domenica 22 gennaio 2017

MS 25

La MS 25 insieme ad alcune unità della stessa classe (Coll. Guido Alfano via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net

Motosilurante tipo CRDA da 60 tonnellate, prima serie (dislocamento di 62,5 tonnellate, lunghezza 28 metri, larghezza 4,30 e pescaggio 1,29, propulsa da tre motori diesel su tre eliche, velocità 30 nodi; armata con due tubi lanciasiluri da 533 mm, due mitragliere da 20/65 mm, due da 6,5 mm e due tramogge per otto bombe di profondità). Il progetto di tali unità era derivato, con poche modifiche, dallo studio di alcune motosiluranti jugoslave catturate nel 1941, a seguito dell’invasione della Jugoslavia: queste ultime, di costruzione tedesca, erano una versione da esportazione della prima classe di Schnellboote tedesche, la classe S-1. Le loro forme di carena permettevano il raggiungimento di velocità elevate unito ad una tenuta del mare molto migliore di quella dei MAS, inadatti all’impiego in mare aperto con tempo non ottimale.

Breve e parziale cronologia.

6 dicembre 1941
Impostata nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1301).
6 giugno 1942
Varata nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
9 luglio 1942
Entrata in servizio.
Assegnata alla II Squadriglia Motosiluranti, viene sottoposta ad un breve periodo di addestramento a Pola.
Inizio agosto 1942
Dislocata in una base della zona del Canale di Sicilia.
11 agosto 1942
La MS 25, insieme al resto della II Flottiglia Motosiluranti (MS 16, MS 22, MS 23, MS 26 e MS 31), alle Squadriglie MAS XV (MAS 543, 548, 549 e 563), XVIII (MAS 533, 553, 556, 560 e 562) e XX (MAS 552, MAS 554, MAS 557, MAS 564) ed alla 3. Schnellboot-Flotille tedesca (motosiluranti S 30, S 36, S 58 e S 59), viene inviata nel Canale di Sicilia per tendere un agguato al grande convoglio britannico diretto a Malta nell’ambito dell’operazione «Pedestal».
Quest’ultima consiste nell’invio a Malta – particolarmente alle strette dopo la battaglia di Mezzo Giugno, che ha impedito a quasi tutti i rifornimenti di altri due convogli di raggiungere l’isola assediata – di un convoglio di 14 mercantili (le navi da carico Almeria Lykes, Melbourne Star, Brisbane Star, Clan Ferguson, Dorset, Deucalion, Wairangi, Waimarama, Glenorchy, Port Chalmers, Empire Hope, Rochester Castle e Santa Elisa e la nave cisterna Ohio) carichi di vitali rifornimenti, con forte scorta: quattro incrociatori leggeri (Nigeria, Kenya, Cairo e Manchester) e dodici cacciatorpediniere (Ashanti, Intrepid, Icarus, Foresight, Derwent, Fury, Bramham, Bicester, Wilton, Ledbury, Penn e Pathfinder) per la scorta lungo tutto il tragitto (Forza X), e ben quattro portaerei (Eagle, Furious, Indomitable e Victorious), due corazzate (Rodney e Nelson), tre incrociatori leggeri (Sirius, Phoebe e Charybdis) e dodici cacciatorpediniere (Laforey, Lightning, Lookout, Tartar, Quentin, Somali, Eskimo, Wishart, Zetland, Ithuriel, Antelope e Vantsittart) come ulteriore scorta nella prima metà del viaggio (fino all’imbocco del Canale di Sicilia).
Il Comando Marina di Trapani, prevedendo che il convoglio britannico, diretto verso Malta, seguirà la rotta a sud di Pantelleria oppure quella che, superato Capo Bon, proseguiva verso sudest fin nei pressi di Ras Mahmur, ha inviato i propri mezzi insidiosi proprio in tale area.
