Il Sant’Antonio sotto il precedente nome di Anton (da www.croinfo.net) |
Piroscafo da carico
di 1480,20 tsl e 787,27 tsn, lungo 73,24-78,90 metri, largo 11-11,90 e pescante
5,82-6,95, con velocità di 9 nodi. Ex jugoslavo Anton iscritto al Compartimento Marittimo di Spalato.
Breve e parziale cronologia.
Marzo 1919
Varato nel Jordanvale
Yard di Whiteinch (Glasgow) del Lloyd Royal Belge, come Lombardier (numero di cantiere 8).
Il Jordanvale Yard,
originariamente di proprietà della Jordanvale Shipbuilding (John Reid &
Company), aveva cessato l’attività alcuni anni prima, ed è stato riattivato nel
1916 dal Lloyd Royal Belge – che non è una società di costruzioni navali, bensì
una compagnia di navigazione, tra le più importanti del Belgio –, con il
permesso del Governo britannico, per costruire nuove navi per la propria
flotta.
Il Lombardier era stato originariamente
impostato per lo Shipping Controller britannico (organismo statale incaricato
della gestione del naviglio mercantile in tempo di guerra e dell’organizzazione
delle relative costruzioni) col nome di War
Tay; il suo nome è stato cambiato durante la costruzione, anche se non è
chiaro quando: alcune fonti affermano che sarebbe stato varato già con il nome
di Lombardier, mentre secondo altre
sarebbe stato varato ancora come War Tay,
cambiando nome soltanto alcuni giorni dopo. Risulterebbe registrato presso lo
Shipping Controller di Londra come War
Tay in data 22 marzo 1919, ricevendo anche l’Official Number 143060, pur non essendo mai entrato in servizio per
quell’ente.
Si tratta di una nave
da carico standardizzata del tipo C5, uno dei molti modelli standardizzati di
navi mercantili prodotti dalla cantieristica britannica durante la prima guerra
mondiale, per consentire la costruzione di navi in serie e ripianare più
velocemente le perdite causate dagli U-Boote tedeschi. I nomi delle navi da
carico standardizzate costruite nel Regno Unito durante la Grande Guerra erano
caratterizzati dal prefisso "War", tanto che nel loro insieme questi
bastimenti erano chiamati anche "tipo War". Il tipo C5 è una nave
mercantile per traffico costiero («coaster»), il cui progetto è stato derivato
da quello del piroscafo Dulwich,
costruito dai cantieri della Dublin Dockyard Company di Dublino: si tratta di
piroscafi di modesto tonnellaggio (1400-1500 tsl, 2300-2500 tpl, lunghezza di
73-76 metri) con cassero rialzato (caratteristica eliminata, tuttavia, nelle ultime
navi del tipo ad essere messe in cantiere, per semplificare la costruzione),
macchine a centro nave, boccaporti di stiva particolarmente ampi – per
agevolare lo scaricamento mediante benne bivalve –, sei picchi di carico doppi,
ed alloggi per ufficiali ed equipaggio attorno ai locali macchine e caldaie (più
precisamente, comandante e steward avevano i loro alloggi nella parte prodiera
della sovrastruttura, dove si trovava anche la sala da pranzo; gli altri
ufficiali di coperta e di macchina avevano le loro cabine sui lati; e fuochisti
e marinai sul ponte sottostante, mentre all’epoca gli alloggi di fuochisti e
marinai erano solitamente situati sotto il castello di prua). Inoltre, il fondo
della stiva numero 4 (la più poppiera) è rialzato fino all’altezza del soffitto
del tunnel delle eliche, in modo da permettere alle benne bivalve di svuotare
completamente la stiva. In tutto, durante e subito dopo la prima guerra
mondiale sono stati costruiti 25 piroscafi del tipo C5.
22 marzo 1919
Registrato presso il
porto di Anversa (ma nella stessa data risulta registrato presso il porto di
Londra come War Tay).
Aprile 1919
Completato come Lombardier per il Lloyd Royal Belge S.
