lunedì 8 giugno 2020

Bronzo

Il Bronzo a Cagliari a inizio 1943 (g.c. STORIA militare)

Sommergibile di piccola crociera della classe Platino (712 tonnellate di dislocamento in superficie ed 865 in immersione).
Insieme ai gemelli Argento e Volframio, il Bronzo differiva dal resto delle unità della classe Platino nell’apparato motore: motori diesel Tosi e motori elettrici Ansaldo o Marelli, invece dei motori diesel FIAT e dei motori elettrici CRDA delle altre unità. La maggior potenza dei motori Tosi (1500 HP, invece dei 1400 dei FIAT) permetteva una velocità in superficie leggermente superiore, 14,7 nodi invece di 14. Un’altra differenza era costituita dall’armamento silurante: otto tubi lanciasiluri da 533 mm, quattro a prua (con riserva di quattro siluri) e quattro a poppa (anch’essi con riserva di quattro siluri), invece dei sei (quattro a prua e due a poppa) degli altri battelli della classe.
Durante il conflitto il Bronzo effettuò complessivamente 19 missioni di guerra (per altra fonte invece 13, di cui dieci offensive/esplorative e tre di trasferimento), percorrendo complessivamente 10.963 miglia nautiche in superficie e 2037 in immersione e trascorrendo 99 giorni in mare.

Breve e parziale cronologia.

2 dicembre 1940
Impostazione nei cantieri Franco Tosi di Taranto (numero di costruzione 62 o, per altra fonte, 241).
28 settembre 1941
Varo nei cantieri Franco Tosi di Taranto.
2 gennaio 1942
Entrata in servizio.

Il Bronzo (a destra) ed il gemello Volframio nella primavera del 1942 (Coll. Aldo Fraccaroli, dal libro “Mussolini’s Navy” di Maurizio Brescia)

Gennaio-Giugno 1942
Prove di collaudo ed addestramento iniziale, condotto a ritmo serrato al comando del capitano di corvetta Giuseppe Vocaturo.
Al termine delle prove, divenuta l’unità operativa, il comandante Vocaturo sbarca ed assume il comando del Bronzo il tenente di vascello Cesare Buldrini, che nei mesi precedenti aveva ricoperto l’incarico di comandante in seconda.
5 giugno 1942
Lascia Taranto per trasferirsi a Cagliari, dov’è stato dislocato.
9 giugno 1942
Raggiunge Cagliari, dove entra a far parte del VII Gruppo Sommergibili.
13 giugno 1942
Il Bronzo (tenente di vascello Cesare Buldrini) parte da Cagliari per la sua prima missione di guerra: deve raggiungere una zona d’agguato a nord dell’Algeria insieme ai sommergibili Giada, Acciaio, Otaria, Alagi, Emo, Uarsciek, Velella e Malachite, nell’ambito del contrasto all’operazione britannica «Harpoon», che darà vita alla battaglia aeronavale di Mezzo Giugno.
Dopo che una precedente operazione di rifornimento di Malta svoltasi nel marzo 1942 (e sfociata nell’inconclusivo scontro navale della seconda battaglia della Sirte) si è conclusa con la perdita, causata dagli attacchi aerei, di 24.000 delle 25.000 tonnellate di rifornimenti inviati, la situazione di Malta è divenuta molto critica: in maggio si è dovuto introdurre il razionamento dei viveri, e le calorie fornite quotidianamente alla guarnigione sono state dimezzate (da 4000 a 2000) mentre per la popolazione civile la riduzione è stata ancora più marcata (1500 calorie).
I comandi britannici, pertanto, hanno programmato per metà giugno una duplice operazione di rifornimento, articolata su due sotto-operazioni: «Harpoon», il cui convoglio partirà da Gibilterra, e «Vigorous», che partirà invece da Alessandria. Quest’ultima consiste nell’invio di un convoglio di undici navi mercantili, scortati da sette incrociatori leggeri, un incrociatore antiaereo, 26 cacciatorpediniere, 4 corvette, due dragamine, quattro motosiluranti e due navi soccorso, in aggiunta alla vecchia nave bersaglio Centurion, una ex corazzata camuffata di nuovo, per l’occasione, da corazzata nel tentativo – fallito – di far credere ai ricognitori italiani che la scorta includa appunto anche una nave da battaglia. Contro «Vigorous» prenderà il mare il grosso della flotta da battaglia italiana, al comando dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino.
Il convoglio dell’operazione «Harpoon», partito da Gibilterra il 12 giugno, è invece composto da sei navi mercantili: i piroscafi britannici BurdwanOrari e Troilus, la motonave olandese Tanimbar, la motonave statunitense Chant e la nuovissima nave cisterna statunitense Kentucky, che trasportano in tutto 43.000 tonnellate di rifornimenti. La scorta diretta del convoglio, denominata Forza X, consiste nell’incrociatore antiaerei Cairo (capitano di vascello Cecil Campbell Hardy, comandante della Forza X), nei cacciatorpediniere di squadra BedouinMarneMatchlessIthuriel e Partridge (appartenenti alla 11th Destroyer Flotilla), nei cacciatorpediniere di scorta (classe “Hunt”) BlankneyBadsworthMiddleton e Kujawiak (appartenenti alla 19th Destroyer Flotilla), nei dragamine HebeSpeedyHythe e Rye ed in sei “motolance” impiegate per il dragaggio (ML-121ML-134ML-135ML-168ML-459ML-462). Tutte le unità della scorta sono britanniche con l’eccezione del Kujawiak, che è polacco.
In aggiunta alla scorta diretta, nel primo tratto della navigazione (da Gibilterra fino a poco prima dell’imbocco del Canale di Sicilia) il convoglio è accompagnato anche da una poderosa forza di copertura, la Forza W del viceammiraglio Alban Curteis: la compongono la corazzata Malaya, le portaerei Eagle ed Argus, gli incrociatori leggeri Kenya (nave ammiraglia di Curteis), Charybdis e Liverpool ed i cacciatorpediniere OnslowIcarusEscapadeWishartAntelopeWestcottWrestler e Vidette.
Secondo un articolo di Enrico Cernuschi, Supermarina è stata allertata dal Reparto Informazioni della Marina già il mattino dell’11 giugno, in seguito a decrittazioni di comunicazioni britanniche ed a rilevazioni radiogoniometriche dalle quali emerge che un convoglio britannico diretto a Malta si appresta ad entrare in Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra. A queste hanno fatto seguito segnalazioni da parte di osservatori italiani appostati ad Algeciras (vicino a Gibilterra) e da spie italiane operanti su pescherecci spagnoli che navigano in quelle acque; infine, all’una del pomeriggio del 12 giugno, la ricognizione aerea ha fugato ogni dubbio.
Secondo la storia ufficiale dell’USMM, invece, Supermarina ha ricevuto le prime notizie su «Harpoon» alle 7.55 del 12 giugno, quando informatori di base nella zona di Gibilterra hanno comunicato la partenza da Gibilterra di una poderosa squadra navale composta da MalayaEagleArgus, almeno tre incrociatori e numerosi cacciatorpediniere (la Forza W), diretta verso est, nonché il passaggio nello stretto, a fanali spenti, di numerose navi provenienti dall’Atlantico. Il Comando della Marina italiana ha correttamente ipotizzato che sia dunque in navigazione da Gibilterra a Malta un grosso convoglio proveniente dall’Atlantico, impressione confermata dai successivi avvistamenti della ricognizione aerea (pur non essendo del tutto esclusa la possibilità che si tratti invece di un’operazione diretta contro il Nordafrica, la Corsica, la Sardegna od il Golfo di Genova, eventualità però ritenute poco probabili). Per contrastare tale convoglio, Supermarina ha messo a punto un piano che prevede: l’invio di un ingente schieramento di sommergibili nel Mediterraneo occidentale; la dislocazione di torpediniere e MAS in agguato nel Canale di Sicilia; la cooperazione con la Regia Aeronautica affinché il convoglio sia pesantemente attaccato da aerei a sud della Sardegna, indebolendone la scorta; e l’invio di una formazione navale leggera (la VII Divisione dell’ammiraglio Alberto Da Zara, con gli incrociatori Eugenio di Savoia e Raimondo Montecuccoli e due squadriglie di cacciatorpediniere), particolarmente adatta ad un combattimento in acque circoscritte ed insidiate, per attaccare il convoglio a sorpresa all’alba del 15.
In tutto sono 16 i sommergibili schierati nel Mediterraneo centrale e centro-occidentale per contrastare «Harpoon»; la dottrina d’impiego dei sommergibili è mutata rispetto al passato: ora è previsto l’impiego a massa contro navi o gruppi di navi avvistati e segnalati dagli aerei.
Più precisamente, il Bronzo dovrà formare uno sbarramento tra Capo Ferrat e Capo Falcon, al largo del Golfo di Orano, insieme ad altri tre sommergibili (Zaffiro, Velella ed Emo), mentre altri cinque sommergibili (Ascianghi, Aradam, Corallo, Onice e Dessiè) vengono schierati tra Malta, Pantelleria e Lampedusa, quattro (Giada, Acciaio, Otaria ed Uarsciek) tra Capo Bougaroni e Capo Ferrat, ed uno (l’Alagi) a nord di Capo Blanc.
Durante la navigazione di trasferimento verso la zona assegnata, il mattino dello stesso 13 giugno, il Bronzo viene attaccato da un idrovolante Short Sunderland, ma riesce a sottrarsi indenne all’attacco con l’immersione rapida. Il suo avvistamento, tuttavia, determina un cambiamento nella rotta del convoglio britannico, che si allontana dalla zona d’agguato assegnata a parte dei sommergibili.
Il Bronzo non riuscirà ad entrare in contatto con le navi di «Harpoon», che subiranno invece gravi perdite a causa degli attacchi aerei e degli incrociatori della VII Divisione.
16 giugno 1942
Alle 22.23 il Bronzo avvista la corazzata britannica Malaya ed una portaerei – si tratta della Forza H, di ritono a Gibilterra al termine dell’operazione «Harpoon» – e cerca di portarsi in posizione favorevole per attaccare, ma viene respinto dalla reazione della scorta, che lo sottopone a caccia con bombe di profondità (da parte di due cacciatorpediniere) e lo costringe a scendere a 117 metri per eludere la caccia.
21 giugno 1942
Alle 23.25 il sommergibile britannico P 43 (poi Unison, tenente di vascello Arthur Connuch Halliday) avvista il Bronzo in posizione 38°01’ N e 03°24’ E, e tre minuti dopo gli lancia una salva di quattro siluri; nessuna delle armi, tuttavia, va a segno.
29 giugno 1942
Rientra alla base.

L’equipaggio del Bronzo nel 1942 (secondo da sinistra è il motorista Pietro Astragalo, Sanremo 1916-Govone 1985) (da Facebook)

