Sommergibile
di piccola crociera della classe Platino (712 tonnellate di dislocamento in
superficie ed 865 in immersione).
Insieme
ai gemelli Argento e Volframio, il Bronzo differiva dal resto delle unità della classe Platino
nell’apparato motore: motori diesel Tosi e motori elettrici Ansaldo o Marelli,
invece dei motori diesel FIAT e dei motori elettrici CRDA delle altre unità. La
maggior potenza dei motori Tosi (1500 HP, invece dei 1400 dei FIAT) permetteva
una velocità in superficie leggermente superiore, 14,7 nodi invece di 14.
Un’altra differenza era costituita dall’armamento silurante: otto tubi
lanciasiluri da 533 mm, quattro a prua (con riserva di quattro siluri) e
quattro a poppa (anch’essi con riserva di quattro siluri), invece dei sei
(quattro a prua e due a poppa) degli altri battelli della classe.
Durante
il conflitto il Bronzo effettuò complessivamente
19 missioni di guerra (per altra fonte invece 13, di cui dieci
offensive/esplorative e tre di trasferimento), percorrendo complessivamente
10.963 miglia nautiche in superficie e 2037 in immersione e trascorrendo 99
giorni in mare.
Breve e parziale cronologia.
2 dicembre 1940
Impostazione
nei cantieri Franco Tosi di Taranto (numero di costruzione 62 o, per altra fonte,
241).
28 settembre 1941
Varo
nei cantieri Franco Tosi di Taranto.
2 gennaio 1942
Entrata
in servizio.
Il Bronzo (a destra) ed il gemello Volframio nella primavera del 1942 (Coll. Aldo Fraccaroli, dal libro “Mussolini’s Navy” di Maurizio Brescia) |
Gennaio-Giugno 1942
Prove
di collaudo ed addestramento iniziale, condotto a ritmo serrato al comando del
capitano di corvetta Giuseppe Vocaturo.
Al
termine delle prove, divenuta l’unità operativa, il comandante Vocaturo sbarca
ed assume il comando del Bronzo il
tenente di vascello Cesare Buldrini, che nei mesi precedenti aveva ricoperto
l’incarico di comandante in seconda.
5 giugno 1942
Lascia
Taranto per trasferirsi a Cagliari, dov’è stato dislocato.
9 giugno 1942
Raggiunge
Cagliari, dove entra a far parte del VII Gruppo Sommergibili.
13 giugno 1942
Il
Bronzo (tenente di vascello Cesare
Buldrini) parte da Cagliari per la sua prima missione di guerra: deve
raggiungere una zona d’agguato a nord dell’Algeria insieme ai sommergibili Giada, Acciaio, Otaria, Alagi, Emo, Uarsciek, Velella e Malachite, nell’ambito del contrasto all’operazione britannica «Harpoon»,
che darà vita alla battaglia aeronavale di Mezzo Giugno.
Dopo
che una precedente operazione di rifornimento di Malta svoltasi nel marzo 1942
(e sfociata nell’inconclusivo scontro navale della seconda battaglia della
Sirte) si è conclusa con la perdita, causata dagli attacchi aerei, di 24.000
delle 25.000 tonnellate di rifornimenti inviati, la situazione di Malta è
divenuta molto critica: in maggio si è dovuto introdurre il razionamento dei
viveri, e le calorie fornite quotidianamente alla guarnigione sono state
dimezzate (da 4000 a 2000) mentre per la popolazione civile la riduzione è
stata ancora più marcata (1500 calorie).
I
comandi britannici, pertanto, hanno programmato per metà giugno una duplice
operazione di rifornimento, articolata su due sotto-operazioni: «Harpoon», il
cui convoglio partirà da Gibilterra, e «Vigorous», che partirà invece da
Alessandria. Quest’ultima consiste nell’invio di un convoglio di undici navi
mercantili, scortati da sette incrociatori leggeri, un incrociatore antiaereo,
26 cacciatorpediniere, 4 corvette, due dragamine, quattro motosiluranti e due
navi soccorso, in aggiunta alla vecchia nave bersaglio Centurion, una ex corazzata camuffata di
nuovo, per l’occasione, da corazzata nel tentativo – fallito – di far credere
ai ricognitori italiani che la scorta includa appunto anche una nave da
battaglia. Contro «Vigorous» prenderà il mare il grosso della flotta da
battaglia italiana, al comando dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino.
Il
convoglio dell’operazione «Harpoon», partito da Gibilterra il 12 giugno, è
invece composto da sei navi mercantili: i piroscafi britannici Burdwan, Orari e Troilus,
la motonave olandese Tanimbar,
la motonave statunitense Chant e
la nuovissima nave cisterna statunitense Kentucky, che trasportano in tutto 43.000 tonnellate di
rifornimenti. La scorta diretta del convoglio, denominata Forza X, consiste
nell’incrociatore antiaerei Cairo (capitano
di vascello Cecil Campbell Hardy, comandante della Forza X), nei
cacciatorpediniere di squadra Bedouin, Marne, Matchless, Ithuriel e Partridge (appartenenti alla 11th Destroyer
Flotilla), nei cacciatorpediniere di scorta (classe “Hunt”) Blankney, Badsworth, Middleton e Kujawiak (appartenenti alla 19th Destroyer
Flotilla), nei dragamine Hebe, Speedy, Hythe e Rye ed
in sei “motolance” impiegate per il dragaggio (ML-121, ML-134, ML-135, ML-168, ML-459, ML-462). Tutte le unità della scorta
sono britanniche con l’eccezione del Kujawiak, che è polacco.
In
aggiunta alla scorta diretta, nel primo tratto della navigazione (da Gibilterra
fino a poco prima dell’imbocco del Canale di Sicilia) il convoglio è
accompagnato anche da una poderosa forza di copertura, la Forza W del
viceammiraglio Alban Curteis: la compongono la corazzata Malaya, le portaerei Eagle ed Argus, gli incrociatori leggeri Kenya (nave ammiraglia di Curteis), Charybdis e Liverpool ed
i cacciatorpediniere Onslow, Icarus, Escapade, Wishart, Antelope, Westcott, Wrestler e Vidette.
Secondo
un articolo di Enrico Cernuschi, Supermarina è stata allertata dal Reparto
Informazioni della Marina già il mattino dell’11 giugno, in seguito a
decrittazioni di comunicazioni britanniche ed a rilevazioni radiogoniometriche
dalle quali emerge che un convoglio britannico diretto a Malta si appresta ad
entrare in Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra. A queste hanno fatto seguito
segnalazioni da parte di osservatori italiani appostati ad Algeciras (vicino a
Gibilterra) e da spie italiane operanti su pescherecci spagnoli che navigano in
quelle acque; infine, all’una del pomeriggio del 12 giugno, la ricognizione
aerea ha fugato ogni dubbio.
Secondo
la storia ufficiale dell’USMM, invece, Supermarina ha ricevuto le prime notizie
su «Harpoon» alle 7.55 del 12 giugno, quando informatori di base nella zona di
Gibilterra hanno comunicato la partenza da Gibilterra di una poderosa squadra navale
composta da Malaya, Eagle, Argus, almeno tre incrociatori e numerosi cacciatorpediniere (la
Forza W), diretta verso est, nonché il passaggio nello stretto, a fanali
spenti, di numerose navi provenienti dall’Atlantico. Il Comando della Marina
italiana ha correttamente ipotizzato che sia dunque in navigazione da
Gibilterra a Malta un grosso convoglio proveniente dall’Atlantico, impressione
confermata dai successivi avvistamenti della ricognizione aerea (pur non
essendo del tutto esclusa la possibilità che si tratti invece di un’operazione
diretta contro il Nordafrica, la Corsica, la Sardegna od il Golfo di Genova,
eventualità però ritenute poco probabili). Per contrastare tale convoglio,
Supermarina ha messo a punto un piano che prevede: l’invio di un ingente
schieramento di sommergibili nel Mediterraneo occidentale; la dislocazione di
torpediniere e MAS in agguato nel Canale di Sicilia; la cooperazione con la
Regia Aeronautica affinché il convoglio sia pesantemente attaccato da aerei a
sud della Sardegna, indebolendone la scorta; e l’invio di una formazione navale
leggera (la VII Divisione dell’ammiraglio Alberto Da Zara, con gli
incrociatori Eugenio di Savoia e Raimondo Montecuccoli e due
squadriglie di cacciatorpediniere), particolarmente adatta ad un combattimento
in acque circoscritte ed insidiate, per attaccare il convoglio a sorpresa
all’alba del 15.
In
tutto sono 16 i sommergibili schierati nel Mediterraneo centrale e
centro-occidentale per contrastare «Harpoon»; la dottrina d’impiego dei
sommergibili è mutata rispetto al passato: ora è previsto l’impiego a massa
contro navi o gruppi di navi avvistati e segnalati dagli aerei.
Più
precisamente, il Bronzo dovrà formare
uno sbarramento tra Capo Ferrat e Capo Falcon, al largo del Golfo di Orano,
insieme ad altri tre sommergibili (Zaffiro,
Velella ed Emo), mentre altri cinque sommergibili (Ascianghi, Aradam, Corallo, Onice e Dessiè) vengono
schierati tra Malta, Pantelleria e Lampedusa, quattro (Giada, Acciaio, Otaria ed Uarsciek) tra Capo Bougaroni e Capo Ferrat, ed uno (l’Alagi) a nord di Capo Blanc.
Durante
la navigazione di trasferimento verso la zona assegnata, il mattino dello
stesso 13 giugno, il Bronzo viene
attaccato da un idrovolante Short Sunderland, ma riesce a sottrarsi indenne all’attacco
con l’immersione rapida. Il suo avvistamento, tuttavia, determina un
cambiamento nella rotta del convoglio britannico, che si allontana dalla zona
d’agguato assegnata a parte dei sommergibili.
Il
Bronzo non riuscirà ad entrare in
contatto con le navi di «Harpoon», che subiranno invece gravi perdite a causa
degli attacchi aerei e degli incrociatori della VII Divisione.
16 giugno 1942
Alle
22.23 il Bronzo avvista la corazzata
britannica Malaya ed una portaerei –
si tratta della Forza H, di ritono a Gibilterra al termine dell’operazione «Harpoon»
– e cerca di portarsi in posizione favorevole per attaccare, ma viene respinto
dalla reazione della scorta, che lo sottopone a caccia con bombe di profondità
(da parte di due cacciatorpediniere) e lo costringe a scendere a 117 metri per
eludere la caccia.
21 giugno 1942
Alle
23.25 il sommergibile britannico P 43
(poi Unison, tenente di vascello
Arthur Connuch Halliday) avvista il Bronzo
in posizione 38°01’ N e 03°24’ E, e tre minuti dopo gli lancia una salva di
quattro siluri; nessuna delle armi, tuttavia, va a segno.
29 giugno 1942
Rientra
alla base.
L’equipaggio del Bronzo nel 1942 (secondo da sinistra è il motorista Pietro Astragalo, Sanremo 1916-Govone 1985) (da Facebook) |
16 luglio 1942
Il Bronzo prende il mare per la sua seconda
missione di guerra: insieme ai sommergibili Axum, Dagabur, Cobalto, Dessiè, Velella e Malachite, forma una linea di sbarramento
al al largo di Capo Bon per intercettare il posamine veloce britannico Welshman, di ritorno da Malta a
Gibilterra dopo aver trasportato nell’isola assediata un carico di rifornimenti
urgenti.
Dei
sommergibili italiani schierati nell’area, tuttavia, solo l’Axum riuscirà ad avvistarlo, ma il
suo attacco risulterà infruttuoso, anche a causa del mare grosso (secondo un
sito francese il comandante Buldrini sarebbe stato biasimato per aver mancato
il posamine, che avrebbe attraversato il suo settore, ma tale sito sbaglia il
nome dell’unità britannica, parlando del Manxman
– che in quel momento si trovava in Estremo Oriente – invece che del Welshman, e dunque non è chiaro quanto
possa essere attendibile).
Secondo
una fonte i sommergibili avrebbero cercato anche di intercettare anche la Forza
H britannica (portaerei Eagle,
incrociatori antiaerei Cairo e Charybdis, cacciatorpediniere Antelope, Ithuriel, Vansittart, Westcott e Wrestler) uscita in mare per
l’operazione «Pinpoint», l’invio a Malta di caccia Spitfire decollati
dalla Eagle; ma ciò sembra
inverosimile, dato che questa forza si spinse solo a sud delle Baleari, e non
fino a Capo Bon.
20 luglio 1942
Rientra
alla base.
Successivamente
trasferito a La Maddalena.
11 agosto 1942
Il
Bronzo (tenente di vascello Cesare
Buldrini) salpa da La Maddalena per partecipare al contrasto all’operazione
britannica «Pedestal», dalla quale scaturirà la battaglia aeronavale di Mezzo
Agosto, il più grande scontro aeronavale mai combattuto nel Mediterraneo.
«Pedestal»
consiste nell’invio da Gibilterra a Malta di un grosso convoglio carico di
rifornimenti urgenti per l’isola assediata: lo compongono ben 14 navi
mercantili, con la scorta diretta di 4 incrociatori leggeri e 11
cacciatorpediniere, più una forza di appoggio composta da 2 corazzate, 3
portaerei, 3 incrociatori leggeri e 15 cacciatorpediniere.
Assediata
dalle forze aeronavali dell’Asse, Malta è allo stremo dopo mesi di
bombardamenti ed il parziale o totale fallimento delle operazioni di
rifornimento tentate in marzo (convoglio «M.W. 10», culminato nella seconda
battaglia della Sirte) e giugno (operazioni «Harpoon» e «Vigorous», culminate
nella battaglia di Mezzo Giugno): per questo si è reso necessario organizzare «Pedestal»,
che a differenza delle operazioni del giugno precedente prevede un unico grande
convoglio che, radunato nel Regno Unito (da dove è partito il 3 agosto 1942),
ha attraversato lo stretto di Gibilterra tra il 9 ed il 10 agosto, per poi
dirigere verso Malta.