A. di Anversa. Stazza lorda e netta sono rispettivamente 1480 tsl e 787 tsn.
1922
Venduto alla Manor
Line Ltd., con sede a Londra (in gestione a C. Angel & Co. di Londra), registrato
a Londra e ribattezzato Chiswick Manor.
Nominativo di chiamata internazionale KNQT, nominativo di chiamata radio GPDX.
1930
Venduto alla Henley
Steamship Company Ltd., con sede a Cardiff (per altra fonte Londra), senza
cambiare nome; in gestione ad Ernest Dallimore di Cardiff.
1934
Acquistato dalla
Jugoslavenska Plovidba D.D. di Susak (Jugoslavia) e ribattezzato Kobac. Porto di registrazione Susak.
1936
Acquistato da Anton
Babarovic di Milna (Jugoslavia) e ribattezzato Anton. Porto di registrazione Milna, nominativo di chiamata
internazionale YTPN.
Aprile 1941
Catturato dall’Italia
in seguito all’invasione della Jugoslavia nel corso della seconda guerra
mondiale. Trasferito al Governo italiano e ribattezzato Sant’Antonio.
1° agosto 1941
Requisito a Fiume
dalla Regia Marina.
14 agosto 1941
Iscritto nel ruolo
del naviglio ausiliario dello Stato con sigla L 8, caratteristica alfanumerica assegnata ai bastimenti adibiti al
servizio di cabotaggio sulle coste della Libia (nel regio decreto n. 49116 di
radiazione dal quadro del naviglio ausiliario dello Stato emanato il 18 ottobre
1942, tuttavia, il Sant’Antonio verrà
indicato come facente parte della categoria delle «navi da crociera»). Adibito, per l’appunto, al servizio del
cabotaggio libico.
11 novembre 1941
Alle 19.30 il Sant’Antonio ed un altro piroscafo, il Le Tre Marie, salpano da Trapani per
trasportare a Tripoli 3000 tonnellate di provviste e materiali per la popolazione
civile in Libia. Il piccolo convoglio, scortato dalla vecchia torpediniera Generale Marcello Prestinari, procede a
velocità di poco superiore ai 7 nodi.
12 novembre 1941
Il convoglietto
giunge a Pantelleria alle 11 e vi sosta fino all’indomani.
13 novembre 1941
Le navi ripartono da
Pantelleria alle 17, senza subire attacchi. La navigazione procede però con
molta lentezza, perché Sant’Antonio e Le Tre Marie, a causa sia del maltempo
che di altre ragioni, si trattengono per una notte alla fonda presso la boa
numero 6 delle secche di Kerkennah, dopo di che, una volta imboccate le rotte
costiere verso Tripoli, si incagliano entrambi vicino a Zuara.
17 novembre 1941
Dopo essere riuscito
a disincagliarsi grazie all’aiuto della Prestinari e del rimorchiatore Ciclope, il Sant’Antonio
raggiungendo Tripoli alle nove del mattino (per altra fonte, invece, già la
sera del 16). Per liberare il Le Tre
Marie occorreranno invece più di due settimane.
25 dicembre 1941
Il Sant’Antonio salpa da Tunisi per Tripoli
alle due di notte, da solo e senza scorta, e raggiunge indenne il porto libico
dopo dodici ore di navigazione, trasportando un carico di fosfati.
23 gennaio 1942
Il Sant’Antonio ed il piroscafo per
recuperi Raffio partono da Tripoli
alle 19, diretti a Trapani, viaggiando senza scorta.
La Forza K britannica
(incrociatore leggero Penelope,
cacciatorpediniere Sikh, Lance, Legion, Lively, Maori e Zulu) salpa da Malta per intercettare il piccolo convoglio durante
la notte, ma non riesce a trovarlo, e fa ritorno a Malta il mattino del 24.
24 gennaio 1942
Sant’Antonio e Raffio raggiungono
Pantelleria alle dieci del mattino, per poi sostarvi fino al 7 febbraio.
(Secondo altra fonte,
il Sant’Antonio si sarebbe trasferito
da Tripoli a Tunisi tra il 29 ed il 31 gennaio 1942, per poi restare nel porto
tunisino fino al 10 marzo, caricando fosfati da trasportare in Italia).
