Il Forlì sotto il suo nome originario di Tellus (da www.kroonvaarders.nl) |
Piroscafo da carico in acciaio a due ponti (tipo "shelterdeck open")
di 1525 tsl e 924 tsn, lungo 76,25 metri, largo 10,52 e pescante 6,33, con
velocità di 9 nodi. Ex francese Sebaa,
arrivato in Italia nel dicembre 1942; era una delle decine di navi mercantili
francesi consegnate all’Italia ed alla Germania in conseguenza degli accordi
Laval-Kaufmann, che prevedevano la consegna all’Asse di 159 bastimenti
mercantili che si trovavano nei porti mediterranei della Francia di Vichy, in
seguito alla sua occupazione da parte dell’Asse nel novembre 1942.
Breve e parziale
cronologia.
2 o 20 luglio 1904
Varato dal cantiere Nederlandsche Scheepsbouw Maatschappij N. V. di
Amsterdam come olandese Tellus
(numero di costruzione 58).
Il varo avviene alle tre del pomeriggio, sullo scalo numero 5 del
cantiere.
Sopra, il
Tellus pronto al varo, e sotto, il
varo (da www.ndsm-werfmuseum.nl)
31 agosto 1904
Completato come Tellus per la
compagnia Koninklijke Nederlandsche Stoomboot Maatschappij N.V. di Amsterdam. Porto
di registrazione Amsterdam, stazza lorda originaria 1522 tsl, stazza netta 925
tsn, portata lorda 2340 tpl, nominativo di chiamata PTLB.
Pur essendo primariamente una nave da carico, dispone anche di
sistemazioni per quattro passeggeri in cabina e 40 passeggeri “ponte”. Nelle
stive può trasportare, ad esempio, 115.000 piedi cubici di grano o 110.000
piedi cubici di fieno in balle.
Costruito per le linee del Levante mediterraneo, il Tellus, a dispetto delle sue modeste
dimensioni, è una delle navi più grandi della Koninklijke Nederlandsche
Stoomboot Maatschappij: la flotta di questa compagnia, infatti, è composta
interamente da piccoli piroscafi di stazza inferiore alle 2000 tsl (almeno in
quest’epoca: qualche decennio dopo la Koninklijke Nederlandsche Stoomboot si
doterà anche di navi più grandi).
Per altra fonte la nave sarebbe stata completata nel settembre 1904.
Settembre 1904
Inizia il suo primo viaggio in Mediterraneo, al comando del capitano D.
H. Hinlopen.
1915
Sottoposto a lavori di modifica, con l’eliminazione dello "shelter
deck" precedentemente esistente tra la plancia ed il castello di prua.
7 dicembre 1917
Fermato in Atlantico dall’incrociatore ausiliario britannico Orvieto, durante un viaggio da Amsterdam
a Valencia, viene ispezionato e poi lasciato andare.
2 o 21 marzo 1918
Sequestrato a Gibilterra dalle autorità britanniche, in base al “diritto
d’angheria”, che conferisce ad un Paese belligerante il diritto di sequestrare
temporaneamente (per la durata delle ostilità) ed adibire ad uso bellico a
proprio vantaggio qualsiasi bene che si trovi in territorio sotto il suo
controllo, anche se di proprietà di nazioni neutrali (i Paesi Bassi saranno una
delle nazioni più colpite dallo sfruttamento del “diritto d’angheria” da parte
dei paesi dell’Intesa, subendo il sequestro di gran parte della propria flotta
mercantile).
Trasferito allo Shipping Controller di Londra e dato in gestione alla
W. H. Seager & Co. Ltd. di Londra, senza cambiare nome. Registrato a
Londra, bandiera britannica. Per il resto della prima guerra mondiale navigherà
per conto del Regno Unito.
Gennaio 1919
Restituito alla Koninklijke Nederlandsche Stoomboot Maatschappij N.V.,
torna ad essere registrato ad Amsterdam ed a battere bandiera olandese. La
restituzione avviene a Londra a metà gennaio.