Il
convoglio, denominato "WS.21S", è composto dalle navi da carico Almeria Lykes, Melbourne Star, Brisbane Star, Clan
Ferguson, Dorset, Deucalion, Wairangi, Waimarama, Glenorchy, Port Chalmers, Empire
Hope, Rochester Castle e Santa Elisa e da una nave grossa
cisterna, la statunitense Ohio;
la scorta diretta (Forza X, contrammiraglio Harold Burrough) conta su quattro
incrociatori leggeri (Nigeria, Kenya, Cairo e Manchester)
e dodici cacciatorpediniere (Ashanti, Intrepid, Icarus, Foresight, Derwent, Fury, Bramham, Bicester, Wilton, Ledbury, Penn e Pathfinder, della 6th Destroyer Flotilla), ed
inoltre nella prima metà del viaggio, fino all’imbocco del Canale di Sicilia,
il convoglio è accompagnato da una poderosa forza pesante (Forza Z,
viceammiraglio Neville Syfret) composta da ben quattro portaerei (Eagle, Furious, Indomitable e Victorious), due corazzate (Rodney e Nelson), tre incrociatori leggeri (Sirius, Phoebe e Charybdis) e dodici cacciatorpediniere (Laforey, Lightning, Lookout, Tartar, Quentin, Somali, Eskimo, Wishart, Zetland, Ithuriel, Antelope e Vantsittart,
della 19th Destroyer Flotilla).
Da
parte loro, i comandi italiani hanno ricevuto le prime notizie riguardo una
grossa operazione in preparazione da parte dei britannici, che avrebbe avuto
luogo nel Mediterraneo Occidentale, nei primi giorni di agosto. Alle 5 del 9
agosto Supermarina è stata informata che un gruppo di almeno otto navi era
passato a nord di Ceuta, diretto ad est (era la Forza B britannica); nelle
prime ore del mattino dell’indomani è giunta notizia che tra le 00.30 e le due
di notte del 10 un totale di 39 navi hanno attraversato lo stretto di
Gibilterra dirette in Mediterraneo, e che qualche ora dopo sono salpate da
Gibilterra una decina di navi britanniche, compreso l’incrociatore antiaerei Cairo. Il mattino del 10 agosto,
pertanto, sulla scorta delle informazioni pervenute fino a quel momento,
Supermarina ha apprezzato che almeno 57 navi britanniche, provenienti da
Gibilterra, fossero dirette verso est. Dato che queste navi comprendevano un
numerosi grossi piroscafi in convoglio, si è ritenuto, giustamente, che
obiettivo dell’operazione fosse il rifornimento di Malta; che il convoglio sarebbe
stato protetto da una poderosa forza navale pesante; che probabilmente il
convoglio avrebbe cercato di attraversare la zona di Pantelleria con il favore
del buio. Si prevedeva che il convoglio sarebbe giunto presso Capo Bon
(Tunisia) nel pomeriggio del 12 agosto. Non sembravano esserci segni che
rivelino un secondo convoglio in navigazione nel Mediterraneo Orientale, a
differenza di giugno; il mattino del 12 un U-Boot tedesco ha segnalato in
quelle acque una formazione di quattro incrociatori leggeri e 10
cacciatorpediniere apparentemente diretti verso Malta a 20 nodi, ma i comandi
hanno giustamente giudicato che si tratta di un’azione diversiva (ed infatti è
proprio così: l’operazione "M.G.3", un’operazione secondaria di
"Pedestal", prevedeva infatti l’invio da Haifa e Port Said di un
piccolo convoglio che doveva fingere di essere diretto verso Malta nel
tentativo, non riuscito, di distogliere delle forze italiane dal vero
convoglio).
I
comandi italiani e tedeschi hanno dunque organizzato il contrasto
all’operazione britannica: ricognizioni aeree in tutto il bacino occidentale
del Mediterraneo; allerta dei sommergibili già in agguato a sud delle Baleari,
invio di un secondo gruppo di sommergibili a sud della Sardegna (dove devono
arrivare non più tardi dell’alba del 12), posa di nuovi campi minati offensivi
nel Canale di Sicilia, invio di MAS e motosiluranti in agguato a sud di
Marettimo, al largo di Capo Bon e se del caso anche sotto Pantelleria. Durante
la navigazione nel Mediterraneo occidentale e centro-occidentale, il convoglio
britannico verrà sottoposto ad una serie di attacchi di sommergibili; giunto
nel Canale di Sicilia, verrà il turno di MAS e motosiluranti italiane e
tedesche (quindici unità in tutto, che attaccheranno col favore del buio). Per
tutta la traversata, inoltre, le navi nemiche saranno continuamente bersagliate
da incessanti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti (in tutto, ben 784
velivoli), sia della Regia Aeronautica che della Luftwaffe. È anche previsto
l’intervento (poi abortito) di due divisioni di incrociatori (la III e la VII)
per finire quanto dovesse rimanere del convoglio decimato dai precedenti
attacchi aerei, subacquei e di mezzi insidiosi.
Complessivamente,
ben 16 sommergibili italiani e due U-Boote tedeschi concorrono alla formazione
di un poderoso sbarramento di sommergibili nel Mediterraneo occidentale e
centrale. Questi battelli giocheranno un ruolo di primo piano nella battaglia:
il loro compito è duplice, attaccare direttamente il convoglio e – dato che
l’esperienza ha mostrato che troppo spesso gli aerei da ricognizione vengono
intercettati ed abbattuti dai caccia imbarcati sulle portaerei prima di poter
svolgere il loro compito – consentire ai comandi di disporre di informazioni
attendibili in merito a composizione, rotta e velocità della formazione nemica,
dati indispensabili per coordinare l’azione delle forze aeronavali destinate ad
attaccare il convoglio, specialmente quelle aeree.
Insieme
ad altri nove sommergibili (Alagi, Ascianghi, Avorio, Axum, Cobalto, Otaria, Dandolo, Dessiè ed Emo), il Bronzo verrà
schierato a nord delle coste tunisine, tra Scoglio Fratelli e Banco Skerki
(dalle acque ad est di La Galite fino agli approcci del Canale di Sicilia,
costituendo una linea a sbarramento dell’ingresso occidentale del Canale di
Sicilia, a nord della congiungente La Galite-Banco Skerki), per attaccare il
convoglio britannico diretto a Malta. Gli ordini sono di agire con grande
decisione offensiva, lanciando quanti più siluri possibile contro ogni
bersaglio, mercantile o militare, più grande di un cacciatorpediniere. Il Bronzo fa parte del gruppo di
sommergibili posizionato più ad est (nella zona d’agguato denominata "Zona
A"), insieme ad Alagi, Ascianghi ed Axum, nel canale del banco di Skerki, a nord di Biserta e 250 miglia
ad ovest di Malta (dove sono in agguato anche Dessiè e Granito).
12 agosto 1942
Il
Bronzo raggiunge il settore d’agguato
assegnato, a nord di Capo Bon.
Il
primo avvistamento del convoglio britannico si verifica alle 19.05, quando il
comandante Buldrini avvista al periscopio, da circa 10 km di distanza, una
formazione di mercantili e navi da guerra, che ritiene probabilmente essere
cacciatorpediniere, di cui tuttavia può distinguere solo gli alberi. Buldrini
stima la rotta e la velocità del convoglio come 100° e 12 nodi; il beta è di
70° a sinistra. Il mare è calmissimo: non vi è neanche un’increspatura, al
punto da non riuscire a distinguere il confine tra mare e cielo.
Ben
presto inizia il carosello degli attacchi aerei e subacquei contro "Pedestal",
di cui il Bronzo è inizialmente
spettatore. Alle 19.56 il comandante Buldrini vede un’esplosione a poppa di un
mercantile, e due minuti dopo un altro piroscafo viene colpito da un siluro sul
lato sinistro e prende fuoco: subito una colonna di fiamme e di fumo si
sprigiona dalla nave colpita, aprendosi a pino sul mare, seguita immediatamente
dopo da un’altra esplosione dietro il bastimento silurato. La distanza dei
mercantili, intanto, va gradualmente incrementandosi; entro le 20.02 Buldrini
ha potuto contare ben dodici mercantili e quattro navi da guerra, ma ogni volta
che alza un po’ di più il periscopio avvista altri alberi al di là dell’orizzonte.
Alle
20.23 viene colpita un’altra nave, ed alle 20.40 i bastimenti in fiamme sono
già diventati quattro; le unità del convoglio si difendono sparando con il
proprio armamento.
Alle
21.09 il Bronzo emerge: adesso gli
incendi sul mare sono diventati cinque. Siccome l’orizzonte è ancora chiaro, il
comandante Buldrini decide di allontanarsi; a grande distanza avvista un
cacciatorpediniere che transita ad elevata velocità vicino ad un mercantile in
fiamme. Alle 21.28 un mercantile incendiato esplode.
Alle
21.52 il Bronzo si dirige verso le
navi in fiamme. Di prora si accende il controsegnale della giornata: le tre
luci contemporaneamente, verticali, come in uso sulle unità di superficie. Nel
mentre, nella medesima direzione ma a maggiore distanza, vengono avvistate le
codette luminose di alcuni colpi di cannone: qualcuno sta sparando con tiro
molto teso, ma non è possibile avvistare né l’unità che sta sparando, né il suo
bersaglio. La notte è molto buia: soltanto i piroscafi incendiati e la nafta che
brucia sulla superficie del mare forniscono un po’ d’illuminazione.
Alle
22.05 il Bronzo avvista a grande
distanza tre sagome che si stagliano contro l’orizzonte rischiarato da un
incendio, e si dirige verso di esse: il comandante Buldrini le identifica come
due incrociatori ed un cacciatorpediniere, diretti verso est, e si avvicina
alla massima velocità con l’intenzione di attaccarli. Tuttavia, non riesce ad
avvicinarsi a meno di 5000 metri, e deve così rinunciare a lanciare,
limitandosi a lanciare il segnale di scoperta.
Secondo
lo storico Francesco Mattesini, si sarebbe trattato dell’incrociatore leggero Charybdis e dei cacciatorpediniere Eskimo e Somali, diretti verso il convoglio ad elevata velocità dopo essere
stati distaccati dalla Forza Z per rinforzare il gruppo di scorta diretta –
Forza X – dopo l’affondamento dell’incrociatore leggero Cairo (silurato dall’Axum)
ed il grave danneggiamento degli incrociatori leggeri Kenya (silurato dall’Alagi)
e Nigeria (silurato dall’Axum e costretto a rientrare alla base).
Il segnale di scoperta del Bronzo
relativo alle unità da guerra avvistate a nord della Tunisia con rotta verso
est finirà con l’avere ripercussioni perniciose: Supermarina, sulla base di
questo e di un altro segnale di scoperta, lanciato dall’Alagi, nonché di una segnalazione da parte di un ricognitore alle
22.50 (anch’essa relativa ad Eskimo, Somali e Charybdis), sospetterà che tra le navi avvistate possa esservi
anche una corazzata, incaricata di fornire supporto al convoglio durante
l’attraversamento del Canale di Sicilia; questo sospetto, insieme
all’intercettazione di messaggi britannici che annunciano forti attacchi di
aerosiluranti, indurrà Supermarina a far rientrare alle basi la III e VII
Divisione incrociatori, uscite in mare per intercettare il già decimato
convoglio britannico ed annientarlo completamente.
Alle
22.26 il Bronzo mette la prua su uno
dei fuochi avvistati in precedenza sul mare, ed ora spentosi, per verificare se
le fiamme si sono spente in seguito all’affondamento della nave, oppure perché
domate dall’equipaggio. Tre minuti dopo, viene avvistato al traverso a sinistra
un cacciatorpediniere su beta 80°-90°, con rotta approssimativamente analoga a
quella della formazione avvistata in precedenza: si tratta del Ledbury, di scorta alla nave cisterna Ohio, silurata anch’essa dall’Axum e rimasta indietro a causa dei
danni subiti. Alle 22.30 il Bronzo
entra in un tratto di mare coperto da uno spesso strato di carburante, e
mezz’ora dopo giunge nel punto in cui si trovava il piroscafo in fiamme: di
questo non c’è più traccia, all’infuori di un incendio di carburante che
galleggia sulla dritta.
Alle
23.02 Buldrini decide di puntare allora verso un incendio di modestissime
proporzioni avvistato sulla sinistra; sono inoltre in vista nei pressi altri
due incendi di carburante in mare. Avvicinatosi a sufficienza al piccolo
incendio, il comandante del Bronzo
può constarare che si tratta di un principio d’incendio che arde sulla poppa di
un grosso piroscafo in navigazione a bassa velocità (stimata in circa 3 nodi),
di prora al sommergibile. La nave nemica sembra essere un piroscafo misto ad un
fumaiolo, grosso e stracarico di materiali, con prua molto slanciata, poppa «non a forma stellata, ma all’incirca (…)
come quella del Conte di Savoia, un po’
più arcuata in basso verso il centro della nave», due passeggiate al centro
e due a poppa; è armato con due cannoni, uno a prua e l’altro a poppa, e non è
mimetizzato, risultando verniciato di un colore chiaro.
Serrate
ulteriormente le distanze, l’equipaggio italiano può distinguere degli uomini
in movimento a bordo della nave, nei pressi dell’incendio: probabilmente si
tratta di membri dell’equipaggio che stanno cercando di contenere le fiamme.
Queste ultime non sono molto alte, tanto da convincere il comandante Buldrini
che a bruciare siano le sovrastrutture del mercantile, e non il carico nella
stiva. (Nel frattempo, la testa del convoglio sta per raggiungere Capo Bon).
Buldrini
decide pertanto di attaccare questa nave: alle 23.46, da una distanza di circa
1200 metri, il Bronzo lancia il
siluro numero 1 con angolazione zero, puntando sulla prua del mercantile. Il
siluro compie dapprima una “baionetta” di una trentina di metri a sinistra;
riprende poi la sua corsa, ma con un’angolazione di circa cinque gradi a
sinistra rispetto alla rotta originaria, il che lo fa passare di prua al
mercantile, mancando il bersaglio. A questo punto il Bronzo, che è bene illuminato dall’incendio che arde a sinistra
della prora, lancia il siluro numero 2, anch’esso con angolazione zero: anche
questo siluro fa una baionetta di a sinistra e poi prosegue con un’angolazione
di circa tre gradi a sinistra, sfiorando la prua del mercantile senza colpirlo.
Il comandante Buldrini attribuirà nel suo rapporto questi problemi a probabili
difetti dei rocchetti di angolazione, che devono aver saltato qualche dente nel
riportare a zero le angolazioni a sinistra impostate durante il tentativo di
attacco alle navi da guerra avvistate alle 22.05.
