Il XXI Aprile a Beira (Mozambico) nel 1938 (g.c. Mauro Millefiorini) |
Piroscafo da carico
da 4786,96 tsl e 2954,06 tsn, lungo 120,60 o 117,9 metri , largo 15,91
e pescante 8,35, con velocità (in origine) di 10,5 nodi. Appartenente alla
Società Anonima Cooperativa di Navigazione Garibaldi (con sede a Genova),
iscritto con matricola 2183 al Compartimento Marittimo di Genova, nominativo di
chiamata ICFO.
Breve e parziale cronologia.
12 giugno 1919
Varato nei cantieri
Downey Shipbuilding Company di Arlington (Staten Island, New York), come Richmond Boro (numero di costruzione 8).
La nave scende nelle acque del Kill van Kull alla presenza di 5000 persone, con
un inusuale varo notturno: il bastimento è illuminato con luci elettriche
bianche, rosse e blu ed il varo viene salutato da trecento vecchi marinai
presenti tra il pubblico.
Agosto 1919
Completato come Richmond Boro per lo United States
Shipping Board (governo statunitense). Fa parte di una serie di navi gemelle
tra cui i piroscafi Nahma, Osakis, Dio, New Britain, Sabotawan, Dochet, Strathnaver, Yaphank, Waterbury e Clarksburg.
23 agosto 1919
Compie le prime prove
in mare, spingendosi dai cantieri fino a Sandy Hook e ritorno, con a bordo
funzionari governativi e di compagnie di navigazione, nonché membri dell’amministrazione
di Richmond Borough. Le prove danno esito pienamente soddisfacente.
1920
Acquistato dalla
Williams Steamship Corporation di New York e ribattezzato Willfaro (nominativo di chiamata LSJW). La stazza originaria
risulta essere di 5313 tsl.
18 ottobre 1920
Il Willfaro trae in salvo l’equipaggio (sei
uomini, più due clandestini) della goletta britannica Nordica, naufragata nell’Atlantico in posizione 43°53’ N e 51°28’ O
durante un viaggio da Oporto al Newfoundland con un carico di sale. I naufraghi
verranno sbarcati a New York il 21 ottobre.
14 dicembre 1921
Durante la manovra
per lasciare la banchina a San Pedro (Los Angeles), il Willfaro va a sbattere contro il molo Southern Pacific, affondando
un peschereccio e danneggiando altre 14 piccole imbarcazioni.
23 ottobre 1922
Un incendio scoppia
nella stiva numero 1 del Willfaro,
ormeggiato a Wilmington. Le fiamme verranno estinti dopo molti sforzi dai
pompieri di Wilmington e San Pedro.
1925
Il Willfaro è al centro di un processo tra
gli armatori ed i proprietari di un carico di farina di pesce, andato a male
per il caldo, da esso trasportato. I primi sostengono che il carico fosse già
compromesso, i secondi che la sua perdita sia stata dovuta a stivaggio
sbagliato ed aerazione insufficiente.
1929
Acquistato dalla
compagnia American-Hawaiian, senza cambiare nome.
3 febbraio 1930
Il Willfaro si reca in soccorso del
piroscafo John C. Kirkpatrick, che ha
lanciato un SOS (mentre si trova tra Cape Flattery e Grays Harbour, durante un
viaggio da Everett a San Francisco) in quanto ha perso gran parte del carico
sistemato sul ponte ed imbarcato una notevole quantità di acqua.
1933
Acquistato dalla Pan-Atlantic
Steamship Corporation (in gestione alla Waterman Steamship Company) di Mobile
(Alabama) e ribattezzato Pan Atlantic
(nominativo di chiamata KITX). Stazza lorda e netta risultano essere 4810 tsl e
3036 tsn.
13 dicembre 1934
Un incendio scoppia
nei carbonili di sinistra del Pan
Atlantic, in navigazione al largo di Mobile (Alabama), ma è possibile
circoscriverlo e successivamente estinguerlo. Raggiunto e scortato da un cutter
della guardia costiera statunitense, il Pan
Atlantic raggiungerà Jacksonville.
1937
Acquistato dalla
Cooperativa Garibaldi e ribattezzato XXI
Aprile.
