sabato 7 gennaio 2017

Rapallo

La Rapallo (g.c. Pietro Berti via www.naviearmatori.net

Piroscafo cisterna da 5812 tsl, 3148 tsn e 8500 tpl, lungo 117,5 metri, largo 15,90 e pescante 8,32, con velocità di 10-11 nodi. Appartenente all’Azienda Generale Italiana Petroli (AGIP) con sede a Roma, iscritto con matricola 1072 al Compartimento Marittimo di Genova.

La Rapallo fu la prima petroliera dell’AGIP. Nel 1920 era infatti nato a Milano (o Torino) il Consorzio Utenti Nafta Società Anonima (CUNSA), che si proponeva di assumere il controllo dell’approvvigionamento e fornitura di nafta alle industrie dell’Italia Settentrionale, fino ad allora in mano a compagnie straniere. Per perseguire tali obiettivi, il CUNSA abbisognava di una propria flotta di navi cisterna: si dava il caso che in quel momento si trovassero in fase ancora non avanzata di costruzione, nei cantieri di Riva Trigoso, due navi da carico secco, che il CUNSA prontamente acquistò per farne delle petroliere per il trasporto di prodotti petroliferi “sporchi”. Dopo le necessarie trasformazioni per convertirli in navi cisterna, operate mentre erano ancora sullo scalo (vennero eliminati i colaggi del fasciame, raddoppiata gran parte della coperta – per irrobustire le strutture delle due navi – e realizzato sulla parte superiore delle cisterne, per compensare l’aumento di volume del carico, un cofano di espansione che correva longitudinalmente per tutto il ponte di coperta sovrastante il carico; rimasero invece i doppi fondi a sistema cellulare, che contraddistinguevano le navi da carico, dove detti doppifondi avevano ampie aperture che permettevano lo stivaggio del carico anche negli spazi sottostanti), i due bastimenti furono varati con i nomi di Rapallo e Recco; erano quasi gemelli, con una leggera differenza nella stazza e nella portata (la Rapallo era lievemente più grande).
Per via dell’atipicità della loro provenienza, trattandosi di navi da carico trasformate in petroliere durante la costruzione, Rapallo e Recco avevano una struttura a cisterne laterali, separate da un’unica paratia longitudinale e da varie paratie trasversali. L’apparato motore, una macchina a vapore a duplice espansione, aveva bassa potenza e bassa velocità.

Porto di scarico di queste prime petroliere italiane fu Vado Ligure, scelto dal CUNSA perché già sede di un deposito costiero di prodotti petroliferi, da esso acquistato ed ingrandito. Rapallo e Recco caricavano la nafta in America, Russia e Persia (Iran) e la portavano a Vado Ligure; qui era trasferita su vagoni cisterna che al portavano poi alle imprese acquirenti. Talvolta le due navi compivano anche qualche viaggio per conto terzi. Successivamente, il CUNSA estese i propri servizi anche al Veneto, pertanto venne creato un secondo terminale a Venezia, nel Canale della Bretella, vicino a Porto Marghera (all’epoca fondata da pochi anni); Rapallo e Recco, però, avevano un pescaggio a pieno carico troppo elevato per poter entrare nel canale della bretella, di conseguenza il CUNSA – dopo aver noleggiato per qualche tempo le piccole navi cisterna Stige ed Acheronte della Regia Marina – affittò il deposito della Regia Marina agli Alberoni, all’imbocco del Canale di Malamocco (non vi erano depositi privati nell’area). Qui Rapallo e Recco allibavano, alleggerendosi di parte del carico (che veniva stivato in un serbatoio ricavato da un ex cilindro di prova-compressione dei sommergibili), quindi, grazie alla conseguente diminuzione di pescaggio, entravano nel canale della Bretella e scaricavano la restante parte del carico nel terminale ivi situato. Nel 1925 la CUNSA, estendendo la propria attività, cambiò ragione sociale in Società Nazionale Oli Minerali (SNOM), e nel 1928 venne rilevata dalla neonata AGIP, che ne acquisì la flotta, a partire da Rapallo e Recco.

Breve e parziale cronologia.

1919
Impostata nei cantieri della Società Esercizio Bacini di Riva Trigoso come piroscafo da carico secco.
22 ottobre 1921
Varata come piroscafo cisterna nei cantieri della Società Esercizio Bacini di Riva Trigoso (numero di costruzione 78).


