Il varo del Beilul (da www.ak-group.ru) |
Sommergibile di
piccola crociera della classe Adua (detta anche “classe Africani”; dislocamento
di 698 tonnellate in superficie, 866 tonnellate in immersione).
Durante il conflitto
effettuò in tutto 34 missioni di guerra, percorrendo in tutto 23.305 miglia in
superficie e 3321 in immersione e trascorrendo 234 giorni in mare.
Breve e parziale cronologia.
2 luglio 1937
Impostazione nei
cantieri Odero Terni Orlando del Muggiano (La Spezia).
22 maggio 1938
Varo nei cantieri
Odero Terni Orlando del Muggiano.
14 settembre 1938
Entrata in servizio.
12 dicembre 1938
Posto alle dipendenze
di Maricosom, il Comando Squadra Sommergibili. Dopo una crociera addestrativa
nel Dodecaneso, viene dislocato nella base di Lero.
Il Beilul nel 1938 (da www.marina.it) |
Maggio 1940
Il Beilul (capitano di corvetta Paolo
Vagliasindi, 34 anni, da Randazzo) viene assegnato alla XXXV Squadriglia
Sommergibili del III Grupsom, di base ad Augusta.
10 giugno 1940
All’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Beilul forma insieme ai gemelli Durbo
e Tembien la XXXV Squadriglia
Sommergibili (III Grupsom), di base a Messina. Il Beilul, tuttavia, ha base ad Augusta.
Lo stesso giorno
della dichiarazione di guerra, il Beilul
viene inviato in agguato offensivo nel Canale di Sicilia, tra Pantelleria e
Lampedusa.
19 giugno 1940
Rientra ad Augusta,
senza aver avvistato unità nemiche.
Poco tempo dopo,
viene trasferito a Lero, in seno al V Gruppo Sommergibili.
29 giugno 1940
Inviato in
ricognizione davanti ad Alessandria d’Egitto per sorvegliare i movimenti della
Mediterranean Fleet.
3 luglio 1940
Il Beilul (capitano di corvetta Paolo
Vagliasindi) salpa da Lero diretto in un’area d’agguato situata tra Derna e
Gaudo, sulla congiungente Alessandria-Capo Kupho (Creta). Insieme ad un altro
sommergibile inviato nella stessa zona, il Tricheco
(schierato venti miglia più a nordest), dovrà fornire protezione alla
navigazione di un importante convoglio diretto in Libia, il cui transito è
programmato per l’8 luglio (operazione «TCM», cioè “Terra, Cielo, Mare”: l’invio
in Africa di 2190 soldati, 72 carri armati M11/39, 232 automezzi, 5720
tonnellate di carburante e 10.445 tonnellate di rifornimenti mediante il
piroscafo Esperia, la motonave
passeggeri Calitea e le
motonavi da carico Marco Foscarini, Francesco Barbaro e Vettor Pisani, con la scorta diretta
delle torpediniere Orsa, Procione, Orione e Pegaso,
dei cacciatorpediniere Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco e
degli incrociatori Giovanni delle Bande
Nere e Bartolomeo Colleoni, e la
scorta indiretta dell’intera flotta da battaglia italiana).
7 luglio 1940
Alle 23.40 (per altra
fonte, all’1.30 dell’8) il Beilul (capitano
di corvetta Paolo Vagliasindi) lancia un siluro da distanza ravvicinata (meno
di mille metri), stando in superficie, contro un cacciatorpediniere nemico
identificato erroneamente come l’HMS Whirlwind,
avvistato in posizione 32°40’ N e 28°10’ E (al largo di Creta); subito dopo si
disimpegna in immersione. A bordo viene avvertita una forte esplosione e si
ritiene quindi di aver colpito e danneggiato il bersaglio, ma in realtà le armi
hanno mancato il bersaglio. Sottoposto a pesante caccia con lancio di numerose
bombe di profondità, il Beilul viene
danneggiato e costretto a lasciare prematuramente l’area avvistata e rientrare a
Lero, ma durante la navigazione di rientro riesce a comunicare l’avvistamento
della forza nemica (comprensiva della posizione e con menzione della dura
reazione subita) a Supermarina.
Il cacciatorpediniere
attaccato dal Beilul faceva parte
della Mediterranean Fleet (corazzate Warspite,
Malaya e Royal Sovereign, portaerei Eagle,
incrociatori leggeri Orion, Neptune, Sydney, Gloucester e Liverpool, cacciatorpediniere Hasty, Hyperion, Hero, Hostile, Hereward, Ilex, Dainty, Defender, Decoy, Nubian, Mohawk, Janus, Juno, Stuart, Voyager e Vampire), uscita da Alessandria tra il
pomeriggio e la sera del 7 luglio in tre gruppi (Forze A, B e C) per appoggiare
la navigazione di due convogli (MS 1 e MF. 1) da Malta ad Alessandria (operazione
«MA. 5») e che di lì a due giorni, scontrandosi con la flotta italiana uscita
in mare a copertura dell’operazione «TCM», scatenerà la battaglia di Punta
Stilo.