16 luglio 1942
Il Bronzo prende il mare per la sua seconda missione di guerra: insieme ai sommergibili AxumDagabur, CobaltoDessièVelella e Malachite, forma una linea di sbarramento al al largo di Capo Bon per intercettare il posamine veloce britannico Welshman, di ritorno da Malta a Gibilterra dopo aver trasportato nell’isola assediata un carico di rifornimenti urgenti.
Dei sommergibili italiani schierati nell’area, tuttavia, solo l’Axum riuscirà ad avvistarlo, ma il suo attacco risulterà infruttuoso, anche a causa del mare grosso (secondo un sito francese il comandante Buldrini sarebbe stato biasimato per aver mancato il posamine, che avrebbe attraversato il suo settore, ma tale sito sbaglia il nome dell’unità britannica, parlando del Manxman – che in quel momento si trovava in Estremo Oriente – invece che del Welshman, e dunque non è chiaro quanto possa essere attendibile).
Secondo una fonte i sommergibili avrebbero cercato anche di intercettare anche la Forza H britannica (portaerei Eagle, incrociatori antiaerei Cairo e Charybdis, cacciatorpediniere AntelopeIthurielVansittartWestcott e Wrestler) uscita in mare per l’operazione «Pinpoint», l’invio a Malta di caccia Spitfire decollati dalla Eagle; ma ciò sembra inverosimile, dato che questa forza si spinse solo a sud delle Baleari, e non fino a Capo Bon.
20 luglio 1942
Rientra alla base.
Successivamente trasferito a La Maddalena.
11 agosto 1942
Il Bronzo (tenente di vascello Cesare Buldrini) salpa da La Maddalena per partecipare al contrasto all’operazione britannica «Pedestal», dalla quale scaturirà la battaglia aeronavale di Mezzo Agosto, il più grande scontro aeronavale mai combattuto nel Mediterraneo.
«Pedestal» consiste nell’invio da Gibilterra a Malta di un grosso convoglio carico di rifornimenti urgenti per l’isola assediata: lo compongono ben 14 navi mercantili, con la scorta diretta di 4 incrociatori leggeri e 11 cacciatorpediniere, più una forza di appoggio composta da 2 corazzate, 3 portaerei, 3 incrociatori leggeri e 15 cacciatorpediniere.
Assediata dalle forze aeronavali dell’Asse, Malta è allo stremo dopo mesi di bombardamenti ed il parziale o totale fallimento delle operazioni di rifornimento tentate in marzo (convoglio «M.W. 10», culminato nella seconda battaglia della Sirte) e giugno (operazioni «Harpoon» e «Vigorous», culminate nella battaglia di Mezzo Giugno): per questo si è reso necessario organizzare «Pedestal», che a differenza delle operazioni del giugno precedente prevede un unico grande convoglio che, radunato nel Regno Unito (da dove è partito il 3 agosto 1942), ha attraversato lo stretto di Gibilterra tra il 9 ed il 10 agosto, per poi dirigere verso Malta.
Il convoglio, denominato "WS.21S", è composto dalle navi da carico Almeria LykesMelbourne StarBrisbane StarClan FergusonDorsetDeucalionWairangiWaimaramaGlenorchyPort ChalmersEmpire HopeRochester Castle e Santa Elisa e da una nave grossa cisterna, la statunitense Ohio; la scorta diretta (Forza X, contrammiraglio Harold Burrough) conta su quattro incrociatori leggeri (NigeriaKenyaCairo e Manchester) e dodici cacciatorpediniere (AshantiIntrepidIcarusForesightDerwentFuryBramhamBicesterWiltonLedburyPenn e Pathfinder, della 6th Destroyer Flotilla), ed inoltre nella prima metà del viaggio, fino all’imbocco del Canale di Sicilia, il convoglio è accompagnato da una poderosa forza pesante (Forza Z, viceammiraglio Neville Syfret) composta da ben quattro portaerei (EagleFuriousIndomitable e Victorious), due corazzate (Rodney e Nelson), tre incrociatori leggeri (SiriusPhoebe e Charybdis) e dodici cacciatorpediniere (LaforeyLightningLookoutTartarQuentinSomaliEskimoWishartZetlandIthurielAntelope e Vantsittart, della 19th Destroyer Flotilla).
Da parte loro, i comandi italiani hanno ricevuto le prime notizie riguardo una grossa operazione in preparazione da parte dei britannici, che avrebbe avuto luogo nel Mediterraneo Occidentale, nei primi giorni di agosto. Alle 5 del 9 agosto Supermarina è stata informata che un gruppo di almeno otto navi era passato a nord di Ceuta, diretto ad est (era la Forza B britannica); nelle prime ore del mattino dell’indomani è giunta notizia che tra le 00.30 e le due di notte del 10 un totale di 39 navi hanno attraversato lo stretto di Gibilterra dirette in Mediterraneo, e che qualche ora dopo sono salpate da Gibilterra una decina di navi britanniche, compreso l’incrociatore antiaerei Cairo. Il mattino del 10 agosto, pertanto, sulla scorta delle informazioni pervenute fino a quel momento, Supermarina ha apprezzato che almeno 57 navi britanniche, provenienti da Gibilterra, fossero dirette verso est. Dato che queste navi comprendevano un numerosi grossi piroscafi in convoglio, si è ritenuto, giustamente, che obiettivo dell’operazione fosse il rifornimento di Malta; che il convoglio sarebbe stato protetto da una poderosa forza navale pesante; che probabilmente il convoglio avrebbe cercato di attraversare la zona di Pantelleria con il favore del buio. Si prevedeva che il convoglio sarebbe giunto presso Capo Bon (Tunisia) nel pomeriggio del 12 agosto. Non sembravano esserci segni che rivelino un secondo convoglio in navigazione nel Mediterraneo Orientale, a differenza di giugno; il mattino del 12 un U-Boot tedesco ha segnalato in quelle acque una formazione di quattro incrociatori leggeri e 10 cacciatorpediniere apparentemente diretti verso Malta a 20 nodi, ma i comandi hanno giustamente giudicato che si tratta di un’azione diversiva (ed infatti è proprio così: l’operazione "M.G.3", un’operazione secondaria di "Pedestal", prevedeva infatti l’invio da Haifa e Port Said di un piccolo convoglio che doveva fingere di essere diretto verso Malta nel tentativo, non riuscito, di distogliere delle forze italiane dal vero convoglio).
I comandi italiani e tedeschi hanno dunque organizzato il contrasto all’operazione britannica: ricognizioni aeree in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo; allerta dei sommergibili già in agguato a sud delle Baleari, invio di un secondo gruppo di sommergibili a sud della Sardegna (dove devono arrivare non più tardi dell’alba del 12), posa di nuovi campi minati offensivi nel Canale di Sicilia, invio di MAS e motosiluranti in agguato a sud di Marettimo, al largo di Capo Bon e se del caso anche sotto Pantelleria. Durante la navigazione nel Mediterraneo occidentale e centro-occidentale, il convoglio britannico verrà sottoposto ad una serie di attacchi di sommergibili; giunto nel Canale di Sicilia, verrà il turno di MAS e motosiluranti italiane e tedesche (quindici unità in tutto, che attaccheranno col favore del buio). Per tutta la traversata, inoltre, le navi nemiche saranno continuamente bersagliate da incessanti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti (in tutto, ben 784 velivoli), sia della Regia Aeronautica che della Luftwaffe. È anche previsto l’intervento (poi abortito) di due divisioni di incrociatori (la III e la VII) per finire quanto dovesse rimanere del convoglio decimato dai precedenti attacchi aerei, subacquei e di mezzi insidiosi.
Complessivamente, ben 16 sommergibili italiani e due U-Boote tedeschi concorrono alla formazione di un poderoso sbarramento di sommergibili nel Mediterraneo occidentale e centrale. Questi battelli giocheranno un ruolo di primo piano nella battaglia: il loro compito è duplice, attaccare direttamente il convoglio e – dato che l’esperienza ha mostrato che troppo spesso gli aerei da ricognizione vengono intercettati ed abbattuti dai caccia imbarcati sulle portaerei prima di poter svolgere il loro compito – consentire ai comandi di disporre di informazioni attendibili in merito a composizione, rotta e velocità della formazione nemica, dati indispensabili per coordinare l’azione delle forze aeronavali destinate ad attaccare il convoglio, specialmente quelle aeree.
Insieme ad altri nove sommergibili (AlagiAscianghi, AvorioAxumCobaltoOtariaDandoloDessiè ed Emo), il Bronzo verrà schierato a nord delle coste tunisine, tra Scoglio Fratelli e Banco Skerki (dalle acque ad est di La Galite fino agli approcci del Canale di Sicilia, costituendo una linea a sbarramento dell’ingresso occidentale del Canale di Sicilia, a nord della congiungente La Galite-Banco Skerki), per attaccare il convoglio britannico diretto a Malta. Gli ordini sono di agire con grande decisione offensiva, lanciando quanti più siluri possibile contro ogni bersaglio, mercantile o militare, più grande di un cacciatorpediniere. Il Bronzo fa parte del gruppo di sommergibili posizionato più ad est (nella zona d’agguato denominata "Zona A"), insieme ad AlagiAscianghi ed Axum, nel canale del banco di Skerki, a nord di Biserta e 250 miglia ad ovest di Malta (dove sono in agguato anche Dessiè e Granito).
12 agosto 1942
Il Bronzo raggiunge il settore d’agguato assegnato, a nord di Capo Bon.
Il primo avvistamento del convoglio britannico si verifica alle 19.05, quando il comandante Buldrini avvista al periscopio, da circa 10 km di distanza, una formazione di mercantili e navi da guerra, che ritiene probabilmente essere cacciatorpediniere, di cui tuttavia può distinguere solo gli alberi. Buldrini stima la rotta e la velocità del convoglio come 100° e 12 nodi; il beta è di 70° a sinistra. Il mare è calmissimo: non vi è neanche un’increspatura, al punto da non riuscire a distinguere il confine tra mare e cielo.
Ben presto inizia il carosello degli attacchi aerei e subacquei contro "Pedestal", di cui il Bronzo è inizialmente spettatore. Alle 19.56 il comandante Buldrini vede un’esplosione a poppa di un mercantile, e due minuti dopo un altro piroscafo viene colpito da un siluro sul lato sinistro e prende fuoco: subito una colonna di fiamme e di fumo si sprigiona dalla nave colpita, aprendosi a pino sul mare, seguita immediatamente dopo da un’altra esplosione dietro il bastimento silurato. La distanza dei mercantili, intanto, va gradualmente incrementandosi; entro le 20.02 Buldrini ha potuto contare ben dodici mercantili e quattro navi da guerra, ma ogni volta che alza un po’ di più il periscopio avvista altri alberi al di là dell’orizzonte.
Alle 20.23 viene colpita un’altra nave, ed alle 20.40 i bastimenti in fiamme sono già diventati quattro; le unità del convoglio si difendono sparando con il proprio armamento.
Alle 21.09 il Bronzo emerge: adesso gli incendi sul mare sono diventati cinque. Siccome l’orizzonte è ancora chiaro, il comandante Buldrini decide di allontanarsi; a grande distanza avvista un cacciatorpediniere che transita ad elevata velocità vicino ad un mercantile in fiamme. Alle 21.28 un mercantile incendiato esplode.
Alle 21.52 il Bronzo si dirige verso le navi in fiamme. Di prora si accende il controsegnale della giornata: le tre luci contemporaneamente, verticali, come in uso sulle unità di superficie. Nel mentre, nella medesima direzione ma a maggiore distanza, vengono avvistate le codette luminose di alcuni colpi di cannone: qualcuno sta sparando con tiro molto teso, ma non è possibile avvistare né l’unità che sta sparando, né il suo bersaglio. La notte è molto buia: soltanto i piroscafi incendiati e la nafta che brucia sulla superficie del mare forniscono un po’ d’illuminazione.
Alle 22.05 il Bronzo avvista a grande distanza tre sagome che si stagliano contro l’orizzonte rischiarato da un incendio, e si dirige verso di esse: il comandante Buldrini le identifica come due incrociatori ed un cacciatorpediniere, diretti verso est, e si avvicina alla massima velocità con l’intenzione di attaccarli. Tuttavia, non riesce ad avvicinarsi a meno di 5000 metri, e deve così rinunciare a lanciare, limitandosi a lanciare il segnale di scoperta.
Secondo lo storico Francesco Mattesini, si sarebbe trattato dell’incrociatore leggero Charybdis e dei cacciatorpediniere Eskimo e Somali, diretti verso il convoglio ad elevata velocità dopo essere stati distaccati dalla Forza Z per rinforzare il gruppo di scorta diretta – Forza X – dopo l’affondamento dell’incrociatore leggero Cairo (silurato dall’Axum) ed il grave danneggiamento degli incrociatori leggeri Kenya (silurato dall’Alagi) e Nigeria (silurato dall’Axum e costretto a rientrare alla base). Il segnale di scoperta del Bronzo relativo alle unità da guerra avvistate a nord della Tunisia con rotta verso est finirà con l’avere ripercussioni perniciose: Supermarina, sulla base di questo e di un altro segnale di scoperta, lanciato dall’Alagi, nonché di una segnalazione da parte di un ricognitore alle 22.50 (anch’essa relativa ad Eskimo, Somali e Charybdis), sospetterà che tra le navi avvistate possa esservi anche una corazzata, incaricata di fornire supporto al convoglio durante l’attraversamento del Canale di Sicilia; questo sospetto, insieme all’intercettazione di messaggi britannici che annunciano forti attacchi di aerosiluranti, indurrà Supermarina a far rientrare alle basi la III e VII Divisione incrociatori, uscite in mare per intercettare il già decimato convoglio britannico ed annientarlo completamente.
Alle 22.26 il Bronzo mette la prua su uno dei fuochi avvistati in precedenza sul mare, ed ora spentosi, per verificare se le fiamme si sono spente in seguito all’affondamento della nave, oppure perché domate dall’equipaggio. Tre minuti dopo, viene avvistato al traverso a sinistra un cacciatorpediniere su beta 80°-90°, con rotta approssimativamente analoga a quella della formazione avvistata in precedenza: si tratta del Ledbury, di scorta alla nave cisterna Ohio, silurata anch’essa dall’Axum e rimasta indietro a causa dei danni subiti. Alle 22.30 il Bronzo entra in un tratto di mare coperto da uno spesso strato di carburante, e mezz’ora dopo giunge nel punto in cui si trovava il piroscafo in fiamme: di questo non c’è più traccia, all’infuori di un incendio di carburante che galleggia sulla dritta.
Alle 23.02 Buldrini decide di puntare allora verso un incendio di modestissime proporzioni avvistato sulla sinistra; sono inoltre in vista nei pressi altri due incendi di carburante in mare. Avvicinatosi a sufficienza al piccolo incendio, il comandante del Bronzo può constarare che si tratta di un principio d’incendio che arde sulla poppa di un grosso piroscafo in navigazione a bassa velocità (stimata in circa 3 nodi), di prora al sommergibile. La nave nemica sembra essere un piroscafo misto ad un fumaiolo, grosso e stracarico di materiali, con prua molto slanciata, poppa «non a forma stellata, ma all’incirca (…) come quella del Conte di Savoia, un po’ più arcuata in basso verso il centro della nave», due passeggiate al centro e due a poppa; è armato con due cannoni, uno a prua e l’altro a poppa, e non è mimetizzato, risultando verniciato di un colore chiaro.
Serrate ulteriormente le distanze, l’equipaggio italiano può distinguere degli uomini in movimento a bordo della nave, nei pressi dell’incendio: probabilmente si tratta di membri dell’equipaggio che stanno cercando di contenere le fiamme. Queste ultime non sono molto alte, tanto da convincere il comandante Buldrini che a bruciare siano le sovrastrutture del mercantile, e non il carico nella stiva. (Nel frattempo, la testa del convoglio sta per raggiungere Capo Bon).
Buldrini decide pertanto di attaccare questa nave: alle 23.46, da una distanza di circa 1200 metri, il Bronzo lancia il siluro numero 1 con angolazione zero, puntando sulla prua del mercantile. Il siluro compie dapprima una “baionetta” di una trentina di metri a sinistra; riprende poi la sua corsa, ma con un’angolazione di circa cinque gradi a sinistra rispetto alla rotta originaria, il che lo fa passare di prua al mercantile, mancando il bersaglio. A questo punto il Bronzo, che è bene illuminato dall’incendio che arde a sinistra della prora, lancia il siluro numero 2, anch’esso con angolazione zero: anche questo siluro fa una baionetta di a sinistra e poi prosegue con un’angolazione di circa tre gradi a sinistra, sfiorando la prua del mercantile senza colpirlo. Il comandante Buldrini attribuirà nel suo rapporto questi problemi a probabili difetti dei rocchetti di angolazione, che devono aver saltato qualche dente nel riportare a zero le angolazioni a sinistra impostate durante il tentativo di attacco alle navi da guerra avvistate alle 22.05.
Alle 23.48 il Bronzo lancia anche il siluro numero 3, regolato per una profondità di tre metri, da mille metri di distanza, puntando sull’albero di carico prodiero del mercantile, con beta 80° a sinistra ed angolazione zero: anche questo siluro compie una baionetta di una trentina di metri a sinistra, ma stavolta va a segno, colpendo il bersaglio sotto la plancia dopo 55 secondi dal lancio. L’esplosione solleva una colonna di fiamme e di fumo che si alza nel cielo per centinaia di metri, e contemporaneamente «tutto il piroscafo si incendia e istantaneamente il fuoco si propaga su una zona di mare che va dal piroscafo a duecento metri verso di noi. Siamo illuminati a giorno». Subito Buldrini dà ordine di accostare a dritta, mettendo la poppa sulla nave in fiamme. Dopo alcuni minuti, in una schiarita, il comandante del Bronzo può constatare che la prua del mercantile silurato si è staccata dal resto della nave; a mezzanotte il bastimento nemico, fortemente appruato e sbandato sulla sinistra, inizia ad affondare. Dietro alla nave in affondamento sono visibili delle lucine azzurre che si allontanano tutte nella stessa direzione: Buldrini ritiene che si tratti delle lance con i naufraghi, che si stanno dirigendo verso qualche nave britannica giunta a soccorrerli.

