La nave quando portava l’originario
nome di Vitruvia (da www.clydeships.co.uk)
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Piroscafo cisterna da
4869 tsl, 2944 tsn e 6945 tpl, lungo 114,3 metri, largo 15,79 e pescante 7,52-8,83-10,58
a seconda delle fonti, con velocità di 9,5-11 nodi. Ex francese Beauce, in gestione alla Società Anonima
Cooperativa di Navigazione Garibaldi, con sede a Genova.
Breve e parziale cronologia.
15 aprile 1926
Varato nell’East Yard
del cantiere Robert Duncan & Co. di Port Glasgow (numero di cantiere 370)
come Vitruvia.
Maggio 1926
Completato come Vitruvia per la Voreda Steamship Company
Ltd. (armatori Gow, Harrison & Co.) di Glasgow. Registrata a Glasgow;
stazza lorda e netta originaria 4870 tsl e 2955 tsn.
1938
Acquistata dalla
Pallas Oil & Trading Company di Londra (armatore O. Margulies o D.
Margilies) e ribattezzata Maryad.
6 marzo 1938
Danneggiata una prima
volta da un attacco aereo (spagnolo nazionalista, italiano o tedesco) durante
la guerra civile spagnola.
4 giugno 1938
Gravemente danneggiata
ed incendiata da bombardamento aereo (probabilmente da parte di velivoli
italiani) durante la guerra civile spagnola, nel porto di Alicante, dove ha
portato un carico di nafta per le forze repubblicane spagnole (per altra
versione, poco al largo di Alicante; per altra versione ancora, la nave sarebbe
stata “leggermente danneggiata”, alle ore 22, da un siluro di aereo). Tale
porto, provvisto di scarsissime difese contraeree (un paio di cannoni, secondo
una testimonianza), viene ripetutamente attaccato da bombardieri isolati (SM.
79 “Sparviero” italiani e Junkers Ju 88 tedeschi, ambedue operanti in appoggio
delle forze franchiste), che effettuano incursioni notturne, selezionano i
bersagli tra le navi ormeggiate e le bombardano da 150-180 metri di quota;
l’attaccante della Maryad viene
identificato come un idrovolante. La Maryad
non affonda, ma viene incendiata; occorrono dei giorni per domare le fiamme
(allo scopo, viene gettata sabbia nelle cisterne), e la nave sbanda fortemente.
Quattro membri dell’equipaggio, tra cui il secondo ufficiale di macchina,
perdono la vita; un funzionario del comitato internazionale di controllo rimane
ferito.
In questi stessi
giorni, vengono affondate ad Alicante tre navi britanniche – English Tanker, Thorpehaven e Farnham – e
danneggiate diverse altre.
4 luglio 1938
Tamponate le falle ed
effettuate sommariamente le riparazioni più urgenti, la nave arriva a Marsiglia
per lavori più approfonditi.
14 dicembre 1938
Durante i lavori di
rimozione della sabbia gettata nelle cisterne ad Alicante, nel corso delle
riparazioni dei danni riportati a giugno (effettuate a Marsiglia), si verifica
a bordo della Maryad una violenta esplosione,
seguita da un incendio, probabilmente provocata dalla sigaretta fumata da uno
degli operai addetti alla pulizia della cisterna, ancora piena di pericolosi
vapori di benzina. Nove uomini rimangono uccisi; le sovrastrutture della
plancia rimangono annerite e deformate.
1939
Acquistata
dall’armatore J. P. Eastwick di Anversa, mentre ancora si trova in riparazione
a Marsiglia, e ribattezzata Peterjo.
Fine settembre 1939
Dopo lo scoppio della
seconda guerra mondiale, e prima di poter entrare in servizio per l’armatore
Eastwick, la nave (che si trova ancora a Marsiglia, avendo da poco ultimato le
riparazioni) viene acquistata dal governo francese, che la affida in gestione
alla Compagnie Auxiliaire de Navigation (con sede a Marsiglia, controllata dal
governo francese).
29 ottobre-6 novembre 1929
La Peterjo parte da Gibilerra il 29 ottobre
insieme al convoglio «HG 5», composto da 40 navi mercantili (34 britanniche e 6
francesi), e giunge con esso nel Regno Unito il 6 novembre. Prosegue poi per Le
Havre.
Novembre 1939
Ribattezzata Beauce.
12 giugno 1940
La Beauce lascia Orano il 12 giugno con il
convoglio 28R (otto navi mercantili francesi ed una britannica), che l’indomani
si unisce al convoglio 6K, partito da Casablanca quello stesso giorno e giunto
nella Gironda il 20 giugno.
23-25 giugno 1940
La Beauce salpa da Casablanca il 23 giugno
con il convoglio 12K (composto da cinque navi: la Beauce, la nave cisterna Socombel
anch’essa francese, la petroliera norvegese President
Herrenschmidt, il mercantile jugoslavo Lina
Matkovic ed il mercantile norvegese Nyland),
che giunge ad Orano due giorni dopo.
19 giugno 1941
Trasferita all’Italia
a seguito di un accordo tra la Commissione d’Armistizio Tripartita di Wiesbaden
ed il governo della Francia di Vichy, con il quale quest’ultimo cede all’Italia
tre navi mercantili (la Beauce, la
nave cisterna Massis ed il piroscafo Aveyron) a titolo di indennizzo per la
perdita di tre navi mercantili italiane cagionata da azione francese durante il
breve periodo di belligeranza tra Francia ed Italia nel giugno 1940. Beauce e Massis, in particolare, devono “sostituire” le petroliere Dentice ed Alabama, intercettate al largo del Venezuela dall’incrociatore
ausiliario francese Barfleur ed
incendiate dai loro equipaggi per evitare la cattura (l’Aveyron rimpiazza invece il piroscafo Capo Olmo, catturato a Marsiglia all’atto della dichiarazione di
guerra e trasferito a Gibilterra, sotto controllo britannico, al momento della
resa della Francia). La Beauce deve
sostituire l’Alabama.
