La
MS 25 insieme ad alcune unità della
stessa classe (Coll. Guido Alfano via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)
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Motosilurante tipo CRDA da 60 tonnellate, prima serie (dislocamento di
62,5 tonnellate, lunghezza 28 metri, larghezza 4,30 e pescaggio 1,29, propulsa
da tre motori diesel su tre eliche, velocità 30 nodi; armata con due tubi lanciasiluri
da 533 mm, due mitragliere da 20/65 mm, due da 6,5 mm e due tramogge per otto
bombe di profondità). Il progetto di tali unità era derivato, con poche
modifiche, dallo studio di alcune motosiluranti jugoslave catturate nel 1941, a
seguito dell’invasione della Jugoslavia: queste ultime, di costruzione tedesca,
erano una versione da esportazione della prima classe di Schnellboote tedesche,
la classe S-1. Le loro forme di carena permettevano il raggiungimento di
velocità elevate unito ad una tenuta del mare molto migliore di quella dei MAS,
inadatti all’impiego in mare aperto con tempo non ottimale.
Breve e parziale
cronologia.
6 dicembre 1941
Impostata nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di
costruzione 1301).
6 giugno 1942
Varata nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
9 luglio 1942
Entrata in servizio.
Assegnata alla II Squadriglia Motosiluranti, viene sottoposta ad un
breve periodo di addestramento a Pola.
Inizio agosto 1942
Dislocata in una base della zona del Canale di Sicilia.
11 agosto 1942
La MS 25, insieme al resto
della II Flottiglia Motosiluranti (MS 16,
MS 22, MS 23, MS 26 e MS 31), alle Squadriglie MAS XV (MAS 543, 548, 549 e 563), XVIII (MAS 533, 553, 556, 560
e 562) e XX (MAS 552, MAS 554, MAS 557, MAS 564) ed alla 3. Schnellboot-Flotille tedesca (motosiluranti S 30, S 36, S 58 e S 59), viene inviata nel Canale di
Sicilia per tendere un agguato al grande convoglio britannico diretto a Malta
nell’ambito dell’operazione «Pedestal».
Quest’ultima consiste nell’invio a Malta – particolarmente alle strette
dopo la battaglia di Mezzo Giugno, che ha impedito a quasi tutti i rifornimenti
di altri due convogli di raggiungere l’isola assediata – di un convoglio di 14
mercantili (le navi da carico Almeria
Lykes, Melbourne Star, Brisbane Star, Clan Ferguson,
Dorset, Deucalion, Wairangi, Waimarama, Glenorchy, Port Chalmers,
Empire Hope, Rochester Castle e Santa
Elisa e la nave cisterna Ohio)
carichi di vitali rifornimenti, con forte scorta: quattro incrociatori leggeri
(Nigeria, Kenya, Cairo e Manchester) e dodici cacciatorpediniere
(Ashanti, Intrepid, Icarus, Foresight, Derwent, Fury, Bramham, Bicester, Wilton, Ledbury, Penn e Pathfinder) per la
scorta lungo tutto il tragitto (Forza X), e ben quattro portaerei (Eagle, Furious, Indomitable e Victorious), due corazzate (Rodney e Nelson), tre incrociatori leggeri (Sirius, Phoebe e Charybdis) e dodici cacciatorpediniere (Laforey, Lightning, Lookout, Tartar, Quentin, Somali, Eskimo, Wishart, Zetland, Ithuriel, Antelope e Vantsittart)
come ulteriore scorta nella prima metà del viaggio (fino all’imbocco del Canale
di Sicilia).
Il Comando Marina di Trapani, prevedendo che il convoglio britannico,
diretto verso Malta, seguirà la rotta a sud di Pantelleria oppure quella che,
superato Capo Bon, proseguiva verso sudest fin nei pressi di Ras Mahmur, ha
inviato i propri mezzi insidiosi proprio in tale area.
La MS 25 e le altre unità
della II Flottiglia Motosiluranti (al comando del capitano di corvetta Giorgio
Manuti), partite da Trapani, vengono assegnate alla zona d’agguato «Gamma 3», al
largo della costa tunisina, delimitata da Ras el Mihr da una parte e Ras Mahmur
dall’altra. La zona «Gamma 3» viene a sua volta divisa in tre sottozone,
ciascuna delle quali è assegnata ad una sezione di tre motosiluranti.