Secondo www.naval-history.net, il Beilul avrebbe attaccato la Forza B,
composta dalla corazzata Warspite
(nave di bandiera dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, comandante della
Mediterranean Fleet) e dai cacciatorpediniere Hero, Hereward, Decoy, Nubian e Mohawk. Tuttavia,
l’orario dell’attacco del Beilul
sembra combaciare piuttosto con quello di un avvistamento da parte del
cacciatorpediniere HMS Hasty della
Forza C (composta, oltre che dall’Hasty,
da Malaya, Eagle, Royal Sovereign –
avente a bordo il contrammiraglio Henry Pridham-Wippell –, Hyperion, Hostile, Ilex, Imperial, Dainty, Defender, Janus, Juno, Voyager e Vampire, salpati da Alessandria alle sei di sera del 7), che alle
23.59 del 7 luglio riferisce di aver avvistato un sommergibile emerso a circa
mille iarde (914 metri) di distanza, attaccandolo con un pacchetto di bombe di
profondità e ritenendo, erroneamente, di averlo affondato. Un’ora dopo, poco
prima di ricongiungersi alla Forza C, l’Hasty
effettua un altro attacco con bombe di profondità contro un contatto sonar,
ritenendo di aver danneggiato un altro sommergibile.
La segnalazione del Beilul, che colloca la flotta nemica
circa 150 miglia a nordovest di Alessandria, permetterà anche di lanciare
attacchi aerei sulla Mediterranean Fleet, che causeranno il serio
danneggiamento dell’incrociatore leggero Gloucester.
Per questa azione ed
altre successive, il comandante Vagliasindi sarà insignito della Medaglia di
Bronzo al Valor Militare.
17 settembre 1940
Inviato in
pattugliamento a nord di Creta.
1° gennaio 1941
Salpa da Lero per un
pattugliamento nell’Egeo.
9 gennaio 1941
La sera dell’8 gennaio
il Beilul (capitano di corvetta Paolo
Vagliasindi), in agguato a nord del Canale di Caso, avvista nella luce lunare al
largo di Creta (in posizione 35°25’ N e 26°28’ E, a nord di Caso e poco a
nordest dell’estremità orientale dell’isola) un convoglio formato da cinque
mercantili e tre unità di scorta. Si tratta del convoglio "AS. 10",
formato da undici mercantili britannici e greci salpati da Port Said l’8
febbraio e diretti a Suda (dove arriveranno il 10) con la scorta di cinque
cacciatorpediniere greci. (Ciò secondo lo storico Francesco Mattesini; secondo
l’Historisches Marinearchiv si sarebbe invece trattato del convoglio
"MW.5C", partito da Alessandria il 7 gennaio, giunto a Malta il 10 e
formato dalla cisterna militare Breconshire
e dal piroscafo Clan Macaulay
scortati dall’incrociatore antiaerei Calcutta
e dai cacciatorpediniere Diamond e Defender).
Restando in
superficie, alle 00.17 del 9 il Beilul
lancia quattro siluri contro due dei mercantili, per poi disimpegnarsi con
l’immersione rapida ed allontanarsi; due minuti e 55 secondi dopo i lanci, a
bordo vengono sentiti due scoppi, che inducono l’equipaggio a ritenere di aver
colpito due mercantili, ma in realtà non stata colpita alcuna unità. Il
caposcorta del convoglio, capitano di vascello Gregory Mezeviris (imbarcato sul
cacciatorpediniere Vasilef Georgios),
avverte tre forti vibrazioni causate da altrettante esplosioni, una delle quali
vicina alla sua nave; ritenendo a ragione che si tratti di siluri lanciati da
un sommergibile, i cacciatorpediniere della scorta reagiscono con lancio di
bombe di profondità, che tuttavia non arrecano danni al Beilul.
Il segnale di
scoperta lanciato dal Beilul – che
riferisce di aver lanciato quattro siluri contro due piroscafi di un convoglio
scortato nel Canale di Caso – giunge a Roma alle 4.30; da parte Alleata il
caposcorta Mezeviris riferirà l’accaduto all’arrivo a Porto Said, e gli verrà
risposto da ufficiali di Marina britannici che le esplosioni sono state
probabilmente causate da siluri giunti a fine corsa, lanciati da un
sommergibile o da una torpediniera nascostasi sottocosta.
12 gennaio 1941
Rientra alla base.
9-18 febbraio 1941
Pattugliamento in
Egeo.
Marzo 1941
Inviato nelle acque
intorno a Creta, insieme ad altri sommergibili, per attaccare i convogli
britannici in mare nell’ambito dell’operazione "Lustre".