Alle
23.48 il Bronzo lancia anche il siluro
numero 3, regolato per una profondità di tre metri, da mille metri di distanza,
puntando sull’albero di carico prodiero del mercantile, con beta 80° a sinistra
ed angolazione zero: anche questo siluro compie una baionetta di una trentina
di metri a sinistra, ma stavolta va a segno, colpendo il bersaglio sotto la
plancia dopo 55 secondi dal lancio. L’esplosione solleva una colonna di fiamme
e di fumo che si alza nel cielo per centinaia di metri, e contemporaneamente «tutto il piroscafo si incendia e istantaneamente
il fuoco si propaga su una zona di mare che va dal piroscafo a duecento metri
verso di noi. Siamo illuminati a giorno». Subito Buldrini dà ordine di
accostare a dritta, mettendo la poppa sulla nave in fiamme. Dopo alcuni minuti,
in una schiarita, il comandante del Bronzo
può constatare che la prua del mercantile silurato si è staccata dal resto
della nave; a mezzanotte il bastimento nemico, fortemente appruato e sbandato
sulla sinistra, inizia ad affondare. Dietro alla nave in affondamento sono visibili
delle lucine azzurre che si allontanano tutte nella stessa direzione: Buldrini
ritiene che si tratti delle lance con i naufraghi, che si stanno dirigendo
verso qualche nave britannica giunta a soccorrerli.
(da www.marina.difesa.it, via Marcello Risolo) |
13 agosto 1942
Il
Bronzo inizia a manovrare per
aggirare l’incendio della nave colpita e puntare nella direzione in cui stanno
andando le sue scialuppe, ma alle 00.20 vengono avvistate sulla dritta due luci
rosse, vicine tra loro, poco alte sull’orizzonte: ritenendo che si tratti di
una nave nemica, il comandante Buldrini si dirige verso di esse a tutta forza,
ma non riesce a trovare niente.
Alle
00.42 vengono avvistati verso dritta dei lampi, ed il Bronzo si dirige verso di essi; tre minuti dopo il mercantile
silurato viene visto capovolgersi ed affondare, lasciando in superficie due
enormi chiazze di carburante in fiamme, una nel punto in cui si è inabissata la
prua e l’altra in quello in cui è affondato il resto della nave. Il punto
dell’affondamento è 37°34’ N e 10°34’ E, a nord dell’isola di La Galite.
Sull’identità
della nave affondata dal Bronzo
permangono a tutt’oggi dubbi e pareri contrari tra gli storici: alcuni la
identificano con il moderno piroscafo britannico Clan Ferguson di 7347 tsl, costruito nel 1938; altre con la grande
e moderna motonave Empire Hope,
anch’essa britannica, di 12.668 tsl (il mercantile più moderno tra quelli del
convoglio, essendo stato costruito nel 1941).
Il
Clan Ferguson, al comando del
capitano Frank Stewart Lofthouse (per altra fonte, Arthur Roberts Cossar), era
carico di 2000 tonnellate di carburante (compresa della benzina per aerei),
1500 tonnellate di esplosivo ad alto potenziale e 3500 tonnellate di altri
rifornimenti militari; era stato attaccato alle nove di sera del 12 agosto da
tre aerosiluranti tedeschi Heinkel He 111 del 6./KG. 26, armati ciascuno con
due siluri LF 5b, sette miglia a nord di Zembra, venendo colpito da un siluro
alle 21.03. L’arma, sganciata dal primo dei tre aerosiluranti (che con l’altro
siluro aveva già colpito la motonave Brisbane
Star), aveva colpito il Clan Ferguson
sul lato di dritta, in corrispondenza della stiva numero 4, piena di fusti di
benzina: l’incendio subito scoppiato in quella stiva si era esteso anche
all’adiacente stiva numero 5, contenente 150 tonnellate di munizioni, che era
esplosa alle 21.10.
Il
numero delle vittime tra gli 85 uomini imbarcati sul Clan Ferguson (per altra fonte, gli uomini imbarcati sarebbero
stati ben 114: 81 marittimi dell’equipaggio civile, otto cannonieri della Royal
Navy, 12 cannonieri dell’Esercito britannico e 13 militari di passaggio) è
variamente indicato in 10, 11, 18 (undici membri dell’equipaggio civile, un
cannoniere e sei militari di passaggio; il sito del Tower Hill Memorial di
Londra registra invece 12 caduti tra l’equipaggio civile, in massima parte tra
il personale di macchina) o 32 (quest’ultima cifra è fornita da Francesco
Mattesini, che specifica che le vittime sarebbero state 10 membri
dell’equipaggio civile, due cannonieri e 20 militari della Royal Navy di
passaggio diretti a Malta); i superstiti avevano rapidamente abbandonato la nave sulle zattere e
sull’unica lancia di salvataggio rimasta intatta (furono salvati il giorno
seguente dai MAS italiani 548 e 560 e da un idrovolante tedesco Dornier
Do 24 della 6a Squadriglia del 6a Gruppo Soccorso di
Siracusa). In fiamme da prua a poppa, l’abbandonato Clan Ferguson sarebbe stato poi finito dal Bronzo verso mezzanotte, 20 miglia a nordest di Zembra ed a cinque
miglia per 270° dall’Isola dei Cani. Questa è l’opinione di Francesco Mattesini
nel suo saggio relativo alla battaglia di Mezzo Agosto, ed anche di Peter C.
Smith, nei suoi libri "L’ultimo convoglio per Malta (1942)" e "Pedestal.
The convoy that saved Malta". C’è però qualche incongruenza: secondo la
descrizion che Smith fa del siluramento del Clan
Ferguson, questo piroscafo fu scosso da una “colossale esplosione” dopo
essere stato colpito dagli aerosiluranti, e le fiamme avvolsero immediatamente
tutta la metà poppiera della nave, distruggendo la maggior parte delle
scialuppe; anche sulla superficie del mare si sparse del carburante in fiamme,
e l’equipaggio abbandonò la nave, in via di rapido appoppamento, sulle zattere.
Secondo
un membro dell’equipaggio del Waimarama,
dopo il siluramento del Clan Ferguson
si sarebbe levata nel cielo una fiammata alta mezzo miglio, ed il piroscafo
avrebbe poi continuato a bruciare ancora per parecchio tempo. Anche altre fonti
parlano di una serie di esplosioni che avrebbe devastato il Clan Ferguson subito dopo
l’aerosiluramento; secondo il secondo ufficiale del Clan Ferguson, Arthur Huntington Black, la nave sarebbe
apparentemente affondata sette minuti dopo essere stata colpita dal siluro
sganciato dall’aereo, in seguito ad una violenta esplosione nella stiva numero
5; l’equipaggio avrebbe potuto mettere a mare soltanto quattro zattere, sulle
quali presero posto 64 naufraghi, mentre delle quattro scialuppe una sarebbe stata
distrutta dall’esplosione e due sarebbero bruciate (altra fonte afferma invece
che 50 naufraghi si sarebbero imbarcati sull’unica scialuppa rimasta integra,
la numero 1, mentre i restanti sarebbero saliti su quattro zattere). Il
carburante in fiamme sulla superficie del mare avrebbe continuato a bruciare
per quarantott’ore, appiccando il fuoco anche alle taniche di benzina che
continuavano a riemergere di quando in quando. E Francesco Mattesini, infatti,
scrive che il Clan Ferguson sarebbe
stato “praticamente smantellato” dall’esplosione del carico, restando a galla
soltanto come relitto cui il Bronzo
diede il colpo di grazia. Tuttavia, queste descrizioni stonano rispetto a
quella fatta dal comandante Buldrini, che non parla di una nave in fiamme da
prua a poppa, ma soltanto di un piccolo incendio a poppa. Forse le fiamme erano
scemate dopo aver completamente divorato la nave, ma anche questo sembra poco
plausibile quando si considera che dopo il siluramento da parte del Bronzo sia la nave che il mare
tutt’intorno presero immediatamente fuoco: il che indica che vi era ancora
molto carburante che poteva bruciare.
Mattesini,
inoltre, ritiene che la nave silurata dal Bronzo
fosse il Clan Ferguson, e non l’Empire Hope, per via degli uomini che
l’equipaggio del Bronzo vide a bordo
della nave, e dei naufraghi che furono visti allontanarsi dalla nave in
affondamento: in quanto l’equipaggio dell’Empire
Hope sarebbe stato recuperato al completo dal cacciatorpediniere Penn, mentre quello del Clan Ferguson sarebbe stato ancora a
bordo. Tuttavia, dalle descrizioni di Peter C. Smith e del secondo ufficiale
Black si trae piuttosto l’impressione che l’equipaggio del Clan Ferguson abbia precipitosamente abbandonato la nave in fiamme
poco dopo l’attacco aereo nel corso del quale fu colpita ed incendiata, e che
dunque non vi sarebbe dovuto essere più nessuno a bordo quando il Bronzo la trovò – se davvero del Clan Ferguson si trattava – due ore e
mezza più tardi.
(Secondo
il sito www.bandcstaffregister.com,
invece, il Clan Ferguson sarebbe
stato colpito da tre bombardieri Junkers Ju 88, che l’avrebbero attaccato
provenendo da poppa ed avrebbero causato un’esplosione di munizioni in una
sttiva, che avrebbe lanciato fiamme e rottami nel cielo per un’altezza di mezzo
miglio, investendo e distruggendo due degli Ju 88 e lasciando “un cerchio di fuoco sull’acqua ed una nube a
fungo sopra la nave”. Immobilizzato ed in fiamme, il Clan Ferguson sarebbe poi stato silurato dal Bronzo, che gli avrebbe asportato la prua; a questo punto la nave
sarebbe affondata in seguito all’esplosione delle munizioni contenute nella
stiva numero 5).
Tra
coloro che invece accreditano al Bronzo
l’affondamento dell’Empire Hope
(capitano Gwilym Williams) vi sono l’Ufficio Storico della Marina Militare
nonché Clay Blair, nel suo "Hitler’s U-Boat War: The Hunters 1939-1942",
e Jürgen Rohwer nel suo libro relativo ai successi dei sommergibili dell’Asse.
Anche questa nave era stata gravemente danneggiata da aerei tedeschi,
bombardieri Junkers Ju 88 del KG.54, KG.77 e KGr.806, al largo del banco di
Skerki ed a nordovest di Capo Bon: nel giro di mezz’ora, tra le 20.35 e le 21
(altra fonte, invece, indica l’orario delle 20.20, od ancora quella delle 20.50;
il superstite Philip Andrews, in un racconto scritto a distanza di tempo, parla
delle 21.05), ben diciotto bombe erano cadute nei suoi pressi (“near misses”), mettendo fuori uso i suoi
motori ed immobilizzando così la nave; poi – secondo la storia ufficiale
dell’USMM, intorno alle 20.38 – due bombe l’avevano colpita in pieno,
incendiandone il pericoloso carico (14.000 tonnellate di rifornimenti: bombe,
munizioni, esplosivi, carbone, cherosene, farina e 10.000 tonnellate di benzina
avio ad alto numero di ottani, che secondo una fonte sarebbe esplosa; nonché
autocisterne, piene di gasolio, ed autocarri, carichi di taniche di cherosene)
ed inducendo i 94 uomini dell’equipaggio ad abbandonarla (risulterebbero essere
stati tutti recuperati dal cacciatorpediniere Penn, sebbene il già citato Philip Andrews affermi invece, nel suo
racconto, di essere stato raccolto dall’incrociatore Manchester, sopravvivendo anche al suo affondamento alcune ore più
tardi, per poi essere recuperato dal Penn).
A rivendicare le bombe a segno sulla motonave fu Heinrich Paepcke, il
comandante del II./KG. 77.
(Secondo
Francesco Mattesini, l’Empire Hope fu
immobilizzata poco dopo le 20.35 da una bomba caduta vicina, che aprì un ampio
squarcio nello scafo, mettendo fuori uso le macchine; alle 20.50 venne colpita
in pieno da altre due bombe, una delle quali scatenò un violento incendio nella
stiva numero 4, contenente benzina avio e munizioni. Ritenendo la nave perduta,
il Penn avrebbe recuperato i 94
uomini dell’equipaggio e poi lanciato un siluro per finire l’Empire Hope, ormai avvolta dalle fiamme;
allontanandosi, tuttavia, il comandante del Penn,
capitano di corvetta James Hamilton Swain, avrebbe constatato che la motonave
era ancora a galla).
Rimasta
a galla, in fiamme al punto da essere paragonata ad “un faro”, l’Empire Hope sarebbe stata silurata dal Bronzo poco prima di mezzanotte, ma
avrebbe continuato a galleggiare ancora per diverse ore, fino a ricevere il
colpo di grazia da parte del cacciatorpediniere di scorta Bramham. Risulterebbe essere affondata in posizione 37°34’ N e
10°34’ E, al largo dell’isola di La Galite (per altra fonte, di La Goletta) e
54 miglia a nord/nordest di Tunisi.
Platon
Alexiades, in una discussione sul forum dell’Associazione Italiana
Documentazione Marittima e Navale, si è espresso inizialmente a favore
dell’ipotesi secondo cui il Bronzo
avrebbe affondato l’Empire Hope, sia
perché le dimensioni di quest’ultima (12.668 tsl) erano molto simili a quelle
stimate dal comandante Buldrini (13.000 tsl), sia sulla base dei rapporti del
comandante dell’Empire Hope, Gwilym
Williams, e del secondo ufficiale del Clan
Ferguson, Arthur Huntington Black, secondo i quali il Clan Ferguson sarebbe esploso alle 20.20 mentre l’Empire Hope sarebbe rimasta a galla
almeno fino alle 23, quando venne silurata dal cacciatorpediniere Penn, ma non è chiaro se effettivamente
affondò a quell’ora. Successivamente, tuttavia, anche Platon Alexiades ha
finito col condividere le argomentazioni di Mattesini relative al Clan Ferguson.
James
J. Sadkovich, nel suo "The Italian Navy in World War II", attribuisce
al Bronzo l’affondamento dell’Empire Hope ed anche il siluramento
della motonave Glenorchy, ma sembra
essere isolato in questa valutazione: tutte le altre fonti concordano
nell’attribuire l’affondamento della Glenorchy
alla motosilurante italiana MS 31,
che lo colpì all’1.47 del 13 agosto, e nel rapporto del Bronzo si rivendica il siluramento di un unico mercantile, non di
due.
Ad
aumentare ulteriormente la confusione, qualche sito Internet attribuisce invece
al Bronzo l’affondamento della
motonave Deucalion (che secondo la
quasi totalità degli autori sarebbe stata invece affondata da due aerosiluranti
tedeschi Heinkel He 111 alle 21.20), oppure quello della motonave Wairangi (carica di 11.000 tonnellate di
gasolio ed invece affondata dal MAS 552
alle 3.11 del 13 agosto).