10 novembre 1927
Riceve una nuova sigla identificativa, 683 Z AMST 1927.
(da www.marhisdata.nl) |
1931
Venduto alla compagnia francese Berengier & Giannoni, di Marsiglia,
ivi registrato e ribattezzato Sebaa.
La stazza lorda risulta sempre di 1522 tsl, quella netta di 918 tsn; diverranno
1525 tsl e 924 tsn dal 1932. Nominativo di chiamata ORYW fino al 1933, poi TTWR
fino al 1937, infine FODA.
La Berengier & Giannoni è una piccola società, nata da poco:
fondata nel 1928 dai due armatori di cui porta i nomi, possedeva inizialmente
due soli bastimenti, i piccoli e vecchi Boudjmel
e Général-Dodds, coi quali esercitava
una linea regolare (settimanale: le due navi si alternano sulla linea, partendo
ciascuna ogni due settimane) che collega i porti della Francia mediterranea
(Séte e Marsiglia) ad Orano (Algeria), Nemours (oggi Ghazaouet: il porto era
stato all’epoca da poco ultimato, e le esportazioni di questa città in rapida
crescita), Mostaganem e ad altri porti dell’Algeria e del Marocco orientale. Tra
le principali merci trasportate su questa rotta vi è lo zucchero.
Questo servizio ha riscosso notevole successo (la zona di Orano sta
infatti vivendo un periodo di forte crescita economica, con conseguente espansione
dei traffici marittimi: del resto è proprio per sfruttare questa situazione che
Berengier e Giannoni si sono messi in società), tanto che le due navi della
flotta originaria si sono ben presto rivelate troppo piccole rispetto alle esigenze:
pertanto, dopo soli tre anni dalla fondazione della compagnia, i due armatori
hanno deciso di venderle e di acquistare in Olanda, per sostituirle, i più
grandi piroscafi Tellus e Zeus, quasi gemelli, entrambi
appartenenti alla Koninklijke Nederlandsche Stoomboot Maatschappij. Il Tellus, destinato a sostituire il Général-Dodds, viene ribattezzato Sebaa (“leone” in arabo), mentre lo Zeus, rimpiazzando il Boudjmel (“cammello”), ne eredita il
nome; con le due nuove navi, la Berengier & Giannoni può inaugurare una
linea regolare tra Marsiglia, Sète, Nizza ed Orano, proseguendo il successo dei
primi anni.
1° marzo 1937
Il Sebaa, in navigazione al largo
di Barcellona (per altra fonte al largo di Capo San Sebastian) durante la
guerra civile spagnola, avvista delle mine nella stessa zona in cui poche ore
prima è rimasto gravemente danneggiato un altro piroscafo francese, il Marie Thérèse Le Borgne. Una delle mine
viene evitata di stretta misura dal Sebaa.
25 agosto 1938
Alle 18.45 il Sebaa, in
partenza da Marsiglia per Sète con un carico di esplosivi nella stiva numero 2,
viene speronato poco fuori dal porto, a centro nave, da un altro piroscafo
francese, il Ploubazlanec. La
collisione avviene con un angolo di 90° e causa gravi danni a entrambe le navi:
mentre il Ploubazlanec, con la prua
semidistrutta, riesce comunque a raggiungere il Molo G del porto di Marsiglia, il
Sebaa deve essere mandato ad incagliare
vicino agli scogli di Mourepiane per scongiurarne l’affondamento.
Successivamente il Sebaa viene
disincagliato e riparato.
1939
Lo scoppio della seconda guerra mondiale non influisce di molto sul
servizio svolto da Sebaa e Boudjmel.
17 giugno 1940
Parte da Marsiglia per Orano con il convoglio "P 6", composto
da tredici mercantili francesi (Bahram,
Cap Turane, Charles Le Borgne, Catherine
Schiaffino, Dupleix, Frimaire, Ile de Beaute, Kobad, Massis, Motrix, Octane e Saint Cyrille,
oltre appunto al Sebaa), due
norvegesi (Dageid e Noreg), uno jugoslavo (Ivo Matkovic) ed uno greco (Coulouras-Xenos).
