La Clizia circondata dal ghiaccio nel porto di Costanza, in Romania, nel 1929 (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net) |
Piroscafo cisterna di
3698 tsl, 2249 tsn e 5000 tpl, lunga 103,6 metri, larga 13,4 e pescante 7, con
velocità di 8 nodi e autonomia massima di 2200 miglia. Appartenente alla Società
Anonima Petroliere «APE» (cioè appunto Anonima PEtroliere), avente sede a
Genova, ed iscritto con matricola 1426 al Compartimento Marittimo di Genova.
Breve e parziale cronologia.
31 maggio 1893
Impostata nei
cantieri Tyne Iron Shipbuilding Company Ltd. di Willington Quay, Wallsend (per
altra fonte, Newcastle-upon-Tyne).
9 dicembre 1893
Varata come
britannica Duffield nei cantieri Tyne
Iron Shipbuilding Company Ltd. di Willington Quay, Wallsend (numero di
costruzione 101).
Gennaio 1894
Completata come Duffield per la Northern Petroleum Tank
Steamship Company Ltd., avente sede a Newcastle.
Si tratta della prima
nave cisterna della flotta della Northern Petroleum Tank Steamship Company, una
nuova compagnia fondata nel 1893 dagli armatori britannici Charles Hunting
(padre) e Charles Samuel Hunting di Newcastle dopo un’attività quasi ventennale
(ditta Hunting & Pattison, sciolta nel 1891 e sostituita dalla Hunting
& Son, formata da padre e figlio) nel settore del trasporto di merci via
mare (con navi da carico secco). Le navi cisterna sono ancora una novità per
l’epoca: la prima al mondo, la Glückauf,
è stata costruita pochi anni prima, nel 1886 (in precedenza, petrolio, suoi
derivati ed altri carichi liquidi erano semplicemente trasportati in barili
imbarcati sulle normali navi da carico). Hunting padre e figlio hanno ordinato
la loro prima petroliera già nel 1889, prima ancora di fondare la Northern
Petroleum, ma ci sono voluti tre anni per perfezionarne il progetto, prima di
procedere alla sua impostazione nel maggio 1893; il nome di Duffield è stato scelto in onore di
James Duffield, primo presidente della Northern Petroleum nonché principale
finanziatore della compagnia e della costruzione stessa della nave. La Duffield è dotata di illuminazione
elettrica ed i suoi alloggi per l’equipaggio segnano un notevole passo in
avanti rispetto alle navi cisterna contemporanee; grazie alle sue dimensioni,
può trasportare 2000 tonnellate di petrolio in più della Glückauf. La Duffield è
anche la prima nave cisterna ad essere costruita dai cantieri Tyne Iron Shipbuilding.
La Clizia sotto l’originario nome di Duffield (Lockett Graham, via www.wrecksite.eu) |
1° febbraio 1894
Consegnata, dopo le
prove in mare (durante le quali raggiunge una velocità di 11 nodi, notevole per
l’epoca, grazie alle macchine a triplice espansione della Wallsend Slipway),
alla Northern Petroleum Tank Steamship Company Ltd., in gestione a Hunting
& Son Ltd.
Stazza lorda originaria
3767 o 3968 tsl, stazza netta 2426 tsn, portata lorda 5000 tpl.
Dati i risultati
positivi del suo impiego, la Northern Petroleum ordinerà allo stesso cantiere
tre navi gemelle della Duffield: Aureole, Oilfield e Bloomfield. Il
suffisso "field" contraddistinguerà, nei decenni a venire, tutte le
navi della Northern Petroleum.
27 luglio 1895
A causa della fitta
nebbia la Duffield, proveniente da
Rouen, entra in collisione nel Canale della Manica, al largo di Folkestone, con
il piroscafo britannico Cleveland, in
navigazione in zavorra da Londra a Cardiff. Il Cleveland affonda; cinque membri del suo equipaggio vengono salvati
dal piroscafo Baltimore e portati a
Gravesend, il comandante del Cleveland
viene recuperato dal piroscafo City of
Liverpool e sbarcato a Nieuwediep, mentre sei altri membri dell’equipaggio
risultano dispersi.
