domenica 22 luglio 2018

Clizia

La Clizia circondata dal ghiaccio nel porto di Costanza, in Romania, nel 1929 (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

Piroscafo cisterna di 3698 tsl, 2249 tsn e 5000 tpl, lunga 103,6 metri, larga 13,4 e pescante 7, con velocità di 8 nodi e autonomia massima di 2200 miglia. Appartenente alla Società Anonima Petroliere «APE» (cioè appunto Anonima PEtroliere), avente sede a Genova, ed iscritto con matricola 1426 al Compartimento Marittimo di Genova.

Breve e parziale cronologia.

31 maggio 1893
Impostata nei cantieri Tyne Iron Shipbuilding Company Ltd. di Willington Quay, Wallsend (per altra fonte, Newcastle-upon-Tyne).
9 dicembre 1893
Varata come britannica Duffield nei cantieri Tyne Iron Shipbuilding Company Ltd. di Willington Quay, Wallsend (numero di costruzione 101).
Gennaio 1894
Completata come Duffield per la Northern Petroleum Tank Steamship Company Ltd., avente sede a Newcastle.
Si tratta della prima nave cisterna della flotta della Northern Petroleum Tank Steamship Company, una nuova compagnia fondata nel 1893 dagli armatori britannici Charles Hunting (padre) e Charles Samuel Hunting di Newcastle dopo un’attività quasi ventennale (ditta Hunting & Pattison, sciolta nel 1891 e sostituita dalla Hunting & Son, formata da padre e figlio) nel settore del trasporto di merci via mare (con navi da carico secco). Le navi cisterna sono ancora una novità per l’epoca: la prima al mondo, la Glückauf, è stata costruita pochi anni prima, nel 1886 (in precedenza, petrolio, suoi derivati ed altri carichi liquidi erano semplicemente trasportati in barili imbarcati sulle normali navi da carico). Hunting padre e figlio hanno ordinato la loro prima petroliera già nel 1889, prima ancora di fondare la Northern Petroleum, ma ci sono voluti tre anni per perfezionarne il progetto, prima di procedere alla sua impostazione nel maggio 1893; il nome di Duffield è stato scelto in onore di James Duffield, primo presidente della Northern Petroleum nonché principale finanziatore della compagnia e della costruzione stessa della nave. La Duffield è dotata di illuminazione elettrica ed i suoi alloggi per l’equipaggio segnano un notevole passo in avanti rispetto alle navi cisterna contemporanee; grazie alle sue dimensioni, può trasportare 2000 tonnellate di petrolio in più della Glückauf. La Duffield è anche la prima nave cisterna ad essere costruita dai cantieri Tyne Iron Shipbuilding.

La Clizia sotto l’originario nome di Duffield (Lockett Graham, via www.wrecksite.eu)

1° febbraio 1894
Consegnata, dopo le prove in mare (durante le quali raggiunge una velocità di 11 nodi, notevole per l’epoca, grazie alle macchine a triplice espansione della Wallsend Slipway), alla Northern Petroleum Tank Steamship Company Ltd., in gestione a Hunting & Son Ltd.
Stazza lorda originaria 3767 o 3968 tsl, stazza netta 2426 tsn, portata lorda 5000 tpl.
Dati i risultati positivi del suo impiego, la Northern Petroleum ordinerà allo stesso cantiere tre navi gemelle della Duffield: Aureole, Oilfield e Bloomfield. Il suffisso "field" contraddistinguerà, nei decenni a venire, tutte le navi della Northern Petroleum.
27 luglio 1895
A causa della fitta nebbia la Duffield, proveniente da Rouen, entra in collisione nel Canale della Manica, al largo di Folkestone, con il piroscafo britannico Cleveland, in navigazione in zavorra da Londra a Cardiff. Il Cleveland affonda; cinque membri del suo equipaggio vengono salvati dal piroscafo Baltimore e portati a Gravesend, il comandante del Cleveland viene recuperato dal piroscafo City of Liverpool e sbarcato a Nieuwediep, mentre sei altri membri dell’equipaggio risultano dispersi.
7 giugno 1901
La Duffield viene venduta alla Anglo-American Oil Company Limited (che sarebbe in seguito divenuta la Esso UK), avente sede a Londra, che la acquista per studiare la praticità dell’impiego di navi cisterna. Ribattezzata Appalachee; impiegata nel trasporto di prodotti petroliferi tra Regno Unito e Stati Uniti.