(da www.marina.difesa.it, via Marcello Risolo)

13 agosto 1942
Il Bronzo inizia a manovrare per aggirare l’incendio della nave colpita e puntare nella direzione in cui stanno andando le sue scialuppe, ma alle 00.20 vengono avvistate sulla dritta due luci rosse, vicine tra loro, poco alte sull’orizzonte: ritenendo che si tratti di una nave nemica, il comandante Buldrini si dirige verso di esse a tutta forza, ma non riesce a trovare niente.
Alle 00.42 vengono avvistati verso dritta dei lampi, ed il Bronzo si dirige verso di essi; tre minuti dopo il mercantile silurato viene visto capovolgersi ed affondare, lasciando in superficie due enormi chiazze di carburante in fiamme, una nel punto in cui si è inabissata la prua e l’altra in quello in cui è affondato il resto della nave. Il punto dell’affondamento è 37°34’ N e 10°34’ E, a nord dell’isola di La Galite.
Sull’identità della nave affondata dal Bronzo permangono a tutt’oggi dubbi e pareri contrari tra gli storici: alcuni la identificano con il moderno piroscafo britannico Clan Ferguson di 7347 tsl, costruito nel 1938; altre con la grande e moderna motonave Empire Hope, anch’essa britannica, di 12.668 tsl (il mercantile più moderno tra quelli del convoglio, essendo stato costruito nel 1941).
Il Clan Ferguson, al comando del capitano Frank Stewart Lofthouse (per altra fonte, Arthur Roberts Cossar), era carico di 2000 tonnellate di carburante (compresa della benzina per aerei), 1500 tonnellate di esplosivo ad alto potenziale e 3500 tonnellate di altri rifornimenti militari; era stato attaccato alle nove di sera del 12 agosto da tre aerosiluranti tedeschi Heinkel He 111 del 6./KG. 26, armati ciascuno con due siluri LF 5b, sette miglia a nord di Zembra, venendo colpito da un siluro alle 21.03. L’arma, sganciata dal primo dei tre aerosiluranti (che con l’altro siluro aveva già colpito la motonave Brisbane Star), aveva colpito il Clan Ferguson sul lato di dritta, in corrispondenza della stiva numero 4, piena di fusti di benzina: l’incendio subito scoppiato in quella stiva si era esteso anche all’adiacente stiva numero 5, contenente 150 tonnellate di munizioni, che era esplosa alle 21.10.
Il numero delle vittime tra gli 85 uomini imbarcati sul Clan Ferguson (per altra fonte, gli uomini imbarcati sarebbero stati ben 114: 81 marittimi dell’equipaggio civile, otto cannonieri della Royal Navy, 12 cannonieri dell’Esercito britannico e 13 militari di passaggio) è variamente indicato in 10, 11, 18 (undici membri dell’equipaggio civile, un cannoniere e sei militari di passaggio; il sito del Tower Hill Memorial di Londra registra invece 12 caduti tra l’equipaggio civile, in massima parte tra il personale di macchina) o 32 (quest’ultima cifra è fornita da Francesco Mattesini, che specifica che le vittime sarebbero state 10 membri dell’equipaggio civile, due cannonieri e 20 militari della Royal Navy di passaggio diretti a Malta); i superstiti avevano rapidamente  abbandonato la nave sulle zattere e sull’unica lancia di salvataggio rimasta intatta (furono salvati il giorno seguente dai MAS italiani 548 e 560 e da un idrovolante tedesco Dornier Do 24 della 6a Squadriglia del 6a Gruppo Soccorso di Siracusa). In fiamme da prua a poppa, l’abbandonato Clan Ferguson sarebbe stato poi finito dal Bronzo verso mezzanotte, 20 miglia a nordest di Zembra ed a cinque miglia per 270° dall’Isola dei Cani. Questa è l’opinione di Francesco Mattesini nel suo saggio relativo alla battaglia di Mezzo Agosto, ed anche di Peter C. Smith, nei suoi libri "L’ultimo convoglio per Malta (1942)" e "Pedestal. The convoy that saved Malta". C’è però qualche incongruenza: secondo la descrizion che Smith fa del siluramento del Clan Ferguson, questo piroscafo fu scosso da una “colossale esplosione” dopo essere stato colpito dagli aerosiluranti, e le fiamme avvolsero immediatamente tutta la metà poppiera della nave, distruggendo la maggior parte delle scialuppe; anche sulla superficie del mare si sparse del carburante in fiamme, e l’equipaggio abbandonò la nave, in via di rapido appoppamento, sulle zattere.
Secondo un membro dell’equipaggio del Waimarama, dopo il siluramento del Clan Ferguson si sarebbe levata nel cielo una fiammata alta mezzo miglio, ed il piroscafo avrebbe poi continuato a bruciare ancora per parecchio tempo. Anche altre fonti parlano di una serie di esplosioni che avrebbe devastato il Clan Ferguson subito dopo l’aerosiluramento; secondo il secondo ufficiale del Clan Ferguson, Arthur Huntington Black, la nave sarebbe apparentemente affondata sette minuti dopo essere stata colpita dal siluro sganciato dall’aereo, in seguito ad una violenta esplosione nella stiva numero 5; l’equipaggio avrebbe potuto mettere a mare soltanto quattro zattere, sulle quali presero posto 64 naufraghi, mentre delle quattro scialuppe una sarebbe stata distrutta dall’esplosione e due sarebbero bruciate (altra fonte afferma invece che 50 naufraghi si sarebbero imbarcati sull’unica scialuppa rimasta integra, la numero 1, mentre i restanti sarebbero saliti su quattro zattere). Il carburante in fiamme sulla superficie del mare avrebbe continuato a bruciare per quarantott’ore, appiccando il fuoco anche alle taniche di benzina che continuavano a riemergere di quando in quando. E Francesco Mattesini, infatti, scrive che il Clan Ferguson sarebbe stato “praticamente smantellato” dall’esplosione del carico, restando a galla soltanto come relitto cui il Bronzo diede il colpo di grazia. Tuttavia, queste descrizioni stonano rispetto a quella fatta dal comandante Buldrini, che non parla di una nave in fiamme da prua a poppa, ma soltanto di un piccolo incendio a poppa. Forse le fiamme erano scemate dopo aver completamente divorato la nave, ma anche questo sembra poco plausibile quando si considera che dopo il siluramento da parte del Bronzo sia la nave che il mare tutt’intorno presero immediatamente fuoco: il che indica che vi era ancora molto carburante che poteva bruciare.
Mattesini, inoltre, ritiene che la nave silurata dal Bronzo fosse il Clan Ferguson, e non l’Empire Hope, per via degli uomini che l’equipaggio del Bronzo vide a bordo della nave, e dei naufraghi che furono visti allontanarsi dalla nave in affondamento: in quanto l’equipaggio dell’Empire Hope sarebbe stato recuperato al completo dal cacciatorpediniere Penn, mentre quello del Clan Ferguson sarebbe stato ancora a bordo. Tuttavia, dalle descrizioni di Peter C. Smith e del secondo ufficiale Black si trae piuttosto l’impressione che l’equipaggio del Clan Ferguson abbia precipitosamente abbandonato la nave in fiamme poco dopo l’attacco aereo nel corso del quale fu colpita ed incendiata, e che dunque non vi sarebbe dovuto essere più nessuno a bordo quando il Bronzo la trovò – se davvero del Clan Ferguson si trattava – due ore e mezza più tardi.
(Secondo il sito www.bandcstaffregister.com, invece, il Clan Ferguson sarebbe stato colpito da tre bombardieri Junkers Ju 88, che l’avrebbero attaccato provenendo da poppa ed avrebbero causato un’esplosione di munizioni in una sttiva, che avrebbe lanciato fiamme e rottami nel cielo per un’altezza di mezzo miglio, investendo e distruggendo due degli Ju 88 e lasciando “un cerchio di fuoco sull’acqua ed una nube a fungo sopra la nave”. Immobilizzato ed in fiamme, il Clan Ferguson sarebbe poi stato silurato dal Bronzo, che gli avrebbe asportato la prua; a questo punto la nave sarebbe affondata in seguito all’esplosione delle munizioni contenute nella stiva numero 5).
Tra coloro che invece accreditano al Bronzo l’affondamento dell’Empire Hope (capitano Gwilym Williams) vi sono l’Ufficio Storico della Marina Militare nonché Clay Blair, nel suo "Hitler’s U-Boat War: The Hunters 1939-1942", e Jürgen Rohwer nel suo libro relativo ai successi dei sommergibili dell’Asse. Anche questa nave era stata gravemente danneggiata da aerei tedeschi, bombardieri Junkers Ju 88 del KG.54, KG.77 e KGr.806, al largo del banco di Skerki ed a nordovest di Capo Bon: nel giro di mezz’ora, tra le 20.35 e le 21 (altra fonte, invece, indica l’orario delle 20.20, od ancora quella delle 20.50; il superstite Philip Andrews, in un racconto scritto a distanza di tempo, parla delle 21.05), ben diciotto bombe erano cadute nei suoi pressi (“near misses”), mettendo fuori uso i suoi motori ed immobilizzando così la nave; poi – secondo la storia ufficiale dell’USMM, intorno alle 20.38 – due bombe l’avevano colpita in pieno, incendiandone il pericoloso carico (14.000 tonnellate di rifornimenti: bombe, munizioni, esplosivi, carbone, cherosene, farina e 10.000 tonnellate di benzina avio ad alto numero di ottani, che secondo una fonte sarebbe esplosa; nonché autocisterne, piene di gasolio, ed autocarri, carichi di taniche di cherosene) ed inducendo i 94 uomini dell’equipaggio ad abbandonarla (risulterebbero essere stati tutti recuperati dal cacciatorpediniere Penn, sebbene il già citato Philip Andrews affermi invece, nel suo racconto, di essere stato raccolto dall’incrociatore Manchester, sopravvivendo anche al suo affondamento alcune ore più tardi, per poi essere recuperato dal Penn). A rivendicare le bombe a segno sulla motonave fu Heinrich Paepcke, il comandante del II./KG. 77.
(Secondo Francesco Mattesini, l’Empire Hope fu immobilizzata poco dopo le 20.35 da una bomba caduta vicina, che aprì un ampio squarcio nello scafo, mettendo fuori uso le macchine; alle 20.50 venne colpita in pieno da altre due bombe, una delle quali scatenò un violento incendio nella stiva numero 4, contenente benzina avio e munizioni. Ritenendo la nave perduta, il Penn avrebbe recuperato i 94 uomini dell’equipaggio e poi lanciato un siluro per finire l’Empire Hope, ormai avvolta dalle fiamme; allontanandosi, tuttavia, il comandante del Penn, capitano di corvetta James Hamilton Swain, avrebbe constatato che la motonave era ancora a galla).
Rimasta a galla, in fiamme al punto da essere paragonata ad “un faro”, l’Empire Hope sarebbe stata silurata dal Bronzo poco prima di mezzanotte, ma avrebbe continuato a galleggiare ancora per diverse ore, fino a ricevere il colpo di grazia da parte del cacciatorpediniere di scorta Bramham. Risulterebbe essere affondata in posizione 37°34’ N e 10°34’ E, al largo dell’isola di La Galite (per altra fonte, di La Goletta) e 54 miglia a nord/nordest di Tunisi.
Platon Alexiades, in una discussione sul forum dell’Associazione Italiana Documentazione Marittima e Navale, si è espresso inizialmente a favore dell’ipotesi secondo cui il Bronzo avrebbe affondato l’Empire Hope, sia perché le dimensioni di quest’ultima (12.668 tsl) erano molto simili a quelle stimate dal comandante Buldrini (13.000 tsl), sia sulla base dei rapporti del comandante dell’Empire Hope, Gwilym Williams, e del secondo ufficiale del Clan Ferguson, Arthur Huntington Black, secondo i quali il Clan Ferguson sarebbe esploso alle 20.20 mentre l’Empire Hope sarebbe rimasta a galla almeno fino alle 23, quando venne silurata dal cacciatorpediniere Penn, ma non è chiaro se effettivamente affondò a quell’ora. Successivamente, tuttavia, anche Platon Alexiades ha finito col condividere le argomentazioni di Mattesini relative al Clan Ferguson.
James J. Sadkovich, nel suo "The Italian Navy in World War II", attribuisce al Bronzo l’affondamento dell’Empire Hope ed anche il siluramento della motonave Glenorchy, ma sembra essere isolato in questa valutazione: tutte le altre fonti concordano nell’attribuire l’affondamento della Glenorchy alla motosilurante italiana MS 31, che lo colpì all’1.47 del 13 agosto, e nel rapporto del Bronzo si rivendica il siluramento di un unico mercantile, non di due.
Ad aumentare ulteriormente la confusione, qualche sito Internet attribuisce invece al Bronzo l’affondamento della motonave Deucalion (che secondo la quasi totalità degli autori sarebbe stata invece affondata da due aerosiluranti tedeschi Heinkel He 111 alle 21.20), oppure quello della motonave Wairangi (carica di 11.000 tonnellate di gasolio ed invece affondata dal MAS 552 alle 3.11 del 13 agosto).
Supermarina, all’epoca, avrebbe accreditato l’affondamento del Clan Ferguson all’Alagi (così come fanno, nei loro libri, Giorgio Giorgerini ed Erminio Bagnasco), mentre avrebbe attribuito al Bronzo l’affondamento di un piroscafo misto non identificato di circa 10.000 tsl, probabilmente di tipo "President", il cui affondamento era stato visto anche da bordo dell’Axum, in lontananza (l’equipaggio di questo sommergibile aveva potuto osservare la violenta esplosione verificatasi al momento del siluramento). E proprio questa “violenta esplosione” è una delle ragioni che inducono Francesco Mattesini a ritenere che la nave silurata dal Bronzo fosse il Clan Ferguson. Nel diario del Comando Supremo la nave affondata dal Bronzo è descritta come “una petroliera di 13.000 tonn., che navigava a lento moto con principio d’incendio a poppa”.
