La Carlo Del Greco (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net). |
Motonave da carico da
6837 tsl, 4020 tsn e 9185 tpl, lunga 138,68 metri, larga 18,92 e pescante
12,10, con velocità di 15,8 nodi. Appartenente alla Società Anonima di
Navigazione Lloyd Triestino, con sede a Trieste, ed iscritta con matricola 452
al Compartimento Marittimo di Trieste.
Faceva parte (insieme
a Fabio Filzi, Monginevro, Napoli, Monviso, Nino Bixio, Lerici, Ravello e Gino Allegri) del primo gruppo di nuove, grandi (6000-8000 tsl,
8000-9000 tpl) e veloci (14-16 nodi a pieno carico) motonavi da carico completate
tra agosto e dicembre 1941. Robuste e capienti, grazie alla loro elevata
velocità queste navi permisero di formare per la prima volta dei convogli
veloci di navi da carico (in precedenza ciò era possibile solo per i trasporti
truppe), e divennero presto la spina dorsale della flotta di trasporti
impiegata nel traffico con la Libia.
Sempre in prima
linea, al centro delle più importanti operazioni di rifornimento ed adibite al
trasporto dei carichi più preziosi, queste navi pagarono un elevatissimo
tributo, affondando quasi tutte sulle rotte dei convogli: per la Carlo Del Greco, il primo viaggio per
l’Africa fu anche l’ultimo.
Breve e parziale cronologia.
14 marzo 1940
Impostata nei
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1237). Fa
parte della serie «Filzi», composta da cinque gemelle (Fabio Filzi, Carlo Del Greco,
Gino Allegri, Mario Roselli e Reginaldo
Giuliani) ordinate ai CRDA dal Lloyd Triestino (Filzi, Del Greco, Allegri e Giuliani) e dalla società Italia (Roselli) per il servizio merci di linea. Sono propulse da un motore
diesel FIAT da 7500 HP ciascuna; andranno tutte perdute in guerra.
Il varo della Del Greco (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
10 ottobre 1940
Varata nei Cantieri
Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone. Presenziano al varo, tra gli altri, l’ammiraglio
Filippo Camperio, amico del defunto Carlo Del Greco, la vedova del comandante Del
Greco, il vescovo di Trieste ed il gerarca fascista Roberto Farinacci.
Vista di poppa della nave (da “Navi mercantili perdute” di Rolando Notarangelo e Gian Paolo Pagano, USMM, 1997) |
5 novembre 1941
Completata per il
Lloyd Triestino – Linee Triestine per l’Oriente e subito requisita a Monfalcone
dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
Una serie
di foto della Del Greco scattate
probabilmente durante le prove in mare (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net).
Operazione «M. 41»
Non appena fu pronta
a prendere il mare, all’inizio del dicembre 1941, la Carlo Del Greco fu inviata a Trapani, in preparazione della sua
prossima partenza per Tripoli. Era previsto che la motonave avrebbe dovuto
effettuare un viaggio veloce da Trapani a Tripoli seguendo la rotta del Canale
di Sicilia e di Pantelleria (cioè la rotta di ponente per la Libia, più breve
ma anche più vicina a Malta), con la scorta di due cacciatorpediniere, per
eludere la sorveglianza aeronavale britannica: le tre unità avrebbero dato meno
nell’occhio rispetto ad un convoglio di maggiori dimensioni.
Era un periodo
particolarmente critico per la situazione dei rifornimenti in Africa
Settentrionale: nel mese di novembre, le perdite nei materiali inviati in Libia
avevano sfiorato il 70 % – percentuale mai raggiunta prima e mai più toccata in
seguito –, ed addirittura il 92 % per i carichi più preziosi, quelli di
carburante. La Forza K britannica, una formazione navale leggera di base a
Malta, aveva distrutto due convogli di sette e due navi, il «Duisburg» ed il
«Maritza», rispettivamente il 9 ed il 24 novembre, oltre ad affondare altre
navi isolate (la grande petroliera Iridio
Mantovani, il cacciatorpediniere Alvise
Da Mosto che la scortava, e l’incrociatore ausiliario Adriatico); un’altra operazione di rifornimento, iniziata il 21
novembre, era fallita per effetto di attacchi combinati di aerei e
sommergibili, che avevano gravemente danneggiato gli incrociatori Trieste e Duca degli Abruzzi.
