Il Recca in Gran Bretagna nei primi anni Trenta (g.c. Mauro
Millefiorini via www.naviearmatori.net)
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Piroscafo da carico
da 5441 tsl, 3428 tsn e 8615 tpl, lungo 123,2 metri , largo 16,4
e pescante 8,8, con velocità di 10,5-11 nodi. Appartenente alla Società Anonima
di Navigazione Italia, con sede a Genova, ed iscritto con matricola 2210 al
Compartimento Marittimo di Genova.
Breve e parziale cronologia.
23 agosto 1919
Impostato nello
Stabilimento Tecnico Triestino di Trieste come Reka (numero di costruzione 568).
26 ottobre 1920
Varato nello
Stabilimento Tecnico Triestino come Recca.
14 giugno 1921
Completato come Recca per la Navigazione Libera
Triestina, avente sede a Trieste. Ha due gemelli, l’Arsa e l’Istria.
1937
Venduto alla Italia
Società Anonima di Navigazione.
1937
Durante la guerra
civile spagnola il Recca si
ritrova a trasportare, in un’occasione, merce di “contrabbando” per le forze
repubblicane spagnole, benché l’Italia stia combattendo contro i repubblicani:
563 tonnellate di piombo raffinato, per conto di una società francese.
Ottobre 1939
Il Recca, mentre l’Italia è ancora neutrale
ma la seconda guerra mondiale già in corso, viene fermato a Marsiglia dalle
autorità francesi, che sequestrano parte del carico. L’episodio genera vibrate
proteste da parte della diplomazia italiana.
21 gennaio 1940
Il Recca partecipa, insieme ai piroscafi
italiani Colombo, Conte Biancamano, Edera e Cellina, a due cacciatorpediniere francesi ed ad un rimorchiatore
pure francese (quest’ultimo costretto al rientro dal mare mosso), alle
operazioni di soccorso della motonave Orazio,
che nel punto 42°36’ N e 05°28’ E, a circa 35 miglia da Tolone, ha
preso fuoco durante una burrasca, a seguito di un un’esplosione verificatasi in
sala macchine alle 5.30, mentre viaggiava da Genova a Barcellona (con
destinazione finale Valparaiso) con a bordo 423 passeggeri e 210 membri
dell’equipaggio. Il Recca recupera
parte dei naufraghi; le vittime saranno alla fine 108, 48 passeggeri e 60
membri dell’equipaggio, in gran parte morte d’ipotermia sulle lance o annegate
nel mare mosso. Terminati i soccorsi, la nave raggiunge Barcellona.
Cuba
Il 7 giugno 1940 il Recca si ormeggiò nel porto dell’Avana,
nell’isola di Cuba. Quando, tre giorni dopo, l’Italia entrò nella seconda
guerra mondiale, il piroscafo si trovava ancora nella capitale cubana, e
divenne evidente che ci sarebbe rimasto per molto tempo.
La sua successiva
storia fu molto simile a quella di tante altre navi italiane che la guerra
sorprese nei porti dell’America centrale e meridionale. Per oltre nove mesi, il
Recca languì in solitario
internamento (unica altra nave italiana a Cuba era il piccolo panfilo Nenemoosha) nelle acque del piccolo
Stato caraibico.
Quando alla fine del
marzo 1941 gli Stati Uniti, benché neutrali, confiscarono tutti i mercantili
dell’Asse che si trovavano internati nei loro porti, anche Cuba fu tra i molti
Stati del Centro e Sud America che si allinearono a tale decisione, adottando
analoghi provvedimenti nei confronti delle navi italiane e tedesche presenti
nelle loro acque. Il 31 marzo 1941 il primo ministro cubano, Carlos Saladrigas,
annunciò presso il palazzo presidenziale di aver ordinato alla Marina cubana di
prendere in custodia il Recca,
facendovi imbarcare delle guardie «per prevenire sabotaggi»; i giornali alleati
descrissero tale decisione come segno di «solidarietà» verso gli Stati Uniti.
Il 1° aprile 1941 il Recca ed il suo equipaggio furono quindi
posti dalla Marina cubana in «custodia protettiva» in quel di L’Avana. Quello
stesso giorno, diverse bombe scoppiarono vicino alla casa del ministro cubano
José Manuel Cortina, provocando pochi danni e nessun ferito; Cortina ritenne
che l’attentato fosse opera della locale sezione della Falange spagnola, che
aveva forti legami con i fascisti italiani, e che costituisse una ritorsione
per il sequestro del Recca.
La cattura del piroscafo
venne ufficializzata il 31 agosto 1941 e la nave, divenuta di proprietà del
governo cubano, venne registrata a L’Avana e ribattezzata Libertad.
I 33 uomini che
componevano l’equipaggio italiano del Recca
vennero internati nell’Isla de Los Pinos (oggi conosciuta col nome di Isla de
la Juventud), insieme ad altri nove italiani, residenti a Cuba, ritenuti di
convinzioni fasciste. Sarebbero stati liberati nel novembre 1943, dopo
l’armistizio tra Italia ed Alleati, ma due di loro non sarebbero mai tornati in
Italia: il capo fuochista Angelo Serretta, genovese, morì il 25 gennaio 1945
durante la permanenza forzata a Cuba, mentre il fuochista Giuseppe Lombardo, di
Torre del Greco, morì il 2 febbraio 1945.