All’1.04 il Bronzo avvista nuovamente sulla sinistra le luci delle 00.20, al che il Bronzo si dirige nuovamente in tale direzione; prosegue su quella rotta fino all’1.45, quando il comandante Buldrini decide di venire a dritta per aggirare gli incendi e dirigersi verso la zona nella quale erano diretti i naufraghi avvistati in precedenza.
Alle 3.51 il Bronzo accosta a sinistra, mettendo la prua su una luce frattanto avvistata; poco dopo, tuttavia, il comandante Buldrini si rende conto che si tratta del faro dell’isola Piana, pertanto accosta nuovamente a dritta, avvistando dopo qualche minuto il faro dell’isola dei Cani. Di nuovo il Bronzo si dirige verso la zona che Buldrini intendeva esplorare, ma nel mentre viene ricevuto un messaggio relativo ad una portaerei in fiamme nelle vicinanze. Proprio nella direzione indicata dal messaggio, infatti, è visibile un incendio di grandi dimensioni; alle cinque del mattino, pertanto, Buldrini decide di dirigersi in quella direzione, ma una volta calate le distanze, constata che si tratta soltanto di carburante in fiamme sulla superficie del mare.
Alle 6.06, mentre albeggia, viene avvistato al traverso a dritta un aereo di grandi dimensioni e di nazionalità imprecisata, che gira intorno alla prua del Bronzo con apparenti intenzioni aggressive; i serventi delle mitragliere del Bronzo sono ai loro posti, ed il comandante Buldrini manovra in modo da tenere l’aereo sempre al traverso. Dopo poco, comunque, il velivolo accosta e si allontana.
Dopo essersi allontanato a sufficienza, alle 6.10 il Bronzo effettua un’immersione rapida. Alle 9.05 viene tuttavia ricevuto al SITI (un apparecchio radio che funziona su onde lunghissime e che consente di ricevere delle comunicazioni anche in immersione, purché la profondità non sia superiore ai quindici metri) l’ordine di emergere per cercare eventuali navi danneggiate su un segmento di parallelo assegnato al Bronzo.
Alle 10.22, di conseguenza, il sommergibile torna in superficie ed assume rotta verso il parallelo indicato negli ordini; sul mare calmissimo – tanto che l’orizzonte risulta indistinguibile – è ancora visibile un incendio.
Alle 10.30 viene avvistato verso sinistra un gran numero di puntini neri, troppo distanti per capire di cosa si tratti; il Bronzo si avvicina, fino a constatare che si tratta di una distesa di relitti dell’estensione di circa 400-500 metri. Avvicinatosi ulteriormente, il sommergibile s’imbatte in alcune scialuppe di salvataggio vuote, prive di nome o di altri elementi che permettano di risalire all’identità della nave da cui provengono: alcune hanno i remi nelle scalmiere, un’altra un armamento a vela completo a pagliolo. Galleggiano sul mare migliaia di fusti di carburante leggero esplosi e bruciati, travi ed altri oggetti, alcuni dei quali ancora in fiamme. Il Bronzo compie un giro intorno alla zona ed avvista all’orizzonte delle sagome non ben definite, verso le quali si dirige; calate le distanze, le sagome si rivelano appartenere a quattro zatteroni di legno, tutti dotati di un albero con vela, con le pennole formate da remi e travi. Due degli zatteroni hanno una vela rossa scarlatta, uno una vela di color giallo canarino, il quarto una vela bianca; non essendoci un filo di vento, tuttavia, le vele sono usate soltanto come tende. Sulle zattere si trovano tra i 50 ed i 70 naufraghi, che non si scompongono all’avvicinarsi del Bronzo: rimangono seduti, e parecchi persino fumano. Il sommergibile si avvicina, mantenendo la prua sulle zattere, ed alle 11.56 si ferma vicino ad esse; il comandante Buldrini chiede ai naufraghi se vi siano dei feriti tra di loro, dapprima in italiano, senza ottenere risposta, e poi in inglese, ricevendo risposta negativa. Buldrini dice loro che trasmetterà la loro posizione, affinché giungano delle unità per soccorrerli; ma i naufraghi rispondono, «in modo molto fiero», che non importa. Tutt’intorno si estendono altri rottami di tipo analogo a quelli visti in precedenza, che ricoprono un’area della larghezza di 3-4 km.
Alle 11.58 il Bronzo si allontana dai naufraghi, cambiando più volte la rotta per evitare che questi possano rilevare la sua direzione e riferirla ai britannici, se fossero questi ultimi a recuperarli; alle 12.34 vengono avvistati due alberi sotto l’orizzonte, ed il sommergibile si dirige verso di essi, ma dopo breve tempo viene constatato che si tratta di due pescherecci. Il Bronzo cambia allora rotta e si allontana, senza farsi vedere. Viene intanto compilato il messaggio sulla posizione dei naufraghi, ma alle 12.47 viene avvistato un aereo, presto identificato come un velivolo di soccorso teesco, che dopo breve punta verso la zona in cui si trovano i naufraghi, lancia in mare un segnale rosso ed ammara. Presumendo che sarà questo aereo a recuperare i naufraghi, il comandante Buldrini decide di non trasmettere più il messaggio.
(Secondo una fonte britannica, quelli incontrati dal Bronzo il mattino del 13 agosto sarebbero stati proprio i naufraghi del Clan Ferguson, in mare da circa dodici ore al momento dell’incontro; il comandante Buldrini, dopo aver chiesto se vi fossero dei feriti che abbisognassero di cure urgenti ed aver avuto risposta negativa, avrebbe spiegato ai naufraghi di non poterli recuperare subito perché ancora in missione, ma che avrebbe immediatamente comunicato la loro posizione al suo comando affinché venissero inviati al più presto mezzi aerei e navali di soccorso. Dopo di che, il Bronzo lasciò la zona. Due ore più tardi, un idrovolante tedesco Dornier Do 24T sarebbe ammarato nei pressi delle zattere, recuperando 32 o 34 naufraghi, tra cui alcuni feriti (tutti gli occupanti di una zattera, secondo una fonte); altri sette superstiti sarebbero stati salvati alle sette di quella sera – per altra fonte, invece, la sera del giorno seguente, 14 agosto – da un idrovolante italiano CANT Z. 506B, anch’esso ammarato vicino alle zattere, mentre tre ufficiali sarebbero stati presi prigionieri da un MAS italiano. Secondo altra fonte, l’idrovolante di soccorso italiano avrebbe recuperato non 7 ma 16 sopravvissuti, tra cui il comandante Lofthouse. I restanti naufraghi avrebbero raggiunto la costa tunisina (oppure l’isola di Zembra) la sera del 13 oppure il 16 agosto, venendo internati dalle autorità della Francia di Vichy nel campo di Le Kef, dove uno di essi morì per dissenteria nel settembre 1942. Gli altri furono liberati dagli Alleati con la conquista della Tunisia, nel maggio 1943. Secondo la storia ufficiale dell’USMM, mezzi italo-tedeschi avrebbero recuperato in tutto 53 superstiti del Clan Ferguson, tra cui il comandante A. R. Cossar, i quali avrebbero concordemente dichiarato che la loro nave era stata silurata alle 21.10. Parte di questi naufraghi finirono poi nel campo di prigionia n. 52 di Coreglia Ligure).
Alle 12.57 viene avvistato un altro aereo della Luftwaffe, mentre alle 13.47 vengono avvistati sotto l’orizzonte gli alberi di due navi da guerra; restando in superficie, il Bronzo manovra per tenersi fuori vista da queste unità, essendo il beta (70° sulla dritta) troppo sfavorevole per attaccare. Le navi hanno rotta 300° e distano ben 20 km; il Bronzo lancia il segnale di scoperta, e poco dopo il comandante Buldrini identifica le unità nemiche come due incrociatori britannici a tre fumaioli. Alle 14.10 gli incrociatori accostano e passano tra la costa e l’isola dei Cani; nel mentre, sulla sinistra del Bronzo vengono avvistati gli alberi ed il fumaiolo di una nave mercantile, che accosta di continuo ma si mantiene quasi ferma, tanto che il comandante Buldrini non comprende se stia facendo così per la presenza degli incrociatori o per il timore di un attacco di sommergibili. Viene frattanto ricevuto un altro messaggio che comunica la presenza in quella posizione di una portaerei danneggiata.
Alle 14.15 il Bronzo s’immerge e si porta all’attacco; Buldrini ritiene che la sagoma del fumaiolo e della plancia della nave nemica sia molto simile a quella di un trasporto aerei britannico (Aircraft Tender). Pur portando i motori alla massima velocità, ed a dispetto della modesta velocità della nave avversaria, il sommergibile non riesce a ridurre le distanze che di pochissimo, perché il bastimento britannico ha smesso di accostare e presenta adesso un beta di circa 160° a sinistra. Gli idrofoni del Bronzo non rilevano né il rumore prodotto dal mercantile, né quello dei due incrociatori.
Alle 16.25 il Bronzo emerge con l’intenzione di serrare le distanze navigando in superficie, portarsi di prora al mercantile e poi immergersi per attaccarlo; calata la distanza, tuttavia, il comandante Buldrini si rende conto che si tratta soltanto di un grosso rimorchiatore con rotta verso Biserta, vicino al quale naviga un peschereccio diretto verso l’Isola dei Cani. Decide pertanto di tenerli d’occhio, rimanendo fuori vista.
Alle 16.35 il Bronzo attraversa una distesa di rottami: fusti di carburante, travi, oggetti di vario tipo ed abbondante nafta. Viene ricevuto un altro messaggio sulla presunta portaerei, che si troverebbe in un’altra zona, danneggiata da un siluro: alle 17.16 il Bronzo dirige alla massima velocità verso il centro della zona segnalata. Alle 17.25 viene avvistato un aereo della Regia Aeronautica, seguito, fino al tramonto, da numerosissimi altri velivoli italiani e tedeschi: in qualche momento vengono contati sul cielo del Bronzo fino a trenta aerei. La situazione prende una piega allarmante quando, alle 18.20, un aerosilurante Savoia Marchetti SM. 79 “Sparviero”, comparso a circa 6 km di distanza, punta sul Bronzo con l’evidente intenzione di attaccarlo: con notevole sangue freddo il comandante Buldrini non compie manovre evasive (tenendosi però pronto ad effettuarle, se si rendesse strettamente necessario) e non fa armare le mitragliere, così sperando di far capire al pilota che il sommergibile che sta attaccando è amico. L’espediente funziona; giunto a 2500 metri di distanza, lo “Sparviero” riconosce la bandiera italiana del Bronzo ed abbandona l’attacco.
Alle 18.35 vengono avvistate numerose chiazze di nafta, ed alle 18.37, quando ormai la zona in cui dovrebbe essere la presunta portaerei è stata superata, viene avvistata una sagoma oscura all’orizzonte, verso sinistra: il comandante Buldrini ritiene che si tratti dello Scoglio dei Fratelli, ma si avvicina comunque per sincerarsene. Alle 18.52, verificata l’esattezza della sua supposizione, Buldrini ordina di dirigere verso una nuova posizione, situata dieci miglia più a nord del punto in cui, secondo il messaggio ricevuto, la portaerei nemica si troverebbe ferma.
Alle 18.58 si sfiora di nuovo l’incidente di fuoco amico: un altro “Sparviero” dirige verso il Bronzo per attaccarlo, ma giunto a circa 3 km si rende conto della nazionalità del bersaglio ed interrompe l’attacco.
Alle 19.03 viene sentita un’esplosione ed avvistata una colonna d’acqua su rilevamento 330°: sulla sua verticale sono passati undici bombardieri in picchiata (in tutto sono visibili oltre una trentina di aerei intorno al Bronzo). Pensando che possa trattarsi di un’indicazione da parte di un aereo, il comandante Buldrini decide di dirigersi verso il punto in cui si è verificata l’esplosione. Alle 19.34 viene avvistata un’unità navale all’orizzonte, verso dritta: sembra trattarsi di un sommergibile, e poco dopo il nuovo arrivato viene infatti riconosciuto chiaramente per un’unità subacquea della classe “Emo” (cioè classe Marcello). Alle 19.53 il Bronzo passa a portata di voce dell’altro sommergibile, che è proprio l’Emo, e che chiede notizie della portaerei: ma Buldrini non può aggiungere niente al poco che entrambi i comandanti già sanno per tramite dei messaggi ricevuti nelle ore precedenti. I due comandanti si informano a vicenda sulle rispettive zone che hanno già esplorato, dopo di che il Bronzo fa rotta verso una zona intermedia.
Alle 23.50 viene avvistata una fiamma all’orizzonte, su rilevamento 360°; il Bronzo assume allora rotta verso nord, e quattro minuti dopo vengono visti accendersi di prora, in rapida successione da dritta verso sinistra, quattro bengala di colore rossastro, come quelli impiegati negli attacchi notturni dagli aerei britannici, tutti alla stessa quota. Alle 23.58 il Bronzo riduce la velocità ed assume rotta 350°.

