di nafta fuoriuscita dai serbatoi delle due navi, e che ostacolava ora la vista ed i movimenti dei naufraghi. Molti uomini del Malocello, in acqua già da ore, cedettero al freddo e allo sfinimento, e ancor più il mare mieté vittime tra i soldati tedeschi, meno abituati al mare, molti dei quali non sapevano nuotare e furono presi dal manico, morendo in massa.
Da Biserta, da Tunisi e dalla Sicilia furono inviati immediatamente diversi MAS per i soccorsi, ma solo quattro ore dopo l’affondamento dell’Ascari i primi di essi poterono giungere sul luogo della catastrofe: il Malocello era affondato da quasi nove ore. Molti dei suoi naufraghi erano rimasti in acqua per tutto questo tempo, altri erano stati recuperati dall’Ascari solo per subire un secondo affondamento nel giro di poche ore.
Su 1133 uomini che erano a bordo di Malocello ed Ascari, soltanto 139 furono recuperati in vita: 95 componenti degli equipaggi (42 del Malocello e 53 dell’Ascari) e 44 soldati tedeschi. La maggior parte furono salvati da due MAS di Biserta e da alcuni MAS di Pantelleria.
I morti furono 994, forse il più grave bilancio di vite umane nella storia della guerra di mine sul mare.

Dei 600 uomini imbarcati sul Malocello, i sopravvissuti furono soltanto 80: 42 membri dell’equipaggio (alcune fonti indicano un numero ancora minore, 38) e 38 militari tedeschi.
Erano morti in 520, dei quali 199 erano membri dell’equipaggio del Malocello e 321 erano militari tedeschi imbarcati su di esso.
Tra le vittime vi erano anche il comandante Rossi, il comandante in seconda capitano di corvetta Felice Masini (che già era sopravvissuto ad altri due affondamenti) e tutti gli altri ufficiali del Malocello.

I caduti tra l’equipaggio del Malocello:

