Il Vesta nel periodo di servizio per il Lloyd Triestino (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net) |
Piroscafo misto da 3351
tsl, 1934 tsn e 3485 tpl, lungo 90,39 metri, largo 13,50 e pescante 8,2, con
velocità di 10,5 (o 12) nodi. Poteva trasportare 52 passeggeri in cabina e
disponeva di quattro stive per 5049 metri cubi di carico.
Appartenente alla
Società Anonima di Navigazione Adriatica, con sede a Venezia, ed iscritto con
matricola 235 al Compartimento Marittimo di Trieste; nominativo internazionale
ICNH, nome in codice "Visivo".
Breve e parziale cronologia.
1923
Costruito nei
Cantieri Navali Riuniti di Palermo (numero di cantiere 82) per la Società
Ligure di Armamento.
Inizialmente
impiegato sulle linee per l’Africa meridionale.
1925
Acquistato dal Lloyd
Triestino.
1929
Il Vesta è in servizio sulle linee Trieste-Costantinopoli-Danubio
e Trieste-Costantinopoli-Odessa.
1937
Trasferito alla
Società Anonima di Navigazione Adriatica, che lo pone in servizio sulla linea
n. 60 Adriatico-Mar Nero.
Novembre 1939
Il Vesta trasporta dalla Romania all’Italia
un gruppo di discendenti degli italiani emigrati in Romania alla fine
dell’Ottocento (in gran parte contadini veneti), rimpatriati su iniziativa del
governo italiano per popolare le città di nuova fondazione create nel
bonificato Agro Pontino.
16 giugno-25 luglio 1940
A seguito della
sospensione delle linee regolari dell’Adriatica, il Vesta alterna viaggi sporadici e straordinari a soste inoperose in
vari porti del Mar Adriatico.
Il Vesta con i colori della società Adriatica (da adriaticanavigazionevenezia.blogspot.it) |
25 luglio-16 novembre 1940
Parziale disarmo per
lavori di modifica alle caldaie: i bruciatori a nafta vengono convertiti al
carbone. Durante tali lavori il Vesta
viene inoltre dotato di armamento: un cannone ed una mitragliera contraerea
binata.
Terminati i lavori,
riprende il servizio di collegamento tra i porti dell’Adriatico.
10 dicembre 1940
Il Vesta viene aggregato ad un convoglio
formato dai piroscafi Laura C. e Giacomo C., partito da Bari (alle 22) e
diretto a Durazzo con la scorta dell’incrociatore ausiliario Brindisi. Le navi trasportano in tutto
47 militari, 107 automezzi e 3157 tonnellate di provviste.
11 dicembre 1940
Il convoglio
raggiunge Durazzo alle 17.15.
24 dicembre 1940
Il Vesta ed il trasporto truppe Aventino, scarichi, lasciano Durazzo
alle 5.30 e rientrano a Bari alle 20.30, scortati dalla torpediniera Angelo Bassini.
10 gennaio 1941
Noleggiato dal
Ministero della Guerra (fino al 29 luglio).
28 gennaio 1941
Il Vesta, carico di munizioni, salpa da
Bari alle 19 formando un convoglio con i piroscafi Mameli e Tagliamento e la
motonave Narenta, aventi a bordo in
tutto 998 quadrupedi, 3963 tonnellate di viveri e 286 tonnellate di materiali
vari. Li scorta la torpediniera Castelfidardo.
29 gennaio 1941
Il convoglio arriva a
Durazzo alle otto.
8 febbraio 1941
Il Vesta, insieme alle motonavi Città di Alessandria e Città di Bastia (vuote), lascia Durazzo
alle 3.30 diretto a Bari, dove giunge alle 18.20, con la scorta della
torpediniera Andromeda.
25 febbraio 1941
Il Vesta parte da Bari alle 19, diretto a
Durazzo, in convoglio con le motonavi Città
di Bastia e Caldea e con il
piroscafo Laura C. Il convoglio,
scortato dalla torpediniera Nicola
Fabrizi e dall’incrociatore ausiliario Francesco
Morosini, trasporta in tutto 652 militari, 126 veicoli, 2600 tonnellate di
benzina e 2700 tonnellate di munizioni e materiali vari.
26 febbraio 1941
Il convoglio giunge a
Durazzo alle 7.45.
