Il Capo Arma a Genova (g.c. Pietro Berti, via www.naviearmatori.net) |
Piroscafo da carico
di 3172,04 tsl e 1827 o 1939,43 tsn, lungo 110,72 metri, largo 14,71 e pescante
6,35, con velocità di 10,5 nodi. Appartenente alla Compagnia Genovese di
Navigazione a Vapore S.A., con sede a Genova, ed iscritto con matricola 1848 al
Compartimento Marittimo di Genova.
Breve e parziale cronologia.
21 gennaio 1905
Varato come Chama nei cantieri di Jarrow della
Palmer’s Ship Building & Iron Company Ltd. (numero di cantiere 781).
Aprile 1905
Completato come Chama per la African Steamship Company
Ltd. di Liverpool, una controllata della Elder, Dempster & Co.
Progettato
specificamente per le rotte dell’Africa Occidentale, il Chama ha tre gemelli, coi quali forma la "classe Sapele":
Sapele, Benue ed Adda.
21 ottobre 1920
Il Chama s’incaglia presso Bellechasse
Island, quindici miglia a sud di Quebec.
25 ottobre 1920
Disincagliato dopo
lunghi sforzi (diretti da D. W. Campbell, responsabile della Elder Dempster a
Montreal) da alcuni rimorchiatori, tra cui il Lord Strathcona; lasciato il rimorchio verso le 13, raggiunge
Quebec per riparare i seri danni riportati alla stiva numero 1 (contenente
merci destinate in Sudafrica), dove ha imbarcato una considerevole quantità
d’acqua.
1930
Acquistato
dall’armatore Raffaele Rizzuto di Francesco, di Napoli, e ribattezzato Assunzione.
1932 o 1933
Acquistato dalla
Compagnia Genovese di Navigazione a Vapore Società Anonima, con sede a Genova,
e ribattezzato Capo Arma. Stazza
lorda e netta risultano essere 3195 tsl e 1948 tsn.
Coincidenza vuole che
la stessa compagnia sia proprietaria anche del Benue, gemello del Chama,
che ora naviga sotto il nome di Capo Pino
(Sapele ed Adda sono stati entrambi affondati da U-Boote tedeschi durante la
prima guerra mondiale).
31 marzo 1937
Il Capo Arma evita di stretta la misura la
collisione con una nave spagnola repubblicana. È in corso la guerra civile
spagnola, che vede l’Italia appoggiare (clandestinamente) la fazione
nazionalista di Francisco Franco; la stampa italiana denuncerà l’episodio come intenzionale,
sostenendo che la nave spagnola abbia deliberatamente cercato di speronare il Capo Arma. In giugno il gemello del Capo Arma, il Capo Pino, verrà speronato ed affondato nei Dardanelli dal
piroscafo spagnolo repubblicano Magellanes:
la stampa italiana affermerà di nuovo che lo speronamento sia stato un’azione
deliberata.
10 giugno 1940
L’entrata in guerra
dell’Italia sorprende il Capo Arma a
Brăila, in Romania (sul Mar Nero).
Vi resterà per quasi un anno, fin quando l’invasione tedesca della Grecia e di
Creta (aprile-maggio 1941) non consegnerà il controllo del Mar Egeo saldamente
nelle mani dell’Asse.
10 maggio 1941
A seguito
dell’occupazione della Grecia e di Creta, il Capo Arma salpa diretto in Mediterraneo; il 10 maggio giunge ad
Istanbul per imbarcare del carico prima di partire per l’Egeo, ma qui viene
fermato e posto sotto sequestro per i debiti contratti dalla società armatrice
con la Shell Company.
20 maggio 1941
A seguito del
rilascio di garanzie bancarie per i debiti, da parte degli agenti della
compagnia armatrice, alla Shell Company, il Capo
Arma può lasciare Istanbul. Inizialmente fa ritorno a Brăila; successivamente lascia il Mar Nero e
rientra finalmente in Italia.
10 agosto 1941
Il Capo Arma, insieme ai piroscafi romeni Balcik ed Alba Julia, salpa da Patrasso e raggiunge Brindisi con personale
rimpatriante delle forze armate italiane, scortato dal cacciatorpediniere Augusto Riboty e dall’incrociatore
ausiliario Attilio Deffenu.