Supermarina,
all’epoca, avrebbe accreditato l’affondamento del Clan Ferguson all’Alagi
(così come fanno, nei loro libri, Giorgio Giorgerini ed Erminio Bagnasco),
mentre avrebbe attribuito al Bronzo
l’affondamento di un piroscafo misto non identificato di circa 10.000 tsl,
probabilmente di tipo "President", il cui affondamento era stato
visto anche da bordo dell’Axum, in
lontananza (l’equipaggio di questo sommergibile aveva potuto osservare la
violenta esplosione verificatasi al momento del siluramento). E proprio questa
“violenta esplosione” è una delle ragioni che inducono Francesco Mattesini a
ritenere che la nave silurata dal Bronzo
fosse il Clan Ferguson. Nel diario
del Comando Supremo la nave affondata dal Bronzo
è descritta come “una petroliera di
13.000 tonn., che navigava a lento moto con principio d’incendio a poppa”.
All’1.04
il Bronzo avvista nuovamente sulla
sinistra le luci delle 00.20, al che il Bronzo
si dirige nuovamente in tale direzione; prosegue su quella rotta fino all’1.45,
quando il comandante Buldrini decide di venire a dritta per aggirare gli incendi
e dirigersi verso la zona nella quale erano diretti i naufraghi avvistati in
precedenza.
Alle
3.51 il Bronzo accosta a sinistra,
mettendo la prua su una luce frattanto avvistata; poco dopo, tuttavia, il
comandante Buldrini si rende conto che si tratta del faro dell’isola Piana,
pertanto accosta nuovamente a dritta, avvistando dopo qualche minuto il faro
dell’isola dei Cani. Di nuovo il Bronzo
si dirige verso la zona che Buldrini intendeva esplorare, ma nel mentre viene
ricevuto un messaggio relativo ad una portaerei in fiamme nelle vicinanze.
Proprio nella direzione indicata dal messaggio, infatti, è visibile un incendio
di grandi dimensioni; alle cinque del mattino, pertanto, Buldrini decide di
dirigersi in quella direzione, ma una volta calate le distanze, constata che si
tratta soltanto di carburante in fiamme sulla superficie del mare.
Alle
6.06, mentre albeggia, viene avvistato al traverso a dritta un aereo di grandi
dimensioni e di nazionalità imprecisata, che gira intorno alla prua del Bronzo con apparenti intenzioni
aggressive; i serventi delle mitragliere del Bronzo sono ai loro posti, ed il comandante Buldrini manovra in
modo da tenere l’aereo sempre al traverso. Dopo poco, comunque, il velivolo
accosta e si allontana.
Dopo
essersi allontanato a sufficienza, alle 6.10 il Bronzo effettua un’immersione rapida. Alle 9.05 viene tuttavia
ricevuto al SITI (un apparecchio radio che funziona su onde lunghissime e che
consente di ricevere delle comunicazioni anche in immersione, purché la
profondità non sia superiore ai quindici metri) l’ordine di emergere per
cercare eventuali navi danneggiate su un segmento di parallelo assegnato al Bronzo.
Alle
10.22, di conseguenza, il sommergibile torna in superficie ed assume rotta
verso il parallelo indicato negli ordini; sul mare calmissimo – tanto che
l’orizzonte risulta indistinguibile – è ancora visibile un incendio.
Alle
10.30 viene avvistato verso sinistra un gran numero di puntini neri, troppo
distanti per capire di cosa si tratti; il Bronzo
si avvicina, fino a constatare che si tratta di una distesa di relitti
dell’estensione di circa 400-500 metri. Avvicinatosi ulteriormente, il
sommergibile s’imbatte in alcune scialuppe di salvataggio vuote, prive di nome
o di altri elementi che permettano di risalire all’identità della nave da cui
provengono: alcune hanno i remi nelle scalmiere, un’altra un armamento a vela
completo a pagliolo. Galleggiano sul mare migliaia di fusti di carburante
leggero esplosi e bruciati, travi ed altri oggetti, alcuni dei quali ancora in
fiamme. Il Bronzo compie un giro
intorno alla zona ed avvista all’orizzonte delle sagome non ben definite, verso
le quali si dirige; calate le distanze, le sagome si rivelano appartenere a
quattro zatteroni di legno, tutti dotati di un albero con vela, con le pennole
formate da remi e travi. Due degli zatteroni hanno una vela rossa scarlatta,
uno una vela di color giallo canarino, il quarto una vela bianca; non essendoci
un filo di vento, tuttavia, le vele sono usate soltanto come tende. Sulle
zattere si trovano tra i 50 ed i 70 naufraghi, che non si scompongono
all’avvicinarsi del Bronzo: rimangono
seduti, e parecchi persino fumano. Il sommergibile si avvicina, mantenendo la
prua sulle zattere, ed alle 11.56 si ferma vicino ad esse; il comandante
Buldrini chiede ai naufraghi se vi siano dei feriti tra di loro, dapprima in
italiano, senza ottenere risposta, e poi in inglese, ricevendo risposta
negativa. Buldrini dice loro che trasmetterà la loro posizione, affinché
giungano delle unità per soccorrerli; ma i naufraghi rispondono, «in modo molto fiero», che non importa.
Tutt’intorno si estendono altri rottami di tipo analogo a quelli visti in
precedenza, che ricoprono un’area della larghezza di 3-4 km.
Alle
11.58 il Bronzo si allontana dai
naufraghi, cambiando più volte la rotta per evitare che questi possano rilevare
la sua direzione e riferirla ai britannici, se fossero questi ultimi a
recuperarli; alle 12.34 vengono avvistati due alberi sotto l’orizzonte, ed il
sommergibile si dirige verso di essi, ma dopo breve tempo viene constatato che
si tratta di due pescherecci. Il Bronzo
cambia allora rotta e si allontana, senza farsi vedere. Viene intanto compilato
il messaggio sulla posizione dei naufraghi, ma alle 12.47 viene avvistato un
aereo, presto identificato come un velivolo di soccorso teesco, che dopo breve
punta verso la zona in cui si trovano i naufraghi, lancia in mare un segnale
rosso ed ammara. Presumendo che sarà questo aereo a recuperare i naufraghi, il
comandante Buldrini decide di non trasmettere più il messaggio.
(Secondo una fonte britannica,
quelli incontrati dal Bronzo il
mattino del 13 agosto sarebbero stati proprio i naufraghi del Clan Ferguson, in mare da circa dodici
ore al momento dell’incontro; il comandante Buldrini, dopo aver chiesto se vi fossero
dei feriti che abbisognassero di cure urgenti ed aver avuto risposta negativa,
avrebbe spiegato ai naufraghi di non poterli recuperare subito perché ancora in
missione, ma che avrebbe immediatamente comunicato la loro posizione al suo
comando affinché venissero inviati al più presto mezzi aerei e navali di
soccorso. Dopo di che, il Bronzo
lasciò la zona. Due ore più tardi, un idrovolante tedesco Dornier Do 24T
sarebbe ammarato nei pressi delle zattere, recuperando 32 o 34 naufraghi, tra
cui alcuni feriti (tutti gli occupanti di una zattera, secondo una fonte);
altri sette superstiti sarebbero stati salvati alle sette di quella sera – per
altra fonte, invece, la sera del giorno seguente, 14 agosto – da un idrovolante
italiano CANT Z. 506B, anch’esso ammarato vicino alle zattere, mentre tre
ufficiali sarebbero stati presi prigionieri da un MAS italiano. Secondo altra
fonte, l’idrovolante di soccorso italiano avrebbe recuperato non 7 ma 16
sopravvissuti, tra cui il comandante Lofthouse. I restanti naufraghi avrebbero
raggiunto la costa tunisina (oppure l’isola di Zembra) la sera del 13 oppure il
16 agosto, venendo internati dalle autorità della Francia di Vichy nel campo di
Le Kef, dove uno di essi morì per dissenteria nel settembre 1942. Gli altri
furono liberati dagli Alleati con la conquista della Tunisia, nel maggio 1943. Secondo
la storia ufficiale dell’USMM, mezzi italo-tedeschi avrebbero recuperato in
tutto 53 superstiti del Clan Ferguson,
tra cui il comandante A. R. Cossar, i quali avrebbero concordemente dichiarato
che la loro nave era stata silurata alle 21.10. Parte di questi naufraghi
finirono poi nel campo di prigionia n. 52 di Coreglia Ligure).
Alle
12.57 viene avvistato un altro aereo della Luftwaffe, mentre alle 13.47 vengono
avvistati sotto l’orizzonte gli alberi di due navi da guerra; restando in
superficie, il Bronzo manovra per
tenersi fuori vista da queste unità, essendo il beta (70° sulla dritta) troppo
sfavorevole per attaccare. Le navi hanno rotta 300° e distano ben 20 km; il Bronzo lancia il segnale di scoperta, e
poco dopo il comandante Buldrini identifica le unità nemiche come due
incrociatori britannici a tre fumaioli. Alle 14.10 gli incrociatori accostano e
passano tra la costa e l’isola dei Cani; nel mentre, sulla sinistra del Bronzo vengono avvistati gli alberi ed
il fumaiolo di una nave mercantile, che accosta di continuo ma si mantiene
quasi ferma, tanto che il comandante Buldrini non comprende se stia facendo
così per la presenza degli incrociatori o per il timore di un attacco di
sommergibili. Viene frattanto ricevuto un altro messaggio che comunica la
presenza in quella posizione di una portaerei danneggiata.
Alle
14.15 il Bronzo s’immerge e si porta
all’attacco; Buldrini ritiene che la sagoma del fumaiolo e della plancia della
nave nemica sia molto simile a quella di un trasporto aerei britannico (Aircraft Tender). Pur portando i motori
alla massima velocità, ed a dispetto della modesta velocità della nave
avversaria, il sommergibile non riesce a ridurre le distanze che di pochissimo,
perché il bastimento britannico ha smesso di accostare e presenta adesso un
beta di circa 160° a sinistra. Gli idrofoni del Bronzo non rilevano né il rumore prodotto dal mercantile, né quello
dei due incrociatori.
Alle
16.25 il Bronzo emerge con l’intenzione
di serrare le distanze navigando in superficie, portarsi di prora al mercantile
e poi immergersi per attaccarlo; calata la distanza, tuttavia, il comandante
Buldrini si rende conto che si tratta soltanto di un grosso rimorchiatore con
rotta verso Biserta, vicino al quale naviga un peschereccio diretto verso
l’Isola dei Cani. Decide pertanto di tenerli d’occhio, rimanendo fuori vista.
Alle
16.35 il Bronzo attraversa una
distesa di rottami: fusti di carburante, travi, oggetti di vario tipo ed abbondante
nafta. Viene ricevuto un altro messaggio sulla presunta portaerei, che si
troverebbe in un’altra zona, danneggiata da un siluro: alle 17.16 il Bronzo dirige alla massima velocità
verso il centro della zona segnalata. Alle 17.25 viene avvistato un aereo della
Regia Aeronautica, seguito, fino al tramonto, da numerosissimi altri velivoli
italiani e tedeschi: in qualche momento vengono contati sul cielo del Bronzo fino a trenta aerei. La
situazione prende una piega allarmante quando, alle 18.20, un aerosilurante
Savoia Marchetti SM. 79 “Sparviero”, comparso a circa 6 km di distanza, punta
sul Bronzo con l’evidente intenzione
di attaccarlo: con notevole sangue freddo il comandante Buldrini non compie
manovre evasive (tenendosi però pronto ad effettuarle, se si rendesse
strettamente necessario) e non fa armare le mitragliere, così sperando di far
capire al pilota che il sommergibile che sta attaccando è amico. L’espediente
funziona; giunto a 2500 metri di distanza, lo “Sparviero” riconosce la bandiera
italiana del Bronzo ed abbandona
l’attacco.
Alle
18.35 vengono avvistate numerose chiazze di nafta, ed alle 18.37, quando ormai
la zona in cui dovrebbe essere la presunta portaerei è stata superata, viene
avvistata una sagoma oscura all’orizzonte, verso sinistra: il comandante
Buldrini ritiene che si tratti dello Scoglio dei Fratelli, ma si avvicina
comunque per sincerarsene. Alle 18.52, verificata l’esattezza della sua
supposizione, Buldrini ordina di dirigere verso una nuova posizione, situata
dieci miglia più a nord del punto in cui, secondo il messaggio ricevuto, la
portaerei nemica si troverebbe ferma.
Alle
18.58 si sfiora di nuovo l’incidente di fuoco amico: un altro “Sparviero”
dirige verso il Bronzo per
attaccarlo, ma giunto a circa 3 km si rende conto della nazionalità del
bersaglio ed interrompe l’attacco.
Alle
19.03 viene sentita un’esplosione ed avvistata una colonna d’acqua su
rilevamento 330°: sulla sua verticale sono passati undici bombardieri in
picchiata (in tutto sono visibili oltre una trentina di aerei intorno al Bronzo). Pensando che possa trattarsi di
un’indicazione da parte di un aereo, il comandante Buldrini decide di dirigersi
verso il punto in cui si è verificata l’esplosione. Alle 19.34 viene avvistata
un’unità navale all’orizzonte, verso dritta: sembra trattarsi di un
sommergibile, e poco dopo il nuovo arrivato viene infatti riconosciuto
chiaramente per un’unità subacquea della classe “Emo” (cioè classe Marcello).
Alle 19.53 il Bronzo passa a portata
di voce dell’altro sommergibile, che è proprio l’Emo, e che chiede notizie della portaerei: ma Buldrini non può
aggiungere niente al poco che entrambi i comandanti già sanno per tramite dei
messaggi ricevuti nelle ore precedenti. I due comandanti si informano a vicenda
sulle rispettive zone che hanno già esplorato, dopo di che il Bronzo fa rotta verso una zona
intermedia.
Alle
23.50 viene avvistata una fiamma all’orizzonte, su rilevamento 360°; il Bronzo assume allora rotta verso nord, e
quattro minuti dopo vengono visti accendersi di prora, in rapida successione da
dritta verso sinistra, quattro bengala di colore rossastro, come quelli
impiegati negli attacchi notturni dagli aerei britannici, tutti alla stessa
quota. Alle 23.58 il Bronzo riduce la
velocità ed assume rotta 350°.
(Coll. Aldo Fraccaroli, via Maurizio Brescia e www.associazione-venus.it) |
14 agosto 1942
Alle
00.04 vengono avvistati altri quattro bengala, che si accendono alla medesima
quota dei precedenti e sempre in successione da dritta verso sinistra, su
rilevamento 330°; il Bronzo mette la
prua in quella direzione. All’1.19 viene avvertito distintamente il rumore di
un velivolo che passa a ridotta distanza, ed all’1.32 il Bronzo viene a sinistra per rotta sud.