10 marzo 1941
Il Vesta e la Città di Bastia, l’uno vuoto e l’altra con 272 feriti a bordo,
ripartono da Durazzo alle 3.30 diretti a Bari, dove arrivano alle 18.30,
scortati dalla torpediniera Solferino.
22 marzo 1941
Alle undici di sera
il Vesta parte da Bari alla
volta di Durazzo, insieme ai piroscafi Anna
Capano (adibito a traffico civile), Carnia e Monstella.
Il convoglio (capo convoglio tenente di vascello di complemento Gennaro Greco),
che trasporta 89 militari, 66 quadrupedi, 89 autoveicoli, 2773 tonnellate di
munizioni e 958,5 tonnellate di altri materiali, è scortato dalla
torpediniera Castelfidardo e
fa tappa a Brindisi, prima di proseguire verso l’Albania.
23 marzo 1941
Alle 10.28 il
convoglio viene attaccato dal sommergibile greco Triton (capitano di corvetta Georgios Zepos), che lancia
quattro siluri, con angoli di mira divergenti, contro il Carnia, che procede in testa al
convoglio. Il Monstella, che si
trova in coda, avvista per primo le scie dei siluri, dando l’allarme con il
segnale convenzionale e poi virando rapidamente verso la probabile posizione
del sommergibile. Gli altri piroscafi eseguono la stessa manovra del Monstella (l’Anna Capano viene mancato da tre siluri), ma il Carnia, dopo aver evitato due siluri, viene
centrato da altri due (uno dei quali non esplode) verso poppa, alle 10.30.
La Castelfidardo rimane sul posto a dare la
caccia al sommergibile e poi ad assistere il piroscafo danneggiato, ed ordina a
Vesta, Monstella ed Anna Capano
di proseguire per conto proprio.
Alle 13.20 il Comando
Superiore per il Traffico con l’Albania (Maritrafalba), ordina alla
torpediniera Solferino, in arrivo a
Durazzo, di andare incontro a Vesta,
Monstella ed Anna Capano, che stano navigando senza
scorta, per scortarli in porto: qui i tre piroscafi giungeranno alle 16.30.
Il Carnia, nonostante i tentativi di
rimorchiarlo verso Brindisi, affonderà infine alle 21.45, in posizione 40°58’ N
e 18°27’ E (circa 28 miglia a nordest di Brindisi e 30 miglia a nordest di Capo
Gallo).
30 marzo 1941
Il Vesta, insieme al piroscafo Contarini ed alle motonavi Rossini e Narenta, tutte scariche, lascia Durazzo alle 18 con la scorta della
Solferino.
31 marzo 1941
Il convoglio
raggiunge Bari alle 7.45.
19 aprile 1941
Il Vesta, i piroscafi Iseo e Sagitta e la motonave Tergestea salpano
da Bari per Durazzo alle 22.30, scortati dall’incrociatore ausiliario Brioni. Il carico del convoglio è
composto in tutto da 101 automezzi, 2422 tonnellate di munizioni, 1480
tonnellate di viveri e 5546 tonnellate di materiali vari, più nove militari. A
Brindisi il Brioni viene
sostituito dalla torpediniera Giacomo
Medici.
20 aprile 1941
Il convoglio
raggiunge Durazzo alle 15.20.
7 giugno 1941
Salpa da Bari per
trasportare a Rodi, senza scorta, 2437 tonnellate di munizioni e materiali vari
del Regio Esercito e della Regia Marina.
10 giugno 1941
Durante il viaggio,
il Vesta urta il molo di Istmia
all’imboccatura orientale del Canale di Corinto, bloccando il transito del
canale per tutta la giornata.
17 giugno 1941
Compie un viaggio dal
Pireo a Rodi, insieme alla pirocisterna Alberto
Fassio e con la scorta della torpediniera Lince.
1° luglio 1941
Effettua un viaggio
da Patrasso a Brindisi, con la scorta del posamine Azio.
17 luglio 1941
Il Vesta e la pirocisterna Picci Fassio compiono un viaggio dal Pireo a Rodi, scortati dalla Lince.
29 luglio 1941
Requisito a Trieste
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
11 agosto 1941
Trasporta un carico
di materiali vari da Brindisi a Durazzo.
23 agosto 1941
Lascia Valona e
raggiunge Brindisi, da solo e senza scorta.
