Il Nereide (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
Sommergibile di
piccola crociera della classe Sirena (dislocamento di 678 tonnellate in
superficie, 842 tonnellate in immersione).
Durante il conflitto
effettuò 25 missioni esplorative/offensive e 11 di trasferimento (in massima
parte in Mediterraneo orientale ed Egeo, con base a Lero), percorrendo 18.121
miglia in superficie e 4563 in immersione e trascorrendo 222 giorni in mare.
Il suo motto era "novus
exorior", ossia “sorgo nuovamente”, in riferimento al sommergibile omonimo
affondato nella Grande Guerra, il cui nome riviveva nel nuovo Nereide.
Breve e parziale cronologia.
30 maggio 1931
Impostazione nei
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 257).
Nereide, Naiade, Anfitrite, Medusa, Sirena, Galatea ed Ondina in vari stadi di costruzione sugli scali dei CRDA di Monfalcone, nel 1931 (da www.cad3d.it) |
25 maggio 1933
Varo nei Cantieri
Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
Subito posto a
disposizione del Comando Marina di Pola, rimane a Monfalcone per l’allestimento
ed i collaudi presso i cantieri.
Il Nereide il giorno del varo (g.c. Giorgio
Parodi, via www.naviearmatori.net, e
ANMI)
17 febbraio 1934
Entrata in servizio.
Suo primo comandante è il tenente di vascello (poi promosso a capitano di
corvetta in dicembre) Stefano Pugliese, che rimarrà al suo comando per quindici
mesi.
18 febbraio 1934
Preso in forza
dall’Ispettorato Sommergibili.
10 luglio 1934
Assegnato alla X
Squadriglia Sommergibili (alle dipendenze del Comando Divisione Sommergibili),
di base a Brindisi e composta oltre che dal Nereide
dai gemelli Sirena, Naiade, Ondina e Galatea. Per via
di questi nomi, tale squadriglia è detta delle "deità marine".
1934
Compie una lunga
crociera addestrativa in Mediterraneo occidentale, con scalo nelle Baleari e ad
Almeria.
Il Nereide a Brindisi nel 1934; sullo
sfondo il Monumento al Marinaio (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net)
1934-1937
Svolge attività
addestrativa in acque italiane.
11 dicembre 1936
Assume il comando del Nereide il capitano di corvetta Michele Asnasch.
11 dicembre 1936
Assume il comando del Nereide il capitano di corvetta Michele Asnasch.
2 febbraio 1937
Inquadrato nel IV
Grupsom di Taranto, il Nereide
(capitano di corvetta Michele Asnasch) parte da Napoli per una missione
clandestina nell’ambito della guerra civile spagnola.
La missione consiste
in un pattugliamento delle acque di Cartagena: durante i successivi sedici
giorni il Nereide inizia nove manovre
d’attacco, ma non ne porta a termine nessuna, a causa dell’impossibilità di
identificare con certezza i bersagli.
15 settembre 1937
Inquadrato adesso nel
III Grupsom di Messina, il Nereide
(tenente di vascello Luigi Montesi) parte da Taranto per un’altra missione
clandestina in acque spagnole.
Stavolta l’area di
pattugliamento assegnata è nel Canale di Sicilia, a nord di Pantelleria.
29 settembre 1937
Rientra alla base
senza aver avvistato navi sospette.
1938
Trasferito alla XLII
Squadriglia Sommergibili, anch’essa con base a Brindisi, formata oltre che dal Nereide dai gemelli Sirena, Naiade, Anfitrite, Ondina e Galatea.
In questo periodo
viene impiegato in attività d’addestramento in acque nazionali.
14-16 maggio 1938
Il Nereide è tra le unità della Regia
Marina che a Genova, nell’ambito di una grande rivista navale organizzata dal
regime, sono “aperte al pubblico” e vengono visitate dalla popolazione civile.
L’evento è
organizzato in occasione di una visita ufficiale a Genova di Benito Mussolini,
la prima da dodici anni: gran parte della flotta (che appena pochi giorni prima
ha partecipato a Napoli alla rivista "H", organizzata in occasione
della visita in Italia di Adolf Hitler) è radunata nel capoluogo ligure, con
diverse navi liberamente visitabili dai civili. Nel suo discorso ai genovesi
del 14 maggio, Mussolini dichiara: “…Le
direttive della nostra politica sono chiare: noi vogliamo la pace, la pace con
tutti. (…) Ma la pace, per essere
sicura, deve essere armata. Ecco perché io ho voluto che a Genova si
raccogliesse tutta la flotta: per mostrare a voi e agli Italiani delle due
regioni più continentali, che sono il Piemonte e la Lombardia, quale è la
nostra effettiva forza sul mare. Noi vogliamo la pace, ma dobbiamo esser pronti
con tutte le nostre forze a difenderla, specie quando si odono discorsi, sia
pure d'oltre Oceano, sui quali dobbiamo riflettere. È forse da escludere che le
cosiddette grandi democrazie si preparino veramente ad una guerra di dottrine.
Comunque, è bene che si sappia che, in questo caso, gli Stati totalitari
faranno immediatamente blocco e marceranno fino in fondo”.
19 aprile-14 giugno 1939
È comandante del Nereide il tenente di vascello Junio
Valerio Borghese.
1940
Trasferito a Tobruk.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella
seconda guerra mondiale. Il Nereide
fa parte della LXII Squadriglia Sommergibili (VI Grupsom), di base a Tobruk,
insieme ai similari Topazio, Diamante, Galatea e Lafolè.
Al momento della
dichiarazione di guerra, il Nereide (al
comando del trentaduenne tenente di vascello spezzino Mario Spano) si trova già
in missione di guerra nelle acque del Golfo di Sollum, un agguato offensivo nel
quadro di uno sbarramento che forma insieme ai sommergibili Diamante, Topazio e Lafolè. Tale
sbarramento ha lo scopo di proteggere i porti della Cirenaica ed eventualmente
di intercettare eventuale traffico avversario sulla rotta Alessandria-Malta; i
sommergibili sono disposti ad intervalli di venti miglia, a partire dal punto a
30 miglia per 030° da Ras Azzaz.