Settembre-ottobre 1939
Durante il periodo di
neutralità dell’Italia, il XXI Aprile
subisce visite di controllo da parte delle autorità britanniche ad Aden (8
settembre), Suez (16 settembre) e Port Said (17 settembre), poi viene fermato
ancora a Gibilterra dal 27 settembre al 6 ottobre, ed in seguito di nuovo a
Weymouth, dal 12 al 21 ottobre, nonostante i noleggiatori si siano fatti
assicurare dall’ambasciata britannica un rapido svolgimento delle pratiche di
controllo.
24 ottobre 1942
Salpa da Napoli alle
19 diretto a Tripoli.
25 ottobre 1942
A Messina la
torpediniera Giuseppe Cesare Abba
assume la sua scorta. Giunte a Palermo alle 17.30, vi sostano per diversi
giorni.
7 novembre 1942
Il XXI Aprile riparte da Palermo alle otto
del mattino (per altra versione, alle 19.50 del 4 novembre), ora in convoglio
con il piroscafo Numidia e la scorta
delle torpediniere Calliope e Cigno, rimpiazzate dopo qualche ora
dalle torpediniere di scorta Groppo
ed Animoso.
8 novembre 1942
Le navi giungono a
Tripoli alle 7.45.
11 novembre 1942
Lascia Tripoli alle
sette del mattino, senza scorta.
15 novembre 1942
Si unisce al
piroscafo Gimma, scortato dalla
torpediniera Partenope, e sosta a
Pantelleria.
16 novembre 1942
Sosta a Trapani.
17 novembre 1942
Lascia Trapani alle
11.40 e prosegue per Palermo, dove giunge alle 18.30.
25 novembre 1942
Il XXI Aprile salpa da Palermo all’1.45, in
convoglio con i piroscafi Etruria e Carlo Zeno e con le motozattere MZ 705 e MZ 756, scortato dalle torpediniere Sirio (caposcorta, capitano di corvetta Romualdo Bertone) e Groppo (capitano di corvetta Beniamino
Farina).
Alle 11.55 un idrovolante
CANT Z. 501 della scorta aerea sgancia una bomba circa 4 km a sinistra del convoglio
e segnala la presenza di un sommergibile; il convoglio vira a dritta e la Groppo si dirige nel punto indicato
(38°31,5’ N e 12°01’ E), bombardando un contatto con cariche di profondità alle
12.14 e ritenendo di aver affondato un sommergibile, per poi riunirsi al
convoglio dopo un’ora.
Alle 13.53, al largo
delle Egadi, un idrovolante CANT Z. 506 della scorta aerea sgancia una bomba e
segnala un sommergibile in posizione 38°32’ N e 11°43’ E; la Groppo si dirige di nuovo sul punto
indicato e, dopo aver avvistato alle 14.13 quella che sembra la scia di un
siluro, lancia 15 bombe di profondità alle 15.25, perdendo poi il contatto e
riunendosi al convoglio per ordine della Sirio.
Se davvero vi era un
sommergibile (può anche essersi trattato di falso allarme), doveva essere il
britannico Utmost (tenente di
vascello John Walter David Coombe), scomparso in quei giorni tra Malta e Biserta.
Tuttavia il 25 novembre l’Utmost sarebbe
già dovuto essere in arrivo a Malta, e non si spiega perché sarebbe invece
dovuto restare nella zona dell’attacco senza comunicarlo alla base; inoltre le
posizioni degli attacchi della Groppo
non sono sulla rotta che l’Utmost avrebbe
dovuto seguire, ed oggi gli storici ritengono che il sommergibile sia in realtà
affondato su un campo minato, mentre i “sommergibili” delle 11.55 e 13.53
sarebbero frutto di impressioni errate.
26 novembre 1942
Il convoglio giunge a
Biserta a mezzogiorno.
4 dicembre 1942
Riparte da Biserta
alle 13, scortato dalla torpediniera Climene.
6 dicembre 1942
XXI Aprile e Climene giungono a
Palermo alle 00.03.
24 dicembre 1942
XXI Aprile e Carlo Zeno partono
da Palermo alle 10.40, scortati dalle torpediniere Ardito (capitano di corvetta Silvio Cavo, caposcorta) ed Ardente (tenente di vascello Rinaldo
Ancillotti).
Il convoglio sosta a
Trapani dalle 15.30 alle 19; qui vi si aggregano quattro motozattere tedesche e
la vecchia torpediniera Generale Marcello
Prestinari.