Al momento della
cessione, la Beauce si trova in
Tunisia. La petroliera, ribattezzata Proserpina
ed affidata alla Cooperativa Garibaldi di Genova (compagnia di navigazione che
gestisce già diverse navi ausiliarie di proprietà dello Stato), verrà
inizialmente impiegata soprattutto in Adriatico. Non verrà mai requisita dalla
Regia Marina, né iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
20 o 23 giugno 1941
Subito prima che la Proserpina, appena ribattezzata, salpi
da La Goletta (Tunisi) diretta in l’Italia, il tenente francese François
Vallée, membro della Resistenza francese (e precisamente di una rete di
sabotatori organizzata dall’avvocato André Mounier e dal maggiore Jean
Breuillac, che bersaglia principalmente le navi italiane impegnate nel traffico
dei fosfati e del minerale di ferro dalla Tunisia: hanno già affondato il
piroscafo Achille e minato senza
successo un secondo piroscafo, il Sirio),
si porta a nuoto sotto la nave, ancorata nell'avamporto di La Goletta, con
l’intento di piazzare una carica esplosiva sullo scafo.
Proprio a seguito
degli episodi del Sirio (sul quale le
mine inesplose sono state scoperte all’arrivo a Napoli) e dell’Achille, però, la vigilanza attorno alla
Proserpina – affidata al suo comandante, capitano Luigi Leboffe – è stata rafforzata: la
nave viene illuminata periodicamente da riflettori, l’equipaggio ha rafforzato
i turni di guardia e il comandante Leboffe ha predisposto un servizio di ronda attorno alla
nave, mentre un posto di guardia armato impedisce l’accesso al molo. Ciò ha
esito fatale per i sabotatori: all’una di notte un marinaio italiano su un
barchino, che gira intorno alla Proserpina
in servizio di vigilanza, nota la testa di Vallée (intento a nuotare verso la
petroliera) che affiora dall'acqua; Vallée tenta di capovolgere il barchino, ma
il marinaio italiano lo colpisce in testa con un remo, stordendolo e
catturandolo. L’attacco è così sventato, e la cattura di Vallée, poi consegnato
alla polizia di Vichy, consentirà a quest’ultima di smantellare la rete
Mounier-Breuillac. Il comandante Leboffe, al suo arrivo in Italia, verrà citato per un encomio solenne per aver evitato, col servizio di vigilanza da lui organizzato, il sabotaggio della nave.
8 ottobre 1941
Alle 22.20 la Proserpina, carica di ben 5713
tonnellate di carburante, lascia Napoli alla volta di Tripoli, in convoglio con
i piroscafi Bainsizza, Zena e Casaregis e la motonave Giulia
(convoglio «Giulia»). La scorta è costituita dai moderni cacciatorpediniere Granatiere (caposcorta, capitano di
vascello Capponi), Bersagliere, Fuciliere ed Alpino della XIII Squadriglia. Ad esso si dovrebbe aggregare anche
il piroscafo Nirvo scortato dalla
torpediniera Generale Antonino Cascino,
usciti da Trapani, ma il Nirvo deve tornare in porto a causa di avarie, mentre
la Cascino raggiunge il convoglio.
Poco dopo il Bainsizza deve anch’esso
dirigere su Trapani per avarie alle macchine, giungendovi alle 16 del 10
ottobre.
Il convoglio imbocca
la rotta del canale di Sicilia procedendo a nove nodi; per tutta la giornata
del 10 ottobre è sorvolato da aerei da caccia ed antisommergibile
dell’Aeronautica della Sicilia (che per la scorta aerea del convoglio mobilita
in tutto venti caccia e dodici bombardieri Savoia Marchetti S. 79 “Sparviero”),
che riescono ad evitare attacchi da parte degli aerei di base a Malta
nonostante la notevole vicinanza dell’isola e la scarsa velocità del convoglio.
Al tramonto la scorta
aerea lascia il convoglio, che si dispone nella formazione per la navigazione
notturna, con i mercantili in doppia linea di fila e circondati dai
cacciatorpediniere (tranne l’Alpino,
che si trova in coda). Il cielo è sereno con ottima visibilità, il mare calmo.
Lo stesso 8 ottobre,
tuttavia, i decrittatori britannici di “ULTRA” intercettano messaggi in codice
e scoprono che un convoglio (chiamato «Casaregis») formato da Zena, Casaregis, Bainsizza, Giulia e Proserpina deve partire da Napoli alle 21.30 di quel giorno,
passare ad ovest di Malta a 9 nodi e raggiungere Tripoli, non prima che Nirvo e Cascino, partite da Trapani, si siano uniti ad esso.
9 ottobre 1941
La navigazione
procede senza intoppi. “ULTRA”, però, intercetta altri messaggi ed apprende che
il convoglio è partito, confermando le informazioni del giorno precedente ed
aggiungendone altre sull’entità della scorta (cinque cacciatorpediniere) e sul
previsto orario di arrivo a Tripoli (le 18 dell’11 ottobre).
10 ottobre 1941
Sulla base delle
informazioni di “ULTRA”, vengono fatti decollare da Malta dei ricognitori, che
trovano il convoglio alle 12.45, circa 35 miglia a sud di Pantelleria.
Alle 22.45 del 10
ottobre, dopo un paio d’ore di navigazione indisturbata, i primi aerei
britannici fanno la loro comparsa nelle vicinanze del convoglio «Giulia», e
presto si scatenano gli attacchi aerei, che proseguono fino all’alba.
Mercantili e scorta reagiscono con la manovra e con cortine nebbiogene,
sparando qualche raffica di mitragliera quando c’è speranza di colpire
qualcosa. Per un’ora è possibile contenere gli attacchi, ed i trasporti evitano
alcuni siluri, ma alle 23.45, durante un attacco da parte di sette
aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air
Arm (decollati da Malta al comando del capitano di corvetta Hunt), lo Zena viene immobilizzato da un siluro;
l’Alpino viene distaccato per
soccorrerlo, mentre il resto del convoglio prosegue. In seguito anche il Granatiere, caposcorta, inverte la rotta
per assistere lo Zena, su cui si
concentrano gli attacchi aerei; la direzione del convoglio viene affidata al Bersagliere.
