La Papa ormeggiata accanto alla gemella Generale Anonio Chinotto, negli anni Trenta (Coll. Erminio
Bagnasco, via www.betasom.it)
|
Torpediniera, già
cacciatorpediniere, della classe Generali (dislocamento standard 730
tonnellate, in carico normale 832, a pieno carico 870 o 890).
Svolse intensa
attività e crociere nel periodo interbellico; durante la seconda guerra
mondiale venne impiegata per compiti di scorta convogli (prima sulle rotte tra
Italia e Nordafrica e sulle rotte costiere della Libia, poi in Mar Tirreno dal
1941-1942) e di posa di mine.
Unica tra le
antiquate "tre pipe", poté vantare un successo nella lotta
antisommergibili: dopo un accanito scontro in superficie, infatti, affondò il
sommergibile britannico Cachalot.
Breve e parziale cronologia.
24 dicembre 1919
Impostazione nei
cantieri Odero di Sestri Ponente.
8 dicembre 1921
Varo nei cantieri
Odero di Sestri Ponente.
9 febbraio 1922
Entrata in servizio.
30 agosto 1923
Nel corso della Crisi
di Corfù, scatenata dall’assassinio (avvenuto ad opera di ignoti il 27 agosto
tra Giannina e Santi Quaranta) del generale Tellini e di una delegazione italiana
che avrebbe dovuto definire i confini tra Grecia ed Albania, il Papa salpa da Taranto con una forza
navale (composta, oltre che dal Papa,
dai gemelli Generale Antonio Cantore, Generale Antonio Chinotto e Generale Marcello Prestinari, dai
cacciatorpediniere Giuseppe Sirtori e Giuseppe La Masa, dalle corazzate Caio Duilio ed Andrea Doria, dall’esploratore Augusto Riboty, da un dragamine e da due
navi ausiliarie) incaricata di difendere il Dodecaneso da possibili azioni
ostili da parte della Grecia. La squadra viene dislocata a Portolago (Lero).
19 settembre 1923
Il Papa, insieme ai gemelli Generale Antonio Cantore, Generale Antonino Cascino, Generale Antonio Chinotto, Generale Carlo Montanari e Generale Marcello Prestinari ed alle
corazzate Cesare e Cavour, compone la divisione navale che
presenzia, nella baia di Falero, alla resa degli onori (63 salve di cannone con
la bandiera italiana al picco) alla bandiera italiana da parte di una divisione
navale greca – corazzata Kilkis,
incrociatore corazzato Georgios
Averof e quattro cacciatorpediniere – che rappresenta (insieme ad un
indennizzo economico) l’atto formale di "riparazione", da parte della
Grecia, per l’eccidio di Giannina. Presenziano come testimoni anche gli
incrociatori Comus (britannico)
e Mulhouse (francese).
La Papa (al centro) ormeggiata insieme alla gemella Generale Marcello Prestinari (a destra)
ed alla similare Nicola Fabrizi (a
sinistra), inizio 1927 (Coll. Franco Bargoni, via Luigi Accorsi e www.associazione-venus.it).
|
1929
Forma, insieme
a Giuseppe La Masa, Generale Antonio Cantore, Generale Carlo Montanari e Generale Marcello Prestinari, la VI
Squadriglia Cacciatorpediniere, che con la V Squadriglia di quattro unità ed
all’esploratore Carlo Mirabello compone
la 3a Flottiglia della II Divisione Siluranti (2a Squadra
Navale, di base a Taranto).
La Papa all’inizio del 1928 (Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it) |
1° ottobre 1929
Declassato a
torpediniera, data la sua anzianità, come tutte le "tre pipe".
1931
La Papa, insieme alle torpediniere Nicola Fabrizi, Generale Antonio Chinotto ed Enrico
Cosenz ed all’esploratore Quarto,
forma la Divisione Speciale al comando dell’ammiraglio Denti.
10 agosto 1931
La Papa, insieme alle gemelle Giacinto Carini e Generale Antonio Chinotto ed
all’esploratore Premuda,
presenzia a Capodistria alla commemorazione del quindicesimo anniversario
dell’esecuzione di Nazario Sauro.
La Papa nei primi anni Trenta (Coll. Maurizio Brescia, via www.betasom.it)
|
1936
Lavori di modifica:
vengono imbarcate attrezzature per il dragaggio in corsa.
1939
L’originario
armamento secondario di due cannoncini Ansaldo Mod. 1917 da 76/40 mm viene
sostituito con un armamento contraereo costituito da due mitragliere binate
Breda da 20/65 mm Mod. 1935 e due o quattro mitragliatrici singole da 8/80 mm.
10 giugno 1940
L’Italia entra in
guerra. La Papa appartiene
in questo momento alla II Squadriglia Torpediniere, di base a La Maddalena,
insieme alle gemelle Generale
Antonino Cascino, Generale
Antonio Chinotto e Generale Carlo
Montanari.
6 giugno-10 luglio 1940
Papa,
Chinotto, Cascino e Montanari posano
quattro sbarramenti di 60 mine ciascuno a nordest della Maddalena ed altri due
(anch’essi di 60 ordigni) nelle bocche di Bonifacio.
30 luglio 1940
La Papa, insieme alla gemella Generale Antonino Cascino ed alle più
moderne torpediniere Vega e Perseo, salpa da Trapani alle 00.30
scortando verso Tripoli i piroscafi Bosforo
e Caffaro. Le navi, che procedono a
10 nodi e dovranno seguire le rotte costiere della Tunisiad, formano il
convoglio numero 3 dell’Operazione «Trasporto Veloce Lento», consistente
nell’invio in Libia di tre convogli (il numero 1, "lento", è
costituito dalle navi da carico Maria
Eugenia, Gloria Stella, Bainsizza, Mauly, Col di Lana, Città di Bari e Francesco Barbaro, scortati dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere
e dalla XIV Squadriglia Torpediniere; il numero 2, "veloce", è
formato dai trasporti truppe Città di
Napoli, Città di Palermo e Marco Polo scortati dalla II Squadriglia
Torpediniere e dalla XII Squadriglia Cacciatorpediniere) con la protezione a
distanza (per il caso che forze di superficie britanniche escano da Alessandria
d’Egitto) degli incrociatori pesanti Pola
(nave ammiraglia del comandante superiore in mare, ammiraglio Paladini), Zara, Fiume, Gorizia (I
Divisione) e Trento, degli
incrociatori leggeri Alberico Da
Barbiano, Alberto Di Giussano (IV Divisione), Eugenio di Savoia, Muzio
Attendolo, Raimondo
Montecuccoli e Luigi di
Savoia Duca degli Abruzzi (VII Divisione) e dei cacciatorpediniere
delle Squadriglie IX (Vittorio Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci), XII (Lanciere, Carabiniere, Ascari, Corazziere), XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino) e XIV (Antonio
Pigafetta, Lanzerotto Malocello e Nicolò Zeno).
