Il Brin (Coll. Marcello Risolo, da www.naviearmatori.net) |
Sommergibile di grande crociera a doppio scafo parziale tipo Cavallini, capoclasse della classe omonima (dislocamento di 1016,92 tonnellate in superficie e 1265,77 in immersione; altre fonti parlano di dislocamento standard di 913 tonnellate e di dislocamento in carico normale di 1000 tonnellate in superficie e 1245 in immersione).
La classe Brin,
derivata dalla precedente classe Archimede – ma fortemente influenzata, nelle
sistemazioni di coperta, anche dalla contemporanea classe Foca di sommergibili
posamine, alla quale infatti risultò molto somigliante nell’aspetto –,
presentava rispetto ad essa delle forme di scafo più affinate (con prua “a
squalo”), grazie alle quali i Brin raggiungevano una maggiore velocità (17,37
nodi in superficie e 8,62 in immersione, contro rispettivamente 17 e 7,7 nodi
degli Archimede) con lo un apparato motore di potenza analoga a quello degli Archimede
(in superficie, 3400 CV sviluppati da due motori diesel Tosi; in immersione,
1300 CV sviluppati da due motori elettrici Ansaldo) nonostante il maggiore
dislocamento (1016 tonnellate in superficie, contro le 980 degli Archimede, e
1266 in immersione, contro le 1259 degli Archimede). L’autonomia in superficie
era di 1580 miglia a 17 nodi e di 5662 miglia a 8 nodi in carico normale (cioè
61 tonnellate di nafta), 2861 miglia a 17 nodi e 9753 miglia a 8 nodi in
sovraccarico (85-90 tonnellate di nafta); quella in immersione, di 9 miglia a
8,5 nodi e 90 miglia a 4 nodi.
L’armamento silurante
consisteva in otto tubi lanciasiluri da 533 mm, quattro a prua ed altrettanti a
poppa, con una scorta di dodici siluri (quattordici secondo qualche fonte). L’armamento
contraereo fu potenziato rispetto alla classe precedente, con l’installazione
di quattro mitragliere contraeree Breda Mod. 31 da 13,2/76 mm in impianti
binati (gli Archimede ne avevano solo due), con una scorta di 6000 colpi,
mentre fu ridotto quello artiglieresco, con un solo cannone al posto dei due
della classe precedente. Tale cannone (un pezzo OTO Mod. 1927 da 100/43 mm, con
riserva di 230 proiettili), inoltre, venne inizialmente collocato in posizione
alquanto insolita: non in coperta, come sulla maggior parte dei sommergibili,
bensì su una piattaforma girevole sopraelevata, protetta e brandeggiabile, integrata
nella parte poppiera della torretta: con questo insolito alloggiamento,
protetto rispetto alle onde, si puntava a rendere possibile l’impiego del
cannone anche in condizioni di mare grosso, che solitamente rendevano
proibitivo l’uso del cannone da parte dei sommergibili (per una fonte, questa
soluzione sarebbe stata pensata specificamente per permettere l’impiego del
cannone anche in Oceano Indiano, durante i monsoni).
Lo stesso cannone OTO
da 100/43 mm, progettato nel 1927 ed entrato in servizio nel 1937, era stato
concepito specificamente per l’impiego su questi sommergibili: si trattava
infatti di un tentativo da parte della OTO di ridurre i cannoni da 100 mm per
adattarli all’impiego nella piattaforma girevole in torretta, e venne adottato
esclusivamente su due classi, la Brin e la contemporanea classe Foca di
sommergibili posamine, che infatti presentarono anch’essi una peculiare,
massiccia falsatorre con cannone incorporato analoga a quella dei Brin. L’OTO
1927 da 100/43 mm poteva sparare proiettili da 13,8 kg ad una distanza massima
di 11.000 metri, con un ritmo di 8-10 colpi al minuto ed una velocità alla
volata di 800 m/s. L’elevazione massima era di +35°, la depressione masima di
-5°.
Tale posizionamento
del cannone, tuttavia, risultò poco pratico, e per giunta l’OTO 1927 da 100/43
mm si rivelò un’arma poco riuscita; nel 1941, di conseguenza, tale pezzo venne sostituito
con un più moderno cannone OTO 1938 da 100/47 mm (con riserva ridotta a 140
proiettili) che fu contestualmente spostato in coperta, a proravia della
torretta. Contemporaneamente, la voluminosa torretta venne ridimensionata, come
del resto accaduto alle falsetorri di quasi tutti i sommergibili italiani nel
corso del conflitto.
Il
cannone OTO 1927 da 100/43 mm del Brin
nella sua posizione originaria, su una piattaforma brandeggiabile nella
torretta (sopra: g.c. STORIA militare; sotto, da "Preparazione e criteri d'impiego dei sommergibili italiani nella seconda guerra mondiale" di Riccardo Nassigh, su "Rivista Italiana di Difesa" n. 1 del gennaio 1984, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)
Battezzati con nomi
di scienziati italiani (ad eccezione del Brin
stesso, che portava il nome di un ingegnere navale e poi Ministro della Marina,
autore di molti progetti di unità della Regia Marina negli ultimi decenni
dell’Ottocento; fu proprio Benedetto Brin, in qualità di Ministro della Marina,
ad ordinare nel 1889 al generale del Genio Navale Giacinto Pullino la
costruzione del primo sommergibile italiano), i sommergibili della classe Brin
vennero tutti costruiti nei cantieri Franco Tosi di Taranto; inizialmente
(dicembre 1936) vennero previsti ed impostati soltanto tre battelli (Brin, Guglielmotti e Galvani),
ma un anno più tardi furono messi in costruzione due ulteriori sommergibili (Archimede e Torricelli) per compensare la perdita di due unità della classe Archimede
cedute alla Marina spagnola nazionalista. Questi ultimi presentarono alcune
modifiche e migliorie rispetto ai primi tre.
Dei cinque, il Brin fu il solo ad essere sorpreso dalla
guerra in Mediterraneo, ed il solo a sopravvivere al conflitto. In tal modo, la
classe Brin risulta insieme alla classe Archimede l’unica classe di
sommergibili italiani le cui unità abbiano operato in guerra in tutti i mari in
cui combatté la Marina italiana durante la seconda guerra mondiale:
Mediterraneo, Mar Rosso, Oceano Atlantico ed Oceano Indiano.
L’impiego oceanico
dei battelli della classe mostrò che avevano una tendenza ad un rollio troppo
molle e problemi di tenuta al mare con onda nei settori poppieri; si rese
necessario tagliare una parte dell’avviamento poppiero, risultato troppo
affinato, ma anche dopo queste modifiche i Brin seguitarono ad avere problemi
di tenuta del mare nei quartieri poppieri, mostrando una tendenza ad
incappellate da poppa, specialmente dannose per i quadri elettrici dei motori
principali in camera di manovra. Al di là di questo problema, comunque, i Brin
vennero giudicati dei buoni sommergibili, che mantennero le buone prestazioni
della precedente classe Archimede; dal loro progetto venne derivata la
successiva classe Liuzzi, che risentì anch’essa di una certa sensibilità al
mare di poppa. Erminio Bagnasco e Maurizio Brescia li giudicano come robusti,
affidabili e manovrieri ma al tempo stesso i meno riusciti del tipo Cavallini
in termini di qualità nautiche, che tuttavia non ne impedirono l’impiego
oceanico.
La profondità di collaudo
era di 105 metri, con un coefficiente di sicurezza pari a 3 (altra fonte parla
di “quota operativa” di 110 metri; un’altra ancora di “quota operativa” di 73
metri, “quota di emergenza” di 117 metri e “quota di collasso” di 183 metri).
Sopra, un
sommergibile classe Brin in affioramento statico, e sotto, in navigazione al
traverso (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net)
Dal 10 giugno 1940
all’8 settembre 1943 il Brin svolse 38
missioni di guerra, cinque in Atlantico e 33 in Mediterraneo (17 offensive e 16
di trasferimento), percorrendo complessivamente 42.451 miglia nautiche (37.261
in superficie e 5190 in immersione) di cui 16.025 in Atlantico e 26.426 in
Mediterraneo, trascorrendo 274 giorni in mare ed affondando due navi mercantili
per complessive 7241 tsl. Durante la cobelligeranza con gli Alleati (1944-1945)
effettuò 91 missioni addestrative in Oceano Indiano.
Breve e parziale cronologia.
3 dicembre 1936
Impostazione nei
cantieri Franco Tosi di Taranto (numero di costruzione 48).
3 aprile 1938
Varo nei cantieri
Franco Tosi di Taranto. Madrina del varo è la vedova del contrammiraglio
Ernesto Rubin de Cervin, perito nel 1915 nell’esplosione che aveva distrutto la
precedente unità che aveva portato il nome di Benedetto Brin, una corazzata
pre-dreadnought. Il sommergibile viene benedetto dall’arcivescovo di Taranto.
L’allestimento del Brin è curato dal capitano del Genio
Navale Umberto Bardelli, che sarà poi suo direttore di macchina dal 25 giugno
1940 al 16 febbraio 1941.
30 giugno 1938
Entrata in servizio.
Assegnato, con i
gemelli Archimede, Galvani, Guglielmotti e Torricelli nonché
i più anziani Galileo Galilei e Galileo Ferraris, alla XLIV Squadriglia
Sommergibili del IV Gruppo Sommergibili di Taranto.
Svolge intensa
attività addestrativa, compiendo numerose esercitazioni che consentono di
raccogliere informazioni sulle migliori condizioni d’impiego della propria
classe.
Il Brin durante le prove d’immersione statica, nel 1938 (g.c. STORIA militare) |
1939
Brin,
Archimede, Torricelli, Guglielmotti
e Galvani formano la XLI Squadriglia
Sommergibili, sempre facente parte del IV Grupsom.
11 gennaio 1939
Assume il comando del
Brin il tenente di vascello Luigi
Angelo Longanesi Cattani.
Il
tenente di vascello Luigi Longanesi Cattani, comandante del Brin dal gennaio 1939 al settembre 1941
(sopra, da www.miles.forumcommunity.net;
sotto, archivio fotografico USMM)
Giugno 1939
Brin e
Galvani vengono trasferiti in Mar
Rosso e posti alle dipendenze della Flottiglia Sommergibili in Africa Orientale
Italiana, con base a Massaua (Eritrea). Nel corso dell’anno, il Brin opera in Mar Rosso ed Oceano
Indiano.
19 giugno-5 luglio 1939
Il Brin (tenente di vascello Luigi
Longanesi Cattani) compie una crociera in Oceano Indiano durante il periodo del
monsone di sudovest, insieme al sommergibile Otaria, per testare le prestazioni delle due classi con mare grosso
in acque tropicali e per raccogliere dati sull’utilizzo delle armi in siffatte
condizioni meteorologiche, ma i risultati non sono incoraggianti. Il capo
sezione, capitano di corvetta Giuseppe Vocaturo dell’Otaria, scriverà nel suo rapporto: «…i sommergibili sia del tipo Otaria che del tipo Brin, possono compiere
crociere in Oceano Indiano durante il periodo del monsone di sudovest. Per
quanto riguarda però la possibilità di impiego in caso di guerra, essa risulta
nulla nei tipi Otaria e scarsa nel tipo Brin (…) Se a quanto sopra si aggiunge la deficiente autonomia già segnalata, se
ne conclude che i sommergibili Brin e Otaria non sono idonei ad operare in
Oceano Indiano durante il periodo del monsone di sudovest». Il capitano di
fregata Ferrini, comandante della Flottiglia sommergibili in A.O.I., commenterà
a riguardo che i risultati dell’esercitazione condotta da Brin ed Otaria
rispecchiano quelli della precedente crociera intrapresa dal Glauco e dal più piccolo Perla, tra fine
1938 e inizio 1939, nelle acque della Somalia.
Il comandante
Longanesi Cattani verrà elogiato dal Capo di Stato Maggiore della Marina per la
perizia dimostrata e per le utili informazioni raccolte nel corso della
crociera.
Il Brin nel 1940 (da Navypedia)
|
Febbraio 1940
Rientra in Italia per
lavori (per altra fonte, dopo il rimpatrio viene adibito ad intensa attività
addestrativa).
10 giugno 1940
All’ingresso
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Brin (tenente di vascello Luigi Longanesi Cattani) fa parte della
Flottiglia Sommergibili di Brindisi, nella quale costituisce l’unica unità
della XLII Squadriglia Sommergibili (secondo un’altra fonte, all’atto della
dichiarazione di guerra si sarebbe trovato a Taranto). È l’unico battello della
sua classe a trovarsi in Mediterraneo: Archimede,
Torricelli, Guglielmotti e Galvani si
trovano infatti tutti a Massaua.
Lo stesso giorno,
viene inviato in pattugliamento offensivo nel Canale di Sicilia, tra
Pantelleria e la Tunisia.
15 giugno 1940
18 giugno 1940
Partito da Augusta
per la sua seconda missione di guerra, un agguato a nord di Creta, alle 17.08 –
mentre è in navigazione verso il settore operativo assegnato – viene
infruttuosamente attaccato con siluro, lanciato apparentemente da una distanza
di circa 2500 metri, al largo del faro di Santa Croce (20 miglia ad est di Augusta),
evitando l’ordigno con una tempestiva contromanovra.