11 ottobre 1941
Constatato che lo Zena rimane a galla, il Granatiere ordina all’Alpino di rimorchiarlo in salvo, poi
torna verso il convoglio (riassumendo la propria posizione in formazione alle
2.20); alle tre di notte, però, lo Zena
affonda in posizione 34°52’ N e 12°22’ E. Recuperati i naufraghi, l’Alpino si riunisce alla scorta.
Intanto, i mercantili
proseguono con direttrice di marcia 264°, sparando saltuarie raffiche di
mitragliera.
Alle 5.45 inizia un
nuovo attacco aereo: il lancio di bengala segnala il suo inizio; tutte le unità
aprono il fuoco con le armi contraeree, e manovrano per diradarsi. È ancora un
attacco di aerosiluranti Swordfish dell’830th Squadron; molti siluri
vengono evitati ed un aereo viene abbattuto dall’Alpino, ma verso le 6.10 il Casaregis
viene immobilizzato da un siluro. Bersagliere
(dalle 6.30) e Granatiere (dalle
6.45) recuperano i naufraghi del piroscafo, che è troppo appruato e sbandato
per poterlo salvare: risultato vano ogni tentativo di rimorchio, la nave dovrà
essere finita a cannonate dal Bersagliere,
alcune ore più tardi, nel punto 34°10’ N e 12°38’ E.
Proserpina e Giulia, uniche
superstiti del convoglio, arrivano a Tripoli con la scorta alle 16.30.
20 ottobre 1941
Proserpina e Giulia lasciano
Tripoli alle 17.30 per rientrare a Napoli, scortate dai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta), Sebenico ed Antoniotto Usodimare, quest’ultimo poi rimpiazzato dal Folgore.
24 ottobre 1941
Dato che il
giorno precedente la ricognizione aerea ha infatti avvistato la Forza K
britannica – incrociatori leggeri Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively – in arrivo a Malta, viene diramato un allarme navale e
Supermarina dispone a scopo precauzionale la temporanea sospensione del
traffico da e per la Libia; il convoglio di cui fa parte la Proserpina riceve pertanto ordine di
rientrare, arrivando a Tripoli alle 13. A causa dei successivi eventi (distruzione
del convoglio «Duisburg» da parte della Forza K, il 9 novembre), che renderanno
estremamente pericoloso percorrere la rotta per Tripoli, il convoglio finirà
col trattenervisi per un mese intero.
24 novembre 1941
Proserpina, Giulia, Da Recco, Folgore e Sebenico
lasciano finalmente Tripoli alle 18 per rientrare in Italia. La partenza
avviene in piccoli gruppi separati, composti da un mercantile ed un
cacciatorpediniere; la Proserpina è
assieme al Sebenico.
27 novembre 1941
Il convoglio entra a
Napoli tra le 10.30 e le 12.45.
26 febbraio 1942
La Proserpina salpa da Taranto diretta a
Patrasso, scortata dalla torpediniera Antonio
Mosto.
27 febbraio 1942
Alle due di notte la Proserpina viene avvistata al largo di
Capo Dukato dal sommergibile britannico Torbay
(capitano di fregata Anthony Cecil Capel Miers), preavvisato della sua presenza.
Il sommergibile, avvistata la petroliera su rilevamento 275° (trovandosi a
proravia sinistra rispetto ad essa), si avvicina per attaccare, ma alle 2.07
avvista anche la Mosto, la cui rotta
la sta portando proprio verso il Torbay;
Miers ritiene troppo pericoloso proseguire l’attacco in queste condizioni,
dunque decide di seguire il bersaglio (la nave procede a velocità piuttosto
bassa) ed attaccare più tardi, in superficie, da poppavia. Immersosi alle 2.18
a 2,4 miglia per 282° da Capo Dukato, il Torbay
riemerge alle 2.32 e segue il convoglio a tutta forza attraverso il canale,
tenendosi a dritta della Proserpina
per non essere avvistato dalla Mosto.
Alle 3.08, a 2,4
miglia per 144° da Capo Dukato, il Torbay
lancia un primo siluro da 365 metri; a causa del mare lungo, il beccheggio del
sommergibile fa sì che la prua si sposti a sinistra proprio nel momento del
lancio, così il siluro manca il bersaglio, passanco appena quattro o cinque
metri a poppavia della Proserpina. La
petroliera avvista il siluro, così dà la poppa al Torbay, vanificando ulteriori lanci, e segnala immediatamente il
pericolo alla Mosto, che alle 3.12
dirige verso il sommergibile, il quale alle 3.16 deve immergersi
precipitosamente. Tra le 3.20 e le 4 la Mosto
lancia undici bombe di profondità, ma solo le prime esplodono vicine, senza
causare danni al Torbay.
25 aprile 1942
La Proserpina salpa da Taranto per Tripoli
alle 20.30, scortata dal cacciatorpediniere Emanuele
Pessagno.
28 aprile 1942
Il convoglio viene
raggiunto dalla vecchia torpediniera Generale
Carlo Montanari, inviata da Tripoli quale rinforzo alla scorta nonché per
pilotaggio. Le navi entrano a Tripoli alle 10.15.
12 maggio 1942
La Proserpina e la nave cisterna Saturno lasciano Tripoli per Napoli alle
20, scortate dalle torpediniere Polluce
e Climene (caposcorta).
14 maggio 1942
Il convoglio si
scinde; la Saturno raggiunge Palermo
per sostarvi quattro giorni, la Polluce
lascia la scorta, mentre Proserpina e
Climene proseguono per Napoli.
15 maggio 1942
Proserpina e Climene arrivano a
Napoli alle 12.40.