7 giugno 1901
La Duffield viene venduta alla
Anglo-American Oil Company Limited (che sarebbe in seguito divenuta la Esso UK),
avente sede a Londra, che la acquista per studiare la praticità dell’impiego di
navi cisterna. Ribattezzata Appalachee;
impiegata nel trasporto di prodotti petroliferi tra Regno Unito e Stati Uniti.
La nave come Appalachee (Russell Priest via www.tynebuiltships.co.uk) |
22 aprile 1912
L’Appalachee, in navigazione nel Nord
Atlantico, avvista e segnala ben 24 iceberg nel corso di un singlo giorno:
dapprima un piccolo iceberg in posizione 41°01’ N e 46°39’ O, poi un altro nel
punto 41°18’ N e 46°11’ O e poi un terzo in posizione 41°22’ N e 46°04’ O,
tutti di piccole dimensioni; poi ben 12 icebergs di varie dimensioni, con
altezza variabile da 6 a 60 metri ed estensione variabile tra un quarto di acro
e due acri, nel punto 41°28’ N e 45°54’ O. Infine, in posizione 41°42’ O e
45°13’ O, altri nove icebergs di varie dimensioni. La tragedia del Titanic si è verificata appena dieci
giorni prima.
25 febbraio 1918
L’Appalachee, in navigazione in zavorra da
Scapa Flow a Liverpool, viene silurata e danneggiata dal sommergibile tedesco U 19 (capitano di corvetta Johannes
Spieß) cinque miglia a nordovest di Rathlin Island (Irlanda settentrionale).
Nonostante i danni, la nave riesce a raggiungere Belfast (non è chiaro se con i
propri mezzi od a rimorchio).
1926
Acquistata dall’armatore
genovese Gerolamo Massabo, registrata a Genova e ribattezzata Clizia.
1927
Trasferita alla A.P.E.
Società Anonima Petroliere (o Petroliera, o Petrolifera) di Genova,
appartenente allo stesso Massabo.
1939
La Clizia trasporta greggio albanese dall’Albania,
recentemente conquistata, alla raffineria ANIC di Livorno.
Un’altra immagine della nave come Duffield (da www.wrecksite.eu) |
Violatori di blocco
Quando l’Italia entrò
nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, la Clizia, come più di duecento altre navi mercantili italiane, si
trovava al di fuori del Mediterraneo. Partita da Haifa (Palestina) con un
carico di 3680 tonnellate di petrolio greggio dall’Iraq, la pirocisterna fu
sorpresa dalla dichiarazione di guerra nell’Atlantico settentrionale, e diresse
per il porto neutrale più vicino: Gijon, sulla costa atlantica spagnola.
La difficile
situazione che la Marina britannica (che aveva appena concluso l’evacuazione da
Dunkerque del corpo di spedizione britannico in Francia e si trovava in quel
momento concentrata nelle acque del Regno Unito per contrastare un potenziale
sbarco tedesco in Gran Bretagna) attraversava in quei giorni fu una benedizione
per i mercantili italiani che, come la Clizia,
si trovavano in quel momento nell’Atlantico centrale e settentrionale: grazie
all’inazione della Royal Navy, che non tentò di intercettarli, ben 32
bastimenti italiani (20 navi da carico per complessive 106.608 tsl e 12 navi
cisterna per totali 67.952 tsl) riuscirono a rifugiarsi nei porti della Spagna
atlantica e delle Canarie. Tredici navi, tra cui la Clizia, raggiunsero porti della Spagna; diciassette quelli delle
Canarie; uno il possedimento coloniale spagnolo del Rio de Oro (Sahara
spagnolo, Nordafrica occidentale) ed uno quello di Fernando Po (Guinea
Equatoriale).
Sebbene avessero
evitato di cadere in mano nemica, però, queste navi si trovavano ora bloccate
in tali porti neutrali, con la prospettiva di passarvi tutta la guerra senza
poter essere in alcun modo di aiuto allo sforzo bellico italiano. Non era
questa l’opinione dei Comandi della Marina italiana, che presero la decisione
di cercare di trasferire almeno una parte di tali bastimenti, violando la
sorveglianza aeronavale britannica, in porti controllati dall’Asse:
segnatamente, quelli della costa atlantica francese, occupata dalle forze
tedesche, e più precisamente quello di Bordeaux, che era divenuto sede di una
base atlantica di sommergibili italiani, «Betasom». In tal modo, non senza
rischi, sarebbe stato almeno possibile recuperare i carichi di quei mercantili,
consistenti in gran parte in materiali che sarebbero stati molto utili per
l’industria bellica e le forze armate dell’Asse, come le quasi 3700 tonnellate
di prezioso petrolio contenuto nelle cisterne della Clizia.