Si tratta
probabilmente di un falso allarme, dal momento che l’unico sommergibile
britannico in agguato nei paraggi, il Grampus,
è stato affondato due giorni prima da torpediniere italiane (e se anche fosse
per qualche motivo sopravvissuto a quell’attacco, in base agli ordini ricevuti
avrebbe dovuto comunque lasciare la zona il 16 giugno per rientrare a Malta).
21-26 giugno 1940
Raggiunge e pattuglia
l’area d’agguato assegnata, a nord di Creta. Avvista un’unica nave nemica, ma
in posizione inadatta per un attacco.
9 luglio 1940
Inviato ad est di
Capo Passero, viene attaccato da un aereo, che respinge col tiro delle proprie
mitragliere, danneggiandolo (una fonte afferma che l’aereo si allontanò “visibilmente
danneggiato”; il comandante Longanesi Cattani sarà per questo insignito di
Croce di Guerra al Valor Militare, con motivazione «Comandante di Sommergibile attaccato in superficie a bassa quota da
aereo nemico, conduceva la manovra difensiva e controffensiva con prontezza di
decisione, serenità e coraggio»).
Fa poi parte di uno
sbarramento di sommergibili tra Capo Passero e Malta all’11 luglio.
Il Brin nell’estate del 1940 (g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net) |
Ottobre 1940
Dopo quattro
infruttuose missioni offensive in Mediterraneo, ne viene deciso il trasferimento
in Atlantico, alle dipendenze della neocostituita base sommergibilistica
italiana di Betasom (avente sede a Bordeaux, nella Francia occupata).
28 ottobre 1940
Al comando del
tenente di vascello Luigi Longanesi Cattani, il Brin salpa da Messina diretto in Atlantico.
Prima di dirigere per
Bordeaux, dovrà formare insieme ad altri tre sommergibili (Morosini, Marcello e Michele Bianchi, gruppo denominato «Morosini»), anch’essi in corso di
trasferimento in Atlantico (ciascuno dei quattro battelli deve attraversare lo
stretto di Gibilterra individualmente, nei giorni immediatamente successivi al
novilunio, che cade il 1° novembre), uno sbarramento a maglie molto larghe ad
ovest della penisola iberica, dove confluisce il traffico britannico tra
Freetown ed il Regno Unito. I sommergibili dovranno restare in agguato nelle
zone assegnate fino al raggiungimento dei limiti di autonomia, poi dovranno
raggiungere Bordeaux; rispetto ai precedenti gruppi di sommergibili inviati in
Atlantico, avranno compito esplorativo oltre che offensivo, con maggior libertà
di manovra entro le aree assegnate ed anche la facoltà di uscirne, per
inseguire i convogli avvistati o segnalati e per mantenere il contatto. Si
tratta del primo tentativo, da parte italiana, di impiego dei sommergibili in
un’operazione coordinata contro convogli nemici, similmente a quanto fa da
tempo la Marina tedesca (il successivo danneggiamento di Brin e Bianchi, descritto
di seguito, avrà però l’effetto di dimezzare l’effettiva consistenza dello
sbarramento). I sommergibili passeranno alle dipendenze di Betasom subito dopo
aver attraversato lo stretto di Gibilterra.
(da www.navweaps.com) |
4 novembre 1940
Attraversa lo stretto
di Gibilterra in immersione; causa un’avaria alla girobussola, nell’attraversamento
deve basarsi interamente sulla bussola magnetica. Come accaduto a molti altri
sommergibili durante l’attraversamento dello stretto, il Brin incontra forti correnti sottomarine che lo portano a perdere
quota, toccando il fondo per due volte durante il corso della mattinata – prima
sulla sponda settentrionale (europea) dello stretto, poi su quella meridionale (vicino
a Capo Malabata) dov’è stato trascinato dalle correnti – e subendo alcuni
danni. Il direttore di macchina, capitano del Genio Navale Umberto Bardelli,
commenta scherzosamente a bassa voce (per non farsi sentire dagli altri uomini
in camera di manovra), “con il più
corretto dei saluti”, al comandante Longanesi Cattani: “La prossima volta
sbattiamo a Cuba!”.
Nel primo pomeriggio
il Brin si porta a quota periscopica,
ma avvista due cacciatorpediniere ed un’unità di pattuglia; il comandante
Longanesi Cattani, pertanto, cerca di portarsi sul fondale per risparmiare aria
ed energia elettrica in attesa che le navi nemiche se ne vadano, ma le forti
correnti sottomarine glielo impediscono.
La profondità del
fondale continua rapidamente a diminuire, ed il Brin, con le batterie quasi scariche, non è più in grado di opporsi
alla corrente: Longanesi Cattani, di conseguenza, decide di emergere nonostante
la presenza delle unità nemiche, ritenendo che continuando a restare immerso
finirebbe con l’incagliarsi.
Alle 15.30 il Brin emerge e Longanesi Cattani si rende
conto di trovarsi un paio di miglia a nordest di Capo Malabata (costa
marocchina), in acque territoriali spagnole: la bussola, "probabilmente per trascinamento della rosa,
a causa dell’urto contro la costa", è derivata di 180 gradi. Poco dopo
l’emersione, il sommergibile viene avvistato ed attaccato dai due
cacciatorpediniere britannici di prima, che tentano di speronarlo – evitando al
contempo di aprire il fuoco, perché si trovano nelle acque territoriali di un
Paese neutrale –, ma riesce a sfuggire ed a riparare nel vicino porto di
Tangeri, dove trova il Michele Bianchi, reduce da una simile avventura
e qui arrivato poche ore prima del Brin.
(Secondo Cristiano D’Adamo, uno dei cacciatorpediniere britannici era il Greyhound, unità capogruppo, e "Secondo la versione ufficiale britannica le
unità del gruppo « Greyhound », richiamate dall'aereo, giunsero sul posto
quando il Brin si era ormai immerso. La notizia dell'arrivo a Tangeri del
sommergibile italiano giunse al comando navale britannico tramite le autorità
consolari locali").
Tangeri, in Marocco,
è stata dichiarata nel 1923 "Zona internazionale" (dunque
politicamente e militarmente neutrale) sotto amministrazione multinazionale;
nel giugno 1940 è stata occupata provvisoriamente da truppe spagnole. (Secondo "Squali
d’acciaio" di Goly Maioli, una volta che Brin e Bianchi furono nel
porto di Tangeri vennero affiancati da due torpediniere spagnole, a protezione
contro colpi di mano britannici. Un cacciatorpediniere britannico sarebbe poi
entrato in porto durante la serata, ma sarebbe stato affiancato da una delle
torpediniere spagnole, frappostasi tra esso ed i sommergibili).
Il governatore
spagnolo di Tangeri – la Spagna fascista di Francisco Franco è formalmente
neutrale, ma di fatto favorevole alle potenze dell’Asse – concede a Brin e Bianchi poco meno di 60 giorni per effettuare le riparazioni,
fino allo scadere del 31 dicembre, dopo di che dovranno lasciare il porto
neutrale o verranno internati (secondo lo storico Francesco Mattesini,
inizialmente – il 10 novembre – il governo spagnolo, su richiesta italiana,
concesse al Brin di rimanere fino al
3 dicembre per il Brin, mentre per il
Bianchi fu accordato un termine di 20
giorni; ma il 9 dicembre, non essendo risultato sufficiente quel tempo per
completare le riparazioni, il termine per entrambi venne prorogato al 31
dicembre).
Quei due mesi
sarebbero un tempo più che sufficiente, anche se il problema è costituito dalla
scarsità dei mezzi disponibili in loco per compiere tali lavori, nonché
dall’esiguità dei fondi disponibili su Brin
e Bianchi : in breve le casse
dei due sommergibili vengono svuotate, tanto da impedire anche di distribuire
la paga agli equipaggi. Un giorno, però, il panettiere Giovanni Macca, un
italiano che vive a Tangeri, si presenta sul Bianchi ed offre 20.000 franchi: “Questi sono tutti i miei risparmi, ma sono felice di poterli donare ai
vostri equipaggi”. Successivamente, anche il Consolato italiano interviene,
fornendo 60.000 lire. Dall’Italia, grazie anche alla compiacenza delle autorità
spagnole, vengono inviati segretamente a Tangeri tecnici della Marina e pezzi
di ricambio per effettuare le riparazioni, mentre gli equipaggi lavorano
febbrilmente per rimettere in sesto i propri battelli (secondo Goly Maioli,
tuttavia, alcune lamiere danneggiate che non intralciavano la navigazione
sarebbero state lasciate volutamente esposte, per ingannare eventuali spie
facendo loro credere che le riparazioni non sono ancora state ultimate).
L’atmosfera a
Tangeri, città neutrale in un mondo in fiamme, è per certi versi surreale: per
strada e nei bar i marinai dei due sommergibili italiani incontrano sovente
marinai e soldati britannici della base di Gibilterra, arrivati a Tangeri per
passarvi una breve licenza al finesettimana. Nonostante lo stato di guerra
esistente tra i due Paesi, non sorgono incidenti tra italiani e britannici,
anzi talvolta si scherza e ci si offre da bere. Un comune amico presenta al
comandante del Bianchi, Adalberto
Giovannini, un anziano ufficiale della riserva della Royal Navy, l’ammiraglio
Gaunt, che vive a Tangeri in una villa sul mare (e che – si mormora – sarebbe
il comandante dei servizi segreti britannici a Tangeri): questi si complimenta
cavallerescamente: “Ho seguito dalla mia
finestra la vostra manovra per sfuggire al caccia britannico. Voglio esprimere
a lei e al Comandante Longanesi il mio compiacimento per la maniera brillante
con la quale vi siete sottratti alle prue avversarie”.
Il 4 dicembre i
marinai di Brin e Bianchi celebrano la festa di Santa
Barbara, patrona dei marinai, organizzando competizioni sportive cui assistono
molti cittadini di Tangeri.
Non per questo,
comunque, la guerra si è fermata: Tangeri è un covo di spie di tutti i Paesi, e
i servizi segreti britannici tengono d’occhio Brin e Bianchi, cercando
di interferire con le riparazioni o di attuare qualche sabotaggio; fuori dal
porto incrociano unità britanniche in continuo pattugliamento per impedire
tentativi di fuga, mentre nelle capitali dei Paesi coinvolti si svolge una
“battaglia” diplomatica circa la sorte dei due sommergibili fermi nel porto
neutrale. A Roma Mussolini si fa aggiornare giornalmente sulla situazione,
prevedendo un forzamento del blocco; a Londra, i britannici vorrebbero ottenere
dalle autorità spagnole il sequestro dei due battelli; la stampa angloamericana
sostiene che il governo italiano abbia provocato intenzionalmente l’incidente
per spingere la Spagna ad entrare in guerra dalla parte dell’Asse, accuse
continuamente smentite da Madrid.
Il Brin (a sinistra) ed il Bianchi a Tangeri nel dicembre 1940 (foto tratta da un saggio di Francesco Mattesini su www.academia.edu) |
12-13 dicembre 1940
Riparata un’avaria agli
accumulatori, il Brin è ormai
pronto a partire, e così pure il Bianchi:
tuttavia, dato che lo spionaggio britannico tiene i sommergibili sotto
osservazione, pronto a segnalarne a Gibilterra la partenza per organizzarne
l’intercettazione e la distruzione non appena usciti dal porto, i comandanti
Longanesi Cattani e Giovannini escogitano vari stratagemmi per ingannare le
spie: fanno credere che ci siano ancora molte riparazioni da svolgere, e
scelgono per la partenza la notte fra il 12 ed il 13 dicembre, cioè una notte
in cui le condizioni di luce e di mare – luna piena e mare calmissimo –, che
faciliterebbero l’individuazione dei sommergibili, sconsiglierebbero di
lasciare Tangeri. Una scelta apparentemente poco logica, proprio perché così i
britannici non penseranno che i sommergibili intendano davvero partire in una
notte del genere. Per rafforzare l’inganno, durante la giornata del 12 dicembre
i marinai dei sommergibili stendono la biancheria in coperta, e mandano i loro
vestiti migliori alle lavanderie di Tangeri; venuta la sera, i marinai vengono
mandati a terra in franchigia, mentre Longanesi Cattani e Giovannini, anch’essi
scesi a terra come al solito, prendono parte ad un cocktail e poi si recano al
cinema, sedendosi poco lontano da alcuni ufficiali britannici. Tutto ciò per
far credere che non ci sia alcuna intenzione di partire: in realtà, l’ordine
per tutti è di tornare a bordo entro l’una di notte.
Lo stratagemma
funziona: unica unità britannica di guardia fuori del porto è l’Agate, un modesto cacciasommergibili
ausiliario che gli equipaggi di Brin
e Bianchi hanno soprannominato
“mulo”; buona parte delle altre unità britanniche adibite alla vigilanza dello
stretto risultano essere a Gibilterra. Terminato lo spettacolo, Longanesi
Cattani e Giovannini lasciano il cinema e tornano verso il porto continunando
la recita: passeggiano con calma, parlando del più e del meno e fermandosi di
tanto in tanto. Ma una volta a bordo, vengono fulmineamente impartiti gli
ordini per la partenza; gli uomini accorrono ai loro posti, e intanto due
subacquei scendono in mare e tranciano con grosse pinze i cavi della linea
telefonica Tangeri-Gibilterra, per evitare che qualche spia possa dare
l’allarme all’ultimo momento. Una volta recuperati i subacquei, i sommergibili
mettono in moto nella notte chiarissima, con visibilità tale da permettere di
distinguere chiaramente la costa della Spagna, dall’altra parte dello stretto.