All’1.44
viene osservato un cannoneggiamento a grande distanza su rilevamento 135°; di
nuovo il Bronzo punta in quella
direzione alla massima velocità. Alle 2.20 il cannoneggiamento riprende per
circa un minuto, adesso su rilevamento 145°; è possibile distinguere il colore
verde della traiettoria dei proiettili. Alle 2.23 il Bronzo assume rotta 190°, subito cambiata in 200° e poi in 220°.
Verrà poi ricevuto da Maricosom un telegramma, numero 033114, relativo ad una
formazione navale britannica passata da Capo Bon all’1.43; il telegramma,
tuttavia, potrà essere completamente decifrato soltanto alle 4.32. Il
comandante Buldrini riterrà poi che le navi britanniche debbano essere passate
molto vicine al Bronzo, che però non
le ha viste a causa della notte molto buia, tale anche da impedire di
distinguere l’orizzonte.
Alle
3.15 il Bronzo attraversa un’altra
zona cosparsa di rottami e carburante in gran quantità, ed alle 4.57 viene
avvistata una luce su rilevamento 227°: pur credendo che si tratti di una luce
sulla costa, Buldrini decide di avvicinarsi per sincerarsene. Avvicinatosi, può
constatare che è proprio così: a questo punto, riprende il pendolamento nei
pressi dell’Isola dei Cani.
Alle
5.44 il Bronzo s’immerge e trascorre
le successive quindici ore sott’acqua, riemergendo alle 20.40 per poi ricevere
da Maricosom un telegramma (n. 195914) che ordina di spostarsi 140 miglia più
ad ovest.
Supermarina,
infatti, spera di poter cogliere ancora l’occasione per attaccare le unità
superstiti del convoglio (che ha subito pesanti perdite ad opera di
sommergibili, aerei e motosiluranti, anche se qualche mercantile è riuscito a
raggiungere Malta con i rifornimenti vitali alla sopravvivenza dell’isola)
durante la loro navigazione di ritorno verso Gibilterra. Di conseguenza, Bronzo, Ascianghi, Alagi ed Axum (che formano il gruppo di
sommergibili situato più ad est) la sera del 14 ricevono ordine di emergere
immediatamente, spostarsi 140 miglia più ad ovest e riprendere l’agguato nelle
nuove posizioni, con le stesse modalità di prima.
Alle
21.11, di conseguenza, il sommergibile assume rotta 270°; alle 23.50 viene
ricevuto al SITI un telegramma inviato dal sommergibile Otaria, che informa dell’avvistamento di un’unità di tipo
imprecisato, in navigazione verso ovest ad otto nodi, a nordovest del punto in
cui si trova il Bronzo. Siccome la
rotta di collisione con tale unità porterebbe il Bronzo poco più a nord della nuova zona assegnata, il comandante
Buldrini assume rotta 278,5°.
15 agosto 1942
Alle
00.21 Maricosom trasmette al Bronzo
il telegramma 214214, ordinando di spostarsi altre 20 miglia più ad ovest.
Alle
8.54 viene avvistato un pezzo di aereo che galleggia sulla superficie del mare.
Alle
12.44, avendo ormai raggiunto e superato il “punto di collisione” con l’unità
segnalata dall’Otaria senza aver
avvistato niente, e non essendoci alcunché in vista all’orizzonte, il Bronzo assume rotta verso sud; alle
13.13 raggiunge la zona assegnata e s’immerge, restando sott’acqua fino alle
20.53. A quell’ora emerge e dà inizio al pendolamento in zona.
16 agosto 1942
Riceve
un telegramma che ordina di rientrare alla base.
17 agosto 1942
Raggiunge
Cagliari.
Nel
suo rapporto il comandante Buldrini scriverà, in merito al comportamento
dell’equipaggio: «Il personale ha sempre
risposto ottimamente in ogni occasione: come già in precedenti azioni di
contatto col nemico, ha conservato in ogni istante la massima serenità di
spirito, prontezza e precisione di esecuzione degli ordini impartiti, e totale
sprezzo del pericolo. Teso sempre con tutte le sue forze al raggiungimento del
successo».
Per
il suo ruolo nella battaglia, Buldrini riceverà la Medaglia d’Argento al Valor
Militare (motivazione: "Comandante
di sommergibile di elevate capacità professionali, partecipava con sereno
ardimento e indomito spirito aggressivo alla battaglia mediterranea di
mezz’agosto, attaccando decisamente un convoglio nemico potentemente scortato
da forze navali ed aeree. Col tempestivo ed efficace lancio dei siluri,
infliggeva sicure e gravi perdite alla formazione avversaria, provocando
l’affondamento e il siluramento di unità da guerra e mercantili. Dimostrava
nell’ardua e brillante azione elette virtù militari e tenace volontà di
vittoria"); analoga decorazione sarà conferita al direttore di
macchina del Bronzo, capitano del
Genio Navale Alfonso Nerilli ("Capo
servizio G.N. di sommergibile, prendeva parte alla battaglia navale di
mezz’agosto contro un numeroso convoglio fortemente scortato da forze navali ed
aeree, cooperando con sereno coraggio e perizia tecnica ad infliggere gravi
perdite all’avversario. Dimostrava nelle audaci azioni di possedere elevate
qualità militari e professionali"). Il sottotenente di vascello
Antonio Gherardi, comandante in seconda del Bronzo,
sarà decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare ("Ufficiale in 2a di sommergibile, partecipava
alla battaglia mediterranea di mezz'agosto contro un numeroso convoglio nemico
fortemente scortate da forze navali ed aeree coadiuvando con ardimento e
perizia il comandante, contribuiva ad infliggere gravi perdite alle unità
mercantili e da guerra nemiche. Dimostrava nelle audaci azioni di possedere
elevate qualità militari e sereno coraggio"), così come i
guardiamarina Antonino De Natale e Giuseppe Tolomeo ("Ufficiale imbarcato su sommergibile, prendeva parte alla battaglia
mediterranea di mezz'agosto contro numeroso convoglio nemico fortemente
scortato da forze navali ed aeree e, assolvendo i suoi compiti con sereno
coraggio e perizia, coadiuvava il comandante nell'infliggere gravi perdite
all'avversario. Durante le audaci azioni dava prova di sereno coraggio e di
belle qualità militari e professionali") ed il capo elettricista di
terza classe Renzo Antonelli ("Sottufficiale
Capo Carico di sommergibile, prendeva parte nella battaglia mediterranea di
mezz'agosto contro un numeroso convoglio nemico fortemente scortato da forze
navali ed aeree, contribuendo, con la sua opera professionale alle audaci
azioni che provocarono gravi perdite all'avversario. In ogni circostanza
assolveva i suoi compiti con coraggio, serenità ed elevato senso del dovere").
I restanti membri dell’equipaggio riceveranno la Croce di Guerra al Valor
Militare, con motivazione "Imbarcato
su sommergibile che nella battaglia di mezz'agosto attaccava un numeroso
convoglio fortemente scortato da forze navali ed aeree, infliggendo gravi
perdite all convoglio ed alla scorta, contribuiva validamente con la sua opera
esplicata con serenità, coraggio e perizia ai successi conseguiti".
Il
comandante Buldrini (con il binocolo al collo) ed altri uomini del Bronzo nell’agosto del 1942; notare l’emblema
del sommergibile, raffigurante il nano Cucciolo (g.c. STORIA militare, via www.betasom.it)
18 agosto 1942
Già
nella notte tra il 17 ed il 18, poche ore dopo essere rientrato alla base, il Bronzo lascia nuovamente Cagliari per
portarsi in una zona d’agguato situata a nord del Golfo di Tunisi.
La
battaglia di Mezzo Agosto si è ormai conclusa, ma alle 6.50 del 17 è stato
avvistato al largo di Algeri un gruppo di navi britanniche identificate come la
vecchia portaerei Furious, un
incrociatore e sette cacciatorpediniere, ed è inoltre giunta notizia che il 16
agosto altre navi britanniche si apprestavano a lasciare Gibilterra; l’insieme
di queste informazioni ha determinato uno stato di allarme e l’ordine di far
prendere il mare a tutti i sommergibili pronti, tra cui il Bronzo. La Furious e
le altre navi del suo gruppo sono in mare per l’operazione
"Baritone", consistente nell’invio a Malta di 32 caccia Supermarine
Spitfire allo scopo di rimpinguare le decimate squadriglie di base nell’isola.
Gli Spitfire, portati a Gibilterra da un mercantile proveniente dal Regno
Unito, vengono lanciati dalla Furious,
uscita allo scopo da Gibilterra il 16 agosto con la scorta degli incrociatori
leggeri Aurora e Charybdis, e dei
cacciatorpediniere Antelope, Eskimo, Derwent, Bicester, Keppel, Lookout, Laforey, Lightning, Malcolm, Tartar, Venomous e Wishart (parte della Forza H).
La Furious lancia gli
Spitfire il 17 agosto, a sud delle Baleari; 29 dei 32 caccia riusciranno a
raggiungere a Malta, mentre Furious e
scorta rientreranno a Gibilterra il 18.
Poche
ore dopo la partenza, tuttavia, il Bronzo
riceve un telegramma contenente un ordine generale di rientro diretto a tutti i
sommergibili in mare nel Mediterraneo centrale, in cui si raccomanda inoltre di
fare «massima attenzione sommergibile
nemico avvistato 26 miglia ad est Capo Spartivento Sardo».
Chiarita
la natura dei movimenti avvistati o segnalati delle navi britanniche (appreso
cioè che a Gibilterra, prima di partire, la Furious ha imbarcato 35 caccia Hawker Hurricane – il che
indica con certezza che essa era in mare per rifornire Malta di aerei –, mentre
le navi in partenza da Gibilterra il 16 sono dirette in Atlantico ed in
Inghilterra, non in Mediterraneo), infatti, gli alti comandi hanno fatto
cessare l’allarme e richiamato in porto tutti i sommergibili.
Alle
20.29, durante la navigazione di ritorno a Cagliari in superficie (al largo di
Capo Spartivento sardo), viene osservata l’esplosione di un siluro a circa 4000
metri di distanza, su rilevamento 105°: la detonazione viene avvertita molto
distintamente anche all’interno del sommergibile. Secondo una fonte, anche gli
idrofoni del Bronzo avrebbero captato
la detonazione, stimando la distanza in 3660 metri.
Ciò
che è successo è che alle otto di sera il Bronzo
è stato avvistato a sei miglia di distanza, in posizione 38°48’ N e 09°20’ E (a
24 miglia per 214° dall’Isola dei Cavoli, a sud della Sardegna), dal
sommergibile britannico P 211 (poi
divenuto Safari; capitano di fregata
Benjamin Bryant), che ha stimato la rotta del battello italiano come 000° e la
sua velocità come 12 nodi; avvicinatosi alla massima velocità, alle 20.31
(secondo l’orario di bordo del P 211,
con discrepanza di qualche minuto rispetto a quello del Bronzo) il P 211 ha
lanciato sei siluri (i primi quattro muniti di acciarini DCR, Duplex Coll Rod,
e gli altri due con acciarini CCR, Compensated Coll Rod, più affidabili) contro
il Bronzo, da una distanza stimata a
bordo dell’unità britannica in 3200 metri. Dopo aver lanciato, tuttavia, il
sommergibile britannico ha perso temporaneamente il controllo dell’assetto,
affiorando in superficie; ma soprattutto, uno dei siluri lanciati è esploso
prematuramente: è stata questa la causa dell’esplosione osservata a bordo del Bronzo, che è così avvertito del
pericolo e che può evitare i siluri con una pronta accostata a sinistra, per
rotta vera 290°.
Secondo una fonte,
dopo aver evitato i siluri il Bronzo
si sarebbe diretto a tutta forza verso l’aggressore e, una volta giunto sul
posto, avrebbe urtato due volte con la chiglia un oggetto immerso, che avrebbe
scosso violentemente tutto il sommergibile. Dai passaggi del rapporto di
missione inseriti in appendice al volume USMM "Le azioni navali – Tomo II
– Dal 1° aprile 1941 all’8 settembre 1943", tuttavia, non risulta che il Bronzo si sia diretto verso il
sommergibile attaccante; è invece scritto che alle 20.40, dopo aver assunto
rotta 290° per evitare i siluri, l’equipaggio del Bronzo avrebbe avvertito «due
fortissimi colpi sotto lo scafo che danno un leggero sussulto al battello».
Il comandante Buldrini ritiene che il primo colpo si sia verificato sotto il
cannone ed il secondo sotto lo “spadino” (un organo dell’apparecchio
elettroacustico per ricevere e trasmettere segnali a breve distanza, sporgente
dallo scafo), sul lato di dritta; in concomitanza con il secondo colpo,
entrambi i motori precipitano improvvisamente da 300 a 400 giri, per poi
ritornare subito a 400 giri. Buldrini ritiene di essere entrato in collisione
con il sommergibile nemico: «All’istante
non riesco a comprendere quale possa essere la causa, ma (…) [dopo aver
saputo di quanto accaduto ai motori] mi
si presenta l’idea di aver investito il sommergibile nemico, che, al primo
urto, ha dato aria. L’aria, sfuggita dagli allagamenti o da uno sfogo d’aria
rotto dall’urto, investendo le eliche, le ha fatte precipitare. Terminato
l’afflusso dell’aria, i motori sono tornati a normale regime».
Pochi giorni dopo il
rientro, il Bronzo verrà immesso in
bacino di carenaggio a La Maddalena, e l’esame dello scafo permetterà di riscontrare
una bugna causata dall’urto contro un corpo immerso. Anche il citato volume
USMM ritiene che il Bronzo sia
entrato in collisione con il sommergibile nemico, ma il giornale di bordo del P 211 non fa menzione di una collisione,
ed il ricercatore Platon Alexiades ritiene più probabile che il Bronzo sia stato colpito da due siluri
con acciarini magnetici DCR che non sono esplosi perché difettosi, e che questa
sia stata la causa dei due colpi avvertiti a bordo del sommergibile.
Alle 20.58 il Bronzo comunica l’accaduto, dopo di che
riprende la navigazione verso il punto convenzionale "C" al largo di
Cagliari, che raggiunge alle 21.15; da tale punto prosegue sulle rotte di
sicurezza, incontrando presso Capo Spartivento un dragamine, cui Buldrini
ordina di recarsi nel punto in cui è avvenuto l’urto per scoprire, se
possibile, qualcosa di più.
19 agosto 1942
All’1.10 il Bronzo si ormeggia alla banchina
sommergibili di Cagliari.
