Il Butterfly con il nome di Suevier nei primi anni 30 (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net) |
Piroscafo da carico da 5127 tsl e 3176 tsn, lungo 121,92 metri, largo
15,85 e pescante 8,7, con velocità di 10,5 nodi. Appartenente alla Società
Anonima Industrie Navali di Genova (di proprietà dell’armatore Giovanni
Gavarone, appassionato di teatro: ogni sua nave portava così il nome di
un’opera lirica) ed iscritto con matricola 1798 al Compartimento Marittimo di
Genova.
Breve e parziale
cronologia.
17 agosto 1920
Varato nei cantieri Bartram & Sons Ltd. di South Dock, Sunderland
(numero di cantiere 252) come Suevier,
nave da carico standard di tipo B (progetto ideato durante la seconda guerra
mondiale per la costruzione in serie di navi mercantili).
15 settembre 1920
Completato come Suevier per
il Lloyd Royal Belge S. A., di Anversa. Stazza lorda e netta originarie sono 4983
(poi 5075) tsl e 3171 (poi 3141) tsn.
20 agosto 1927
Durante una violenta tempesta al largo del New Jersey il Suevier (capitano Sadl Gonthier), appena
salpato da New York, avvista 18 miglia a levante del faro di Ambrose la chiatta
Talbot, che chiede aiuto con segnali
effettuati mediante bandiere. La Talbot
è in difficoltà, perché trovatasi con il timone fuori uso; il Suevier mette a mare una lancia per
tentare di soccorrerla, ma un’enorme ondata getta la lancia contro la murata
del piroscafo: dodici uomini (i sette che occupavano la lancia, offertisi
volontari per il tentativo di soccorso, ed i cinque che manovravano le gruette
dell’imbarcazione, travolti anch’essi dall’onda) finiscono in mare. Il secondo
ufficiale del Suevier, Robert Rybuck,
scompare tra le onde, mentre gli altri vengono recuperati (alcuni aggrappandosi
a cime gettate da bordo, altri, troppo storditi per farlo, recuperati da
marinai calatisi lungo una scaletta di corda calata lungo la murata). Molti
sono feriti alla testa, alle spalle od alle gambe per aver sbattuto contro la
scialuppa.
Il Suevier rimane sul posto
fino all’arrivo di un rimorchiatore, che prende a rimorchio la Talbot.
1930
Trasferito alla Compagnie Maritime Belge du Congo S.A., di Anversa, che
ha assorbito il Lloyd Royal Belge; in gestione alla Agence Maritime
Internationale.
1929-1932
Con altre navi della compagnia, il Suevier
presta servizio sulla linea che collega Londra, Rotterdam ed Anversa al Congo
Belga.
1932
Acquistato dalle Industrie Navali Società Anonima (INSA) di Genova, e
ribattezzato Butterfly.
Violatore di
blocco
Alla data dell’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, il Butterfly si trovava nel porto
brasiliano di Recife, nello stato del Pernambuco: come più di duecento altre
navi mercantili italiane, si ritrovò bloccato in un porto straniero a migliaia
di chilometri dall’Italia, senza possibilità di potervi rientrare in patria.
Essendo il Brasile uno stato neutrale, il Butterfly venne internato. Condivisero la sua sorte, in vari porti
del Paese sudamericano, il transatlantico Conte
Grande, le navi cisterna Frisco e
Franco Martelli ed altre quattordici
navi da carico.
Lo Stato Maggiore della Regia Marina, tuttavia, non si rassegnò alla
perdita completa e definitiva di tutte le navi internate in porti
extramediterranei: non era infatti possibile farle tornare in Italia, ma se si
fosse riusciti a farle arrivare nei porti atlantici della Francia occupata esse
avrebbero potuto comunque svolgere un ruolo utile per le forze dell’Asse,
operando per conto della Germania nelle acque del Mare del Nord e del Mar
Baltico, mentre i loro carichi (ancora a bordo dal 10 giugno 1940) sarebbero
potuti giungere via terra in Italia. Naturalmente sarebbe stato un viaggio
molto rischioso, sfidando il blocco navale britannico.