25 dicembre 1942
Alle 11.25 il
convoglio si trova in posizione 37°15’ N e 10°39’ E (altra fonte parla delle
11.16 e della posizione 36°17’ N e 10°32’ E, sedici miglia a nord di Zembra),
quando uno degli aerei di scorta segnala con raffiche di mitragliatrice la
presenza di un sommergibile: è il britannico P 48, al comando del tenente di vascello Michael Elliot Faber.
Subito l’Ardente passa all’attacco,
lanciando in tutto 48 bombe di profondità e notando poi un’ampia chiazza oleosa
nel punto 37°17’ N e 10°32’ E. Il P 48
è stato affondato con tutto l’equipaggio.
Il convoglio giunge a
Tunisi alle 15.50.
29 dicembre 1942
Il XXI Aprile lascia Tunisi alle 10.10,
scortato dai moderni cacciatorpediniere Granatiere,
Bombardiere e Legionario (caposcorta).
30 dicembre 1942
Le navi giungono a
Palermo alle 16.
7 gennaio 1943
Il XXI Aprile salpa da Palermo alle 12.50,
in convoglio con i piroscafi tedeschi Skotfoss
e Sudest e con la scorta del
cacciatorpediniere Saetta
(caposcorta) e delle torpediniere Cigno
e Calliope.
8 gennaio 1943
Alle 16.40 il
convoglio si divide in due gruppi, aventi diversa destinazione: XXI Aprile e Skotfoss dirigono per Tunisi, dove arrivano alle 19, mentre il Sudest fa rotta per Biserta ove giungerà
il giorno seguente.
18 gennaio 1943
Il XXI Aprile ed il piroscafo Valdirosa lasciano Tunisi alle 10
diretti a Palermo, scortati dalle torpediniere Castore (caposcorta), Libra
e Generale Carlo Montanari.
Alle 20 iniziano i
primi attacchi aerei, che si protrarranno sino alle 00.30 del 19, senza
risultato.
19 gennaio 1943
Il convoglio giunge a
Palermo alle 15.
L’affondamento
Alle 13.15 del 17
febbraio 1943 il XXI Aprile, al
comando del capitano di lungo corso Wolfango Bondi, salpò da Palermo alla volta
di Tunisi, in convoglio con il piroscafo Siena.
Sul XXI Aprile, oltre all’equipaggio, si
trovavano numerosi carristi (sottufficiali e soldati) e conducenti di automezzi
appartenenti al 559° Gruppo Semoventi (facente parte della 131a
Divisione Corazzata "Centauro" e dotato di diciotto semoventi da
75/18 su tre batterie), insieme a due ufficiali dello stesso Gruppo, del quale
era in corso il trasferimento in Tunisia, nonché personale militare tedesco (un
ufficiale e vari sottufficiali e soldati). In tutto 220 uomini tra truppe ed
equipaggio, di cui 200 erano militari italiani e tedeschi e 20 civili
militarizzati.
Il carico, imbarcato
a Palermo per ordine della Commissione Allestimenti e Imbarchi di quel porto
(retta dal capitano di vascello Padolecchia), consisteva in 300 tonnellate di
munizioni (tra cui bombe e siluri), 150 tonnellate di altri rifornimenti per le
forze italiane e tedesche (compreso un carico di viveri vigilati da alcuni
carabinieri) e 50 tra automezzi e mezzi corazzati del 559° Gruppo Semoventi.
I primi attacchi, e
le prime perdite, il XXI Aprile li
aveva subito quando ancora era in porto a Palermo, nel corso delle operazioni
di carico: nave e porto erano stati più volte mitragliati, spezzonati e
bombardati da aerei nemici in violenti attacchi a bassa quota. In queste
incursioni erano rimasti uccisi sei uomini del 559° Gruppo Semoventi.
Unica difesa del XXI Aprile contro gli attacchi aerei era
una mitragliera quadrinata tedesca da 20 mm: per rinforzare questo modesto
armamento, su iniziativa del capitano Lattanzi del 559° Gruppo Semovente (il
quale aveva assunto il comando di tutto il personale imbarcato) e per ordine
del comandante Bondi, si unirono alla reazione contraerea tutte le armi leggere
del 559° Gruppo, cioè ben sei mitragliere da 13,2 mm e 32 mitragliatrici da 8
mm, tutte dotate di munizionamento contraereo, tracciante e perforante. La
reazione offerta da tale dispiegamento di armi fu piuttosto efficace,
soprattutto durante le incursioni notturne, nelle quali gli aerei attaccavano a
bassa quota.