2 settembre 1942
All’1.30 un convoglio
di cui fa parte la Proserpina, in
navigazione da Taranto a Creta con scalo intermedio a Patrasso, viene attaccato
da quattro bombardieri Vickers Wellington del 69th Squadron della
RAF, al largo di Capo Santa Maria di Leuca (o Capo Otranto). Le bombe,
sganciate da 600 metri di quota, non vanno a segno.
15 settembre 1942
Salpa da Patrasso e
raggiunge Taranto, scortata dalla torpediniera Aretusa.
21 settembre 1942
Salpa da Taranto
nella notte tra il 21 ed il 22, scortata dai cacciatorpediniere Lampo ed Euro e dalla torpediniera Partenope,
per raggiungere la Libia, facendo scalo intermedio al Pireo ed a Suda. È il suo
primo viaggio verso un porto della Cirenaica; a bordo ha un prezioso carico di 5316
tonnellate di benzina (la sua portata sarebbe in realtà quasi doppia: ma in
Italia non c’è altro carburante disponibile da inviare in Africa).
22 settembre 1942
In serata il
convoglio viene attaccato da aerosiluranti (appartenenti al 39th e
227th Squadron della Royal Air Force): questi dapprima lanciano
senza risultato i loro siluri, poi mitragliano sia la Proserpina che le navi della scorta, ma tutte arrivano ugualmente
al Pireo.
23 settembre 1942
Salpa dal Pireo
diretta a Suda, in convoglio con le motonavi Città di Alessandria e Città
di Savona e scortata dal cacciatorpediniere Turbine, dal posamine ausiliario tedesco Bulgaria e da tre cacciasommergibili, pure tedeschi. Le navi
giungono a Suda alle 23.
25 settembre 1942
Lascia Suda alle 9.10
diretta a Tobruk, scortata dalle torpediniere Libra e Lira.
Quest’ultima deve tornare subito a Suda per un’avaria.
Nel canale di
Cerigotto, alle 14.30, Proserpina e Libra si uniscono ad un convoglio
formato dai piroscafi Anna Maria Gualdi
e Menes, provenienti dal Pireo con la
scorta del cacciatorpediniere Nicoloso Da
Recco (caposcorta capitano di vascello Aldo Cocchia) e delle torpediniere Lupo, Castore e Sirio
(quest’ultima costretta a rientrare in porto per avaria di macchina). Il
convoglio, che procede a circa 10 nodi con i tre mercantili in linea di fronte
(Proserpina al centro) e la scorta
tutt’intorno, gode anche, nelle ore diurne, di notevole scorta aerea.
Quale ulteriore
protezione contro gli aerei nemici, la Proserpina
è munita anche di un pallone frenato – uno dei primi impieghi di tale strumento
per la difesa antiaerea di una nave in convoglio –, che si alza nel cielo sopra
la nave ad una quota di circa 200 metri. Nella notte, però, il cavo che lo
tiene legato alla nave si spezza, ed il pallone va così perduto.
26 settembre 1942
Alle 00.00 la Lira spara alcuni colpi di cannone e
mitragliera, fortunatamente senza esito, contro un aereo che si rivela poi
essere un velivolo tedesco per la scorta notturna, del cui arrivo le navi non
erano state informate. Menes e Gualdi, che scambiano i colpi di cannone
della torpediniera per il segnale di allarme e sommergibile (questo sarebbe
infatti il loro significato, ma di giorno, non di notte), accostano in fuori,
così sparpagliando il convoglio; dato che i mercantili non hanno né radio ad
onde ultracorte né radiosegnalatori a bassa portata, e dunque non è possibile
comunicare con essi se non con segnale luminosi, il caposcorta Cocchia ordina
alla Castore di portarsi sottobordo a
Menes e Gualdi e farli tornare in rotta, mentre lo stesso Da Recco si porta sottobordo alla Proserpina (che è rimasta sulla sua
rotta) e le ordina col megafono di seguirlo, per riavvicinarla alla zona dove
ora i due piroscafi si sono spostati. Alle 00.50 il convoglio può dirsi
ricostituito. All’1.06 ed all’1.30 si accendono dei bengala, il primo a prora a
dritta ed il secondo a sinistra; le unità di scorta emettono cortine fumogene,
smettendo subito dopo lo spegnimento dei bengala per evitare che le stesse
cortine di nebbia, messe in risalto dalla luce lunare, agevolino
l’individuazione del convoglio da parte di unità nemiche. All’1.38 delle bombe
cadono in mare a proravia del convoglio, piuttosto lontane; ad intervalli tutte
le navi della scorta sparano colpi di mitragliera contro gli aerei che riescono
ad avvistare anche a notevole distanza, grazie all’eccezionale chiarezza della
notte di luna piena. All’1.50 delle bombe esplodono a poppavia del Da Recco, all’1.54 tra le unità prodiere
della scorta ed i mercantili, mentre le unità poppiere aprono il fuoco.
Alle 14.30 il
convoglio arriva senza danni a Tobruk: la Proserpina
sarà l’ultima petroliera dell’Asse a raggiungere Tobruk. Andrà perduta
esattamente un mese dopo, nel tentativo di ripetere l’impresa.
8 ottobre 1942
La Proserpina lascia Tobruk alle 14.50 per
tornare a Taranto, scortata dalla torpediniera Ciclone. Alle 20 si unisce alla scorta una seconda torpediniera, la
Castore (ma la caposcorta è la Ciclone).
9 ottobre 1942
A ponente di Creta,
alle 14.50, il sommergibile britannico Traveller (tenente
di vascello Michael Beauchamp St. John) avvista su rilevamento 160° due aerei
dai cui movimenti il comandante britannico intuisce correttamente che stanno
scortando un convoglio in procinto di entrare nel canale di Antikythera.
Il Traveller scende pertanto
in profondità e si dirige verso sudest; alle 15.21 torna a quota periscopica ed
avvista in posizione 35°45’ N e 23°13’ E il convoglio italiano, su rilevamento
195°, aventi rotta 327° verso Kythera. Il sommergibile lancia allora quattro
siluri da 1830 metri, contro la Proserpina
(che valuta come in zavorra e stazzante circa 6000 tsl), e scende in
profondità. Nessuna nave viene colpita; la Castore avvista la scia di un siluro e lancia tre pacchetti di
profondità, la Ciclone le
ordina di restare sul posto fino al crepuscolo. In tutto vengono lanciate 29
bombe di profondità, che però causano solo danni minori al Traveller.