Venne quindi organizzata la partenza dei mercantili internati nei paesi
neutrali più relativamente favorevoli all’Italia: la Spagna, il Giappone ed
appunto anche il Brasile. Quale principale porto di destinazione dei violatori
di blocco fu scelta Bordeaux, dove la Regia Marina aveva costituito la base
sommergibilistica di Betasom; altra destinazione fu Saint-Nazaire, la maggiore
base atlantica tedesca nella Francia occupata. Le navi destinate al viaggio non
furono comunque requisite.
Le prime navi a salpare furono quelle internate nella Spagna
continentale, tra febbraio e giugno 1941: tre navi, che giunsero tutte
felicemente a destinazione. Poi, tra aprile e giugno, venne il turno dei
mercantili bloccati alle Canarie: su nove che partirono, cinque giunsero in
Francia, mentre quattro furono catturati od affondati.
A questo punto venne il turno dei bastimenti internati in Brasile. Al
largo delle coste brasiliane, la Royal Navy aveva inviato diverse unità a
pattugliare l’oceano con l’espresso compito di intercettare i violatori di
blocco; tra queste navi erano anche i grossi incrociatori ausiliari Asturias e Circassia.
La posacavi britannica Norseman
andava e veniva continuamente a Recife, caricando provviste, acqua, carburante
ed altri rifornimenti che poi trasbordava sulle navi da guerra che, non potendo
entrare in un porto neutrale per via delle convenzioni internazionali,
attendevano al largo. Al contempo, la Norseman
aveva modo di tenere d’occhio le navi italiane bloccate a Recife, per osservare
eventuali mutamenti che potessero far pensare ad un’imminente partenza.
Per mezzo dell’addetto navale in Brasile, capitano di fregata Torriani,
e del suo vice, tenente di vascello Di Vicino, Supermarina si mise in contatto
con i comandanti delle 18 navi mercantili italiane bloccate in porti brasiliani
allo scopo di selezionare quelle in condizioni adeguate alla traversata
oceanica che le attendeva. Ne risultò che undici dei bastimenti non ce
l’avrebbero potuta fare: tra i sette scelti per il tentativo (cinque piroscafi,
una motonave ed entrambe le navi cisterna), invece, vi fu anche il Butterfly.
Le prime due navi a partire furono le due navi cisterna, la Frisco (da Fortaleza) e la Franco Martelli (da Recife), che
salparono la sera del 28 marzo 1941. La prima riuscì a raggiungere la Francia
senza alcun inconveniente, la seconda fu invece silurata ed affondata dal
sommergibile britannico Urge quando aveva quasi ultimato la traversata.
Il Butterfly, al comando del
capitano di lungo corso Domenico Canevelli, partì con il secondo gruppo di navi, tre mesi dopo il
primo: tra il 28 ed il 29 giugno 1941 presero furtivamente il mare il Butterfly, il piroscafo XXIV Maggio (da Recife, come il Butterfly) ed il piroscafo Mombaldo (da Belem). Per primo partì il Mombaldo, subito dopo – alle 23.30 del
29 giugno – Butterfly e XXIV Maggio, insieme (ma si divisero una
volta in mare), distanziati di un centinaio di miglia dal primo. Sul Butterfly si trovava un carico di 1024
tonnellate di materie prime e merci varie, tra cui 200 tonnellate di preziosa
gomma naturale.
La partenza di Butterfly e XXIV Maggio, avvenuta a luci spente, non
era però passata inosservata: la sera stessa della partenza, infatti, a Berlino
era stato intercettato e decrittato un messaggio radio cifrato inviato da
Montevideo all’Ammiragliato britannico, nel quale si annunciava che «Pernambuco
informa che piroscafi italiani Butterfly
e XXIV Maggio sono usciti alle
23.30».
Navi ed aerei britannici, pertanto, si posero alla ricerca dei due
piroscafi italiani al largo della costa brasiliana. Sul Butterfly (giunto intanto in mare aperto), tuttavia, stava già
verificandosi una disgrazia di tutt’altra natura: mentre l’ufficiale
marconista, aiutato da due marinai, stava allestendo le antenne della radio,
uno dei due marinai perse l’equilibrio e cadde dalla coffa di trinchetto,
precipitando in coperta e morendo sul colpo.
A seguito di questo incidente, il comandante Canevelli decise di
tornare in porto: il Butterfly
invertì subito la rotta e rientrò a Recife, dove la salma dello sfortunato
marinaio venne consegnata alle autorità locali per la sepoltura. Espletate le
relative pratiche, il piroscafo mollò nuovamente gli ormeggi e raggiunse
nuovamente il mare aperto.