1° agosto 1940
Il convoglio giunge a
Tripoli a mezzogiorno.
10 agosto 1940
La Papa (caposcorta) e la torpediniera Centauro partono da Tripoli alle 10.30,
scortando i piroscafi Ravenna e Bainsizza diretti a Bengasi.
12 agosto 1940
Le navi arrivano a
Bengasi alle 18.30.
13 agosto 1940
A mezzogiorno la Papa (tenente di vascello Aldo Reggiani)
parte da Bengasi per scortare a Derna il piroscafo Leopardi e la motonave Città
di Messina. Alle 15.15 le tre navi si dispongono in linea di fila con 1000
metri d’intervallo tra una nave e l’altra, con Papa in testa, Città
di Messina al centro e Leopardi in
coda, ed imboccano le rotte di sicurezza a 6 nodi di velocità.
Alle 20 la Papa, dopo aver zigzagato per mezz’ora ad
alta velocità a proravia ed a poppavia del convoglio, assume la posizione di
scorta notturna. I due mercantili sono in linea di fila, Città di Messina in testa e Leopardi in coda, distanziati di un
migliaio di metri, mentre la torpediniera si è posizionata a 1000 metri per
80°, a proravia sinistra, dalla Città
di Messina.
14 agosto 1940
La luna tramonta alle
2.35.
Alle tre di notte, al
largo di Tolmetta (Cirenaica), si sente un’esplosione sorda – il comandante
Reggiani la paragonerà alla detonazione contemporanea di parecchie bombe di
profondità – ed una grande fiammata violacea, larga un terzo dello scafo ed
alta come l’alberatura, si leva sulla prua dritta del Leopardi. Il piroscafo ha urtato una mina di uno sbarramento di 50
ordigni posato dal sommergibile britannico Rorqual (capitano di corvetta Ronald Hugh Dewhurst) il
precedente 21 luglio (tra le 12.00 e le 12.32 presso il punto approssimato
32°45'5" N, 20°57' E, al largo del faro di Tolmetta, e sul quale era già
affondato il 24 luglio il piroscafo Celio),
anche se sul momento non si sa se l’esplosione sia stata causta da una mina
oppure da un siluro lanciato da un sommergibile.
Nel dubbio, la Papa si dirige subito a tutta forza
verso il Leopardi e, giunta
un chilometro al traverso a dritta (un poco a poppavia) della nave colpita,
lancia tre bombe di profondità da 50 kg. Poi raggiunge la Città di Messina e le ordina di
proseguire alla massima velocità verso Derna (la motonave giungerà poi a
Bengasi a mezzogiorno), quindi – alle 3.10 – torna vicino al luogo del
siluramento e getta altre tre bombe di profondità in quella che suppone essere
la zona d’agguato del presunto (in realtà inesistente) sommergibile nemico.
Alle 3.16 la Papa ferma le macchine sul punto
dove il Leopardi è appena
affondato (32°39’ N e 21°03’ E, sei-sette miglia ad est/nordest di Tolmetta), e
mezz’ora dopo trae in salvo i primi superstiti: 14 italiani, tra cui il primo
ufficiale del piroscafo, da una scialuppa, e quattro libici aggrappati ai
rottami.
Alle 3.50, a causa
del buio pesto che rende impossibile avvistare i naufraghi, e temendo di
ferirli od ucciderli con le eliche o di danneggiare le eliche stesse
nell’impatto con relitti galleggianti, la Papa mette
a mare tre zattere Carley con due ottimi marinai e poi si allontana, portandosi
un miglio più al largo dal punto dell’affondamento e poi incrociando a 20 nodi
sino alle 5.28.
Proprio alle 5.28
qualcuno, a poppa della Papa,
crede di avvistare la scia di un siluro (è in realtà un falso allarme), così la
nave inverte la rotta e lancia le ultime quattro bombe di profondità; poi,
dalle 5.32 alle 6.48, la torpediniera recupera altri 143 naufraghi.
La Papa salva in tutto 25 membri
dell’equipaggio del Leopardi, di
cui 23 italiani e due carbonai libici, e 136 soldati libici; due di questi
ultimi, gravemente feriti, spirareranno a bordo della torpediniera. I morti
sono 176 (cinque italiani e 171 libici).
Alle 8.13 la Papa riceve ordine di tornare in
porto.
18 agosto 1940
La Papa lascia Bengasi all’una, scortando i
piroscafi Mauro Croce, Ezilda Croce, Santa Chiara e Priaruggia,
diretti a Tobruk.
20 agosto 1940
Il convoglio giunge a
Tobruk alle 15.
Sempre secondo la
cronologia dell’USMM, la Papa sarebbe
salpata da Tripoli alle 5 del 17 agosto scortando le pirocisterne Lina e Romagna, con le quali sarebbe giunta a Palermo il mattino 20. È
evidente l’incompatibilità temporale di tale missione di scorta con quella
appena riportata.
Alle 19 del 20 la Papa riparte da Tobruk per scortare a
Bengasi i piroscafi Verace e Doris Ursino.
21 agosto 1940
Alle 13.30 il
convoglietto, in navigazione verso ovest, viene avvistato dal sommergibile
britannico Rorqual (capitano di
corvetta Ronald Hugh Dewhurst), che decide di attaccare tutte e tre le navi che
lo compongono (compresa la Papa,
correttamente identificata da Dewhurst come una torpediniera classe Generali).
Alle 13.58, cinque miglia a nordovest di Ras Hilal (in posizione 33°08’ N e
22°10’ E, o 32°58’ N e 22°09’ E), il Rorqual
lancia in successione due siluri contro la Papa
(da 2740 metri di distanza), due contro il primo mercantile (da 2560 metri) e
due contro il secondo (da 2290 metri). Nessuna delle armi va a segno; la Papa, dopo aver evitato i siluri, ne
risale la scia e contrattacca con bombe di profondità, ritenendo, alle 15, di
aver affondato il sommergibile attaccante. In realtà il Rorqual, che dopo il lancio ha virato di 90° a sinistra, è sceso in
profondità ed ha messo i motori avanti tutta per tre minuti, è stato
danneggiato ma solo in modo leggero.