29 agosto 1941
Requisito a Trieste
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
9 ottobre 1941
Il Capo Arma ed il piroscafo Pomona salpano da Brindisi per Bengasi
alle 19.30, scortati dal cacciatorpediniere Freccia.
Appena lasciato il porto, tuttavia, i due piroscafi entrano in collisione: il Capo Arma, danneggiato, deve rientrare a
Brindisi a rimorchio, mentre il Pomona,
in condizioni ancora peggiori, dev’essere portato a poggiare sul fondo.
29 ottobre 1941
Terminate le
riparazioni, il Capo Arma salpa da
Brindisi per Bengasi alle dieci del mattino, insieme al piroscafo Capo Faro, scortato dalla torpediniera Procione. I due piroscafi trasportano
complessivamente 760 tonnellate di munizioni, 1289 di carburante in fusti, 408
di provviste per gli enti civili, e 4009 di materiali vari, tra cui carbone e
materiali del Commissariato e del Genio.
31 ottobre-1° novembre 1941
Nella notte sul 1°
novembre il convoglio viene sottoposto a continui attacchi di bombardieri
Vickers Wellington della RAF, per circa un’ora e mezza; le concussioni di
alcune bombe scoppiate vicino allo scafo del Capo Arma provocano delle lievi infiltrazioni d’acqua (schegge
delle bombe vengono inoltre proiettate in coperta), ma la nave è in grado di
proseguire senza inconvenienti. Alcuni degli aerei attaccanti vengono
danneggiati dal tiro contraereo delle navi, qualcuno forse è anche abbattuto.
Alle 4.21 il
convoglietto, in posizione 32°32” N e 19°55’5” E, viene avvistato dal
sommergibile britannico Thrasher
(capitano di corvetta Patrick James Cowell), che alle 4.27 lancia quattro
siluri contro il mercantile di poppa. L’attacco non ha successo, e non viene
nemmeno notato dalle navi italiane.
Alle nove del mattino
del 1° novembre il convoglietto raggiunge Bengasi.
Tutte le navi
giungono a Bengasi alle 9.
12 novembre 1941
Capo Arma e Capo Faro rientrano
a Brindisi scortati dalla torpediniera Pegaso.
“ULTRA” intercetta alcuni messaggi relativi a questo convoglio.
19 novembre 1941
Compie un viaggio da
Brindisi a Durazzo, da solo e senza scorta.
3 aprile 1942
Il Capo Arma salpa da Brindisi per Bengasi
alle 9, scortato dalla Procione.
5 aprile 1942
Capo Arma e Procione raggiungono
Bengasi alle 15.
11 aprile 1942
Il Capo Arma lascia Bengasi alle 22.20 per
tornare a Brindisi, scortato dal cacciatorpediniere Emanuele Pessagno.
12 aprile 1942
Durante la
navigazione, il Capo Arma viene
infruttuosamente attaccato da aerosiluranti britannici.
14 aprile 1942
Capo Arma e Pessagno raggiungono
Brindisi alle 8.30.
6 maggio 1942
Il Capo Arma, partito da Brindisi e diretto
a Bengasi, si unisce nello stretto di Messina ad un altro convoglio (piroscafo
italiano Anna Maria Gualdi, piroscafo
tedesco Trapani, cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi – caposcorta, capitano
di vascello Ignazio Castrogiovanni – e Turbine)
proveniente da Napoli e diretto anch’esso a Bengasi. Alla scorta si uniscono
anche, per un tratto, le torpediniere Circe
ed Enrico Cosenz.
7 maggio 1942
Alle 5.35 la Cosenz lascia la scorta del convoglio, e
la Circe fa lo stesso alle 16.45.