Nella pianificazione
del trasferimento dei mercantili italiani dai porti neutrali di mezzo mondo a
quelli della Francia occupata, la scelta ricadde, per prima cosa, proprio sui
bastimenti rifugiatisi in Spagna e nelle Canarie: decisione logica, in quanto i
porti spagnoli e canari erano quelli più vicini alla Francia, ergo le navi
provenienti da tali sorgitori avrebbero compiuto un percorso più breve, e
risultavano dunque più facilmente “recuperabili”. Agli inizi del 1941, le navi
mercantili italiane internate in Spagna ed alle Canarie erano ancora in
soddisfacenti condizioni di efficienza, ancorché la forzata inerzia in porto,
protrattasi per diversi mesi, avesse influito negativamente sia sugli scafi che
sugli equipaggi.
Le modalità ed i
tempi per il trasferimento delle navi italiane dai porti neutrali a quelli
francesi vennero definite a seguito di riunioni tenutesi a Roma tra rappresentanti
dei Ministeri della Marina, delle Comunicazioni (che aveva competenza sulla
Marina Mercantile), degli Esteri e degli Scambi e Valute nell’autunno del 1940,
ed il 14 dicembre 1940 le relative disposizioni vennero trasmesse agli addetti
navali italiani in Spagna ed in Brasile (altro Paese dal quale sarebbero
partiti molti “violatori di blocco” diretti in Francia). Prima ancora che
queste decisioni venissero poste in essere, tuttavia, nel febbraio 1941 venne
deciso un primo trasferimento dalla Spagna alla Francia: due navi mercantili
che si trovavano nei porti di Vigo e San Juan de Nieva (Avilés), nell’estremità
nordoccidentale della costa atlantica spagnola. Questa decisione era motivata
dalla vicinanza di Vigo e San Juan de Nieva a Bordeaux: le due navi avrebbero
potuto compiere un viaggio particolarmente breve e relativamente sicuro,
navigando sottocosta (avrebbero costeggiato la regione spagnola della Biscaglia
fino al confine con la Francia) e venendo raggiunte al confine franco-spagnolo
da mezzi della Kriegsmarine e della Luftwaffe, che ne avrebbero assunto la
scorta fino all’arrivo a destinazione.
Le due navi destinate
a compiere questa prima traversata, divenendo così i primi “violatori di
blocco” italiani, erano proprio la Clizia,
che il 15 dicembre 1940 si era trasferita da Gijon al vicino porticciolo di San
Juan de Nieva (secondo una fonte, perché l’ampia baia di Gijon era considerata
troppo esposta ad un possibile colpo di mano britannico), ed il piroscafo da
carico Capo Lena, internato a Vigo.
Il 5 febbraio 1941 il
capitano di vascello Aristotele Bona, addetto navale italiano a Madrid,
comunicò al viceconsole italiano a La Coruña, capitano di fregata Edgardo
Storich, le disposizioni necessarie alla preparazione del trasferimento di Clizia e Capo Lena dai rispettivi porti spagnoli a Bordeaux. Queste
prescrivevano tra l’altro di procedere a verificare l’efficienza di scafi e
motori delle due navi ed a completare il prima possibile, e con la massima
segretezza consentita dalle circostanze, l’imbarco di provviste, acqua e carburante
in quantità sufficiente alla traversata; una volta pronti, i due mercantili
sarebbero dovuti partire per Bilbao, capitale della provincia spagnola di
Biscaglia, dove poi avrebbero ricevuto ulteriori istruzioni per la parte finale
del viaggio dalle locali autorità tedesche. La navigazione fino a Bilbao si
sarebbe dovuta svolgere restando sempre entro le acque territoriali spagnole;
era di capitale importanza che le navi, di notte, venissero completamente
oscurate, e che osservassero un assoluto silenzio radio. Ad ulteriore tutela
del segreto, che aveva capitale importanza per il successo della missione,
soltanto i comandanti di Clizia e Capo Lena avrebbero dovuto essere
informati del piano, e solo dopo la partenza questi ultimi avrebbero potuto
annunciare ai loro equipaggi che la destinazione del viaggio era Bilbao, e nulla di più. Non dovevano essere minimamente
informati gli armatori, i proprietari dei carichi, gli assicuratori ed ogni
altro soggetto avente interessi relativi alle navi o a quello che
trasportavano; ogni comunicazione con questi soggetti era vietata. Una fuga di
notizie, che avrebbe potuto avere conseguenze gravissime per le navi, sarebbe
stata severamente punita in base al Codice Penale Marittimo. In caso di
tentativo nemico di catturarle, gli equipaggi avrebbero dovuto impedire ad ogni
costo che navi e carichi potessero essere utilizzati dal nemico, provvedendo
all’autoaffondamento. Storich fu autorizzato a compiere tutte le spese
occorrenti a rifornire Clizia e Capo Lena ed a prepararli alla partenza,
con l’indicazione di rivolgersi all’ufficio dell’addetto navale italiano a
Madrid per il rimborso.