La MS 25 e le altre unità della II Flottiglia Motosiluranti (al comando del capitano di corvetta Giorgio Manuti), partite da Trapani, vengono assegnate alla zona d’agguato «Gamma 3», al largo della costa tunisina, delimitata da Ras el Mihr da una parte e Ras Mahmur dall’altra. La zona «Gamma 3» viene a sua volta divisa in tre sottozone, ciascuna delle quali è assegnata ad una sezione di tre motosiluranti.
L’ordine, sia per le motosiluranti che per i MAS, è di effettuare un primo rastrello della zona assegnata (senza vincoli di limiti di zona) e, in caso d’intercettazione di segnali di allarme, di precipitarsi sul posto per attaccare il nemico; i comandanti dovranno agire con il massimo spirito offensivo.
Ha così inizio la battaglia di Mezzo Agosto.
13 agosto 1942
Nelle prime ore della notte, come previsto, scatta l’attacco dei mezzi insidiosi, che, grazie alle condizioni ottimali per una attacco del genere – convoglio frammentato, mare non molto mosso, scarsa visibilità – mietono numerose vittime tra le navi del convoglio, già indebolito e disperso dai precedenti attacchi aerei e subacquei.
La Forza X britannica (cioè la forza di scorta diretta del convoglio), per non passare nelle acque minate ad est di Capo Bon, costeggia la costa tunisina a sud dell’isola di Zembra, transitando nelle acque territoriali del Nordafrica francese; i cacciatorpediniere approfittano del periodo di calma seguito alla prima ondata di attacchi nella zona del banco di Skerki per riordinare e ricompattare (relativamente il convoglio). Alle 23.54 Forza X e convoglio raggiungono Capo Bon ed iniziano a piegare verso sud, seguendo la costa in modo da passare al largo di Kelibia: il faro di quella località, però, illumina il mare ed agevola di molto l’avvistamento delle navi (secondo un superstite del convoglio, la luce del faro rendeva le sagome delle navi visibili a dieci miglia di distanza). Il convoglio avanza in formazione piuttosto disordinata: in avanguardia i cacciatorpediniere Ashanti (con a bordo il caposcorta, contrammiraglio Burrough, trasbordato dal danneggiato incrociatore Nigeria), Icarus e Fury, seguiti dagli incrociatori Kenya e Manchester e dai mercantili Glenorchy, Wairangi ed Almeria Lykes. Gli altri mercantili, e parte dei cacciatorpediniere, sono più arretrati, in ordine sparso: le motonavi Melbourne Star, Waimarama, Santa Elisa e Dorset formano un primo gruppo, scortato dal solo cacciatorpediniere Pathfinder; più indietro la danneggiatissima petroliera Ohio assistita dal cacciatorpediniere Ledbury, il piroscafo Port Chalmers scortato dal cacciatorpediniere Penn, e per ultimi il piroscafo Brisbane Star assistito dal cacciatorpediniere Bramham.