Ugo Acco, marinaio fuochista, deceduto
Gaspare Adelfio, sergente cannoniere, disperso
Salvatore Adinolfi, sottocapo cannoniere, disperso
Guglielmo Alemanno, sottocapo cannoniere, disperso
Cesare Antonioli, secondo capo silurista, disperso
Albino Arieti, sottocapo meccanico, deceduto
Vincenzo Artiano, marinaio nocchiere, disperso
Roberto Aumiller, marinaio nocchiere, disperso
Mario Azzi, marinaio fuochista, deceduto
Angelo Bacchia, marinaio fuochista, disperso
Francesco Baldini, marinaio silurista, disperso
Salvatore Balistreri, marinaio cannoniere, deceduto
Bruno Barbariol, marinaio motorista, disperso
Silvio Bartolomei, sergente S.D.T., disperso
Matteo Basile, marinaio cannoniere, deceduto
Gino Battaglioli, capo silurista di seconda classe, deceduto
Guglielmo Belli, marinaio cannoniere, disperso
Francesco Bernardini, sottocapo radiotelegrafista, disperso
Giacomo Berta, sergente meccanico, deceduto
Terzo Bertoni, sergente S.D.T., deceduto (per ferite?) in territorio metropolitano il 10/4/1943
William Bigliardi, marinaio silurista, disperso
Luigi Bini, marinaio cannoniere, deceduto
Rodrigo Biolcati, marinaio, disperso
Tommaso Boatta, sergente cannoniere, deceduto
Francesco Boffola, marinaio fuochista, deceduto
Guido Bonfiglioli, sottocapo silurista, deceduto
Mario Bonfiglioli, marinaio fuochista, disperso
Armando Bonin, marinaio, disperso
Antonio Bova, marinaio, deceduto
Ernani Brugia, marinaio fuochista, disperso
Marco Bruto, marinaio cannoniere, deceduto
Damiano Calò, marinaio S.D.T., disperso
Salvatore Cambria, marinaio, disperso
Tirio Cannucciari, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Caravella, marinaio cannoniere, deceduto
Gervasio Carelli, marinaio fuochista, disperso
Enrico Carletti, marinaio, disperso
Giovanni Carlevarino, marinaio fuochista, disperso
Rolando Casali, marinaio cannoniere, deceduto
Alberto Casalino, marinaio, disperso
Luigi Centemeri, sottocapo S.D.T., deceduto
Amedeo Cervone, sottotenente del Genio Navale, disperso
Giuseppe Cervone, marinaio fuochista, disperso
Gino Ciarrocca, marinaio fuochista, deceduto
Calogero Cipriano, capo radiotelegrafista di seconda classe, disperso
Pasquale Colucci, secondo capo meccanico, deceduto
Giuseppe Corigliano, marinaio, deceduto
Angelo Corso, marinaio cannoniere, disperso
Pietro Crosariol, sottocapo cannoniere, deceduto
Giuseppe Cucinotta, marinaio nocchiere, disperso
Vito Curcio, sergente cannoniere, deceduto
Giuseppe Currò, marinaio, disperso
Elia Da Prato, sottocapo cannoniere, disperso
Sante Danielli, marinaio cannoniere, disperso
Orlando De Carolis, marinaio, disperso
Alceste De Donno, secondo capo radiotelegrafista, disperso
Salvatore Del Tufo, marinaio fuochista, deceduto
Salvatore Di Giorgio, sergente cannoniere, disperso
Antonio Di Grazia, marinaio fuochista, disperso
Antonio Di Iorio, marinaio segnalatore, disperso
Vincenzo Di Leo, marinaio, disperso
Gildo Di Lorenzo, marinaio cannoniere, disperso
Baldassare Di Maio, marinaio cannoniere, disperso
Mario Di Mario, marinaio S.D.T., disperso
Antonio Di Pinto, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Donini, marinaio, disperso
Goffredo Ducati, marinaio radiotelegrafista, disperso
Pietro Enrico, marinaio, deceduto
Antonio Esposito, marinaio cannoniere, disperso
Voglio Fantuz, sottocapo fuochista, disperso
Egidio Favetta, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Ferrandino, marinaio S.D.T., deceduto
Francesco Fidanza, sottocapo nocchiere, disperso
Mario Filotti, marinaio, disperso
Alessandro Fontana, marinaio fuochista, disperso
Gino Fortis, marinaio fuochista, disperso
Nagaro Franchi, marinaio cannoniere, deceduto
Giovanni Frangipane, capitano medico, deceduto
Davide Fratti, marinaio cannoniere, disperso
Sante Freschi, sottocapo cannoniere, deceduto
Saverio Galeandro, marinaio nocchiere, deceduto
Marino Gargagliano, marinaio S.D.T., disperso
Santino Gassino, marinaio S.D.T., deceduto
Franco Gensini, marinaio fuochista, disperso
Plinio Giannesini, sottocapo S.D.T., disperso
Luciano Giorgi, sottocapo cannoniere, disperso
Armando Giorgini, sergente meccanico, deceduto
Emanuele Giovagnoli, sottocapo nocchiere, disperso
Marcello Giunti, marinaio cannoniere, disperso
Luigi Granata, marinaio fuochista, disperso
Gaetano Granese, marinaio S.D.T., disperso
Pietro Grassi, marinaio cannoniere, deceduto
Adolfo Gregoretti, tenente di vascello, disperso
Ferruccio Gregori, sottotenente di vascello, disperso
Giovanni Felice Grosso, sergente cannoniere, deceduto
Giovanni Guaita, marinaio furiere, deceduto
Mario Guidazzi, sottocapo cannoniere, disperso
Silvano Guidotti, marinaio elettricista, disperso
Aldo Gurioli, sottocapo S.D.T., deceduto
Wagner Guzzinati, marinaio fuochista, disperso