L’EIAR, nei
bollettini n. 75 e n. 76, rivendicherà erroneamente l’affondamento del Rorqual: «Il sommergibile inglese, di
cui al bollettino n. 75, è stato affondato dalla torpediniera Papa. Detto sommergibile ha lanciato ben
tre siluri senza risultato contro la torpediniera. Con pronta manovra questa si
è gettata contro il sommergibile per speronarlo, buttando quindi numerose bombe
di profondità. Il sommergibile, irreparabilmente colpito, è venuto a galla
mostrando la chiglia e poco dopo si è inabissato».
Le navi giungono a
Bengasi in serata.
26 agosto 1940
La Papa salpa da Ain-el-Gazala alle 7 per
scortare a Bengasi il piroscafo Santa
Chiara, avente un rimorchio. Al convoglietto si aggiunge poi anche la
motonave Città di Messina, salpata
alle 14 da Derna.
27 agosto 1940
Le navi arrivano a
Bengasi alle 15.30.
2 settembre 1940
La Papa salpa da Tobruk alle 18 scortando
il piroscafo Prospero, diretto a
Bengasi.
4 settembre 1940
Papa
e Prospero giungono a Bengasi alle
4.30.
5 ottobre 1940
La Papa parte da Ain-el-Gazala alle 20.25,
di scorta ai piroscafi Pallade e Verace.
9 ottobre 1940
Dopo aver fatto scalo
a Derna, le tre navi giungono a Tobruk alle 10.15.
In navigazione (da www.asso4stormo.it) |
14 ottobre 1940
La Papa lascia Bengasi alle 16, scortando
verso Tripoli il piroscafo Capo Vita
ed il grosso motopeschereccio Amba Alagi.
16 ottobre 1940
Le tre navi giungono
a Tripoli alle 15.40.
2 novembre 1940
La Papa salpa da Tripoli per Palermo alle
15.35, scortando le moderne motonavi da carico Marco Foscarini e Francesco
Barbaro.
4 novembre 1940
Il convoglio giunge a
Palermo alle 8.30.
2/3 dicembre 1940
La Papa sostituisce a Trapani la
torpediniera Enrico Cosenz nella
scorta ai piroscafi Sabaudia e Silvia Tripcovich, provenienti da Napoli
e diretti a Tripoli.
5 dicembre 1940
Il convoglio arriva a
Tripoli alle 12.30.
8/9 dicembre 1940
La Papa sostituisce a Trapani la
torpediniera Clio, di scorta ai
piroscafi Fenicia, Castelverde e Capo Vita partiti da Napoli e diretti a Tripoli.
11 dicembre 1940
Il convoglio
raggiunge Tripoli alle 14.
20 dicembre 1940
La Papa salpa da Tripoli per Bengasi alle
22, scortando la motonave Città di
Messina.
23 dicembre 1940
Le due navi arrivano
a Bengasi alle 14.30.
26 dicembre 1940
La Papa lascia Bengasi per Tripoli alle 16,
scortando Fenicia e Città di Messina.
30 dicembre 1940
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 11.30.
6 gennaio 1941
La Papa salpa da Tripoli alle 18.30,
scortando il piroscafo Fenicia e la
motonave Col di Lana.
12 gennaio 1941
Le tre navi arrivano
a Napoli alle 12, dopo aver fatto scalo a Palermo.
Sempre dalla cronologia USMM, la Papa risulterebbe aver anche scortato, insieme ai cacciatorpediniere Dardo e Strale, la motonave Marco Foscarini da Tripoli a Palermo, con partenza alle 19.30 del 6 ed arrivo alle 10 del 9. Di nuovo, ciò non è compatibile con la missione appena citata. Risulterebbe inoltre che il 7 gennaio la Papa avrebbe disincagliato lo Strale, incagliatosi insieme alla Foscarini (poi liberatasi da sola) su un banco sabbioso nelle secche di Kerkennah.
Una possibile spiegazione di queste discrepanze è fornita da Alessandro Caldara, all'epoca sottonocchiere del Dardo, nel suo libro-diario "Quelli di sottocastello": secondo quanto scritto da Caldara, la Papa non navigò con Dardo e Strale fin dall'inizio, bensì accorse sul luogo dell'incaglio dopo aver notato la situazione dello Strale, mentre passava nella zona con un altro convoglio (evidentemente quello formato da Fenicia e Col di Lana). Grazie al suo minore pescaggio, la Papa riuscì a prendere a rimorchio lo Strale ed a disincagliarlo, cosa che il Dardo non aveva potuto fare per il rischio di incagliarsi a sua volta.
Sempre dalla cronologia USMM, la Papa risulterebbe aver anche scortato, insieme ai cacciatorpediniere Dardo e Strale, la motonave Marco Foscarini da Tripoli a Palermo, con partenza alle 19.30 del 6 ed arrivo alle 10 del 9. Di nuovo, ciò non è compatibile con la missione appena citata. Risulterebbe inoltre che il 7 gennaio la Papa avrebbe disincagliato lo Strale, incagliatosi insieme alla Foscarini (poi liberatasi da sola) su un banco sabbioso nelle secche di Kerkennah.
Una possibile spiegazione di queste discrepanze è fornita da Alessandro Caldara, all'epoca sottonocchiere del Dardo, nel suo libro-diario "Quelli di sottocastello": secondo quanto scritto da Caldara, la Papa non navigò con Dardo e Strale fin dall'inizio, bensì accorse sul luogo dell'incaglio dopo aver notato la situazione dello Strale, mentre passava nella zona con un altro convoglio (evidentemente quello formato da Fenicia e Col di Lana). Grazie al suo minore pescaggio, la Papa riuscì a prendere a rimorchio lo Strale ed a disincagliarlo, cosa che il Dardo non aveva potuto fare per il rischio di incagliarsi a sua volta.
24 febbraio 1941
La Papa salpa da Tripoli per Napoli alle
5.30, scortando i piroscafi italiani Nirvo
e Giovinezza ed il tedesco Arta.
26 febbraio 1941
Il convoglio
raggiunge Napoli alle 22.30.
6 marzo 1941
La Papa salpa da Palermo alle 20 per
scortare a Biserta, insieme all’incrociatore ausiliario Attilio Deffenu, un convoglio composto dalla cisterna militare Tanaro e dai piroscafi Caffaro, Fenicia e Capo Vita.
A causa di ripetuti
attacchi di sommergibili, il convoglio dev’essere dirottato a Trapani.