Il varo della Rapallo (sopra: da “Le carrette degli armatori genovesi” di Pro Schiaffino, via Francesco Di Nitto; sotto, g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)


Dicembre 1921
Completata come Rapallo per il Consorzio Utenti Nafta S.A. di Milano/Genova. Stazza lorda e netta originarie sono 6467 tsl e 3944 tsn.
1925
La società armatrice cambia nome in Società Nazionale Oli Minerali.
1928
La SNOM viene liquidata, e la sua flotta viene rilevata dall’Azienda Generale Italiana Petroli, con sede a Roma.
 

La Rapallo a Catania nel 1926 (g.c. Francesco Di Nitto via www.navsource.org
Colombia

Come altre duecento e più navi mercantili italiane, la Rapallo si trovava ben al di fuori del Mediterraneo quando l’Italia entrò nella seconda guerra mondiale: era in navigazione nell’Oceano Atlantico, vuota, diretta negli Stati Uniti per caricare prodotti petroliferi. Ricevuto l’avviso dell’entrata in guerra, la nave si rifugiò alle Canarie, possedimento della neutrale Spagna; da qui uscì in seguito per prelevare il carico da una petroliera statunitense, per poi tornare alle Canarie.
Più avanti, la Rapallo lasciò definitivamente le Canarie ed attraversò il Mar dei Caraibi diretta a Cartagena, in Colombia. Qui, accolta cordialmente, si fece definitivamente internare, quale nave mercantile di Paese belligerante in porto neutrale.
Nel marzo 1941 il servizio informazioni dell’Ammiragliato britannico (Naval Intelligence Division) riferì che secondo alcune notizie la Rapallo e l’unica altra nave italiana presente nelle acque della Colombia, la pirocisterna Anteo (anch’essa a Cartagena), si stavano preparando a partire, nel probabile intento di violare il blocco navale britannico; ma le due petroliere non si mossero da Cartagena.
Furono gli eventi del dicembre 1941, con l’attacco giapponese a Pearl Harbor (7 dicembre) e la successiva dichiarazione di guerra agli Stati Uniti anche da parte di Italia e Germania (8 dicembre), a segnare la sorte delle due navi cisterna.
L’8 dicembre 1941, mentre la Colombia – dietro pressione statunitense – rompeva le relazioni diplomatiche con i Paesi dell’Asse (ma senza dichiarare guerra all’Asse, cosa che la Colombia fece solamente il 26 novembre 1943), la Rapallo venne catturata dalle autorità colombiane insieme all’Anteo.
L’equipaggio italiano della Rapallo venne sbarcato ed internato in una località dell’interno; uno dei suoi componenti, l’ufficiale di macchina Antonio Martinengo, da Nervi, sarebbe deceduto in Colombia il 14 aprile 1946, a guerra finita, prima di poter tornare in Italia.
Qualche membro dell’equipaggio delle due cisterne si sarebbe stabilito a Cartagena nel dopoguerra; uno di essi, il capitano Virginio Giaimo, divenuto istruttore nella Marina colombiana, avrebbe chiamato in Colombia la propria famiglia. La nipote di Virginio, Silvana Giaimo, sarebbe divenuta nel 2009 viceministro delle Miniere e dell’Energia della Colombia

Dopo la confisca da parte della Colombia, agli inizi del 1942 il nome della Rapallo venne cambiato in Victorian, e la nave venne registrata sotto bandiera panamense.
Il 6 agosto dello stesso anno, sempre a Cartagena, la petroliera fu venduta dalla Colombia agli Stati Uniti, mutando nome in Polonaise e passando alle dipendenze della United States War Shipping Administration (sempre battendo bandiera di Panama). Quest’ultima la diede in gestione alla Marine Transport Company di New York, che la impiegò nel trasporto dell’olio combustibile dai porti statunitensi della costa del Golfo (il più a sud dei quali era Corpus Christi, in Texas) a quelli della costa orientale degli Stati Uniti (il più a nord dei quali era New York), nonché nel Mar dei Caraibi, dalle Antille Olandesi a Cuba.
Sotto il nome di Polonaise, la nave solcò l’Atlantico in innumerevoli convogli: il KP 411 (Key West-Pilottown, 14-17 ottobre 1942), l’HK 128 (Galveston Bar-Key West, 20-24 dicembre 1942), il KN 214 (Key West-New York, 25-30 dicembre 1942), il KN 219 (Key West-New York, 30 gennaio-4 febbraio 1943), l’NK 527 (New York-Key West, 6-12 marzo 1943), il KH 454 (Key West-Galveston Bar, 12-16 marzo 1943), il KN 230 (Key West-New York, 25-31 marzo 1943), l’NK 532 (New York-Key West, 1-8 aprile 1943), il KH 464 (Key West-Galveston Bar, 8-12 aprile 1943), l’HK 170 (Galveston Bar-Key West, 15-19 aprile 1943), il KN 235 (Key West-New York, 20-25 aprile 1943), l’NK 538 (New York-Key West, inizio maggio 1943), l’HK 190 (Galveston Bar-Key West, 4-8 giugno 1943), il KN 245 (Key West-New York, 8-14 giugno 1943), l’NK 548 (New York-Key West, 20-27 giugno 1943), il KH 496 (Key West-Galveston Bar, 27 giugno-1° luglio 1943), l’HK 115 (Galveston Bar-Key West, 3-7 agosto 1943), il KN 257 (Key West-New York, 7-12 agosto 1943), l’HK 129 (Galveston Bar-Key West, 7-11 settembre 1943), il KN 264 (Key West-New York, 11-17 settembre 1943), l’NK 567 (New York-Key West, fine settembre 1943), l’HK 141 (Galveston Bar-Key West, 7-11 ottobre 1943), il KN 270 (Key West-New York, 12-17 ottobre 1943), l’NG 403 (New York-Guantanamo, 8-14 dicembre 1943), il GAT 105 (Guantanamo-Trinidad, 14-20 dicembre 1943).