20 giugno 1940
Arriva ad Orano.
Giugno 1940
Anche dopo la resa della Francia, Sebaa
e Boudjmel proseguono il servizio tra
la costa mediterranea francese ed il Nordafrica occidentale; i due piroscafi
trasportano soprattutto merci provenienti dall’Africa e necessarie per il
rifornimento della Francia.
Novembre 1942
Dopo gli sbarchi angloamericani nel Nordafrica francese (operazione "Torch",
8 novembre 1942) e il passaggio agli Alleati, dopo un’iniziale reazione, delle
truppe francesi di Vichy ivi stanziate, le forze italo-tedesche lanciano
l’Operazione "Anton" (10-11 novembre 1942), procedendo
all’occupazione della Francia meridionale e della Corsica, fino a quel momento
controllate dal regime francese colLaborazionista
di Vichy.
Anche la flotta mercantile francese nel Mediterraneo, concentrata nei
porti di Marsiglia e Berre, cade al completo in mani italo-tedesche (non così
quella militare, che si autoaffonda in massa a Tolone il 27 novembre). Il 20
novembre la Germania pretende che tutti i mercantili francesi disponibili
vengano messi a sua disposizione per essere impiegati per le esigenze belliche
delle forze tedesche; già il giorno seguente, ad ogni modo, 900 militari
tedeschi vengono inviati a Marsiglia per sorvegliare le navi francesi, a bordo
delle quali sono mandate delle guardie armate, preparandosi ad impadronirsene
con la forza nel caso la Francia dovesse rifiutarne la concessione.
Il presidente del consiglio di Vichy, il colLaborazionista Pierre Laval, accetta verbalmente ed il 22 novembre
1942, in una lettera ad Hitler, informa quest’ultimo che 158 bastimenti
mercantili francesi (112 navi da carico, 31 navi passeggeri e 16 navi
cisterna), per quasi 650.000 tsl complessive, verranno messi a disposizione
della Germania. Il 1° dicembre 1942 si tiene a Roma un incontro tra Karl
Kaufmann ("Gauleiter" nazista di Amburgo e commissario del Reich alla
Marina Mercantile), il gerarca nazista Hermann Göring, il feldmaresciallo Erwin
Rommel, il maresciallo Albert Kesselring (comandante delle forze tedesche nel
Mediterraneo), l’ammiraglio Arturo Riccardi (capo di Stato Maggiore della Regia
Marina) ed il generale Ugo Cavallero (capo di Stato Maggiore generale delle
forze armate italiane), nel quale viene decisa la spartizione tra Italia e
Germania dei mercantili francesi: 83 andranno all’Italia e 75 alla Germania.
Per la flotta mercantile italiana, duramente colpita dalla guerra, queste 83
navi sono una notevole boccata d’ossigeno, e permetteranno, a caro prezzo, il
mantenimento dei collegamenti con la Tunisia.
L’accordo formale, detto accordo Laval-Kaufmann (dal nome di Laval e
del firmatario da parte tedesca, Karl Kaufmann), verrà firmato a Parigi il 23
gennaio 1943; in base a tale impegno, il governo francese mette a disposizione
dell’Asse un quarto della flotta mercantile francese del 1939. In base
all’articolo 4 dell’accordo, le navi francesi devono essere in buone condizioni
d’efficienza e pienamente equipaggiate; in cambio, il governo tedesco s’impegna
a pagare alla Francia un indennizzo, eccezion fatta che per i viaggi verso il
Nordafrica. Laval vorrebbe che le navi mantenessero bandiera ed equipaggio
francese, ma la proposta viene rifiutata; vi è diffidenza verso i marinai
francesi (specie dato il comportamento delle forze di Vichy nel Nordafrica
francese) e, d’altro canto, sono ben pochi i marittimi francesi che desiderino
navigare per conto dell’Asse.