(Coll. Aldo Fraccaroli, via Maurizio Brescia e www.associazione-venus.it)

14 agosto 1942
Alle 00.04 vengono avvistati altri quattro bengala, che si accendono alla medesima quota dei precedenti e sempre in successione da dritta verso sinistra, su rilevamento 330°; il Bronzo mette la prua in quella direzione. All’1.19 viene avvertito distintamente il rumore di un velivolo che passa a ridotta distanza, ed all’1.32 il Bronzo viene a sinistra per rotta sud.
All’1.44 viene osservato un cannoneggiamento a grande distanza su rilevamento 135°; di nuovo il Bronzo punta in quella direzione alla massima velocità. Alle 2.20 il cannoneggiamento riprende per circa un minuto, adesso su rilevamento 145°; è possibile distinguere il colore verde della traiettoria dei proiettili. Alle 2.23 il Bronzo assume rotta 190°, subito cambiata in 200° e poi in 220°. Verrà poi ricevuto da Maricosom un telegramma, numero 033114, relativo ad una formazione navale britannica passata da Capo Bon all’1.43; il telegramma, tuttavia, potrà essere completamente decifrato soltanto alle 4.32. Il comandante Buldrini riterrà poi che le navi britanniche debbano essere passate molto vicine al Bronzo, che però non le ha viste a causa della notte molto buia, tale anche da impedire di distinguere l’orizzonte.
Alle 3.15 il Bronzo attraversa un’altra zona cosparsa di rottami e carburante in gran quantità, ed alle 4.57 viene avvistata una luce su rilevamento 227°: pur credendo che si tratti di una luce sulla costa, Buldrini decide di avvicinarsi per sincerarsene. Avvicinatosi, può constatare che è proprio così: a questo punto, riprende il pendolamento nei pressi dell’Isola dei Cani.
Alle 5.44 il Bronzo s’immerge e trascorre le successive quindici ore sott’acqua, riemergendo alle 20.40 per poi ricevere da Maricosom un telegramma (n. 195914) che ordina di spostarsi 140 miglia più ad ovest.
Supermarina, infatti, spera di poter cogliere ancora l’occasione per attaccare le unità superstiti del convoglio (che ha subito pesanti perdite ad opera di sommergibili, aerei e motosiluranti, anche se qualche mercantile è riuscito a raggiungere Malta con i rifornimenti vitali alla sopravvivenza dell’isola) durante la loro navigazione di ritorno verso Gibilterra. Di conseguenza, Bronzo, AscianghiAlagi ed Axum (che formano il gruppo di sommergibili situato più ad est) la sera del 14 ricevono ordine di emergere immediatamente, spostarsi 140 miglia più ad ovest e riprendere l’agguato nelle nuove posizioni, con le stesse modalità di prima. 
Alle 21.11, di conseguenza, il sommergibile assume rotta 270°; alle 23.50 viene ricevuto al SITI un telegramma inviato dal sommergibile Otaria, che informa dell’avvistamento di un’unità di tipo imprecisato, in navigazione verso ovest ad otto nodi, a nordovest del punto in cui si trova il Bronzo. Siccome la rotta di collisione con tale unità porterebbe il Bronzo poco più a nord della nuova zona assegnata, il comandante Buldrini assume rotta 278,5°.
15 agosto 1942
Alle 00.21 Maricosom trasmette al Bronzo il telegramma 214214, ordinando di spostarsi altre 20 miglia più ad ovest.
Alle 8.54 viene avvistato un pezzo di aereo che galleggia sulla superficie del mare.
Alle 12.44, avendo ormai raggiunto e superato il “punto di collisione” con l’unità segnalata dall’Otaria senza aver avvistato niente, e non essendoci alcunché in vista all’orizzonte, il Bronzo assume rotta verso sud; alle 13.13 raggiunge la zona assegnata e s’immerge, restando sott’acqua fino alle 20.53. A quell’ora emerge e dà inizio al pendolamento in zona.
16 agosto 1942
Riceve un telegramma che ordina di rientrare alla base.
17 agosto 1942
Raggiunge Cagliari.
Nel suo rapporto il comandante Buldrini scriverà, in merito al comportamento dell’equipaggio: «Il personale ha sempre risposto ottimamente in ogni occasione: come già in precedenti azioni di contatto col nemico, ha conservato in ogni istante la massima serenità di spirito, prontezza e precisione di esecuzione degli ordini impartiti, e totale sprezzo del pericolo. Teso sempre con tutte le sue forze al raggiungimento del successo».
Per il suo ruolo nella battaglia, Buldrini riceverà la Medaglia d’Argento al Valor Militare (motivazione: "Comandante di sommergibile di elevate capacità professionali, partecipava con sereno ardimento e indomito spirito aggressivo alla battaglia mediterranea di mezz’agosto, attaccando decisamente un convoglio nemico potentemente scortato da forze navali ed aeree. Col tempestivo ed efficace lancio dei siluri, infliggeva sicure e gravi perdite alla formazione avversaria, provocando l’affondamento e il siluramento di unità da guerra e mercantili. Dimostrava nell’ardua e brillante azione elette virtù militari e tenace volontà di vittoria"); analoga decorazione sarà conferita al direttore di macchina del Bronzo, capitano del Genio Navale Alfonso Nerilli ("Capo servizio G.N. di sommergibile, prendeva parte alla battaglia navale di mezz’agosto contro un numeroso convoglio fortemente scortato da forze navali ed aeree, cooperando con sereno coraggio e perizia tecnica ad infliggere gravi perdite all’avversario. Dimostrava nelle audaci azioni di possedere elevate qualità militari e professionali"). Il sottotenente di vascello Antonio Gherardi, comandante in seconda del Bronzo, sarà decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare ("Ufficiale in 2a di sommergibile, partecipava alla battaglia mediterranea di mezz'agosto contro un numeroso convoglio nemico fortemente scortate da forze navali ed aeree coadiuvando con ardimento e perizia il comandante, contribuiva ad infliggere gravi perdite alle unità mercantili e da guerra nemiche. Dimostrava nelle audaci azioni di possedere elevate qualità militari e sereno coraggio"), così come i guardiamarina Antonino De Natale e Giuseppe Tolomeo ("Ufficiale imbarcato su sommergibile, prendeva parte alla battaglia mediterranea di mezz'agosto contro numeroso convoglio nemico fortemente scortato da forze navali ed aeree e, assolvendo i suoi compiti con sereno coraggio e perizia, coadiuvava il comandante nell'infliggere gravi perdite all'avversario. Durante le audaci azioni dava prova di sereno coraggio e di belle qualità militari e professionali") ed il capo elettricista di terza classe Renzo Antonelli ("Sottufficiale Capo Carico di sommergibile, prendeva parte nella battaglia mediterranea di mezz'agosto contro un numeroso convoglio nemico fortemente scortato da forze navali ed aeree, contribuendo, con la sua opera professionale alle audaci azioni che provocarono gravi perdite all'avversario. In ogni circostanza assolveva i suoi compiti con coraggio, serenità ed elevato senso del dovere"). I restanti membri dell’equipaggio riceveranno la Croce di Guerra al Valor Militare, con motivazione "Imbarcato su sommergibile che nella battaglia di mezz'agosto attaccava un numeroso convoglio fortemente scortato da forze navali ed aeree, infliggendo gravi perdite all convoglio ed alla scorta, contribuiva validamente con la sua opera esplicata con serenità, coraggio e perizia ai successi conseguiti".


Il comandante Buldrini (con il binocolo al collo) ed altri uomini del Bronzo nell’agosto del 1942; notare l’emblema del sommergibile, raffigurante il nano Cucciolo (g.c. STORIA militare, via www.betasom.it)


18 agosto 1942
Già nella notte tra il 17 ed il 18, poche ore dopo essere rientrato alla base, il Bronzo lascia nuovamente Cagliari per portarsi in una zona d’agguato situata a nord del Golfo di Tunisi.
La battaglia di Mezzo Agosto si è ormai conclusa, ma alle 6.50 del 17 è stato avvistato al largo di Algeri un gruppo di navi britanniche identificate come la vecchia portaerei Furious, un incrociatore e sette cacciatorpediniere, ed è inoltre giunta notizia che il 16 agosto altre navi britanniche si apprestavano a lasciare Gibilterra; l’insieme di queste informazioni ha determinato uno stato di allarme e l’ordine di far prendere il mare a tutti i sommergibili pronti, tra cui il Bronzo. La Furious e le altre navi del suo gruppo sono in mare per l’operazione "Baritone", consistente nell’invio a Malta di 32 caccia Supermarine Spitfire allo scopo di rimpinguare le decimate squadriglie di base nell’isola. Gli Spitfire, portati a Gibilterra da un mercantile proveniente dal Regno Unito, vengono lanciati dalla Furious, uscita allo scopo da Gibilterra il 16 agosto con la scorta degli incrociatori leggeri Aurora e Charybdis, e dei cacciatorpediniere AntelopeEskimoDerwentBicesterKeppelLookoutLaforeyLightningMalcolmTartarVenomous e Wishart (parte della Forza H). La Furious lancia gli Spitfire il 17 agosto, a sud delle Baleari; 29 dei 32 caccia riusciranno a raggiungere a Malta, mentre Furious e scorta rientreranno a Gibilterra il 18.
Poche ore dopo la partenza, tuttavia, il Bronzo riceve un telegramma contenente un ordine generale di rientro diretto a tutti i sommergibili in mare nel Mediterraneo centrale, in cui si raccomanda inoltre di fare «massima attenzione sommergibile nemico avvistato 26 miglia ad est Capo Spartivento Sardo».
Chiarita la natura dei movimenti avvistati o segnalati delle navi britanniche (appreso cioè che a Gibilterra, prima di partire, la Furious ha imbarcato 35 caccia Hawker Hurricane – il che indica con certezza che essa era in mare per rifornire Malta di aerei –, mentre le navi in partenza da Gibilterra il 16 sono dirette in Atlantico ed in Inghilterra, non in Mediterraneo), infatti, gli alti comandi hanno fatto cessare l’allarme e richiamato in porto tutti i sommergibili.
Alle 20.29, durante la navigazione di ritorno a Cagliari in superficie (al largo di Capo Spartivento sardo), viene osservata l’esplosione di un siluro a circa 4000 metri di distanza, su rilevamento 105°: la detonazione viene avvertita molto distintamente anche all’interno del sommergibile. Secondo una fonte, anche gli idrofoni del Bronzo avrebbero captato la detonazione, stimando la distanza in 3660 metri.
Ciò che è successo è che alle otto di sera il Bronzo è stato avvistato a sei miglia di distanza, in posizione 38°48’ N e 09°20’ E (a 24 miglia per 214° dall’Isola dei Cavoli, a sud della Sardegna), dal sommergibile britannico P 211 (poi divenuto Safari; capitano di fregata Benjamin Bryant), che ha stimato la rotta del battello italiano come 000° e la sua velocità come 12 nodi; avvicinatosi alla massima velocità, alle 20.31 (secondo l’orario di bordo del P 211, con discrepanza di qualche minuto rispetto a quello del Bronzo) il P 211 ha lanciato sei siluri (i primi quattro muniti di acciarini DCR, Duplex Coll Rod, e gli altri due con acciarini CCR, Compensated Coll Rod, più affidabili) contro il Bronzo, da una distanza stimata a bordo dell’unità britannica in 3200 metri. Dopo aver lanciato, tuttavia, il sommergibile britannico ha perso temporaneamente il controllo dell’assetto, affiorando in superficie; ma soprattutto, uno dei siluri lanciati è esploso prematuramente: è stata questa la causa dell’esplosione osservata a bordo del Bronzo, che è così avvertito del pericolo e che può evitare i siluri con una pronta accostata a sinistra, per rotta vera 290°.
Secondo una fonte, dopo aver evitato i siluri il Bronzo si sarebbe diretto a tutta forza verso l’aggressore e, una volta giunto sul posto, avrebbe urtato due volte con la chiglia un oggetto immerso, che avrebbe scosso violentemente tutto il sommergibile. Dai passaggi del rapporto di missione inseriti in appendice al volume USMM "Le azioni navali – Tomo II – Dal 1° aprile 1941 all’8 settembre 1943", tuttavia, non risulta che il Bronzo si sia diretto verso il sommergibile attaccante; è invece scritto che alle 20.40, dopo aver assunto rotta 290° per evitare i siluri, l’equipaggio del Bronzo avrebbe avvertito «due fortissimi colpi sotto lo scafo che danno un leggero sussulto al battello». Il comandante Buldrini ritiene che il primo colpo si sia verificato sotto il cannone ed il secondo sotto lo “spadino” (un organo dell’apparecchio elettroacustico per ricevere e trasmettere segnali a breve distanza, sporgente dallo scafo), sul lato di dritta; in concomitanza con il secondo colpo, entrambi i motori precipitano improvvisamente da 300 a 400 giri, per poi ritornare subito a 400 giri. Buldrini ritiene di essere entrato in collisione con il sommergibile nemico: «All’istante non riesco a comprendere quale possa essere la causa, ma (…) [dopo aver saputo di quanto accaduto ai motori] mi si presenta l’idea di aver investito il sommergibile nemico, che, al primo urto, ha dato aria. L’aria, sfuggita dagli allagamenti o da uno sfogo d’aria rotto dall’urto, investendo le eliche, le ha fatte precipitare. Terminato l’afflusso dell’aria, i motori sono tornati a normale regime».
Pochi giorni dopo il rientro, il Bronzo verrà immesso in bacino di carenaggio a La Maddalena, e l’esame dello scafo permetterà di riscontrare una bugna causata dall’urto contro un corpo immerso. Anche il citato volume USMM ritiene che il Bronzo sia entrato in collisione con il sommergibile nemico, ma il giornale di bordo del P 211 non fa menzione di una collisione, ed il ricercatore Platon Alexiades ritiene più probabile che il Bronzo sia stato colpito da due siluri con acciarini magnetici DCR che non sono esplosi perché difettosi, e che questa sia stata la causa dei due colpi avvertiti a bordo del sommergibile.
Alle 20.58 il Bronzo comunica l’accaduto, dopo di che riprende la navigazione verso il punto convenzionale "C" al largo di Cagliari, che raggiunge alle 21.15; da tale punto prosegue sulle rotte di sicurezza, incontrando presso Capo Spartivento un dragamine, cui Buldrini ordina di recarsi nel punto in cui è avvenuto l’urto per scoprire, se possibile, qualcosa di più.
19 agosto 1942
All’1.10 il Bronzo si ormeggia alla banchina sommergibili di Cagliari.
Agosto-Ottobre 1942
In questo periodo il Bronzo ha base alternativamente a La Maddalena od Augusta.
10 settembre 1942
In serata il Bronzo avvista nelle acque dell’Algeria una formazione di incrociatori scortati da due cacciatorpediniere, e li attacca lanciando quattro siluri, per poi essere costretto ad immergersi. Vengono sentite due forti esplosioni, ma nessuna nave è stata colpita.
6 novembre 1942
Trasferito a Trapani.
7 novembre 1942
Il Bronzo viene inviato ad est di Algeri, insieme al sommergibile Axum (per altra fonte, invece, al largo di Biserta insieme ad Argo e Nichelio), per contrastare gli sbarchi angloamericani nel Nordafrica francese (operazione "Torch"). Più di ottocento navi britanniche e statunitensi di tutti i tipi sono in navigazione verso le coste del Marocco e dell’Algeria, per sbarcarvi le truppe che dovranno aprire un secondo fronte in Nordafrica, contemporaneamente allo sfondamento operato dall’VIII Armata britannica in Egitto, ad El Alamein.
Supermarina, informata dell’avvistamento di ingenti forze navali angloamericane in navigazione da Gibilterra verso ovest, ha correttamente intuito che probabilmente gli Alleati vogliano tentare uno sbarco in Nordafrica, pur non escludendo del tutto la possibilità di un convoglio diretto a Malta
In totale, Maricosom – in base ad ordine di Supermarina, trasmesso alle 22.06 del 6 novembre – invia ben ventuno sommergibili nel Mediterraneo occidentale e centro-occidentale, per contrastare l’operazione nemica: dodici sommergibili del VII Grupsom (Acciaio, Argento, Asteria, Aradam, Brin, Dandolo, Emo, Galatea, Mocenigo, Platino, Porfido, Velella) vengono schierati ad ovest dell’isola di La Galite (zona "A"), sette sommergibili dell’VIII Grupsom (Bronzo, Alagi, Avorio, Corallo, Diaspro, Turchese) vengono inviati a nord di Biserta (zona "B"), ed altri due (Axum e Topazio) in posizione avanzata tra l’Algeria e le Baleari. Queste posizioni si riveleranno troppo lontane dalle effettive zone dello sbarco (Orano ed Algeri), ma non verranno modificate, perché i comandi tedeschi ritengono, erroneamente, che gli Alleati potrebbero tentare ulteriori sbarchi anche in Tunisia (nel qual caso i sommergibili italiani si troverebbero in posizione ideale).
Alle 15.31 Maricosom (il Comando Squadra Sommergibili) comunica a tutti i sommergibili in agguato nel Mediterraneo occidentale la posizione di una squadra navale britannica e di un convoglio nemico, riferita alle 10.40. Alle 20.07 il Comando Squadra Sommergibili segnala la posizione di due convogli avvistati in due distinte occasione, aventi entrambi rotta verso est e formati da mercantili scortati da corazzate, portaerei, incrociatori e navi scorta.