10 ottobre 1942
Il convoglio giunge
al Pireo alle 6.30 e vi sosta fino alle 15.30, poi la Proserpina prosegue con la scorta dei cacciatorpediniere Turbine (caposcorta) e Camicia Nera e delle torpediniere Lince e Lira.
11 ottobre 1942
Il convoglio arriva a
Patrasso alle 7 e vi sosta fino alle 12.30, poi prosegue per Taranto; ad esso
si è unito il piroscafo tedesco Menes.
12 ottobre 1942
Il convoglio giunge a
Taranto alle 21.35, senza aver subito alcun attacco.
El Alamein
Il 23 ottobre 1942
oltre 200.000 uomini dell’VIII Armata britannica, appoggiati da 1029 carri
armati e oltre 2000 cannoni, mossero all’attacco delle linee tenute dalle truppe
italo-tedesche in Egitto, le cui forze in uomini e mezzi ammontavano a circa la
metà: aveva così inizio la seconda battaglia di El Alamein, che sarebbe durata
due settimane ed avrebbe segnato le sorti dell’Asse in Africa.
Alle tre di notte
(3.08, per la precisione) del giorno precedente, 22 ottobre 1942, la Proserpina era salpata da Taranto per
Tobruk con un prezioso carico di 4553 tonnellate di carburante, destinato
appunto all’Armata corazzata italo-tedesca (per la precisione, 2500 tonnellate
erano destinate alla Panzerarmee, 1165 alle forze italiane e 888 alla
Luftwaffe). La nave, scortata inizialmente dalle torpediniere Partenope (caposcorta, capitano di
corvetta Gustavo Lovatelli) e Lira
(tenente di vascello Agostino Caletti), attraversò il Canale di Corinto alle
17.30 del 23, giunse al Pireo alle 4.45 del 24 e vi sostò brevemente fino alle
5.35, poi proseguì per Tobruk insieme al piccolo piroscafo tedesco Dora, giunto da Salonicco con la scorta
delle anziane torpediniere Solferino
e Monzambano. La Solferino rimase al Pireo, mentre la Monzambano (tenente di vascello di complemento Attilio Gamaleri)
accompagnò le altre navi fino alle 17.45.
Durante la mattina
del 24, mentre il convoglio passava ad est della Morea, la Partenope rilevò un sommergibile all’ecogoniometro e gli diede la
caccia dalle 9 alle 10.15, in cooperazione con un aereo della scorta. Dopo la
seconda scarica di bombe, il sommergibile iniziò a perdere bolle d’aria, il che
ne agevolò l’individuazione; ma non emerse alcun segno di un suo grave
danneggiamento.
Alle 17.24 (o 17.30)
dello stesso 24 ottobre il convoglio composto da Proserpina, Dora e scorta
si congiunse in mare aperto (precisamente nel punto 36°18’ N e 23°11’ E, a nord
di Suda), con la motonave Tergestea,
proveniente da Suda e scortata dalla vecchia torpediniera Calatafimi (tenente di vascello di complemento Giuseppe Brignole) e
dalla moderna torpediniera di scorta Ciclone
(capitano di corvetta Luigi Di Paola). Il convoglio così formato (Proserpina, Dora e Tergestea) era
denominato «TT» (cioè, appunto, Taranto-Tobruk), e scortato da Ciclone, Lira, Partenope
(caposcorta) e Calatafimi (la Monzambano, che doveva eseguire un’altra
missione, fu lasciata libera dal caposcorta dopo la riunione), oltre che da
numerosi caccia e bombardieri della Regia Aeronautica e della Luftwaffe: tra i
tre ed i cinque aerei tedeschi costantemente in volo in tutte le ore diurne del
24 e 25, portati a dieci aerei (con il concorso della 5a Squadra
Aerea della Regia Aeronautica) nella giornata del 26. L’arrivo a Tobruk era
previsto per le 18.50 del 26 ottobre.
I britannici, però,
non erano rimasti inattivi. Sin dal 21 ottobre i decrittatori di «ULTRA»
sapevano
che la Proserpina sarebbe partita da Taranto nel
pomeriggio del 21 diretta al Pireo, da dove sarebbe proseguita per Tobruk assieme
alla Tergestea proveniente da Suda,
con probabile arrivo per il 25 ottobre («La
petroliera PROSERPINA dovrà salpare da Taranto nel pomeriggio del 21 per il
Pireo e quindi dirigere su Tobruk insieme alla TERGESTEA proveniente da Suda.
Probabilmente esse arriveranno a Tobruk il 25 ottobre»); il 24 ottobre
«ULTRA» precisò che Proserpina e Dora avrebbero lasciato il Pireo alle 24
del 23, a 9 nodi di velocità, e che a loro si sarebbe unita in navigazione la Tergestea partita da Suda, giungendo a
Tobruk probabilmente il 25 («Le petroliere PROSERPINA e DORA dovranno
partire dal Pireo per Tobruk alle 24.00 del 23, velocità 9 nodi, incontrando
lungo la rotta il TERGESTEA proveniente da Suda. Il convoglio così composto
arriverà probabilmente a Tobruk il giorno 25»), mentre il 25 stesso diede
notizia dell’avvenuta partenza delle tre navi, e che sarebbero dovute arrivare
a Tobruk il 25 stesso («Le petroliere PROSERPINA e DORA hanno lasciato il
Pireo la mattina del 24 per Tobruk dove arriveranno il 25. La TERGESTEA deve
anch’essa giungere il 25 ottobre a Tobruk provenienti dalla baia di Suda
»). Quest’ultima informazione era errata, dato che l’effettiva data di arrivo
era il 26. Il 26 ottobre, nuove decrittazioni di «ULTRA» avrebbero rivelato ai
britannici anche l’orario dell’avvenuta partenza di Proserpina e Dora, il punto
di riunione con la Tergestea e
l’orario approssimativo di arrivo, previsto per il 26 pomeriggio («PROSERPINA
e DORA sono salpate dal Pireo alle 05.35 del 24. Il TERGESTEA è partito da Suda
il mattino del 24 e si è unito al suddetto convoglio in posizione 36°18’N,
23°11’E. Debbono giungere a Tobruk nel pomeriggio del 26»), ma queste
informazioni sarebbero giunte a fatti ormai compiuti. Decisi ad impedire
l’arrivo di importanti rifornimenti in quel momento cruciale, i comandi britannici
pianificarono con cura l’attacco al convoglio.