12 giugno 1940
Alle cinque del
mattino il Nereide (tenente di
vascello Mario Spano), stando in immersione, avvista in posizione 32°57’ N e
26°05’ E (al largo della costa egiziana) una grossa nave cisterna (secondo una
fonte, di stazza stimata in 15.000 tsl) in navigazione isolata con rotta verso est
(secondo alcune fonti, verso Alessandria d’Egitto); avvicinatosi a ridotta
distanza e raggiunta una posizione favorevole per il lancio, alle 5.03 le
lancia un siluro regolato per quattro metri di profondità e ritiene di averla
colpita a prua e danneggiata (a bordo del Nereide
viene nettamente sentita una detonazione dopo il tempo previsto, ed il
comandante Spano vede la nave cisterna sbandare ed appruarsi fortemente, allontanandosi
a bassa velocità), ma poi la perde di vista a causa della fitta foschia.
La nave attaccata era
quasi certamente la motonave cisterna norvegese Orkanger, di 8029 tsl, affondata alcune ore più tardi (alle 22.55)
dal sommergibile Naiade, gemello del Nereide. L’Orkanger era in navigazione da Porto Said a Malta con un carico di
nafta per la Royal Navy; secondo alcune fonti italiane (ed anche secondo lo
storico tedesco Jürgen Rohwer), sarebbe stata silurata e danneggiata dal Nereide (secondo Rohwer l’Orkanger sarebbe stata incendiata dal
siluro del Nereide), riuscendo a
proseguire soltanto per essere poi silurata ancora ed affondata dal Naiade quella sera stessa.
Le fonti norvegesi (a
partire dal rapporto ufficiale redatto dai superstiti dell’Orkanger), tuttavia, menzionano un unico attacco, quello delle
22.55: dunque il Nereide,
contrariamente a quanto ritenuto, non colpì l’Orkanger, che anzi non si accorse neanche di essere stata attaccata
e proseguì per la propria rotta fino al suo secondo e fatale incontro con il Naiade.
(da www.lavocedelmarinaio.com) |
14 giugno 1940
Rientra alla base,
così concludendo la sua prima missione di guerra.
13 settembre 1940
Alle 22, in agguato 20
miglia ad ovest di Cefalonia e Zante, il Nereide
avvista a soli 400 metri di distanza tre cacciatorpediniere britannici in
navigazione ad alta velocità; il Nereide
manovra subito per attaccare, ma viene a sua volta avvistato da una delle unità
avversarie e, siccome questa sta manovrando per contrattaccare, deve abbandonare
l’attacco e disimpegnarsi scendendo in profondità.
("I sommergibili
italiani 1940-1943" di Erminio Bagnasco e Maurizio Brescia invece afferma
che il Nereide sarebbe stato in
agguato circa 20 miglia a sud di Gaudo e che avrebbe attaccato una formazione
britannica comprensiva della portaerei Illustrious,
lanciando infruttuosamente due siluri contro quest’ultima, da una distanza di
1500 metri).
Ottobre 1940
Svolge un agguato
protettivo nel Golfo di Taranto, senza avvistare navi nemiche.
Novembre 1940
Altro agguato protettivo
nel Golfo di Taranto, di nuovo senza incontrare unità avversarie.
11-12 novembre 1940
Il Nereide si trova a Taranto, ormeggiato
in Mar Piccolo alla banchina sommergibili (insieme ad Ambra, Anfitrite, Atropo, Malachite, Pietro Micca, Naiade, Sirena, Ondina, Uarsciek e Zoea, tutti
del IV Grupsom, nonché a Dagabur, Serpente e Smeraldo del X Grupsom, Giovanni
Da Procida del III Grupsom e Ciro
Menotti dell’VIII Grupsom) quando la base navale viene attaccata da
aerosiluranti britannici decollati dalla portaerei Illustrious che silurano tre corazzate (Conte di Cavour, Littorio e Duilio, affondando la prima e danneggiando gravemente le altre due)
in quella che diverrà nota come “notte di Taranto”.
Nelle prime ore del
12 novembre, in seguito alle prime notizie dell’attacco britannico, Supermarina
– ipotizzando che all’alba un squadra navale britannica potrebbe entrare nel
Golfo di Taranto – richiede al Comando Squadra Sommergibili (Maricosom) di
formare uno sbarramento di sommergibili nel Golfo. Maricosom, pertanto, ordina
al IV Gruppo Sommergibili di Taranto di far uscire subito in mare Nereide, Malachite, Jalea ed Ondina, che all’alba formano una linea
d’agguato a 20-25 miglia da Taranto, con l’ordine di attaccare nelle ore di
oscurità soltanto “eventuali navi maggiori nemiche” avvistate con rotta su
Taranto. Comunque, la flotta britannica non si avvicina a Taranto, ed il Nereide non incontra dunque unità
nemiche, al pari degli altri sommergibili.
20 novembre-1° dicembre 1940
Insieme al capoclasse
Sirena, compie un agguato nel Canale
d’Otranto a protezione dei convogli in navigazione tra l’Italia e l’Albania.
Febbraio 1941
Ulteriore agguato protettivo
nel Golfo di Taranto, ancora una volta senza incontri con navi nemiche.
5 marzo 1941
Inviato nelle acque
intorno a Creta, insieme ad altri sommergibili per attaccare i convogli
britannici in mare nell’ambito dell’operazione "Lustre".