7 settembre 1941
Il Vesta ed il piroscafo Maddalena G., carichi di materiali vari,
lasciano Brindisi e raggiungono Patrasso, scortati dall’incrociatore ausiliario
Città di Napoli.
11 settembre 1941
Il Vesta, in convoglio con la motonave Città di Agrigento e la cisterna
militare Prometeo (che hanno a bordo
truppe e materiali vari), lascia il Pireo e raggiunge Rodi, via Sira, con la
scorta del cacciatorpediniere Fuciliere,
della torpediniera Cassiopea e
dell’incrociatore ausiliario Brioni.
16 settembre 1941
Il Vesta e la Città di Agrigento lasciano Rodi e rientrano al Pireo, scortati da Brioni e Cassiopea.
19 settembre 1941
Il Vesta, scortato dall’incrociatore
ausiliario Egitto, trasporta 800
militari che rimpatriano da Patrasso a Brindisi.
30 settembre 1941
Il Vesta ed il piroscafo Volodda trasportano materiali del Regio
Esercito da Brindisi a Corinto, scortati dall’incrociatore ausiliario Zara.
25 ottobre 1941
Il Vesta compie un viaggio da Patrasso a
Bari.
27 ottobre 1941
Altro viaggio da
Patrasso a Bari, con scalo a Corfù.
23 novembre 1941
Il Vesta, scortato dal cacciatorpediniere Augusto Riboty, salpa da Brindisi e
raggiunge Patrasso.
7 dicembre 1941
Il Vesta ed il piroscafo Dubac trasportano 4900 tonnellate di
automezzi e materiali vari dal Pireo a Rodi, scortati dalla torpediniera Libra e dal cacciatorpediniere Quintino Sella.
12 dicembre 1941
Il Vesta ed il Dubac, scortati dal cacciatorpediniere Francesco Crispi, lasciano Rodi e raggiungono Lero.
13 dicembre 1941
Vesta,
Dubac e Crispi, ai quali si è aggiunto il piroscafo Ezilda Croce, lasciano Lero e raggiungono il Pireo.
7 febbraio 1942
Il Vesta ed il piroscafo Hermada trasportano truppe e materiali
da Brindisi a Corfù, scortati dall’incrociatore ausiliario Egitto e dalla torpediniera Francesco
Stocco.
8 febbraio 1942
Vesta
ed Hermada, in convoglio con i
piroscafi Mameli, Potestas, Volodda, Salvatore, Rosario e Città di Bergamo, lasciano Corfù e raggiungono Patrasso, scortati
da Stocco, Egitto, Città di Napoli e
dalle torpediniere Antares e Generale Carlo Montanari.
22 febbraio 1942
Il Vesta ed il Città di Bergamo, scortati dal cacciatorpediniere Sella e dal posamine Legnano, trasportano truppe e materiali
dal Pireo ad Iraklion.
23 febbraio 1942
Il Vesta ed il piroscafo Bucintoro, scortati dal Sella, compiono un viaggio da Lero a
Rodi.
3 marzo 1942
Il Vesta imbarca a Rodi 298 ebrei
dell’Europa centrale ed orientale (polacchi, tedeschi, slovacchi, cechi,
ungheresi), tutti naufraghi del Penthco,
un vecchio e malandato piroscafo a ruote bulgaro incagliatosi e poi naufragato
sull’isolotto di Kamila Nisi il 9 ottobre 1940, durante un travagliato viaggio
da Bratislava alla Palestina con ben 520 persone, tra cui 512 ebrei, stipate a
bordo in condizioni precarie.
I naufraghi del Penthco erano stati avvistati da
aerei italiani, recuperati e trasportati a Rodi già pochi giorni dopo il
naufragio, e da allora sono vissuti sull’isola, dapprima in una tendopoli e poi
in una caserma, risentendo però della scarsità di viveri disponibili nel
Dodecaneso. Si è infine giunti alla decisione di trasferirli in Italia: donne,
bambini e malati sono già stati trasferiti nel gennaio 1942 con la motonave Calino, mentre gli uomini sani vengono
trasferiti ora con il Vesta.
Alle 18.30 il Vesta, scortato dalla nave scorta
ausiliaria F 79 Morrhua, lascia Rodi diretto in Italia, con numerosi scali
intermedi lungo il percorso.