Un tenente del Genio Navale in tenuta da lavoro davanti alla torretta del Bronzo, accanto all’emblema raffigurante il nano Cucciolo, nel 1942 (da www.betasom.it e gruppo Facebook “Online Naval Museum”)


8 novembre 1942
Gli sbarchi hanno inizio: 500 navi da trasporto angloamericane, scortate da 350 navi da guerra di ogni tipo, sbarcano in tutto 107.000 soldati sulle coste dell’Algeria e del Marocco. Siccome tali operazioni avvengono nelle zone di Algeri e di Orano, i sommergibili italiani si trovano troppo ad est per intervenire; dato che i comandi tedeschi ritengono che gli Alleati potrebbero effettuare ulteriori sbarchi più ad est, verso la Tunisia, inizialmente si decide di lasciare i sommergibili dove sono.
9 novembre 1942
Alle 19.09 il comando della flotta subacquea italiana, Maricosom, segnala a tutti i battelli in mare che piroscafi nemici si stanno spostando verso est, e che stanno verificandosi sbarchi a Bona ed a Philippeville; dà quindi ordine di attaccare ogni nave mercantile o militare in uscita da tali porti, evitando però (per non rischiare incidenti di “fuoco amico” con le altre unità inviate in zona) di attaccare sommergibili, MAS e motosiluranti.
10 novembre 1942
Alle 00.20 il sommergibile britannico P 45 (poi Unrivalled, tenente di vascello Hugh Bentley Turner) avvista il Bronzo (tenente di vascello Cesare Buldrini) nel Golfo di Philippeville, su rotta 240°; anche il sommergibile italiano avvista il P 45, ed entrambi i battelli s’immergono e si perdono di vista.
12 novembre 1942
Alle 12.20 Maricosom, a seguito di una richiesta a Supermarina da parte della Seekriegsleitung tedesca, che ritiene «desiderabile impiego di sommergibili italiani che si trovano in zona di operazione, nella zona di mare di Bougie in vicinanza delle coste e davanti ai porti», ordina al Bronzo e ad altri cinque sommergibili (AsteriaPorfidoPlatinoNichelio e Brin) di spostarsi subito verso la rada di Bougie, per attaccare navi nemiche che si presume essere alla fonda vicino alla costa.
19 novembre 1942
Il Bronzo rientra alla base, senza essere riuscito a compiere alcun attacco.
1° dicembre 1942
Il Bronzo forma uno sbarramento nel Mediterraneo occidentale insieme ai sommergibili Alagi, Porfido, Volframio, Galatea, Argento, Corallo, Diaspro, Mocenigo e Malachite.
Bronzo, Alagi, Porfido, Volframio e Galatea, in particolare, vengono schierati nelle acque tra Capo Bougaroni e La Galite.
10 dicembre 1942
In serata il Bronzo (tenente di vascello Cesare Buldrini) avvista una formazione composta da due incrociatori (in realtà è uno solo, l’incrociatore leggero HMS Argonaut) e due cacciatorpediniere al largo di Bona (Algeria), ed alle 19.16 lancia quattro siluri (per altra fonte, uno solo) contro un cacciatorpediniere, nel punto 37°14’ N e 08°03’ E; subito dopo il lancio, i cacciatorpediniere della scorta lo avvistano e lo sottopongono a pesante caccia (che non causerà tuttavia alcun danno), costringendolo all’immersione. Dopo un minuto e 25 secondi viene avvertita una detonazione, e poi un’esplosione molto più violenta dopo 14 minuti, inducendo l’equipaggio a ritenere di aver colpito il bersaglio, impressione rafforzata dall’avvistamento di una grande colonna (o nube) di fumo nel punto dell’attacco quando il Bronzo, tre ore più tardi, può riemergere; ma in realtà i siluri non sono andati a segno.
Il Comando Supremo darà notizia dell’attacco, e del presunto successo, nel bollettino n. 931 del 12 dicembre: «nel Mediterraneo un nostro sommergibile attaccava una squadra navale nemica composta di due incrociatori e due cacciatorpediniere colpendo un incrociatore».
6-13 gennaio 1943
Nuova missione di guerra, al largo dell’isola di La Galite, senza successi.
29 gennaio 1943
Sottoposto a bombardamento con bombe di profondità.
31 gennaio 1943
Subisce un’altra caccia con cariche di profondità, che causa alcuni lievi danni.
Febbraio 1943
A inizio mese, il Bronzo viene inviato in agguato al largo di Capo Carbon.

Il Bronzo a Cagliari nel 1943 (Coll. Erminio Bagnasco, via www.associazione-venus.it)

3 febbraio 1943
Durante un’immersione rapida, il Bronzo sprofonda accidentalmente a 123 metri di profondità, 43 metri in più della quota di collaudo, prima di riuscire ad arrestare la discesa: ciononostante, non subisce alcun danno.
11 marzo 1943
Inviato a Napoli per un periodo di lavori di carenaggio.
20 marzo 1943
Termina i lavori di carenaggio.
23 marzo-7 aprile 1943
Sottoposto ad ulteriori lavori in bacino nel cantiere di Vigliena, a Castellammare di Stabia.
Durante le prove svolte al termine dei lavori, si verifica un’avaria ai timoni di profondità.
20 maggio 1943
Si trasferisce a Pozzuoli per sottrarsi ai bombardamenti.
23 maggio 1943
Torna a Napoli.
30 maggio 1943
Trasferito nuovamente a Pozzuoli.
10 giugno 1943
Trasferito a Bonifacio.
Giugno 1943
Effettua altre tre missioni di guerra.
18 giugno 1943
Alle 16.40, in posizione 41°09’ N e 07°03’ E, il sommergibile britannico Sickle (tenente di vascello James Ralph Drummond) avvista a circa 3660 metri di distanza il Bronzo in navigazione verso la sua zona d’agguato (situata al largo di Bougie), ed alle 16.54 gli lancia contro una salva di sei siluri, nessuno dei quali va a segno. Il Bronzo non si accorge di essere stato attaccato.
20 giugno 1943
Il Bronzo raggiunge la sua area d’agguato, che pattuglierà per alcuni giorni senza che si verifichino eventi di rilievo.
3 luglio 1943
Si trasferisce da Bonifacio a La Maddalena, da dove poi raggiunge Napoli.
8 luglio 1943
Il tenente di vascello Buldrini sbarca dal Bronzo, cedendo il comando al parigrado Antonio Gherardi, che nei dodici mesi precedenti era stato il suo comandante in seconda.

Il tenente di vascello Cesare Buldrini posa davanti alla torretta del Bronzo (da un saggio di Francesco Mattesini su www.academia.edu)

La cattura

Il 10 luglio 1943 il Bronzo, al comando del tenente di vascello Antonio Gherardi, partì da Pozzuoli per raggiungere un’area di agguato davanti a Siracusa ed Augusta, per contrastare lo sbarco angloamericano in Sicilia. Nella stessa zona avrebbero operato anche i sommergibili Beilul e Nereide.
Nelle prime ore di quello stesso giorno, una flotta Alleata che contava 2590 unità navali (1614 britanniche, 945 statunitensi, dieci olandesi, nove polacche, sette greche, quattro norvegesi ed una belga) di tutti i tipi (237 navi trasporto, 1742 tra mezzi e navi da sbarco, 6 corazzate, due portaerei, 15 incrociatori, quattro navi antiaeree, tre monitori, 128 cacciatorpediniere, 36 fregate, 5 cannoniere, 4 posamine, 42 dragamine, 26 sommergibili, 243 tra motosiluranti e motocannoniere ed altre unità minori ed ausiliarie), appoggiata da più di 4000 aerei appartenenti a 259 gruppi di volo (146 statunitensi e 113 britannici), sbarcava 160.000 soldati statunitensi, britannici e canadesi (numero destinato a triplicarsi nelle settimane successive) sulle coste della Sicilia. Iniziava così l’operazione "Husky", e con essa la sequenza di eventi che nel giro di due mesi avrebbe portato alla caduta del regime fascista ed alla resa dell’Italia con l’armistizio di Cassibile.
Nel giro di 38 giorni, l’isola sarebbe caduta; tra le fila italiane si sarebbero contati 4678 morti accertati, migliaia di dispersi, 32.500 feriti e 116.000 prigionieri.
La malridotta flotta di superficie italiana, stante la disparità di forze ed il dominio del cielo da parte angloamericana, che avrebbero reso il suo intervento un suicidio, rimase in porto; l’onere di difendere la Sicilia ricadde sull’arma subacquea e sui mezzi insidiosi.
In tutto furono quindici i sommergibili della Regia Marina mobilitati per contrastare gli sbarchi angloamericani: per primi furono inviati nelle acque della Sicilia Alagi, Nichelio e Nereide, presto seguiti da Diaspro e Turchese, mentre il 10 luglio lasciarono le basi per raggiungere le zone degli sbarchi, oltre al Bronzo, Argo, Acciaio, Brin, Flutto e Velella. Dalle acque a sud della Sardegna furono trasferiti altri tre sommergibili, mentre un quarto, il Beilul, fu spostato nelle acque della Sicilia dopo essere stato inizialmente inviato al largo della Cirenaica. Insieme alle motosiluranti ed ai MAS, queste erano le uniche unità che la Marina italiana poté inviare incontro alla flotta d’invasione: avrebbero pagato un prezzo elevato in una lotta senza speranza contro un avversario soverchiante. Nei primi otto giorni dell’invasione, tre sommergibili italiani sarebbero stati affondati, uno catturato, e due gravemente danneggiati. Proprio al Bronzo sarebbe toccata la sorte più amara per una nave da guerra: la cattura.