Oronzo Iacovazzi, marinaio cannoniere, deceduto
Augusto Iari, marinaio elettricista, deceduto
Carmine Ingrosso, marinaio, disperso
Guido Insalaco, secondo capo cannoniere, disperso
Raffaele Laezza, marinaio fuochista, disperso
Federico Laudati, marinaio, disperso
Vitonofrio Lazzizzera, marinaio cannoniere, deceduto
Salvatore Lo Giudice, capo meccanico di terza classe, disperso
Giuseppe Lo Piccolo, marinaio, disperso
Loris Lombardi, capo meccanico di seconda classe, disperso
Alberto Longobardo, capitano del Genio Navale (direttore di macchina), disperso
Armando Macario, marinaio cannoniere, deceduto
Antonino Maccarone, marinaio, disperso
Carmelo Maccora, marinaio cannoniere, deceduto
Dante Madonna, guardiamarina, disperso
Ofelio Mainardi, sergente furiere, disperso
Giulio Manfredi, marinaio fuochista, disperso
Domenico Marà, marinaio, deceduto
Silvano Marigliani, marinaio nocchiere, disperso
Alessandro Marletta, marinaio segnalatore, disperso
Guido Marucci, capo nocchiere di seconda classe, disperso
Felice Masini, capitano di corvetta (comandante in seconda), disperso
Ferdinando Massarella, marinaio radiotelegrafista, disperso
Giuseppe Mavelli, marinaio, deceduto
Antonio Medico, capo meccanico di prima classe, deceduto
Orazio Meli, marinaio cannoniere, disperso
Bruno Melotto, marinaio silurista, deceduto
Guglielmo Menichetti, sottocapo S.D.T., disperso
Gino Mercuri, sottocapo radiotelegrafista, disperso
Filippo Micheli, marinaio cannoniere, deceduto
Renato Moglia, marinaio fuochista, deceduto
Giacomo Mondini, marinaio fuochista, deceduto
Giovanni Moretto, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Motta, sottocapo meccanico, disperso
Mario Muratori, secondo capo meccanico, disperso
Enrico Musso, marinaio elettricista, deceduto
Romano Negrini, marinaio fuochista, deceduto
Diego Neri, sottocapo torpediniere, disperso
Francesco Antonio Nicoterese, marinaio, deceduto
Michele Nola, sottocapo elettricista, disperso
Domenico Nossa, marinaio fuochista, disperso
Nello Novelli, sottocapo nocchiere, deceduto
Carlo Oprandi, marinaio motorista, deceduto
Mario Pace, marinaio fuochista, disperso
Mario Padovan, tenente del Genio Navale, disperso
Benigno Pala, sottocapo silurista, deceduto
Agostino Panzarotto, marinaio, deceduto
Federico Parigi, secondo capo cannoniere, disperso
Dante Parrini, capo meccanico di terza classe, deceduto
Lucio Perna, marinaio fuochista, deceduto
Luigi Perna, marinaio fuochista, deceduto
Fiorenzo Perucca, capo meccanico di seconda classe, disperso
Giovanni Profumo, marinaio fuochista, disperso
Carmelo Rao, sottocapo elettricista, disperso
Amelio Raso, marinaio cannoniere, disperso
Mario Riccardi, capo elettricista di terza classe, deceduto
Marcello Rohr, capo segnalatore di seconda classe, disperso
Attilio Romano, sottocapo radiotelegrafista, deceduto
Mario Rosati, marinaio cannoniere, deceduto
Carlo Rossi, capitano di fregata (comandante), deceduto
Giuseppe Sabaini, marinaio elettricista, disperso
Carlo Sacchi, guardiamarina, disperso
Nerio Santamaria, marinaio fuochista, deceduto
Vincenzo Sarcinelli, sottocapo S.D.T., disperso
Arcangelo Saullo, marinaio cannoniere, deceduto
Antonino Scaglione, marinaio fuochista, disperso
Pasquale Scagliusi, marinaio, disperso
Adriano Scaramuzza, marinaio, disperso
Nicola Scarfi, marinaio, disperso
Aldo Scarsi, marinaio elettricista, deceduto
Oreste Scassillo, sergente cannoniere, deceduto
Nicola Scattarelli, marinaio fuochista, disperso
Torino Severi, marinaio fuochista, deceduto
Domenico Sibona, sergente cannoniere, deceduto
Sebastiano Sinone, marinaio furiere, disperso
Raul Somaruga, marinaio motorista, disperso
Enzo Sorbelli, sottocapo meccanico, disperso
Amerigo Spadon, secondo capo meccanico, disperso
Mauro Squeo, marinaio, disperso
Eugenio Sternini, capo cannoniere di prima classe, disperso
Mario Tani, marinaio S.D.T., disperso
Tarquinio Tarquini, sergente furiere, disperso
Fortunato Tessiore, sottotenente di vascello, disperso
Francesco Testa, marinaio elettricista, deceduto
Amelio Tinacci, secondo capo cannoniere, disperso
Sole Tognon, marinaio fuochista, disperso
Ernesto Torricelli, sottocapo cannoniere, disperso
Domenico Traggiai, secondo capo radiotelegrafista, deceduto
Tullio Traini, marinaio cannoniere, deceduto
Elio Valerio, capo meccanico di seconda classe, deceduto
Leonardo Vecchiotti, marinaio fuochista, disperso
Filiberto Verardi, sottocapo radiotelegrafista, disperso
Francesco Viscovo, marinaio fuochista, disperso
Alberto Volpini, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Vulcano, marinaio, deceduto
Carlo Zaffaroni, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Zambetta, marinaio S.D.T., disperso
Luigi Zanetti, marinaio, disperso