Entrambi i battelli,
con la biancheria ancora stesa in coperta, dirigono verso l’imboccatura del
porto; l’Agate lancia dei
segnali luminosi, ma ormai è troppo tardi per un intervento: alle 2.44 del 13
dicembre Brin e Bianchi doppiano a tutta forza la
punta del molo, indi escono in mare aperto e si dileguano, eludendo i
cacciatorpediniere britannici che lanciano infruttuosamente bombe di profondità
in un’area piuttosto vasta. “Venerdì 13” non ha portato fortuna ai britannici,
mentre ne ha portata parecchia agli italiani.
La vicenda della fuga
da Tangeri di Brin e Bianchi ispirerà un film del 1963, "Finché
dura la tempesta" ("Torpedo Bay" per il pubblico anglosassone),
con Gabriele Ferzetti, James Mason e Lilli Palmer.
Lasciata Tangeri, il Brin assume rotta per Bordeaux.
18 dicembre 1940
La navigazione verso
Bordeaux procede con condizioni di scarsa visibilità, a causa di vasti banchi
di nebbia.
Alle 4.30 (o 5.40), in
posizione 45°28’ N e 02°27’ O (nel Golfo di Biscaglia, circa 40 o 55 miglia ad
est dall’estuario della Gironda; secondi altre fonti “all’imboccatura della
Gironda”, ma sembra trattarsi di un errore), il Brin viene attaccato dal sommergibile britannico Tuna (capitano di corvetta Maurice
Kildare Cavenagh-Mainwaring), scatenando un prolungato duello tra le due unità.
Il Tuna ha avvistato un oggetto oscurato
alle 4.03, su rilevamento verde 3°; dopo averlo rapidamente identificato come
la torretta di un sommergibile, il comandante del Tuna – sapendo che sole 20 miglia più a nord della sua posizione si
trova un altro sommergibile britannico, l’Usk,
e ritenendo che la sagoma della torretta avvistata assomigli a quella di un
sommergibile britannico classe U – ritiene che possa trattarsi dell’Usk, ed effettua pertanto il segnale di
riconoscimento: per un’incredibile coincidenza, questo è uguale al segnale di
riconoscimento italiano, così che il Brin
crede a sua volta di trovarsi al cospetto di un sommergibile italiano, e
risponde con il suo segnale, la “controparola”.
Segnale che però risulta
illeggibile per il Tuna;
Cavenagh-Mainwaring è tuttavia ancora convinto di avere a che fare con l’Usk, dato che la sagoma che vede non
assomiglia a quella di alcun sommergibile italiano che conosce, e che non gli
risulta che in quelle acque operino U-Boote tedeschi. Pertanto, il Tuna effettua una seconda volta il
segnale di riconoscimento, ma stavolta il Brin
non risponde, e viene visto accostare per allontanarsi.
A questo punto il
comandante britannico si rende finalmente conto che l’altro battello è nemico,
pertanto alle 4.30 lo attacca lanciando una salva di sei siluri da 1370 metri
di distanza; nessuna delle armi va a segno, tutte mancano il Brin passandogli sui lati. Constatato il
fallimento del lancio, Cavenagh-Mainwaring ordina di aprire il fuoco col
cannone; il Brin risponde al fuoco (a
sparare per primo, sul Brin, sarebbe
stato il marinaio cannoniere Francesco Carelli, che anni dopo avrebbe
raccontato di aver aperto il fuoco di propria iniziativa, affermando inoltre di
aver notato delle fiamme sul sommergibile nemico, il che gli fece ritenere di
aver colpito il bersaglio). Sul Tuna
si ritiene erroneamente di aver colpito il Brin
con il terzo colpo sparato dal cannone; secondo la versione britannica, il
sommergibile italiano accelera alla massima velocità e si allontana in
direzione della Gironda, e la maggior velocità del Brin fa sì che la distanza tra i due sommergibili inizi ben presto
ad aumentare, mentre l’efficacia del tiro del Tuna va diminuendo. Alle 5.10 ed alle 5.20 il Tuna lancia altri due siluri, in entrambi i casi senza successo;
poco dopo le 5.20, il Brin risponde
lanciando due siluri dai tubi poppieri, che mancano anch’essi il bersaglio (una
delle scie viene avvistata dal Tuna).
Alle 5.23 il Tuna avvista un oggetto oscurato su
rilevamento rosso 120°, e quasi contemporaneamente vede il Brin effettuare il suo segnale di riconoscimento; il comandante
britannico ritiene che il nuovo arrivato sia una nave di scorta giunta per
accompagnare l’unità italiana fino alla Gironda, pertanto il Tuna accosta per allontanarsi e
s’immerge a 60 metri di profondità. All’idrofono il sommergibile britannico
rileva due navi scorta nelle vicinanze, che si trattengono in zona per dargli
la caccia; non riescono però a localizzarlo. (Secondo una fonte italiana, il Tuna avrebbe deciso di ritirarsi in
seguito all’avvistamento delle sagome di due pescherecci, che nel buio ha
scambiato per cacciatorpediniere).
Nonostante le
rispettive rivendicazioni di colpi a segno, né il Brin né il Tuna hanno
subito alcun danno. Un duello tra nobili: come Longanesi Cattani, infatti,
anche Cavenagh-Mainwaring proviene da una famiglia aristocratica. Ha assistito
al duello, da distanza, anche il Bianchi,
che ha osservato l’acceso scambio di cannonate tra i due sommergibili.
Lo stesso 18
dicembre, poco dopo mezzogiorno, il Brin
raggiunge Bordeaux.
Il 18 febbraio 1941 Supermarina,
dopo aver esaminato i rapporti di missione del Brin e del Bianchi,
comunicherà a Betasom e Maricosom (il Comando della Squadra Sommergibili) che «Si sono particolarmente apprezzate le doti
delle quali hanno dato prova i Comandanti delle due unita' sia nel superare la
difficile situazione creata dalla loro permanenza nel porto di Tangeri,
vincendo con ferrea tenacia e con salda volonta' tutti gli ostacoli che si sono
frapposti al rapido ripristino dell'efficienza dei sommergibili, sia nella
scelta sagace del momento piu' propizio per sottrarsi alla vigilanza nemica e
guadagnare il largo. Si prendono in considerazione le
proposte di riconoscimento comunicate a codesto Comando». Longanesi Cattani, infatti, riceverà una
Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con motivazione «Comandante di Sommergibile oceanico durante il trasferimento in
Atlantico, dopo aver effettuato il passaggio dello stretto di
Gibilterra ostacolato dalla intensa vigilanza avversaria e dalle avverse
condizioni idrografiche, era costretto a rifugiarsi in Porto neutrale per gravi
danni subiti dall'unità. Successivamente riparate le avarie, riprendeva
improvvisamente il mare riuscendo ad eludere l'assidua vigilanza e a
raggiungere la Base Navale di destinazione. Dimostrava nel corso dell'azione
elevate doti professionali e sprezzo del pericolo. (Oceano Atlantico, 4
novembre 1940)»; il direttore di macchina Bardelli riceverà un encomio
solenne («In località lontana dalla base
contribuiva in modo efficace con tenacia ed entusiasmo, a ripristinare
rapidamente la piena efficienza del proprio sommergibile danneggiato da offesa
nemica»).
Ventun anni dopo, nel
1961, l’ormai contrammiraglio Longanesi Cattani, in servizio a Parigi presso il
quartier generale NATO, avrà modo di incontrare nientemeno che il suo
avversario di quello scontro, il comandante Cavenagh-Mainwaring del Tuna (frattanto divenuto capitano di
vascello): i due ex nemici potranno così rievocare l’episodio nel quale avevano
vicendevolmente tentato di affondarsi. Il racconto di Cavanagh-Mainwaring venne
così descritto da Longanesi Cattani ai colleghi Aldo Cocchia e Mario Paolo
Pollina, anch’essi veterani di Betasom ed in quell’epoca a capo dell’Ufficio
Storico della Marina Militare: “All’avvistamento,
contro luna, il Tuna scambiò il mio Brin per un altro sommergibile inglese che
egli sapeva trovarsi in zona vicina, e perciò prese l’iniziativa di fare il
segnale di scoperta la cui “parola” corrispondeva, per una coincidenza del
tutto accidentale, alla nostra “parola” di quel giorno. Quando risposi alla sua
“parola”, che mi risultava esatta, il Tuna non ebbe più dubbi sulla mia qualità
di avversario poiché la mia “controparola” non corrispondeva alla sua, ed
iniziò l’azione con lancio di siluri e tiro di cannone. In totale egli lanciò
contro il Brin due salve di siluri: la prima di sei siluri e la seconda di
quattro, che il Brin poté evitare miracolosamente con la manovra, poiché
eravamo già in allarme. Egli afferma – non so se per cortesia – di aver a sua
volta potuto evitare il mio lancio di una coppiola di siluri per pochissimi
metri. Il Tuna poté controllare la distanza (che rimase sui 1.000 metri per
tutta la durata dello scontro) mediante il suo ecogoniometro e poté utilizzare
tale strumento per regolare il tiro e per l’apertura delle salve al lancio dei
siluri. Il Tuna ruppe il combattimento prendendo l’immersione poiché ritenne,
erroneamente, di aver identificato nelle sagome di due pescherecci oscurati
quelle di due C.T. che presumeva venissero come mio rinforzo. Benché io abbia
garantito al Comandante Cavenagh-Mainwaring di essere passato metri da quelle
due unità e di averle riconosciute senza possibilità di equivoco come due
pescherecci, egli mi è sembrato poco convinto della mia precisazione, così come
mi è sembrato poco convinto del fatto… che il Brin avesse l’unico cannone a
poppa, anziché a prora come la maggior parte dei nostri sommergibili”.
Sopra, l’ammiraglio Parona riceve il comandante Longanesi Cattani al rientro da una missione in Atlantico nel 1940; sotto, Parona saluta l’equipaggio del Brin a Bordeaux (da www.cultura.trentino.it)
1940-1941
Lavori di modifica:
la torretta viene radicalmente ricostruita e ridimensionata, eliminando il
cannone da 100/43 mm su piattaforma girevole ed installando un più moderno
cannone da 100/47 in una più tradizionale posizione in coperta, a proravia
della falsatorre.
Lavori di riduzione della torretta del Brin (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
Il Brin in bacino a Bordeaux con uno schema mimetico sperimentale, nel gennaio 1941 (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
26 febbraio 1941
Il Brin (tenente di vascello Luigi
Longanesi Cattani) salpa da Bordeaux per la seconda missione in Atlantico, da
effettuare al largo delle Isole Britanniche insieme ai sommergibili Velella, Mocenigo, Emo, Argo e Veniero.
Il Brin (a destra) ed il sommergibile Giuseppe Finzi all’ormeggio nel bacino di Betasom a inizio 1941 (g.c. STORIA militare) |
19 marzo 1941
Riceve ordine di
cercare un convoglio di 25 mercantili, scortati da 6 cacciatorpediniere,
avvistato e segnalato in mattinata da un ricognitore Focke-Wulf FW 200 “Condor”
del I./KG. 40 a ponente dell’Irlanda, con rotta verso ovest. Un sommergibile
tedesco, l’U 46, riesce a prendere
contatto col convoglio ed a seguirlo fino a sera, poi lo perde.
Il Brin durante una missione in Atlantico nei
primi mesi del 1941 (sopra, g.c. STORIA militare; sotto, Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it). Una
vedetta è arrampicata sulle camicie dei periscopi, per aver un maggior campo
visivo; sui lati della torretta s’intravedono le tracce di uno schema mimetico.
25 marzo 1941
Rientra alla base,
concludendo la missione, durante la quale è stato infruttuosamente attaccato da
aerei nemici, e non ha colto successi contro il traffico avversario.
Il Brin a Bordeaux al rientro dalla sua seconda missione atlantica, il 25 marzo 1941 (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
Il Brin a Bordeaux nel marzo 1941, con la prua danneggiata da una bomba asportata dal mare grosso (da un saggio di Francesco Mattesini pubblicato su www.academia.edu) |
Marzo-Aprile 1941
Lavori di modifica:
la torretta viene ridimensionata, pur mantenendo ancora il cannone da 100/43
sulla piattaforma girevole nella parte posteriore della torretta.