Tale operazione,
decisa dai comandi britannici pochi giorni prima, consiste nell’invio in
Grecia, con convogli partiti dall’Egitto, di rinforzi e rifornimenti britannici
per aiutare l’esercito ellenico, impegnato contro quello italiano in Albania ed
ora minacciato anche dall’imminente intervento tedesco sul confine bulgaro,
come è emerso dalle decrittazioni di “ULTRA”. "Lustre" è cominciata
il 4 marzo con l’invio delle prime navi cariche di rinforzi da Alessandria al
Pireo. Tra marzo ed aprile 1941, con il duplice invio, ogni tre giorni (da
Alessandria al Pireo ed a Volo), di un convoglio di navi mercantili scortate
cariche di materiali ed un convoglio veloce di navi da guerra adibite a
trasporto truppe (in tutto 27 convogli, 15 dall’Egitto alla Grecia e 12 sulla
rotta opposta), saranno trasferiti dall’Egitto alla Grecia 58.364 o 60.364
uomini (la 1a Brigata Corazzata, la 2a Divisione
Neozelandese e la 6a e 7a Divisione
Australiana) e 8588 tra veicoli, mezzi corazzati e pezzi d’artiglieria, più i
relativi equipaggiamenti e rifornimenti. Per la difesa contraerea dei convogli
sono a disposizione gli incrociatori antiaerei Coventry, Calcutta e Carlisle, mentre contro eventuali
attacchi con navi di superficie prende il mare una forza di copertura
solitamente composta da una corazzata od un incrociatore, più un gruppo di
cacciatorpediniere.
Da parte italiana,
ben undici sommergibili sono stati inviati nelle acque attorno a Creta (nei
canali ad est ed ovest dell’isola, nonché a sudest della stessa) per
ostacolare, durante tutto il mese di marzo, il flusso dei convogli britannici:
oltre al Nereide, anche il Beilul, il Galatea, il Malachite,
lo Smeraldo, l’Ambra, l’Ascianghi, l’Anfitrite, il Dagabur, l’Ondina e
l’Onice. L’impiego di questi
sommergibili risulterà però infruttuoso (non verrà affondato nessun mercantile,
anche se il 31 marzo l’Ambra coglierà
un isolato successo affondando l’incrociatore leggero Bonaventure), come pure lo saranno i primi attacchi aerei lanciati
dalla Regia Aeronautica, il 6 marzo, contro i convogli AS. 16 e AN. 17 a sud
del Canale di Caso: l’unico effetto sarà di costringere la scorta a consumare
tra il 30 % ed il 50 % delle proprie munizioni per respingere gli attacchi, ma
nessuna nave sarà colpita.
Durante la sua
missione, il Nereide non riesce ad
intercettare convogli nemici.
Gennaio 1941
Assume il comando del
Nereide il tenente di vascello
Augusto Migliorini (30 anni, da Piombino).
Nei mesi successivi,
il Nereide svolgerà varie missioni in
Mediterraneo orientale ed Egeo, senza tuttavia cogliere successi.
Il tenente di vascello Augusto Migliorini, comandante del Nereide dal gennaio 1941 all’aprile 1942 (dal Dizionario Biografico Uomini della Marina 1861-1946) |
22 marzo 1941
Inviato 130 miglia a
sud/sudovest di Alessandria d’Egitto nell’ambito dell’operazione «Gaudo»,
un’incursione in Egeo da parte di un’importante aliquota della flotta italiana,
avente lo scopo di attaccare i convogli britannici in quel settore.
Oltre al Nereide, altri quattro sommergibili sono
stati dislocati in Mediterraneo orientale per tale operazione: il Galatea è stato inviato 40 miglia a sud
del Canale di Caso, mentre Ambra, Ascianghi e Dagabur formano uno sbarramento sulla direttrice Alessandria-Capo
Krio. I sommergibili hanno scopo offensivo/esplorativo (segnalare eventuali
avvistamenti di forze navali nemiche nel Mediterraneo orientale) nonché di
appoggio dell’azione delle forze di superficie, ma non sono avvertiti da
Supermarina dell’operazione in corso, e della particolare importanza di
segnalare qualsiasi segno di movimento rilevato. I sommergibili non
coglieranno il risultato desiderato: nella notte sul 28 marzo la flotta
britannica passerà tra le maglie troppo larghe dello sbarramento, e dei cinque
battelli, soltanto l’Ambra rileverà
qualche segnale del passaggio di navi britanniche (lontani rumori di motori
captati all’idrofono), senza però giungere all’avvistamento. L’operazione
«Gaudo» sfocerà nella tragedia di Capo Matapan.
24 marzo 1941
Si sposta a 80 miglia
da Alessandria d’Egitto.
26 marzo 1941
Torna nuovamente 130
miglia a sud/sudovest di Alessandria d’Egitto e pattuglia l’area fino al 31
marzo, senza avvistare navi nemiche.
20-30 aprile 1941
Pattuglia le acque al
largo di Alessandria d’Egitto insieme al sommergibile Turchese.
20 maggio 1941
Inviato nelle acque a
nord di Creta per fornire appoggio all’invasione dell’isola da parte delle
forze tedesche (operazione "Merkur"). Contestualmente, altri dieci
sommergibili (Tricheco, Uarsciek, Fisalia, Topazio, Adua, Dessie, Malachite, Squalo, Sirena e Smeraldo)
pattugliano le acque tra Creta, Sollum ed Alessandria allo stesso scopo.
10 luglio 1941
Inviato ad est di
Tinos, nelle Cicladi settentrionali, in missione di pattugliamento
antisommergibili.
16 luglio 1941
Durante la notte, in
posizione 37°25’ N e 25°52’ E (tra Icaria e Mykonos), il Nereide (tenente di vascello Augusto Migliorini) avvista un
sommergibile avversario – identificato dal comandante Migliorini come un
battello britannico della classe Parthian – mentre si trova in superficie.
Avvicinatosi e giunto in posizione favorevole per il lancio, all’1.07 il Nereide lo attacca lanciando due siluri
da soli 700 metri di distanza, ed aprendo al contempo il fuoco con cannone e
mitragliere: uno dei due siluri ha corsa irregolare e devia dalla traiettoria
prevista, mentre l’altro, secondo quanto osservato da bordo del Nereide, sembra colpire il sommergibile
nemico, che sta tentando una manovra d’immersione rapida, a poppavia della
torretta. L’esplosione viene vista e sentita sul Nereide 40 secondi dopo il lancio; pochi secondi prima di questo
scoppio, vengono viste da bordo quelle che sembrano le scie di due siluri
lanciati dall’unità avversaria, che vengono evitate con pronta manovra.