La MS 25 (tenente di vascello Franco La Pera), in sezione con la MS 23 (sottotenente di vascello Giacomo Patrone) si avvicina al convoglio ed avvista alle 2.10 un grosso piroscafo al largo di Ras Mustafà, circa sette miglia a sud di Kelibia: ma dopo i primi attacchi delle motosiluranti, che hanno già mortalmente danneggiato l’incrociatore Manchester, il convoglio è ormai in stato di completo allarme. Mentre va all’attacco, la MS 25 viene perciò avvistata, illuminata da alcuni proiettori e bersagliata dal violento tiro nemico, che la costringe a manovrare per disimpegnarsi. Mentre tenta di allontanarsi, la MS 25 si viene a trovare in posizione favorevole per lanciare i propri siluri contro un’unità che ritiene essere un incrociatore; lancia un siluro da grande distanza, ma l’arma non va a segno, probabilmente perché la distanza è eccessiva. Subito dopo aver lanciato, la motosilurante si allontana gettando in mare le bombe di profondità, per intralciare un eventuale inseguimento.
Nelle ore successive, altre motosiluranti italiane vanno all’attacco: vengono affondati il Wairangi, l’Almeria Lykes, il Santa Elisa ed il Glenorchy, mentre motosiluranti tedesche danneggiano il Rochester Castle.
Alle 5.20, mentre verso est iniziano a comparire le prime luci dell’alba, la MS 25 e la MS 23 tornano ad attaccare: entrambe attaccano un piroscafo scortato da un cacciatorpediniere, segnalato loro dalla MS 16. Dato che il sole sta iniziando a sorgere, riducendo di molto la protezione offerta dal buio della notte, le due motosiluranti lanciano tre siluri da distanza eccessiva, così mancando il bersaglio.
Durante la navigazione di ritorno a Pantelleria, MS 25 e MS 23 avvistano un grosso piroscafo ed una nave cisterna, entrambi immobilizzati ed in precarie condizioni di navigazione; la MS 25 non ha però più siluri (la MS 23 ne ha ancora uno, ma inesplicabilmente non lo usa; per altra fonte anche la MS 25 aveva ancora un siluro, che non lanciò). Le due motosiluranti proseguono, e raggiungono Pantelleria.
Il comandante La Pera della MS 25, al pari del comandante Patrone della MS 23, verrà giudicato severamente dall’ammiraglio Arturo Riccardi, capo di Stato Maggiore della Regia Marina, per la scarsa combattività mostrata nella battaglia (“il comportamento della sezione fu giudicato mancante di spirito aggressivo”, riporta la storia ufficiale dell’USMM); i comandi riterranno che entrambi gli ufficiali, nell’attacco al primo piroscafo, abbiano lanciato i loro siluri con eccessiva prudenza, così permettendo che venissero evitati con facilità, ed inoltre giudicheranno duramente il mancato attacco ai due mercantili avvistati sulla rotta di ritorno. Per ordine dell’ammiraglio Riccardi, sia La Pera che Patrone verranno privati del comando e sbarcati.
Settembre 1942
Trasferita in Grecia.
Successivamente sottoposta a lavori a Pola.
Febbraio 1943
Nuovamente trasferita nel Canale di Sicilia.
Marzo 1943
Dislocata a Biserta dopo un breve periodo di lavori effettuati a Trapani.
Da Biserta viene impiegata per compiti di agguato contro navi nemiche, vigilanza antisommergibili, e scorta a motoscafi siluranti d’assalto tipo MTSM della X Flottiglia MAS nelle loro azioni in acque nordafricane.
19 aprile 1943
La MS 25 (sottotenente di vascello Antonio Scialdone), in sezione con la MS 22 (tenente di vascello Franco Mezzadra), salpa da Biserta alle 20.30 in missione di protezione a distanza del traffico navale tra Italia e Tunisia; compito delle due motosiluranti è intercettare eventuali unità nemiche che, provenienti da Bona, siano dirette verso il Canale di Sicilia.