Il mattino del 7
febbraio il capitano di fregata Storich andò di persona a San Juan de Nieva,
dove si trovava la Clizia, e recapitò
al comandante della petroliera, capitano di lungo corso Alessandro Lavagna, le
istruzioni inviate dal comandante Bona. In aggiunta a quanto sopra elencato, in
esse si precisava che la Clizia
doveva essere la prima nave ad arrivare a Bilbao, e che qui avrebbe trovato il
piroscafo tedesco Plus, insieme al
quale avrebbe quasi sicuramente proseguito il viaggio. Gli accordi con i
Comandi tedeschi dell’Atlantico relativi al viaggio da Bilbao a Bordeaux
dovevano essere presi tramite il console di Germania a Bilbao, Friedhelm
Burbach, che era in contatto diretto con Bordeaux; pertanto, una volta giunto
nel porto spagnolo, Lavagna si sarebbe dovuto presentare a Burbach per ricevere
gli ordini sulla prosecuzione della traversata.
Sulla base delle
disposizioni ricevute, il comandante Lavagna stabilì inizialmente che la Clizia sarebbe dovuta salpare la sera
dell’8 febbraio; la marea troppo bassa che si verificò quella sera, tuttavia,
impedì di partire, il che obbligò così a rinviare la partenza al mattino
seguente, con la nuova marea.
Il mattino del 9
febbraio 1941, finalmente, la Clizia
lasciò San Juan de Nieva e fece rotta a tutta forza per Bilbao. La lunga sosta
forzata aveva riempito la carena di alghe e incrostazioni, il che determinò una
riduzione della (già non molto elevata) velocità massima raggiungibile dalla Clizia, ma la petroliera giunse sana e
salva a Bilbao il 10 febbraio. Qui vennero concordati con i Comandi tedeschi
dell’Atlantico le modalità per il prosieguo della traversata, la scorta e le
norme di sicurezza; come detto più sopra, gli ordini alle navi in partenza da
Bilbao erano impartiti per tramite del console Burbach, dunque il comandante
Lavagna si presentò da lui per ricevere ulteriori disposizioni.
Quattro giorni più
tardi arrivò a Bilbao anche il Capo Lena,
dopo aver superato alcune difficoltà legate alla mancanza di carte nautiche
della zona da attraversare, che vennero procurate dal viceconsole Storich.
Clizia e Capo Lena rimasero a
Bilbao per dieci giorni, aspettando l’ordine di proseguire verso Bordeaux; era
previsto che le due navi viaggiassero insieme ed unitamente al piroscafo
tedesco Plus, anch’esso trasferitosi
da Vigo a Bilbao (dov’era arrivato l’8 febbraio). Durante la sosta a Bilbao, si
abbatté sulle coste settentrionali della Spagna un violento fortunale, che
coinvolse anche i tre mercantili dell’Asse fermi nel porto biscaglino: il Capo Lena ruppe le catene delle ancore e
venne sospinto fuori dal porto, evitando di stretta misura gravi danni, mentre
il Plus venne gettato contro un molo
e rimase danneggiato, anche se non così seriamente da non poter proseguire il
viaggio. La Clizia, invece, rimase
indenne.