La nave come Appalachee (Russell Priest via www.tynebuiltships.co.uk)

22 aprile 1912
L’Appalachee, in navigazione nel Nord Atlantico, avvista e segnala ben 24 iceberg nel corso di un singlo giorno: dapprima un piccolo iceberg in posizione 41°01’ N e 46°39’ O, poi un altro nel punto 41°18’ N e 46°11’ O e poi un terzo in posizione 41°22’ N e 46°04’ O, tutti di piccole dimensioni; poi ben 12 icebergs di varie dimensioni, con altezza variabile da 6 a 60 metri ed estensione variabile tra un quarto di acro e due acri, nel punto 41°28’ N e 45°54’ O. Infine, in posizione 41°42’ O e 45°13’ O, altri nove icebergs di varie dimensioni. La tragedia del Titanic si è verificata appena dieci giorni prima.
25 febbraio 1918
L’Appalachee, in navigazione in zavorra da Scapa Flow a Liverpool, viene silurata e danneggiata dal sommergibile tedesco U 19 (capitano di corvetta Johannes Spieß) cinque miglia a nordovest di Rathlin Island (Irlanda settentrionale). Nonostante i danni, la nave riesce a raggiungere Belfast (non è chiaro se con i propri mezzi od a rimorchio).
1926
Acquistata dall’armatore genovese Gerolamo Massabo, registrata a Genova e ribattezzata Clizia.
1927
Trasferita alla A.P.E. Società Anonima Petroliere (o Petroliera, o Petrolifera) di Genova, appartenente allo stesso Massabo.
1939
La Clizia trasporta greggio albanese dall’Albania, recentemente conquistata, alla raffineria ANIC di Livorno.

Un’altra immagine della nave come Duffield (da www.wrecksite.eu)