Quando l’accordo viene firmato, comunque, la maggior parte dei mercantili
francesi ha già lasciato la Francia per l’Italia.
15 dicembre 1942
Il Sebaa viene confiscato
dalle forze tedesche a Marsiglia e consegnato al Governo italiano.
Dicembre 1942
Arriva in Italia e viene ribattezzato Forlì. Non viene requisito dalla Regia Marina, né iscritto nel
ruolo del naviglio ausiliario dello Stato. Affidato in gestione alla Adriatica
Società Anonima di Navigazione, con sede a Venezia, e registrato a Trieste.
La Berengier & Giannoni, avendo perso in guerra entrambe le sue
navi, si scioglierà nell’immediato dopoguerra; Léon Berengier ed Alban Giannoni
proseguiranno la loro attività in campo armatoriale, ma separatamente. Giannoni
darà il nome di Sebaa alla prima nave
costruita nel dopoguerra per la sua ditta; nome che sarà poi utilizzato ancora
negli anni Settanta dalla Compagnie Méridionale de Navigation, di proprietà dei
generi di Giannoni, Henri e Félix Rastit.
25 febbraio 1943
Alle 15 il Forlì salpa da
Napoli insieme ad un altro piroscafo ex francese, il Teramo (che per curiosa coincidenza è l’ex Marie Thérèse Le Borgne, il piroscafo che nel 1937 era stato
danneggiato da mine nelle stesse acque spagnole dove il Sebaa aveva evitato di poco la stessa sorte), con la scorta delle
torpediniere Sirio (caposcorta), Sagittario, Castore, Pegaso, Ciclone e Generale Antonino Cascino e dei cacciasommergibili
tedeschi UJ 2209, UJ 2210 e UJ 2220. Destinazione del convoglio è Biserta.
Sei ore dopo la partenza, il convoglio viene avvistato da ricognitori
avversari.
26 febbraio 1943
Individuato da ricognitori avversari, il convoglio viene attaccato da
aerosiluranti alle 3.30, 38 miglia a sudovest da Punta Licosa; nessuna nave
viene colpita.
Alle 14.30 esso subisce un nuovo attacco, stavolta da parte di 18
bombardieri, 38 miglia a nord di Capo Zaffarano. Nessuna nave è colpita tranne
l’UJ 2209, lievemente danneggiato da
schegge di bombe esplose nei suoi pressi ed assistito dalle altre unità della
squadriglia.
Nelle acque antistanti Palermo, si uniscono al convoglio anche le navi
cisterna Bivona e Labor ed il piroscafo Volta, nonché le torpediniere Groppo ed Orione, la corvetta Gabbiano ed
il dragamine tedesco R 15; si
forma così un unico convoglio, scortato da Groppo (caposcorta), Ciclone, Orione, Pegaso, Cascino, Gabbiano e R 15. Sirio e Sagittario,
al pari dei tre cacciasommergibili tedeschi, rientrano invece a Napoli, mentre
la Castore è costretta ad
entrare a Palermo e restarvi a causa di un’avaria.
Al largo di Trapani la Gabbiano lascia
la scorta.
27 febbraio 1943
Alle 10.40 un aereo da caccia italiano, di scorta al convoglio,
precipita per avaria; l’Orione ne
salva il pilota, lanciatosi con il paracadute e finito in mare.
28 febbraio 1943
Il convoglio giunge a Biserta all’1.45.
L'affondamento
Sbarcato il loro carico, Forlì
e Teramo lasciarono Biserta alle
dieci di sera del 14 marzo 1943, in convoglio con altri tre mercantili: il
piroscafo italiano Volta (che dava il
nome al convoglio), la piccola motocisterna Labor,
pure italiana, e la nave cisterna tedesca Ethylene.