Il Brin a Bordeaux nell’aprile 1941, dopo il primo ciclo di lavori alla falsatorre, volto a ridimensionarla e ad aumentare l’arco di tiro del cannone (da “Sommergibili in guerra” di Achille Rastelli ed Erminio Bagnasco, Ed. Albertelli, 1989, via www.betasom.it) |
Il Brin a Bordeaux nel 1941 (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
16 maggio 1941
Il Brin (tenente di vascello Luigi
Longanesi Cattani) salpa da Bordeaux per la terza missione atlantica, un
agguato al largo di Gibilterra. Dovrà far parte di uno sbarramento di sette
battelli – gli altri sono Mocenigo, Argo, Veniero, Guglielmo Marconi, Emo e Velella – schierati
tra Capo Spartel (Marocco) e Capo San Vincenzo (Portogallo meridionale) per
intercettare il traffico nemico, sia isolato che in convoglio, ad ovest di
Gibilterra, e per raccogliere informazioni sullo svolgimento della navigazione
in quelle acque. L’ordine d’operazioni n. 47, emesso da Betasom il 14 maggio, prescrive
i seguenti obiettivi: «a) Costituire uno
sbarramento di sommergibili, in posizione opporTuna per consentire la manovra
in base alle notizie di avvistamento di convogli nella zona di Gibilterra. b)
Attacco a convogli e piroscafi isolati da e per Gibilterra diretti e
provenienti dalla corrente di traffico nord-sud. c) Raccolta di notizie sul
traffico lungo le coste marocchine e su quello proveniente dalle acque delle
Canarie e delle Azzorre e diretto verso lo Stretto». Il Brin, insieme a Marconi, Emo e Velella, dovrà disporsi lungo il 12°
meridiano per formare uno sbarramento mobile a maglie larghe che attaccherà i
convogli segnalati e seguiti da Argo,
Mocenigo e Veniero, che devono invece assumere posizioni più vicine alla costa
con compiti di primo avvistamento. Si tratta della prima operazione organizzata
da Betasom nelle acque a ponente di Gibilterra, in seguito alla nuova
“suddivisione dei compiti” concordata tra i Comandi italiani e tedeschi in
Atlantico, che ha assegnato ai sommergibili di Betasom la parte di oceano a sud
del 43° parallelo Nord.
Anche informatori
tedeschi, attivi lungo le coste meridionali della Spagna, cooperano
all’operazione segnalando tempestivamente i convogli di passaggio. Tuttavia,
l’individuazione e l’attacco dei convogli risulta tutt’altro che facile, a
causa del limitato orizzonte ottico e della contenuta possibilità di manovra,
conseguenza del fatto che i sommergibili, per non essere localizzati dagli
aerei e dalle unità sottili che pattugliano le acque attorno a Gibilterra,
devono trascorre la quasi totalità delle ore diurne in immersione.
Il Brin (probabilmente) sotto attacco aereo in Atlantico, nella primavera del 1941 (g.c. STORIA militare) |
25 maggio 1941
Il Brin ed i sommergibili Argo, Veniero, Emo, Mocenigo, Guglielmo Marconi e Velella formano uno sbarramento ad ovest
di Gibilterra per attaccare i convogli britannici fino al 1° giugno.
Nei giorni seguenti
non viene avvistato nessun convoglio; soltanto mercantili neutrali, perlopiù
spagnoli o portoghesi.
Il Brin in navigazione nel 1941, con uno schema mimetico sperimentale (g.c. STORIA militare) |
5 giugno 1941
Alle 11 Betasom
ritrasmette ai sommergibili in mare una segnalazione del B-Dienst (il servizio
informazioni della Kriegsmarine) che annuncia un convoglio di 25 mercantili
uscito da Gibilterra a mezzogiorno del giorno precedente con rotta ovest, avvistato
da agenti tedeschi appostati in Spagna; alle 14 Betasom ordina a Brin, Mocenigo e Veniero di
portarsi entro il mezzogiorno del 6 giugno lungo il meridiano 13°30’ O, davanti
alla rotta prevista del convoglio, in modo da intercettarlo. Parteciperanno
all’attacco anche alcuni dei sommergibili dello sbarramento mobile, in
posizione più arretrata.
Il convoglio segnalato
dal B-Dienst è l’HG. 64, diretto nel Regno Unito.
Alle 18.52 dello
stesso 5 giugno il Velella,
sommergibile più occidentale dello sbarramento mobile, avvista e segnala un
altro convoglio formato da circa 15 mercantili e 4 navi scorta, in navigazione
verso est ad otto nodi: si tratta dell’OG. 63, in navigazione dall’Inghilterra
a Gibilterra. In mancanza di aggiornamenti sull’HG. 64, e constatato che i
sommergibili sono già in posizione favorevole per intercettare l’OG. 63,
Betasom annulla gli ordini diramati qualche ora prima e ne impartisce di nuovi,
volti ad inviare il maggior numero possibile di sommergibili contro l’OG. 63. Brin ed Emo, al pari di Mocenigo
e Veniero, ricevono ordine di
lasciare i rispettivi settori d’agguato sul meridiano 11°30’ O e di andare a
formare entro la notte una linea d’agguato a maglie strette.
Ad insaputa di
Betasom, però, in quel momento il Brin
si trova in “cattive acque”: è stato infatti individuato da unità sottili al largo
di Capo San Vincenzo, e si trova sottoposto a caccia che si protrae per tutto
il giorno, arrecandogli lievi danni ma soprattutto costringendolo a restare
immobile e posato sul fondale, a 88 metri di profondità, per l’intera giornata.
Soltanto a sera, cessata la caccia, il Brin
potrà finalmente allontanarsi.
Il Brin in bacino di carenaggio a Bordeaux
a inizio 1941 (g.c. STORIA militare). Notare le reti di mascheramento, stese
sopra il sommergibile per renderne più difficile l’individuazione da parte
degli aerei avversari, e la colorazione mimetica sperimentale a due tonalità di
grigio (che nella prima immagine risultano tuttavia troppo poco contrastanti per
camuffarlo adeguatamente).
Altre due
immagini del Brin in bacino a
Bordeaux nel 1941 (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)
6 giugno 1941
Nelle prime ore della
notte, il Veniero s’imbatte per caso
nel convoglio HG. 64 e lo attacca senza successo, per poi emergere e lanciare
il segnale di scoperta alle 4.55. Betasom riceve il segnale ed ordina a Brin e Mocenigo, i sommergibili più vicini alla posizione segnalata dal Veniero, di muovere per intercettare
tale convoglio. Il Brin, però, non si
trova nella posizione prevista da Betasom, a causa della caccia subita il
giorno precedente, che lo ha costretto a restare immobile per tutto il 5
giugno; è pertanto impossibilitato ad intercettare il convoglio HG. 64.
Qualche ora dopo, il Brin intercetta delle segnalazioni
radiogoniometriche emesse da un quadrimotore tedesco Focke-Wulf FW. 200
“Condor”, appartenente al I./KG. 40 (40° Stormo da bombardamento) della 3.
Luftflotte e decollato da Merignac (vicino a Bordeaux), che alle dieci del
mattino ha attaccato il convoglio OG. 63 a sudovest di Capo San Vincenzo,
affondando con una bomba il piroscafo Glen Head. Dopo lo sgancio delle bombe,
il “Condor” pedina il convoglio per un po’ di tempo, emettendo segnalazioni
radiogoniometriche per consentire ad eventuali sommergibili che siano nelle
vicinanze del convoglio di ritrovarlo ed attaccarlo; il Brin è l’unico sommergibile italiano ad intercettare queste
segnalazioni ma, pur mettendosi in cerca del convoglio, non riesce a trovarlo.
7 giugno 1941
Alle 7.48 il Brin (tenente di vascello Luigi
Longanesi Cattani) avvista il convoglio HG. 64 a nordest di Madera, ma non
riesce a portarsi in posizione adeguata a lanciare i siluri. Lancia comunque il
segnale di scoperta; Betasom lo riceve ed invia sul posto altri tre
sommergibili – Mocenigo, Emo e Veniero –, ma la pessima visibilità fa sì che il Brin perda dopo poco tempo il contatto
con il convoglio, che non sarà più ritrovato neanche dagli altri sommergibili.
12 giugno 1941
Alle 12.55 il Brin (tenente di vascello Luigi
Longanesi Cattani), mentre è in navigazione verso ovest, avvista all’orizzonte i
fumi del convoglio britannico SL. 76, 90 miglia ad est dell’isola di Sao Miguel
(Azzorre), e ne comunica la posizione lanciando il segnale di scoperta.
Il convoglio SL. 76,
partito da Freetown il 31 maggio e diretto a Liverpool (dove arriverà il 21
giugno), è composto da 54 navi mercantili, ripartite su dodici colonne e scortate
dall’incrociatore pesante Cumberland (capitano
di vascello Guy Herbrand Edward Russell) e dall’incrociatore ausiliario Moreton Bay della Freetown Escort Force.
Dei 54 mercantili, 43 sono britannici (Albion
Star, Asphalion, Bactria, Bennevis, Cape of Good Hope,
Cape Olmo, Catherine, Clan Macpherson,
Clan Murray, Dahomian, Diomed, Elswick Park, English Trader, Glenapp, Gudrun Maersk, Hamla, Hampton Lodge, Harbury, Hatasu, Kana, Kerma, Lafian, Lackenby, Lerwick, Macgregor, Marylyn, Miguel de Larrinaga, New Brunswick, Observer, Ogmore Castle, Orfor, River Afton, Rothley, Sheridan, Silverlaurel, St. Clair II, Steaua Romana,
Sutherland, Tantalus, Teucer, Ulla, Umvuma e Weirbank),
quattro sono olandesi (Leto, Magdala, Montferland e Sitoebondo),
due sono greci (Eirini Kyriakides e Rinos), due sono svedesi (Calabria e Kiruna), due sono francesi (Anadyr
e Djurdjura) ed uno norvegese (Thode Fagelund). Capoconvoglio è il
capitano di vascello Charles Musgrave Ford, imbarcato sul Siverlaurel; delle due unità di scorta, il Cumberland si trova in posizione centrale prodiera, mentre il Moreton Bay incrocia a poppavia dei
mercantili.
Restando in
superficie, il Brin mantiene il
contatto con il convoglio e lo segue al limite della visibilità; Betasom riceve
il segnale di scoperta ed ordina a Velella
e Veniero, unici sommergibili tra
quelli in mare, oltre al Brin, in
grado di attaccare il convoglio (gli altri hanno esaurito i siluri od hanno
raggiunto il limite dell’autonomia), di raggiungere il 39° parallelo Ovest per
formare il mattino del 13 giugno uno sbarramento in posizione avanzata, lungo
la rotta del convoglio. Contestualmente il comandante della flotta subacquea
tedesca, grande ammiraglio Karl Dönitz, decide di formare una seconda linea
d’agguato più a nord, lungo il 47° parallelo, con i suoi U-Boote (più
precisamente l’U 43, l’U 73, l’U 201 e l’U 204,
appartenenti al gruppo «Kurfürst»), per il mattino del 14 giugno.
Il Brin a Bordeaux (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
13 giugno 1941
Durante la notte, il Brin continua a seguire il convoglio
mantenendosi al limite della visibilità; per evitare di essere avvistato dagli
aerei da ricognizione catapultati dal Cumberland,
che incrociano sul cielo del convoglio, di tanto in tanto il Brin s’immerge ed esegue ascolto
idrofonico. Durante una di queste immersioni, seguita all’avvistamento di uno
degli aerei lanciati dal Cumberland,
il Brin perde il contatto; messosi
però a cercare di nuovo il convoglio, riesce a ritrovarlo alle 4.40,
avvistandolo di prora a breve distanza.
Dopo questo secondo
avvistamento, il comandante Longanesi Cattani esamina il convoglio più a fondo:
conta una quindicina di mercantili oscurati di piccolo e medio tonnellaggio,
che procedono in un’ampia formazione composta da tre colonne parallele e
distanti un migliaio di metri l’una dall’altra. (In quel momento, il Cumberland è posizionato tra le colonne
6 e 7, il Moreton Bay sta zigzagando
cinque miglia a proravia del convoglio, e Lackenby,
Calabria e Catherine sono assenti, probabilmente rimasti indietro). Le sagome
dei piroscafi si stagliano ben visibili nel mare calmo, contro un cielo
estremamente limpido; Longanesi Cattani nota che i due mercantili più grandi
sono al centro delle colonne, circondati sui lati da piroscafi di piccole
dimensioni, il che rende necessario, per poter attaccare i due bastimenti più
grandi, penetrare tra le colonne. Il Brin
si trova in posizione favorevole, ed è ancora protetto dall’oscurità; pertanto,
rimanendo in superficie, dà inizio alla manovra di attacco e si avvicina
cautamente alla prima colonna, formata da mercantili che navigano a ridotto
intervallo l’uno dall’altro. Lasciati passare i primi due bastimenti, il Brin punta verso il centro della
formazione, insinuandosi, non visto, nel “corridoio” tra la colonna sinistra e
quella centrale del convoglio. Longanesi Cattani ordina di accostare a dritta,
per lanciare con i tubi di poppa contro i due grossi mercantili della colonna
centrale e con quelli di prua contro i piroscafi più piccoli della colonna
sinistra; ha però compiuto un apprezzamento sbagliato, e finisce col trovarsi
sulla rotta di lancio quando i bersagli hanno già superato l’angolo di mira.
Ritornato in una
posizione idonea al lancio con opportune manovre, alle 5.15 il Brin lancia una coppiola di siluri dai
tubi prodieri contro un mercantile della colonna sinistra, ma i due siluri
cozzano l’uno contro l’altro all’inizio della corsa ed affondano. Senza perdere
di vista i due grossi piroscafi della colonna centrale, Longanesi Cattani porta
di nuovo in punteria i tubi prodieri contro un altro mercantile della colonna
sinistra, e lancia un’altra coppiola di siluri; uno, però, non parte a causa
della mancata apertura della valvola di conservazione, mentre l’altro sembra
colpire il bersaglio dopo 23 secondi. In realtà, tuttavia, l’arma è passata
sotto la nave nemica – il piroscafo britannico Ulla – senza scoppiare.