Proprio in occasione
di quest’ultima operazione, la motonave Fabio
Filzi, gemella della Del Greco,
aveva effettuato una traversata veloce da Trapani a Tripoli con la scorta di
due cacciatorpediniere, riuscendo a raggiungere indenne la propria
destinazione, a differenza del grande convoglio contemporaneamente in mare.
Si era pensato di
ripetere il tentativo con la Del Greco:
ma nel frattempo, l’attività delle forze aeree e navali di Malta era
pericolosamente aumentata, e la rotta di ponente, pur essendo la più corta
delle due, era anche la più esposta: per questo si era infine deciso di
annullare questa missione e di aggregare anche la Del Greco ad un più grande convoglio che sarebbe a breve partito
per la rotta di levante.
Da Trapani, pertanto,
la Del Greco – già carica – venne
trasferita a Messina con la scorta dei cacciatorpediniere Saetta, Antoniotto Usodimare
e Lanzerotto Malocello, per unirsi al
convoglio diretto in Libia lungo la rotta di levante. Giunta a Messina, vi
rimase in attesa di ordini.
Le truppe
italo-tedesche in Nordafrica, alle prese con la violenta offensiva britannica
«Crusader», erano a corto di carburante, mezzi e munizioni; per cercare di
porre rimedio a questa drammatica situazione, Supermarina aveva organizzato
l’operazione di traffico «M. 41», con la quale mandare a Tripoli e Bengasi
tutti i mercantili già carichi presenti nei porti dell’Italia meridionale,
mobilitando per la loro protezione, diretta e indiretta, pressoché l’intera
flotta in condizioni di efficienza.
Tre sarebbero dovuti
essere i convogli che avrebbero preso il mare: l’«L», da Taranto per Tripoli,
formato dalle motonavi Monginevro, Napoli e Vettor Pisani scortate dai cacciatorpediniere Freccia ed Emanuele Pessagno
(con a bordo il contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) e dalla torpediniera Pegaso; l’«N», da Navarino ed Argostoli
per Bengasi, costituito dalla motonave tedesca Ankara e dai piroscafi italiani Iseo
e Capo Orso scortati dai
cacciatorpediniere Saetta, Turbine e Strale e dalla torpediniera Procione;
ed infine l’«A», formato dalla Carlo Del
Greco e dalla gemella Fabio Filzi
scortate dai cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco ed Antoniotto Usodimare.
Del Greco e Filzi (che raggiunse
la gemella a Messina dopo aver completato il carico a Napoli) si sarebbero
dovute dapprima trasferire ad Argostoli, per poi partire per Tripoli nella
notte fra il 12 ed il 13 dicembre, scortate da Da Recco ed Usodimare.
Durante la navigazione, si sarebbero dovute aggregare al convoglio «L».
Prima che
l’operazione prendesse avvio, tuttavia, i piani furono modificati, e si decise
di sopprimere il convoglio «A»; Del Greco
e Filzi sarebbero invece dovute
partire da Taranto insieme al convoglio «L», del quale avrebbero fatto parte
fin da subito.
Ciascun convoglio
avrebbe fruito della protezione di una forza navale di sostegno, che di giorno
si sarebbe tenuta in vista dei trasporti e di notte a stretto contatto con
essi. Il gruppo assegnato al convoglio «L» era al comando dell’ammiraglio di
squadra Carlo Bergamini e consisteva nella corazzata Duilio (nave ammiraglia di Bergamini) e da un’eterogenea VIII
Divisione, formata per l’occasione dagli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi (con a bordo l’ammiraglio
Giuseppe Lombardi, comandante dell’VIII Divisione) e Raimondo Montecuccoli e dall’incrociatore pesante Gorizia (avente a bordo l’ammiraglio di
divisione Angelo Parona). Il convoglio «A» avrebbe invece goduto della
protezione della corazzata Andrea Doria
e della VII Divisione (ammiraglio di divisione Raffaele De Courten) con gli
incrociatori leggeri Muzio Attendolo
ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta.