Il capitano di
vascello Aldo Cocchia, all’epoca comandante militare di Lero, così ricorda
nelle sue memorie (“Convogli”, scritte nel 1944, quando ancora Cocchia credeva
che l’azione fosse stata coronata da successo) questo episodio: «…Chi riportò un bel successo nella lotta
contro le unità subacquee nemiche fu il sommergibile Nereide di Migliorini.
Già, proprio così, contro sommergibili nemici venne impiegato un nostro
sommergibile. La stazione di vedetta di Amorfo aveva segnalato l’avvistamento
di un battello nemico. Fu immediatamente dislocato in quelle acque il Nereide
col compito di dare la caccia al similare nemico servendosi molto degli
idrofoni e moltissimo della propria prontezza e della propria astuzia. Il colpo
riuscì. Il Nereide “incrociò” l’inglese di notte mentre era a galla per la
carica degli accumulatori, lo attaccò fulmineamente col cannone e coi siluri e,
poiché l’altro, colpito, tardava ad affondare, gli sparò contro anche con le
mitragliere. Inutile dire che al ritorno in porto il Nereide ebbe molte feste.
L’ammiraglio Biancheri venne apposta da Rodi…». Nell’erronea convinzione
che il sommergibile nemico sia stato affondato, l’azione del Nereide sarà citata anche dal bollettino
di guerra n. 410 del 20 luglio 1941 ("Nel
Mediterraneo un nostro sommergibile al comando del tenente di vascello Zanni
ha silurato ed affondato un cacciatorpediniere britannico; altra unità dello
stesso tipo, al comando del tenente di vascello Migliorini, ha affondato un
sommergibile nemico"), ed il comandante Migliorini sarà decorato con
la Medaglia d’Argento al Valor Militare («Comandante
di sommergibile, in un’azione notturna attaccava e affondava un sommergibile
nemico, colpendolo con il siluro e le armi di bordo. Dirigeva l’azione con
particolare animo aggressivo, con abilità e con perfetta manovra riuscendo a schivare
due siluri lanciati dal nemico alcuni secondi prima dell’affondamento,
dimostrando spiccate qualità di comandante, magnifica calma e sprezzo del
pericolo»).
Alcune fonti italiane
affermano che il sommergibile avversario sarebbe stato il greco Triton (che comunque fu affondato
soltanto nel novembre 1942), ma in realtà il sommergibile incontrato dal Nereide era il britannico Tetrarch (capitano di corvetta George
Henry Greenway), e non è stato colpito. Il Tetrarch
indicherà nel suo rapporto di essere stato attaccato all’1.15 del 16 luglio, a
10 miglia per 220° da Capo Papas nell’isola di Icaria (cioè in posizione
approssimata 37°22’ N e 25°54’ E), da quelle che nel buio Greenway ritiene
erroneamente essere due (inesistenti) motosiluranti, anziché un sommergibile.
L’ufficiale di guardia sul Tetrarch
ha accostato verso la “prima” “motosilurante” avvistata, e quando il comandante
Greenway ha avvistato anche la “seconda”, ha accostato verso quest’ultima e
dato l’ordine d’immersione. Subito prima d’immergersi, gli uomini del Tetrarch hanno visto una scia di siluro
passare a poca distanza dalla poppa; Greenway scriverà nel giornale di bordo
che “il Tetrarch è stato molto
probabilmente salvato dalla rapida reazione dell’ufficiale di guardia”. Il Tetrarch rimarrà immerso in profondità
fino alle cinque del mattino, quando, salito a quota periscopica, non avvisterà
più alcuna unità nelle vicinanze.
18 luglio 1941
Rientra alla base.
24-25 luglio 1941
Nella notte tra il 24
ed il 25 luglio, durante una nuova missione in Mediterraneo orientale, il Nereide viene sottoposto da unità
antisommergibili britanniche a pesante caccia che provoca seri danni, ma riesce
infine a sfuggire e, dopo aver riparato provvisoriamente le avarie, a rientrare
alla base. Il comandante Migliorini sarà decorato con la Medaglia di Bronzo al
Valor Militare, con motivazione "Comandante
di sommergibile, in prossimità di una base nemica veniva sottoposto a violenta
caccia che menomava gravemente l'efficienza del sommergibile, tanto da rendere
estremamente difficile la navigazione. Con grande perizia, fermezza di
carattere ed eccezionale coraggio si sottraeva alla caccia e successivamente
riusciva a riparare temporaneamente le avarie più gravi in modo da poter
eseguire, nei giorni successivi, l'allontanamento dalla zona, sottraendo il
sommergibile ad ulteriore offesa".
Agosto 1941
Altra missione in Mar
Egeo.
Settembre 1941-Marzo 1942
Sottoposto ad un
lungo periodo di grandi lavori di manutenzione presso i Cantieri Riuniti
dell’Adriatico di Monfalcone.
Il Nereide in secco nei CRDA di Monfalcone
durante i lavori di grande manutenzione condotti tra il settembre 1941 ed il
marzo 1942 (g.c. STORIA militare e Coll. Erminio Bagnasco via www.associazione-venus.it)
Un’altra immagine del Nereide durante i lavori effettuati a Monfalcone nel 1941-1942 (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
5-15 aprile 1942
Il Nereide pattuglia le acque a nord delle
Cicladi.
22 aprile 1942
Il capitano di
corvetta Migliorini, gravemente ammalatosi, lascia il comando del Nereide, venendo sostituito dal
parigrado Pasquale Terra (34 anni, da Città Sant’Angelo).
(Secondo il Dizionario Biografico Uomini della Marina
1861-1946, invece, Migliorini sarebbe rimasto al comando del Nereide fino a luglio, ma si tratta
certamente di un errore, dal momento che già a inizio giugno era al comando del
Luigi Torelli in missione in
Atlantico. Per altra fonte Migliorini avrebbe lasciato il comando del Nereide ad inizio aprile).