Nonostante le già
citate precauzioni volte a mantenere la segretezza sul trasferimento delle due
navi italiane, gli informatori britannici riuscirono egualmente a carpire i
principali particolari dell’operazione: il “Weekly Intelligence Report” n. 50
del 21 febbraio 1941, compilato dalla Naval Intelligence Division
dell’Ammiragliato britannico, riferiva infatti che «La nave cisterna Clizia, di 3,968 tsl, ha lasciato Gijon
il 9 febbraio ed è arrivata a Bilbao il giorno seguente con 3000 tonnellate di
petrolio. Il Capo Lena, di 4,820 tsl,
ha lasciato Vigo il 12 febbraio ed è arrivato a Bilbao il 14 febbraio».
Ciononostante, la successiva navigazione non fu in alcun modo molestata dalle
forze britanniche.
Il 24 febbraio 1941,
all’alba, Clizia, Capo Lena e Plus lasciarono Bilbao per completare il loro viaggio verso
Bordeaux: una volta giunti al largo di Saint-Jean-de-Luz, porto francese
situato subito oltre il confine con la Spagna, i tre mercantili furono
raggiunti dai dragamine tedeschi, che li scortarono verso la foce della
Gironda. Il piccolo convoglio risalì la Gironda fino a Bordeaux, dove Clizia e Capo Lena si ormeggiarono il 27 febbraio: i primi di una lunga
serie di violatori di blocco italiani che avrebbero raggiunto quella base nel
corso del 1941. Sia Betasom che Supermarina (il comando in capo della Marina
italiana) inviarono ai comandanti e agli equipaggi dei due bastimenti le loro
congratulazioni.
Siccome i carichi di Clizia e Capo Lena appartenevano originariamente, del tutto in parte, a
persone fisiche o giuridiche di Paesi nemici (Regno Unito, Francia, Grecia o
Jugoslavia), il 21 aprile 1941 tali merci vennero catturate, dando applicazione
dal comma 1 dell’articolo 154 della Legge di guerra. Si trattava di una mera
formalità, che venne eseguita in seguito per tutti i carichi degli altri
violatori di blocco giunti a Bordeaux. In base ad accordi presi tra Italia e
Germania, le 3680 tonnellate di petrolio contenute nelle cisterne della Clizia vennero consegnate alle autorità
tedesche. Poi, nella primavera di quello stesso anno, i 24 uomini che
componevano l’equipaggio della Clizia
vennero rimpatriati; l’anziana pirocisterna venne requisita il 26 maggio 1941
per conto del Ministero delle Comunicazioni e noleggiata, a partire dal giugno
1941, alla Marina tedesca (secondo una fonte, non confermata, il 6 giugno 1941
sarebbe stata trasferita sotto bandiera tedesca). Ancorata sulla Gironda, la Clizia venne classificata "Stützpunkttanker"
(letteralmente “petroliera-base” o “petroliera appoggio”) ed utilizzata dalla
Kriegsmarine come deposito di carburante.
Il 20 ottobre 1941 il
capo di Stato Maggiore della Marina italiana, ammiraglio Arturo Riccardi,
incaricò il Comando della base sommergibilistica di Betasom di esaminare la
possibilità di allestire la Clizia
per impiegarla nel rifornimento di sommergibili italiani, dipendenti da
Betasom, in un porto delle Canarie o nelle acque circostanti, comunicando a
Roma quali lavori e rifornimenti sarebbero stati necessari al tale scopo; ma
alla fine non se ne fece nulla.
Per alcune fonti, la
nave sarebbe stata trasferita alla Kriegsmarine nel 1942.
Per i successivi due
anni, la Clizia rimase dunque
ormeggiata a Bordeaux senza equipaggio, usata come deposito galleggiante. L’8
settembre 1943, in seguito all’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, la Clizia venne catturata a Bordeaux dalle
forze tedesche, venendo incorporata nella Kriegsmarine; dato che la nave si
trovava già priva di equipaggio ed utilizzata per conto della Marina tedesca,
comunque, la sua situazione di fatto cambiò ben poco: per un altro anno, o
quasi, l’anziana petroliera continuò a svolgere la sua funzione di deposito
statico di combustibile per le forze tedesche. Da fonti francesi risulterebbe
che la Clizia, al pari di altre
cisterne italiane catturate a Bordeaux, venne anche usata per movimentare
carburante tra la base di Bordeaux ed il paese di Bourg-sur-Gironde (situato, a
dispetto del nome, non sulla Gironda ma sulla Dordogna, un suo affluente:
questo perché in epoca antica la confluenza tra i due fiumi era situata a monte
di Bourg, che all’epoca sorgeva così sulla Gironda, mentre nel 1943 si era
ormai da tempo spostata a valle del paese), dove le forze tedesche avevano
creato dei depositi sotterranei di carburante (sette cisterne profonde 11
metri, larghe 8,50 ed aventi lunghezze variabili tra i 44 e i 65 metri)
trasformando delle vecchie cave di pietra scavate nella scogliera sottostante il
castello della “cittadella” di Bourg. In quelle cisterne sotterranee vennero
stivati i carichi di carburante portati da diversi violatori di blocco
italiani, compreso probabilmente quello portato dalla Clizia nel febbraio 1941; secondo alcune fonti locali, la Clizia venne usata per trasportare
carburante da Bordeaux a Bourg, dove veniva immesso nelle cisterne.