Violatori di blocco

Quando l’Italia entrò nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, la Clizia, come più di duecento altre navi mercantili italiane, si trovava al di fuori del Mediterraneo. Partita da Haifa (Palestina) con un carico di 3680 tonnellate di petrolio greggio dall’Iraq, la pirocisterna fu sorpresa dalla dichiarazione di guerra nell’Atlantico settentrionale, e diresse per il porto neutrale più vicino: Gijon, sulla costa atlantica spagnola.
La difficile situazione che la Marina britannica (che aveva appena concluso l’evacuazione da Dunkerque del corpo di spedizione britannico in Francia e si trovava in quel momento concentrata nelle acque del Regno Unito per contrastare un potenziale sbarco tedesco in Gran Bretagna) attraversava in quei giorni fu una benedizione per i mercantili italiani che, come la Clizia, si trovavano in quel momento nell’Atlantico centrale e settentrionale: grazie all’inazione della Royal Navy, che non tentò di intercettarli, ben 32 bastimenti italiani (20 navi da carico per complessive 106.608 tsl e 12 navi cisterna per totali 67.952 tsl) riuscirono a rifugiarsi nei porti della Spagna atlantica e delle Canarie. Tredici navi, tra cui la Clizia, raggiunsero porti della Spagna; diciassette quelli delle Canarie; uno il possedimento coloniale spagnolo del Rio de Oro (Sahara spagnolo, Nordafrica occidentale) ed uno quello di Fernando Po (Guinea Equatoriale).
Sebbene avessero evitato di cadere in mano nemica, però, queste navi si trovavano ora bloccate in tali porti neutrali, con la prospettiva di passarvi tutta la guerra senza poter essere in alcun modo di aiuto allo sforzo bellico italiano. Non era questa l’opinione dei Comandi della Marina italiana, che presero la decisione di cercare di trasferire almeno una parte di tali bastimenti, violando la sorveglianza aeronavale britannica, in porti controllati dall’Asse: segnatamente, quelli della costa atlantica francese, occupata dalle forze tedesche, e più precisamente quello di Bordeaux, che era divenuto sede di una base atlantica di sommergibili italiani, «Betasom». In tal modo, non senza rischi, sarebbe stato almeno possibile recuperare i carichi di quei mercantili, consistenti in gran parte in materiali che sarebbero stati molto utili per l’industria bellica e le forze armate dell’Asse, come le quasi 3700 tonnellate di prezioso petrolio contenuto nelle cisterne della Clizia.
Nella pianificazione del trasferimento dei mercantili italiani dai porti neutrali di mezzo mondo a quelli della Francia occupata, la scelta ricadde, per prima cosa, proprio sui bastimenti rifugiatisi in Spagna e nelle Canarie: decisione logica, in quanto i porti spagnoli e canari erano quelli più vicini alla Francia, ergo le navi provenienti da tali sorgitori avrebbero compiuto un percorso più breve, e risultavano dunque più facilmente “recuperabili”. Agli inizi del 1941, le navi mercantili italiane internate in Spagna ed alle Canarie erano ancora in soddisfacenti condizioni di efficienza, ancorché la forzata inerzia in porto, protrattasi per diversi mesi, avesse influito negativamente sia sugli scafi che sugli equipaggi.
Le modalità ed i tempi per il trasferimento delle navi italiane dai porti neutrali a quelli francesi vennero definite a seguito di riunioni tenutesi a Roma tra rappresentanti dei Ministeri della Marina, delle Comunicazioni (che aveva competenza sulla Marina Mercantile), degli Esteri e degli Scambi e Valute nell’autunno del 1940, ed il 14 dicembre 1940 le relative disposizioni vennero trasmesse agli addetti navali italiani in Spagna ed in Brasile (altro Paese dal quale sarebbero partiti molti “violatori di blocco” diretti in Francia). Prima ancora che queste decisioni venissero poste in essere, tuttavia, nel febbraio 1941 venne deciso un primo trasferimento dalla Spagna alla Francia: due navi mercantili che si trovavano nei porti di Vigo e San Juan de Nieva (Avilés), nell’estremità nordoccidentale della costa atlantica spagnola. Questa decisione era motivata dalla vicinanza di Vigo e San Juan de Nieva a Bordeaux: le due navi avrebbero potuto compiere un viaggio particolarmente breve e relativamente sicuro, navigando sottocosta (avrebbero costeggiato la regione spagnola della Biscaglia fino al confine con la Francia) e venendo raggiunte al confine franco-spagnolo da mezzi della Kriegsmarine e della Luftwaffe, che ne avrebbero assunto la scorta fino all’arrivo a destinazione.
Le due navi destinate a compiere questa prima traversata, divenendo così i primi “violatori di blocco” italiani, erano proprio la Clizia, che il 15 dicembre 1940 si era trasferita da Gijon al vicino porticciolo di San Juan de Nieva (secondo una fonte, perché l’ampia baia di Gijon era considerata troppo esposta ad un possibile colpo di mano britannico), ed il piroscafo da carico Capo Lena, internato a Vigo.