29 aprile 1942
Il Nereide (capitano di corvetta Pasquale
Terra) parte da Lero alle 14.25 per un pattugliamento delle coste della
Cirenaica.
2 maggio 1942
Alle 19.30, nelle
acque tra Creta e la Cirenaica, il Nereide
avvista un sommergibile che sta emergendo a circa mille metri di distanza, in
posizione 33°58’ N e 22°58’ E. Il comandante Terra, ritenendo che si tratti di
un U-Boot tedesco, non lo attacca; per evitare incidenti, comunque, decide di
immergersi.
Il battello avvistato
è in realtà il sommergibile britannico Porpoise
(capitano di fregata Edward Fowle Pizey), che a sua volta avvista il Nereide un po’ più tardi (alle 20.50
secondo l’orario britannico, che è avanti di un’ora rispetto a quello
italiano), in posizione 33°56’ N e 23°04’ E, ma che non riesce ad attaccarlo.
Entrambi i sommergibili, infatti, s’immergono rapidamente.
Alle 22.27 il Porpoise lancia un segnale di scoperta,
relativo a quello che il comandante Pizey ritiene essere un U-Boot avente rotta
090°, al Comando della 1st Submarine Flotilla di Alessandria.
12 maggio 1942
Rientra alla base.
Luglio 1942
Inviato in
Mediterraneo orientale per operare contro i convogli britannici in navigazione
tra l’Egitto e la Palestina (insieme ai sommergibili Perla, Alagi, Asteria ed Ondina), ma pur rilevando intenso traffico non coglie successi a
causa della rigida vigilanza antisommergibili britannica.
Settembre 1942 (?)
Il capitano di
corvetta Terra lascia il comando del Nereide,
venendo sostituito dal tenente di vascello Renato Scandola.
24 settembre 1942
Inviato in
pattugliamento a sud di Creta, unitamente all’Ametista.
Dicembre 1942
Compie un infruttuoso
agguato nel Mediterraneo centro-orientale.
Il Nereide durante un turno di grandi lavori in bacino galleggiante, nei primi mesi del 1943 (g.c. STORIA militare) |
Febbraio 1943
Inviato nel Golfo
della Sirte durante la seconda e terza decade del mese, senza cogliere
successi.
Primavera 1943
Sottoposto ad un
altro periodo di grandi lavori, durante i quali viene tra l’altro
ridimensionata considerevolmente la voluminosa torretta.
Il Nereide dopo le ultime modifiche (Coll. Erminio Bagnasco, via www.naviearmatori.net) |
Sicilia ’43
Il 10 luglio 1943 la
più grande flotta d’invasione che il mondo avesse mai visto (almeno fino a quel
momento: un anno dopo questo primato sarebbe stato battuto dalla flotta che
effettuò lo sbarco in Normandia) sbarcò 160.000 soldati statunitensi,
britannici e canadesi sulle spiagge di Gela, Licata, Scoglitti, Avola, Noto e
Pachino, dando inizio all’invasione della Sicilia. Per il traballante regime
fascista e per l’Italia, sconfitta in Africa e Russia e battuta dai
bombardamenti, iniziava il capitolo finale della guerra contro gli Alleati.
La flotta d’invasione
contava 2590 unità navali di sette nazionalità diverse: 1614 britanniche, 945
statunitensi, dieci olandesi, nove polacche, sette greche, quattro norvegesi,
una belga; 237 erano le navi navi trasporto, con 1742 tra mezzi e navi da
sbarco, il tutto scortato, appoggiato e protetto da 6 corazzate, due portaerei,
15 incrociatori, quattro navi antiaeree, tre monitori, 128 cacciatorpediniere,
36 fregate, cinque cannoniere, quattro posamine, 42 dragamine, 26 sommergibili,
243 tra motosiluranti e motocannoniere ed altre unità minori ed ausiliarie. Nei
cieli volavano più di 4000 aerei appartenenti a 259 gruppi di volo (146
statunitensi e 113 britannici), più di quanto la Regia Aeronautica e la Luftwaffe
non potessero allineare nell’intero scacchiere del Mediterraneo: soltanto 1500
aerei tra italiani e tedeschi erano disponibili per contrastare l’invasione.
Quei 160.000 uomini
sarebbero poi cresciuti, nelle settimane seguenti, a 478.000 (250.000 anglo-canadesi
e 228.000 statunitensi), con 600 carri armati (contro soli 265 italo-tedeschi,
tra cui alcuni decrepiti Fiat 3000 dei primi anni Venti e molti Renault R35 di
preda bellica francese, che non avevano speranze contro gli Sherman e i Grant),
1800 cannoni e 14.000 veicoli. A fronteggiare questa massa di uomini e mezzi
c’erano 252.000 soldati italiani, male armati (specie nelle sgangherate divisioni
costiere, dove molte armi ed equipaggiamenti risalivano ancora alla Grande
Guerra e scarseggiavano persino le calzature) e in gran parte già demoralizzati
dall’andamento di una guerra che ormai appariva irrimediabilmente persa, e
68.000 tedeschi. L’operazione era denominata "Husky": la battaglia
per la Sicilia, iniziata in quel momento, sarebbe durata per trentotto giorni.
Molto si è detto, a
sproposito, sul mancato intervento della flotta di superficie italiana. La
verità è che la disparità di forze ed il dominio del cielo da parte
angloamericana avrebbero reso il suo intervento un suicidio: soltanto sommergibili
e mezzi insidiosi avevano qualche speranza di contrastare – o sarebbe più
realistico dire, intaccare – il nemico. E così fu.