La guerra intanto
proseguiva, e per la Germania si avvicinava la fine: nel giugno 1944 le forze
angloamericane sbarcarono in Normandia (operazione "Overlord"), e due
mesi più tardi altre forze Alleate sbarcarono in Provenza (operazione "Dragoon");
le truppe tedesche attestate sulla costa occidentale francese, per evitare di
restare accerchiate ed intrappolate dall’avanzata delle forze Alleate, dovettero
ripiegare, lasciando soltanto alcune guarnigioni con l’incarico di tenere il
più a lungo possibile alcune basi-chiave come La Rochelle, Saint-Nazaire,
Lorient e Brest (alcune delle quali vennero rapidamente conquistate dagli
Alleati, mentre altre furono assediate ma non attaccate direttamente, e
resistettero fino alla fine della guerra) per creare delle sacche di resistenza
alle spalle dello schieramento Alleato. Anche Bordeaux dovette essere
abbandonata dalle truppe tedesche, venendo liberata il 29 agosto 1944; prima di
ritirarsi, tuttavia, i tedeschi provvidero al sistematico autoaffondamento di
tutte le navi presenti nel porto e sulla Gironda, con il duplice scopo di
evitare che tali navi cadessero intatte in mano Alleata e di ostruire il porto
di Bordeaux ed il corso della Gironda e dei canali circostanti, in modo da
renderli inutilizzabili il più a lungo possibile. Nel volgere di un paio di
settimane, si autoaffondarono così nella Gironda decine di navi mercantili e
ausiliarie di ogni tipo e dimensione, tedesche, ex francesi ed ex italiane. Tra
queste ultime vi erano parecchi violatori di blocco che, raggiunta Bordeaux
partendo dalle Canarie, dal Brasile o dall’Estremo Oriente, erano caduti in
mano tedesca dopo l’8 settembre: le motonavi Himalaya e Fusijama, le
navi cisterna Frisco, Todaro e Burano, e per l’appunto la Clizia.
Il 25 o 26 agosto
1944, pochi giorni prima di ritirarsi da Bordeaux, i tedeschi autoaffondarono
la Clizia nel fiume Dordogna, davanti
all’abitato di Bourg-sur-Gironde, la cui cittadella venne al contempo data alle
fiamme per distruggere i depositi di carburante e non farli cadere in mano
Alleata. A completamento del tutto, la Clizia,
prima di essere autoaffondata, fu posizionata in modo da impedire agli Alleati
di utilizzare l’approdo di Bourg.
Alcune fonti danno la
Clizia come autoaffondata nel
settembre 1944, ma ciò risulta del tutto inverosimile, dato che le truppe
tedesche lasciarono Bordeaux entro il 29 agosto.
Affondata in soli tre
metri d’acqua, proprio sotto i bastioni della cittadella, la nave rimase per la
maggior parte al di fuori dell’acqua.
Benché il volume
"Navi mercantili perdute" dell’U.S.M.M., caratterizzato da più di
qualche errore, affermi che il relitto della Clizia venne successivamente demolito sul posto (notizia che è
riportata anche da diversi siti, anche autorevoli), in realtà la vecchia
pirocisterna venne lasciata dov’era, semiaffondata nelle acque della Dordogna.