Il 5 febbraio 1941 il capitano di vascello Aristotele Bona, addetto navale italiano a Madrid, comunicò al viceconsole italiano a La Coruña, capitano di fregata Edgardo Storich, le disposizioni necessarie alla preparazione del trasferimento di Clizia e Capo Lena dai rispettivi porti spagnoli a Bordeaux. Queste prescrivevano tra l’altro di procedere a verificare l’efficienza di scafi e motori delle due navi ed a completare il prima possibile, e con la massima segretezza consentita dalle circostanze, l’imbarco di provviste, acqua e carburante in quantità sufficiente alla traversata; una volta pronti, i due mercantili sarebbero dovuti partire per Bilbao, capitale della provincia spagnola di Biscaglia, dove poi avrebbero ricevuto ulteriori istruzioni per la parte finale del viaggio dalle locali autorità tedesche. La navigazione fino a Bilbao si sarebbe dovuta svolgere restando sempre entro le acque territoriali spagnole; era di capitale importanza che le navi, di notte, venissero completamente oscurate, e che osservassero un assoluto silenzio radio. Ad ulteriore tutela del segreto, che aveva capitale importanza per il successo della missione, soltanto i comandanti di Clizia e Capo Lena avrebbero dovuto essere informati del piano, e solo dopo la partenza questi ultimi avrebbero potuto annunciare ai loro equipaggi che la destinazione del viaggio era Bilbao, e  nulla di più. Non dovevano essere minimamente informati gli armatori, i proprietari dei carichi, gli assicuratori ed ogni altro soggetto avente interessi relativi alle navi o a quello che trasportavano; ogni comunicazione con questi soggetti era vietata. Una fuga di notizie, che avrebbe potuto avere conseguenze gravissime per le navi, sarebbe stata severamente punita in base al Codice Penale Marittimo. In caso di tentativo nemico di catturarle, gli equipaggi avrebbero dovuto impedire ad ogni costo che navi e carichi potessero essere utilizzati dal nemico, provvedendo all’autoaffondamento. Storich fu autorizzato a compiere tutte le spese occorrenti a rifornire Clizia e Capo Lena ed a prepararli alla partenza, con l’indicazione di rivolgersi all’ufficio dell’addetto navale italiano a Madrid per il rimborso.
Il mattino del 7 febbraio il capitano di fregata Storich andò di persona a San Juan de Nieva, dove si trovava la Clizia, e recapitò al comandante della petroliera, capitano di lungo corso Alessandro Lavagna, le istruzioni inviate dal comandante Bona. In aggiunta a quanto sopra elencato, in esse si precisava che la Clizia doveva essere la prima nave ad arrivare a Bilbao, e che qui avrebbe trovato il piroscafo tedesco Plus, insieme al quale avrebbe quasi sicuramente proseguito il viaggio. Gli accordi con i Comandi tedeschi dell’Atlantico relativi al viaggio da Bilbao a Bordeaux dovevano essere presi tramite il console di Germania a Bilbao, Friedhelm Burbach, che era in contatto diretto con Bordeaux; pertanto, una volta giunto nel porto spagnolo, Lavagna si sarebbe dovuto presentare a Burbach per ricevere gli ordini sulla prosecuzione della traversata.
Sulla base delle disposizioni ricevute, il comandante Lavagna stabilì inizialmente che la Clizia sarebbe dovuta salpare la sera dell’8 febbraio; la marea troppo bassa che si verificò quella sera, tuttavia, impedì di partire, il che obbligò così a rinviare la partenza al mattino seguente, con la nuova marea.
Il mattino del 9 febbraio 1941, finalmente, la Clizia lasciò San Juan de Nieva e fece rotta a tutta forza per Bilbao. La lunga sosta forzata aveva riempito la carena di alghe e incrostazioni, il che determinò una riduzione della (già non molto elevata) velocità massima raggiungibile dalla Clizia, ma la petroliera giunse sana e salva a Bilbao il 10 febbraio. Qui vennero concordati con i Comandi tedeschi dell’Atlantico le modalità per il prosieguo della traversata, la scorta e le norme di sicurezza; come detto più sopra, gli ordini alle navi in partenza da Bilbao erano impartiti per tramite del console Burbach, dunque il comandante Lavagna si presentò da lui per ricevere ulteriori disposizioni.
Quattro giorni più tardi arrivò a Bilbao anche il Capo Lena, dopo aver superato alcune difficoltà legate alla mancanza di carte nautiche della zona da attraversare, che vennero procurate dal viceconsole Storich.
Clizia e Capo Lena rimasero a Bilbao per dieci giorni, aspettando l’ordine di proseguire verso Bordeaux; era previsto che le due navi viaggiassero insieme ed unitamente al piroscafo tedesco Plus, anch’esso trasferitosi da Vigo a Bilbao (dov’era arrivato l’8 febbraio). Durante la sosta a Bilbao, si abbatté sulle coste settentrionali della Spagna un violento fortunale, che coinvolse anche i tre mercantili dell’Asse fermi nel porto biscaglino: il Capo Lena ruppe le catene delle ancore e venne sospinto fuori dal porto, evitando di stretta misura gravi danni, mentre il Plus venne gettato contro un molo e rimase danneggiato, anche se non così seriamente da non poter proseguire il viaggio. La Clizia, invece, rimase indenne.
Nonostante le già citate precauzioni volte a mantenere la segretezza sul trasferimento delle due navi italiane, gli informatori britannici riuscirono egualmente a carpire i principali particolari dell’operazione: il “Weekly Intelligence Report” n. 50 del 21 febbraio 1941, compilato dalla Naval Intelligence Division dell’Ammiragliato britannico, riferiva infatti che «La nave cisterna Clizia, di 3,968 tsl, ha lasciato Gijon il 9 febbraio ed è arrivata a Bilbao il giorno seguente con 3000 tonnellate di petrolio. Il Capo Lena, di 4,820 tsl, ha lasciato Vigo il 12 febbraio ed è arrivato a Bilbao il 14 febbraio». Ciononostante, la successiva navigazione non fu in alcun modo molestata dalle forze britanniche.
Il 24 febbraio 1941, all’alba, Clizia, Capo Lena e Plus lasciarono Bilbao per completare il loro viaggio verso Bordeaux: una volta giunti al largo di Saint-Jean-de-Luz, porto francese situato subito oltre il confine con la Spagna, i tre mercantili furono raggiunti dai dragamine tedeschi, che li scortarono verso la foce della Gironda. Il piccolo convoglio risalì la Gironda fino a Bordeaux, dove Clizia e Capo Lena si ormeggiarono il 27 febbraio: i primi di una lunga serie di violatori di blocco italiani che avrebbero raggiunto quella base nel corso del 1941. Sia Betasom che Supermarina (il comando in capo della Marina italiana) inviarono ai comandanti e agli equipaggi dei due bastimenti le loro congratulazioni.