Alle 16.32 il
sommergibile britannico Thorn
(capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk) avvista in posizione 34°34’ N e
17°59’ E del fumo, su rilevamento 335°. Il sommergibile – indirizzato verso il
convoglio sulla base di decrittazioni di “ULTRA” – accosta nella direzione in
cui si trova il fumo, ed alle 17.02 avvista gli alberi ed i fumaioli dei tre
piroscafi del convoglio, distanti 9150 metri, con rotta 170°. Norfolk avvista
anche cinque aerei di scorta, ed alle 17.15 anche due dei cacciatorpediniere
della scorta.
Alle 17.22 (fonti
italiane indicano l’orario dell’attacco nelle 17.30), in posizione 34°34’ N e
17°56’ E (180 miglia a nordovest di Bengasi), il Thorn lancia quattro siluri contro il mercantile di testa, da una
distanza di 2750 metri: tutte le navi evitano i siluri con rapide manovre, poi Vivaldi e Pegaso (specialmente quest’ultima) contrattaccano, lanciando 35
bombe di profondità nell’arco di un’ora, e ritenendo di averlo danneggiato. In
realtà, sebbene due pacchetti di bombe di profondità (cinque ciascuno) siano
esplosi piuttosto vicini al Thorn, il
sommergibile non ha subito danni.
Alle 22 si unisce
alla scorta la torpediniera Pegaso,
inviata da Taranto quale rinforzo.
8 maggio 1942
Tra le 2 e le 5.30 il
convoglio subisce ripetuti attacchi aerei; nessuna nave subisce danni, mentre
uno dei velivoli avversari viene abbattuto.
Il convoglio arriva a
Bengasi alle 17.
Da Alessandria
d’Egitto, a seguito dell’avvistamento del convoglio, salpano il 10 maggio
(quando le navi sono già giunte a destinazione) i cacciatorpediniere britannici
Jervis, Kipling, Lively e Jackal, con l’incarico di intercettarlo
e distruggerlo al largo di Bengasi: non solo non riusciranno a trovarlo (visto
che è già in porto), ma saranno avvistati ed attaccati dall’aviazione tedesca
di base a Creta. Dei quattro cacciatorpediniere, soltanto il Jervis riuscirà a tornare alla base.
13 maggio 1942
Il Capo Arma e l’Anna Maria Gualdi partono da Bengasi alle 19.30 diretti in Italia,
con la scorta della torpediniera Orsa
e del cacciatorpediniere Saetta
(caposcorta).
15 maggio 1942
All’alba, al largo di
Leuca, il convoglietto si divide: Capo
Arma e Saetta fanno rotta per
Taranto, Gualdi ed Orsa dirigono per Brindisi. Capo Arma e Saetta giungono in porto alle 21.15.
Il piroscafo sotto il precedente nome di Chama (da www.tynebuiltships.co.uk) |
L’affondamento
Alle 2.50 del 27
maggio 1942 il Capo Arma partì da
Brindisi diretto Bengasi, scortato dal cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (capitano di fregata Morra). A bordo del
piroscafo, tra equipaggio e militari di passaggio, c’erano 186 uomini, nonché
un carico di 1230 tonnellate di rifornimenti militari, in gran parte munizioni.
Poche ore dopo, alle
10.40, Capo Arma e Pigafetta si congiunsero, al largo di
Leuca, con il cacciatorpediniere Emanuele
Pessagno (capitano di fregata Dallai) ed il piroscafo Anna Maria Gualdi, salpati da Brindisi alle 4.30 e diretti
anch’essi a Bengasi. Le quattro navi formarono un unico convoglio, avente come
caposcorta il Pigafetta.
I britannici, però,
sapevano già tutto: lo stesso 27 maggio, l’intercettazione e decifrazione di
alcuni messaggi da parte di “ULTRA” aveva rivelato che «il Gualdi e il Capo Arma,
scortati dai cacciatorpediniere Pessagno
e Pigafetta, dovevano lasciare
Brindisi e Taranto alle 04.00 del giorno 27 per Bengasi, ove sarebbero arrivati
alle 15.00 del giorno 29».