Caduti o dispersi tra l’equipaggio del Malocello in altre circostanze:

Remo Ferri, sottocapo silurista, deceduto in prigionia (?) in Eritrea (?) il 3/7/1942
Stefano Mourglia, marinaio S.D.T., deceduto nel Mediterraneo Centrale il 31/7/1943 (?)
Filippo Ribaudo, marinaio, deceduto in territorio metropolitano il 30/9/1942

Il marinaio elettricista Francesco Testa, 23 anni, da Entratico (BG), morto sul Malocello (da “Gruppo Alpini Entratico – La sua storia e i suoi caduti”, 2008, via Rinaldo Monella/www.combattentibergamaschi.it)

Nelle settimane successive alla tragedia, il mare depositò sulle coste siciliane decine di corpi di marinai italiani e soldati tedeschi morti nell'affondamento dei due cacciatorpediniere. Tre poterono essere identificati come membri dell'equipaggio del Malocello: il fuochista Salvatore Del Tufo ed il capo meccanico Dante Parrini, entrambi trovati sulla spiaggia di Santa Lucia-Finale il 9 aprile 1943 e sepolti a Cefalù il giorno seguente, ed il marinaio Francesco Antonio Nicoteresa, sepolto a Cefalù il 10 maggio 1943. Un sergente di Marina, rimasto senza nome, venne rinvenuto sulla spiaggia di Cefalù e sepolto nel locale cimitero il 10 maggio; un altro marinaio italiano non identificato, di circa 25-30 anni di età, fu trovato sulla spiaggia di Gangiotto (Cefalù) l'11 aprile, mentre il 9 aprile un altro italiano non identificato era stato gettato dalle onde sulla spiaggia di Santa Lucia-Finale (stesso luogo e data del ritrovamento dei corpi di Dante Parrini e Salvatore Del Tufo) venendo sepolto l'indomani nel cimitero di Cefalù.
Oltre ad essi, tra il 10 aprile ed il 10 giugno 1943 vennero raccolti sulla spiaggia di Cefalù undici corpi attribuiti a militari italiani, non identificabili per mancanza d'indumenti, e ben 65 salme di soldati tedeschi. Tutti furono sepolti nel cimitero di Cefalù, dove riposano tutt'ora nell'ossario comune, come evidenziato da ricerche condotte dalla cefaludese Maria Serio.