Dato in gestione alla
Victory S. S. Line, il Libertad prese
nuovamente il mare con un equipaggio cubano. Dopo che Cuba, seguendo gli Stati
Uniti, ebbe dichiarato guerra all’Asse (al Giappone l’8 dicembre 1941; a Italia
e Germania l’11 dicembre), il piroscafo iniziò a solcare il Mar dei Caraibi e l’Atlantico
occidentale facendo parte di numerosi convogli: il TAW 9 (Trinidad-Key West, luglio
1942), il CK 302 (L’Avana-Key West, ottobre 1942), il KC 7 (Key West-L’Avana,
novembre 1942), il CK 309 (L’Avana-Key West, novembre 1942), il KP 419 (Key
West-Pilottown, novembre 1942), il KG 642 (Key West-Guantanamo, giugno 1943),
il KH 403 (Key West-Galveston Bar, luglio 1943), il KH 415 (Key West-Galveston
Bar, agosto 1943), il KG 653 (Key West-Guantanamo, agosto 1943), il KH 423 (Key
West-Galveston Bar, settembre 1943), l’HK 131 (Galveston Bar-Key West,
settembre 1943), il KG 658 (Key West-Guantanamo, settembre 1943), il KG 664 (Key
West-Guantanamo, ottobre 1943), l’NG 397 (New York-Guantanamo, novembre 1943),
il KG 671 (Key West-Guantanamo, novembre 1943).
Il 1° dicembre 1943
il Libertad, dopo essere giunto a
Miami da Antilla (Cuba) scortato da una cannoniera e con a bordo un carico di
8000 tonnellate di zucchero, ne ripartì alla volta di Baltimora, aggregandosi al
convoglio KN 280 (partito da Key West e diretto a New York con dieci navi
mercantili, scortato da un panfilo armato e tre cutter della Guardia Costiera
statunitense).
Il mattino del 4
dicembre 1943, mentre il piroscafo navigava nella posizione n. 13 del convoglio,
il sommergibile tedesco U 129
(tenente di vascello Richard von Harpe) gli lanciò quattro siluri; due di essi
colpirono, alle 8.57, sul lato sinistro, uno nella stiva numero 4 e l’altro più
a poppavia. Il Libertad sbandò
fortemente ed affondò di poppa in pochissimo tempo nel punto 34°12’ N e 75°20’
O (o 34°30’ N e 74°42’ O), circa 75 miglia a sud/sudest di Capo Hatteras, prima
che l’equipaggio riuscisse a calare due lance.
Dei 43 membri
dell’equipaggio cubano, dodici raggiunsero due zattere, che legarono insieme;
quattro si arrampicarono su una scialuppa capovolta ed almeno nove si
aggrapparono a tavole ed altri rottami che galleggiavano. I naufraghi cercarono
di richiamare l’attenzione di altre navi con una torcia elettrica ed accendendo
un composto galleggiante di sodio, ma invano.
Non ci fu il tempo di
lanciare un SOS, e nessuna delle altre navi, nella notte piovosa e senza luna,
vide il Libertad affondare: solo il
mattino successivo si accorsero della sua mancanza, e da Norfolk presero il
mare la fregata USS Natchez ed il
cacciasommergibili PC-564 per
setacciare la zona; i cacciasommergibili SC-1306
e SC-1358 ricevettero l’ordine di
rastrellare la rotta del convoglio, mentre da Cherry Point decollarono tre
idrovolanti Lockheed Ventura, da Norfolk un PBM Mariner, da Elizabeth City un Hall
PH e da Weeksville due dirigibili.
Alle 18.35 del 5
dicembre il dirigibile K-82
(guardiamarina Frank J. Hudner) avvistò dei naufraghi aggrappati a rottami
galleggianti in posizione 34°40’ N e 74°53’ O, e lanciò loro razioni d’emergenza
ed una zattera di salvataggio. Questi uomini furono recuperati quattro ore dopo
dalla Natchez, che recuperò poi i 12
naufraghi sulle due zattere, avvistati dal dirigibile K-72 (tenente di vascello John Marck) in posizione 34°33’ N e
74°58’ O. Le quattro navi formarono poi una linea esplorante per cercare altri
superstiti, ma durante la notte l’SC-1306
entrò in collisione con il cacciasommergibili PCE-869 e dovette lasciare le ricerche.
Il mattino del 6
dicembre il dirigibile K-76 (tenente
di vascello David T. Beault) avvistò nel punto 34°44’ N e 74°50’ O i quattro
uomini sulla scialuppa capovolta e diresse sul posto la Natchez, che li trasse in salvo. La Natchez e l’SC-1358 proseguirono
le ricerche fino al 7 dicembre, trovando molti rottami ma nessun altro
superstite; tutti i naufraghi furono poi trasferiti sull’SC-1358, che li sbarcò a Morehead City.
Dei 43 uomini del Libertad ne morirono 25, tra cui il
comandante Moisés Gondra Urrutia, che era rimasto in plancia per affondare con
la sua nave. Almeno quindici di loro erano affondati con la nave, mentre altri sette,
forse dieci, erano morti in attesa dei soccorsi, annegati dopo aver esaurito le
forze, o divorati dagli squali (che ferirono anche alcuni di quelli che
sopravvissero).
Il Libertad fu la più grande nave perduta
in guerra dalla piccola Marina Mercantile cubana, ed i 25 marittimi che vi
trovarono la morte costituirono più di un quarto del tributo in vite umane
pagato da Cuba nel conflitto (le vittime cubane nella seconda guerra mondiale furono
un centinaio, pressoché esclusivamente marittimi delle navi cubane affondate
dagli U-Boote).
Interessante e ben fatto il resoconto del piroscafo Tecca.
RispondiEliminaInteressante e ben scritta la tragica storia del piroscafo Recca.
RispondiEliminaLa ringrazio.
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