Alle 00.45 del 28
maggio il convoglio venne localizzato da velivoli da ricognizione, ed in breve
si scatenò un primo attacco aereo, che però non ebbe conseguenze. Nella
giornata del 28, le navi italiane furono nuovamente individuate da un
ricognitore di Malta; il segnale di scoperta da questi lanciato fu intercettato
da Supermarina, che provvide subito a ritrasmetterlo al caposcorta,
ordinandogli di cambiare rotta. Ma anche sulla nuova rotta, il convoglio venne ancora
una volta avvistato ed attaccato da sommergibili; le manovre delle navi e la
reazione dei velivoli tedeschi della scorta aerea sventarono anche questi
attacchi.
Alle 00.10 del 29
maggio le navi italiane vennero nuovamente sorvolate da aerei britannici, che non
se ne andarono più.
Ma già dalle 22.10
del 28, frattanto, il convoglio era stato avvistato da un nemico ancor più
pericoloso: il sommergibile britannico Turbulent
(capitano di fregata John Wallace Linton), che aveva avvistato il convoglio
diretto verso sud su rilevamento 325°, in posizione 33°51’ N e 18°54’ E. Linton
stimò la velocità dei bastimenti avversari in 12 nodi (sbagliava leggermente:
era in realtà di 10 nodi), mentre non riuscì a fare una stima affidabile della
rotta e distanza del convoglio, per via della foschia. Decise ugualmente di
portarsi in posizione avanzata rispetto al convoglio; alle 22.45 si trovava al
suo traverso e valutò la sua rotta come 160°.
Portatosi più a
proravia, poco dopo il Turbulent
perse il contatto con le navi italiane a causa dell’aumento della foschia, pertanto,
alle 23.01, mutò rotta ed accelerò per ritrovarle: le riavvistò alle 23.20, giudicandone
la rotta come 200°. Il battello britannico iniziò quindi una nuova manovra per
portarsi a proravia del convoglio, che alle 00.50 del 29 accostò per 160° e poi
per 140°.
Sulle prime, Linton
intendeva attaccare il convoglio all’alba; ma all’1.30, dato che il tempo non
accennava a cambiare (e permaneva quindi il rischio di essere avvistato da
aerei all’alba), decise di attaccare quella notte stessa, immerso, sfruttando
la luce lunare.
Alle 2.37 il Turbulent s’immerse cinque miglia a
proravia del convoglio, a 2,7 km dalla rotta su cui questo sarebbe dovuto
passare, ed alle 3.01 avvistò di nuovo le navi italiane, un po’ più vicine del
previsto. Sulle prime Linton non vide il cacciatorpediniere di scorta sul lato
più vicino al Turbulent, ma lo
avvistò poco dopo, alle 3.04, molto più vicino del previsto: praticamente
davanti a lui, con rotta di collisione. Il cacciatorpediniere non si accorse,
comunque, della presenza del sommergibile.
Alle 3.09 (3.11 per
altra fonte), mentre era in corso il terzo attacco aereo della notte, ed il
convoglio procedeva con i piroscafi in linea di fronte ed i cacciatorpediniere
che zigzagavano sui lati (Pessagno a
dritta, Pigafetta a sinistra), il Turbulent, provenendo dal lato sinistro
della formazione (contro luna, con la luna piena: le condizioni più idonee ad
evitare la scoperta) lanciò una salva di quattro siluri contro il convoglio,
mirando ad una delle navi mercantili; poi scese rapidamente in profondità per
evitare di essere speronato.
Il convoglio si
trovava in quel momento in posizione 33°15’ N e 19°25’ E (a 85 miglia per 332°
da Bengasi); il Pigafetta, che procedeva
sul lato di provenienza dell’attacco, avvistò le scie dei siluri e diede
l’allarme, ma, per cause rimaste sconosciute, nessuna nave intraprese manovre
evasive. Il risultato fu disastroso: alle 3.15, tre dei quattro siluri andarono
a segno, colpendo sia il Capo Arma
che il Pessagno. Quest’ultimo, centrato
da due siluri in prossimità di un deposito munizioni, esplode ed affondò in
meno di un minuto nel punto, portando con 159 dei 245 membri del suo
equipaggio.