Inizialmente alcuni
ricognitori furono inviati a cercare il convoglio a nordest di Bengasi, sia per
avere informazioni aggiornate sulla sua posizione e situazione che per coprire
il ruolo di «ULTRA», inducendo a credere che l’avvistamento fosse stato
casuale. Ciò accadde nel pomeriggio del 25.
In precedenza, alle
18 del 24, un primo gruppo di quattro Wellington del 38th Squadron
RAF, guidati dal tenente colonnello Pratt, era decollato per cercare il
convoglio, con l’ordine di incontrarsi con un Wellington del 221st
Squadron; forti tempeste elettriche avevano costretto gli aerei al rientro.
Alle 23.30 altri due Wellington del 38th Squadron, pilotati dal
capitano Wiggins e dal sergente Taylor, decollarono per cercare il convoglio;
Wiggins dovette rientrare a causa del maltempo e fu costretto ad un atterraggio
d’emergenza, mentre Taylor riuscì a superare il maltempo, ma non a trovare il
convoglio.
A mezzogiorno del 25
ottobre, Supermarina informò il convoglio che era stato avvistato da aerei
nemici; alle 15.05 i velivoli della scorta aerea segnalarono aerei nemici in
avvicinamento, che tuttavia non apparvero alla vista delle navi.
Nella notte tra il 25
ed il 26 ottobre il convoglio fu ripetutamente ed intensamente attaccato da
bombardieri britannici Vickers Wellington e statunitensi Consolidated B-24
Liberator, che sganciarono numerose bombe e siluri, ma senza riuscire a colpire
niente. Contro il convoglio furono inviati numerosi Wellington Mk Ic decollati
dall’Egitto, ciascuno dotato di due siluri Mk XII; nove aerosiluranti del 38th
Squadron di base a Gianaclis (Egitto); un Wellington del 221st
Squadron dotato di radar ASV (Air to Surface Vessel, per la rilevazione delle
navi da bordo di un aereo) ed uno del 458th Squadron della Royal
Australian Air Force, decollato da Shallufa.
Dalle 00.35 alle 2 di
notte del 26 si sentì continuo rumore di aerei nei pressi del convoglio; alle
due di notte un aereo lanciò un siluro contro la Proserpina, ma non riuscì a colpirla. Alle 2.15 un secondo
aerosilurante ripeté l’attacco, di nuovo senza successo; alle 2.24 un altro
aereo lanciò due siluri contro la Calatafimi,
mancandola, e sei minuti più tardi un bombardiere sganciò sette bombe a poppa
della Lira, facendo anch’esso
cilecca. Durante tutti gli attacchi le navi del convoglio manovrarono per
evitare i siluri e risposero con violento fuoco contraereo.
Intanto, però, ricognitori
Martin Baltimore seguitavano a pedinare il convoglio nella sua navigazione
verso est. Dalle 3.18 alle 4.02, le navi del convoglio sentirono aerei che
volavano continuamente nel loro cielo, senza attaccare; alle 4.27
sopraggiunsero finalmente i primi aerei italiani della scorta notturna.
La Proserpina sotto attacco il 26 ottobre 1942 (da “Ship Busters: British
Torpedo Bombers in World War II” di Ralph Barker, Stackpole Military History
Series, 2010)
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Un nuovo attacco
aereo si sviluppò tra le 12.10 e le 12.30 del 26 ottobre, quando 18 bombardieri
statunitensi Consolidated B-24 “Liberator” (del 98th Bombardment
Group, di stanza a Fayid, in Egitto), ripartiti in tre «flying boxes» di sei
velivoli ciascuna, sganciarono le loro bombe da 6000-7000 metri con l’ausilio
del congegno di puntamento «Norden». Secondo la storia ufficiale dell’USMM, vi
furono tre distinti attacchi di Liberators, tra le 11.10 e le 11.32 (la
differenza di un’ora è data dal fuso orario, mentre il numero complessivo di
aerei contati differisce un poco da quello effettivo): il primo, da parte di un
gruppo di 10 Liberators, alle 11.10, a 50 miglia da Tobruk; vennero sganciate
circa 60 bombe, tutte cadute vicinissime alle navi – specie alla Proserpina – ma nessuna a segno, così
che non vi furono danni. La scorta aerea attaccò i bombardieri mentre questi si
allontanavano. Il secondo attacco si verificò alle 11.25, quando altri cinque
Liberators sganciarono dalla medesima quota circa 30 bombe, perlopiù cadute
attorno a Dora e Ciclone senza causare danni; il terzo ebbe luogo alle 11.32, con
l’impiego di undici Liberators che sganciò una salva di bombe ben centrate, che
però non colpirono nulla.
Alle 13.30, quando il
convoglio era ormai a sole 30 miglia da Tobruk, la Proserpina fu colta da un’avaria di macchina e rimase indietro,
scortata dalla Calatafimi, mentre il
resto del convoglio proseguiva.