4 marzo 1942
Arriva a Lero alle
2.34 e ne riparte alle 5, scortato dal cacciatorpediniere Crispi e dal posamine Legnano.
5 marzo 1942
Arriva al Pireo alle
cinque, ripartendo a mezzogiorno; giunge a Corinto alle 15.30.
11 marzo 1942
Lascia Corinto alle 5
e giunge a Patrasso a mezzogiorno.
12 marzo 1942
Riparte da Patrasso
alle sei, giungendo a Prevesa dopo dodici ore.
13 marzo 1942
Salpa da Prevesa alle
7.30, insieme alla motonave armata Città
di La Spezia, che funge da scorta. Entrambe arrivano a Corfù alle 13.45,
per poi ripartire alle 18.10.
14 marzo 1942
Giunge a Valona
all’1.45.
15 marzo 1942
Lascia Valona alle 4,
di nuovo insieme alla Città di La Spezia;
alle 19.11 il Vesta arriva infine a
Bari con i 294 o 298 ebrei, che vengono internati nel campo di concentramento
di Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza (qui la maggior parte di essi
rimarrà fino all’armistizio dell’8 settembre 1943: pochi giorni dopo, il campo
sarà raggiunto dall’VIII Armata britannica, e gli ebrei avranno successivamente
modo di raggiungere la tanto agognata Palestina).
15 aprile 1942
Il Vesta, insieme ai piroscafi Cagliari e Mameli, compie un viaggio da Brindisi a Patrasso con la scorta
della torpediniera Libra.
21 aprile 1942
Viaggio dal Pireo a
Rodi, con la scorta della Libra.
26 aprile 1942
Lascia Rodi e torna
al Pireo, scortato dal Sella.
9 maggio 1942
Il Vesta, il Mameli ed un terzo piroscafo, lo Zeno, salpano da Prevesa e raggiungono Valona, scortati dal piccolo
incrociatore ausiliario Pola.
12 maggio 1942
Viaggia isolato da
Valona a Bari.
13 giugno 1942
Il Vesta ed il piroscafo Palermo compiono un viaggio dal Pireo a
Rodi, con la scorta della torpediniera Libra
e della cannoniera Mario Sonzini.
21 giugno 1942
Vesta
e Palermo rientrano da Rodi al Pireo,
scortati da Libra e Sonzini.
18 luglio 1942
Il Vesta, l’Hermada e la cisterna militare Stige
compiono un viaggio da Brindisi a Patrasso, scortati dal cacciatorpediniere Lampo.
26 luglio 1942
Il Vesta ed i piroscafi Motia e Fanny Brunner, scortati dalla torpediniera Libra, lasciano il Pireo e raggiungono Rodi, dopo uno scalo a Lero.
1° agosto 1942
Il Vesta ed il Motia, scortati dalle cannoniere Camogli e Sonzini,
lasciano Rodi e tornano al Pireo.
11 agosto 1942
Compie un viaggio,
isolato, da Valona a Bari.
24 ottobre 1942
Il Vesta ed il piroscafo romeno Balkan, scortati dalla torpediniera Aretusa, compiono un viaggio da Brindisi
al Pireo.
26 novembre 1942
Il Vesta ed i piroscafi Pier Luigi e Fougier salpano da Suda e raggiungono il Pireo, scortati dalle
torpediniere Solferino e Monzambano.
6 dicembre 1942
Viaggio da Valona a
Brindisi, da solo e senza scorta.
23 dicembre 1942
Viaggio da Bari a
Patrasso, da solo e senza scorta.
8 gennaio 1943
Il Vesta ed il piroscafo Bucintoro trasportano 1300 tonnellate di
veicoli, materiali vari e derrate per la popolazione dal Pireo a Rodi, con la
scorta dei cacciatorpediniere Crispi
e Turbine.
13 gennaio 1943
Lascia Rodi e torna
al Pireo, scortato dal Turbine.
19 febbraio 1943
Salpa da Brindisi e
raggiunge Patrasso, con la scorta dell’incrociatore ausiliario Lorenzo Marcello.
22 aprile 1943
Il Vesta ed il piroscafo H. Fisser compiono un viaggio da
Brindisi a Patrasso, con la scorta dell’incrociatore ausiliario Arborea.
28 aprile 1943
Il Vesta, con a bordo 490 tonnellate di
artiglieria e materiali vari per il Regio Esercito, salpa dal Pireo insieme al
piroscafo Volodda e raggiunge Rodi,
con la scorta del Sella.