Tornato a rivolgere
le sue attenzioni alla colonna centrale, il comandante Longanesi Cattani si
rende conto che nell’intervallo tra i due grossi piroscafi è visibile un
mercantile della terza colonna: le tre navi si “sovrappongono”, formando un
unico bersaglio pressoché “continuo”, il che permetterebbe al Brin di colpire più bersagli con
un’unica salva di siluri. Il sommergibile, di conseguenza, rimonta il convoglio
fino a portarsi in posizione favorevole, dopo di che lancia quattro siluri dai
tubi poppieri tra le 5.36 e le 5.38.
I due mercantili
della colonna centrale vengono entrambi colpiti ed immobilizzati, per poi
affondare in breve tempo in posizione 38°53’ N e 23°11’ O (o 38°52’ N e 23°30’
O), ad ovest del Portogallo e circa 127 miglia a nordest dell’isola di Sao
Miguel (Azzorre; altre fonti parlano di 70 o 100 miglia ad est delle Azzorre,
nei cosiddetti Southwest Approaches).
Le due navi affondate
dai siluri del Brin sono il piroscafo
britannico Djurdjura, di 3460 tsl
(capitano Pierre-Edmond de la Rue, belga), ed il greco Eirini Kyriakides, di 3781 tsl (capitano Dimitrios P. Kyriakides),
che occupavano rispettivamente le posizioni 55 e 95 nella formazione.
Il Djurdjura era un piroscafo ex francese,
rifugiatosi in Inghilterra nel giugno 1940 e confiscato a Falmouth dalle
autorità britanniche il 25 luglio, in seguito alla resa della Francia; pur
battendo bandiera ora britannica, il suo equipaggio era composto nella quasi
totalità da francesi schieratisi con De Gaulle e facenti parte delle Forces navales françaises libres.
Adibito già da qualche tempo al traffico sulla rotta Cardiff-Freetown,
trasportando carbone all’andata e minerale di ferro al ritorno, al momento del
suo affondamento da parte del Brin il
Djurdjura era in navigazione da Pepel
(Sierra Leone) ad Oban (Scozia) con un carico di 5000 tonnellate di minerale di
ferro. Dei 38 uomini del suo equipaggio, 33 uomini perdono la vita (tra di
essi, il comandante De la Rue e cinque ufficiali), con soli cinque superstiti tratti
in salvo dal piroscafo portoghese Malance,
che li sbarcherà a Leixoes, in Portogallo, il 19 giugno.
L’Eirini Kyriakides era invece partito da
Lourenço Marques (Mozambico) diretto ad Ardrossan (Scozia) dopo aver fatto
scalo a Freetown (Sierra Leone), carico anch’esso di minerale di ferro. L’intero
suo equipaggio di 31 uomini, tutti greci, trova la morte nell’affondamento
della propria nave.
Il comandante
Longanesi Cattani, “ingannato dai lampi
delle esplosioni, che si susseguivano esattamente distanziate, e dalle immagini
delle navi colpite dai siluri che visibilmente stavano sbandando per poi
scomparire alla vista in pochi secondi”, ritiene anche erroneamente di aver
silurato anche il mercantile della terza fila, danneggiandolo. Questo errato
apprezzamento, insieme a quello delle 5.15 sul presunto siluramento di un altro
piroscafo (l’Ulla, in realtà non
colpito), fa sì che oltre all’affondamento di Djurdjura ed Eirini
Kyriakides il Brin rivendichi
erroneamente il danneggiamento di altri due mercantili, per un tonnellaggio di
complessive 3400 tsl (un sito Internet afferma che nel primo e nell’ultimo
lancio sarebbero stati danneggiati rispettivamente i piroscafi St. Clair II e Sheridan, ma sembra trattarsi di un errore).
Dopo il duplice
siluramento, dai mercantili del convoglio partono razzi di segnalazione e
vengono accesi proiettori, mentre all’orizzonte iniziano a sorgere le prime
luci dell’alba; il Brin inizia dunque
la manovra per disimpegnarsi, allontanandosi alla massima velocità verso est
per sottrarsi alla caccia da parte di tre presunte unità di scorta le cui
sagome, in apparente rapido avvicinamento, sono state avvistate verso sinistra.
In questa fase viene avvistato da ridotta distanza dal piroscafo britannico Sheridan, che però non riesce ad aprire
il fuoco per un guasto del suo cannone. Indi, il Brin comunica a Betasom la posizione del convoglio e l’esito del
proprio attacco, dopo di che s’immerge per ricaricare i tubi e tornare all’attacco
in un secondo momento; ma l’operazione di ricarica dei tubi, a causa di
un’avaria, si protrae per ben otto ore,
venendo conclusa soltanto nel primo pomeriggio. Il risultato è che il Brin perde il contatto col convoglio,
che non riuscirà più a ritrovare.
L’ammiraglio Parona,
comandante di Betasom, apprezzerà lo spirito aggressivo, slancio e sprezzo del
pericolo mostrati dal comandante Longanesi Cattani durante i venti minuti
passati a manovrare tra le colonne del convoglio SL. 76 già in allarme; ma
giudicherà altresì che dopo il siluramento avrebbe dovuto continuare ad
inseguire il convoglio anziché immergersi per ricaricare i tubi di lancio, in
quanto così facendo ha perso un contatto che in quel momento «era suo dovere mantenere ad ogni costo». La perdita del contatto ha infatti impedito a Veniero e Velella, distanti in quel momento sole 20 miglia, di localizzare il
convoglio, oltre a vanificare lo sbarramento di quattro U-Boote pianificato da
Dönitz, che verrà infatti sciolto il 16 giugno per mancanza di informazioni
aggiornate sulla posizione, rotta e velocità del convoglio.
20 giugno 1941
Il Brin conclude la missione rientrando a Bordeaux.
Nel rapporto numero
327, inviato il 4 luglio a Supermarina e Maricosom, l’ammiraglio Parona scriverà
che «Il risultato è soddisfacente, però
si deve osservare: (…) – da parte di
alcune unità (VENIERO il 6 giugno - BRIN il 13 giugno) l'attacco è stato
effettuato troppo tardi nella notte e cioè quando non si verificavano più le
condizioni favorevoli di oscurità per l'attacco; – da parte del BRIN il 13
giugno è stato commesso l'errore di perdere il contatto col convoglio attaccato
verso l'alba, contatto che avrebbe potuto riprendere dopo l'attacco permettendo
così non solo ai sommergibili VELELLA e VENIERO di trovare il convoglio, ma
anche a 5 sommergibili tedeschi che erano stati dislocati 400 miglia a Nord per
concorrere all'attacco». Supermarina, da parte sua, riterrà le critiche di
Parona eccessivamente severe, dando invece maggiore importanza al buon successo
(sei navi affondate – anche se da parte italiana si ritiene erroneamente di
averne affondate dieci –, un marcato progresso rispetto ai risultati ottenuti
in analoghe operazioni precedenti) ottenuto dai sommergibili di Betasom in
questa loro “prima volta” nell’impiego della tattica a branco di lupi contro un
convoglio nemico; già il 22 giugno, ricevuti i primi rapporti, il capo di Stato
Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, ha inviato a Betasom un
telegramma di congratulazioni: «SUPERMARINA
- 83593 - Ultime operazioni dei nostri sommergibili atlantici intelligentemente
concepite et brillantemente attuate hanno dimostrato l'alto grado di
addestramento raggiunto dalle Unità alla Vostra dipendenza nella lotta che esse
combattono per colpire il nemico nei suoi punti vitali (alt) Vogliate esprimere
il mio vivo plauso ai comandanti Agostini - Roselli Lorenzini – Longanesi
Cattani - Petroni - Crepas - Terra - Pollina agli Ufficiali ed Equipaggi dei
sommergibili MOCENIGO - EMO - BRIN - VENIERO - ARGO - VELELLA - MARCONI (alt).
Riccardi (alt) 061522».
Il comportamento di
Parona, una vera e propria “doccia fredda” sull’entusiasmo generato da una
operazione che tutto sommato ha riscosso un certo successo, desta molte
perplessità presso Maricosom (il cui comandante, ammiraglio Mario Falangola, il
17 luglio scriverà a Supermarina che «tutta
l’operazione è stata diretta dal Comando di Betasom che, anche in assenza
dell’Ammiraglio titolare, ha dimostrato di avere una chiara e realistica
visione della situazione (…) e di
sapere bene provvedere in merito. Nel campo tattico l’azione dei sommergibili è
stata condotta con elevato spirito aggressivo, con tenacia e con risolutezza. I
risultati ottenuti si possono, a mio parere, definire ottimi. Pertanto il
giudizio espresso dal Comando Superiore delle Forze Subacquee italiane in
Atlantico appare a questo Comando in capo (…) improntato ad una inesplicabile eccessiva severità. Sembra infatti
(…) che sia stato dato troppo rilievo ad
alcune imperfezioni nell’azione che devono essere permesse e tollerate in
coloro che operano in mare senza poter aver tranquilla e completa conoscenza di
tutti gli elementi che sono noti ad un Comando Superiore che dirige da terra le
operazioni. Alcune osservazioni critiche non hanno, inoltre, trovato conferma
nell’esame accurato dei rapporti dei sommergibili fato da questo Comando in
Capo (…) L’osservazione (…) fatta dal Comando Superiore delle Forze
Subacquee italiane in Atlantico che da parte di tutte le Unità non si sia
verificato un concorde e completo affiatamento, avrebbe almeno dovuto essere
attenuata dalla considerazione che per la prima volta i sommergibili italiani
si trovavano ad operare insieme») e Supermarina (il cui capo di Stato
Maggiore, ammiraglio Riccardi, il 31 luglio scriverà a Parona una lettera che,
pur in toni più concilianti, ribadirà gli stessi concetti esternati da
Falangola, aggiungendo che «Tali
constatazioni rendono ancora più lodevoli i risultati ottenuti e mi inducono a
confermare a tutti i Comandanti e agli Stati Maggiori ed Equipaggi che hanno
partecipato alla nota missione il vivissimo compiacimento che ho già loro esternato
telegraficamente»). È l’inizio di una crisi tra l’ammiraglio Parona ed i
suoi superiori a Roma, che di lì a pochi mesi porterà alla sua sostituzione, al
comando di Betasom, con il contrammiraglio Romolo Polacchini.
Per l’azione contro
il convoglio SL. 76 il comandante Longanesi Cattani verrà decorato con la
Medaglia d’Argento al Valor Militare, con motivazione «Comandante di Sommergibile oceanico, nel corso di una missione di
guerra, attaccava con serenità ed ardimento un convoglio nemico scortato, affondando
tre piroscafi per complessive 20.000 tonnellate di stazza e silurando un'altra
unità. Fatto segno a violenta caccia, riusciva con abile manovra a
disimpegnarsi. (Oceano Atlantico, 7 maggio – 20 giugno 1941)», e con la
Croce di Ferro tedesca di seconda classe, conoscendo in quest’ultima occasione
l’ammiraglio Karl Dönitz.
(Alcune fonti
affermano che l’attacco del Brin
sarebbe stato contro il convoglio SL. 75, di cui avrebbero fatto parte Djurdjura ed Eirini Kyriakides, ma si tratta di un errore).
L’arrivo del Brin a Bordeaux il 20 giugno 1941: al periscopio sventolano le bandierine che indicano le navi affondate durante la missione (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
Un’altra immagine scattata nella stessa occasione: il comandante Longanesi Cattani è il primo a sinistra tra gli ufficiali sull’aletta di plancia (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
L’ammiraglio Parona, in primo piano a sinistra, accoglie il Brin al rientro a Bordeaux il 20 giugno 1941 |
Il capitano di fregata Franz Becker, ufficiale di collegamento tedesco a Betasom, si complimenta con il comandante Longanesi Cattani per i successi conseguiti nel corso della missione. In secondo piano l’ammiraglio Parona (foto tratta da un saggio di Francesco Mattesini pubblicato su www.academia.edu) |
Il comandante Longanesi Cattani (secondo da sinistra) mostra un grafico con i dettagli dell’attacco al convoglio SL. 76 all’ammiraglio Parona (terzo da sinistra) ed al capitano di fregata Becker (primo da sinistra, con gli occhiali). Quarto da sinistra è il tenente di vascello Antonio De Giacomo, comandante del sommergibile Torelli (foto tratta da un saggio di Francesco Mattesini pubblicato su www.academia.edu) |
Un’altra immagine scattata nella medesima occasione, purtroppo di pessima qualità (da www.cultura.trentino.it) |
20 agosto 1941
Sempre al comando del
tenente di vascello Luigi Longanesi Cattani, il Brin lascia Le Verdon (vicino a Bordeaux) per rientrare in
Mediterraneo.