Agosto-Ottobre 1942
In questo periodo il Bronzo ha base alternativamente a La
Maddalena od Augusta.
10 settembre 1942
In serata il Bronzo avvista nelle acque dell’Algeria
una formazione di incrociatori scortati da due cacciatorpediniere, e li attacca
lanciando quattro siluri, per poi essere costretto ad immergersi. Vengono
sentite due forti esplosioni, ma nessuna nave è stata colpita.
6 novembre 1942
Trasferito a Trapani.
7 novembre 1942
Il Bronzo viene inviato ad est di Algeri,
insieme al sommergibile Axum (per
altra fonte, invece, al largo di Biserta insieme ad Argo e Nichelio), per
contrastare gli sbarchi angloamericani nel Nordafrica francese (operazione "Torch").
Più di ottocento navi britanniche e statunitensi di tutti i tipi sono in
navigazione verso le coste del Marocco e dell’Algeria, per sbarcarvi le truppe
che dovranno aprire un secondo fronte in Nordafrica, contemporaneamente allo
sfondamento operato dall’VIII Armata britannica in Egitto, ad El Alamein.
Supermarina,
informata dell’avvistamento di ingenti forze navali angloamericane in
navigazione da Gibilterra verso ovest, ha correttamente intuito che
probabilmente gli Alleati vogliano tentare uno sbarco in Nordafrica, pur non
escludendo del tutto la possibilità di un convoglio diretto a Malta
In totale, Maricosom
– in base ad ordine di Supermarina, trasmesso alle 22.06 del 6 novembre – invia
ben ventuno sommergibili nel Mediterraneo occidentale e centro-occidentale, per
contrastare l’operazione nemica: dodici sommergibili del VII Grupsom (Acciaio, Argento, Asteria, Aradam, Brin, Dandolo, Emo, Galatea,
Mocenigo, Platino, Porfido, Velella) vengono schierati ad ovest dell’isola
di La Galite (zona "A"), sette sommergibili dell’VIII Grupsom (Bronzo, Alagi, Avorio, Corallo, Diaspro, Turchese) vengono
inviati a nord di Biserta (zona "B"), ed altri due (Axum e Topazio) in posizione avanzata tra l’Algeria e le Baleari. Queste posizioni
si riveleranno troppo lontane dalle effettive zone dello sbarco (Orano ed Algeri),
ma non verranno modificate, perché i comandi tedeschi ritengono, erroneamente,
che gli Alleati potrebbero tentare ulteriori sbarchi anche in Tunisia (nel qual
caso i sommergibili italiani si troverebbero in posizione ideale).
Alle 15.31 Maricosom
(il Comando Squadra Sommergibili) comunica a tutti i sommergibili in agguato
nel Mediterraneo occidentale la posizione di una squadra navale britannica e di
un convoglio nemico, riferita alle 10.40. Alle 20.07 il Comando Squadra
Sommergibili segnala la posizione di due convogli avvistati in due distinte
occasione, aventi entrambi rotta verso est e formati da mercantili scortati da
corazzate, portaerei, incrociatori e navi scorta.
Un
tenente del Genio Navale in tenuta da lavoro davanti alla torretta del Bronzo, accanto all’emblema raffigurante
il nano Cucciolo, nel 1942 (da www.betasom.it
e gruppo Facebook “Online Naval Museum”)
8 novembre 1942
Gli sbarchi hanno
inizio: 500 navi da trasporto angloamericane, scortate da 350 navi da guerra di
ogni tipo, sbarcano in tutto 107.000 soldati sulle coste dell’Algeria e del
Marocco. Siccome tali operazioni avvengono nelle zone di Algeri e di Orano, i
sommergibili italiani si trovano troppo ad est per intervenire; dato che i
comandi tedeschi ritengono che gli Alleati potrebbero effettuare ulteriori
sbarchi più ad est, verso la Tunisia, inizialmente si decide di lasciare i
sommergibili dove sono.
9 novembre 1942
Alle 19.09 il comando
della flotta subacquea italiana, Maricosom, segnala a tutti i battelli in mare
che piroscafi nemici si stanno spostando verso est, e che stanno verificandosi
sbarchi a Bona ed a Philippeville; dà quindi ordine di attaccare ogni nave
mercantile o militare in uscita da tali porti, evitando però (per non rischiare
incidenti di “fuoco amico” con le altre unità inviate in zona) di attaccare
sommergibili, MAS e motosiluranti.
10 novembre 1942
Alle 00.20 il
sommergibile britannico P 45 (poi
Unrivalled, tenente di vascello Hugh Bentley Turner) avvista il Bronzo (tenente di vascello Cesare
Buldrini) nel Golfo di Philippeville, su rotta 240°; anche il sommergibile
italiano avvista il P 45, ed entrambi
i battelli s’immergono e si perdono di vista.
12 novembre 1942
Alle 12.20 Maricosom,
a seguito di una richiesta a Supermarina da parte della Seekriegsleitung
tedesca, che ritiene «desiderabile
impiego di sommergibili italiani che si trovano in zona di operazione, nella
zona di mare di Bougie in vicinanza delle coste e davanti ai porti», ordina
al Bronzo e ad altri cinque
sommergibili (Asteria, Porfido, Platino, Nichelio e Brin) di spostarsi subito verso la rada
di Bougie, per attaccare navi nemiche che si presume essere alla fonda vicino
alla costa.
19 novembre 1942
Il Bronzo rientra alla base, senza essere
riuscito a compiere alcun attacco.
1° dicembre 1942
Il Bronzo forma uno sbarramento nel
Mediterraneo occidentale insieme ai sommergibili Alagi, Porfido, Volframio, Galatea, Argento, Corallo, Diaspro, Mocenigo e Malachite.
Bronzo, Alagi, Porfido, Volframio e Galatea, in
particolare, vengono schierati nelle acque tra Capo Bougaroni e La Galite.
10 dicembre 1942
In serata il Bronzo (tenente di vascello Cesare
Buldrini) avvista una formazione composta da due incrociatori (in realtà è uno
solo, l’incrociatore leggero HMS Argonaut)
e due cacciatorpediniere al largo di Bona (Algeria), ed alle 19.16 lancia quattro
siluri (per altra fonte, uno solo) contro un cacciatorpediniere, nel punto
37°14’ N e 08°03’ E; subito dopo il lancio, i cacciatorpediniere della scorta
lo avvistano e lo sottopongono a pesante caccia (che non causerà tuttavia alcun
danno), costringendolo all’immersione. Dopo un minuto e 25 secondi viene
avvertita una detonazione, e poi un’esplosione molto più violenta dopo 14
minuti, inducendo l’equipaggio a ritenere di aver colpito il bersaglio,
impressione rafforzata dall’avvistamento di una grande colonna (o nube) di fumo
nel punto dell’attacco quando il Bronzo,
tre ore più tardi, può riemergere; ma in realtà i siluri non sono andati a
segno.
Il Comando Supremo
darà notizia dell’attacco, e del presunto successo, nel bollettino n. 931 del
12 dicembre: «nel Mediterraneo un nostro
sommergibile attaccava una squadra navale nemica composta di due incrociatori e
due cacciatorpediniere colpendo un incrociatore».
6-13 gennaio 1943
Nuova missione di
guerra, al largo dell’isola di La Galite, senza successi.
29 gennaio 1943
Sottoposto a
bombardamento con bombe di profondità.
31 gennaio 1943
Subisce un’altra
caccia con cariche di profondità, che causa alcuni lievi danni.
Febbraio 1943
A inizio mese, il Bronzo viene inviato in agguato al largo
di Capo Carbon.
Il Bronzo a Cagliari nel 1943 (Coll. Erminio Bagnasco, via www.associazione-venus.it) |
3 febbraio 1943
Durante un’immersione
rapida, il Bronzo sprofonda
accidentalmente a 123 metri di profondità, 43 metri in più della quota di
collaudo, prima di riuscire ad arrestare la discesa: ciononostante, non subisce
alcun danno.
11 marzo 1943
Inviato a Napoli per
un periodo di lavori di carenaggio.
20 marzo 1943
Termina i lavori di
carenaggio.
23 marzo-7 aprile 1943
Sottoposto ad
ulteriori lavori in bacino nel cantiere di Vigliena, a Castellammare di Stabia.
Durante le prove
svolte al termine dei lavori, si verifica un’avaria ai timoni di profondità.
20 maggio 1943
Si trasferisce a
Pozzuoli per sottrarsi ai bombardamenti.
23 maggio 1943
Torna a Napoli.
30 maggio 1943
Trasferito nuovamente
a Pozzuoli.
10 giugno 1943
Trasferito a
Bonifacio.
Giugno 1943
Effettua altre tre
missioni di guerra.
18 giugno 1943
Alle 16.40, in
posizione 41°09’ N e 07°03’ E, il sommergibile britannico Sickle (tenente di vascello James Ralph Drummond) avvista a circa
3660 metri di distanza il Bronzo in
navigazione verso la sua zona d’agguato (situata al largo di Bougie), ed alle
16.54 gli lancia contro una salva di sei siluri, nessuno dei quali va a segno.
Il Bronzo non si accorge di essere
stato attaccato.
20 giugno 1943
Il Bronzo raggiunge la sua area d’agguato,
che pattuglierà per alcuni giorni senza che si verifichino eventi di rilievo.
3 luglio 1943
Si trasferisce da
Bonifacio a La Maddalena, da dove poi raggiunge Napoli.
8 luglio 1943
Il tenente di
vascello Buldrini sbarca dal Bronzo,
cedendo il comando al parigrado Antonio Gherardi, che nei dodici mesi
precedenti era stato il suo comandante in seconda.
Il tenente di vascello Cesare Buldrini posa davanti alla torretta del Bronzo (da un saggio di Francesco Mattesini su www.academia.edu) |
La cattura
Il 10 luglio 1943 il Bronzo, al comando del tenente di
vascello Antonio Gherardi, partì da Pozzuoli per raggiungere un’area di agguato
davanti a Siracusa ed Augusta, per contrastare lo sbarco angloamericano in
Sicilia. Nella stessa zona avrebbero operato anche i sommergibili Beilul e Nereide.
Nelle prime ore di
quello stesso giorno, una flotta Alleata che contava 2590 unità navali (1614
britanniche, 945 statunitensi, dieci olandesi, nove polacche, sette greche,
quattro norvegesi ed una belga) di tutti i tipi (237 navi trasporto, 1742 tra
mezzi e navi da sbarco, 6 corazzate, due portaerei, 15 incrociatori, quattro
navi antiaeree, tre monitori, 128 cacciatorpediniere, 36 fregate, 5 cannoniere,
4 posamine, 42 dragamine, 26 sommergibili, 243 tra motosiluranti e
motocannoniere ed altre unità minori ed ausiliarie), appoggiata da più di 4000
aerei appartenenti a 259 gruppi di volo (146 statunitensi e 113 britannici),
sbarcava 160.000 soldati statunitensi, britannici e canadesi (numero destinato
a triplicarsi nelle settimane successive) sulle coste della Sicilia. Iniziava così
l’operazione "Husky", e con essa la sequenza di eventi che nel giro
di due mesi avrebbe portato alla caduta del regime fascista ed alla resa
dell’Italia con l’armistizio di Cassibile.
Nel giro di 38
giorni, l’isola sarebbe caduta; tra le fila italiane si sarebbero contati 4678
morti accertati, migliaia di dispersi, 32.500 feriti e 116.000 prigionieri.
La malridotta flotta
di superficie italiana, stante la disparità di forze ed il dominio del cielo da
parte angloamericana, che avrebbero reso il suo intervento un suicidio, rimase
in porto; l’onere di difendere la Sicilia ricadde sull’arma subacquea e sui
mezzi insidiosi.
In tutto furono
quindici i sommergibili della Regia Marina mobilitati per contrastare gli
sbarchi angloamericani: per primi furono inviati nelle acque della Sicilia Alagi, Nichelio e Nereide,
presto seguiti da Diaspro e Turchese, mentre il 10 luglio lasciarono
le basi per raggiungere le zone degli sbarchi, oltre al Bronzo, Argo, Acciaio, Brin, Flutto e Velella. Dalle acque a sud della
Sardegna furono trasferiti altri tre sommergibili, mentre un quarto, il Beilul, fu spostato nelle acque della
Sicilia dopo essere stato inizialmente inviato al largo della Cirenaica. Insieme
alle motosiluranti ed ai MAS, queste erano le uniche unità che la Marina
italiana poté inviare incontro alla flotta d’invasione: avrebbero pagato un
prezzo elevato in una lotta senza speranza contro un avversario soverchiante.
Nei primi otto giorni dell’invasione, tre sommergibili italiani sarebbero stati
affondati, uno catturato, e due gravemente danneggiati. Proprio al Bronzo sarebbe toccata la sorte più
amara per una nave da guerra: la cattura.
Durante la
navigazione di trasferimento, l’11 luglio, il Bronzo fu attaccato da un sommergibile nemico al largo di Capo
Vaticano, col lancio di quattro siluri che riuscì tuttavia ad evitare con la
manovra. Proseguì poi verso sud, attraversò lo Stretto di Messina e si diresse
verso la zona assegnata.
Giunto davanti a
Siracusa ed immersosi nel suo settore di agguato, alle sei del mattino del 12
luglio il Bronzo rilevò dei rumori
generati dagli apparati motori di navi che il comandante Gherardi ritenne
essere amiche. All’una del pomeriggio, pertanto, si portò a quota periscopica,
e constatò di trovarsi nel mezzo di una formazione navale: credendo ancora che
si trattasse di una formazione italiana, e temendo che se fosse rimasto immerso
una delle navi avrebbe potuto accidentalmente speronarlo, il comandante del Bronzo decise di emergere.
Ciò che Gherardi non
sapeva, tuttavia, era che Siracusa era già caduta.
Dopo essere sbarcata
presso Cassibile ed aver occupato quel villaggio al termine di cruenti
combattimenti contro il 430° Battaglione Costiero italiano (che aveva inflitto
agli attaccanti una quarantina di perdite, compresi tre ufficiali), infatti, la
5a Divisione fanteria britannica aveva inviato un gruppo di
combattimento verso nord, per attaccare Siracusa che, insieme ad Augusta,
rappresentava il suo obiettivo principale.