Volta e Teramo avevano a bordo oltre 500 prigionieri di guerra. La scorta
era costituita dalle torpediniere Cigno
e Sirio (caposcorta).
Alle 5.10 del 15 marzo, al largo di Zembretta, si unì al convoglio un
sesto bastimento mercantile, il piroscafo tedesco (ex francese) Charles Le Borgne, proveniente da Tunisi
– da dov’era partito all’una di notte – con la scorta della torpediniera Libra, che si aggregò alla scorta del
convoglio «Volta». Alle 12.30 dello stesso giorno (altra versione parla delle
2.30, ma sembra probabile un errore) giunsero a rinforzare la scorta le moderne
corvette Cicogna e Persefone, inviate da Trapani.
Alle 17.40 il convoglio ricevette ordine di raggiungere Trapani, per
sostarvi qualche ora.
Sorprendentemente, la navigazione del convoglio attraverso il Canale di
Sicilia non venne turbata da attacchi nemici. Ci si mise invece la sfortuna:
alle 18.34 del 15 marzo, a poca distanza dalle Egadi, scoppiò sull’Ethylene un incendio, causato da
autocombustione di gas di benzina presenti nelle sue cisterne vuote. La
petroliera tedesca fu presa a rimorchio dalla Libra, che la trainò fino alle 21 circa, quando fu rilevata nel
rimorchio dal rimorchiatore Tifeo
appositamente uscito da Trapani. Qui il convoglio, Ethylene compresa, arrivò all’una di notte del 16 marzo; le navi
sostarono in quella rada per tre ore, dopo di che ripartirono alle quattro (o
4.30) del mattino, senza più l'Ethylene.
Lasciata Trapani, il convoglio seguì la costa siciliana fino a Palermo,
dove arrivò alle 12.15 dello stesso giorno; alcune delle torpediniere vi si
rifornirono di nafta, mentre il Teramo
imbarcò viveri destinati ai prigionieri che aveva a bordo (per altra versione,
sia il Teramo che il Volta avrebbero sbarcato i prigionieri a
Palermo). Volta, Labor, Persefone e Cicogna rimasero a Palermo (dove sia il Volta che la Labor sarebbero andati distrutti, appena sei giorni dopo, in un
devastante bombardamento aereo statunitense), mentre il resto del convoglio (Forlì compreso), cui si erano aggregati
altri due piroscafi ex francesi, Ferrara
e Potenza, salpò alle 16.17 dello
stesso 16 marzo per raggiungere Napoli, sua destinazione finale.
Dopo gli ultimi cambiamenti, il convoglio consisteva dunque in cinque
piroscafi – Forlì, Teramo, Potenza, Ferrara, Le Borgne, tutti e cinque ex francesi –
e tre torpediniere (Sirio, Cigno, Libra).
Ma fu proprio nell’ultimo tratto della navigazione, in acque italiane,
che il convoglio dovette pagare il suo “pedaggio” all’offesa nemica: alle 12.20
del 17 marzo il Forlì venne colpito
da un siluro ed affondò in pochi minuti nel punto 40°11' N e 14°23' E (secondo
le fonti italiane; fonti britanniche indicano come posizione 40°16' N e 14°15'
E), 18 miglia a sud di Capri e 23 miglia ad ovest di Punta Licosa.
Il siluro era stato lanciato dal sommergibile britannico Trooper (tenente di vascello John
Somerton Wraith).