Tale operazione,
decisa dai comandi britannici pochi giorni prima, consiste nell’invio in
Grecia, con convogli partiti dall’Egitto, di rinforzi e rifornimenti britannici
per aiutare l’esercito ellenico, impegnato contro quello italiano in Albania ed
ora minacciato anche dall’imminente intervento tedesco sul confine bulgaro,
come è emerso dalle decrittazioni di “ULTRA”. "Lustre" è cominciata
il 4 marzo con l’invio delle prime navi cariche di rinforzi da Alessandria al
Pireo. Tra marzo ed aprile 1941, con il duplice invio, ogni tre giorni (da
Alessandria al Pireo ed a Volo), di un convoglio di navi mercantili scortate
cariche di materiali ed un convoglio veloce di navi da guerra adibite a
trasporto truppe (in tutto 27 convogli, 15 dall’Egitto alla Grecia e 12 sulla
rotta opposta), saranno trasferiti dall’Egitto alla Grecia 58.364 o 60.364
uomini (la 1a Brigata Corazzata, la 2a Divisione
Neozelandese e la 6a e 7a Divisione
Australiana) e 8588 tra veicoli, mezzi corazzati e pezzi d’artiglieria, più i
relativi equipaggiamenti e rifornimenti. Per la difesa contraerea dei convogli
sono a disposizione gli incrociatori antiaerei Coventry, Calcutta e Carlisle, mentre contro eventuali
attacchi con navi di superficie prende il mare una forza di copertura
solitamente composta da una corazzata od un incrociatore, più un gruppo di
cacciatorpediniere.
Da parte italiana,
ben undici sommergibili sono stati inviati nelle acque attorno a Creta (nei
canali ad est ed ovest dell’isola, nonché a sudest della stessa) per
ostacolare, durante tutto il mese di marzo, il flusso dei convogli britannici:
oltre al Beilul, anche il Malachite, il Nereide, lo Smeraldo,
l’Ambra, l’Ascianghi, l’Anfitrite, il
Galatea, il Dagabur, l’Ondina e l’Onice. L’impiego di questi sommergibili
risulterà però infruttuoso (non verrà affondato nessun mercantile, anche se il
31 marzo l’Ambra coglierà un
isolato successo affondando l’incrociatore leggero Bonaventure), come pure lo saranno i primi attacchi aerei lanciati
dalla Regia Aeronautica, il 6 marzo, contro i convogli AS. 16 e AN. 17 a sud
del Canale di Caso: l’unico effetto sarà di costringere la scorta a consumare
tra il 30 % ed il 50 % delle proprie munizioni per respingere gli attacchi, ma
nessuna nave sarà colpita.
Durante la sua
missione, il Galatea non
riesce ad intercettare convogli nemici.
10 aprile 1941
I decrittatori
britannici di Bletchley Park (poi divenuti noti come “ULTRA”, nominativo
all’epoca non ancora assunto), probabilmente sulla scorta di alcuni cifrari
catturati nei mesi precedenti a bordo di sommergibili italiani catturati (Galileo Galilei) od abbordati prima
dell’affondamento (Durbo, Uebi Scebeli), riescono a decifrare
alcune comunicazioni italiane che permettono loro di comunicare ai comandi di
Alessandria d’Egitto che il Beilul
dovrà partire alle tre di notte dello stesso 10 aprile per una nuova missione,
transitando per il Canale di Caso. L’informazione non si traduce però in un attacco
ai danni del sommergibile.
12-20 maggio 1941
In pattugliamento a
nordovest di Alessandria.
27 settembre 1941
Inviato in
pattugliamento difensivo in Mar Ligure, nella notte del 27, durante
l’operazione britannica «Halberd». Questa consiste nell’invio di un convoglio a
Malta (cisterna militare Breconshire e
navi da carico Ajax, City of Lincoln, City of Calcutta, Clan MacDonald, Clan Ferguson, Rowallan Castle, Imperial
Star e Dunedin Star con
un carico complessivo di 81.000 tonnellate di rifornimenti), ma i comandi
italiani, non conoscendo il vero obiettivo dei britannici, temono invece possa essere
un altro bombardamento navale contro le coste italiane, ragion per cui inviano cinque
sommergibili nel Mar Ligure (oltre al Beilul,
anche il Giovanni Da Procida
ed i vecchi H 1, H 4 e H 6).
Novembre 1941
Secondo una fonte (www.codenames.info) il Beilul sarebbe stato dislocato nel
Mediterraneo centrale in appoggio alla navigazione del convoglio “Duisburg”
verso la Libia (poi distrutto dalla Forza K britannica nella notte tra l’8 ed
il 9 novembre), ma non avrebbe avvistato unità nemiche. La storia ufficiale
dell’USMM tuttavia non lo menziona tra i sommergibili inviati nelle acque di
Malta a protezione della navigazione di questo convoglio, che risulterebbero
essere stati tre (Corallo, Delfino, Luigi Settembrini).
25 novembre 1941
Al comando del
tenente di vascello Francesco Pedrotti (30 anni, da Genova), viene inviato in
pattugliamento 25 miglia a nord di Derna.
1° dicembre 1941
Al largo di Derna il Beilul viene attaccato e danneggiato in
serata da un idrovolante britannico Short Sunderland: la tempestiva reazione
delle mitragliere del battello costringe l’attaccante alla fuga (secondo l'equipaggio del sommergibile l'aereo si sarebbe allontanato visibilmente
danneggiato e con incendio a bordo, ma nel registro delle operazioni del 230th Squadron RAF, cui il Sunderland apparteneva, non si parla di danni subiti dal velivolo), ma non prima che questi abbia danneggiato il Beilul, che deve
interrompere la missione per i danni subiti.