7 febbraio 1942
Sant’Antonio e Raffio lasciano
Pantelleria diretti a Trapani.
8 febbraio 1942
Arrivano a Trapani
alle 8.30.
10 marzo 1942
Il Sant’Antonio salpa da Tunisi per Tripoli
alle 13, viaggiando senza scorta.
12 marzo 1942
Arriva a Tripoli alle
11.30.
19 aprile 1942
Il Sant’Antonio parte da Tripoli alle 19
diretto a Bengasi, insieme al piroscafo tedesco Sturla, con la scorta della Prestinari
e dei motodragamine tedeschi R 9, R 12 e R 15.
20 aprile 1942
L’R 15 lascia il convoglio e ritorna
a Tripoli.
22 aprile 1942
Sant’Antonio, Sturla ed il
resto della scorta arrivano a Bengasi a mezzogiorno.
30 maggio 1942
Il Sant’Antonio ed il piroscafo Regulus partono da Tripoli per Bengasi
alle 18, scortati dalla torpediniera Pallade.
2 giugno 1942
Sant’Antonio, Regulus e Pallade arrivano a Bengasi alle 9.30.
L’affondamento
Alle sette di sera
del 21 giugno 1942 il Sant’Antonio
partì da Tripoli alla volta di Bengasi per un altro viaggio sulle rotte del
cabotaggio libico, utilizzate per inviare rifornimenti da Tripoli ai meno
attrezzati porti della Cirenaica, in modo da farli giungere più vicini alla
linea del fronte.
Il porto di Bengasi,
già non particolarmente ricettivo all’inizio della guerra, aveva visto la sua
capacità di scarico ridursi fortemente a causa delle distruzioni belliche;
pertanto era giocoforza inviarvi quasi esclusivamente motovelieri e piroscafi
di modesto tonnellaggio, come appunto il Sant’Antonio,
che lo raggiungevano partendo da Tripoli e costeggiando la costa libica. Il Sant’Antonio aveva già compiuto diversi
viaggi di questo genere nei mesi precedenti; nel viaggio iniziato il 21 giugno,
avrebbe navigato in convoglio con un altro piroscafo di non grandi dimensioni,
il Regulus (insieme al quale aveva
già compiuto un viaggio su quella rotta qualche settimana prima), ed al
motoveliero Maria Gabriella. La
scorta era rappresentata dalla torpediniera Perseo
(capitano di corvetta Alessandro Cavriani).
La traversata, benché
si svolgesse interamente in acque costiere, era tutt’altro che priva di rischi:
sapendo della rotta di cabotaggio seguita dalle navi italiane dirette a
Bengasi, infatti, i Comandi britannici mantenevano costantemente in agguato
alcuni sommergibili nel Golfo della Sirte e sulle coste della Cirenaica. Questi
battelli conducevano solitamente i loro attacchi dal lato di terra, lanciando i
siluri verso il largo, in condizioni tali da rendere più difficile
l’avvistamento del sommergibile o delle scie dei siluri. In varie occasioni
questi attacchi furono sventati dalle tempestive contromanovre delle navi
attaccate, ed in generale, le perdite sulla rotta di cabotaggio libica rimasero
molto ridotte; ma non sempre tutto filava liscio.
Proprio in questi
“lupi” britannici, in agguato sulla costa libica, incappò il convoglietto
partito da Tripoli nella sera del 21 giugno. Si trattava del sommergibile Thrasher (tenente di vascello Hugh
Stirling Mackenzie), partito da Alessandria d’Egitto il 9 giugno per un
pattugliamento del Mediterraneo Centrale, tra Tripoli, Tobruk e le isole al
largo della costa occidentale greca: la sua undicesima missione di guerra.
Giunto in zona – lungo la rotta Tripoli-Bengasi, sulla base di informazioni
ottenute attraverso la decrittazione di comunicazioni radio dell’Asse – proprio
il 23 giugno (il 22 secondo le fonti britanniche), quello stesso pomeriggio
avvistò ed attaccò il convoglio di cui faceva parte il Sant’Antonio, lanciando alle 17.15 due siluri da soli 730
metri di distanza contro “una piccola nave mercantile” (che
avrebbe potuto essere sia il Sant’Antonio
che il Regulus, entrambi piroscafi di
modeste dimensioni). I siluri, però, erano stati lanciati con mira troppo
grossolana, ed avevano mancato il bersaglio.