8 marzo 1941
Il convoglio lascia
Trapani alle 19 per proseguire verso Biserta, ma il Caffaro s’incaglia sulla secca della Colombaia. Il convoglio
prosegue con la scorta del solo Deffenu
(Fenicia e Capo Vita verranno entrambi affondati da sommergibili britannici).
10 marzo 1941
La Papa e la torpediniera Circe (caposcorta) salpano alle 20 da
Trapani per scortare a Tripoli il Caffaro,
disincagliato, e la Tanaro,
precedentemente rifugiatasi a Trapani.
12 marzo 1941
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 19.30.
23 marzo 1941
La Papa parte da Palermo per Tripoli alle
9, di scorta ai piroscafi Tenace e San Luigi.
24 marzo 1941
Alle 3.33 il
sommergibile britannico Ursula
(tenente di vascello Alexander James Mackenzie) avvista una nave mercantile a
levante di Capo Bon, e poi (alle 3.45) una torpediniera. È possibile che si
tratti del convoglio composto da Papa,
Tenace e San Luigi (in tal caso, il successivo attacco non viene notato).
Dopo essersi immerso
alle 3.45 per non essere individuato dalla torpediniera, l’Ursula riemerge alle 3.57 ed alle 4.27, in posizione 37°05’ N e
11°13’ E, lancia quattro siluri da 1830 metri di distanza. Subito dopo il
lancio, tuttavia, le navi cambiano rotta, virando da 45° a 185°: tutti i siluri
mancano il bersaglio, e l’Ursula
insegue vanamente il convoglio senza riuscire ad assumere di nuovo una
posizione adatta al lancio prima dell’alba.
26 marzo 1941
Le tre navi arrivano
a Tripoli alle 8.30.
Un’altra immagine della Papa (da “British Submarine vs Italian
Torpedo Boat: Mediterranean 1940-1943”, di David Greentree)
|
30 marzo 1941
La Papa lascia Tripoli per Palermo
all’1.30, scortando la motocisterna Caucaso
ed il piroscafo Carlo Zeno.
1° aprile 1941
Le tre navi raggiungono
Palermo alle 7.30.
9 aprile 1941
La Papa, le torpediniere Cosenz e Clio ed il cacciatorpediniere Dardo
(caposcorta) salpano da Napoli alle 14.30, scortando un convoglio formato dalle
motonavi da carico Rialto, Birmania, Barbarigo, Andrea Gritti e
Sebastiano Venier.
11 aprile 1941
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 11.30.
16 aprile 1941
Partecipa, con
numerose altre unità, al salvataggio dei naufraghi del convoglio "Tarigo",
distrutto da quattro cacciatorpediniere britannici (gli stessi che pochi giorni
prima hanno infruttuosamente cercato il suo convoglio) presso le secche di
Kerkennah.
20 aprile 1941
La Papa, insieme alla gemella Montanari, alla torpediniera Pallade ed alla piccola nave scorta
ausiliaria Luigi Rizzo, parte da
Tripoli alle 12.30 di scorta ad un convoglio formato dalla motonave Col di Lana, dal piroscafo Ernesto e dalla nave cisterna Superga.
22 aprile 1941
Alle 16 Rizzo e Montanari raggiungono Trapani, mentre il resto del convoglio
prosegue per Napoli, dove giunge alle 23.
8 giugno 1941
La Papa salpa da Trapani per Tripoli alle
3, di scorta alla nave cisterna Zeila.
10 giugno 1941
Papa
e Zeila giungono a Tripoli alle 9.15.
11 giugno 1941
La Papa lascia Tripoli per Trapani alle 21,
scortando il piroscafo Regulus.
20 giugno 1941
Dopo aver sostato a
Lampedusa e Pantelleria, Papa e Regulus arrivano a Trapani alle 19.30.
19 giugno 1941
La Papa, insieme alle torpediniere Cigno (caposcorta) e Calliope, salpa da Tripoli alle 6.30
scortando un convoglio composto dai piroscafi Caffaro e Nirvo (il primo
dei quali ha a rimorchio la torpediniera Polluce,
in avaria) e la nave cisterna Pozarica.
Durante la
navigazione, la scorta sventa un attacco di sommergibili.
21 giugno 1941
Il convoglio giunge a
Trapani alle 14, lasciandovi Caffaro
e Polluce, poi le altre navi proseguono
per Napoli. Si unisce alla scorta anche la torpediniera Sirtori, giunta da Messina.
22 giugno 1941
Il convoglio arriva a
Napoli alle 8.
26 giugno 1941
L’aspirante
guardiamarina Giovanni Cavaliere, della Papa,
muore nel Mediterraneo Centrale.
28 giugno 1941
La Papa salpa da Tripoli alle 5.30 diretta
a Palermo, di scorta al piroscafo Ogaden.
Verrà in seguito sostituita dalla gemella Cascino,
con la quale l’Ogaden giungerà a
Palermo alle 9.30 del 30 giugno.
29 luglio 1941
La Papa (tenente di vascello Gino Rosica),
proveniente da Tripoli, giunge al largo di Bengasi nel pomeriggio e riceve
ordine di andare incontro al piroscafo Capo
Orso, proveniente da Brindisi e diretto a Bengasi (dove il suo arrivo è
previsto per il mattino del 30), per assumerne la scorta nell’ultimo tratto di
navigazione (la torpediniera che lo scortava in precedenza, l’Antares, lo ha lasciato alle 21.30).
Dal momento che
proprio in quest’area è stata segnalata presenza di sommergibili britannici, la
Papa non entra nel porto di Bengasi,
ma attende all’esterno una imbarcazione inviata dal locale Comando Marina, che
le consegna gli ordini; dopo averli ricevuti, inizia a setacciare accuratamente
le acque che il Capo Orso dovrà
percorrere il giorno seguente, in cerca di sommergibili.
30 luglio 1941
Alle 3.30 la Papa, mentre procede a 10 nodi con
rilevamento 49°, in posizione 32°49’ N e 20°11’ E (45 miglia a nord di Bengasi),
avvista poco a poppavia del traverso a sinistra un oggetto che le precarie
condizioni di visibilità (c’è foschia e la notte è senza luna) impediscono di
distinguere a sufficienza. La torpediniera accosta a sinistra e si dirige
incontro all’oggetto avvistato, che il comandante Rosica ritiene essere un
sommergibile, senza incrementare la velocità.