Meno catastrofica fu
la fine del Capo Arma. Il piroscafo
venne colpito a prua da un singolo siluro; scoppiò a bordo un piccolo principio
d’incendio, che probabilmente avrebbe potuto essere arginato, ma l’equipaggio
abbandonò subito la nave. Tale prematura condotta segnò la fine del Capo Arma: senza nessuno rimasto a
domarlo, l’incendio si estese gradatamente a tutta la nave.
Mentre il Gualdi proseguiva da solo – fu poi
raggiunto da due cacciasommergibili inviati da Bengasi, che ne assunsero la
scorta –, il Pigafetta recuperò gli 86
superstiti del Pessagno, poi rimandò
sul Capo Arma il personale che aveva
abbandonato la nave, nel tentativo di rimetterla in moto o di prenderla a
rimorchio; ma ormai l’incendio era troppo esteso ed incontrollabile, il che
rendeva impossibile ogni tentativo in tale senso.
Verso le otto del
mattino, le fiamme raggiunsero il carico di munizioni, ed il Capo Arma esplose ed affondò in
posizione 32°07’ N e 19°28’ E (una settantina di miglia a nord di Bengasi).
Si lamentarono tre dispersi,
tutti periti nel siluramento; il resto del personale imbarcato sul piroscafo,
183 uomini, venne recuperato dal Pigafetta.
Quest’ultimo, ricongiuntosi col Gualdi,
entrò a Bengasi a mezzogiorno del 29 maggio.
“ULTRA”, mediante
nuove intercettazioni, aggiornò con dovizia di particolari i comandi britannici
anche sull’esito positivo (per loro) dell’attacco del Turbulent: in un dispaccio del 31 maggio si diceva infatti che «…durante
la notte tra il 28 ed il 29 il Capo Arma
ed il Pessagno sono stati silurati ed
affondati da un sommergibile. Due ufficiali ed ottantaquattro uomini del
cacciatorpediniere e tutto l’equipaggio, esclusi tre soldati, del Capo Arma sono stati recuperati dal Pigafetta. (…) Il Capo Arma che trasportava munizioni ha preso fuoco ed è esploso
quattro ore più tardi».
L’affondamento del Capo Arma nel giornale di bordo del Turbulent (da Uboat.net):
“28 May 1942
2310 hours - In position 33°51'N, 18°54'E sighted a Southbound convoy of two
merchant ships (6000 and 5000 tons each) escorted by two destroyers (one Spica
class torpedo boat, the other looked bigger) bearing 325°. Speed was thought to
be 12 knots. Due to the mist is was very difficult to estimate the convoys
course and range. Cdr. Linton decided to get ahead of the convoy.
2345 hours - Turbulent was now on the convoys beam
and that the convoys course was 160°. Turbulent
went ahead and soon afterwards lost touch.
29 May 1942
0001 hours - Altered course towards and increased speed to find them.
0020 hours - The
convoy was sighted apparently steering a course of about 200°. Started to get
ahead.
0150 hours - The
convoy changed course to 160° and later to 140°.
0230 hours - As there
seemed no prospect in any change in the weather and that an attack at dawn
(what Cdr. Linton initially intended to do) might be spotted by aircraft it was
decided to make a submerged attack by moonlight.
0337 hours - Dived 5
miles ahead of the convoy and 3000 yards off track.
0401 hours - Sighted
the convoy a little closer than expected. The escorting destroyer on this side
of the convoy could not be seen or heard.
0405 hours - Sighted
the destroyer, it was much closer than was anticipated. Turbulent was right ahead.
0407 hours - The
destroyer was seen to be on a steady bearing.
0409 hours - Fired
four torpedoes at one of the merchant vessels. The destroyer was now very near.
Turbulent went deep upon firing.
1min. 13secs after firing the first torpedo an explosion was heard. Shortly
afterwards one of the torpedoes passed over the conning tower. Two further
explosions were heard 2min. 28secs. and 3min. 10secs. after firing the first
torpedo. The torpedo that ran overhead had a gyro failure and with a great deal
of luck had hit the destroyer that was so near to Turbulent.
0610 hours - Came to
periscope depth and found one destroyer about 3 nautical miles away and moving
slowly around the position of the attack. Nothing else was in sight.”
Il Capo Arma a Marsiglia nel 1938 (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net) |
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