Dopo la partenza da
Palermo, il XXI Aprile ed il resto
del convoglio fecero scalo a Trapani, per poi puntare verso la Tunisia.
La scorta era formata
dalle moderne torpediniere di scorta Groppo
(capitano di corvetta Beniamino Farina, caposcorta) e Fortunale (capitano di corvetta Mario Castelli della Vinca), cui
alle 16.40 si aggiunse la non meno recente corvetta Gabbiano (tenente di vascello Alberto Ceccacci), salpata da
Trapani. C’era anche un velivolo tedesco di scorta aerea, uno Junkers Ju 87.
Stante la vetustà dei
due piroscafi, il convoglio non poteva procedere a più di sette nodi: troppo
pochi, una velocità tanto bassa agevolava il compito dei molti sommergibili in
agguato lungo la “rotta della morte”; ma dopo tre anni di guerra, che avevano
progressivamente decimato la parte migliore della flotta mercantile, questa era
la velocità che potevano raggiungere i vecchi piroscafi che bisognava mettere
in campo. Dovevano anzi essere tre i piroscafi del convoglio, ma il terzo, il Campania, non era potuto nemmeno
partire, a causa di problemi alle macchine.
XXI Aprile e Siena procedevano a
zig zag, con lente accostate. A sette nodi, la traversata non avrebbe richiesto
meno di trenta ore.
“ULTRA” non aveva
fatto un buon lavoro, questa volta; il 16 febbraio aveva informato i comandi
britannici che, da messaggi decrittati, risultava che il XXI Aprile ed il Siena,
così come i piroscafi tedeschi Baalbeck
e Le Borgne, sarebbero dovuti
giungere a Tunisi la sera del 17; ma informazioni tanto vaghe erano di scarsa
utilità. D’altra parte, i sommergibili che incrociavano nel Canale di Sicilia e
lungo le coste italiane potevano anche farne a meno.
Passando al largo di
Isola delle Femmine, gli uomini del XXI
Aprile notarono la corvetta Danaide
pendolare tra Capo San Vito e l’isola, zona in cui si riteneva non vi fossero
sommergibili nemici.
Alle 17.23 gli
ecogoniometri della Fortunale e della
Gabbiano iniziarono a segnalare echi
di sommergibili immersi. Anche lo Ju 87 avvistò il sommergibile e ne comunicò
la presenza alle navi della scorta, mediante un segnale rosso. Il XXI Aprile ricevette ordine dal
caposcorta di accostare per 2° a dritta.
Entrambe le navi
iniziarono la caccia antisommergibile, ma ciò non fermò il sommergibile
britannico Splendid (tenente di
vascello Ian Lachlay Mackay McGeogh).
Questi avvistò alle
17.32 gli alberi ed i fumaioli dei due mercantili, circa sei miglia ad est di Capo San Vito,
mentre uscivano dal Golfo di Castellammare con rotta 010°; pur avendo avvistato
anche due delle navi scorta sul lato del convoglio rivolto verso il mare, e poi
anche la terza (identificate correttamente come due cacciatorpediniere/torpediniere
ed una corvetta/sloop), McGeogh iniziò la manovra d’attacco alle 18.
Alle 19.03 lo Splendid lanciò sei siluri contro
entrambi i piroscafi, valutati in 4000 e 5000 tsl e carichi a metà, che
formavano un bersaglio continuo. (La discrepanza di dieci minuti tra l’orario
del lancio secondo lo Splendid, e
l’orario del siluramento secondo le fonti italiane, è inspiegabile).
Alle 18.53 il XXI Aprile venne colpito a poppa
sinistra da un siluro; sia secondo la relazione del comandante Bondi che
secondo il racconto di Nicolò Galioto, ufficiale del XXI Aprile, i siluri che colpirono il piroscafo furono invece due,
quasi contemporaneamente, uno a prua ed uno a centro nave.