Si tratta infatti del
sommergibile britannico Cachalot
(capitano di corvetta Hugo Rowland Barnwell Newton), che sta rientrando in
emersione da Malta ad Alessandria d’Egitto, dopo aver trasportato a Malta un
carico di 44 tonnellate di benzina per aerei. Lasciata Malta il 26 luglio (con
a bordo un carico di materiali da portare ad Alessandria e 24 militari di
passaggio, diretti in Egitto), il Cachalot
ha ricevuto ordine di passare al largo di Bengasi ed attaccare il Capo Orso – erroneamente identificato
come una "nave cisterna" – del cui viaggio i britannici sono al
corrente. Il sommergibile si è posizionato lungo la rotta sulla quale dovrà
passare il Capo Orso, prevedendo di
precederlo di due ore nel previsto punto d’incontro, incontrarlo alle 2.30,
seguirlo (o piuttosto precederlo, tenendosi otto miglia a proravia della nave
italiana) fin dopo l’alba e di attaccarlo con la luce del sole, stando immerso
(Newton intende evitare azioni notturne, data la voluminosa sagoma del Cachalot, che lo rende troppo visibile).
Il Cachalot ha avvistato la Papa già all’1.55 e, essendo questa
distante appena 365 metri, si è immerso in fretta e furia (con conseguenti
problemi nel mantenimento dell’assetto nonché inconvenienti agli idrofoni, ai
timoni ed anche alle batterie, a causa di un errore commesso durante
l’immersione), per poi riemergere alle 2.50. A questo punto, ritenendo che la
torpediniera, non più in vista, sia ormai passata, Newton ha ordinato di
risalirne la rotta per un’ora, mandando in torretta le migliori vedette per cercare
la "petroliera". L’ha infine avvistata a 1370 metri di distanza, su
rilevamento di 120° a dritta, preparandosi a lanciare i siluri; poi – dopo che
questa si è immediatamente ritirata coprendosi con una cortina fumogena, o
almeno così pare a Newton – l’ha inseguita per 20 minuti, per poi aprire il
fuoco col cannone. In realtà, né il Capo
Orso né altre navi da carico o petroliere sono presenti: la "petroliera"
avvistata dal Cachalot è ancora la Papa (Newton ha fatto cercare la nave
scorta, ma, in mancanza di avvistamenti, ha concluso che debba aver perso il
contatto con la "petroliera"). Newton, considerando che i banchi di
foschia riducono a tratti la visibilità, ha deciso di rallentare la "petroliera"
danneggiandola col cannone, in modo da impedirle di allontanarsi troppo e di
far perdere le sue tracce. I primi quattro colpi vengono sparati da 1370 metri
di distanza su rilevamento 30°, per ordine della plancia (poiché i cannonieri
non riescono a vedere il bersaglio), poi i cannonieri britannici avvistano
anch’essi la nave e continuano il tiro indipendentemente. Nessuno, sul Cachalot, si accorge che stanno sparando
contro una torpediniera.
Alle 3.40 la Papa accelera, portando la velocità al
massimo, e si dirige verso il sommergibile: nonostante la distanza si sia
ridotta, questi appare sempre meno visibile; la sua sagoma scompare, eccetto
che per la torretta. Il comandante Rosica ritiene che il battello nemico si
stia immergendo o stia accostando a dritta verso la nave italiana; alle 3.40.30
il Cachalot fuga ogni dubbio circa le
sue intenzioni, aprendo il fuoco col suo cannone. Visto che il sommergibile non
sta per immergersi, Rosica decide di speronarlo, per non dargli il tempo di
usare i siluri.
Il tiro del Cachalot è bene aggiustato in cursore,
ma i colpi sono tutti lunghi; la Papa
accosta ulteriormente a sinistra per aprire a sua volta il fuoco sulla dritta,
nonché per portarsi in una posizione adatta alla manovra di speronamento. Alle
3.41, la torpediniera apre il fuoco. Le vampe di volata della Papa rendono la nave più facilmente
individuabile nel buio della notte, pertanto il Cachalot accelera il ritmo di tiro; ma nessun colpo va a segno. I
cannonieri del Cachalot, infatti,
sono accecati dalle vampate del tiro dei loro stessi cannoni, ed il loro tiro è
ostacolato anche dalla foschia.
Dopo l’undicesimo
colpo, i britannici, che ancora credono di avere a che fare con una petroliera,
ritengono di averla colpita, perché vedono del fumo apparire a centro nave: in
realtà il fumo a centro nave non è causato da colpi a segno, ma semplicemente
dal fumaiolo centrale della "tre pipe" (per altra versione, da una
cortina fumogena stesa dalla torpediniera).
La Papa cessa il fuoco dopo la prima salva,
anche perché i puntatori, bassi sull’acqua, non vedono bene il bersaglio. La
posizione della torpediniera rispetto al sommergibile dà a Rosica la certezza
che quest’ultimo non possa, al momento, attaccare con i siluri.
Alle 3.42 la Papa accosta rapidamente sulla dritta,
mettendo la prua sul Cachalot, che
intanto continua a sparare col cannone. Alcuni colpi cadono vicinissimi a
dritta ed a sinistra, ma ancora nessuno va a segno; intanto anche la Papa torna ad aprire il fuoco, col
cannone di prua. Dopo il primo colpo della Papa
il Cachalot cessa il fuoco, dando al
comandante Rosica l’impressione di averlo colpito a prua, sullo scafo non
resistente.
Sul Cachalot, Newton vede con orrore la "petroliera"
(che sembrava stare tentando di manovrare per speronarlo, manovra vanificata da
un’analoga accostata del Cachalot)
sparire nel fumo ed un "cacciatorpediniere" (in realtà è sempre la Papa) apparire diretto verso di lui. Il
comandante britannico si rende improvvisamente reso conto delle intenzioni
della nave italiana, distante appena 730 metri: nel tentativo di evitare la
collisione, fa mettere tutta la barra a dritta, ordina ai serventi del cannone
di scendere sottocoperta e quindi di procedere all’immersione. Il boccaporto
usato per scendere sottocoperta, tuttavia, è rimasto bloccato, impedendo
l’immersione: quando si riesce a sbloccarlo, le distanze tra Cachalot e Papa sono scese a soli 270 metri, troppo poco per sperare di
riuscire ad immergersi prima dell’impatto. Newton ordina allora di abbandonare
la nave.
Giunto alla giusta
distanza dal sommergibile, Rosica ordina dapprima di fermare le macchine e poi
indietro tutta, in modo da mitigare la violenza dell’impatto, per evitare che
la Papa stessa rimanga eccessivamente
danneggiata nella collisione, od anche incastrata nello scafo del sommergibile.