La burocrazia francese si interessò al relitto della vecchia cisterna a più riprese:
dapprima il 12 dicembre 1944, quando la Clizia
(«petroliera nemica incagliata») venne formalmente dichiarata «catturata» a
Bordeaux, e poi il 12 luglio 1956, ben dodici anni dopo l’affondamento, quando
la Corte delle Prede (Conseil des prises) emise una sentenza a riguardo. Con
quest’ultima sentenza si era ritenuto necessario accertare l’effettiva
nazionalità della Clizia; a questo
proposito venne riaffermato un vecchio principio della giurisprudenza francese,
che asseriva che una nave, per essere considerata come della nazionalità
rappresentata dalla bandiera che batteva, doveva appartenere per più della metà
a persona fisica o giuridica residente in tale Stato. Per determinare la
nazionalità della Clizia la Corte
delle Prede considerò il Paese dov’era stata costruita, quello in cui si
trovava il porto di registrazione, la nazionalità dell’armatore e quella di chi
“controllava” effettivamente la nave; furono presi in considerazione persino la
provenienza dei fondi usati per pagare il cantiere costruttore, la nazionalità
di chi l’aveva pagato e le finalità d’impiego della nave.
Al di là di queste
minuzie di natura legale, ad ogni modo, nessuno si interessò più alla Clizia, tanto che non si tentò nemmeno
di recuperarla o demolirla per recuperarne il metallo, o per liberare il
pontile davanti al quale era stata affondata: in breve la vecchia pirocisterna
venne dimenticata da tutti, tranne che dagli abitanti di Bourg, che ce
l’avevano sotto gli occhi ogni giorno. Il tempo e la differenza di lingue
storpiarono, a poco a poco, il nome della nave: agli abitanti del posto, la
vecchia petroliera è variabilmente nota come Clizia, Clezia, Glezia, Clisia, Glisia o Glysia.
Il relitto della Clizia giace ancor oggi dove fu
affondato nel 1944: proprio davanti all’abitato di Bourg, a pochi metri dalla
riva, ben visibile dal paese. La vecchia petroliera si presenta spezzata in due
a centro nave, subito a poppavia del ponte di comando; il troncone prodiero è
visibilmente appruato ed interamente sommerso, ad eccezione della
sovrastruttura centrale con la plancia, che invece emerge completamente dalla
superficie con la bassa marea. Il troncone poppiero è sbandato sulla dritta;
con la bassa marea emergono completamente il fumaiolo, le poche sovrastrutture
poppiere ed anche parte della murata di sinistra, mentre in condizioni di alta
marea affiorano soltanto il fumaiolo e la parte superiore delle sovrastrutture.
Le coordinate del relitto sono 45°2'16" N e 0°33'44" E (o 45°02'2764
N e 33'7472 O, punto geodetico WGS 84); ancora come abbastanza ben conservata
dopo tanti decenni dall’affondamento, la Clizia
è ormai divenuta parte integrante del paesaggio di Bourg. La sua campana –
recante ancora l’originario nome di Duffield
– è stata recuperata tempo addietro da barcaioli della Gironda, ripulita e
restaurata.
In anni recenti, è
stato messo allo studio un progetto per la realizzazione, a Bourg-sur-Gironde,
di un impianto per la produzione dell’energia elettrica, alimentato da turbine che
sfrutterebbero l’energia delle correnti della Dordogna. Le turbine verrebbero collocate
proprio nel tratto di fiume immediatamente a monte del relitto della Clizia. Finora, il progetto non ha
ancora avuto pratica attuazione.
La parte poppiera con il fumaiolo (poi parzialmente crollato) in una foto probabilmente antecedente al 2012 (Sergio De Phocée – via www.wrecksite.eu) |
Un’altra immagine dello stesso periodo (da "Les Guides Bleus Marines – L’estuaire de la Gironde") |
Nell’agosto
2012 (foto Laurent Theillet, via www.sudouest.fr)
Nell’aprile
2014 (g.c. Christophe Dedieu, via www.shipspotting.com):
Il 15 marzo 2015 (Nicolas Vogt via www.tynebuiltships.co.uk) |
(Foto Nicolas Vogt – da Flickr) |
Con l’alta marea (JHP Photographies – Flickr) |
(g.c. Giancarlo Gilardi via www.betasom.it) |
(da www.alexdebordeaux.wordpress.com) |
Riflessi (fred814.skyrock.com) |
(da www.carbon-blanc.rando.over-blog.com)
(da www.bordeauxcognactourguide.com) |
(da www.communes.com) |
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