Le difese delle due
città, i cui porti erano i più importanti della Sicilia sudorientale, erano
riunite in un’unica piazzaforte, la Piazza Militare Marittima di
Augusta-Siracusa, posta al comando del contrammiraglio Priamo Leonardi. A
Siracusa il comando era affidato al capitano di fregata Giuseppe Gianotti, ma
questo ufficiale era stato tra le prime vittime dell’invasione Alleata: era morto
in un attacco aereo la sera del 9 luglio, poche ore prima degli sbarchi, mentre
guidava due plotoni di marinai alla ricerca di paracadutisti angloamericani che
risultavano essere atterrati nelle campagne circostanti Siracusa.
Come spesso avveniva
per le piazzeforti della Marina, la Piazzaforte Augusta-Siracusa vantava difese
formidabili sul fronte a mare – sei batterie antinave armate con cannoni
381 mm, 254 mm e 152 mm, due pontoni armati dotati di pezzi da
149 e 190 mm e 17 batterie contraeree da 76 e 102 mm – ma ben più deboli
sul fronte a terra, dove la cinta difensiva consisteva in una trentina di
capisaldi presidiati da duemila fanti costieri male armati, demoralizzati e
privi di artiglierie. Consci di questo, i comandi britannici avevano evitato di
attaccare Siracusa dal mare, sbarcando invece più a sud lungo la costa – a
Cassibile, appunto – per poi aggirare ed attaccare la piazzaforte da tergo,
dall’interno, là dove le difese erano più deboli. L’attacco principale da parte
della 5a Divisione fanteria sarebbe stato accompagnato da un assalto
di truppe aviotrasportate, sbarcate da alianti (Operazione "Ladbroke"),
e da incursioni di “commandos” del SAS incaricati di mettere fuori
combattimento le batterie costiere sulla penisola della Maddalena.
L’operazione "Ladbroke"
fu un mezzo disastro: pochissimi alianti atterrarono nelle zone previste, molti
furono rilasciati troppo presto dagli aerei che li rimorchiavano e caddero in
mare, altri si schiantarono, alcuni furono persino abbattuti dal tiro
contraereo delle stesse navi Alleate, che li avevano scambiati per aerei
nemici. Le perdite britanniche ammontarono a 487 uomini, in massima parte morti
o dispersi. Un gruppo di aliantisti, nondimeno, riuscì ad impadronirsi
dell’obiettivo principale dell’operazione, il Ponte Grande sul fiume Anapo:
circondati da truppe italiane della 54a Divisione Fanteria "Napoli",
gli aliantisti furono decimati e costretti alla resa dopo ore di combattimenti,
ma poco dopo giunsero sul posto le truppe della 5a Divisione
britannica, che costrinsero gli italiani a ripiegare senza aver potuto
distruggere il ponte. La strada verso Siracusa era così spianata: avanzando
lungo la Statale 115, i britannici erano entrati in città alle nove di sera del
10 luglio. Augusta, la cui guarnigione era stata dimezzata dalle diserzioni che
avevano falcidiato il personale addetto alla difesa costiera, avrebbe resistito
altri due giorni.
Ignaro di tutto ciò, all’una
del pomeriggio (per altra fonte, a mezzogiorno) del 12 luglio il Bronzo emerse nel punto 37°06’ N e
15°24’ E, sette miglia a nordest di Siracusa. Lo attendeva una brutta sorpresa:
venuto a galla, si trovò in mezzo ad una formazione di una dozzina di navi
britanniche.
In quel momento stava
infatti entrando in porto un piccolo convoglio britannico composto da dragamine
e mezzi da sbarco, mentre altre unità britanniche si trovavano nei pressi: tra
di esse la 14a Flottiglia Dragamine britannica (14th Minesweeping Flotilla), composta dai grossi dragamine
di squadra Boston (tenente di
vascello Derek Harold George Coughlan), Seaham
(capitano di corvetta Robert Ernest Brett), Cromarty
(capoflottiglia, capitano di corvetta Charles George Palmer) e Poole (tenente di vascello Wilfred Louis
Gerard Dutton). I quattro dragamine erano impegnati dal 9 luglio
nell’operazione "Hon One": insieme a pescherecci armati e motolancie,
dovevano dragare gli approcci di Augusta, Siracusa e Catania e compiere
pattugliamenti antisommergibili attorno ai trasporti ancorati. Quel giorno, la 14th Minesweeping Flotilla era
impegnata a liberare il porto di Siracusa dalle mine; il capoflottiglia Palmer,
tuttavia, aveva deciso di propria iniziativa di andare a rinforzare con i suoi
dragamine – attrezzati anche per la caccia ai sommergibili – una formazione di
tre incrociatori britannici impegnati in azioni di bombardamento costiero tra
Augusta e Siracusa (uno di questi doveva essere l’incrociatore leggero Uganda, che secondo una fonte britannica
avrebbe “assistito” nell’azione contro il Bronzo,
anche se non è molto chiaro come).
Il marinaio David
Satherly, a bordo del mezzo da sbarco LCI
127, avrebbe poi raccontato: “Stavano
navigando verso l’imboccatura [del porto] come ordinato, quando un sommergibile italiano emerse per entrare,
indubbiamente pensando che la città fosse ancora nelle mani dell’Asse”.
Il tenente di
vascello C. Sharp, ufficiale di guardia sul dragamine britannico Seaham, aveva avvistato per primo il
periscopio del Bronzo ed aveva
suonato l’allarme sommergibili; quando alle 12.50 (o 12.59) il sommergibile
emerse a circa un miglio di distanza (secondo altra fonte, il Seaham lo avrebbe avvistato soltanto a
questo punto, quando già era in superficie) il comandante del Seaham, capitano di corvetta Robert Ernest
Brett, mise la prua su di esso ed ordinò di portare le macchine sull’avanti
tutta per speronarlo, ma il Bronzo si
sottrasse alla manovra con l’immersione rapida. Secondo una versione, Brett
fece allora preparare le bombe di profondità per un attacco contro il
sommergibile immerso a profondità ridotta; prima che il Seaham potesse lanciarle, tuttavia (alle 13.03, circa tre minuti
dopo essersi immerso), il Bronzo, a
causa di problemi nel mantenimento dell’assetto, affiorò nuovamente a soli
trecento metri dal Seaham, che
accostò di nuovo per speronarlo, aprì immediatamente il fuoco sul sommergibile
con il proprio cannone da 76 mm (erano le 13.04) e ne spazzò il ponte con le
mitragliere.
Secondo un’altra
versione – riportata da qualche fonte britannica, dal libro "Uomini sul
fondo" di Giorgio Giorgerini e da "Navi militari perdute"
dell’USMM –, invece, il Bronzo,
quando si rese conto di essere circondato da navi nemiche, tentò di immergersi
nuovamente, ma il Seaham lo danneggiò
col lancio di due “pacchetti” di bombe di profondità prima che potesse scendere
a quota elevata; il sommergibile fu così costretto ad emergere, venendo subito
“accolto” dal tiro concentrato delle mitragliere dei dragamine britannici.
Sulla plancia del Bronzo i marinai britannici potevano
vedere due ufficiali ed un marinaio: i due ufficiali erano il comandante
Gherardi ed il suo secondo, sottotenente di vascello Giuseppe Pellegrini,
usciti per primi dopo l’emersione.
Non è chiaro se una
volta in superficie l’equipaggio del Bronzo
abbia tentato una reazione – che sarebbe stata, del resto, senza speranza – con
il cannone di coperta e/o le mitragliere; unico riferimento in questo senso, da
parte britannica, è contenuto in un lungo dispaccio inviato dal comandante
della Mediterranean Fleet, ammiraglio Andrew Browne Cunningham, sulle
operazioni in Sicilia (Despatch on the
Invasion of Sicily), secondo cui il sommergibile italiano “rispose [al
fuoco], ma si arrese dopo un violento combattimento, durato circa mezz’ora” (“The U-boat replied, but surrendered after a
sharp engagement, which had lasted about half-an-hour”).
Il marinaio Paul
Jasper, facente parte dell’equipaggio del Seaham,
avrebbe ricordato molti anni più tardi: “…non
appena avemmo smesso di dragare e fummo usciti in alto mare, un sommergibile
emerse improvvisamente proprio davanti alla nostra prua. Era un sommergibile
italiano, di nome Bronzo – accadde tutto così rapidamente che non sapevamo se
speronarlo od evitarlo. Alla fine decidemmo di mettere tutta la barra a dritta
ed evitarlo, e [il sommergibile] strusciò
contro il fianco della nave. In quel lasso di tempo riuscimmo a sparare un
proiettile da 3 pollici [76 mm]”.
Alla sparatoria si
unirono anche il Boston ed il Poole, accorsi sul posto (non è invece
chiaro se anche il Cromarty abbia
preso parte all’azione di fuoco), che aprirono il fuoco con tutte le armi
disponibili, cannoni e mitragliere: sul Bronzo
si abbatté una gragnuola di colpi che in pochi minuti falciò tutti gli uomini
saliti in coperta. I danni maggiori furono causati dai colpi da 76 mm del Boston (secondo altra fonte, invece, del
Seaham), che centrarono la torretta
del sommergibile italiano, distruggendo il periscopio ed uccidendo tutti quelli
che vi si trovavano: il comandante Gherardi, il comandante in seconda
Pellegrini, due sottufficiali e quattro tra sottocapi e marinai. Altri uomini
rimasero feriti (tra di essi il ventenne marinaio radiotelegrafista Pasquale
Mario Ercolano, da Roma).
Lo scontro durò pochi
minuti: caduti i due ufficiali più alti in grado, feriti molti dei restanti,
con il sommergibile danneggiato ed ormai bloccato in superficie sotto il tiro
concentrato di tre (o quattro) navi nemiche, la situazione era senza speranza. Alle
13.07 i marinai del Bronzo iniziarono
ad uscire in coperta dal boccaporto prodiero: parecchi uomini cercarono scampo
gettandosi in mare, altri fecero segni di resa alle navi britanniche.
Una serie
di fotogrammi di un filmato che mostra la cattura del Bronzo (dal sito dell’Imperial War Museum):
Il Seaham affiancò allora il Bronzo ed inviò a bordo un drappello d’abbordaggio,
al comando del tenente di vascello D. “Dumbo” Bolton, che fece prigioniero
l’equipaggio superstite e s’impadronì del sommergibile, mentre il Boston metteva a mare la sua baleniera
per recuperare gli uomini gettatisi in mare.
Secondo David Satherly,
ad abbordare il Bronzo sarebbe stato
proprio l’LCI 127: "Affiancammo il sommergibile ed io ed il
marinaio Wiggy Bennett, armati di mitra Thompson, scendemmo nella macabra
carcassa della torretta per catturare il sommergibile". I superstiti
si arresero (secondo Satherly, avrebbero offerto ai britannici "pesche e sigarette Player’s", il
che sembra invero un po’ strano date le circostanze), dopo di che "i pezzi degli uomini uccisi dai colpi andati
a segno vennero raccolti in delle coperte, ed un cavo di rimorchio venne
passato dal 127 al sommergibile".
Il comandante in
seconda del Seaham rimandò due
marinai italiani a bordo del Bronzo
per fermare i motori, mentre il responsabile della mensa del dragamine, che
parlava italiano, interrogò i superstiti per sapere se fossero state attivate
delle cariche per l’autodistruzione, ottenendo risposta negativa. Una lettera
spedita a casa all’epoca dal tenente di vascello neozelandese W. A. E. Leonard,
che non era a bordo delle unità coinvolte ma ebbe modo di parlare con qualcuno
dei loro ufficiali, afferma che dopo l’emersione il Seaham inseguì il Bronzo
a tutta forza, e che “Il primo colpo del
cannone prodiero colpì la torretta del sommergibile, uccidendo tre ufficiali e
ferendo mortalmente il comandante. Con entrambe le unità che ancora procedevano
a tutta velocità, un drappello d’abbordaggio composto da un ufficiale e diversi
marinai saltò a bordo del sommergibile e mandò due italiani sottocoperta per
fermare i motori. Fatto questo, l’equipaggio italiano corse e si gettò in mare,
il che indicava che probabilmente delle bombe a tempo per l’autodistruzione
erano state attivate all’interno dello scafo. Cionondimeno, venne condotta
un’accurata ispezione per individuarle; non ne venne rinvenuta nessuna, ed il
sommergibile fu preso a rimorchio”. Tra gli applausi dei soldati britannici
ammassati sull’LCI 127, venne issata
sul Bronzo la bandiera della Royal
Navy.
Boston e Poole, intanto,
recuperavano gli uomini del Bronzo
che si erano gettati in mare: il Boston
ne ripescò undici con la propria baleniera, il Poole cinque. Il resto dell’equipaggio era stato trasbordato sul Seaham.
Sopra, il
Bronzo accanto al Seaham (g.c. STORIA militare, www.yccn.centronaval.org.ar e da
“The Secret Capture” di Stephen Roskill); sotto, rimorchiato dal Seaham verso Siracusa (g.c. STORIA
militare e IWM A 18094)
Il comandante Brett del Seaham parla con il più alto in grado tra gli ufficiali superstiti del Bronzo (IWM 4592) |
Secondo il citato Despatch on the Invasion of Sicily,
soltanto venti italiani su quaranta sarebbero sopravvissuti; gli altri furono
uccisi in combattimento od annegarono dopo essersi gettati in mare. In realtà i
morti furono otto, ed i superstiti furono 36, su un equipaggio di 44 uomini;
l’errore nel dispaccio trae probabilmente origine dal numero dei superstiti
presi a bordo del solo Seaham, non
contando invece quelli recuperati da Boston
e Poole.
Tra i 36 prigionieri
vi erano l’ufficiale di macchina, tenente del Genio Navale Francesco Giorgi, il
guardiamarina Giuseppe Tolomeo e l’aspirante guardiamarina Ferro.
(Secondo una fonte
francese, invece, l’equipaggio del Bronzo
sarebbe stato composto da 5 ufficiali e 49 tra sottufficiali e marinai, di cui
“8 elettricisti, 11 siluristi, 6 radiotelegrafisti, 3 cannonieri, 9 meccanici,
8 marinai, 2 furieri, un timoniere ed un cuoco”, ed i superstiti sarebbero stati
48, con 6 morti; ma un simile equipaggio sembra troppo numeroso per un
sommergibile della classe Platino, il cui equipaggio normale si aggirava sui 44
uomini, ed il numero delle vittime è certamente sbagliato, essendo queste state
otto).