Non appena calato il
buio, il Thrasher emerse e si pose
all’inseguimento del convoglio, che aveva intanto perso di vista; durante
l’inseguimento fu ripetutamente costretto all’immersione da aerei
italo-tedeschi, ma riuscì egualmente ad avvistare nuovamente il convoglio alle
21.45 del 23 giugno, nel Golfo della Sirte. Avvicinatosi per tentare un secondo
attacco, alle 23.50, dopo essersi portato sei miglia a proravia del convoglio –
esattamente sulla sua rotta –, s’immerse per attaccare in immersione.
Alle 00.33 del 24
giugno il Thrasher lanciò tre siluri
contro il mercantile più grande, di cui Mackenzie aveva sovrastimato la stazza
in 2500 tsl, da una distanza di 1370 metri.
Dopo una breve corsa,
due dei siluri colpirono il Sant’Antonio,
che affondò in pochi minuti a sole quattro miglia dalla costa (secondo le fonti
italiane; fonti britanniche, invece, indicano la posizione dell’affondamento
come 31°53’ N e 16°35’ E o 31°58’ N e 15°36’ E, cioè circa 45 miglia a nord di
Sirte).
La Perseo effettuò un fugace ed inefficace
contrattacco, poi iniziò a recuperare i naufraghi della nave affondata.
Un dato degno di nota
è una discrepanza di ben ventiquattr’ore tra le fonti italiane e britanniche:
secondo i britannici, infatti, il Thrasher
avrebbe iniziato il suo attacco nella serata del 22 giugno ed avrebbe affondato
il Sant’Antonio nelle prime ore del
23; secondo gli italiani, invece, il siluramento e affondamento del piroscafo
sarebbe avvenuto nelle prime ore del 24 giugno. Altre differenze, ma più
spiegabili, riguardano l’orario del siluramento – le 00.30 secondo le fonti
italiane, qualche minuto dopo le 00.33 secondo il Thrasher – ed il numero di siluri andati a segno: Mackenzie stimò
invece che solo uno avesse colpito, mentre da parte italiana risulta che la
nave sia stata raggiunta da due delle armi.
Su 35 uomini che
componevano l'equipaggio del Sant'Antonio,
quattro persero la vita; i 31 superstiti, tra cui tre feriti, furono tratti in
salvo dalla Perseo.
Le vittime:
Salvatore Di Mauro, capo meccanico di seconda classe, da Catania
Giovanni Puma, secondo capo meccanico, da Racalmuto
Raffaele Sammarco, marinaio fuochista, da Torre del Greco
Francesco Sepich, sottocapo fuochista, da Fiume
Terminato il
salvataggio dei naufraghi, il convoglio riprese la navigazione, ma poche ore
dopo incappò in un secondo sommergibile, il Turbulent,
che silurò anche il Regulus, il quale
fu portato ad incagliare in costa (il carico poté essere in parte recuperato,
mentre la nave fu considerata perduta). Ironia della sorte, prima di assumere
il suo sesto ed ultimo nome nel 1936, il Regulus
si era chiamato proprio Sant’Antonio.
Perseo e Maria Gabriella raggiunsero Bengasi alle quattro del pomeriggio
dello stesso 24 giugno.
L'affondamento del Sant’Antonio nel giornale di bordo del Thrasher (da Uboat.net):
"At 2245 hours (time
zone -3) on the 22nd Thrasher sighted
the convoy (2 merchants, 1 torpedo boat) again she had already chased and attacked
some hours before. At 0050 hours (23rd) she was in position six nautical miles
right ahead of the convoy. She dived to make a submerged attack.
At 0133 hours three
torpedoes were fired at the larger (2500 tons) of the two merchants. One hit
was obtained. A slight and ineffective counter attack was carried out by the
escorting torpedo boat. The merchant that was hit was heard to break up."
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