L’ordine, sia per le motosiluranti che per i MAS, è di effettuare un
primo rastrello della zona assegnata (senza vincoli di limiti di zona) e, in
caso d’intercettazione di segnali di allarme, di precipitarsi sul posto per
attaccare il nemico; i comandanti dovranno agire con il massimo spirito
offensivo.
Ha così inizio la battaglia di Mezzo Agosto.
13 agosto 1942
Nelle prime ore della notte, come previsto, scatta l’attacco dei mezzi
insidiosi, che, grazie alle condizioni ottimali per una attacco del genere –
convoglio frammentato, mare non molto mosso, scarsa visibilità – mietono
numerose vittime tra le navi del convoglio, già indebolito e disperso dai
precedenti attacchi aerei e subacquei.
La Forza X britannica (cioè la forza di scorta diretta del convoglio),
per non passare nelle acque minate ad est di Capo Bon, costeggia la costa
tunisina a sud dell’isola di Zembra, transitando nelle acque territoriali del
Nordafrica francese; i cacciatorpediniere approfittano del periodo di calma seguito
alla prima ondata di attacchi nella zona del banco di Skerki per riordinare e
ricompattare (relativamente il convoglio). Alle 23.54 Forza X e convoglio
raggiungono Capo Bon ed iniziano a piegare verso sud, seguendo la costa in modo
da passare al largo di Kelibia: il faro di quella località, però, illumina il
mare ed agevola di molto l’avvistamento delle navi (secondo un superstite del
convoglio, la luce del faro rendeva le sagome delle navi visibili a dieci
miglia di distanza). Il convoglio avanza in formazione piuttosto disordinata:
in avanguardia i cacciatorpediniere Ashanti
(con a bordo il caposcorta, contrammiraglio Burrough, trasbordato dal
danneggiato incrociatore Nigeria), Icarus e Fury, seguiti dagli incrociatori Kenya e Manchester e dai
mercantili Glenorchy, Wairangi ed Almeria Lykes. Gli altri mercantili, e parte dei
cacciatorpediniere, sono più arretrati, in ordine sparso: le motonavi Melbourne Star, Waimarama, Santa Elisa e Dorset formano un primo gruppo, scortato
dal solo cacciatorpediniere Pathfinder;
più indietro la danneggiatissima petroliera Ohio
assistita dal cacciatorpediniere Ledbury,
il piroscafo Port Chalmers scortato
dal cacciatorpediniere Penn, e per
ultimi il piroscafo Brisbane Star
assistito dal cacciatorpediniere Bramham.
La MS 25 (tenente di vascello
Franco La Pera), in sezione con la MS 23
(sottotenente di vascello Giacomo Patrone) si avvicina al convoglio ed avvista
alle 2.10 un grosso piroscafo al largo di Ras Mustafà, circa sette miglia a sud
di Kelibia: ma dopo i primi attacchi delle motosiluranti, che hanno già
mortalmente danneggiato l’incrociatore Manchester,
il convoglio è ormai in stato di completo allarme. Mentre va all’attacco, la MS 25 viene perciò avvistata, illuminata
da alcuni proiettori e bersagliata dal violento tiro nemico, che la costringe a
manovrare per disimpegnarsi. Mentre tenta di allontanarsi, la MS 25 si viene a trovare in posizione
favorevole per lanciare i propri siluri contro un’unità che ritiene essere un
incrociatore; lancia un siluro da grande distanza, ma l’arma non va a segno, probabilmente
perché la distanza è eccessiva. Subito dopo aver lanciato, la motosilurante si
allontana gettando in mare le bombe di profondità, per intralciare un eventuale
inseguimento.
Nelle ore successive, altre motosiluranti italiane vanno all’attacco: vengono
affondati il Wairangi, l’Almeria Lykes, il Santa Elisa ed il Glenorchy,
mentre motosiluranti tedesche danneggiano il Rochester Castle.