Inoltre, in supporto
all’intera operazione, per contrastare un’eventuale uscita in mare delle
corazzate della Mediterranean Fleet, uscì in mare anche la IX Divisione Navale
(ammiraglio di squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare) con le
moderne corazzate Littorio e Vittorio Veneto, scortate dalla XIII
Squadriglia Cacciatorpediniere (Granatiere,
Bersagliere, Fuciliere, Alpino):
quest’ultima formazione doveva portarsi nel Mediterraneo centrale.
Quale ulteriore
precauzione, un gruppo di sommergibili sarebbe stato dislocato nel Mediterraneo
centro-orientale con compiti esplorativi ed offensivi; anche la Regia
Aeronautica avrebbe contribuito all’operazione con un notevole dispiegamento di
mezzi.
Il primo problema
consisté nel reperire tutte le navi da guerra necessarie per un’operazione
tanto vasta: non fu sufficiente concentrare a Taranto, Argostoli e Messina
tutte le unità sottili presenti nei porti dell’Italia meridionale, e non bastò
neanche accelerare il completamento dei lavori in corso su alcuni
cacciatorpediniere, per renderli pronti il prima possibile. La data prevista
per l’inizio della «M. 41» era il 12 dicembre, ma quel giorno il numero di navi
scorta disponibili era tanto ridotto, rispetto al necessario (anche per via del
maltempo, che aveva ritardato il trasferimento di varie siluranti nei porti di
partenza dei convogli), che Supermarina decise di rimandare l’operazione di
ventiquattr’ore. Anche così, le scorte risultarono essere numericamente
ridotte, eterogenee e poco affiatate, dato che era stato necessario
accontentarsi di quello che c’era a disposizione.
In seguito alla
decisione di Supermarina di cancellare il convoglio «A» e trasferire subito Del Greco e Filzi a Taranto per aggregarle al convoglio «L» prima che quest’ultimo
partisse, le due motonavi lasciarono Messina alle 10.20 (o 10.30) del 12
dicembre 1941, scortate da Da Recco
(caposcorta, capitano di vascello Stanislao Esposito) ed Usodimare.
La Del Greco aveva a bordo in tutto 4000
tonnellate di rifornimenti, tra cui 120 tonnellate di munizioni per le forze
tedesche e 60 veicoli dell’Afrika Korps; sulla nave erano imbarcati 247 tra
marittimi e militari italiani (facenti parte dell’equipaggio, o diretti in
Libia) e 51 militari tedeschi. Comandante civile della motonave era il capitano
Oscar Suttora, comandante militare il capitano di corvetta Felice Masini.
La parte più importante
del carico dei due bastimenti era probabilmente rappresentata dai mezzi
corazzati: tra tutte e due, Del Greco
e Filzi avevano a bordo 52 carri medi
M13/40 per la 133a Divisione Corazzata «Littorio» del Regio Esercito
(l’intera dotazione di mezzi ed equipaggiamenti del XII Battaglione Carri) e 43
carri armati tedeschi (11 carri leggeri Panzer II e 34 carri medi Panzer III)
per la 3. e 7. Kompanie del 5. Panzerregiment dell’Afrika Korps (di questi
ultimi, 23 erano sulla Del Greco, e
22 sulla Filzi).
Durante
l’attraversamento della zona di maggior pericolo di attacchi subacquei, a sud
dello stretto di Messina, la scorta venne temporaneamente rinforzata (per
alcune ore) dalla vecchia torpediniera Giuseppe
Dezza, uscita da Messina. Superata la zona pericolosa, Del Greco e Filzi imboccarono
le abituali rotte del Mar Ionio, navigando a 16 nodi.