Durante la navigazione di trasferimento, l’11 luglio, il Bronzo fu attaccato da un sommergibile nemico al largo di Capo Vaticano, col lancio di quattro siluri che riuscì tuttavia ad evitare con la manovra. Proseguì poi verso sud, attraversò lo Stretto di Messina e si diresse verso la zona assegnata.
Giunto davanti a Siracusa ed immersosi nel suo settore di agguato, alle sei del mattino del 12 luglio il Bronzo rilevò dei rumori generati dagli apparati motori di navi che il comandante Gherardi ritenne essere amiche. All’una del pomeriggio, pertanto, si portò a quota periscopica, e constatò di trovarsi nel mezzo di una formazione navale: credendo ancora che si trattasse di una formazione italiana, e temendo che se fosse rimasto immerso una delle navi avrebbe potuto accidentalmente speronarlo, il comandante del Bronzo decise di emergere.
Ciò che Gherardi non sapeva, tuttavia, era che Siracusa era già caduta.
Dopo essere sbarcata presso Cassibile ed aver occupato quel villaggio al termine di cruenti combattimenti contro il 430° Battaglione Costiero italiano (che aveva inflitto agli attaccanti una quarantina di perdite, compresi tre ufficiali), infatti, la 5a Divisione fanteria britannica aveva inviato un gruppo di combattimento verso nord, per attaccare Siracusa che, insieme ad Augusta, rappresentava il suo obiettivo principale.
Le difese delle due città, i cui porti erano i più importanti della Sicilia sudorientale, erano riunite in un’unica piazzaforte, la Piazza Militare Marittima di Augusta-Siracusa, posta al comando del contrammiraglio Priamo Leonardi. A Siracusa il comando era affidato al capitano di fregata Giuseppe Gianotti, ma questo ufficiale era stato tra le prime vittime dell’invasione Alleata: era morto in un attacco aereo la sera del 9 luglio, poche ore prima degli sbarchi, mentre guidava due plotoni di marinai alla ricerca di paracadutisti angloamericani che risultavano essere atterrati nelle campagne circostanti Siracusa.
Come spesso avveniva per le piazzeforti della Marina, la Piazzaforte Augusta-Siracusa vantava difese formidabili sul fronte a mare – sei batterie antinave armate con cannoni 381 mm, 254 mm e 152 mm, due pontoni armati dotati di pezzi da 149 e 190 mm e 17 batterie contraeree da 76 e 102 mm – ma ben più deboli sul fronte a terra, dove la cinta difensiva consisteva in una trentina di capisaldi presidiati da duemila fanti costieri male armati, demoralizzati e privi di artiglierie. Consci di questo, i comandi britannici avevano evitato di attaccare Siracusa dal mare, sbarcando invece più a sud lungo la costa – a Cassibile, appunto – per poi aggirare ed attaccare la piazzaforte da tergo, dall’interno, là dove le difese erano più deboli. L’attacco principale da parte della 5a Divisione fanteria sarebbe stato accompagnato da un assalto di truppe aviotrasportate, sbarcate da alianti (Operazione "Ladbroke"), e da incursioni di “commandos” del SAS incaricati di mettere fuori combattimento le batterie costiere sulla penisola della Maddalena.
L’operazione "Ladbroke" fu un mezzo disastro: pochissimi alianti atterrarono nelle zone previste, molti furono rilasciati troppo presto dagli aerei che li rimorchiavano e caddero in mare, altri si schiantarono, alcuni furono persino abbattuti dal tiro contraereo delle stesse navi Alleate, che li avevano scambiati per aerei nemici. Le perdite britanniche ammontarono a 487 uomini, in massima parte morti o dispersi. Un gruppo di aliantisti, nondimeno, riuscì ad impadronirsi dell’obiettivo principale dell’operazione, il Ponte Grande sul fiume Anapo: circondati da truppe italiane della 54a Divisione Fanteria "Napoli", gli aliantisti furono decimati e costretti alla resa dopo ore di combattimenti, ma poco dopo giunsero sul posto le truppe della 5a Divisione britannica, che costrinsero gli italiani a ripiegare senza aver potuto distruggere il ponte. La strada verso Siracusa era così spianata: avanzando lungo la Statale 115, i britannici erano entrati in città alle nove di sera del 10 luglio. Augusta, la cui guarnigione era stata dimezzata dalle diserzioni che avevano falcidiato il personale addetto alla difesa costiera, avrebbe resistito altri due giorni.

Ignaro di tutto ciò, all’una del pomeriggio (per altra fonte, a mezzogiorno) del 12 luglio il Bronzo emerse nel punto 37°06’ N e 15°24’ E, sette miglia a nordest di Siracusa. Lo attendeva una brutta sorpresa: venuto a galla, si trovò in mezzo ad una formazione di una dozzina di navi britanniche.
In quel momento stava infatti entrando in porto un piccolo convoglio britannico composto da dragamine e mezzi da sbarco, mentre altre unità britanniche si trovavano nei pressi: tra di esse la 14a Flottiglia Dragamine britannica (14th Minesweeping Flotilla), composta dai grossi dragamine di squadra Boston (tenente di vascello Derek Harold George Coughlan), Seaham (capitano di corvetta Robert Ernest Brett), Cromarty (capoflottiglia, capitano di corvetta Charles George Palmer) e Poole (tenente di vascello Wilfred Louis Gerard Dutton). I quattro dragamine erano impegnati dal 9 luglio nell’operazione "Hon One": insieme a pescherecci armati e motolancie, dovevano dragare gli approcci di Augusta, Siracusa e Catania e compiere pattugliamenti antisommergibili attorno ai trasporti ancorati. Quel giorno, la 14th Minesweeping Flotilla era impegnata a liberare il porto di Siracusa dalle mine; il capoflottiglia Palmer, tuttavia, aveva deciso di propria iniziativa di andare a rinforzare con i suoi dragamine – attrezzati anche per la caccia ai sommergibili – una formazione di tre incrociatori britannici impegnati in azioni di bombardamento costiero tra Augusta e Siracusa (uno di questi doveva essere l’incrociatore leggero Uganda, che secondo una fonte britannica avrebbe “assistito” nell’azione contro il Bronzo, anche se non è molto chiaro come).
Il marinaio David Satherly, a bordo del mezzo da sbarco LCI 127, avrebbe poi raccontato: “Stavano navigando verso l’imboccatura [del porto] come ordinato, quando un sommergibile italiano emerse per entrare, indubbiamente pensando che la città fosse ancora nelle mani dell’Asse”.
Il tenente di vascello C. Sharp, ufficiale di guardia sul dragamine britannico Seaham, aveva avvistato per primo il periscopio del Bronzo ed aveva suonato l’allarme sommergibili; quando alle 12.50 (o 12.59) il sommergibile emerse a circa un miglio di distanza (secondo altra fonte, il Seaham lo avrebbe avvistato soltanto a questo punto, quando già era in superficie) il comandante del Seaham, capitano di corvetta Robert Ernest Brett, mise la prua su di esso ed ordinò di portare le macchine sull’avanti tutta per speronarlo, ma il Bronzo si sottrasse alla manovra con l’immersione rapida. Secondo una versione, Brett fece allora preparare le bombe di profondità per un attacco contro il sommergibile immerso a profondità ridotta; prima che il Seaham potesse lanciarle, tuttavia (alle 13.03, circa tre minuti dopo essersi immerso), il Bronzo, a causa di problemi nel mantenimento dell’assetto, affiorò nuovamente a soli trecento metri dal Seaham, che accostò di nuovo per speronarlo, aprì immediatamente il fuoco sul sommergibile con il proprio cannone da 76 mm (erano le 13.04) e ne spazzò il ponte con le mitragliere.
Secondo un’altra versione – riportata da qualche fonte britannica, dal libro "Uomini sul fondo" di Giorgio Giorgerini e da "Navi militari perdute" dell’USMM –, invece, il Bronzo, quando si rese conto di essere circondato da navi nemiche, tentò di immergersi nuovamente, ma il Seaham lo danneggiò col lancio di due “pacchetti” di bombe di profondità prima che potesse scendere a quota elevata; il sommergibile fu così costretto ad emergere, venendo subito “accolto” dal tiro concentrato delle mitragliere dei dragamine britannici.
Sulla plancia del Bronzo i marinai britannici potevano vedere due ufficiali ed un marinaio: i due ufficiali erano il comandante Gherardi ed il suo secondo, sottotenente di vascello Giuseppe Pellegrini, usciti per primi dopo l’emersione.
Non è chiaro se una volta in superficie l’equipaggio del Bronzo abbia tentato una reazione – che sarebbe stata, del resto, senza speranza – con il cannone di coperta e/o le mitragliere; unico riferimento in questo senso, da parte britannica, è contenuto in un lungo dispaccio inviato dal comandante della Mediterranean Fleet, ammiraglio Andrew Browne Cunningham, sulle operazioni in Sicilia (Despatch on the Invasion of Sicily), secondo cui il sommergibile italiano “rispose [al fuoco], ma si arrese dopo un violento combattimento, durato circa mezz’ora” (“The U-boat replied, but surrendered after a sharp engagement, which had lasted about half-an-hour”).
Il marinaio Paul Jasper, facente parte dell’equipaggio del Seaham, avrebbe ricordato molti anni più tardi: “…non appena avemmo smesso di dragare e fummo usciti in alto mare, un sommergibile emerse improvvisamente proprio davanti alla nostra prua. Era un sommergibile italiano, di nome Bronzo – accadde tutto così rapidamente che non sapevamo se speronarlo od evitarlo. Alla fine decidemmo di mettere tutta la barra a dritta ed evitarlo, e [il sommergibile] strusciò contro il fianco della nave. In quel lasso di tempo riuscimmo a sparare un proiettile da 3 pollici [76 mm]”.
Alla sparatoria si unirono anche il Boston ed il Poole, accorsi sul posto (non è invece chiaro se anche il Cromarty abbia preso parte all’azione di fuoco), che aprirono il fuoco con tutte le armi disponibili, cannoni e mitragliere: sul Bronzo si abbatté una gragnuola di colpi che in pochi minuti falciò tutti gli uomini saliti in coperta. I danni maggiori furono causati dai colpi da 76 mm del Boston (secondo altra fonte, invece, del Seaham), che centrarono la torretta del sommergibile italiano, distruggendo il periscopio ed uccidendo tutti quelli che vi si trovavano: il comandante Gherardi, il comandante in seconda Pellegrini, due sottufficiali e quattro tra sottocapi e marinai. Altri uomini rimasero feriti (tra di essi il ventenne marinaio radiotelegrafista Pasquale Mario Ercolano, da Roma).
Lo scontro durò pochi minuti: caduti i due ufficiali più alti in grado, feriti molti dei restanti, con il sommergibile danneggiato ed ormai bloccato in superficie sotto il tiro concentrato di tre (o quattro) navi nemiche, la situazione era senza speranza. Alle 13.07 i marinai del Bronzo iniziarono ad uscire in coperta dal boccaporto prodiero: parecchi uomini cercarono scampo gettandosi in mare, altri fecero segni di resa alle navi britanniche.


Una serie di fotogrammi di un filmato che mostra la cattura del Bronzo (dal sito dell’Imperial War Museum):
































































Il Seaham affiancò allora il Bronzo ed inviò a bordo un drappello d’abbordaggio, al comando del tenente di vascello D. “Dumbo” Bolton, che fece prigioniero l’equipaggio superstite e s’impadronì del sommergibile, mentre il Boston metteva a mare la sua baleniera per recuperare gli uomini gettatisi in mare.
Secondo David Satherly, ad abbordare il Bronzo sarebbe stato proprio l’LCI 127: "Affiancammo il sommergibile ed io ed il marinaio Wiggy Bennett, armati di mitra Thompson, scendemmo nella macabra carcassa della torretta per catturare il sommergibile". I superstiti si arresero (secondo Satherly, avrebbero offerto ai britannici "pesche e sigarette Player’s", il che sembra invero un po’ strano date le circostanze), dopo di che "i pezzi degli uomini uccisi dai colpi andati a segno vennero raccolti in delle coperte, ed un cavo di rimorchio venne passato dal 127 al sommergibile".
Il comandante in seconda del Seaham rimandò due marinai italiani a bordo del Bronzo per fermare i motori, mentre il responsabile della mensa del dragamine, che parlava italiano, interrogò i superstiti per sapere se fossero state attivate delle cariche per l’autodistruzione, ottenendo risposta negativa. Una lettera spedita a casa all’epoca dal tenente di vascello neozelandese W. A. E. Leonard, che non era a bordo delle unità coinvolte ma ebbe modo di parlare con qualcuno dei loro ufficiali, afferma che dopo l’emersione il Seaham inseguì il Bronzo a tutta forza, e che “Il primo colpo del cannone prodiero colpì la torretta del sommergibile, uccidendo tre ufficiali e ferendo mortalmente il comandante. Con entrambe le unità che ancora procedevano a tutta velocità, un drappello d’abbordaggio composto da un ufficiale e diversi marinai saltò a bordo del sommergibile e mandò due italiani sottocoperta per fermare i motori. Fatto questo, l’equipaggio italiano corse e si gettò in mare, il che indicava che probabilmente delle bombe a tempo per l’autodistruzione erano state attivate all’interno dello scafo. Cionondimeno, venne condotta un’accurata ispezione per individuarle; non ne venne rinvenuta nessuna, ed il sommergibile fu preso a rimorchio”. Tra gli applausi dei soldati britannici ammassati sull’LCI 127, venne issata sul Bronzo la bandiera della Royal Navy.
Boston e Poole, intanto, recuperavano gli uomini del Bronzo che si erano gettati in mare: il Boston ne ripescò undici con la propria baleniera, il Poole cinque. Il resto dell’equipaggio era stato trasbordato sul Seaham.





Sopra, il Bronzo accanto al Seaham (g.c. STORIA militare, www.yccn.centronaval.org.ar e da “The Secret Capture” di Stephen Roskill); sotto, rimorchiato dal Seaham verso Siracusa (g.c. STORIA militare e IWM A 18094)



Il comandante Brett del Seaham parla con il più alto in grado tra gli ufficiali superstiti del Bronzo (IWM 4592)

Secondo il citato Despatch on the Invasion of Sicily, soltanto venti italiani su quaranta sarebbero sopravvissuti; gli altri furono uccisi in combattimento od annegarono dopo essersi gettati in mare. In realtà i morti furono otto, ed i superstiti furono 36, su un equipaggio di 44 uomini; l’errore nel dispaccio trae probabilmente origine dal numero dei superstiti presi a bordo del solo Seaham, non contando invece quelli recuperati da Boston e Poole.
Tra i 36 prigionieri vi erano l’ufficiale di macchina, tenente del Genio Navale Francesco Giorgi, il guardiamarina Giuseppe Tolomeo e l’aspirante guardiamarina Ferro.
(Secondo una fonte francese, invece, l’equipaggio del Bronzo sarebbe stato composto da 5 ufficiali e 49 tra sottufficiali e marinai, di cui “8 elettricisti, 11 siluristi, 6 radiotelegrafisti, 3 cannonieri, 9 meccanici, 8 marinai, 2 furieri, un timoniere ed un cuoco”, ed i superstiti sarebbero stati 48, con 6 morti; ma un simile equipaggio sembra troppo numeroso per un sommergibile della classe Platino, il cui equipaggio normale si aggirava sui 44 uomini, ed il numero delle vittime è certamente sbagliato, essendo queste state otto).