7 maggio 1943
Compie un viaggio da
Rodi al Pireo, scortato dal Sella.
9 maggio 1943
Viaggio dal Pireo a
Sira, via Lero, con la scorta della cannoniera Sonzini e della nave scorta ausiliaria F 79 Morrhua.
17 giugno 1943
Il Vesta ed il piroscafo Ivorea compiono un viaggio da Brindisi a
Patrasso, via Corfù, con la scorta del cacciatorpediniere Sebenico.
22 giugno 1943
Il Vesta salpa dal Pireo e raggiunge Rodi,
scortato dal Morrhua.
25 giugno 1943
Altro viaggio dal
Pireo a Rodi, con la scorta del Morrhua
e dal dragamine ausiliario F 110 Giorgio
Orsini.
1° luglio 1943
Il Vesta e la nave cisterna Cerere lasciano Rodi e ritornano al
Pireo, scortati da Orsini e Morrhua.
Il Vesta a Trieste, con i colori del Lloyd Triestino (g.c. Pietro Berti, via www.naviearmatori.net) |
Dal siluramento alla fine
Il 3 luglio 1943 il Vesta ed il piroscafo cisterna Cerere salparono dal Pireo alla volta di
Lero, in un viaggio come tanti altri già effettuati in precedenza. Li scortava
il Giorgio Orsini, un piroscafetto
costiero requisito dalla Regia Marina e trasformato, con matricola F 110, in dragamine ausiliario e nave
appoggio MAS.
Dopo aver raggiunto
Lero, le tre navi proseguirono alla volta dell’isola di Sira (o Siro), nelle
Cicladi, da dove sarebbero poi dovute tornare al Pireo. Sul Vesta c’erano merci varie ed alcuni
militari di passaggio, che rimpatriavano per licenza.
All’uscita dal porto
di Lero era stata segnalato al Vesta
l’avvistamento di tre sommergibili nemici, ma la pochezza dei mezzi
antisommergibili disponibili nel Dodecaneso – dove del resto, gli attacchi dei
sommergibili nemici erano sporadici, e le perdite ancor più rare – aveva fatto
sì che la scorta non venisse molto rinforzata. Il volume dell’USMM sulla difesa
del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo indica l’Orsini come unica nave scorta, mentre il radiotelegrafista del Vesta, nel suo diario, menziona "tre
piccoli battelli uno dei quali riusciva con difficoltà a tenere testa alle
otto miglia": uno dei tre era certamente l’Orsini, un altro, con ogni probabilità, il Morrhua. Le capacità antisommergibili di queste unità requisite (dell’Orsini si è già detto, il Morrhua era un ex piropeschereccio
oceanico) erano a dir poco limitate, ed il loro armamento non era di molto
superiore a quello del Vesta stesso,
tanto che il radiotelegrafista ironizzò a riguardo "direi quasi, che
scortavamo la scorta che ci doveva condurre a salvamento fino al Pireo".
D’altra parte, per usare un noto modo di dire, questo era quel che passava il
convento.
Il radiotelegrafista
del Vesta, presagendo che qualcosa
potesse andare storto, andò a dormire in cabina alle 20.30 con un salvagente
legato al corpo, lasciando semichiusa la porta della cabina.
Alle 23.09 dello
stesso 3 luglio il sommergibile britannico Trident
(tenente di vascello Peter Edward Newstead) avvistò su rilevamento 150°, a 2750
metri di distanza, tre delle navi che componevano il piccolo convoglio: Newstead
identificò correttamente una delle navi come un piroscafo di 3500 tsl (il Vesta), mentre sbagliò grossolanamente
nel ritenere le altre due unità delle torpediniere di scorta al piroscafo. Il Trident manovrò per attaccare in
superficie; alle 23.16 (con notevole discordanza rispetto alle fonti italiane)
il sommergibile britannico lanciò tre siluri da 1200 metri di distanza, poi
s’immerse per eludere l’eventuale reazione della scorta.