Galioto, dopo
l’allarme, si era sdraiato su una poltrona in saletta per riposarsi, ma dopo
una decina di minuti i siluri avevano colpito. Sentito un primo urto
proveniente dal dritto di prora, l’ufficiale comprese che la nave era stata
silurata e fece per alzarsi, quando fu gettato a terra dall’impatto del secondo
siluro, più violento del primo. La nave sbandò subito fortemente; Galioto,
faticando a stare dritto, si diresse verso il corridoio per prelevare un
salvagente, ma faticò enormemente per riuscirvi.
Era stato dato
l’ordine di abbandonare la nave; a bordo regnava una certa confusione, e Galiolo,
che cercava di raggiungere il ponte per buttarsi in mare, venne invece spinto
sempre più indietro.
Il capitano Lattanzi,
cadendo in mare, gridò più volte “Viva l’Italia”, grido a cui si unirono decine
dei suoi uomini, pochi attimi prima di scomparire sotto i flutti.
Tutto ciò si svolse
in una manciata di secondi: poco dopo l’impatto del secondo siluro, infatti, le
trecento tonnellate di munizioni che facevano parte del carico esplosero. Lo
sventurato XXI Aprile fu praticamente
disintegrato dall’immane esplosione, e colò a picco in pochi istanti nel punto
38°13’ N e 12°43’ E, tre miglia a nord di Capo San Vito Siculo: sul mare
rimasero soltanto pochi rottami e naufraghi, ed un’enorme fiammata generata dall’incendio
del carburante che faceva parte del carico.
Nicolò Galioto si
ritrovò catapultato in aria, ad un’altezza impossibile determinare, insieme
alle lamiere della nave. Perse i sensi e rinvenne sott’acqua, tra i rottami del
XXI Aprile, dolente per varie ferite
lacero-contuse: inizialmente non riuscì ad emergere, poi ebbe una visione del
Monte Pellegrino di Palermo ed improvvisamente si sentì spingere verso la
superficie, senza aver fatto alcun movimento, impedito dalle ferite. Riemerse
senza salvagente, né alcun oggetto in vista a cui ci si potesse aggrappare.
Non fu molto
dissimile l’esperienza del comandante Wolfango Bondi. Questi, trovandosi in
plancia, fece in tempo solo ad afferrare un giubbotto salvagente e stringerlo
al petto; non fece neanche in tempo ad indossarlo, che la nave esplose e Bondi
si ritrovò in acqua, ferito alla testa dalla copertura in legno della plancia,
risucchiato dal gorgo della sua nave che affondava. Riuscì a riemergere, e si
aggrappò ad una tavola con pochi altri naufraghi.
Passarono ore prima
che giungessero i soccorsi: il già sparuto numero di quanti erano usciti vivi
dall’esplosione del XXI Aprile fu
ridotto ancor più dal freddo e dalle ferite, nell’esasperante attesa dell’arrivo
di una nave che portasse aiuto.
Nel buio della notte si
sentivano lamenti di feriti, pianti e invocazioni di uomini alle madri; un
naufrago invocò Dio ed il re, poi si uccise sparandosi alla tempia. Alcuni dei
naufraghi aggrappati alla tavola del comandante Bondi furono presi dalla
follia.
Nicolò Galioto, colto
da crampi alle gambe che gli impedivano di tenersi ancora a galla, stava
rassegnandosi all’ineluttabile quando all’improvviso avvistò ad un paio di
metri uno zatterino di circa un metro di lunghezza e di eguale larghezza; cercò
di nuotare verso di esso, ma i crampi e l’intorpidimento causato dal freddo,
che gli aveva quasi bloccato la circolazione, gli impedivano di fatto di
spostarsi nell’acqua, e di superare quella pur ridottissima distanza. Si
rassegnò di nuovo alla morte, ma sentì qualcosa urtargli la spalla: credette
che fosse un cadavere, e invece era lo zatterino. Allungò il braccio e lo
afferrò, cercando di restare aggrappato con le forze residue.
Intorno a mezzanotte
e mezza, Galioto sentì un rombo di motori; dapprima credette di aver sentito
male, ma il rombo persisteva e si faceva anzi sempre più vicino. A poco a poco
comparvero i fanali di via e la sagoma di una nave da guerra: era la Fortunale, tornata a salvare i
naufraghi. Galioto chiamò le ultime forze a raccolta e gridò per farsi notare,
e dalla torpediniera gli risposero “ti abbiamo visto” e gli puntarono addosso
il fascio del proiettore; poco dopo, il naufrago fu issato sulla poppa della Fortunale.