Siccome i carichi di Clizia e Capo Lena appartenevano originariamente, del tutto in parte, a persone fisiche o giuridiche di Paesi nemici (Regno Unito, Francia, Grecia o Jugoslavia), il 21 aprile 1941 tali merci vennero catturate, dando applicazione dal comma 1 dell’articolo 154 della Legge di guerra. Si trattava di una mera formalità, che venne eseguita in seguito per tutti i carichi degli altri violatori di blocco giunti a Bordeaux. In base ad accordi presi tra Italia e Germania, le 3680 tonnellate di petrolio contenute nelle cisterne della Clizia vennero consegnate alle autorità tedesche. Poi, nella primavera di quello stesso anno, i 24 uomini che componevano l’equipaggio della Clizia vennero rimpatriati; l’anziana pirocisterna venne requisita il 26 maggio 1941 per conto del Ministero delle Comunicazioni e noleggiata, a partire dal giugno 1941, alla Marina tedesca (secondo una fonte, non confermata, il 6 giugno 1941 sarebbe stata trasferita sotto bandiera tedesca). Ancorata sulla Gironda, la Clizia venne classificata "Stützpunkttanker" (letteralmente “petroliera-base” o “petroliera appoggio”) ed utilizzata dalla Kriegsmarine come deposito di carburante.
Il 20 ottobre 1941 il capo di Stato Maggiore della Marina italiana, ammiraglio Arturo Riccardi, incaricò il Comando della base sommergibilistica di Betasom di esaminare la possibilità di allestire la Clizia per impiegarla nel rifornimento di sommergibili italiani, dipendenti da Betasom, in un porto delle Canarie o nelle acque circostanti, comunicando a Roma quali lavori e rifornimenti sarebbero stati necessari al tale scopo; ma alla fine non se ne fece nulla.
Per alcune fonti, la nave sarebbe stata trasferita alla Kriegsmarine nel 1942.