Le vittime:
Cosimo Albano, marinaio nocchiere, da Nardò,
22 anni
Mario Borgoforti, sergente radiotelegrafista,
da Cingoli, 22 anni
Vincenzo Di Candia, sottocapo segnalatore, da
Manfredonia, 20 anni
Luciano Frizzi, marinaio elettricista, da
Genova, 21 anni
Antonio Gherardi, tenente di vascello
(comandante), da Brescia, 23 anni
Giuseppe Pellegrini, sottotenente di vascello
(comandante in seconda), da Spilimbergo, 26 anni
Renato Poletti, sergente motorista, da
Cesenatico, 26 anni
Ciro Tuccillo, marinaio motorista, da Ischia,
20 anni
Alla memoria del
comandante Gherardi sarebbe stata conferita la Medaglia di Bronzo al Valor
Militare, con motivazione “Ufficiale in
2a e successivamente comandante di sommergibile impiegato senza riposo in
numerose missioni di guerra in acque aspramente contese dall'avversario, nel
terzo anno della guerra 1940-1943, dava il meglio di sé stesso perché l'unità
rispondesse in pieno al compito silenzioso e tenace che le era connesso.
Dimostrava in ogni circostanza tenacia di vittoriosi propositi, perizia e sereno
coraggio. Cadeva in combattimento, scomparendo con l'unità che coraggiosamente
aveva guidato in numerose azioni. (Mediterraneo, 27 settembre 1942 - 12 luglio
1943)”.
Secondo la lettera
del tenente di vascello Leonard, menzionata in precedenza, poco dopo la cattura
del Bronzo un altro dei dragamine del
gruppo avrebbe avvistato il periscopio di un altro sommergibile: il cavo di
rimorchio del Bronzo sarebbe allora
stato reciso, abbandonandolo temporaneamente alla deriva, mentre Cromarty e Poole davano la caccia a questa seconda unità subacquea, finché
ritennero di averla affondata. Subito dopo sarebbe stato localizzato anche un
terzo sommergibile, che sarebbe stato a sua volta attaccato da Boston e Poole fino alla sua scomparsa, ma senza la possibilità di
accertarne l’affondamento. In tutto, dall’avvistamento del Bronzo alla conclusione della caccia contro il “terzo” sommergibile
non sarebbe passata che mezz’ora.
In realtà, non
risulta che alcun altro sommergibile, oltre al Bronzo, sia stato attaccato in quella data ed in quella posizione,
e certamente nessun altro sommergibile fu affondato in quel frangente:
probabilmente l’avvistamento del secondo e del terzo sommergibile furono
immaginari, frutto di equipaggi “sovreccitati” dopo lo scontro con il Bronzo, che scambiarono forse qualche
increspatura delle onde per una scia di periscopio.
Anche il Seaham partecipò alla terza caccia,
finché alle 14.41, ricevuta notizia della perdita del contatto con il presunto
sommergibile, il comandante Brett fece mettere la sicura alle bombe di
profondità e chiese ed ottenne dal Cromarty
l’autorizzazione a tornare a prendere a rimorchio il Bronzo. Alle 14.52 il Seaham
era di nuovo accanto al Bronzo, ed
alle 15.30 il rimorchio era stato nuovamente stabilito; con un ufficiale e due
marinai del Seaham a bordo del
sommergibile catturato, le due unità fecero rotta per Siracusa. Alle 16.37 il Seaham superò le ostruzioni del porto
siciliano, ed alle 16.45 calò l’ancora per poi passare il rimorchio alla
posacavi Barhill, che alle 17.02
condusse il Bronzo alla banchina numero 5 del Porto Grande, dove
il sommergibile venne ormeggiato. (Per altra fonte fu invece l’LCI 127 a rimorchiare in porto il Bronzo, ma ciò è in contrasto con il
rapporto del comandante Brett, e soprattutto esiste una fotografia che mostra
chiaramente il Bronzo a rimorchio del
Seaham).
Il Bronzo, ormai catturato, viene condotto
a Siracusa dalla posacavi HMS Barhill nel tardo pomeriggio del 12 luglio 1943 (da un filmato dell’Imperial War Museum):
(IWM 4588) |
(IWM 4590) |
(Imperial War Museum via Marcello Risolo) |
Il Seaham, con a bordo i naufraghi del Bronzo, manovra per ormeggiarsi a
Siracusa (Imperial War Museum):
Un
ufficiale del Bronzo, ferito, sorretto
da un marinaio britannico dopo l’arrivo a Siracusa (Imperial War Museum):
Dall’interrogatorio
dei prigionieri i britannici appresero che il Bronzo era partito da Pozzuoli due giorni prima, e che la sua
missione consisteva nell’attaccare le navi britanniche impegnate in azioni di
bombardamento costiero tra Augusta e Siracusa. I naufraghi dichiararono inoltre
di aver creduto che Siracusa fosse ancora in mano italiana, e di aver creduto
che, emergendo, si sarebbero trovati presso unità amiche. Dalla Sicilia
finirono poi in prigionia in Egitto, in un campo non lontano da Suez.
Da Siracusa il Bronzo venne successivamente rimorchiato
a Malta, dove venne ispezionato e rimesso in efficienza entro la fine del 1943.
Il 16 settembre 1943 il sottotenente di vascello John Rayner risulterebbe
essere stato nominato ufficiale di collegamento a bordo del P 714 (ex Bronzo); non è molto chiaro ufficiale di collegamento con chi.
A bordo del
sommergibile italiano i britannici poterono catturare alcuni esemplari dell’“ingannatore
sonar” (sonar decoy) tedesco
«Pillenwerfer», che vennero poi utilizzati dal sommergibile Unison durante un’esercitazione
antisommergibili a beneficio del cacciatorpediniere Wheatland, condotta nelle acque di Malta nell’agosto-settembre 1943.
Un ufficiale britannico sulla torretta del Bronzo (Imperial War Museum):
Alcuni fotogrammi in cui sono ben visibili i fori aperti dalle cannonate britanniche nella torretta del Bronzo (Imperial War Museum):
A Siracusa dopo la cattura, in due immagini della Harry S. Truman Library & Museum
Un marinaio britannico monta la guardia accanto ad un caduto del Bronzo (Imperial War Museum).
Una serie
di immagini del Bronzo ormeggiato a
Siracusa all’indomani della cattura, il 13 luglio 1943 (da filmati dell’Imperial
War Museum):
(IWM 4476) |
(IWM 4477) |
(g.c. STORIA militare) |
Un ufficiale britannico sulla torretta del Bronzo (Imperial War Museum):
Alcuni fotogrammi in cui sono ben visibili i fori aperti dalle cannonate britanniche nella torretta del Bronzo (Imperial War Museum):
A Siracusa dopo la cattura, in due immagini della Harry S. Truman Library & Museum
Caduti
italiani sulla torretta del Bronzo
(Imperial War Museum)…
Un marinaio britannico monta la guardia accanto ad un caduto del Bronzo (Imperial War Museum).
Il volto della guerra. |
Per la cattura del Bronzo e più in generale l’attività
svolta durante l’invasione della Sicilia, il comandante Brett del Seaham sarebbe stato decorato con il
Distinguished Service Order. Nel suo rapporto, Brett elogiò tutto l’equipaggio
del Seaham “per il modo splendido in cui tutti gli ordini furono eseguiti in questa
prima azione contro un sommergibile”, ed in particolare il tenente di
vascello Sharp, per aver avvistato per primo il periscopio del Bronzo; il tenente di vascello Bolton,
per aver guidato la squadra d’abbordaggio; il tenente di vascello V. S. Dobson,
per aver diretto il tiro delle mitragliere e per aver allestito il rimorchio
del sommergibile catturato; il sottufficiale segnalatore West, “per coraggio e freddezza nel trasmettere i
segnali durante l’azione”; il sottufficiale Mills, per aver diretto il tiro
del cannone da 76 mm, centrando al primo colpo la torretta del Bronzo e privando così il sommergibile
del suo comandante; il marinaio Lowe “per
la presenza di spirito nel mettere la sicura alle bombe di profondità quando fu
constatato che saremmo potuti entrare in collisione con il sommergibile”;
il sottufficiale timoniere ed i marinai Inman e Walker-Bowler in servizio ai
telegrafi di macchina, in quanto “se non
fosse stato per l’immediata esecuzione degli ordini al timone ed alle macchine
il Seaham avrebbe potuto rimanere seriamente danneggiato entrando in collisione
con il sommergibile, specialmente nel primo attacco, quando fu compreso che non
era possibile speronarlo ad angolo retto. Accadde così che il Seaham era a soli
cinque piedi [un metro e mezzo] dal
sommergibile, quando questo fu evitato”.
Nella Royal Navy
vigeva ancora la pratica, vestigio dell’epoca della marineria velica, di pagare
un premio in denaro agli equipaggi delle navi che avevano catturato un’unità
nemica: per la cattura del Bronzo
risulta essere stato conferito in data 23 febbraio 1951 un “Prize Money
Warrant” del valore di £5.10.0.
Il tenente di vascello O. Bolton osserva i fori prodotti dal tiro britannico nella torretta del Bronzo (IWM 4594) |
Ufficiali
britannici posano davanti al Bronzo catturato
(Imperial War Museum)
L’ormai ex Bronzo venne incorporato nella Royal
Navy e ribattezzato P 714, restando
in Mediterraneo, temporaneamente aggregato alla 10th Submarine Flotilla di Malta. Il servizio del
sommergibile nella Royal Navy, tuttavia, non durò che pochi mesi: il 29 gennaio
1944, infatti, il battello venne ceduto a Malta alla Marina della Francia
libera (FNFL, Forces Navales Françaises Libres),
venendo ribattezzato Narval – in
onore del primo sommergibile che aveva aderito alla causa della Francia Libera,
il Narval, affondato con tutto
l’equipaggio nel dicembre 1940 per urto contro una mina italiana– e ricevendo
la sigla identificativa T 4. Suo
primo comandante sotto bandiera francese fu il tenente di vascello Pierre Georges
Marie Clavier, con il parigrado Tequin come comandante in seconda; l’equipaggio
francese destinato ad armare il Narval
giunse a Malta il 19 febbraio 1944, a bordo del cacciatorpediniere Forbin.
Il
15 marzo il Narval lasciò Malta alla
volta di Alessandria d’Egitto (per altra fonte, Port Said), dove fu sottoposto
a lavori in bacino di carenaggio che si protrassero fino a metà agosto 1944.
Caso non infrequente con le unità di preda bellica, i francesi dovettero
superare alcuni problemi legati alla differenza negli equipaggiamenti; i tubi
lanciasiluri prodieri del Bronzo, ad
esempio, erano stati adattati per l’impiego di siluri elettrici di fabbricazione
tedesca, che non esistevano nell’arsenale Alleato.
Il Bronzo sotto bandiera francese, con il nome di Narval (da www.postenavalemilitaire.com) |
Una volta rimesso in
piena efficienza, come dimostrato dalle prove in mare svolte al termine dei
lavori, il 24 dicembre 1944 il Narval
venne assegnato alla scuola d’ascolto antisom di Dakar-Freetown come unità per
l’addestramento sonar dei mezzi antisommergibili. Successivamente il
sommergibile venne utilizzato come battello scuola, con base dapprima a Dakar e
successivamente (1945) a Casablanca. Avrebbe partecipato anche, insieme ad
altri sommergibili della Francia Libera, ai programmi di pattugliamento
organizzati dalla Royal Navy in Atlantico.
Il 5 novembre 1945, a
guerra conclusa ormai da alcuni mesi, il Narval
fu posto in “riserva speciale” ad Orano; nel settembre 1946 avrebbe partecipato
ad un esperimento di osservazione diretta di “nuvole di bolle anti-ASDIC” emesse
da un sommergibile immerso (cioè il Narval
stesso) da parte di nientemeno che Jacques-Yves Cousteau.
La
Marina italiana, da parte sua, radiò formalmente il Bronzo dai quadri del proprio naviglio soltanto il 18 ottobre 1946,
a più di tre anni dalla cattura ed uno e mezzo dalla fine delle ostilità in
Europa.
Disarmato nel 1948
(per altra fonte, invece, già il 17 settembre 1946), il Narval venne formalmente radiato dai quadri della Marine Nationale
il 29 gennaio 1949 (per altra fonte, il 17 settembre 1949), dopo di che venne
venduto per demolizione.
(Secondo una fonte
ancora differente, sarebbe stato venduto per demolizione nel gennaio 1949 e poi
radiato il 29 luglio dello stesso anno, il che sembra però piuttosto strano).
Il
18 luglio 2014, a settantun anni e sei giorni dal combattimento in cui il Bronzo fu catturato, la città di
Siracusa ha intitolato al sommergibile la banchina numero 5 del Porto Grande
(antistante la Capitaneria: si tratta della stessa banchina cui il Bronzo era stato ormeggiato dopo essere
stato rimorchiato in porto dai britannici, dopo la cattura), così divenuta
“Banchina Sommergibile Bronzo”,
presso la quale è stata inoltre apposta una targa in memoria dei membri
dell’equipaggio rimasti uccisi nello scontro (recante l’iscrizione: «La città di Siracusa dedica la banchina n° 5
in onore e perenne ricordo dei marinai imbarcati sul regio sommergibile Bronzo
caduti a seguito di mitragliamento britannico il 12 luglio 1943 al largo di
Siracusa»). L’iniziativa è stata promossa dall’Associazione Storica “Lamba
Doria”. Hanno partecipato alla cerimonia i familiari di alcuni dei caduti del Bronzo, il sindaco di Siracusa Giancarlo
Garozzo, il comandante di Marisicilia contrammiraglio Roberto Camerini, il
comandante della Capitaneria di Porto capitano di vascello Domenico La Tella,
il comandante di Maristaeli Catania (la stazione elicotteri della Marina
Militare a Catania) capitano di vascello pilota Andrea Cottini, il comandante del
Distaccamento Aeronautico tenente colonnello Paolo Tredici, il comandante della
137a Squadriglia Radar Remota maggiore Giuseppe Canto, numerosi
membri dell’Associazione Lamba Doria e dell’Associazione Nazionale Marinai
d’Italia (tra cui il direttore dell’ANMI nella Sicilia Orientale, ammiraglio
Vincenzo Tedone) nonché di altre associazioni combattentistiche, il Gruppo
Bandiera dell’Associazione Arma Aeronautica e la banda cittadina di Siracusa, e
numeroso pubblico.
Nel
marzo 2018 la targa è stata imbrattata da teppisti rimasti ignoti.
Ottimo! superbo Lavoro.
RispondiEliminaLa ringrazio.
EliminaBuongiorno, mio padre, Elio Andreucci, era imbarcato sul Bronzo.
RispondiEliminaAveva fatto un corso come cannoniere a Pola
Dopo la cattura del sommergibile, fu portato prigioniero in Albania
Fu poi decorato con la Croce di Ferro
Queste sono le uniche notizie che ho