Alle 3.43, la torpediniera sperona il Cachalot
alla velocità di 4 nodi, a poppavia della torretta (in corrispondenza della
cassa "Z" del sommergibile), e dopo mezzo minuto (inizialmente
Newton, essendo stato l’impatto meno violento del previsto, ha deciso di
tentare ancora l’immersione; ma il tiro della Papa, che ha aperto il fuoco con le mitragliere da soli sei metri
distanza, spazzando rapidamente coperta e torretta del sommergibile, gli ha
fatto cambiare idea) riceve dal sommergibile il messaggio «Cachalot – Surrender», al che l’equipaggio della Papa erompe in un poderoso "Viva
l’Italia". L’equipaggio britannico si getta in mare, dopo aver aperto le
prese a mare per autoaffondare il sommergibile.
Alle 3.45, mentre il Cachalot inizia ad affondare, la Papa mette a mare le imbarcazioni per
recuperarne l’equipaggio. Quando queste sono piene, alcuni naufraghi nuotano
direttamente fin sottobordo alla torpediniera: uno di essi, il capo fuochista
C. S. Osmond, viene issato a bordo da un marinaio che, con sua sorpresa, parla
in perfetto inglese, e commenta "Hard luck, mate. It may be our turn
next" ("Siete stati sfortunati, amico. La prossima volta potrebbe toccare a noi"): questi spiega ad
Osmond di essere un italiano che vive a Cardiff, dov’è proprietario di un
caffè, e che è stato arruolato nella Regia Marina perché allo scoppio della
guerra si trovava in Italia per far visita ai genitori.
Alle 3.52 il
sommergibile è scomparso per sempre sotto la superficie; il salvataggio dei
naufraghi britannici continua fino alle 4.35, quando risultano essere in salvo
sulla torpediniera 90 dei 91 uomini presenti sul Cachalot (67 dell’equipaggio, più 23 dei 24 militari imbarcati come
"passeggeri"). Tra i prigionieri sono il comandante Newton, tutti gli
ufficiali e tutti i sottufficiali, che a detta dello stesso Newton sono
trattati bene.
L’unico disperso è il
cuoco maltese Giuseppe Muscat, uno dei "passeggeri": si era gettato
in mare con gli altri, ma non sapeva nuotare. Nonostante accurate ricerche da
parte della Papa (il comandante
Rosica, quando apprende che un naufrago manca all’appello, chiama in plancia
Newton per averlo accanto durante le ricerche, e prima di interromperle, dopo
aver lungamente cercato invano, glie ne domanda il permesso), non si riuscirà a
trovarlo.
La presenza a bordo
di un numero tanto elevato di prigionieri – più o meno uguale, se non
superiore, a quello dell’equipaggio della Papa,
perché quest’ultima, come altre vecchie "tre pipe", è armata a ranghi
ridotti, mentre il Cachalot,
sommergibile particolarmente grande e con equipaggio molto numeroso, aveva a
bordo anche numerosi "passeggeri" – rischia di creare dei problemi:
Rosica riesce ad ottenere da Newton collaborazione circa la sistemazione e la
condotta dei suoi uomini, dato che l’alternativa, per tenerli sotto controllo
(non potendo distogliere molti uomini della Papa
dai loro compiti), sarebbe di rinchiuderli nelle sentine, dove rischierebbero
di morire.
Il guardiamarina
Henke, contravvenendo agli ordini del comandante Rosica, comunica
imprudentemente a Roma l’avvenuto affondamento del Cachalot; l’intercettazione del messaggio da parte britannica causa
l’invio da Malta di aerosiluranti, che cercheranno invano la Papa.
Un paio d’ore dopo
l’affondamento del Cachalot, la
torpediniera incontra il Capo Orso,
come previsto, e ne assume la scorta.
A mezzogiorno la
torpediniera raggiunge Bengasi, dove sbarca i prigionieri (saranno poi
trasferiti via strada a Tripoli e via mare a Taranto, per finire in un campo di
prigionia nei pressi di Napoli).
Il comandante Rosica
riceverà, per l’affondamento del Cachalot,
la Medaglia d’Argento al Valor Militare (per lui, la seconda), con motivazione:
"Comandante di torpediniera in servizio di ricerca notturna
antisommergibile, avvisava un sommergibile nemico in emersione, incurante della
violenta azione di fuoco avversaria, dirigeva con ardita e decisa manovra
contro di esso, riuscendo a speronarlo ed affondarlo". L’affondamento del Cachalot da parte della Papa verrà annunciato dal bollettino n.
426 dell’EIAR («Il sommergibile inglese « Cachalot » di 1.500 tonnellate è stato speronato e spezzato in
due da una torpediniera al comando del tenente di vascello di complemento Gino
Rosica. Sono stati salvati e catturati gi uomini dell'equipaggio nemico») ed
illustrato su vari giornali, tra cui la "Domenica del Corriere" e la "Tribuna
Illustrata" (con disegno di Vittorio Pisani).
Già alle 18.30 la Papa lascia nuovamente Bengasi,
scortando verso Tripoli la piccola motocisterna Labor, il motoveliero Rita
ed il piroscafo Anna Maria.
2 agosto 1941
Le navi arrivano a
Tripoli alle 8.
La Papa entra a Tripoli il 2 agosto 1941, salutata alla voce dall’equipaggio
di una nave ormeggiata (probabilmente la nave appoggio Antonio Pacinotti) (g.c. STORIA militare).
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Un’altra immagine dell’ingresso a Tripoli della nave il 2 agosto 1941 (da www.betasom.it) |
Tripoli, 2 agosto 1941: sull’alberetto
della Papa sventola una bandiera
nera, ad indicare l’affondamento del Cachalot
(Coll. A. Nani, via L. Accorsi e www.associazione-venus.it)
|
La Papa in manovra nel porto di Tripoli il 2 agosto 1941 (da “The Fighting Tenth”, di John Wingate). |
25 settembre 1941
La Papa scorta da Messina (da dove parte
alle 14.30) a Napoli la nave cisterna Cesco.
Inizio dicembre 1941
La Papa, insieme al cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, scorta da Napoli a
Messina la motonave Fabio Filzi,
diretta in Libia.
24 dicembre 1941
La Papa s’imbatte, nel Golfo della Sirte,
in una zattera Carley con a bordo due naufraghi, i marinai Norman Walton ed
Albert W. F. Price: sono gli unici superstiti dei 767 uomini che componevano
l’equipaggio dell’incrociatore leggero britannico Neptune, affondato su un campo minato italiano al largo di Tripoli
il 18 dicembre.