Per quest’azione il
comandante Pedrotti sarà insignito della Croce di Guerra al Valor Militare, con
motivazione "Comandante di un
sommergibile, attaccato nottetempo ripetutamente, essendo in superficie, da un
bombardiere nemico, disponeva la immediata e vigorosa reazione, manovrando
opportunamente e aprendo il fuoco con le mitragliere e col cannone, frustrando
il suo attacco e danneggiandolo visibilmente in modo grave".
Il comandante Pedrotti con due dei suoi ufficiali a bordo del Beilul, all’inizio di una missione di guerra (g.c. Giovanni Pinna) |
5 dicembre 1941
Fa ritorno alla base.
3 gennaio 1942
Inviato in agguato a
sud/sudest di Malta (l’agguato ha inizio a mezzogiorno del 3 gennaio),
nell’area compresa tra i meridiani 21°40’ E e 22°20’ E ed i paralleli 33°20’ N
e 34°00’ N, col compito di avvistare ed attaccare eventuali forze navali
britanniche che dovessero prendere il mare per contrastare l’operazione «M.
43», consistente nell’invio di un grosso convoglio di rifornimenti in Libia. In
totale, ben undici sommergibili (Beilul, Platino, Onice, Galatea, Delfino, Alagi, Aradam, Axum, Turchese, Zaffiro
e Dessiè) vengono dislocati in
agguato sulle probabili rotte che potrebbe percorrere una formazione navale
britannica; un gruppo (Axum, Turchese, Platino, Aradam, Onice, Alagi e Delfino)
viene dislocato ad est di Malta, contro eventuali provenienze da quest’isola,
un altro (Beilul, Galatea e Dessiè) più a levante, tra Creta e la Cirenaica, sulla rotta che
seguirebbe una formazione che prendesse il mare da Alessandria. I sommergibili
hanno compito offensivo-esplorativo nelle ore diurne ed offensivo totale in
quelle notturne.
Nessuna forza navale
britannica sortirà per attaccare il convoglio, essendo la Mediterranean Fleet
ridotta ai minimi termini in conseguenza delle perdite inflitte a fine 1941
dalle mine, dai mezzi d’assalto italiani e dai sommergibili tedeschi
(situazione di cui però a Roma non si ha contezza, così da portare a misure
precauzionali estreme come questo dispiegamento di unità subacquee per
proteggere la navigazione di un convoglio importante come «M. 43»); il
convoglio raggiungerà indenne la propria destinazione, portando in Libia 15.379
tonnellate di carburante, 2417 tonnellate di munizioni, 10.242 tonnellate di
materiali vari, 144 carri armati, 520 automezzi e 901 tra ufficiali, sottufficiali
e soldati.
13-19 febbraio 1942
In pattugliamento
nelle acque di Siria e Palestina, senza conseguire successi.
Maggio 1942
In agguato nel
Mediterraneo orientale.
3 o 4 giugno 1942
In pattugliamento al
largo della Cirenaica, il Beilul (tenente
di vascello Francesco Pedrotti) attacca due piccoli convogli scortati col
lancio di tre siluri da grande distanza, ma viene individuato dalla scorta e
sottoposto a pesante, precisa e prolungata caccia con bombe di profondità, che
causa seri danni e lo obbliga al rientro anticipato alla base. Il comandante
Pedrotti riceverà per quest’azione una Medaglia di Bronzo al Valor Militare (la
seconda conseguita durante il suo periodo al comando del Beilul), con motivazione “Comandante
di sommergibile in missione di guerra, avvistato un convoglio fortemente
scortato da aerei e unità di superficie, si portava arditamente con azione
pronta e decisa all’attacco della formazione effettuando immediatamente il
lancio dei siluri. Sottoposto a violenta e prolungata azione di caccia dalle
navi di scorta, riusciva con opportuna manovra a disimpegnarsi ed a ricondurre
la sua unità alla base”.
6 giugno 1942
Arriva a Lero.
Rimane poi in
riparazione per diversi mesi.
Per altra fonte,
nella prima metà di giugno il Beilul sarebbe
stato inviato nelle acque della Palestina insieme a Sirena, Ondina e Galatea, ed a partire dal 12 giugno,
insieme a questi tre sommergibli ed ai tedeschi U 77, U 81, U 205, U 431, U 453 e U 559, sarebbe stato inviato nelle
acque della Libia per partecipare al contrasto alla fallimentare operazione
britannica “Vigorous” – invio di un convoglio fortemente scortato da
Alessandria a Malta – durante la battaglia di Mezzo Giugno.
Novembre 1942
Partito da Lero, svolge
una missione della durata di 15 giorni nel Mediterraneo orientale.
Gennaio-Febbraio 1943
Svolge due missioni
della durata complessiva di 19 giorni.
Marzo 1943
Compie una missione
ad est di Cipro; si tratta dell’unica missione svolta da un sommergibile
italiano nel Mediterraneo orientale nel mese di marzo.
25 maggio 1943
Salpa da Lero (al
comando del tenente di vascello Pasquale Beltrame) per un pattugliamento nel
Golfo della Sirte, in un settore compreso tra i meridiani 14° e 20° E, il
parallelo 34° N e la costa libica.