Alle 23.30 o 23.35, in
posizione 37°03’ N e 26°07’ E (o 37°07’ N e 25°59’ E, o 37°06’ N e 26°05’ E), tra
Naxos (Nasso, la maggiore delle Cicladi) e Lero (a ponente di tale isola), il Vesta, che procedeva a 8 nodi, avvistò
le scie dei tre siluri (a bordo, anzi, parve di vederne quattro) diretti verso
di esso. Due dei siluri si limitarono a sfiorare la nave, ma l’ultimo andò a
segno, colpendo il Vesta nella stiva
più prodiera.
Il radiotelegrafista
del piroscafo, nella sua cabina, venne svegliato dalle disastrose conseguenze
dell’impatto: le pareti della cabina si sfasciarono ed i loro resti caddero nel
letto, senza però ferire il radiotelegrafista. Andò peggio ai soldati di
passaggio che dormivano a prua: alcuni, che dormivano sui paglioli della stiva,
vennero lanciati in aria e scomparvero in mare; altri furono presi dal panico,
mentre una valanga di acqua frammista a farina, legumi, rottami di ferro e
vetri rotti si infrangeva sul ponte. Il radiotelegrafista, che stava in quel
momento uscendo dalla cabina, indietreggiò per mettersi al riparo, ma si ferì
un piede quando, tornando poco dopo ad uscire, urtò un ferro con il piede
scalzo.
Il marconista si
diresse verso il deposito munizioni, suo posto di combattimento, e ci arrivò a
fatica, facendosi largo tra torme di uomini che correvano al buio in ogni
direzione, urtando, gridando, chiamando ed imprecando, senza sentire più ordini
o ragioni. Constatato che il deposito munizioni era intatto, il
radiotelegrafista tornò in cabina: la luce non era saltata, quindi la accese e
trovò la cabina ridotta ad una pozzanghera, nella quale erano sprofondati
vestiti, libri e valigie in un’unica rovina. Vestitosi alla meglio con quanto
trovato, spense la luce e lasciò di nuovo la cabina, annaspando nel buio in
cerca di un mezzo di salvataggio.
Il Vesta era sbandato sulla dritta dopo il
siluramento, ma l’iniziale sbandamento non crebbe ulteriormente, ed il
personale imbarcato riuscì a calmarsi almeno un po’ e ad abbandonare la nave in
modo non troppo confuso. Giunto sulla passeggiata, il radiotelegrafista trovò
pochi uomini che si apprestavano a scendere; tra di essi vi era un soldato che
si lamentava a gran voce per una ferita al piede. Con l’aiuto di un marinaio,
il marconista fece faticosamente scendere il soldato ferito sulla scialuppa di
salvataggio, che poi raggiunse a forza di remi il Morrhua, che si trovava poco lontano.
La scorta (fu
chiamato in aiuto, via radio, anche un cacciasommergibili tedesco) lanciò
vanamente razzi e bombe di profondità, ma senza risultato; il Trident, immersosi a 76 metri di
profondità, si allontanò senza subire danni (Newstead annotò nel diario,
addirittura, che non vi fu lancio di bombe di profondità).
Vi furono quattro
vittime e tredici feriti tra il personale imbarcato sul Vesta, ma il piroscafo rimase a galla; la Cerere lo prese a rimorchio, e lo condusse a Sira.
Dopo delle prime
riparazioni di emergenza effettuate a Sira, il 14 luglio il Vesta venne rimorchiato da Sira al
Pireo.
Qui lo colse, l’8
settembre 1943, l’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati: il
piroscafo, che si trovava ormeggiato da luglio al molo della dogana vecchia
(non ancora riparato dai danni subiti nel siluramento), venne autoaffondato per
evitare la cattura. La maggior parte delle navi italiane al Pireo
(l’incrociatore ausiliario Francesco
Morosini, i cacciatorpediniere Crispi
e Turbine, le torpediniere San Martino e Calatafimi, alcune unità minori e le navi mercantili Celeno, Adriana, Pier Luigi, Città di Savona, Tarquinia e Salvatore), a
differenza di quelle che si trovavano in Italia, caddero intatte in mano
tedesca, a seguito degli accordi presi con i tedeschi dai comandi del Regio
Esercito in Grecia; il Vesta fu una
delle tre sole eccezioni.
Il sito "Giornale
Nautico Parte Prima" di Franco Prevato riporta una versione differente: il
mattino del 9 settembre 1943, "come da accordi presi tra il comando
militare tedesco e quello italiano", il Vesta fu rimorchiato nell’avamporto del Pireo e portato ad
incagliare su un basso fondale; l’equipaggio venne costretto ad abbandonare la
nave con i soli indumenti che aveva addosso, e venne internato in un campo di
prigionia in Germania. Poi la nave venne affondata con una carica esplosiva.