Alle 5.20, mentre verso est iniziano a comparire le prime luci
dell’alba, la MS 25 e la MS 23 tornano ad attaccare: entrambe
attaccano un piroscafo scortato da un cacciatorpediniere, segnalato loro dalla MS 16. Dato che il sole sta iniziando a
sorgere, riducendo di molto la protezione offerta dal buio della notte, le due
motosiluranti lanciano tre siluri da distanza eccessiva, così mancando il
bersaglio.
Durante la navigazione di ritorno a Pantelleria, MS 25 e MS 23 avvistano
un grosso piroscafo ed una nave cisterna, entrambi immobilizzati ed in precarie
condizioni di navigazione; la MS 25
non ha però più siluri (la MS 23 ne
ha ancora uno, ma inesplicabilmente non lo usa; per altra fonte anche la MS 25 aveva ancora un siluro, che non
lanciò). Le due motosiluranti proseguono, e raggiungono Pantelleria.
Il comandante La Pera della MS 25,
al pari del comandante Patrone della MS
23, verrà giudicato severamente dall’ammiraglio Arturo Riccardi, capo di
Stato Maggiore della Regia Marina, per la scarsa combattività mostrata nella
battaglia (“il comportamento della sezione fu giudicato mancante di spirito
aggressivo”, riporta la storia ufficiale dell’USMM); i comandi riterranno che
entrambi gli ufficiali, nell’attacco al primo piroscafo, abbiano lanciato i
loro siluri con eccessiva prudenza, così permettendo che venissero evitati con
facilità, ed inoltre giudicheranno duramente il mancato attacco ai due
mercantili avvistati sulla rotta di ritorno. Per ordine dell’ammiraglio
Riccardi, sia La Pera che Patrone verranno privati del comando e sbarcati.
Settembre 1942
Trasferita in Grecia.
Successivamente sottoposta a lavori a Pola.
Febbraio 1943
Nuovamente trasferita nel Canale di Sicilia.
Marzo 1943
Dislocata a Biserta dopo un breve periodo di lavori effettuati a
Trapani.
Da Biserta viene impiegata per compiti di agguato contro navi nemiche,
vigilanza antisommergibili, e scorta a motoscafi siluranti d’assalto tipo MTSM
della X Flottiglia MAS nelle loro azioni in acque nordafricane.
19 aprile 1943
La MS 25 (sottotenente di
vascello Antonio Scialdone), in sezione con la MS 22 (tenente di vascello Franco Mezzadra), salpa da Biserta alle
20.30 in missione di protezione a distanza del traffico navale tra Italia e
Tunisia; compito delle due motosiluranti è intercettare eventuali unità nemiche
che, provenienti da Bona, siano dirette verso il Canale di Sicilia.
20 aprile 1943
Alle 2.10, mentre MS 25 e MS 22 stanno pendolando a nord di Capo
Blanc, avvistano due motosiluranti nemiche (sono britanniche) dirette verso
est: le due unità italiane passano subito all’attacco, aprendo il fuoco alle
2.12. Le motosiluranti britanniche rispondono subito al fuoco; il combattimento
prosegue con brevi intervalli per circa mezz’ora. Alle 2.30 una delle
motosiluranti britanniche cessa il fuoco ed inizia ad allontanarsi, coperta con
cortine nebbiogene dall’altra unità, che continua a rispondere al fuoco. Ciò
induce i comandanti italiani a pensare che una delle due motosiluranti nemiche
sia stata seriamente danneggiata.
Il combattimento continua fino alle 2.40, quando le due unità nemiche
si ritirano verso nordovest e le motosiluranti italiane, che hanno una velocità
inferiore, devono interrompere l’inseguimento.
Quello appena concluso è stato il primo scontro tra motosiluranti
italiane e britanniche al largo di Capo Bianco, in Tunisia. MS 25 e MS 22 hanno subito solo pochi danni superficiali.
25-26 aprile 1943
Nella notte tra il 25 ed il 26, MS
25 (sempre al comando di Scialdone) e MS
22, insieme al MAS 552, prendono
parte ad un secondo scontro con motosiluranti britanniche al largo di Ras
Zebib, in Tunisia. Questa volta le unità britanniche si ritirano
immediatamente, dileguandosi nell’oscurità.