Per ridurre la possibilità di essere scoperti, dopo la partenza dal
Brasile i tre piroscafi (che viaggiarono separatamente) si camuffarono in modo
da assomigliare a navi mercantili di nazioni Alleate: il Butterfly si mascherò da panamense Penelope. Le operazioni di camuffamento, per ordine del comandante
Canevelli (che a sua volta aveva ricevuto in merito precise disposizioni),
ebbero inizio solo quando la nave fu lontana dalla costa, al riparo da occhi
indiscreti.
Per evitare spiacevoli incidenti di fuoco amico (se n’era verificato
già uno, quando il piroscafo Ernani
era stato affondato da un U-Boot tedesco), l’11 luglio 1941 Betasom informò
tutti i sommergibili italiani in agguato nelle zone di passaggio dei violatori
di blocco (Malaspina, Finzi, Bianchi, Torelli, Bagnolini, Barbarigo) del previsto transito di queste navi, nonché del loro
camuffamento e di nomi e bandiere dei mercantili Alleati per i quali esse si
facevano passare.
Dopo qualche giorno, il comandante Canevelli ritenne prudente
modificare nuovamente l’aspetto del Butterfly:
riverniciata la nave, aggiunti alberetti e tughe fittizie e posizionati anche
numerosi cannoncini e mitragliere in legno compensato, il piroscafo si
“trasformò” in una corvetta della Royal Navy.
Il viaggio attraverso l’Atlantico, della durata di un mese (a 9-10 nodi
di velocità), trascorse senza particolari problemi. A inizio luglio il Butterfly avvistò più volte relitti alla
deriva, silenziosi testimoni dei risultati colti dai sommergibili dell’Asse
nella loro offensiva contro il naviglio Alleato nelle acque del Sudamerica; l’8
luglio venne invece avvistato sul mascone di dritta (sulla linea
dell’orizzonte) un piroscafo sconosciuto, per evitare il quale la nave italiana
modificò temporaneamente la propria rotta. Per il resto, il Butterfly passò inosservato ed a fine
luglio giunse finalmente in vista della costa francese. Anziché i soliti
dragamine tedeschi (M-Boote), il piroscafo trovò ad attenderlo due grossi
cacciatorpediniere della Kriegsmarine, che gli si affiancarono e lo scortarono nel
porto di Saint-Nazaire, dove si ormeggiò nel tardo pomeriggio del 29 luglio
1941.
Per il forzamento del blocco, il comandante Canevelli venne decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con motivazione "Comandante di nave mercantile, priva di armamento bellico, effettuava senza scorta la traversata atlantica, percorrendo zone di mare intensamente vigilate dal nemico e raggiungeva felicemente un porto di nazione alleata".
La carriera di violatore di blocco del Butterfly non era però giunta al termine. Dopo un lungo periodo di
tranquillità il piroscafo, passato sotto controllo tedesco, ma mantenendo gran
parte del suo equipaggio civile italiano (ancora al comando del capitano
Canevelli), venne armato con cannoni e mitragliere ed imbarcò 36 militari
tedeschi della Flak, addetti a tale armamento; poi, nella notte del 27 aprile
1943, salpò da Saint Nazaire (per altra fonte, da Nantes) diretto a Le Havre.
Avrebbe dovuto attraversare il Canale della Manica affrontando il pericolo di
attacchi aeronavali britannici (la Royal Navy e la Royal Air Force esercitavano
una ferrea vigilanza sul Canale, attaccando tutte le navi dell’Asse che
tentassero di attraversarlo), nonché delle artiglierie costiere presenti a
Dover, in grado di sparare fin sull’altro lato dello stretto; il viaggio, da
compiersi di notte, col favore del buio, era molto più rischioso della
traversata dell’Atlantico intrapresa nel 1941, sebbene ora la nave fosse
scortata da unità tedesche: i cacciasommergibili UJ 1402 e UJ 1403 (della
14. U-Jagdflottille) e la vedetta V 424.
La nave era quasi scarica (in zavorra), eccetto che per un ridotto quantitativo
di benzina.
Oltrepassata l’isola di Ouessant, la scorta tedesca venne rinforzata,
per il tratto di navigazione compreso tra Brest e Cherbourg, da altre due
unità, il dragamine ausiliario M 4014
e la vedetta V 722, inviate da Brest.