Sembra però strano che il comando tedesco potesse essersi accordato con quello
italiano perché il Vesta venisse
autoaffondato, anziché consegnato intatto come le altre navi al Pireo.
Secondo una fonte
tedesca del Forum Marinearchiv, l’autoaffondamento del Vesta (e di altri due mercantili, l’Arezzo e l’Ascianghi), fu
“concesso” agli italiani dal comando tedesco, nell’ambito delle trattative per
la consegna alle forze tedesche del naviglio italiano presente al Pireo. Subito
dopo l’autoaffondamento, un sergente maggiore del centro controllo naviglio
tedesco, per eccesso di zelo, arrestò il comandante del Vesta ed altri tre membri dell’equipaggio, che vennero poi
“liberati” dall’aiutante del comandante del porto. Ad ogni modo, l’equipaggio
del Vesta finì prigioniero in
Germania.
Il dispensiere del Vesta Paolo Puhar, quarantacinquenne di
Pola, fu internato nello Stalag XII F, in Lorena; assegnato all’Arbeitskommando
1231 b di Eisenberg (Renania), morì in prigionia in Germania il 17 aprile 1944,
per malattia, ad Heppenheim, nell’Assia.
Le forze tedesche
recuperarono comunque il piroscafo per utilizzarlo come ostruzione per bloccare
il Canale di Corinto. All’inizio dell’ottobre 1944, infatti, il Vesta fu rimorchiato a Palataki in
preparazione del suo affondamento nel Canale; l’organizzazione "YVONNE"
della Resistenza greca (autrice di diversi sabotaggi ai danni del naviglio
dell’Asse in Grecia) lo venne a sapere e lo segnalò ai Comandi Alleati ("Vesta rpt Vesta old Italian 3000 ton tugged [sic] 1/10 towards Corinth Canal.
Have not yet confirmed arrival but probabile purpose is sink it in canal. We
will try send man atack [sic] it though it seems very difficult. If
reconnoitred by air might bomb it for sure results."
"YVONNE"
non fece però in tempo ad intervenire, né lo fecero gli Alleati; all’inizio
dell’ottobre 1944 (a seconda delle fonti, il 5 od il 9 ottobre), le truppe
tedesche in ritirata dalla Grecia affondarono il Vesta all’imbocco del porto di Kalamaki, bloccando così
l’imboccatura orientale del Canale di Corinto (l’imboccatura occidentale venne
minata, mentre in vari punti del canale furono gettati sbancamenti di terra
nonché vagoni e locomotive ferroviarie, per ostruire il canale e distruggere
tale materiale rotabile).
Il Vesta, autoaffondato nel Canale di
Corinto, in una foto dell’ottobre 1944 (Australian War Memorial).
Nel 1945 il relitto
del piroscafo fu recuperato dai greci, dichiarato da essi preda bellica ed
acquistato dagli armatori ellenici Frangoulis & Emmanuel Chatzilia, che
iniziarono a ripararlo e lo ribattezzarono Memphis
nel 1946.
Ma la guerra non
aveva ancora chiuso i conti con questa nave: il 25 marzo 1948, infatti, il Memphis urtò una vecchia mina vagante
(probabilmente strappata dagli ancoraggi durante l’inverno 1947-1948) mentre
veniva rimorchiato dal Pireo ad Alessandria d’Egitto – dove avrebbe dovuto
completare i lavori di riparazione – dal rimorchiatore Agios Georgios, ed affondò a sud di Creta (in posizione 33°50’ N e
27°34’ E, o 34°00’ N e 27°30’ E).
Il siluramento del Vesta nel giornale di bordo del Trident (da Uboat.net):
“At 0009 hours (time
zone -2 or -3) three ships were sighted bearing 150° distance 3000 yards. The
target was later identified as a medium sized merchant of about 3500 tons
escorted by two torpedo boats. Lt. Newstead turned to make a surface attack.
At 0016 hours three
torpedoes were fired from 1300 yards. Three minutes later, while Trident was diving a hit was observed on
the target (amidships). Trident went
to 250 feet while one of the escorts was hunting for her. No depth charges were
however dropped.”
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