Primavera 1943
In un’altra occasione, rientrando con la MS 22 (tenente di vascello Franco Mezzadra) da un agguato notturno,
la MS 25, rimasta indietro (il motore
di dritta, raggiunto da alcuni colpi di mitragliera in un precedente scontro,
si surriscalda e dev’essere fermato di quando in quando: pertanto il comandante
Scialdone ha proposto a Mezzadra di proseguire con la MS 22 per Biserta e lasciare indietro la più lenta MS 25), è testimone di un tragico
episodio ad una dozzina di miglia da Biserta. Poco dopo le otto del mattino, la
MS 25 viene sorvolata a 30-40 metri
di quota da un gruppo di sei esamotori da trasporto della Luftwaffe, carichi di
truppe tedesche dirette in Tunisia; sopraggiunge poco dopo una nutrita formazione
di bombardieri statunitensi B-24 “Liberator”, che sorvola gli aerei tedeschi e
li bombarda. Tutti i velivoli tedeschi sono colpiti e precipitano; le truppe
imbarcate fanno appena in tempo ad aprire i portelloni e gettarsi in mare. La MS 25 si precipita sul posto per
recuperare i naufraghi, preparando canotto, salvagente e pezzi di legno, ma
quando arriva – dopo pochi minuti – trova solo una distesa di 300 cadaveri,
disposti in modo quasi regolare in una dozzina di file, tenuti a galla nel mare
calmo dai giubbotti salvagente di colore arancione (come “un campo di
papaveri”, nella memoria del comandante Scialdone). Per sei ore l’equipaggio
della MS 25 avvicina e controlla, uno
per uno, le centinaia di corpi galleggianti, mentre una parte sempre maggiore
dell’equipaggio, sconvolta dallo spettacolo, si siede a poppa, dando le spalle
ai cadaveri e prendendosi la testa tra le braccia, ammutoliti. Alla fine resta
solo Scialdone: controllando l’ultima fila, trova un giovane maresciallo ancora
vivo, che issa a bordo con l’aiuto del nostromo e di due o tre marinai. È
l’unico sopravvissuto.
La
MS 25 nel 1942 (Coll. E. Bagnasco,
via www.associazione-venus.it)
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L’affondamento
La breve ma intensa vita operativa della MS 25 si concluse in un caldo pomeriggio dell’infernale aprile del
1943, nelle acque della Tunisia, dove aveva trascorso gran parte della propria
esistenza.
Il 30 aprile 1943, quando già le sorti dell’Asse in Africa erano
irrimediabilmente segnate, partirono dall’Italia per la Tunisia tre
cacciatorpediniere in missione di trasporto, i primi due con truppe a bordo, il
terzo con munizioni: il Leone Pancaldo,
l’Hermes ed il Lampo (quest’ultimo in navigazione isolata, mentre Hermes e Pancaldo procedevano insieme).
Per tutta la mattinata, i tre cacciatorpediniere vennero sottoposto ad
intensi e reiterati attacchi aerei Alleati, finché questi ultimi ebbero la
meglio. Il Pancaldo, centrato da
diverse bombe, affondò alle 12.30 a due miglia per 29° da Capo Bon, portando
con sé 199 dei 527 uomini a bordo (tra equipaggio italiano e truppe tedesche);
l’Hermes, gravemente danneggiato,
riuscì a fatica a raggiungere Tunisi con decine di morti e feriti a bordo. Il Lampo sarebbe stato anch’esso affondato alcune
ore più tardi.
Quando il Comando Marina di Biserta fu informato che Hermes e Pancaldo erano sotto attacco, e che il secondo versava in
condizioni critiche, fu disposto che alcune piccole unità prendessero il mare
per assistere il Pancaldo: questo
difficile compito toccò proprio alla MS
25 (sempre al comando del sottotenente di vascello Antonio Scialdone), che uscì
da Biserta poco dopo le 13 insieme al MAS
552 (sottotenente di vascello Giorgio Bettini). Quando si seppe che il Pancaldo era affondato, lo scopo della
missione divenne il salvataggio dei naufraghi.