Frattanto,
alle 11.30, otto aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th e 47th
Squadron RAF, al comando del tenente colonnello Richard Sprague (che tuttavia,
data la sua scarsa esperienza negli attacchi siluranti, aveva delegato la
conduzione della squadriglia al più esperto capitano Ronald Gee, un veterano)
erano decollati dall’aeroporto egiziano di Gianaclis. Ai Beaufort si erano
uniti in volo anche cinque bombardieri Bristol Blenheim V del 15th
Squadron della South African Air Force (ognuno dei quali aveva a bordo quattro
bombe GP da 250 libbre; li guidava il maggiore Douglas W. Pidsley), decollati
da Gianaclis alle 11.35, e nove caccia Bristol Beaufighter, quattro del 252nd
Squadron e cinque del 272nd Squadron (tutti questi Squadrons
facevano parte del 201st Group, con compiti di cooperazione
aeronavale). La Proserpina, obiettivo
principale, era assegnata ai Beaufort; gli altri mercantili ai Blenheim; ed i
Beaufighter avrebbero dovuto neutralizzare la scorta aerea. L’ordine era di
distruggere la petroliera ad ogni costo: mentre tante altre vittime della
“battaglia dei convogli” sarebbero rimaste relegate nei libri di storia navale,
la Proserpina, fino ad allora una
anonima petroliera come tantissime altre, si apprestava ora ad entrare nei
libri scritti su una delle più famose battaglie della seconda guerra mondiale.
Non in circostanze felici, per gli italiani ed i tedeschi.
I
Beaufort volavano bassi sul mare (ad appena 30 metri di quota), mentre i
Beaufighter di scorta volavano più alti, sopra di loro, a varie quote. La
formazione aerea volò verso ovest fino a circa 50 miglia dalla costa nemica,
venendo presa sotto il tiro di batterie contraeree pesanti durante
l’avvicinamento a Tobruk, e poi s’imbatté in un grosso gruppo di traghetti che
a loro volta aprirono il fuoco (secondo una versione, abbattendo un Blenheim).
Alle 14.25
i Beaufighter avvistarono il grosso del convoglio (Tergestea, Dora, Lira, Partenope e Ciclone, con
scorta aerea di due bombardieri tedeschi Junkers Ju 88, due caccia italiani
Macchi C. 202 ed un caccia tedesco Messerschmitt Bf 109), e lo segnalarono ai
Beaufort (che, volando più bassi, non lo avevano ancora visto) scuotendo le
ali. I Beaufighter attaccarono i velivoli della scorta aerea, mentre la maggior
parte dei bombardieri e degli aerosiluranti scambiarono il Dora, in quanto nave di testa, per la nave cisterna che cercavano
(la Proserpina, appunto): tre
Blenheim e cinque Beaufort sganciarono contro di esso, senza alcun successo,
mentre un sesto Beaufort attaccò la Tergestea,
sempre infruttuosamente. Un Blenheim ed un Beaufort vennero abbattuti, mentre
altri due Blenheim ed un Beaufort furono danneggiati; uno dei Blenheim
precipitò per i danni durante il volo di rientro, entrando in collisione con un
Beaufort e causando anche la sua perdita.
I
restanti due Beaufort (pilotati dal sottotenente Ralph V. Manning, canadese, e
dal tenente Norman Hearn-Phillips), tuttavia, si resero conto che la nave
cisterna non c’era, quindi non attaccarono e si misero alla sua ricerca lungo
la costa, insieme ai due Blenheim rimasti (quello del maggiore Pidsley e quello
del tenente E. G. Dustow; non ci fu scambio di comunicazioni con i Beaufort,
semplicemente i piloti dei due bombardieri intuirono ciò che i due Beaufort
stavano facendo). Dopo qualche minuto la loro ricerca fu premiata, ed avvistarono
Proserpina e Calatafimi (riparata l’avaria, la petroliera stava per ricongiungersi
al resto del convoglio; la Calatafimi
la scortava sul lato mare): queste li accolsero con un muro di fuoco contraereo,
cui si unì anche la Lira. Il Beaufort
di Hear-Phillips attaccò per primo, ma venne danneggiato da un proiettile
contraereo (che mise fuori uso l’impianto elettrico) e perse il proprio siluro (che
si sganciò e cadde in mare a causa di tali danni) prima di poterlo sganciare; rimase
comunque sul posto per attirare su di sé il fuoco contraereo delle navi. Subito
dopo l’aerosilurante di Manning, rimasto così l’unico Beaufort ancora dotato
del suo siluro, attaccò la Proserpina
insieme ai due Blenheim. La petroliera virò a sinistra, verso il Beaufort di
Manning, presentandogli la prua e così rovinandogli la mira (riducendo infatti
al minimo la propria sagoma, riduceva di molto le probabilità di un successo
nel lancio del siluro), costringendolo a girare in cerchio sopra la terraferma,
continuamente bersagliato dal tiro contraereo, per cercare un migliore angolo
per l’attacco. A questo punto la Proserpina
compì un’altra accostata per dare la prua al Beaufort; stavolta, però,
l’accostata fu verso dritta, e l’effetto contrario di questa e della precedente
accostata a sinistra fu che, per alcuni brevi momenti, la nave si trovò
pressoché immobile. Abbastanza per dare a Manning l’opportunità di attaccare:
da una quota di 24 metri, volando a 140 nodi, il Beaufort si avvicinò sino a
circa 550-640 metri prima di sganciare il siluro, con un angolo di 45°.