A bordo della
zattera, od aggrappati ad essa, si trovavano inizialmente una trentina di
uomini, tra cui il comandante del Neptune,
capitano di vascello Rory Chambers O’Conor, ed altri tre ufficiali. Molti erano
intossicati per ingestione di nafta, e già dopo la prima notte il numero degli
occupanti si era ridotto a 16; due ufficiali erano annegati nel tentativo di
raggiungere a nuoto il cacciatorpediniere Kandahar, danneggiato anch’esso dalle
mine ma ancora galleggiante (era stato poi affondato dal cacciatorpediniere
Jaguar dopo che questi ne aveva recuperato l’equipaggio). La zattera era andata
alla deriva per sei giorni, senza cibo né acqua: entro il quarto giorno erano
rimasti vivi solo in quattro, tra cui O’Conor, che era spirato la notte
successiva. Alla vigilia di Natale, solo Price e Walton sono ancora in vita.
Walton, avendo visto
un aereo italiano, ne ha richiamata l’attenzione, e dopo un’ora la Papa giunge sul posto e gli lancia una
cima.
Per Price, purtroppo,
non vi è niente da fare: Walton, ricoverato nell’ospedale di Tripoli, sarà
l’unico sopravvissuto del Neptune.
Inizio 1942: la Papa all’ormeggio, con l’equipaggio
radunato in coperta (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
|
5 gennaio 1942
La Papa salpa da Palermo alle 23.50 per
scortare a Tripoli il piroscafo Delia.
6 gennaio 1942
Nei pressi delle
secche di Kerkennah, la Papa viene
sostituita dalle torpediniere Cigno e
Calliope, inviate da Trapani.
12 gennaio 1942
La Papa parte da Napoli alle 20 per
scortare a Tripoli, insieme al cacciatorpediniere Freccia (caposcorta), il piroscafo Giovanni Battista.
La Papa scorta il piroscafo fino a Trapani,
poi esso prosegue con la scorta del solo Freccia
(cui poi si unirà la Calliope, da
Pantelleria).
24 gennaio 1942
La Papa parte da Palermo alle 20 diretta a
Tripoli, di scorta al piroscafo Tembien.
25 gennaio 1942
Papa
e Tembien arrivano a Tripoli alle 21.
La nave agli inizi del 1942,
con colorazione mimetica (Coll. A. Nani, via Luigi Accorsi e www.associazione-venus.it)
|
6 agosto 1942
La Papa salpa da Napoli per scortare a
Messina la motonave Argentina.
Alle 18.50 il
sommergibile britannico P 42 (poi Unbroken, tenente di vascello Alastair
Campbell Gillespie Mars) avvista a 7 miglia per 150° da Punta Campanella il
fumo emesso dall’Argentina, e poi la nave stessa, avente rotta stimata 235°.
Alle 19.40, dopo aver percorso tre miglia su rotta 260°, il P 42 osserva il bersaglio a nordovest del
faro di Punta Carena (Capri), ad otto miglia di distanza, con rotta stimata
220°; quando alle 19.57 il mercantile accosta per 140°, il P 42 si viene a trovare in posizione adatta all’attacco, ed alle
20.33 (in posizione 40°35’ N e 14°10’ E, al largo di Capri) lancia tre siluri
da 1830 metri. Il bersaglio viene mancato, e la Papa risale le scie dei siluri e procede al contrattacco, lanciando
14 bombe di profondità tra le 20.31 e le 20.47. Nessuna delle bombe esplode
vicina al P 42, che non subisce
danni.
11 agosto 1942
La Papa e la torpediniera Polluce compiono un’azione
antisommergibili a sud di Creta. Esiste la possibilità che il sommergibile
britannico Thorn ne sia
rimasto vittima, ma viene ritenuto molto più probabile che ad affondare
il Thorn sia stata invece
la torpediniera Pegaso.
12 agosto 1942
La Papa e la torpediniera Circe salpano da Napoli alle 9.30
scortando l’incrociatore leggero Muzio
Attendolo, che deve unirsi al resto della VII Divisione Navale, salpata da
Cagliari, per attaccare il convoglio britannico diretto a Malta («Pedestal»)
durante la battaglia di Mezzo Agosto. Circa un’ora dopo la partenza, l’Attendolo effettua una serie di tiri di
esercitazione con il calibro principale contro un bersaglio rimorchiato,
zigzagando in direzione sud-ovest; alle 14 viene avvistata la VII Divisione e,
mentre l’Attendolo si congiunge ad
essa, le due torpediniere vengono lasciate libere e ritornano alla base.
La Generale Achille Papa nell’ottobre 1942 (foto Aldo Fraccaroli, via Coll.
Luigi Accorsi e www.associazione-venus.it)
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29 agosto 1943
Salpa da Bastia
scortando, insieme alla moderna torpediniera di scorta Impetuoso, un convoglio di sei piroscafi, due dei quali diretti a
La Spezia e quattro a Portoferraio.
30 agosto 1943
Il convoglio giunge a
La Spezia alle 17.15.
1° settembre 1943
Parte da La Spezia
alle 10.30 insieme all’Impetuoso ed alla torpediniera Nicola Fabrizi, scortando un mercantile diretto a Portoferraio; qui
le navi giungono alle 16.
Alle 19.30 Papa ed Impetuoso ripartono da
Portoferraio di scorta a due piroscafi, diretti a La Maddalena.
2 settembre 1943
Le quattro navi
arrivano a La Maddalena alle 10.30; Papa
ed Impetuoso ripartono alle 18.30 per
scortare a Bastia altri due piroscafi, il Tellaro
ed il Tigrai (da altra fonte il
convoglio risulterebbe partito da Bastia e diretto a La Maddalena).
3 settembre 1943
Alle 9.27 il
sommergibile britannico Seraph (tenente
di vascello Norman Limbury Auchinleck Jewell) avvista il fumo prodotto dal
convoglio, e poi le navi stesse, che attacca (in posizione 42°36’ N e 09°33’ E,
a sudest di Bastia) con il lancio di quattro siluri contro i mercantili e
contro la Papa, da distanze comprese
tra i 2700 ed i 4600 metri.
Alle 9.30 la Papa viene mancata di stretta misura da
dei siluri, le cui scie le passano appena a poppavia. Papa ed Impetuoso
sottopongono il Seraph (che dopo il
lancio ha perso il controllo ed ha urtato il fondale a 33 metri di profondità)
a caccia con bombe di profondità; il primo pacchetto di bombe è piuttosto
lontano, ma i due attacchi successivi sono accurati, causando alcuni danni,
sebbene non gravi, al sommergibile. Il convoglio giunge indenne a Bastia. Alle 20,
Papa ed Impetuoso lasciano Bastia per scortare a Genova due piroscafi.