Verso le 15.30, quando la MS 25
ed il MAS 552 si trovavano tre miglia
a nord dell’isola di Zembra, piombò su di loro una formazione di 22
cacciabombardieri Curtiss P-40 “Kittyhawk” del 2nd e 5th Squadron
della South African Air Force (altra fonte, probabilmente erronea, parla di
cacciabombardieri Lockheed P-38 Lightning), che si avventarono sulle due
minuscole unità mitragliandole e spezzonandole a più riprese. Entrambe le unità
attivarono i nebbiogeni, tentando di coprirsi a vicenda (secondo una fonte,
aprirono anche il fuoco con le mitragliere, riuscendo ad abbattere l’aereo capo
formazione); la MS 25 si portò subito
al riparo sotto la costa di Zembra, ma il MAS
552, rimasto più al largo, venne ripetutamente colpito ed incendiato:
allora anche la MS 25 abbandonò la
relativa sicurezza di Zembra per andare in soccorso dell’unità sezionarla. La
motosilurante raggiunse subito il MAS danneggiato e lo circondò con una cortina
nebbiogena, ma nel farlo – mentre gli aerei nemici continuavano
ininterrottamente ad attaccare – venne a sua volta colpita più volte a poppa,
subendo il danneggiamento del timone. A questo punto, manovrando a fatica, la MS 25 entrò nella cortina che aveva
steso per proteggere il MAS 552,
ormai agonizzante, e ne recuperò i naufraghi; poi fece rotta per Zembra.
Nel breve tragitto la motosilurante venne attaccata di nuovo dai
velivoli avversari, e fu colpita ancora: si scatenò un incendio a bordo, che
poté tuttavia essere estinto. Anche così, però, la galleggiabilità della MS 25 appariva irrimediabilmente
rovinata, al punto che il comandante Scialdone decise di portarla ad arenarsi,
per impedire che affondasse.
Verso le 16 di quel triste 30 aprile, la MS 25 andò così ad incagliarsi sulla costa settentrionale di
Zembra.
Giunta sul posto una motovedetta inviata in soccorso, Scialdone vi fece
trasbordare i superstiti del MAS 552
e quasi tutto il proprio equipaggio, restando a bordo della sua unità
agonizzante insieme ad altri tre uomini. Durante la notte Scialdone ed i tre
uomini rimasti con lui sulla MS 25
respinsero un attacco da parte di motosiluranti nemiche, azione che valse a
Scialdone una Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Nonostante ogni sforzo, però, risultò del tutto impossibile recuperare
la MS 25: la motosilurante dovette
essere definitivamente distrutta dal suo stesso equipaggio (per altra fonte, fu
semplicemente abbandonata sul posto, in quanto inutilizzabile).
Non vi furono vittime tra l’equipaggio della MS 25.
La motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare conferita al
sottotenente di vascello Antonio Scialdone, nato a Rimini il 6 gennaio 1917:
"Comandante di sezione di motosiluranti veniva attaccato durante
una missione di guerra da una formazione di 40 caccia bombardieri nemici che
sottoponevano l’unità ad una lunghissima e poderosa azione di bombardamento e
mitragliamento. Pur avendo la propria unità gravemente avariata salvava sotto i
reiterati attacchi nemici i naufraghi dell’unità sezionaria in procinto di
affondare. Continuava poi con fermezza a sostenere l’impari lotta sino a che
decideva di porre in salvo su di una vedetta di soccorso l’equipaggio ed
arenare l’unità semisommersa per tentarne il salvataggio. Rimasto con solo 3
uomini respingeva durante la notte un attacco di unità siluranti nemiche
rimanendo al proprio posto sino al definitivo affondamento dell’unità.
Esempio di alto senso di responsabilità e sereno sprezzo del pericolo
uniti ad un tenace attaccamento al dovere ed a brillanti doti di perizia
professionale.
(Acque di Zembra, 30 aprile 1943)."
La prima fotografia credo che rappresenti la motosilurante MS 22 con la numerazione provvisoria MS 25, prima di vedersi assegnata la nuova numerazione di squadriglia.
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