Al momento dello
sbarco il Nereide, partito da
Pozzuoli al comando del tenente di vascello Renato Scandola, si trovava in agguato
a sud della Sardegna, ma lo stesso 10 luglio ricevette ordine di spostarsi
nelle acque tra Augusta e Siracusa per contrastare lo sbarco. (Ciò secondo "Navi
militari perdute" dell’USMM; secondo altra fonte, probabilmente erronea, il
Nereide salpò invece da Pozzuoli l’11
luglio, insieme ai sommergibili Bronzo
e Beilul, per contrastare le forze
navali angloamericane impegnate negli sbarchi).
Il Nereide fu in assoluto uno dei primi
sommergibili ad essere inviati contro la flotta d’invasione Alleata, insieme ad
Alagi e Nichelio (anch’essi dirottati dalle loro originarie zone di agguato
a sud della Sardegna); ad essi si unirono poi anche Diaspro e Turchese e
successivamente Argo, Acciaio, Bronzo, Flutto, Velella e Brin (tutti partiti il 10 luglio), nonché il Beilul, dirottato dal suo settore d’agguato situato a nord della
Cirenaica, e poi ancora il Platino,
il Dandolo e l’Ascianghi.
Il Nereide, in particolare, venne inviato
al largo di Siracusa, insieme a Bronzo
e Beilul.
Giuseppe Chiarlot e
Nullo Zimola, imbarcati sul Nereide
rispettivamente come silurista e come cuoco, avrebbero ricordati anche a
decenni di distanza il messaggio ricevuto prima della missione dal comandante
in capo della flotta subacquea italiana, ammiraglio Antonio Legnani: "Il nemico vuole la nostra terra.
Annientatelo. Distruggetelo. Un forte abbraccio. Legnani".
La
torretta del Nereide nella sua
configurazione finale, dopo gli ultimi lavori di modifica compiuti nella
primavera del 1943 (g.c. STORIA militare)
Il 12 luglio 1943 il Nereide, mentre transitava in superficie
nelle acque di Taormina, avvistò un gruppo di cacciatorpediniere britannici che
stavano bombardando la costa siciliana con le loro artiglierie. Subito immersosi
(per altra versione, invece, si sarebbe immerso rapidamente soltanto dopo
l’attacco, per eludere la reazione delle unità avversarie), il sommergibile
lanciò una salva di tre siluri contro le navi nemiche alle cinque del
pomeriggio, mentre queste ripiegavano dopo aver terminato il loro
cannoneggiamento: a bordo del Nereide
vennero udite due forti esplosioni, ma il battello fu subito sottoposto a
caccia antisommergibili e costretto a disimpegnarsi scendendo in profondità;
non poté dunque osservare cosa esattamente fosse successo (a bordo si credette
di aver colpito ed affondato qualcosa, come ricorda il silurista Giuseppe Chiarlot,
secondo il quale il Nereide avrebbe “affondato un supercaccia tipo Jervis ed
un’altra unità imprecisata”). Ad ogni modo non risulta, da fonte
britannica, alcuna notizia di affondamenti o danneggiamenti, dunque i siluri
del Nereide mancarono il bersaglio.
La missione proseguì,
e dopo aver eluso la caccia il Nereide
giunse nelle acque antistanti Augusta nelle prime ore del 13 luglio: quella
munita piazzaforte era caduta in mano britannica appena qualche ora prima. (Secondo
il ricordo di Giuseppe Chiarlot, che come tutte le memorie a distanza di
decenni dev’essere preso con beneficio d’inventario, “dopo l’operazione di disimpegno [successivamente all’attacco del 12
luglio], passammo i dettagli a Roma e
ricevemmo in cambio un fonogramma con il quale ci ordinavano di entrare sulla
rotta di sicurezza. Eseguimmo gli ordini, ma subito dopo ci accorgemmo che la
rotta di sicurezza era controllata dagli inglesi”). Pattugliando quelle
acque in emersione, alle 4.30 il Nereide
avvistò tre cacciatorpediniere che apparivano intenti in ricerca
antisommergibili, ma venne a sua volta avvistato (secondo una fonte di dubbia
affidabilità, mentre cercava di attaccare un convoglio) e costretto ad
immergersi ad elevata profondità (a circa settanta metri, secondo il ricordo di
Giuseppe Chiarlot); dopo di che ebbe inizio la caccia da parte dei
cacciatorpediniere britannici Echo (capitano
di corvetta Richard Herbert Calcraft Wyld) ed Ilex (capitano di corvetta Vere Alison Wight-Boycott), facenti
parte dello schermo di cacciatorpediniere della Forza H dell’ammiraglio John
Cunningham.
Più precisamente, Echo ed Ilex erano due degli otto cacciatorpediniere – gli altri sei erano Fury, Faulknor, Eclipse, Inglefield, Raider e Vasilissa Olga –
appartenenti alla 2a Divisione, una delle tre Divisioni navali che
formavano la Forza H; tale Divisione comprendeva anche le corazzate Valiant e Warspite, la portaerei Formidable
e gli incrociatori leggeri Aurora e Penelope. Altra fonte afferma invece che
Echo ed Ilex avrebbero fatto parte della Forza Q, incaricata il 13 luglio
di condurre un “pattugliamento d’intercettazione”, unitamente agli incrociatori
leggeri Cleopatra ed Euryalus, che invece appartenevano alla
1a Divisione della Forza H.
La Forza H,
incaricata del supporto alle operazioni di sbarco in Sicilia e della copertura
delle forze da sbarco contro un’eventuale sortita della flotta italiana,
allineava in totale ben 6 corazzate – Rodney,
Nelson, Valiant, Warspite, King George V e Howe –, due portaerei – Indomitable
e Formidable –, 6 incrociatori e 21
cacciatorpediniere: più di quanto l’intera Regia Marina non disponesse, ormai,
in termini di forze navali da battaglia.
L’Ilex poteva considerarsi un veterano
della lotta antisommergibili: nei precedenti tre anni aveva partecipato alla
distruzione di tre unità subacquee, due italiane (Console Generale Liuzzi e Uebi
Scebeli) ed una tedesca (U 42).