28 maggio 1943
Durante il mattino il
Beilul viene mitragliato da un aereo
e risponde al fuoco con le proprie mitragliere; né l’aereo né il sommergibile
subiscono danni.
29 maggio 1943
Raggiunge il settore
assegnato.
31 maggio 1943
Alle 22.35, in
posizione 32° N e 17°30’ E, il Beilul
avvista due motovedette impegnate in ricerca antisommergibili, e si disimpegna
in immersione.
13 giugno 1943
Rientra alla base,
senza aver avvistato traffico nemico e dopo aver subito a più riprese intensa
ricerca e caccia antisom.
25 giugno 1943
Lascia Lero per una
nuova missione a sud di Creta, a cavallo del 25° meridiano est.
La missione si
protrae fino alla prima decade di luglio; non vengono condotti attacchi, mentre
viene riscontrata intensa attività aerea antisommergibili.
10 luglio 1943
Mentre rientra a
Lero, il Beilul riceve ordine di
dirigere verso le coste sudorientali della Sicilia, dove sono sbarcati gli
angloamericani: insieme ad altri nove sommergibili, dovrà contrastare gli
sbarchi.
(Secondo altra fonte,
il Beilul sarebbe salpato da Pozzuoli
l’11 luglio insieme ai sommergibili Ascianghi
e Nereide, diretto nelle acque della
costa orientale della Sicilia per andare a contrastare le forze da sbarco
angloamericane che il giorno precedente hanno dato il via all’invasione dell’isola.
Secondo un’altra, il Beilul sarebbe
stato inviato in quelle acque, insieme ad altri sommergibili, già la sera del 9
luglio, in seguito all’avvistamento della flotta da sbarco Alleata da parte di
aerei della 2. Luftflotte. Secondo “I sommergibili italiani 1940-1943” di
Erminio Bagnasco e Maurizio Brescia, invece, si sarebbe trovato in agguato a
nord della Cirenaica, nell’ambito di una missione iniziata il 25 giugno, e
sarebbe stato dirottato verso la zona degli sbarchi il 10 luglio).
12 luglio 1943
Raggiunta la zona
assegnata al largo di Capo Passero, dopo poche ore – alle 21.45 – il Beilul (tenente di vascello Pasquale
Beltrame, 30 anni, da Savona), in pattugliamento in superficie, avvista in
posizione 36°54’ N e 15°35’ E tre cacciatorpediniere classe Jervis che navigano
in formazione; giudicata la situazione favorevole per un attacco, il comandante
Beltrame manovra per avvicinarsi. Alle 21.55, giunto a 1500 metri di distanza, il
Beilul attacca col lancio di tre
siluri (la formazione nemica appare molto compatta), per poi disimpegnarsi in
immersione. Le armi non vanno a segno (anche se dopo due minuti e 15 secondi,
il tempo previsto per la corsa dei siluri, vengono sentite a bordo due forti detonazioni,
facendo ritenere all’equipaggio di aver danneggiato un cacciatorpediniere), ma
il sommergibile riesce ad allontanarsi indenne (per altra fonte, quest’azione
si sarebbe verificata il 12 giugno 1943, anziché il 12 luglio).
Per quest’azione il
comandante Beltrame sarà decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare,
con motivazione “Comandante di
sommergibile animato da costante volontà combattiva e da alto senso del dovere,
durante una lunga missione di guerra, avvistata una formazione nemica si
portava con decisione e perizia all’attacco silurando due cacciatorpediniere.
Si disimpegnava dalla reazione avversaria con perfetta manovra, continuando la
missione”.
Il presunto successo
di questo attacco sarà annunciato nel bollettino di guerra n. 1154 del 14
luglio: «…un'altra unità subacquea,
comandata dal tenente di vascello Pasquale Beltrame da Savona, lanciava una salva di siluri contro una
formazione di cacciatorpediniere dei quali due venivano colpiti…».
16 luglio 1943
Alle 22.17 il Beilul, mentre sta navigando in
superficie – in trasferimento da Lero a Taranto – usando i motori diesel, che emettono
troppo fumo, viene avvistato in posizione 39°19’ N e 17°40’ E dal sommergibile
britannico United (tenente di
vascello John Charles Young Roxburgh). Siccome il nuovo arrivato si trova nella
zona d’agguato assegnata ai sommergibili Trooper
e Tactician, il comandante dell’United è incerto se sia amico o nemico,
e decide di non attaccare. Anche il Beilul
avvista l’United, ed anche il
comandante del battello italiano non sa se l’altro sommergibile sia amico o
nemico: pertanto, Beltrame decide di allontanarsi prudenzialmente, provvedendo
inoltre a passare dalla propulsione diesel a quella elettrica, perché
l’eccessiva quantità di fumo emessa dai suoi motori lo rende troppo facilmente
visibile ad eventuali unità nemiche.
17 luglio 1943
Rientra alla base.
Metà agosto 1943
Entra in cantiere a
Monfalcone per un lungo periodo di grandi lavori di manutenzione ed
ammodernamento.