La formazione era su tre colonne: le due vedette formavano la colonna
di dritta, mentre Butterfly e M 4014 costituivano la colonna centrale
ed i due cacciasommergibili quella di sinistra. La tensione era palpabile; le
vedette setacciavano il mare circostante in continuazione, mentre le navi
avanzavano nel Canale nel buio della notte.
I britannici sapevano di questi movimenti: i loro servizi
d’informazione avevano ricevuto notizia dell’avvistamento di un convoglio a
nordovest di Perros Guirec, e sapevano che esso sarebbe dovuto passare al largo
della costa bretone. Pertanto i cacciatorpediniere Goathland (capitano di corvetta Edward Nigel Pumphrey, capo
sezione) ed Albrighton (tenente di
vascello Ronald John Hanson) salparono da Plymouth per intercettarlo; presero il
mare, per attaccare il convoglio, anche numerose motocannoniere e
motosiluranti.
Goathland ed Albrighton avvistarono la loro preda
all’1.30, mentre questa attraversava la baia di Morlaix, ma non attaccarono
subito. Non viste, nonostante la notte serena e la luminosità delle stelle, le
navi britanniche aggirarono il convoglio e si portarono tra esso e la costa, su
rotta parallela; serrarono le distanze fino a soli 460 metri prima di aprire il
fuoco, da poppa dritta.
Alle 2.45 le vedette di alcune navi tedesche avvistarono delle sagome a
dritta, ma il caposcorta, essendo stato avvisato per radio della presenza in
zona sia di navi britanniche che di dragamine tedeschi della 24.
Minensuchflotille, non sapeva quale fosse la nazionalità dei nuovi arrivati, e pertanto
non fece nulla per alcuni minuti.
Alle 2.50 (o le tre) di notte del 28 aprile, infine, circa 60 miglia a
nordest di Ouessant, ogni dubbio fu chiarito: i due cacciatorpediniere e
numerose motosiluranti e motocannoniere britanniche (a seconda delle fonti,
sette, dieci, dodici od anche quindici) apparvero dal buio ed aprirono un fuoco
infernale sul piccolo convoglio, cogliendolo completamente di sorpresa.
L’attacco fu lanciato da entrambi i lati: i due cacciatorpediniere attaccarono
da dritta, le motosiluranti e motocannoniere da sinistra. Si scatenò un
violento e confuso scontro con fuoco di cannoni e mitragliere da ambo le parti,
nonché lancio di siluri. Le navi britanniche presero di mira soprattutto il Butterfly, loro obiettivo,
avvicinandoglisi e tentando di isolarlo dalle unità tedesche della scorta.
In plancia, in sala macchine e nei ponti inferiori innumerevoli
proiettili fecero scempio di cose e persone; scoppiarono incendi dappertutto, e
le tubature dell’acqua e del vapore vennero colpite in più punti e tranciate,
così impedendo qualsiasi tentativo di arginare le fiamme. La nave venne colpita
anche da due siluri, lanciati dal Goathland,
mentre un siluro lanciato dall’Albrighton
mancò il bersaglio.
Gran parte dell’equipaggio del Butterfly
venne rapidamente falciata ai propri posti; cannoni e mitragliere furono
distrutti o posti fuori uso, i serventi tedeschi quasi tutti uccisi mentre
continuavano a rispondere al fuoco.
Infine, una cannonata mise fuori uso il timone, ed il Butterfly prese a girare su sé stesso,
ingovernabile. Non c’era più nulla da fare: il comandante Canevelli ordinò il
“si salvi chi può”, e parte degli uomini ancora vivi cercarono di mettere a
mare l’unica scialuppa ancora utilizzabile (seppure danneggiata), mentre altri
si buttarono direttamente in mare. Le ultime salve nemiche andarono a segno
centro nave ed a poppa.
Sul relitto in fiamme del Butterfly,
scosso dalle esplosioni ed in lento affondamento, rimasero in dodici: il
comandante Canevelli, il primo ed il secondo ufficiale di coperta, il direttore
di macchina Luigi Tovani ed otto artiglieri tedeschi.