I due
cacciatorpediniere non tardarono a localizzare il sommergibile con i loro
sonar, dopo di che sferrarono una serie di attacchi che si protrassero per ore
quasi senza interruzione, con lancio di numerose bombe di profondità: a bordo
dell’Ilex l’ufficiale
antisommergibili (Anti-Submarine Control Officer), tenente di vascello James
Desmond Rea Haslett, ed l’operatore sonar, marinaio John Oddy Beeston,
analizzarono attentamente gli echi ottenuti al sonar per distinguere quelli
generati al sommergibile da quelli che non lo erano, mantenendolo poi
ininterrottamente per tutta la durata della caccia a dispetto del crescente
numero di echi “estranei” generati dalle esplosioni delle bombe di profondità e
dalle scie delle navi.
Le esplosioni
causarono gravi danni ed avarie agli impianti del Nereide, che alla fine – alle 7.05 – fu costretto ad emergere. Non
appena giunse in superficie, il sommergibile venne inquadrato dai cannoni di Echo ed Ilex, che lo colpirono fin dalle prime salve: gran parte dell’equipaggio
rimase uccisa o ferita, ed ai superstiti non rimase che abbandonare il
battello.
Poco dopo, alle 7.30
di quel 13 luglio, il Nereide colò a
picco nel punto 37°25’ N e 16°07’ E, una quarantina di miglia ad est di Augusta
e 25 miglia a sudest di Capo Spartivento Calabro (altre fonti britanniche
dell’epoca indicano invece la posizione 37°27’ N e 16°13’ E, al largo di
Catania, o ancora 37°36’ N e 16°17’ E; altra fonte afferma che sarebbe
affondato dieci miglia a nordest di Augusta, ma è probabile un errore).
Affondarono con il Nereide anche il
sottocapo motorista Dino Giubbina ed il sottocapo furiere Nicola Zini, che si
erano attardati all’interno del sommergibile per indicare ai compagni l’unico
portello utilizzabile per la fuoriuscita. Il loro sacrificio fu riconosciuto
dalla Medaglia d’Argento al Valor Militare, alla memoria, con motivazione: «Imbarcato su sommergibile nel corso di
missione di guerra cooperava con sereno coraggio durante fruttuoso attacco a
potente formazione di ct. avversari e nella successiva prolungata violentissima
caccia subita dall’unità. Costretto il battello ad emergere per i notevoli
danni subiti, nei pochi istanti che precedettero l’affondamento si attardava
all’interno del sommergibile nell’intento di indicare ai compagni l’unico
efficiente portello di uscita. Nel generoso eroico tentativo scompariva in mare
con l’unità immolando la propria vita ad un supremo senso del dovere.
(Mediterraneo, 12-13 luglio 1943)».
Dell’equipaggio del Nereide, 20 uomini (6 sottufficiali, 9
sottocapi e 5 marinai) persero la vita, mentre i superstiti – che le fonti
britanniche quantificano variabilmente in 22, 23, 25, 27 o 30 –, tra cui il
comandante Scandola e tutti gli ufficiali, furono recuperati e fatti
prigionieri da Echo ed Ilex. Un rapporto britannico dell’epoca
precisa che l’Echo recuperò 23
uomini, tra cui il comandante Scandola e tre ufficiali, mentre l’Ilex ne prese a bordo sette. Terminato
il salvataggio, i due cacciatorpediniere lasciarono la zona a 29 nodi.
Uno dei
sopravvissuti, il marinaio Giovanni Petitto, morì in prigionia a Malta quindici
giorni più tardi, probabilmente per le ferite riportate nel combattimento,
portando il numero delle vittime a 21.
Le vittime:
Benito Broggio, sottocapo silurista, da
Cavarzere (deceduto)
Francesco Coldesina, sergente segnalatore, da
Garbagna (deceduto)
Antonio Di Tria, marinaio elettricista, da
Minervino Murge (deceduto)
Dino Giubbina, sottocapo motorista, da
Selvazzano Dentro (deceduto)
Giuseppe Greco, marinaio motorista, da
Brindisi (deceduto)
Augusto Ioannes, capo elettricista di prima
classe, da Novara (disperso)
Silvestro Laganà, marinaio silurista, da
Messina (deceduto)
Vasco Lorenzoni, sottocapo silurista, da
Stazzema (deceduto)
Vittorio Moriani, secondo capo motorista, da
Carrara (deceduto)
Felice Persano, marinaio nocchiere, da Isola
d’Istria (deceduto)
Giovanni Petitto, marinaio, da Napoli
(deceduto in prigionia a Malta il 28.7.1943)
Alessandro Petrazzini, secondo capo
elettricista, da Villa Bartolomea (deceduto)
Carmelo Piraino, sottocapo motorista, da
Venezia (deceduto)
Goffredo Quintavalle, sottocapo silurista, da
Rimini (deceduto)
Libertario Ricci, sergente fuochista, da Rio
Marina (deceduto)
Adamo Sabbatini, sottocapo nocchiere, da
Recanati (deceduto)
Domenico Scardaci, sottocapo nocchiere, da
Catania (deceduto)
Ugo Secondo, sottocapo radiotelegrafista, da
Taranto (deceduto)
Luigi Staderini, secondo capo silurista, da
Firenze (deceduto)
Luigi Tolomeo, marinaio motorista, da Messina
(deceduto)
Nicola Zini, sottocapo furiere, da Bassano del
Grappa (deceduto)
Sopra,
una telegramma con cui il Ministero della Marina confermava al tenente
colonnello Vittorio Mascherini, cognato del secondo capo silurista Luigi Staderini,
la scomparsa di quest’ultimo. Sotto, una lettera scritta nel dopoguerra dal
comandante Scandola al tenente colonnello Mascherini, con la quale il
comandante del Nereide descriveva le
circostanze in cui Staderini era stato visto per l’ultima volta (si ringrazia
il pronipote Massimiliano Mascherini)
Alla memoria dei
caduti (eccetto Giubbina e Zini, che ricevettero la Medaglia d’Argento al Valor
Militare) fu conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con
motivazione: «Imbarcato su sommergibile
nel corso di missione di guerra cooperava con sereno coraggio durante fruttuoso
attacco a potente formazione di cacciatorpediniere e nella successiva
prolungata violentissima caccia subita dal battello. Scompariva in mare con
l’unità immolando la propria vita per il dovere. (Mediterraneo, 12-13 luglio
1943)».