8 settembre 1943
Alla data
dell’armistizio, il Beilul risulta
formalmente inquadrato nel V Gruppo Sommergibili di Lero, insieme ad Onice, Sirena ed Ametista: per
varie ragioni, però, nessuno dei sommergibili si trova a Lero al momento
dell’armistizio (tre su quattro sono ai lavori in Italia, mentre l’Onice è stato trasferito a Taranto e
schierato in Mar Ionio a contrasto delle forze da sbarco angloamericane).
Il Beilul subito dopo il varo (da “Sommergibili italiani” di Alessandro Turrini ed Ottorino Ottone Miozzi, USMM, 1999, via www.betasom.it) |
Epilogo
L’annuncio
dell’armistizio di Cassibile, l’8 settembre 1943, sorprese il Beilul (tenente di vascello Pasquale
Beltrame) in bacino di carenaggio nelle officine dei CRDA a Monfalcone. Erano molte
le unità in costruzione o riparazione in quell’importante polo cantieristico:
in riparazione c’erano il Beilul, il
sommergibile Argo, i MAS 518, 550 e 554 e le
motosiluranti MS 41 e MS 76; in varie fasi
di costruzione erano le corvette Egeria,
Euridice, Tersicore e Melpomene, i
sommergibili Cromo, Ferro, Piombo, Potassio, Rame, Zinco, Bario, Litio, Sodio, R 7, R 8 e R 9, i sommergibili tascabili CM
2 e CM 3, i motodragamine RD 115, RD 116, RD 117, RD 118, RD 119, RD 120, RD 121 e RD 122, i rimorchiatori militari San Biagio, San Cesario e
Sant’Antonio e sette navi mercantili,
tra cui la nave passeggeri Ausonia
(in corso di trasformazione in nave ospedale) e la motonave cisterna Antonio Zotti. Altri due sommergibili,
il Nautilo ed il “tascabile” CM 1, erano in fase avanzata di
allestimento, il primo entrato in servizio da poco, il secondo non ancora
ufficialmente entrato in servizio.
A Monfalcone, non
essendovi un vero e proprio Comando Marina ma solo una sezione distaccata
dell’Ufficio Genio Navale di Trieste, il ruolo di comandante di Marina era
ricoperto dall’ufficiale più anziano del Gruppo Sommergibili in allestimento,
alle cui dipendenze si trovavano Beilul,
Argo, Bario, Cromo, Ferro, Litio, Nautilo, Piombo, Potassio, Rame, R 7, R
8, R 9, Sodio, Zinco, CM 2 e CM 3. L’ufficiale più anziano, all’8 settembre, era il capitano di
corvetta Alberto Campanella, comandante del Nautilo;
le difese di Monfalcone si limitavano però soltanto a sette batterie contraeree
armate dalla Marina, tre fisse e quattro carreggiate.
Il capitano di
vascello Lorenzo Stallo, comandante di Marina Trieste, ordinò a tutte le navi
in grado di prendere il mare di salpare per evitare la cattura. Da Monfalcone
partirono per Venezia il mattino del 9 settembre il Nautilo ed il CM 1: sul primo
si erano imbarcati anche gli equipaggi di Beilul
ed Argo, essendo questi ultimi
immobilizzati e non in grado di prendere il mare. Non sarebbero però andati
lontani, perché il Nautilo,
immobilizzato a Venezia (dov’era giunto alle quattro del pomeriggio dello
stesso 9 settembre) da un’avaria, vi venne catturato dai tedeschi insieme a
tutto l’equipaggio.
Partito il Nautilo, ufficiale più anziano a
Monfalcone rimase il maggiore del Genio Navale Oreste Bambini; messosi in
contatto con il Comando Territoriale dell’Esercito, Bambini fece salpare i due
MAS in grado di muovere (518 e 554) e sabotare sia le unità
approntabili in meno di tre mesi (come ordinato da Supermarina) sia le batterie
contraeree. Centinaia di operai dei cantieri si arruolarono come partigiani
nella neocostituita “Brigata Proletaria”, ed affrontarono gli invasori tedeschi,
insieme ad ufficiali e soldati del Regio Esercito intenzionati a resistere ed a
partigiani sloveni, nella serie di scontri – protrattisi dall’11 al 26
settembre e conclusisi con la distruzione della Brigata ad opera delle
preponderanti forze avversarie – che sarebbe divenuta nota come battaglia di Gorizia.
Le navi in lavori a
Monfalcone, Beilul compreso, caddero
tutte in mano tedesca quando le truppe tedesche (probabilmente il 211°
Reggimento Granatieri della 71a Divisione Fanteria, provenienti da
Trieste) occuparono il cantiere, tra il 10 e l’11 settembre. Secondo alcune
fonti il Beilul, prima della cattura,
sarebbe stato sabotato dall’equipaggio il 9 settembre.