4 settembre 1943
Alle 16.40 vengono
avvistate le scie di due siluri, che i piroscafi evitano con la manovra; la Papa ed i mercantili aprono il fuoco
sulle scie dei siluri, che esplodono in costa, mentre l’Impetuoso dà la caccia
al sommergibile attaccante.
Alle 23 le navi
giungono a Genova.
La nave all’ormeggio (da www.marina.difesa.it) |
La fine
Quando venne
annunciato l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l’8 settembre 1943, la Papa (formalmente inquadrata nel II
Gruppo Torpediniere del Dipartimento Militare Marittimo Alto Tirreno, insieme
alle similari Nicola Fabrizi e Giuseppe La Masa) si trovava ai lavori
nel porto di Genova, impossibilitata a muovere.
La situazione della
difesa territoriale, a Genova, era ben grama: non vi erano che due battaglioni
male armati, mentre truppe tedesche numerose e bene armate si presentarono alle
porte del capoluogo ligure già alle quattro del mattino de 9 settembre. Due ore
più tardi, le forze tedesche avevano bloccato gli accessi al porto e stavano
procedendo all’occupazione dei cantieri navali.
L’ammiraglio di
divisione Carlo Pinna, comandante di Marina Genova e comandante superiore del
porto di Genova, aveva già provveduto a disporre la messa in atto delle
disposizioni ricevute da Roma: partenza di tutte le navi mercantili e militari
in efficienza verso porti Alleati o comunque liberi dai tedeschi,
autoaffondamento delle unità militari non efficienti, sabotaggio delle unità
mercantili non efficienti, comunicazione al Comando Marina tedesco di far
uscire dal porto le navi tedesche. Alle 8.30 del 9 gli ordini erano stati
eseguiti; l’ammiraglio Pinna radunò il personale da lui dipendente, fece
distruggere gli archivi segreti e lasciò liberi i suoi uomini di andarsene.
Pinna stesso, per evitare di essere catturato, lasciò Genova alle dieci (era
stato autorizzato a farlo alle sette da Supermarina, nella persona
dell’ammiraglio Sansonetti, essendo la situazione a Genova del tutto
compromessa) e raggiunse la Toscana, dove si sarebbe in seguito unito alla
Resistenza.
Per non farla cadere
intatta in mano tedesca, la Papa
venne sabotata il 9 settembre 1943.
Le sorti
dell’equipaggio della Papa si
divisero. Alcuni suoi componenti, catturati dai tedeschi, finirono nei campi di
prigionia in Germania come "internati militari italiani" (IMI). Tra
di essi il marinaio torpediniere Raffaele Baldinu, di Villanova Monteleone, che
morì in prigionia in Germania il 3 aprile 1945.
Altri si unirono alla
Resistenza. Il marinaio cannoniere Sebastiano Ruffatto, di Cuorgnè, entrò a far
parte della 1a Brigata Partigiana «Matteotti» attiva nella zona del
suo paese natio; per la sua esperienza e capacità ne divenne vice comandante.
Il 29 giugno 1944, recatosi da solo in soccorso di un gruppo di partigiani (tra
cui il comandante della brigata, Italo Rossi) caduto in un’imboscata notturna
dopo una puntata offensiva, proprio presso Cuorgnè, venne sorpreso da forze
nemiche soverchianti; rifiutando di arrendersi, morì combattendo, crivellato di
colpi. Fu decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare, alla memoria.
Catturata dalle forze
tedesche, la Papa venne rimessa in
efficienza, entrando in servizio nella Kriegsmarine il 17 ottobre 1943.
Inizialmente venne denominata TA 7,
ma dopo un solo giorno, il 18 ottobre 1943, venne riclassificata come avviso o
nave scorta (Schnelle Geleitfahrzeuge, SG, mentre TA stava per Torpedoboote
Ausland, "torpediniera [di provenienza] straniera") e ridenominata SG 20: unico caso, tra le torpediniere
italiane vecchie e recenti catturate dalla Kriegsmarine e da essa poste in
servizio, di nave che non divenne TA, se non per un giorno e sulla carta. I tre
cannoni da 102/45 mm vennero rimossi e così pure una delle tre mitragliere
pesanti da 37/54 mm Mod. 1939, mentre fu lasciato intatto il resto dell’armamento
contraereo (6 mitragliere singole Oerlikon da 20/70 mm Mk II-IV, una
mitragliera binata da 20/65 mm M1935, otto mitragliere singole da 20/65 mm
M1939) e quello antisommergibili (6 scaricabombe per bombe di profondità).
Furono inoltre installati quattro lanciarazzi contraerei singoli (Raketen
Sprenggranate) da 8,6 cm M42/43.
Secondo alcune fonti
l’incorporazione nella Kriegsmarine sarebbe stata solo formale, e la nave non
sarebbe mai divenuta operativa sotto bandiera tedesca.
Già il 1° novembre 1943,
tuttavia, l’SG 20 fu posto fuori uso
dall’esplosione di una mina (non è chiaro se in mare aperto oppure in porto e,
in tal caso, in tali circostanze; secondo una versione sarebbe stata
danneggiata dall’esplosione prematura di una delle sue stesse mine, durante
un’operazione di posa, mentre per un’altra fonte sarebbe stata danneggiata
dallo scoppio di una mina terrestre). Il 6 gennaio 1944 la nave, ormeggiata al
molo nord del porto di Genova, iniziò ad imbarcare acqua a causa dei danni
subiti il precedente 1° novembre (per altra fonte, a causa di gravi danni
causati da un attacco aereo); venne portata ad incagliate per evitarne
l’affondamento, ma il 12 gennaio 1944 fu colpita durante un bombardamento aereo
su Genova e si capovolse, affondando nel porto (per altra fonte ancora, affondò
all’ormeggio il 6 gennaio per le falle riportate il 1° novembre, ed il 12
gennaio fu colpita dal bombardamento e si capovolse). Fu recuperata dai
tedeschi, ma non fu più ripristinata (secondo alcune fonti il recupero avvenne soltanto
nell’aprile 1945, al solo scopo di poter utilizzare il relitto come ostruzione).
Il 25 aprile 1945,
poco prima della resa, i tedeschi affondarono quel che restava della vecchia
torpediniera all’imboccatura del porto di Oneglia, in modo da bloccarne
l’ingresso.
Il relitto venne
recuperato nel 1947 e, dopo la formale radiazione in data 27 marzo, fu avviato
alla demolizione.
La Generale Achille Papa a Venezia il 28 aprile 1932 (Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it) |
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