Al tempo
stesso, i due Blenheim aggirarono le navi per attaccarle dal lato della costa
(le navi procedevano con rotta parallela alla costa), mentre un Beaufighter si
avventava sulla Calatafimi; l’aereo
del tenente Dustow, attaccando per primo, sganciò le sue bombe, che caddero ai
lati della prua della Proserpina,
mancandola di poco. Subito dopo l’aereo di Dustow fu colpito dal fuoco
contraereo della petroliera, urtò con un’ala l’albero di trinchetto della Proserpina e precipitò in mare, capovolgendosi
più volte, con la perdita di tutto l’equipaggio. Pochi secondi più tardi, tre
delle quattro bombe da 250 libbre (113 kg) sganciate dall’aereo di Pidsley
(anch’esso crivellato di colpi dal tiro delle navi), che aveva attaccato
volando ad appena sei metri di quota (evitò di stretta misura albero e fumaiolo
della nave italiana), colpirono la petroliera in prossimità della plancia: un
pezzo di sovrastruttura, proiettato in aria dall’esplosione, urtò il Blenheim,
provocandogli un’ammaccatura sull’ala destra; anche il Beaufort di manning fu
investito dagli scoppi, che gli fermarono per qualche istante entrambi i
motori, prima che riuscisse a rimettere in moto. Subito dopo la Proserpina fu colpita a prua sinistra
(per altra fonte il siluro esplose invece a poppa: ciò si spiega con il fatto
che il siluro, secondo Manning, urtò contro la prua ma – a caua
dell’angolazione della nave, che stava virando – l’arma non esplose
immediatamente bensì “rimbalzò” o “rotolò” lungo lo scafo verso poppa, e qui
esplose) anche dal siluro del rimanente Beaufort (fonti italiane parlano però
di due siluri a segno, e di un siluro caduto a prora in coperta), e s’incendiò
immediatamente, a 20 miglia per 320° da Tobruk. Il fumo dell’incendio risultò
visibile fino a 60 miglia di distanza; secondo quanto un prigioniero dell’Asse
riferì in seguito ai britannici, diversi ufficiali tedeschi si erano radunati sulle
scogliere attorno a Tobruk per assistere all’arrivo della tanto attesa
petroliera, e da lì la videro andare in fiamme sotto i loro occhi, insieme alle
ultime speranze dell’Asse in Egitto.
Durante
il volo di ritorno alla base, la formazione aerea britannica fu attaccata da
dei Macchi C. 202, che danneggiarono un Beaufort (proprio quello di Manning,
che però riuscì a rientrare alla base). Durante l’attacco, inoltre, un
Beaufighter era stato abbattuto ed un altro danneggiato da un Messerschmitt Bf
109, mentre uno Ju 88 era stato a sua volta danneggiato da un Beaufighter.Dei 77
uomini che componevano l’equipaggio della Proserpina,
15 persero la vita. I 62 naufraghi furono recuperati dalla Calatafimi e dalla Lira;
la Calatafimi, in particolare, si
avvicinò ai naufraghi in acqua nonostante il pericolo costituito dalla benzina
in fiamme, che galleggiava tutt’attorno sulla superficie del mare, e riuscì a
trarli tutti in salvo in breve tempo. Il comandante Brignole fu decorato con la
Medaglia di Bronzo al Valor Militare per questo rischioso salvataggio.
Ulteriori
attacchi aerei, tra tardo pomeriggio e sera, affondarono anche la Tergestea, quando ormai era giunta in
vista del porto di Tobruk. Con essa si persero 1000 tonnellate di benzina e
1000 di munizioni e l’intero equipaggio.
L’agonia
della Proserpina fu lunga: alle 19
del 26 ottobre, quando la Tergestea
era già stata affondata, la petroliera era in fiamme da prua a poppa, ma
restava testardamente a galla. Si tentò di spegnere le fiamme e prenderla a
rimorchio, ma non servì a niente; la carcassa bruciata della nave scivolò
infine sotto la superficie alle 6.45 del 27 ottobre.
Sopra: il
Beaufort DE108 del tenente colonnello Sprague con i segni dei danni subiti
nell’attacco alla Proserpina; sotto,
l’equipaggio del Beaufort che affondò la petroliera: Manning è il secondo da
sinistra; ai suoi lati i commilitoni Spark (a sinistra) e Barnes (a destra),
mentre Bladen, il primo a sinistra, non partecipò all’attacco (da “Ship
Busters”).
Il 27 ed
il 28 ottobre, «ULTRA» intercettò e decifrò anche i messaggi che annunciavano
la perdita delle due navi. Proserpina
e Tergestea figurano tra le navi alla
cui perdita è spesso imputata la scarsità di carburante delle truppe corazzate
italo-tedesche nella battaglia di El Alamein: Rommel avrebbe scritto nel suo
diario che con la perdita di Proserpina
e Tergestea la battaglia era persa,
dato che con loro era svanita l’ultima speranza di ripristinare la capacità di
manovra delle sue forze motocorazzate («La petroliera Proserpina, che speravamo avrebbe portato un po’ di rifornimenti di
benzina, era stata bombardata ed affondata al largo di Tobruk. C’era solo
benzina sufficiente a mantenere il traffico di rifornimenti tra Tripoli ed il
fronte per altri due o tre giorni, senza contare le necessità delle forze
motorizzate»), e la sera stessa del 26 ottobre riferì al Comando Supremo ed a
Berlino che «Ora che la Proserpina è
bruciata al largo di Tobruk, la Panzerarmee ha benzina solo per due o tre
giorni, ai livelli attuali di consumo. Al momento è pertanto impossibile
iniziare operazioni di movimento».
Il
maggiore Pidsley ricevette la Distinguished Flying Cross per il suo ruolo
nell’affondamento della Proserpina.
Lo stesso
26 ottobre era stata affondata un’altra nave cisterna diretta in Libia, l’Arca; tre giorni dopo andò a fondo anche
la Luisiano, mentre la Portofino riuscì a giungere indenne a
Bengasi il 4 novembre, solo per esservi affondata due giorni dopo da un
bombardamento aereo (con il carico ancora a bordo).
La
battaglia di El Alamein si concluse l’11 novembre, con la ritirata delle forze
dell’Asse verso la Tripolitania. Oltre 9000 uomini (tra cui quasi 6000
italiani) persero la vita, 15.000 rimasero feriti; 30.000, per i due terzi
italiani (l’intero X Corpo d’Armata, formato dalle Divisioni «Folgore»,
«Brescia» e «Pavia», cessò di esistere: su oltre 30.000 uomini che lo
componevano, solo 2872 riuscirono a sottrarsi all’accerchiamento), rimasero
intrappolati nel deserto dov’erano rimasti appiedati, e dovettero arrendersi
dopo aver esaurito le munizioni e l’acqua.
L’Asse,
in Africa, aveva perso la guerra.
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