Alle sei del mattino, con un’ultima violentissima esplosione, il
piroscafo s’inabissò quattro miglia a nordest del villaggio bretone di
Trégastel, non lontano dalle Sept-Îles (al largo di Roscoff, in Bretagna). Il
comandante Canevelli e gli undici uomini ancora a bordo, tra cui molti feriti,
si aggrapparono ad uno zatterone e vennero successivamente recuperati dalle
vedette tedesche della scorta, che diressero verso Saint-Malo, il porto più
vicino.
Intanto, il combattimento si era concluso: avendo raggiunto il proprio
obiettivo, e trovandosi ora di fronte alla rabbiosa reazione delle unità della
scorta (cui verso le 3.40 si unirono anche la vedetta V 210 della 2. Vorpostenflotille ed i dragamine M 422, M 475 e M 483 della 24.
Minensuchflotille, al comando del capitano di corvetta Fritz Breithaupt,
attratti sul posto dalle cannonate dello scontro), i due cacciatorpediniere britannici
manovrarono per allontanarsi (il Goathland,
con lievi danni da schegge), ma l’Albrighton
divenne temporaneamente ingovernabile a causa di schegge che distrussero i
collegamenti del timone, e fu colpito da due proiettili e da numerose schegge,
riportando vari danni e perdite (8 morti e 25 feriti) prima di poter ripristinare
gli apparati di governo ed allontanarsi. Due unità veloci britanniche furono
affondate. Tra le unità tedesche, l’UJ
1402 riportò gravi danni (e tre vittime), tanto da affondare alle nove del
mattino per esplosione delle sue bombe di profondità, mentre la V 722 ebbe anch’essa seri danni e 16
uomini uccisi (compreso il suo comandante, tenente di vascello Johannsen), ma rimase
a galla e riuscì a rimettere in moto verso le nove.
Non era ancora finita per gli stremati naufraghi del Butterfly: intorno alle undici del
mattino, durante la navigazione verso Saint-Malo, le unità tedesche – difese
soltanto da due caccia Messerschmitt Bf 109 – furono attaccate da 24 caccia
Supermarine Spitfire (del 310th e 313rd Squadron della
RAF) e quattro caccia Westland Whirlwind (del 263rd Squadron della
RAF), che le attaccarono con bombe e le mitragliarono. La reazione della V 722, mancata di poco da due bombe e
colpita da due altre che però non esplosero, abbatté tre degli aerei attaccanti
(uno Spitfire e due Whirlwind), ma altri uomini rimasero uccisi o feriti.
Le vedette con i naufraghi arrivarono a Saint-Malo verso le 19 del 28
aprile; qui i feriti furono immediatamente caricati sulle ambulanze, ma per
alcuni non c’era già più nulla da fare.
I morti tra l’equipaggio italiano del Butterfly furono undici, oltre ad un imprecisato numero di
artiglieri tedeschi.
Per la sua condotta durante il combattimento, il comandante Canevelli fu insignito di una seconda Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con motivazione "Comandante di nave mercantile armata, sosteneva insieme con le unità di scorta un violento combattimento contro preponderanti unità leggere nemiche. Essendo inutilizzate le macchine e la nave senza governo, mentre già divampava l'incendio, provvedeva a mettere in salvo nelle imbarcazioni rimaste la maggior parte del suo equipaggio. Restava con pochi uomini a bordo nella speranza che ad azione ultimata fosse possibile salvare la nave facendola rimorchiare in porto. Resa successivamente vana questa speranza da ulteriore offesa nemica, lasciava il bastimento al suo comando solamente quando era in procinto di affondare. Esempio di sereno coraggio, sprezzo del pericolo e forte attaccamento al dovere". Analoga decorazione venne conferita al direttore di macchina Tovani, con motivazione "Direttore di macchina di nave mercantile armata coadiuvava con sereno coraggio e con l'esperienza di vecchio e provato navigante l'opera del suo comandante, durante un violento combattimento, sostenuto insieme con le unità di scorta contro preponderanti forze leggere nemiche. Essendo inutilizzate le macchine e la nave senza governo, mentre già divampava l'incendio, cooperava per mettere in salvo la maggior parte dell'equipaggio. Restava a bordo a fianco del comandante sino a quando il bastimento era in procinto di affondare. Esempio di sereno coraggio, sprezzo del pericolo e forte attaccamento al dovere".
Un’altra immagine della nave sotto il precedente nome di Suevier (da www.wrecksite.eu) |
Mio padre , un eroe
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