Maricosom (il Comando
della flotta subacquea italiana), infatti, in considerazione della difficile situazione
in quel mare – dove si ritiene che siano necessari più sommergibili per
rimpiazzare le perdite subite nei mesi precedenti –, ha deciso per il rimpatrio
di una parte dei battelli di Betasom, undici su ventisei. Inizialmente (8
giugno 1941) il capo di Stato Maggiore generale, maresciallo Ugo Cavallero, ha
ordinato il rientro in Mediterraneo di tutti i sommergibili, con l’approvazione
di Mussolini; il 14 giugno, tuttavia, l’ammiraglio Karl Dönitz, comandante
delle forze subacquee tedesche in Atlantico, si è opposto perché, dato il
numero ancora ridotto di U-Boote finora in servizio (quelli effettivamente
operativi in Atlantico sono una trentina), il ritiro di tutti i sommergibili di
Betasom comporterebbe quasi il dimezzamento delle forze subacquee dell’Asse in
Atlantico. Si è dunque deciso – dopo lunghe discussioni tra gli ammiragli
Angelo Parona (comandante di Betasom), Arturo Riccardi (capo di Stato Maggiore
della Regia Marina), Erich Raeder (capo di Stato Maggiore della Kriegsmarine)
ed Eberhard Weichold (ufficiale di collegamento della Marina tedesca presso
Supermarina) – per una soluzione di compromesso, facendo tornare in
Mediterraneo una parte dei sommergibili, undici su ventisette (quelli ritenuti
meno idonei alla guerra al traffico in Atlantico), e trattenendo in Atlantico
gli altri, quelli giudicati più adatti, per le loro caratteristiche, alla
guerra oceanica. A rientrare in Mediterraneo sono pertanto Brin, Dandolo, Argo, Velella, Emo, Perla, Otaria, Glauco (che sarà
affondato durante l’attraversamento dello stretto di Gibilterra), Guglielmotti, Mocenigo e Veniero; il Brin era stato designato fin dal 22
maggio, in un documento a firma dell’ammiraglio Falangola, come uno dei
sommergibili destinati al rimpatrio, in considerazione della particolare
struttura della sua torretta, che rende impossibile un ulteriore
ridimensionamento che sarebbe invece necessario per meglio operare in Atlantico.
10 settembre 1941
Arriva a Messina.
(Per altra fonte, probabilmente errata, sarebbe giunto a Napoli, issando al
periscopio quattro bandierine che simboleggiano gli affondamenti, certi e
presunti, ottenuti in Atlantico).
Poco dopo, il
comandante Longanesi Cattani sbarca dal Brin
e ritorna a Bordeaux, dove assume il comando del sommergibile Leonardo Da Vinci; assume al suo posto il comando del Brin il tenente di vascello Luigi Andreotti.
Fine 1941
Nuovi lavori di
modifica: la torretta viene radicalmente ricostruita e ridimensionata,
eliminando il cannone da 100/43 mm su piattaforma girevole ed installando un
più moderno cannone da 100/47 in una più tradizionale posizione in coperta, a
proravia della falsatorre.
Successivamente assegnato
al VII Gruppo Sommergibili, con base a La Maddalena.
Una serie
di immagini del Brin ormeggiato al
Molo Levante di Cagliari, scattate il 18 gennaio 1942. In secondo piano un
posamine classe Fasana (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)
Febbraio 1942
In missione nelle
acque del Nordafrica francese.
6 marzo 1942
Il Brin avvista a sud della Sardegna la
Forza H britannica (corazzata Malaya,
portaerei Eagle ed Argus, incrociatore leggero Hermione, cacciatorpediniere Active, Anthony, Lightning, Laforey, Blankney, Croome, Exmoor, Wishart e Whitehall),
uscita da Gibilterra il 5 marzo al comando del viceammiraglio Neville Syfret
per un lancio di quindici caccia Supermarine Spitfire diretti a Malta, e lancia
il segnale di scoperta.
8 marzo 1942
Il Brin avvista di nuovo, sempre a sud
della Sardegna, la Forza H, che sta rientrando a Gibilterra dopo aver lanciato
gli Spitfire, e lancia di nuovo il segnale di scoperta.
Il Brin a Cagliari poco dopo il rientro in
Mediterraneo, con mimetizzazione standard a macchie piccole (sopra: g.c. STORIA
militare; sotto: da “I sommergibili italiani fra le due guerre mondiali” di
Alessandro Turrini, MariStat/UDAP, 1990, via g.c. Sergio Mariotti e www.betasom.it)
20 aprile 1942
Il Brin viene inviato a sud delle Baleari
insieme ai sommergibili Argo, Velella e Veniero per intercettare la Forza W anglo-americana, costituita dalla
portaerei statunitense Wasp, che ha
attraversato lo stretto di Gibilterra il 18 aprile, scortata dall’incrociatore
da battaglia britannico Renown, dagli
incrociatori antiaerei britannici Cairo
e Charybdis e dai cacciatorpediniere Antelope, Westcott, Wrestler, Vidette, Wishart, Echo, Inglefield, Ithuriel, Partridge
(britannici), Lang e Madison (statunitensi). La Wasp, temporaneamente “prestata” ai
britannici ed inviata nel Mediterraneo, dietro diretta richiesta di Winston
Churchill al presidente statunitense Roosevelt, in un momento in cui la Royal
Navy è a corto di portaerei adatte a questo compito (l’Ark Royal è stata affondata, la Furious
è in riparazione, l’Argus è troppo
piccola per il numero di caccia da trasportare, e le portaerei più moderne
hanno elevatori troppo piccoli per gli Spitfire, caccia terrestri le cui ali
non possono esser ripiegate), ha a bordo 47 caccia Spitfire destinati a Malta
nell’ambito dell’operazione «Calendar»; il 20 aprile li lancia in un punto a
sud della Sardegna. Tutti gli Spitfire, tranne uno, raggiungeranno indenni
Malta; ma nel giro di quattro giorni, 40 su 46 saranno distrutti al suolo dai
bombardamenti dell’Asse.
Il Brin e gli altri sommergibili non
riescono ad intercettare la Forza W, che rientra a Malta tra il 21 (Cairo, Inglefield, Echo, Lang e Madison) ed il 26 aprile (il resto della formazione).
Maggio 1942
In missione a sud
delle Baleari.
4 giugno 1942
In pattugliamento a
nord dell’Algeria, il Brin non
incontra la Forza H britannica, uscita da Gibilterra il 2 giugno per effettuare
l’operazione «Style» (il lancio di 33 caccia Spitfire diretti a Malta da parte
della portaerei Eagle, scortata
dall’incrociatore antiaerei Charybdis
e dai cacciatorpediniere Antelope, Ithuriel, Wishart, Wrestler e Westcott). Il lancio degli aerei avviene
a sud delle Baleari il 3 giugno, ed il 4 la Forza H rientra a Gibilterra; su 33
Spitfire decollati, 27 raggiungeranno Malta.
1° agosto 1942
Il Brin (al comando del tenente di vascello
Luigi Andreotti; direttore di macchina il capitano del Genio Navale Emidio
Ventimiglia) salpa da Cagliari per una missione a sud delle Baleari tra Ibiza,
Maiorca e l’Algeria, in un settore delimitato dai meridiani 1°40' E e 2°40' E,
una trentina di miglia a nordovest di Algeri.
3 agosto 1942
Raggiunge il settore
assegnato, che pattuglierà poi per dieci giorni.
Il Brin dopo gli ultimi lavori di modifica, con il cannone spostato in coperta a proravia della torretta, a sua volta del tutto ricostruita per ridurne le dimensioni (foto tratta da un saggio di Francesco Mattesini, pubblicato su www.academia.edu) |
10 agosto 1942
Riceve l’ordine di
segnalare qualsiasi avvistamento e di attaccare soltanto dopo aver effettuato
tale comunicazione.
Sta per avere inizio
la battaglia di Mezzo Agosto: il più grande scontro aeronavale mai combattuto
nel Mediterraneo, vedrà le forze aeree e navali dell’Asse – bombardieri,
aerosiluranti, sommergibili, motosiluranti, con anche un’effimera puntata
offensiva da parte di due divisioni di incrociatori – contrastare con accanimento
la navigazione di un grande convoglio britannico in navigazione da Gibilterra a
Malta, con un carico di rifornimenti vitale per il prolungamento della
resistenza dell’isola assediata. I sommergibili italiani e tedeschi vi
giocheranno un ruolo di primo piano: il loro compito è duplice, attaccare
direttamente il convoglio e – dato che l’esperienza ha mostrato che troppo
spesso gli aerei da ricognizione vengono intercettati ed abbattuti dai caccia
imbarcati sulle portaerei prima di poter svolgere il loro compito – consentire
ai comandi di disporre di informazioni attendibili in merito a composizione,
rotta e velocità della formazione nemica, dati indispensabili per coordinare
l’azione delle forze aeronavali destinate ad attaccare il convoglio,
specialmente quelle aeree.
Per questo il 10
agosto Supermarina ordina al Brin ed
agli altri sommergibili in agguato nella sua zona (Uarsciek, Giada, Dagabur, Volframio, U 73 e U 331, tutti in agguato a nord
dell’Algeria ed a sud del canale tra Maiorca ed Ibiza) di considerare come
compito primario la ricognizione e la segnalazione delle forze nemiche
avvistate, e soltanto secondario l’attacco. È necessario che il convoglio
britannico sia attaccato da quanti più sommergibili possibile.
La battaglia di Mezzo
Agosto è la conseguenza del nuovo tentativo della Royal Navy di rifornire
Malta, assediata dalle forze aeronavali dell’Asse e stremata dopo mesi di
bombardamenti ed il parziale o totale fallimento delle operazioni di
rifornimento tentate in marzo (convoglio «M.W. 10», culminato nella seconda
battaglia della Sirte) e giugno (operazioni «Harpoon» e «Vigorous», culminate
nella battaglia di Mezzo Giugno). La nuova operazione, denominata «Pedestal»,
prevede un unico grande convoglio che, radunato nel Regno Unito (da dove è partito
il 3 agosto 1942), ha attraversato lo stretto di Gibilterra tra il 9 ed il 10
agosto, per poi dirigere verso Malta.
Il convoglio è
composto dalle navi da carico Almeria
Lykes, Melbourne Star, Brisbane Star, Clan Ferguson, Dorset, Deucalion, Wairangi, Waimarama, Glenorchy, Port Chalmers, Empire Hope, Rochester Castle e Santa Elisa e da una nave grossa
cisterna, la statunitense Ohio;
la scorta diretta (Forza X, contrammiraglio Harold Burrough) conta su quattro
incrociatori leggeri (Nigeria, Kenya, Cairo e Manchester)
e dodici cacciatorpediniere (Ashanti, Intrepid, Icarus, Foresight, Derwent, Fury, Bramham, Bicester, Wilton, Ledbury, Penn e Pathfinder, della 6th Destroyer Flotilla), ed
inoltre nella prima metà del viaggio, fino all’imbocco del Canale di Sicilia,
il convoglio è accompagnato da una poderosa forza pesante (Forza Z,
viceammiraglio Neville Syfret) composta da ben quattro portaerei (Eagle, Furious, Indomitable e Victorious), due corazzate (Rodney e Nelson), tre incrociatori leggeri (Sirius, Phoebe e Charybdis) e dodici cacciatorpediniere (Laforey, Lightning, Lookout, Tartar, Quentin, Somali, Eskimo, Wishart, Zetland, Ithuriel, Antelope e Vantsittart,
della 19th Destroyer Flotilla).
Complessivamente, ben
16 sommergibili italiani e due U-Boote tedeschi concorrono alla formazione di
un poderoso sbarramento di sommergibili nel Mediterraneo occidentale: sette di
essi, tra cui il Brin (gli altri
sono gli italiani Giada, Dagabur, Uarsciek e Volframio ed
i tedeschi U 73 e U 205), sono disposti nelle acque tra
l’Algeria e le Baleari, formando uno sbarramento lungo sessanta miglia tra i
meridiani 01°40’ E e 02°40’ E (cioè a nord di Algeri ed a sud del canale tra
Maiorca ed Ibiza), mentre gli altri undici formano un secondo gruppo molto più
ad est, a nord della Tunisia.
Nei giorni seguenti,
tuttavia, il Brin riuscirà soltanto
ad ottenere modeste rilevazioni agli idrofoni ed un unico, fugace avvistamento
di un cacciatorpediniere, pur avendo tentato più volte di raggiungere le
sorgenti dei rumori captati agli idrofoni.
Secondo una fonte di
dubbia affidabilità, il Brin sarebbe
stato attaccato da un idrovolante britannico Short Sunderland, che sarebbe
riuscito ad abbattere col tiro delle proprie mitragliere; tuttavia il volume
USMM "La guerra nel Mediterraneo: Le azioni navali – Tomo II – Dal 1°
aprile 1941 all’8 settembre 1943" non fa menzione di questo episodio, il
che fa dubitare che sia effettivamente avvenuto.
11 agosto 1942
In serata, trovandosi
in superficie, il Brin avvista da una
distanza di circa due chilometri un cacciatorpediniere che gli dirige incontro
ad alta velocità; si sottrae all’attacco con l’immersione rapida.
12 agosto 1942
Alle 9.23 il Brin viene localizzato al sonar dal
cacciatorpediniere Laforey (che
occupa la posizione "B" nella formazione di «Pedestal»), che lo
attacca con bombe di profondità. Alle 9.35 il Brin viene nuovamente localizzato col sonar da un altro
cacciatorpediniere, il Fury (che si
trova sulla dritta della formazione britannica), che insieme al gemello Foresight lo sottopone a caccia con
lancio di numerose bombe di profondità (secondo una fonte avrebbero partecipato
alla caccia anche altri tre cacciatorpediniere, il Lookout, il Quentin ed il
Lightning). Il Brin riesce ad eludere la caccia scendendo in profondità; alle 9.40
il comandante della 19th Destroyer Flotilla, cui appartengono
le unità britanniche impegnate nella caccia, ordina ai cacciatorpediniere di
riunirsi al convoglio, ritenendo che il sommergibile non rappresenti più una
minaccia.
Secondo fonti
italiane (il citato volume USMM), il Brin
avrebbe subito caccia dalle 9.20 alle 19, con lancio ad intervalli di bombe di
profondità esplose vicine e vicinissime al sommergibile.