20 aprile 1943
Alle 2.10, mentre MS 25 e MS 22 stanno pendolando a nord di Capo Blanc, avvistano due motosiluranti nemiche (sono britanniche) dirette verso est: le due unità italiane passano subito all’attacco, aprendo il fuoco alle 2.12. Le motosiluranti britanniche rispondono subito al fuoco; il combattimento prosegue con brevi intervalli per circa mezz’ora. Alle 2.30 una delle motosiluranti britanniche cessa il fuoco ed inizia ad allontanarsi, coperta con cortine nebbiogene dall’altra unità, che continua a rispondere al fuoco. Ciò induce i comandanti italiani a pensare che una delle due motosiluranti nemiche sia stata seriamente danneggiata.
Il combattimento continua fino alle 2.40, quando le due unità nemiche si ritirano verso nordovest e le motosiluranti italiane, che hanno una velocità inferiore, devono interrompere l’inseguimento.
Quello appena concluso è stato il primo scontro tra motosiluranti italiane e britanniche al largo di Capo Bianco, in Tunisia. MS 25 e MS 22 hanno subito solo pochi danni superficiali.
25-26 aprile 1943
Nella notte tra il 25 ed il 26, MS 25 (sempre al comando di Scialdone) e MS 22, insieme al MAS 552, prendono parte ad un secondo scontro con motosiluranti britanniche al largo di Ras Zebib, in Tunisia. Questa volta le unità britanniche si ritirano immediatamente, dileguandosi nell’oscurità.
Primavera 1943
In un’altra occasione, rientrando con la MS 22 (tenente di vascello Franco Mezzadra) da un agguato notturno, la MS 25, rimasta indietro (il motore di dritta, raggiunto da alcuni colpi di mitragliera in un precedente scontro, si surriscalda e dev’essere fermato di quando in quando: pertanto il comandante Scialdone ha proposto a Mezzadra di proseguire con la MS 22 per Biserta e lasciare indietro la più lenta MS 25), è testimone di un tragico episodio ad una dozzina di miglia da Biserta. Poco dopo le otto del mattino, la MS 25 viene sorvolata a 30-40 metri di quota da un gruppo di sei esamotori da trasporto della Luftwaffe, carichi di truppe tedesche dirette in Tunisia; sopraggiunge poco dopo una nutrita formazione di bombardieri statunitensi B-24 “Liberator”, che sorvola gli aerei tedeschi e li bombarda. Tutti i velivoli tedeschi sono colpiti e precipitano; le truppe imbarcate fanno appena in tempo ad aprire i portelloni e gettarsi in mare. La MS 25 si precipita sul posto per recuperare i naufraghi, preparando canotto, salvagente e pezzi di legno, ma quando arriva – dopo pochi minuti – trova solo una distesa di 300 cadaveri, disposti in modo quasi regolare in una dozzina di file, tenuti a galla nel mare calmo dai giubbotti salvagente di colore arancione (come “un campo di papaveri”, nella memoria del comandante Scialdone). Per sei ore l’equipaggio della MS 25 avvicina e controlla, uno per uno, le centinaia di corpi galleggianti, mentre una parte sempre maggiore dell’equipaggio, sconvolta dallo spettacolo, si siede a poppa, dando le spalle ai cadaveri e prendendosi la testa tra le braccia, ammutoliti. Alla fine resta solo Scialdone: controllando l’ultima fila, trova un giovane maresciallo ancora vivo, che issa a bordo con l’aiuto del nostromo e di due o tre marinai. È l’unico sopravvissuto.