I pochi sopravvissuti
del XXI Aprile vennero raccolti
durante la notte ed il mattino successivo dalla Fortunale e da alcune motovedette antisommergibile inviate da
Trapani (la Capitaneria di Porto di Trapani era stata informata dell’accaduto
dalla Stazione Carabinieri di Capo San Vito, a sua volta avvertita da alcune
famiglie di Capo San Vito che avevano visto la fiammata dell’esplosione del XXI Aprile); sei naufraghi furono
recuperati a mezzogiorno del 18 da un MAS in navigazione al largo di Capo San
Vito.
Il Siena si rifugiò a Trapani, dove giunse
indenne con la scorta della Groppo;
la Gabbiano rimase invece sul posto e
proseguì la caccia antisommergibile fino al mattino del 18 febbraio, ritenendo
a torto di aver danneggiato il battello attaccante (emerse molta nafta, che si
estese su un vasto tratto di mare: ma lo Splendid
si era già allontanato alle 21.40 del 17, senza aver subito danni nonostante le
30 bombe di profondità, tutte piuttosto vicine, che aveva contato dalle 19.10
alle 20.30).
La Fortunale, con i sopravvissuti del XXI Aprile, giunse a Trapani all’1.05
del 18. I feriti vennero poi ricoverati nell’ospedale di Torrebianca.
Dei 220 uomini
imbarcati sul XXI Aprile, soltanto in
17 erano sopravvissuti, tutti feriti: 11 militari e 6 militarizzati. Tra di
essi era il comandante Bondi.
Le acque del
Mediterraneo avevano inghiottito 189 militari e 14 civili militarizzati.
Il 559° Gruppo
Semoventi aveva di fatto cessato di esistere, avendo perso tutti i carri e gran
parte del personale nell’affondamento del XXI
Aprile. Il Gruppo venne ricostruito praticamente da zero in Tunisia.
L’affondamento del XXI Aprile nel giornale di bordo dello Splendid (da Uboat.net):
“1732 hours - Sighted masts and funnels of two merchant vessels about
six nautical miles East of Capo San Vito steering 010° out of Castellamare Bay.
Two escorts were seen to seaward of the convoy.
1800 hours - Started attack on two half laden merchant vessels escorted
by two destroyers/torpedo boats and one sloop/corvette.
1903 hours - Fired six torpedoes at the two merchant vessels (thought to
be of 5000 and 4000 tons) that formed a continuous target. Two hits were observed
on the nearest merchant vessel and one hit was heard on the other one.
1910 hours - The counter attack started. Three patterns of six, and one
pattern of twelve depth charges was dropped. All rather close, but no damage
was sustained. Splendid meanwhile had
gone to 420 feet
and the escorts did not obtain contact. The last pattern (the one of twelve)
was dropped at 2030 hours.
2140 hours - No more HE was heard. Splendid
meanwhile continued to withdraw to the North-East.
2315 hours - Surfaced, nothing in sight.”
Si ringrazia Sergio Bondi.
mio padre,ferito e sopravvissuto,il 17 Febbraio'43 comandava la nave. Da suoi documenti ricavo: 220 imbarcati tra militari e militarizzati. 17 sopravvissuti di cui 11 feriti.
RispondiEliminaLa ringrazio; mi potrebbe magari inviare foto o scansione di questi documenti per e-mail (lorcol94@gmail.com)? Mi risulterebbero molto utili.
EliminaÈ il rapporto dattiloscritto per l'autorità militare. Non credo potere divulgarlo,anche se sono passati tanti anni.
EliminaSe lei non ha personalmente niente in contrario, non credo proprio che vi siano problemi legali, questi ormai sono documenti storici sui quali non vige segreto militare. Ho pubblicato, quando mi sono state inviate, parti di rapporti o relazioni dell'epoca - veda p. es. le mie pagine sul cacciatorpediniere Aquilone, sulla torpediniera Ardente, sull'incrociatore ausiliario Città di Bari. Avevo anche chiesto all'Ufficio Storico della Marina Militare se fossero pubblicabili, e mi era stato risposto affermativamente.
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