Il GAT 105 fu l’ultimo convoglio per la Polonaise: il 14 ottobre 1943 la Marina statunitense chiese alla War Shipping Administration (dopo aver contattato, due giorni prima, l’Auxiliary Vessel Board) che le venissero fornite quindici vecchie navi cisterna, da utilizzare come depositi di carburante galleggianti («mobile station tankers» o «floating oil storage vessels»), al seguito della propria flotta, nell’Oceano Pacifico, dove le navi statunitensi dovevano spesso operare in acque lontanissime dalle proprie basi navali. Tali navi erano quindi urgentemente necessarie, per appoggiare l’attività della Flotta del Pacifico nelle basi avanzate, dove non vi erano depositi di carburante sulla terraferma. Le navi, che non necessitavano di grandi lavori di riparazione od adattamento, dato che dovevano passare la maggior parte del tempo in porto (non era previsto di usarle per il trasporto di carburante, salvo che nei trasferimenti da una base all’altra), avrebbero raggiunto le basi del Pacifico con equipaggi della Marina Mercantile, che al loro arrivo sarebbero stati subito sbarcati, rimpatriati e sostituiti da personale militare. L’utilizzo di queste vecchie unità avrebbe permesso di liberare per servizi più essenziali diverse motocisterne di recente costruzione, che al momento si trovavano immobilizzate nei porti per essere utilizzate provvisoriamente nel ruolo di depositi galleggianti.
Parecchie anziane pirocisterne ex italiane catturate in porti delle Americhe vennero incluse nel numero delle navi cisterna concesse all’US Navy per soddisfare tale richiesta; tra di esse anche la Polonaise, già Rapallo.
Il 26 dicembre 1943 la pirocisterna, carica di olio combustibile, attraversò il Canale di Panama e, dopo uno scalo a Pearl Harbor, il 3 marzo 1944 giunse nell’atollo di Funafuti, nelle Isole Ellice (oggi Tuvalu), da dove proseguì per l’atollo di Majuro, nelle Isole Marshall. Qui, noleggiata con contratto di «bareboat charter» (cioè noleggio della sola nave, senza equipaggio, provviste, carburante od altro) dalla U.S. War Shipping Administration alla Marina statunitense, la nave entrò in servizio nella United States Navy l’8 aprile 1944, col nuovo nome di Manileno e la matricola IX-141. La Manileno venne armata con un cannone da 100/50 mm, uno a doppio scopo da 76/50 mm ed otto mitragliere singole da 20 mm, ed affidata al capitano di fregata Eugene L. McManus (in seguito sostituito dal capitano di corvetta W. S. Ginn), che comandava un equipaggio di 70 uomini. Aveva una capacità di 55.300 barili, cioè 8800 tonnellate di portata lorda.
Poco dopo la sua entrata in servizio, la nave venne assegnata al Service Squadron Ten, una vera e propria flotta di supporto logistico per la Flotta del Pacifico statunitense dell’ammiraglio Chester Nimitz: il Service Squadron Ten (creato a Pearl Harbor nel gennaio 1944), insieme al Service Squadron Four, riuniva decine e decine di navi ausiliarie di ogni tipo, tra navi cisterna, navi frigorifere, portamunizioni, navi officina, rimorchiatori, trasporti e bacini galleggianti, così costituendo una vera e propria “base navale navigante” che seguì la Flotta del Pacifico nella sua avanzata da un arcipelago all’altro (Majuro, Kwajalein, Eniwetok – qui la Manileno si trovava nell’agosto 1944 –, Manus, Ulithi, Leyte, Saipan, Okinawa), tra il 1944 ed il 1945, permettendole di operare anche a distanza di migliaia di miglia dalle basi navali propriamente dette, fruendo di tutti i servizi che queste avrebbero potuto offrire.
La Manileno, una volta inquadrata nel Service Squadron Ten, venne dislocata a Majuro come deposito galleggiante di carburante; senza mai muoversi dal porto, riforniva sia i cacciatorpediniere (per il loro uso individuale) che le rifornitrici di squadra (che a loro volta rifornivano, con quel carburante, le unità da guerra di maggiori dimensioni). Nel giugno 1944 la Manileno si trasferì nell’atollo di Eniwetok (sempre nelle Marshall), dove servì ancora come deposito galleggiante di combustibile, e dopo la conquista delle Marianne raggiunse Guam, sempre con il medesimo ruolo. A Guam, la Manileno era rifornita una volta alla settimana (circa) da navi cisterna mercantili, e con quel carburante rifornì a sua volta centinaia di navi. Rimase a Guam fino alla fine della seconda guerra mondiale; durante tutto il conflitto la Manileno rifornì la Flotta del Pacifico con ben 56.000.000 di galloni di carburante, cioè 211.983.060 litri.