Il marinaio del Beilul Mario Isidoro Nardin, ventenne,
triestino, sorpreso a Monfalcone dall’armistizio, si recò a Verona in compagnia
di altri cinque sommergibilisti; trovando la città già occupata dai tedeschi,
mentre il comandante aveva provveduto all’autoaffondamento del sommergibile,
Nardin e compagni vennero rimandati a Trieste e dopo iniziali incertezze ed un
incontro con il locale federale si arruolarono nella X Flottiglia MAS,
schieratasi con la Germania e con la Repubblica Sociale Italiana. Nardin, in particolare,
divenne un “uomo Gamma”, un sommozzatore d’assalto; sopravvissuto al conflitto,
nel dopoguerra avrebbe messo in pratica le sue capacità nel campo dei recuperi
di residuati bellici, tra Caorle e Venezia.
Anche il comandante
Beltrame risulterebbe aver aderito alla Repubblica Sociale Italiana, assumendo
il comando della Compagnia Protezione Impianti a Bassano del Grappa (Wack Kompanie 1009 Bassano nei documenti
tedeschi) fino al dicembre 1943, con il grado di capitano. Questa compagnia,
composta da 148 uomini (due ufficiali, 23 sottufficiali, 133 soldati),
formalmente alle dipendenze della prefettura di Vicenza ma di fatto sotto
diretto controllo tedesco (Platzkommandantur di Vicenza), aveva il compito di
proteggere dai sabotaggi e dagli attacchi dei partigiani le reti telegrafica,
telefonica e ferroviaria nonché depositi di munizioni, il vecchio Forte Tombion
(usato come deposito di esplosivi), l’aeroporto di Asiago e lo stabilimento
Isotta Fraschini di Vicenza. Beltrame risulterebbe essere sopravvissuto alla
guerra.
Il guardiamarina
ventitreenne Mario Falchi Cavallini, imbarcato sul Beilul dal maggio precedente (era stato il suo primo imbarco, una
volta uscito dall’Accademia Navale e completato il corso alla Scuola
Sommergibili di Pola), si trovava in licenza a Lugo di Romagna al momento
dell’armistizio (era partito da Monfalcone appena due giorni prima); scartata
l’idea di raggiungere il Beilul dopo
aver appreso che il cantiere era già stato occupato dai tedeschi, il mattino
del 9 settembre andò a Rimini, da dove prese un treno per Roma e poi da lì per
Pescasseroli, in Abruzzo, dove giunse l’11 settembre. Incamminatosi a piedi
verso sud, deciso a raggiungere il territorio rimasto sotto il controllo del
governo regio, dopo otto giorni di cammino incontrò un reparto canadese a nord
di Foggia ed attraversò così le linee (“linee
che in realtà, alla fine di settembre non esistevano”, avrebbe poi
ricordato). Posto a disposizione del Comando Marina di Taranto dal 1° ottobre
1943, a metà mese Falchi Cavallini ebbe il comando del sommergibile tascabile CB 11 (che però assunse di fatto solo
l’11 dicembre successivo), fino alla tarda primavera del 1944, quando fu
trasferito sulla torpediniera Clio.
Nel dopoguerra Falchi Cavallini avrebbe proseguito la sua carriera in Marina,
fino a diventare ammiraglio; sarebbe morto nel 2015, all’età di 95 anni.
Non fu altrettanto
fortunato il sottocapo radiotelegrafista Alessandro Bianchet, di 21 anni, da
Belluno: catturato dai tedeschi, morì in prigionia in Jugoslavia il 10 novembre
1944. Risulta essere stato l'unico caduto, nell’arco dell’intero conflitto, tra
l’equipaggio del Beilul (ciò è quanto
risulta dall'Albo dei caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda
guerra mondiale e dall'Albo dei caduti IMI; secondo il libro "Siamo fieri di voi" di Corrado Capone,
invece, Bianchet sarebbe morto sul Beilul
il 30 novembre 1941, ma deve trattarsi di un errore).
In un primo momento,
i tedeschi decisero di non completare i lavori in corso, degradando il Beilul al ruolo di bettolina carburanti;
ma dopo non molto tempo, complice probabilmente la falcidia di sommergibili che
stavano subendo in Mediterraneo, cambiarono idea e decisero di rimetterlo in
servizio. A differenza degli altri sommergibili italiani catturati dai
tedeschi, tuttavia, il Beilul non fu
incorporato nella Kriegsmarine, bensì ceduto alla Marina Nazionale
Repubblicana, la piccola Marina della Repubblica Sociale Italiana. Fu anzi il
più grande sommergibile assegnato a tale forza armata, la cui componente
subacquea era per il resto composta esclusivamente da sommergibili tascabili.
Dalla base francese
di Betasom (Bordeaux) e da quella polacca di Marigammasom (Danzica, dove
all’armistizio erano in addestramento gli equipaggi destinati ad armare nove
U-Boote ceduti dalla Kriegsmarine alla Regia Marina) fu fatto giungere in
Italia tra marzo ed aprile 1944 un equipaggio italiano, destinato ad armare il Beilul non appena questi fosse stato
pronto; al suo comando venne designato il tenente di vascello Mario Rossetto,
già comandante del sommergibile Finzi
in Atlantico e poi dell’S 6 ex
tedesco a Danzica, dove l’aveva sorpreso l’armistizio, in seguito al quale
aveva deciso di aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Quale comandante in
seconda fu nominato il sottotenente di vascello Manlio Massi, quale direttore
di macchina il capitano del Genio Navale Angelo Vivo Leo; gli altri ufficiali
assegnati al Beilul erano i tenenti
di vascello Alfio Petralia (veterano dell’Atlantico, come Rossetto), Paolo Di
Natale (anch’essi, come Rossetto, provenienti da Danzica) ed Antonio Galante ed
il guardiamarina Ciuk. L’equipaggio venne alloggiato nella caserma “Ammiraglio
Legnani” di Trieste, intitolata alla memoria dell’ammiraglio Antonio Legnani,
ultimo comandante della flotta subacquea italiana (dal dicembre 1941
all’armistizio) e primo comandante della Marina Nazionale Repubblicana, rimasto
ucciso in un incidente automobilistico nell’ottobre 1943.