Intercettazioni radio
rivelarono che nel primo pomeriggio del 12 dicembre il convoglio era stato
localizzato da velivoli nemici, ma gli ordini non vennero cambiati; d’altro
canto, nel Golfo di Taranto era già in funzione un considerevole dispositivo
antisommergibili (anche e soprattutto per la prevista partenza del convoglio
«L», che sarebbe avvenuta il giorno seguente): due MAS e due motopescherecci
requisiti effettuavano vigilanza antisommergibili ed ascolto idrofonico a sud
di Messina, fino al meridiano di Spartivento, dalle 7 alle 16 del 12 dicembre, mentre
idrovolanti CANT Z. 501 svolgevano esplorazione aerea pendolare a sud di
Taranto, i MAS 440 e 438 e la motovedetta Marongiu svolgevano rastrello antisom al
largo di Punta Alice e Punta Stallitti ed il MAS 439 e la motovedetta Saba
facevano lo stesso tra Gallipoli e Santa Maria di Leuca. Infine, quattro unità
della vigilanza antiaerea formavano una catena di vigilanza sulla congiungente
Gallipoli-Crotone. Del Greco e Filzi avrebbero anche goduto di scorta e
vigilanza antisommergibile da parte di aerei dalla partenza fino al tramonto.
Per tutta la giornata
del 12, le due motonavi proseguirono
senza che si lamentassero problemi. I
due mercantili procedevano a 16 nodi in linea di fronte (Filzi a sinistra, Del Greco
a dritta), con i due cacciatorpediniere in formazione di scorta laterale (Usodimare a dritta, Da Recco a sinistra).
Quando il convoglio raggiunse
il punto di atterraggio su Taranto, il mare ed il vento erano quasi calmi, la
luna era all’ultimo quarto.
Ma alcuni
sommergibili britannici attendevano in agguato nel Golfo di Taranto.
Tra di essi c’era l’Utmost, al comando del capitano di
corvetta Richard Douglas Cayley: dopo aver rilevato rumore di motori su
rilevamento 135°, alle 00.50, il sommergibile avvistò all’1.10 (in posizione
39°47’ N e 17°22’ E) il convoglio italiano, a 6 miglia per 130°, con rotta 330°
e velocità 15 nodi.
All’1.32 l’Utmost lanciò quattro siluri, due contro
ciascuna motonave (la più vicina distava 4570 metri), poi s’immerse e ripiegò
verso sud. Nonostante Cayley ritenesse di aver sentito un siluro andare a
segno, seguito dall’1.50 da caccia con una quarantina di bombe di profondità,
nessuna nave fu colpita.
Proprio all’1.50,
intanto, un secondo sommergibile britannico, l’Upright (lo comandava il tenente di vascello John Somerton Wraith),
che si trovava fermo in ascolto ASDIC in posizione 40°08’ N e 17°00’ E, rilevò
all’ASDIC il rumore di navi in avvicinamento da sud con rotta stimata 000°. Il
sommergibile virò pertanto in quella direzione, assumendo rotta 80°; poco dopo,
la luna sorse su rilevamento 100° rispetto all’Upright. All’1.55, sentendo il rumore di motori diventare più forte
e spostarsi verso sinistra, Wraith ordinò di virare nuovamente per portarsi in
una posizione d’attacco favorevole; alle 2.03 avvistò le navi italiane e
manovrò ancora una volta, assumendo rotta 110°, così che la luna si trovasse a
10° a dritta del mercantile di testa al momento del lancio. Alle 2.04
l’operatore dell’ASDIC, rilevando 130 rivoluzioni, stimò che i bersagli
avessero una velocità di 14 nodi, ed alle 2.07 uno dei cacciatorpediniere, dopo
aver superato il mercantile di testa, passò “davanti” alla luna, permettendo a
Wraith, che col suo battello si trovava su rotta 70° e pronto al lancio, di
stimare la distanza come compresa tra i 3660 e 4570 metri.
Intanto, il convoglio
italiano era giunto a 15 miglia dal faro di San Vito (in posizione 47°10’ N e
17°06’ E): a questo punto, poco prima che cominciasse la rotta di sicurezza per
Taranto, i cacciatorpediniere cessarono lo zigzagamento; alle 2.10 del 13
dicembre il caposcorta ordinò di disporsi in linea di fila. Del Greco e Filzi diedero inizio alla manovra per passare dalla linea di fronte
alla linea di fila, ma l’avevano appena cominciata – in questo modo, ad un
attaccante posizionato sulla sinistra la Filzi,
in posizione leggermente più avanzata, si “sovrapponeva” parzialmente alla Del Greco, facilitando un lancio che
colpisse entrambe – quando l’Upright,
che si trovava in affioramento, lanciò contro di esse una salva di quattro
siluri, da 4115 metri di distanza, cogliendo proprio il momento in cui si
“sovrapponevano” ed al contempo si stagliavano contro la luna. Come punto di
mira, Wraith aveva scelto la prua della nave di testa, la Filzi.