Per i successivi due anni, la Clizia rimase dunque ormeggiata a Bordeaux senza equipaggio, usata come deposito galleggiante. L’8 settembre 1943, in seguito all’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, la Clizia venne catturata a Bordeaux dalle forze tedesche, venendo incorporata nella Kriegsmarine; dato che la nave si trovava già priva di equipaggio ed utilizzata per conto della Marina tedesca, comunque, la sua situazione di fatto cambiò ben poco: per un altro anno, o quasi, l’anziana petroliera continuò a svolgere la sua funzione di deposito statico di combustibile per le forze tedesche. Da fonti francesi risulterebbe che la Clizia, al pari di altre cisterne italiane catturate a Bordeaux, venne anche usata per movimentare carburante tra la base di Bordeaux ed il paese di Bourg-sur-Gironde (situato, a dispetto del nome, non sulla Gironda ma sulla Dordogna, un suo affluente: questo perché in epoca antica la confluenza tra i due fiumi era situata a monte di Bourg, che all’epoca sorgeva così sulla Gironda, mentre nel 1943 si era ormai da tempo spostata a valle del paese), dove le forze tedesche avevano creato dei depositi sotterranei di carburante (sette cisterne profonde 11 metri, larghe 8,50 ed aventi lunghezze variabili tra i 44 e i 65 metri) trasformando delle vecchie cave di pietra scavate nella scogliera sottostante il castello della “cittadella” di Bourg. In quelle cisterne sotterranee vennero stivati i carichi di carburante portati da diversi violatori di blocco italiani, compreso probabilmente quello portato dalla Clizia nel febbraio 1941; secondo alcune fonti locali, la Clizia venne usata per trasportare carburante da Bordeaux a Bourg, dove veniva immesso nelle cisterne.
La guerra intanto proseguiva, e per la Germania si avvicinava la fine: nel giugno 1944 le forze angloamericane sbarcarono in Normandia (operazione "Overlord"), e due mesi più tardi altre forze Alleate sbarcarono in Provenza (operazione "Dragoon"); le truppe tedesche attestate sulla costa occidentale francese, per evitare di restare accerchiate ed intrappolate dall’avanzata delle forze Alleate, dovettero ripiegare, lasciando soltanto alcune guarnigioni con l’incarico di tenere il più a lungo possibile alcune basi-chiave come La Rochelle, Saint-Nazaire, Lorient e Brest (alcune delle quali vennero rapidamente conquistate dagli Alleati, mentre altre furono assediate ma non attaccate direttamente, e resistettero fino alla fine della guerra) per creare delle sacche di resistenza alle spalle dello schieramento Alleato. Anche Bordeaux dovette essere abbandonata dalle truppe tedesche, venendo liberata il 29 agosto 1944; prima di ritirarsi, tuttavia, i tedeschi provvidero al sistematico autoaffondamento di tutte le navi presenti nel porto e sulla Gironda, con il duplice scopo di evitare che tali navi cadessero intatte in mano Alleata e di ostruire il porto di Bordeaux ed il corso della Gironda e dei canali circostanti, in modo da renderli inutilizzabili il più a lungo possibile. Nel volgere di un paio di settimane, si autoaffondarono così nella Gironda decine di navi mercantili e ausiliarie di ogni tipo e dimensione, tedesche, ex francesi ed ex italiane. Tra queste ultime vi erano parecchi violatori di blocco che, raggiunta Bordeaux partendo dalle Canarie, dal Brasile o dall’Estremo Oriente, erano caduti in mano tedesca dopo l’8 settembre: le motonavi Himalaya e Fusijama, le navi cisterna Frisco, Todaro e Burano, e per l’appunto la Clizia.
Il 25 o 26 agosto 1944, pochi giorni prima di ritirarsi da Bordeaux, i tedeschi autoaffondarono la Clizia nel fiume Dordogna, davanti all’abitato di Bourg-sur-Gironde, la cui cittadella venne al contempo data alle fiamme per distruggere i depositi di carburante e non farli cadere in mano Alleata. A completamento del tutto, la Clizia, prima di essere autoaffondata, fu posizionata in modo da impedire agli Alleati di utilizzare l’approdo di Bourg.
Alcune fonti danno la Clizia come autoaffondata nel settembre 1944, ma ciò risulta del tutto inverosimile, dato che le truppe tedesche lasciarono Bordeaux entro il 29 agosto.
Affondata in soli tre metri d’acqua, proprio sotto i bastioni della cittadella, la nave rimase per la maggior parte al di fuori dell’acqua.