Alle 19 il Comando
della Squadra Sommergibili ha diramato l’ordine per Brin, Uarsciek, Dagabur (in realtà già affondato) e Volframio di spostarsi verso ovest,
informandoli al contempo che una parte delle navi britanniche (la forza pesante
di supporto, che doveva accompagnare il convoglio soltanto fino all’imbocco del
Canale di Sicilia, per poi tornare a Gibilterra) ha invertito la rotta.
13 agosto 1942
Il Brin riceve ordine di spostarsi 120
miglia più ad ovest. Di nuovo, rileva rumori agli idrofoni, ma non avvista
nessuna nave.
16 agosto 1942
Riceve l’ordine di
tornare in porto.
17 agosto 1942
Contrordine: deve
spostarsi in un settore del Mediterraneo Centrale subito a nord di Biserta.
La battaglia di Mezzo
Agosto si è ormai conclusa, ma alle 6.50 del 17 è stato avvistato al largo di
Algeri un gruppo di navi britanniche identificate come la vecchia portaerei Furious, un incrociatore e sette
cacciatorpediniere, ed è inoltre giunta notizia che il 16 agosto altre navi
britanniche si apprestavano a lasciare Gibilterra; l’insieme di queste
informazioni ha determinato uno stato di allarme e l’ordine di far prendere il
mare a tutti i sommergibili pronti, e di dirottare verso le acque a nord di
Biserta anche Brin e Volframio, ancora sulla rotta di
rientro.
La Furious e le altre navi del suo
gruppo sono in mare per l’operazione "Baritone", consistente
nell’invio a Malta di 32 caccia Supermarine Spitfire allo scopo di rimpinguare
le decimate squadriglie di base nell’isola. Gli Spitfire, portati a Gibilterra
da un mercantile proveniente dal Regno Unito, vengono lanciati dalla Furious, uscita allo scopo da Gibilterra
il 16 agosto con la scorta degli incrociatori leggeri Aurora e Charybdis,
e dei cacciatorpediniere Antelope, Eskimo, Derwent, Bicester, Keppel, Lookout, Laforey, Lightning, Malcolm, Tartar, Venomous e Wishart (parte della Forza H).
La Furious lancia gli Spitfire
il 17 agosto, a sud delle Baleari; 29 dei 32 caccia riusciranno a raggiungere a
Malta, mentre Furious e
scorta rientreranno a Gibilterra il 18.
18 agosto 1942
Il Brin raggiunge la zona assegnata, ma
riceve di nuovo l’ordine, stavolta definitivo, di tornare alla base: chiarita
la natura dei movimenti avvistati o segnalati delle navi britanniche (appreso
cioè che a Gibilterra, prima di partire, la Furious ha imbarcato 35 caccia Hawker Hurricane – il che
indica con certezza che essa era in mare per rifornire Malta di aerei –, mentre
le navi in partenza da Gibilterra il 16 sono dirette in Atlantico ed in
Inghilterra, non in Mediterraneo), infatti, gli alti comandi hanno fatto
cessare l’allarme e richiamano in porto tutti i sommergibili.
Il Brin arriva a Cagliari la sera stessa.
Ottobre 1942
In missione al largo
delle Baleari.
28 ottobre 1942
In mattinata, viene
messo in allarme e riceve ordine di formare uno sbarramento di sommergibili a
sud delle Baleari, assieme ai sommergibili Topazio, Corallo, Turchese, Axum ed Emo,
per contrastare l’operazione britannica "Baritone", che vede l’uscita
da Gibilterra di parte della Forza H (portaerei Furious, incrociatori antiaerei Aurora e Charybdis,
cacciatorpediniere Laforey, Lookout, Bicester, Eskimo, Venomous e Tartar) per un lancio di aerei (29
caccia Spitfire V) verso Malta; i sommergibili non incontrano, tuttavia,
nessuna delle unità britanniche, che si portano a nord di Algeri per effettuare
il lancio e poi rientrano alla base.
Il Brin con la sua “terza” torretta, detta di tipo “tedesco” (Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
7 novembre 1942
In seguito all’avvistamento
di ingenti forze navali angloamericane in navigazione da Gibilterra verso ovest
(è la flotta d’invasione dell’Operazione "Torch", lo sbarco Alleato
nel Nordafrica francese, ma Supermarina – pur ritenendo che uno sbarco in
Nordafrica sia l’ipotesi più probabile – non esclude anche la possibilità che
sia un convoglio diretto a Malta), il Brin
viene inviato nel Golfo di Philippeville, nelle acque dell’Algeria, insieme a
numerosi altri sommergibili italiani (Aradam,
Acciaio, Argento, Asteria, Dandolo, Emo, Galatea, Mocenigo, Porfido, Platino e Velella). In totale, Maricosom – in base
ad ordine di Supermarina, trasmesso alle 22.06 del 6 novembre – invia ben
ventuno sommergibili nel Mediterraneo occidentale e centro-occidentale, per
contrastare l’operazione nemica: dodici sommergibili del VII Grupsom vengono
schierati ad ovest dell’isola di La Galite (zona "A"), sette
sommergibili dell’VIII Grupsom vengono inviati al largo di Biserta (zona
"B"), ed altri due in posizione avanzata tra l’Algeria e le Baleari.
Queste posizioni si riveleranno troppo lontane dalle effettive zone dello
sbarco (Orano ed Algeri), ma non verranno modificate, perché i comandi tedeschi
ritengono, erroneamente, che gli Alleati potrebbero tentare ulteriori sbarchi
anche in Tunisia (nel qual caso i sommergibili italiani si troverebbero in
posizione ideale).
Alle 15.31 Maricosom
(il Comando Squadra Sommergibili) comunica a tutti i sommergibili in agguato
nel Mediterraneo occidentale la posizione di una squadra navale britannica e di
un convoglio nemico, riferita alle 10.40. Alle 20.07 il Comando Squadra
Sommergibili segnala la posizione di due convogli avvistati in due distinte
occasione, aventi entrambi rotta verso est e formati da mercantili scortati da
corazzate, portaerei, incrociatori e navi scorta.
8 marzo 1942
Gli sbarchi hanno
inizio: 500 navi da trasporto angloamericane, scortate da 350 navi da guerra di
ogni tipo, sbarcano in tutto 107.000 soldati sulle coste dell’Algeria e del
Marocco. Siccome tali operazioni avvengono nelle zone di Algeri e di Orano, i
sommergibili italiani si trovano troppo ad est per intervenire; dato che i
comandi tedeschi ritengono che gli Alleati potrebbero effettuare ulteriori
sbarchi più ad est, verso la Tunisia, inizialmente si decide di lasciare i sommergibili
dove sono.
Lo stesso giorno il Brin, al pari di altri sommergibili (Argo, Acciaio, Mocenigo, Nichelio, Porfido, Argento, Platino, Emo, Asteria, Velella e Dandolo), riceve ordine di spostarsi verso ovest navigando in
superficie, per portarsi a nord di Algeri, in modo da contrastare gli sbarchi
Alleati.
9 novembre 1942
Alle 19.09 il comando
della flotta subacquea italiana, Maricosom, segnala a tutti i battelli in mare
che piroscafi nemici si stanno spostando verso est, e che stanno verificandosi
sbarchi a Bona ed a Philippeville; dà quindi ordine di attaccare ogni nave
mercantile o militare in uscita da tali porti, evitando però (per non rischiare
incidenti di “fuoco amico” con le altre unità inviate in zona) di attaccare
sommergibili, MAS e motosiluranti.
12 novembre 1942
Alle 12.20
Supermarina, avendo ricevuto dalla Seekriegsleitung (il suo omologo tedesco a
Berlino), per tramite del Comando della Kriegsmarine in Italia, la richiesta urgente
di inviare sommergibili nella zona di Bougie, in prossimità della costa e
davanti ai porti, ordina a Brin, Asteria, Bronzo, Platino, Nichelio e Porfido di spostarsi subito per raggiungere la rada di Bougie ed
attaccare navi nemiche che si presume trovarsi alla fonda vicino alla costa.
15 novembre 1942
Durante la notte il Brin (tenente vascello Luigi Andreotti)
penetra nella rada di Bougie ed alle 3.42 lancia tre siluri, da soli 500 metri
di distanza, contro una nave non meglio identificata di piccole dimensioni. I
siluri, regolati per una profondità eccessiva, passano sotto lo scafo del
bersaglio senza esplodere. Il Brin
viene poi sottoposto ad una breve caccia, ma riesce a disimpegnarsi senza
subire alcun danno.
Marzo 1943
In missione nelle
acque dell’Algeria.
Aprile 1943
Inviato in agguato
difensivo al largo di Oristano, formando un dispositivo di difesa insieme ai
sommergibili Platino, Argento e Giada.
Il Brin manovra per entrare in bacino di carenaggio a Napoli, nella prima metà del 1943 (da “I sommergibili in Mediterraneo” di Marcello Bertini, USMM, Roma 1968, via Marcello Risolo) |
Maggio-Giugno 1943
Il 12 maggio, durante
una riunione tenutasi a Roma tra l’ammiraglio d’armata Arturo Riccardi, capo di
Stato Maggiore della Regia Marina, ed il grande ammiraglio Karl Dönitz, suo
omologo tedesco, il Brin viene
indicato da Dönitz, insieme a Dandolo
e Mocenigo, tra i sommergibili per i
quali è proposta la trasformazione in unità da trasporto da impiegare nei
traffici tra la Francia e l’Estremo Oriente.
Già da qualche mese,
infatti, le Marine italiana e tedesca hanno raggiunto un accordo per la
trasformazione dei nove sommergibili superstiti di Betasom in sommergibili da
trasporto, utilizzati per trasportare tecnologia bellica tedesca dall’Europa ai
territori occupati dal Giappone in Estremo Oriente, e poi materie prime
irreperibili in Europa – specialmente gomma naturale – nel viaggio di ritorno
in Europa. In cambio, la Kriegsmarine si è impegnata a cedere alla Regia Marina
un eguale numero di moderni U-Boote tipo VII C, coi quali la Marina italiana
potrà proseguire la propria partecipazione alla battaglia dell’Atlantico.
La recente perdita
dell’Archimede, uno dei sommergibili
destinati alla trasformazione, affondato nel Sud Atlantico durante la sua ultima
missione offensiva, ha ridotto il numero delle unità disponibili per questo
programma da nove ad otto; per questo motivo, durante la riunione Dönitz invita
Riccardi ad «esaminare la possibilità di
impiegare per i trasporti transoceanici anche gli altri grandi sommergibili
italiani» che si trovano nel Mediterraneo, promettendo in cambio di mettere
a disposizione della Marina italiana «altrettanti
sommergibili di medio tonnellaggio di nuova costruzione», che la Regia
Marina potrebbe impiegare, secondo la propria preferenza, in Atlantico od in
Mediterraneo. Dönitz sottolinea quanto tale scambio risulterebbe vantaggioso
per entrambi i Paesi interessati, stante la grande importanza
dell’approvvigionamento della gomma, e giudica Brin, Dandolo e Mocenigo particolarmente adatti
all’impiego come unità da trasporto.
Supermarina si mostra
inizialmente propensa ad accettare la proposta tedesca, che deve però essere
limitata ai soli Brin e Dandolo, in quanto il Mocenigo è stato affondato proprio il
giorno seguente alla riunione. Il 23 maggio viene inviata alla Seekriegsleitung
(l’equivalente tedesco di Supermarina), per tramite dell’ammiraglio Giuseppe
Bertoldi (ufficiale di collegamento della Regia Marina presso il comando della
Kriegsmarine), la risposta positiva di Supermarina, con lettera n. 15741: «Durante la sua recente visita in Italia il
grande ammiraglio Dönitz ha espresso il desiderio che anche i sommergibili BRIN
e DANDOLO (il MOCENIGO è affondato in questi giorni), attualmente in
Mediterraneo, siano adibiti a trasporto con l'E.O.. La Marina germanica
cederebbe alla Marina italiana due sommergibili da armarsi con equipaggi
italiani e che sostituirebbero il BRIN e il DANDOLO. Si ritiene possibile
effettuare la sostituzione dei due sommergibili italiani con due germanici
nuovi e possibilmente del tipo «IX C» ma essendo necessario non ridurre il
numero dei pochi sommergibili operanti in Mediterraneo, l'invio a Betasom del BRIN
e DANDOLO per la loro trasformazione in trasporti dovrebbe essere contemporaneo
all'arrivo in Italia dei due sommergibili germanici. Prendete contatti con le
Autorità germaniche interessate comunicando la loro opinione in merito». La
risposta tedesca, sempre per tramite dell’ammiraglio Bertoldi, arriva dopo
quasi un mese (21 giugno) ed è la seguente: «Il Comandante in Capo della Marina da Guerra germanica accoglie con
soddisfazione la proposta di scambiare i due sommergibili italiani BRIN e DANDOLO
con due sommergibili tedeschi del tipo «VII C», impiegando i primi per il
trasporto della gomma, ed è d'accordo circa le proposte avanzate. Per
risparmiare ai battelli un doppio viaggio attraverso la zona pericolosa del
Golfo di Biscaglia e per non perdere tempo in tale trasferimento, si propone
che i lavori di trasformazione vengano compiuti in Italia e che i battelli
vengano fatti partire direttamente dall'Italia. La situazione militare non
consente attualmente di attraversare lo Stretto di Gibilterra con sommergibili.