L’inchiesta sul disastro, condotta dall’ammiraglio di divisione Enrico Accorretti (comandante della IX Divisione Navale, che consegnò la propria relazione il 21 maggio 1943), giudicò che probabilmente, al momento dell’urto contro la prima mina, il Malocello e gli altri cacciatorpediniere dovevano essere scartati di alcune miglia verso ovest rispetto alla rotta prevista, e che per via di tale scarto erano finiti sul campo minato sul quale erano già affondati, il precedente 7 marzo, il piroscafo tedesco Henry Estier e la torpediniera di scorta Ciclone. Questo sbarramento, di 160 mine, era stato posato dall’Abdiel il 5 marzo e la sua posizione era nota proprio a seguito della perdita di quelle due navi, ma non aveva ancora potuto essere dragato a causa della carenza di dragamine d’altura. Lo scarrocciamento verso ovest (cioè sulla dritta rispetto alla rotta prevista) era ritenuto spiegabile col carico straordinario costituito dalle truppe imbarcate (il cui peso poteva essere stimato in circa 30 tonnellate per nave), il vento ed il mare grosso da levante-scirocco e lo zigzagamento effettuato durante tutta la notte precedente il disastro.
In realtà, secondo quanto riferito nel volume "La guerra di mine" dell’U.S.M.M., pubblicato nel 1988, appare oggi più probabile che Malocello ed Ascari siano capitati non sullo sbarramento posato dall’Abdiel il 5 marzo, bensì su quello che la stessa nave posò nella notte tra il 7 e l’8 marzo, otto miglia a nord del precedente.
Malocello ed Ascari furono le ultime di una lunga serie di navi da guerra italiane perdute sulle mine nel Canale di Sicilia in meno di tre mesi: tra il 9 gennaio ed il 24 marzo 1943 colarono a picco in circostanze simili i cacciatorpediniere Corsaro e Saetta (un terzo, il Maestrale, ebbe la poppa asportata e non poté essere riparato prima dell’8 settembre), le torpediniere Ciclone, Uragano e Prestinari e la corvetta Procellaria, con la perdita complessiva di 593 uomini, oltre ai 994 scomparsi con Malocello ed Ascari. Metà delle navi perdute erano affondate nel tentativo di soccorrere l’altra metà. In tutto, quasi 1600 uomini erano scomparsi in mare senza che si fosse sparato un solo colpo, a lugubre testimonianza della terribile efficacia della guerra di mine.


La motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare conferita alla memoria del tenente di vascello Adolfo Gregoretti, nato ad Apuania (Carrara) il 25 febbraio 1915:

“Direttore del Tiro di cacciatorpediniere irrimediabilmente colpito da offesa subacquea, si prodigava con calma e perizia nelle operazioni di abbandono della Nave. Nel nobile intento di assistere i propri marinai si calava coraggiosamente in locali allagati ed invasi dal vapore, portando in salvo personale ferito. Distrutti i documenti segreti e le carte nautiche, dimentico di sé, si dedicava al salvataggio della gente, reso difficoltoso dall’infuriare del mare, e generosamente passava la propria cintura di salvataggio a marinaio che ne era sprovvisto. Nell’imminenza dell’affondamento, rifiutava di abbandonare il proprio posto prima di avere la certezza che tutto l’equipaggio lo avesse preceduto e spariva con la Nave tenendo fede fino all’ultimo all’ideale che aveva costantemente animato la sua vita di uomo d’arme e di mare, quello di essere sempre il primo nel dovere e nel sacrificio.
Mediterraneo Occidentale, 24 marzo 1943.”

(foto tratta da www.marinaidigemona.it)


3 commenti:

  1. Grazie, sempre molto interessante. Ho scorso rapidamente ed ho notato nelle foto questa inesattezza riguardante una didascalia: "Un’altra immagine della nave nel 1936 (Coll. Luigi Accorsi via www.associazione-venus.it)". Dalla particolare sovrastruttura originale direi che si tratta del 1930 (tra gennaio e luglio) invece che 1936. Cordiali saluti

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  2. Buonasera, mi chiamo Alessandro Perucca, nipote di Fiorenzo Perucca capo meccanico di seconda classe sulla nave Malocello, ho trovato un po’ di informazioni su mio nonno ma non ho mai trovato una fotografia e ci terrei tanto. Qualcuno gentilmente sa se esiste un archivio fotografico e come poterlo consultare? Grazie per la cortesia.

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