Il 29 ottobre 1945, a guerra finita, la Manileno lasciò Guam per Mobile, in Alabama, dove giunse il 20 dicembre dopo aver attraversato il Canale di Panama. Il 14 gennaio 1946 venne posta in stato di pre-disarmo, il 7 febbraio cessò il servizio per la U.S. Navy e venne restituita alla War Shipping Administration (sempre a Mobile), ed il 28 marzo 1946 fu formalmente radiata dai quadri dell’US Navy.
Finita la guerra, essendo ormai venuto meno il bisogno di tante navi, il Governo statunitense decise di restituire all’Italia le navi mercantili superstiti tra quante erano state catturate o confiscate durante il conflitto. La Manileno venne ceduta dalla U. S. Maritime Commission alla Società Ligure di Armamento il 19 maggio 1947, tornando ad assumere l’originario nome di Rapallo. La Società Ligure di Armamento la cedette poi all’AGIP, sua antica proprietaria (per altra fonte la nave venne restituita direttamente all’AGIP).
Per l’AGIP la Rapallo navigò ancora per otto anni; tra il 1952 ed il 1954 trasportò prodotti petroliferi lavorati dai porti sovietici del Mar Nero ai porti sovietici del Mar Baltico, facendo scalo a Costanza (Romania), Helsinki, Leningrado e Stettino. Nel 1955 l’anziana pirocisterna venne posta in disarmo; fu avviata alla demolizione a Trieste il 18 aprile dello stesso anno.

Questo scrisse, sull’epilogo della Rapallo, l’ufficiale Leonardo Fiore, per il quale la vecchia petroliera fu il primo imbarco, nel 1950: “Così il Rapallo che per 35 anni era stata la casa di migliaia di naviganti, ciascuno con la sua storia, entro cui avevano trascorso una parte della loro vita lontano dalla famiglia, una nave che andando in giro per il mondo, dopo aver dato pane e lavoro, sogni e speranze a tanti marinai, ora come sempre, anche se malvolentieri, ubbidiva agli ordini. Nella manovra di partenza per Genova non aveva più nessuna fretta, chi lo vide mi disse che procedeva a lento moto davanti ad una lunga scia, come la fuga degli anni che se ne erano andati via per tutti gli uomini dei suoi equipaggi. Andava silenziosamente come un condannato a morte che non vuoi morire e che nessuno doveva accorgersi delle sue ultime ore di vita con quella gloriosa bandiera della marina mercantile italiana ammainata per sempre, che aveva portato orgogliosamente per il mondo. Forse, pur avendo raggiunto il limite massimo, avrebbe preferito riposare intatto su qualche fondale del proprio profondo immenso elemento naturale, invece il rimorchiatore, in assoluto silenzio, lo trascinò alla calata Gadda dove il cantiere OMSA lo demolì e nel 1956 fu cancellato dalle matricole di quel compartimento marittimo.”
 

La Rapallo nel dopoguerra, intorno al 1951-1952 (foto Letterio Tomasello, via www.naviearmatori.net

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