Partito da Malta il 4 marzo per la sua terza missione di guerra, da
svolgersi nel Basso Tirreno (a nord di Messina e poi lungo la costa campana),
il Trooper aveva già affondato la
nave cisterna Rosario (il 10 marzo)
ed attaccato senza successo la motonave Belluno
(il 15 marzo). Il mattino del 17 marzo il sommergibile si trovava in agguato
15-20 miglia a sud di Capri, quando alle 11.10 aveva avvistato tre aerei e del
fumo verso sudovest. Intuendo che ciò fosse segno di un convoglio in
avvicinamento, il comandante Wraith aveva portato il suo sommergibile
all’attacco; alle 11.35 l’ufficiale britannico aveva identificato il convoglio
come composto da quattro navi mercantili, disposte su due colonne, e tre
“cacciatorpediniere” (ossia le tre Spica), uno dei quali procedeva in testa
alla formazione e gli altri due sui lati, spostati verso poppa. Le navi avevano
rotta verso nord. Alle 12.11, stando in immersione, il Trooper aveva lanciato tre siluri contro il mercantile che
procedeva in testa alla colonna di dritta, da una distanza di circa 4100/4600
metri, poi aveva accostato a sinistra ed aveva lanciato altri tre siluri contro
il secondo mercantile della stessa colonna. Secondo una fonte, Wraith aveva
apprezzato la stazza di entrambi i bersagli in circa 4000 tsl.
L'attacco aveva colto il convoglio completamente di sorpresa, perché
delle tre torpediniere di scorta soltanto la Cigno era dotata di ecogoniometro, e questa si trovava proprio sul
lato opposto a quello da cui aveva attaccato il Trooper.
Dei 26 uomini che componevano l’equipaggio del Forlì, dieci persero la vita; i 16 sopravvissuti vennero salvati
dalla Libra, mentre Cigno e Sirio davano la caccia al Trooper.
Le torpediniere videro poi della nafta affiorare in superficie in abbondante
quantità, il che indusse a ritenere di aver certamente danneggiato il
sommergibile. In realtà, il Trooper
era sfuggito indenne alla caccia, anche se il contrattacco della scorta gli
impedì di tornare a quota periscopica per verificare l’esito dei lanci;
l’equipaggio del battello britannico contò un totale di 22 bombe di profondità,
lanciate in un arco di tempo piuttosto prolungato (secondo Uboat.net, sarebbero
state invece lanciate soltanto cinque bombe di profondità, tutte dalla Sirio). Wraith, avendo sentito tre
esplosioni dopo i lanci dei siluri, stimò con eccesso di ottimismo di aver
colpito entrambi i mercantili attaccati, e forse anche uno dei
“cacciatorpediniere”.
Il resto del convoglio raggiunse Napoli alle 16.30 dello stesso giorno.
Le vittime tra l'equipaggio civile:
Nicolantonio Bassani, carbonaio, da Papapsidero
Remigio Cellai, marinaio, da Brusasco
Pasquale Iafano, fuochista, da Cervaro
Lauro Lippi, marinaio, da Viareggio
Antonio Murialdo, fuochista, da Savona
Giovanni Pellegrino, ingrassatore, da Como
Giovanni Risso, marinaio, da Savona
Gerardo Simoniello, ufficiale di macchina, da Brindisi
Salvatore Viscuso, giovanotto, da Aci Castello
Il marittimo Giovanni Pellegrino, scomparso nell’affondamento del Forlì (per g.c. del nipote Giampaolo Pellegrino) |
L’affondamento del Forlì nel
giornale di bordo del Trooper (da
Uboat.net):
"1110 hours - Sighted three aircraft and smoke to the South-West.
Started attack.
1135 hours - The convoy was seen to consist of 4 merchants and 3
destroyers. The merchants were in two columns with one destroyer ahead and one
on each quarter.
1211 hours - Fired 3 torpedoes at the leading merchant of the starboard
column. Swung to port and fired 3 more torpedoes but now at the second merchant
of the same column. Range was about 5000 yards. Three explosions were heard.
Lt. Wraith thought he had hit both target and possible one of the escorting
destroyers.
Trooper was counter
attacked by one of the escorts. 22 Depth charges were dropped over a long
period of time. The hunt prevented Lt. Wraith to come to periscope depth to see
what damage he had done".
Un’altra immagine della nave come Tellus (da www.marhisdata.nl) |
Mio nonno Pellegrino Giovanni era un marinaio del Forlì che è perito nell'affondamento. Grazie delle informazioni.
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