Le vittime:

Cosimo Albano, marinaio nocchiere, da Nardò, 22 anni
Mario Borgoforti, sergente radiotelegrafista, da Cingoli, 22 anni
Vincenzo Di Candia, sottocapo segnalatore, da Manfredonia, 20 anni
Luciano Frizzi, marinaio elettricista, da Genova, 21 anni
Antonio Gherardi, tenente di vascello (comandante), da Brescia, 23 anni
Giuseppe Pellegrini, sottotenente di vascello (comandante in seconda), da Spilimbergo, 26 anni
Renato Poletti, sergente motorista, da Cesenatico, 26 anni
Ciro Tuccillo, marinaio motorista, da Ischia, 20 anni


Alla memoria del comandante Gherardi sarebbe stata conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con motivazione “Ufficiale in 2a e successivamente comandante di sommergibile impiegato senza riposo in numerose missioni di guerra in acque aspramente contese dall'avversario, nel terzo anno della guerra 1940-1943, dava il meglio di sé stesso perché l'unità rispondesse in pieno al compito silenzioso e tenace che le era connesso. Dimostrava in ogni circostanza tenacia di vittoriosi propositi, perizia e sereno coraggio. Cadeva in combattimento, scomparendo con l'unità che coraggiosamente aveva guidato in numerose azioni. (Mediterraneo, 27 settembre 1942 - 12 luglio 1943)”.
Secondo la lettera del tenente di vascello Leonard, menzionata in precedenza, poco dopo la cattura del Bronzo un altro dei dragamine del gruppo avrebbe avvistato il periscopio di un altro sommergibile: il cavo di rimorchio del Bronzo sarebbe allora stato reciso, abbandonandolo temporaneamente alla deriva, mentre Cromarty e Poole davano la caccia a questa seconda unità subacquea, finché ritennero di averla affondata. Subito dopo sarebbe stato localizzato anche un terzo sommergibile, che sarebbe stato a sua volta attaccato da Boston e Poole fino alla sua scomparsa, ma senza la possibilità di accertarne l’affondamento. In tutto, dall’avvistamento del Bronzo alla conclusione della caccia contro il “terzo” sommergibile non sarebbe passata che mezz’ora.
In realtà, non risulta che alcun altro sommergibile, oltre al Bronzo, sia stato attaccato in quella data ed in quella posizione, e certamente nessun altro sommergibile fu affondato in quel frangente: probabilmente l’avvistamento del secondo e del terzo sommergibile furono immaginari, frutto di equipaggi “sovreccitati” dopo lo scontro con il Bronzo, che scambiarono forse qualche increspatura delle onde per una scia di periscopio.
Anche il Seaham partecipò alla terza caccia, finché alle 14.41, ricevuta notizia della perdita del contatto con il presunto sommergibile, il comandante Brett fece mettere la sicura alle bombe di profondità e chiese ed ottenne dal Cromarty l’autorizzazione a tornare a prendere a rimorchio il Bronzo. Alle 14.52 il Seaham era di nuovo accanto al Bronzo, ed alle 15.30 il rimorchio era stato nuovamente stabilito; con un ufficiale e due marinai del Seaham a bordo del sommergibile catturato, le due unità fecero rotta per Siracusa. Alle 16.37 il Seaham superò le ostruzioni del porto siciliano, ed alle 16.45 calò l’ancora per poi passare il rimorchio alla posacavi Barhill, che alle 17.02 condusse il Bronzo  alla banchina numero 5 del Porto Grande, dove il sommergibile venne ormeggiato. (Per altra fonte fu invece l’LCI 127 a rimorchiare in porto il Bronzo, ma ciò è in contrasto con il rapporto del comandante Brett, e soprattutto esiste una fotografia che mostra chiaramente il Bronzo a rimorchio del Seaham).


Il Bronzo, ormai catturato, viene condotto a Siracusa dalla posacavi HMS Barhill nel tardo pomeriggio del 12 luglio 1943 (da un filmato dell’Imperial War Museum):

















(IWM 4588)

(IWM 4590)

(Imperial War Museum via Marcello Risolo)

Il Seaham, con a bordo i naufraghi del Bronzo, manovra per ormeggiarsi a Siracusa (Imperial War Museum):





Un ufficiale del Bronzo, ferito, sorretto da un marinaio britannico dopo l’arrivo a Siracusa (Imperial War Museum):







Prigionieri del Bronzo a bordo del Seaham (da filmati dell’Imperial War Museum):













Prigionieri del Bronzo dopo l’arrivo a Siracusa (Imperial War Museum):







Dall’interrogatorio dei prigionieri i britannici appresero che il Bronzo era partito da Pozzuoli due giorni prima, e che la sua missione consisteva nell’attaccare le navi britanniche impegnate in azioni di bombardamento costiero tra Augusta e Siracusa. I naufraghi dichiararono inoltre di aver creduto che Siracusa fosse ancora in mano italiana, e di aver creduto che, emergendo, si sarebbero trovati presso unità amiche. Dalla Sicilia finirono poi in prigionia in Egitto, in un campo non lontano da Suez.
Da Siracusa il Bronzo venne successivamente rimorchiato a Malta, dove venne ispezionato e rimesso in efficienza entro la fine del 1943. Il 16 settembre 1943 il sottotenente di vascello John Rayner risulterebbe essere stato nominato ufficiale di collegamento a bordo del P 714 (ex Bronzo); non è molto chiaro ufficiale di collegamento con chi.
A bordo del sommergibile italiano i britannici poterono catturare alcuni esemplari dell’“ingannatore sonar” (sonar decoy) tedesco «Pillenwerfer», che vennero poi utilizzati dal sommergibile Unison durante un’esercitazione antisommergibili a beneficio del cacciatorpediniere Wheatland, condotta nelle acque di Malta nell’agosto-settembre 1943.


Una serie di immagini del Bronzo ormeggiato a Siracusa all’indomani della cattura, il 13 luglio 1943 (da filmati dell’Imperial War Museum):












(IWM 4476)

(IWM 4477)

(g.c. STORIA militare)

Un ufficiale britannico sulla torretta del Bronzo (Imperial War Museum):



Alcuni fotogrammi in cui sono ben visibili i fori aperti dalle cannonate britanniche nella torretta del Bronzo (Imperial War Museum):






A Siracusa dopo la cattura, in due immagini della Harry S. Truman Library & Museum




Caduti italiani sulla torretta del Bronzo (Imperial War Museum)…



Un marinaio britannico monta la guardia accanto ad un caduto del Bronzo (Imperial War Museum).



Il volto della guerra.

Per la cattura del Bronzo e più in generale l’attività svolta durante l’invasione della Sicilia, il comandante Brett del Seaham sarebbe stato decorato con il Distinguished Service Order. Nel suo rapporto, Brett elogiò tutto l’equipaggio del Seahamper il modo splendido in cui tutti gli ordini furono eseguiti in questa prima azione contro un sommergibile”, ed in particolare il tenente di vascello Sharp, per aver avvistato per primo il periscopio del Bronzo; il tenente di vascello Bolton, per aver guidato la squadra d’abbordaggio; il tenente di vascello V. S. Dobson, per aver diretto il tiro delle mitragliere e per aver allestito il rimorchio del sommergibile catturato; il sottufficiale segnalatore West, “per coraggio e freddezza nel trasmettere i segnali durante l’azione”; il sottufficiale Mills, per aver diretto il tiro del cannone da 76 mm, centrando al primo colpo la torretta del Bronzo e privando così il sommergibile del suo comandante; il marinaio Lowe “per la presenza di spirito nel mettere la sicura alle bombe di profondità quando fu constatato che saremmo potuti entrare in collisione con il sommergibile”; il sottufficiale timoniere ed i marinai Inman e Walker-Bowler in servizio ai telegrafi di macchina, in quanto “se non fosse stato per l’immediata esecuzione degli ordini al timone ed alle macchine il Seaham avrebbe potuto rimanere seriamente danneggiato entrando in collisione con il sommergibile, specialmente nel primo attacco, quando fu compreso che non era possibile speronarlo ad angolo retto. Accadde così che il Seaham era a soli cinque piedi [un metro e mezzo] dal sommergibile, quando questo fu evitato”.
Nella Royal Navy vigeva ancora la pratica, vestigio dell’epoca della marineria velica, di pagare un premio in denaro agli equipaggi delle navi che avevano catturato un’unità nemica: per la cattura del Bronzo risulta essere stato conferito in data 23 febbraio 1951 un “Prize Money Warrant” del valore di £5.10.0.

Da sinistra a destra, il primo tenente di vascello W. S. Lawson, il tenente di vascello C. H. Sharp (ufficiale di rotta ed ufficiale di guardia al momento dell’avvistamento del Bronzo) ed il marinaio C. Mooney (IWM 4593)

Il tenente di vascello O. Bolton osserva i fori prodotti dal tiro britannico nella torretta del Bronzo (IWM 4594)


Ufficiali britannici posano davanti al Bronzo catturato (Imperial War Museum)


L’ormai ex Bronzo venne incorporato nella Royal Navy e ribattezzato P 714, restando in Mediterraneo, temporaneamente aggregato alla 10th Submarine Flotilla di Malta. Il servizio del sommergibile nella Royal Navy, tuttavia, non durò che pochi mesi: il 29 gennaio 1944, infatti, il battello venne ceduto a Malta alla Marina della Francia libera (FNFL, Forces Navales Françaises Libres), venendo ribattezzato Narval – in onore del primo sommergibile che aveva aderito alla causa della Francia Libera, il Narval, affondato con tutto l’equipaggio nel dicembre 1940 per urto contro una mina italiana– e ricevendo la sigla identificativa T 4. Suo primo comandante sotto bandiera francese fu il tenente di vascello Pierre Georges Marie Clavier, con il parigrado Tequin come comandante in seconda; l’equipaggio francese destinato ad armare il Narval giunse a Malta il 19 febbraio 1944, a bordo del cacciatorpediniere Forbin.
Il 15 marzo il Narval lasciò Malta alla volta di Alessandria d’Egitto (per altra fonte, Port Said), dove fu sottoposto a lavori in bacino di carenaggio che si protrassero fino a metà agosto 1944. Caso non infrequente con le unità di preda bellica, i francesi dovettero superare alcuni problemi legati alla differenza negli equipaggiamenti; i tubi lanciasiluri prodieri del Bronzo, ad esempio, erano stati adattati per l’impiego di siluri elettrici di fabbricazione tedesca, che non esistevano nell’arsenale Alleato.


Il Bronzo sotto bandiera francese, con il nome di Narval (da www.postenavalemilitaire.com)

Una volta rimesso in piena efficienza, come dimostrato dalle prove in mare svolte al termine dei lavori, il 24 dicembre 1944 il Narval venne assegnato alla scuola d’ascolto antisom di Dakar-Freetown come unità per l’addestramento sonar dei mezzi antisommergibili. Successivamente il sommergibile venne utilizzato come battello scuola, con base dapprima a Dakar e successivamente (1945) a Casablanca. Avrebbe partecipato anche, insieme ad altri sommergibili della Francia Libera, ai programmi di pattugliamento organizzati dalla Royal Navy in Atlantico.
Il 5 novembre 1945, a guerra conclusa ormai da alcuni mesi, il Narval fu posto in “riserva speciale” ad Orano; nel settembre 1946 avrebbe partecipato ad un esperimento di osservazione diretta di “nuvole di bolle anti-ASDIC” emesse da un sommergibile immerso (cioè il Narval stesso) da parte di nientemeno che Jacques-Yves Cousteau.
La Marina italiana, da parte sua, radiò formalmente il Bronzo dai quadri del proprio naviglio soltanto il 18 ottobre 1946, a più di tre anni dalla cattura ed uno e mezzo dalla fine delle ostilità in Europa.
Disarmato nel 1948 (per altra fonte, invece, già il 17 settembre 1946), il Narval venne formalmente radiato dai quadri della Marine Nationale il 29 gennaio 1949 (per altra fonte, il 17 settembre 1949), dopo di che venne venduto per demolizione.
(Secondo una fonte ancora differente, sarebbe stato venduto per demolizione nel gennaio 1949 e poi radiato il 29 luglio dello stesso anno, il che sembra però piuttosto strano).

Il Narval nel 1946 (g.c. STORIA militare)

Il 18 luglio 2014, a settantun anni e sei giorni dal combattimento in cui il Bronzo fu catturato, la città di Siracusa ha intitolato al sommergibile la banchina numero 5 del Porto Grande (antistante la Capitaneria: si tratta della stessa banchina cui il Bronzo era stato ormeggiato dopo essere stato rimorchiato in porto dai britannici, dopo la cattura), così divenuta “Banchina Sommergibile Bronzo”, presso la quale è stata inoltre apposta una targa in memoria dei membri dell’equipaggio rimasti uccisi nello scontro (recante l’iscrizione: «La città di Siracusa dedica la banchina n° 5 in onore e perenne ricordo dei marinai imbarcati sul regio sommergibile Bronzo caduti a seguito di mitragliamento britannico il 12 luglio 1943 al largo di Siracusa»). L’iniziativa è stata promossa dall’Associazione Storica “Lamba Doria”. Hanno partecipato alla cerimonia i familiari di alcuni dei caduti del Bronzo, il sindaco di Siracusa Giancarlo Garozzo, il comandante di Marisicilia contrammiraglio Roberto Camerini, il comandante della Capitaneria di Porto capitano di vascello Domenico La Tella, il comandante di Maristaeli Catania (la stazione elicotteri della Marina Militare a Catania) capitano di vascello pilota Andrea Cottini, il comandante del Distaccamento Aeronautico tenente colonnello Paolo Tredici, il comandante della 137a Squadriglia Radar Remota maggiore Giuseppe Canto, numerosi membri dell’Associazione Lamba Doria e dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia (tra cui il direttore dell’ANMI nella Sicilia Orientale, ammiraglio Vincenzo Tedone) nonché di altre associazioni combattentistiche, il Gruppo Bandiera dell’Associazione Arma Aeronautica e la banda cittadina di Siracusa, e numeroso pubblico.
Nel marzo 2018 la targa è stata imbrattata da teppisti rimasti ignoti.


Il monumento ai caduti del Bronzo a Siracusa (da www.pietredellamemoria.it)



3 commenti:

  1. Buongiorno, mio padre, Elio Andreucci, era imbarcato sul Bronzo.
    Aveva fatto un corso come cannoniere a Pola
    Dopo la cattura del sommergibile, fu portato prigioniero in Albania
    Fu poi decorato con la Croce di Ferro
    Queste sono le uniche notizie che ho

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