Erano le 2.12; nessuno
vide l’Upright, né le scie dei
siluri, provenienti da sinistra.
Tutte le armi fecero
centro: due raggiunsero la Filzi, ed
altrettante colpirono la Del Greco.
Mentre la Filzi si capovolse ed affondò in soli
sette minuti, portando con sé 208 uomini, la Del Greco – colpita alle 2.15 – resse inizialmente al danno, e
rimase a galla.
Mentre l’Usodimare passava subito al
contrattacco, con un sistematico ma infruttuoso lancio di bombe di profondità
(l’Upright, che si era immerso subito
dopo il lancio, contò 48 esplosioni tra le 2.12 e le 7.37), il Da Recco tentò di prendere la Del Greco a rimorchio, nel tentativo di
salvarla; ma dopo poco più di un’ora, anche questa motonave colò a picco,
quindici miglia a sud di Capo San Vito.
Al Da Recco non rimase allora che
provvedere al recupero dei naufraghi, opera nella quale fu assistito da una
torpediniera, due dragamine, tre rimorchiatori e quattro unità d’uso locale,
tutte inviate da Taranto.
Fu possibile trarre
in salvo la quasi totalità del personale imbarcato sulla Del Greco: 289 uomini, tra cui i comandanti civile e militare,
Suttora e Masini.
Morirono cinque
membri dell’equipaggio civile (tra cui l’elettricista Giovanni Covelli, il
marittimo Giovanni Lasca e l’ufficiale di macchina Carlo Danelon, tutti
triestini, ed il marittimo brindisino Teodoro Convertino), due soldati italiani e due soldati tedeschi.
Gastone Bressan,
soldato ventenne di Abano Terme diretto in Nordafrica ed imbarcato sulla Del Greco, passò la notte aggrappato ad
una zattera insieme ad altri naufraghi (dodici, secondo quanto raccontato in
un’intervista a decenni di distanza, ma è probabile che tale numero sia
eccessivo, distorto dal tempo passato); al mattino erano rimasti soltanto lui
ed altri due. Vennero recuperati da una delle unità militari inviate in
soccorso e portati a Taranto, da dove Bressan raggiunse poi la Libia per via
aerea.
La vita della Carlo Del Greco, dal suo completamento
alla perdita, era durata trentotto giorni.
(g.c. Michele Strazzeri) |
L’Upright riuscì a sottrarsi alla morsa
dei cacciatorpediniere dopo sette ore di attacchi con bombe di profondità, ma
rimase immerso tutto il giorno seguente, fino alle 19. Wraith celebrò il
successo con l’apertura di una scatola di asparagi.
La perdita dei 95
carri armati trasportati dalle due motonavi ebbe un impatto rilevante e
negativo sull’andamento delle operazioni terrestri in Africa Settentrionale, aggravando
ulteriormente la posizione delle forze dell’Asse di fronte all’offensiva
britannica «Crusader».
(da “Le motonavi italiane nella seconda guerra mondiale” di Achille Rastelli, sulla “Rivista Marittima” del gennaio 1985, via stefsap.wordpress.com) |
L’affondamento della Carlo Del Greco nel giornale di bordo
dell’Upright (da Uboat.net):
“0150 hours - In
approximate position 40°08' N, 17°00' E HE was heard approaching from the
South. Turned towards.
0155 hours - HE
became louder and was passing down the Port side. Changed course to obtain a
favourable attack position.
0203 hours - Sighted
a large ship followed by a smaller one. Shortly afterwards sighted another
large ship following the other ones. Started attack.
0212 hours - Fired
four torpedoes at the two big ships when they overlapped. Shortly after firing Upright dived. All four torpedoes hit
the targets. It was thought the first three torpedoes hit the first target and
the last torpedo hit the second target. Depth charging started.
0228 hours - A ship
was heard breaking up.
0341 hours - A second
ship was heard breaking up.
0737 hours - The last
depth charge was dropped. In all 48 had been dropped.”
Un’altra foto della nave (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
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