La MS 25 nel 1942 (Coll. E. Bagnasco, via www.associazione-venus.it)  

L’affondamento

La breve ma intensa vita operativa della MS 25 si concluse in un caldo pomeriggio dell’infernale aprile del 1943, nelle acque della Tunisia, dove aveva trascorso gran parte della propria esistenza.
Il 30 aprile 1943, quando già le sorti dell’Asse in Africa erano irrimediabilmente segnate, partirono dall’Italia per la Tunisia tre cacciatorpediniere in missione di trasporto, i primi due con truppe a bordo, il terzo con munizioni: il Leone Pancaldo, l’Hermes ed il Lampo (quest’ultimo in navigazione isolata, mentre Hermes e Pancaldo procedevano insieme).
Per tutta la mattinata, i tre cacciatorpediniere vennero sottoposto ad intensi e reiterati attacchi aerei Alleati, finché questi ultimi ebbero la meglio. Il Pancaldo, centrato da diverse bombe, affondò alle 12.30 a due miglia per 29° da Capo Bon, portando con sé 199 dei 527 uomini a bordo (tra equipaggio italiano e truppe tedesche); l’Hermes, gravemente danneggiato, riuscì a fatica a raggiungere Tunisi con decine di morti e feriti a bordo. Il Lampo sarebbe stato anch’esso affondato alcune ore più tardi.
Quando il Comando Marina di Biserta fu informato che Hermes e Pancaldo erano sotto attacco, e che il secondo versava in condizioni critiche, fu disposto che alcune piccole unità prendessero il mare per assistere il Pancaldo: questo difficile compito toccò proprio alla MS 25 (sempre al comando del sottotenente di vascello Antonio Scialdone), che uscì da Biserta poco dopo le 13 insieme al MAS 552 (sottotenente di vascello Giorgio Bettini). Quando si seppe che il Pancaldo era affondato, lo scopo della missione divenne il salvataggio dei naufraghi.
Verso le 15.30, quando la MS 25 ed il MAS 552 si trovavano tre miglia a nord dell’isola di Zembra, piombò su di loro una formazione di 22 cacciabombardieri Curtiss P-40 “Kittyhawk” del 2nd e 5th Squadron della South African Air Force (altra fonte, probabilmente erronea, parla di cacciabombardieri Lockheed P-38 Lightning), che si avventarono sulle due minuscole unità mitragliandole e spezzonandole a più riprese. Entrambe le unità attivarono i nebbiogeni, tentando di coprirsi a vicenda (secondo una fonte, aprirono anche il fuoco con le mitragliere, riuscendo ad abbattere l’aereo capo formazione); la MS 25 si portò subito al riparo sotto la costa di Zembra, ma il MAS 552, rimasto più al largo, venne ripetutamente colpito ed incendiato: allora anche la MS 25 abbandonò la relativa sicurezza di Zembra per andare in soccorso dell’unità sezionarla. La motosilurante raggiunse subito il MAS danneggiato e lo circondò con una cortina nebbiogena, ma nel farlo – mentre gli aerei nemici continuavano ininterrottamente ad attaccare – venne a sua volta colpita più volte a poppa, subendo il danneggiamento del timone. A questo punto, manovrando a fatica, la MS 25 entrò nella cortina che aveva steso per proteggere il MAS 552, ormai agonizzante, e ne recuperò i naufraghi; poi fece rotta per Zembra.
Nel breve tragitto la motosilurante venne attaccata di nuovo dai velivoli avversari, e fu colpita ancora: si scatenò un incendio a bordo, che poté tuttavia essere estinto. Anche così, però, la galleggiabilità della MS 25 appariva irrimediabilmente rovinata, al punto che il comandante Scialdone decise di portarla ad arenarsi, per impedire che affondasse.
Verso le 16 di quel triste 30 aprile, la MS 25 andò così ad incagliarsi sulla costa settentrionale di Zembra.
Giunta sul posto una motovedetta inviata in soccorso, Scialdone vi fece trasbordare i superstiti del MAS 552 e quasi tutto il proprio equipaggio, restando a bordo della sua unità agonizzante insieme ad altri tre uomini. Durante la notte Scialdone ed i tre uomini rimasti con lui sulla MS 25 respinsero un attacco da parte di motosiluranti nemiche, azione che valse a Scialdone una Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Nonostante ogni sforzo, però, risultò del tutto impossibile recuperare la MS 25: la motosilurante dovette essere definitivamente distrutta dal suo stesso equipaggio (per altra fonte, fu semplicemente abbandonata sul posto, in quanto inutilizzabile).
Non vi furono vittime tra l’equipaggio della MS 25.


La motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare conferita al sottotenente di vascello Antonio Scialdone, nato a Rimini il 6 gennaio 1917:

"Comandante di sezione di motosiluranti veniva attaccato durante una missione di guerra da una formazione di 40 caccia bombardieri nemici che sottoponevano l’unità ad una lunghissima e poderosa azione di bombardamento e mitragliamento. Pur avendo la propria unità gravemente avariata salvava sotto i reiterati attacchi nemici i naufraghi dell’unità sezionaria in procinto di affondare. Continuava poi con fermezza a sostenere l’impari lotta sino a che decideva di porre in salvo su di una vedetta di soccorso l’equipaggio ed arenare l’unità semisommersa per tentarne il salvataggio. Rimasto con solo 3 uomini respingeva durante la notte un attacco di unità siluranti nemiche rimanendo al proprio posto sino al definitivo affondamento dell’unità.
Esempio di alto senso di responsabilità e sereno sprezzo del pericolo uniti ad un tenace attaccamento al dovere ed a brillanti doti di perizia professionale.
(Acque di Zembra, 30 aprile 1943)."


2 commenti:

  1. La prima fotografia credo che rappresenti la motosilurante MS 22 con la numerazione provvisoria MS 25, prima di vedersi assegnata la nuova numerazione di squadriglia.

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