Il comandante
Scandola (nato a Castelfranco Emilia il 9 novembre 1916), che in mare dopo
l’affondamento aveva salvato un sottufficiale che stava per annegare, venne
decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare, con motivazione «Comandante di sommergibile nel corso di
missione di guerra attaccava con audacia formazione composta di dieci siluranti
avversarie, silurandone due. Il giorno successivo nella stessa zona attaccava
in superficie altra formazione di tre siluranti; scoperto e costretto
alll’immersione veniva sottoposto a violentissima e lunga caccia e costretto ad
emergere; per i notevoli danni subiti autoaffondava l’unità mentre l’avversario
lo faceva segno a tiro d’artiglieria. In acqua dava generoso soccorso ai dipendenti
e traeva in salvo un sottufficiale in pericolo di vita. Esempio di capace
ardimento, coraggio ed elevate virtù militari. (Mediterraneo, 12-13 luglio
1943)».
Il marinaio silurista
Domenico Mastrangelo (nato a Putignano il 23 maggio 1925) fu decorato con la
Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con motivazione: «Imbarcato su sommergibile nel corso di missione di guerra cooperava con
sereno coraggio durante fruttuoso attacco a potente formazione di
cacciatorpediniere avversari, e nella successiva prolungata violentissima
caccia subita dal battello, che doveva autoaffondarsi. (Mediterraneo 12–13
luglio 1943)».
I superstiti finirono
in un campo di prigionia in Libia.
Dai prigionieri, i
britannici appresero che il Nereide
era in mare da ventiquattr’ore (il che però non era vero). L’annotazione
dell’affondamento del sommergibile sul diario di guerra dell’Ammiragliato
britannico è corredata da una postilla piuttosto criptica: "Suggest this kill be promulgated in the
right circles to discourage others".
Per l’affondamento
del Nereide, i comandanti di Echo ed Ilex ed i rispettivi ufficiali antisommergibili, sottotenente di
vascello George Onslow Graham dell’Echo
e tenente di vascello James Desmond Rea Haslett dell’Ilex, vennero decorati con la Distinguished Service Cross. Ricevettero
inoltre la Distinguished Service Medal il sottufficiale Joseph Walter Sammels
ed il marinaio John Oddy Beeston, e furono “menzionati nei dispacci” il tenente
di vascello Thomas Eric Harris, il cannoniere William Pascoe, il sottocapo
Michael Bradie Rorie ed i marinai Frank George Farrant e Donald Chisholm. Per
tutti, la motivazione fu “For great
courage and resolution in action with enemy submarines while serving in H.M.
Ships Echo and Ilex”.
Giuseppe Chiarlot e
Nullo Zimola si sarebbero reincontrati ad oltre trent’anni di distanza, nel
1980, in Australia, dove entrambi erano emigrati nel dopoguerra. Fu Chiarlot a
scoprire per caso, sfogliando un elenco telefonico, il nome del mai dimenticato
commilitone con cui aveva condiviso le sue traversie di guerra e di prigionia:
pensando che si potesse trattare proprio di lui, ebbe l’idea di telefonare al
numero indicato sull’elenco, e si sentì rispondere proprio dal vecchio amico.
Con comprensibile emozione, Chiarlot e Zimola – che ora avevano rispettivamente
52 e 55 anni – si rincontrarono la sera stessa, al “Fogolar Furlan” di Sydney,
e rievocarono le tante avventure passate insieme: ne rinacque un’amicizia
protrattasi poi ancora per molti anni.
Un’altra immagine del Nereide (da www.xmasgrupsom.com) |
Bsera. Il CC in comando al principio del 1937 era Michele Asnasch (non asnach) di Nicola e Zulema Boni, nato a Firenze il 19 dicembre 1900.
RispondiEliminaGrazie, correggo.
EliminaMio padre De Iulio Alfonso Amato nato a San San severo il 12091922 era imbarcato sul Nereide e si salvò fu fatto prigioniero dagli Inglesi , perché i superstiti non sono stati menzionati?
EliminaPerché non ne ho un elenco nominativo...
EliminaLa data esatta dell'inizio del comando di Asnasch era 11.12.36.
RispondiEliminaGrazie, aggiungo.
EliminaBuongiorno, sono un pronipote di Luigi Staderini, secondo capo silurista del Nereide. Volevo ringraziarti per il lavoro di ricerca fatto che ci ha permesso di avere una conoscenza cosi ricca del nereide e del suo affondamento. Ne ho preso spunto, citandoti, per un post sulla pagina in ricordo di mio nonno, il tenente colonnello Vittorio Mascherini, su cui in questi giorni sto ricordando Luigi a 77 anni dalla scomparsa. Tra l 'altro ho una lettera del Comandante Scandola a mio nonno sugli ultimi istanti dell'affondamento e l'atroce destino di Luigi, che non fu mai ritrovato. Se ti interessa ti invio copia digitale. Cari saluti e grazie ancora.
RispondiEliminaTi ringrazio. Mi interesserebbe molto la lettera, con il tuo permesso potrei inserirla in questa pagina?
EliminaScusa, ero in ferie. Certo va bene, come faccio a inviartela?
RispondiEliminaCon una email a lorcol94@gmail.com
EliminaBuonasera, ti ringrazio per questo accurato documento.. È so belli poterlo leggere e leggere il nome del mio prozio il cui nome é stato dato a mio padre Ugo Secondo anch' egli militare di carriera ma non in Marina.
RispondiEliminaLettura avvincente e documento dettagliato.
Grazie ancora!
Alessia Secondo
Ti ringrazio.
EliminaAnche mio padre era imbarcato sul Nereide
RispondiElimina