Benché il volume "Navi mercantili perdute" dell’U.S.M.M., caratterizzato da più di qualche errore, affermi che il relitto della Clizia venne successivamente demolito sul posto (notizia che è riportata anche da diversi siti, anche autorevoli), in realtà la vecchia pirocisterna venne lasciata dov’era, semiaffondata nelle acque della Dordogna. La burocrazia francese si interessò al relitto della vecchia cisterna a più riprese: dapprima il 12 dicembre 1944, quando la Clizia («petroliera nemica incagliata») venne formalmente dichiarata «catturata» a Bordeaux, e poi il 12 luglio 1956, ben dodici anni dopo l’affondamento, quando la Corte delle Prede (Conseil des prises) emise una sentenza a riguardo. Con quest’ultima sentenza si era ritenuto necessario accertare l’effettiva nazionalità della Clizia; a questo proposito venne riaffermato un vecchio principio della giurisprudenza francese, che asseriva che una nave, per essere considerata come della nazionalità rappresentata dalla bandiera che batteva, doveva appartenere per più della metà a persona fisica o giuridica residente in tale Stato. Per determinare la nazionalità della Clizia la Corte delle Prede considerò il Paese dov’era stata costruita, quello in cui si trovava il porto di registrazione, la nazionalità dell’armatore e quella di chi “controllava” effettivamente la nave; furono presi in considerazione persino la provenienza dei fondi usati per pagare il cantiere costruttore, la nazionalità di chi l’aveva pagato e le finalità d’impiego della nave.
Al di là di queste minuzie di natura legale, ad ogni modo, nessuno si interessò più alla Clizia, tanto che non si tentò nemmeno di recuperarla o demolirla per recuperarne il metallo, o per liberare il pontile davanti al quale era stata affondata: in breve la vecchia pirocisterna venne dimenticata da tutti, tranne che dagli abitanti di Bourg, che ce l’avevano sotto gli occhi ogni giorno. Il tempo e la differenza di lingue storpiarono, a poco a poco, il nome della nave: agli abitanti del posto, la vecchia petroliera è variabilmente nota come Clizia, Clezia, Glezia, Clisia, Glisia o Glysia.
Il relitto della Clizia giace ancor oggi dove fu affondato nel 1944: proprio davanti all’abitato di Bourg, a pochi metri dalla riva, ben visibile dal paese. La vecchia petroliera si presenta spezzata in due a centro nave, subito a poppavia del ponte di comando; il troncone prodiero è visibilmente appruato ed interamente sommerso, ad eccezione della sovrastruttura centrale con la plancia, che invece emerge completamente dalla superficie con la bassa marea. Il troncone poppiero è sbandato sulla dritta; con la bassa marea emergono completamente il fumaiolo, le poche sovrastrutture poppiere ed anche parte della murata di sinistra, mentre in condizioni di alta marea affiorano soltanto il fumaiolo e la parte superiore delle sovrastrutture. Le coordinate del relitto sono 45°2'16" N e 0°33'44" E (o 45°02'2764 N e 33'7472 O, punto geodetico WGS 84); ancora come abbastanza ben conservata dopo tanti decenni dall’affondamento, la Clizia è ormai divenuta parte integrante del paesaggio di Bourg. La sua campana – recante ancora l’originario nome di Duffield – è stata recuperata tempo addietro da barcaioli della Gironda, ripulita e restaurata.
In anni recenti, è stato messo allo studio un progetto per la realizzazione, a Bourg-sur-Gironde, di un impianto per la produzione dell’energia elettrica, alimentato da turbine che sfrutterebbero l’energia delle correnti della Dordogna. Le turbine verrebbero collocate proprio nel tratto di fiume immediatamente a monte del relitto della Clizia. Finora, il progetto non ha ancora avuto pratica attuazione.

 Una lunga serie di immagini che mostrano la Clizia come si presenta oggi:

La parte poppiera con il fumaiolo (poi parzialmente crollato) in una foto probabilmente antecedente al 2012 (Sergio De Phocée – via www.wrecksite.eu)
Un’altra immagine dello stesso periodo (da "Les Guides Bleus Marines – L’estuaire de la Gironde")


Nell’agosto 2012 (foto Laurent Theillet, via www.sudouest.fr)


Nell’aprile 2014 (g.c. Christophe Dedieu, via www.shipspotting.com):





Il 15 marzo 2015 (Nicolas Vogt via www.tynebuiltships.co.uk)
(Foto Nicolas Vogt – da Flickr)



Con l’alta marea (JHP Photographies – Flickr)

Nessun commento:

Posta un commento