Ma proprio quando i
lavori erano stati quasi del tutto ultimati, il 25 maggio 1944 (altra fonte,
probabilmente erronea, parla del 10 maggio), il Beilul, ormai pronto a tornare in servizio, fu colpito da bombe ed
affondato nel corso di un’incursione della Royal Air Force sul porto di
Monfalcone. I danni subiti furono tali da farlo ritenere irrecuperabile.
Lo stesso attacco
distrusse anche altre tre unità, in allestimento a Monfalcone per conto della
Kriegsmarine: il sommergibile da trasporto UIT
4 (ex italiano R 7), il
sommergibile tascabile UIT 8 (ex
italiano CM 2) e la corvetta UJ 204 (ex italiana Euridice). Furono inoltre danneggiati il sommergibile da trasporto UIT 5 (ex R 8), parimenti in allestimento, e diverse motozattere.
L’equipaggio
destinato al Beilul venne pertanto
disciolto ed i suoi membri, insieme a personale proveniente da altri reparti,
andarono a formare gli equipaggi dei sommergibili tascabili del Gruppo CB (o I
Grupsom “Comandante Longobardo”) di base a Pola, il Battaglione “San Giusto”
della X Flottiglia MAS ed il Reparto servizi della Caserma “Legnani”. La loro
sorte successiva, nel quadro della sanguinosa occupazione jugoslava della
Venezia Giulia alla fine del conflitto, fu spesso drammatica: il tenente di
vascello Galante, destinato al comando di un CB, fu catturato dai partigiani
jugoslavi nel maggio 1945, in seguito all’occupazione di Pola, e mai più
rivisto. Altri due membri dell’equipaggio, il sottocapo elettricista Giuseppe
Makuc ed il sottocapo motorista navale Caputo, furono assegnati all’equipaggio
del CB 21: il 29 aprile 1945 questo
minisommergibile venne speronato ed affondato al largo di Pola da un
Kriegstransporter tedesco, con la morte di Makuc – rimasto intrappolato
sottocoperta ed affondato con il sommergibile – ed il grave ferimento di
Caputo, che fu tratto in salvo ma ebbe un braccio maciullato da un portello.
Meglio andò al tenente
di vascello Rossetto: trasferito alla X MAS a La Spezia, superò indenne il
turbolento periodo dell’immediato dopoguerra e lasciò la Marina nel 1947, pur
essendo stato assolto da ogni accusa per la sua adesione alla RSI ed essendo
stato reintegrato nel ruolo. Divenuto dirigente della Saipem (gruppo ENI),
sarebbe morto nel 2015, alla bella età di cento anni.
Secondo alcune fonti (tra
cui “Navi e marinai italiani nella seconda guerra mondiale” di Erminio
Bagnasco), dopo essere stato affondato nel bombardamento il Beilul sarebbe stato successivamente
riportato a galla dai tedeschi, per poi essere da loro nuovamente affondato (probabilmente,
autoaffondato) al momento della loro ritirata, a inizio maggio 1945. Quando gli
Alleati giunsero a Monfalcone, quello del Beilul
era solo uno dei tanti relitti che costellavano lo specchio d’acqua antistante
il cantiere semidistrutto: in quelle acque giacevano affondate del tutto od in
parte anche le corvette UJ 203 (ex Tersicore) ed UJ 204 (ex Euridice) ed i
sommergibili Argo, UIT 4 (ex R 7), UIT 5 (ex R 8), UIT 6 (ex R 9), UIT 7 (ex Bario), UIT 8 (ex Litio), UIT 9 (ex Sodio) e UIT 18 (ex CM 2), oltre agli scafi arenati o semiaffondati di sei dragamine
veloci.
Radiato formalmente
dai quadri del naviglio militare il 27 febbraio 1947, il Beilul venne recuperato nell’estate del 1947 e demolito nel corso
di quello stesso anno.
MIO PADRE CAPO SILURISTA DI PRIMA CLASSE LUIGI PEZZI ERA A BORDO DEL BEILUL DURANTE QUELLE AZIONI DI GUERRA E A BORDO SI INTERESSAVA ANCHE DI RIPRESE FOTOGRAFICHE . GRAZIE ...
RispondiEliminaIl comandante Paolo Vagliasindi l’ho ritrovato negli anni 60 professore di navigazione all’Istituto Nautico di Catania poi ho perso ogni riferimento
RispondiElimina