L'invio di sommergibili tedeschi in Mediterraneo potrà effettuarsi solo quando le
attuali circostanze siano cambiate. Si prega pertanto di esaminare se non sia
possibile cominciare i lavori di trasformazione prima ancora dell'arrivo dei
sommergibili tedeschi da scambiare, eventualmente di ritorno da una missione,
nel cui caso è sempre necessaria una prolungata sosta in arsenale e i battelli
per questo periodo vengono ad essere sottratti all'impiego». L’ammiraglio
Bertoldi aggiunge inoltre in una nota di essere stato informato verbalmente
che, in conseguenza delle perdite subite in Atlantico dagli U-Boote e delle
difficoltà di attraversamento dello Stretto di Gibilterra, dove la sorveglianza
britannica è sempre più rigida, non è ancora possibile «fissare la data di sostituzione con due unità tedesche dei due
sommergibili BRIN e DANDOLO»; pertanto, date anche le «difficoltà di uscita» dal Mediterraneo, la Marina italiana può
continuare ad utilizzare questi due sommergibili in Mediterraneo finché ne avrà
necessità. Bertoldi, sulla base di queste affermazioni, trae l’impressione che
la Kriegsmarine sia intenzionata a sospendere lo scambio di sommergibili,
essendo prossimi al completamento i primi sommergibili da trasporto tedeschi; e
scrive pertanto a Supermarina: «Se tale
impressione fosse confermata dalla realtà, tutta la questione dello scambio dei
battelli sarebbe da riprendersi in esame per non correre rischio che la
trasformazione del BRIN e DANDOLO possa rimanere senza adeguata contropartita».
Ma quella dell’ammiraglio è una deduzione sbagliata; la Kriegsmarine è
intenzionata a proseguire lo scambio previsto, tanto che uno dei due nuovi
sommergibili da trasferire all’Italia in cambio di Brin e Dandolo, l’U 1162, è già stato selezionato, con
consegna alla Regia Marina prevista per il 15 settembre (l’armistizio,
ovviamente, manderà in fumo tali piani). Il trasferimento degli U-Boote in
Mediterraneo è impedito da un’effettiva grande difficoltà nell’attraversamento
dello stretto di Gibilterra: in maggio, su quattro U-Boote inviati in
Mediterraneo tre sono stati affondati mentre tentavano di superare lo stretto
di Gibilterra. Dönitz torna, anzi, a rinnovare la promessa di cedere alla Regia
Marina un U-Boot di nuova costruzione per ogni sommergibile italiano che sarà
adibito a missioni di trasporto verso l’Estremo Oriente, ribadendo ancora una
volta l’importanza di importare gomma naturale in Germania il prima possibile,
tramite un promemoria inoltrato attraverso il Comando di Betasom: «Il Führer, data la vitale importanza della
questione aveva intenzione, in un primo tempo, di rivolgersi direttamente al
Duce; ha però voluto lasciare all'ammiraglio Dönitz la possibilità di derimere
tale questione direttamente con V.E.. 1°. Per la continuazione della guerra è
assolutamente indispensabile che la Germania e l'Italia possano disporre di
almeno 6.000 tonnellate di gomma da importare dall'EstrEmo Oriente. 2°. La
situazione strategica attuale rende impossibili detti rifornimenti a mezzo di
piroscafi violatori di blocco. 3°. La Germania a tutt'oggi non possiede
sommergibili atti a detti trasporti. La Germania ha già impostato una serie di
sommergibili trasporto per far fronte agli imprescindibili bisogni di gomma.
Tali unità non potranno essere pronte prima dell'autunno 1944. 4°. Sono fino ad
ora adibiti a tali trasporti 6 sommergibili italiani: con essi è possibile
portare in Germania soltanto 1.500 tonnellate annue ammesso che nessun altro
sommergibile adibito a tale compito vada perduto. 5°. Per sopperire
all'assoluto fabbisogno di gomma fino all'entrata in servizio delle unità
trasporto germaniche, il grande ammiraglio Dönitz, dato il comune fine, si
rivolge alla Marina alleata che attualmente potrebbe disporre dei mezzi
necessari adibendo a tale traffico i sommergibili trasporto già pronti. 6°. La
Germania sta cedendo all'Italia 9 sommergibili della classe «VII C» operativi
per sopperire ai fabbisogni della guerra al traffico in Atlantico. È inoltre
disposta a cedere altri sommergibili della stessa classe anche per il
Mediterraneo e della classe «IX C», non adatti alla guerra in Mediterraneo, per
operare in Atlantico. 7°. La Marina germanica è ben sicura che non sfugge alla
cameratesca comprensione della Marina italiana tutta la delicatezza e
l'importanza di quanto ha chiesto e non a titolo di compenso ma a titolo di
leale collaborazione è pronta ad accedere, per quanto le sarà possibile, a
tutte le richieste della Marina italiana».
Il successivo rapido
precipitare della situazione bellica italiana, con l’invasione della Sicilia e
l’intensificazione dell’offensiva angloamericana contro il traffico italiano in
Mar Tirreno, renderà però necessario destinare tutti i sommergibili disponibili
alla difesa delle coste italiane; la prevista trasformazione di Brin e Dandolo ed il loro trasferimento in Atlantico non potrà, pertanto,
avere luogo.
10 giugno 1943
In serata, al largo
di Bougie e di Capo Carbon, il Brin
(tenente di vascello Luigi Andreotti) avvista un grosso convoglio nemico in
posizione 37°10’ N e 05°30’ E; penetrato nella formazione avversaria, avvista
due mercantili – valutati in circa 10.000 tsl di stazza – a distanza non
superiore a 1000 metri, ed alle 22.06 lancia una salva di quattro siluri contro
uno di essi. Dopo un minuto e venti secondi vengono sentite due esplosioni, e
dall’osservazione al periscopio il piroscafo sembra essere colpito da due siluri
– di cui si vedono le alte colonne d’acqua – e sbandare sulla sinistra. Il Brin manovra poi per attaccare il
secondo piroscafo con i tubi prodieri, ed alle 22.12 lancia un’altra salva,
stavolta di tre siluri, contro un altro mercantile, per poi disimpegnarsi
immediatamente in immersione; dopo 60 secondi dal lancio vengono sentite due
forti detonazioni, attribuite all’impatto di due dei siluri lanciati contro il
secondo mercantile. Sul Brin si
ritiene dunque di aver affondato un mercantile e danneggiato un altro; il Brin viene sottoposto ad intensa e
prolungata caccia, ma riesce a sfuggire. Il comandante Andreotti sarà decorato,
per quest’azione, di Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Tuttavia, da parte
britannica non risulta in realtà che nessuna nave sia stata colpita.
10 luglio 1943
In seguito allo
sbarco angloamericano in Sicilia, il Brin
prende il mare diretto verso le zone degli sbarchi, insieme ai sommergibili Argo, Acciaio, Bronzo, Flutto e Velella (in precedenza sono già stati inviati Alagi, Nichelio, Turchese, Diaspro e Nereide). Non
viene però coinvolto in azioni di rilievo.
3 settembre 1943
Alle tre di notte il Brin salpa da Napoli e viene inviato
insieme ad un altro sommergibile, l’Alagi,
in agguato nel Golfo di Salerno nell’ambito del Piano «Zeta», l’impiego della
residua flotta subacquea italiana contro il previsto sbarco Alleato nell’Italia
meridionale.
Maricosom, il Comando
della Squadra Sommergibili, ha preparato il piano «Zeta» fin dal 23 marzo 1943,
aggiornandolo poi a più riprese nel corso dei mesi successivi (e corredandolo
con un altro piano, il «Gamma», che contempla anche l’impiego dei sommergibili
tascabili tipo CB): finalità del piano è appunto di schierare in massa i
sommergibili superstiti a difesa delle coste del Sud Italia più esposte a
sbarchi nemici. Il piano, contenuto in plichi che per maggior segretezza sono
consegnati a mano ai Comandi Gruppi Sommergibili ed ai singoli sommergibili, è
suddiviso in una parte generale, uguale per tutti i sommergibili, ed in una
parte specifica per ogni battello, racchiusa in busta sigillata, consistente in
lucidi da sovrapporre alle carte nautiche, sui quali sono indicate le posizioni
d’agguato da assumere e gli sbarramenti minati esistenti.
Maricosom ha deciso
di attivare il piano «Zeta» in seguito allo sbarco britannico in Calabria
(operazione «Baytown»), verificatosi appunto il 3 settembre. Oltre a Brin ed Alagi nel Golfo di Salerno, altri undici sommergibili vengono
schierati lungo le coste campane, calabre e pugliesi: Marea e Diaspro nel Golfo
di Policastro; Vortice e Luciano Manara lungo la costa ionica
della Sicilia; Ciro Menotti, Zoea, Onice e Luigi Settembrini
tra il Golfo di Squillace e lo Stretto di Messina; ed i tre piccoli CB 8, CB 9 e CB 10 tra Capo
Colonne e Punta Alice.
5 settembre 1943
Resosi conto che
l’operazione «Baytown» è circoscritta alla Calabria, Maricosom fa rientrare in
porto i sommergibili schierati nel Basso Tirreno ed i CB, lasciando in mare
soltanto Zoea, Vortice, Onice e Settembrini. Il Brin, di conseguenza, fa ritorno a Napoli alle 9.25 del 5
settembre.
7 settembre 1943
Alle 14.45 il Brin (tenente di vascello Luigi
Andreotti) lascia nuovamente Napoli e viene inviato in agguato nel Basso
Tirreno, tra il Golfo di Paola ed il Golfo di Gaeta, insieme ad altri otto sommergibili
(Alagi, Diaspro, Velella, Galatea, Platino, Topazio, Nichelio e Marea), nell’ambito del Piano «Zeta». Sono stati infatti avvistate
formazioni navali angloamericane dirette verso le coste dell’Italia meridionale
– la flotta d’invasione che dovrà effettuare lo sbarco a Salerno – e di
conseguenza Maricosom ha deciso di attivare nuovamente il piano «Zeta». Oltre
ai nove sommergibili del Basso Tirreno, altri due (Giada e Turchese) sono
inviati ad ovest della Sardegna, ed altri quattro (Squalo, Jalea, Fratelli Bandiera e Marcantonio Bragadin) in Mar Ionio.
In realtà il generale
Giuseppe Castellano, rappresentante del governo Badoglio, ha già firmato da
quattro giorni, a Cassibile, l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati: ma
l’accordo è stato mantenuto temporaneamente segreto, in attesa del momento
“propizio” per annunciarlo, ed intanto le ostilità proseguono. Lo stesso
schieramento dei sommergibili italiani lungo le coste del Sud Italia è stato
deciso in accordo con gli Alleati, per non destare sospetti nei comandi
tedeschi.
Intorno alle otto di
sera dello stesso 7 settembre, il Brin
è impotente testimone dell’ultimo affondamento di un’unità subacquea italiana
prima dell’annuncio dell’armistizio di Cassibile. Al crepuscolo, infatti, il Brin ed il Velella si trovano a navigare in superficie a circa un miglio di
distanza l’uno dall’altro, circa cinque miglia ad ovest del promontorio di
Punta Licosa (Campania), quando alle 19.53 vengono dapprima rilevati dal sonar
e poi avvistati dal sommergibile britannico Shakespeare
(tenente di vascello Michael Frederic Roberts Ainslie), in pattugliamento al largo
della costa salernitana con il compito di effettuare una ricognizione delle
zone di mare minate e di fungere da radiofaro per la flotta da sbarco
angloamericana che, di lì a due giorni, dovrà effettuare l’operazione
«Avalanche» (lo sbarco a Salerno, appunto).
Lo Shakespeare si viene a trovare proprio
tra i due sommergibili italiani, che hanno rotta stimata 135° (verso sudovest),
parallela alla sua: rispetto al battello britannico, il Brin si trova verso terra (verso est), il che fa sì che la sua
sagoma si confonda con quella della costa per via dell’imbrunire, tanto che ben
presto viene perso di vista; il Velella,
al contrario, è verso il mare aperto (verso ovest), e la sua sagoma si staglia
ben visibile contro le ultime luci del sole che tramonta. È proprio questa
situazione a salvare il Brin e
condannare il Velella: alle 20.03,
infatti, lo Shakespeare lancia sei siluri
contro quest’ultimo, che rappresenta un bersaglio nettamente migliore. Colpito
in pieno, il Velella affonda in pochi
attimi con l’intero equipaggio; dal Brin
viene sentita un’esplosione subacquea proveniente dal punto in cui si è
inabissato l’altro sommergibile. Il sommergibile superstite accelera l’andatura
e si allontana verso sud; giunto alla base, il comandante del Brin riferirà di aver visto il Velella scomparire dopo essere stato
colpito da un siluro lanciato da un sommergibile nemico, in posizione 40°15’ N
e 14°30’ E (18 miglia ad est dell’isolotto di Licosa, a sud di Salerno).
Da parte sua lo Shakespeare, emerso alle 21.14, riferirà
ai suoi comandi che due sommergibili nemici (dopo aver affondato il Velella, infatti, alle 20.15, ha
rilevato al sonar un altro sommergibile in avvicinamento da nord, senza
riuscire ad avvistarlo) sono in navigazione verso sud, verso l’area scelta per
lo sbarco.
A distanza di decenni
il maresciallo motorista Pietro Vivone, all’epoca imbarcato sul Brin, avrebbe così descritto l’ultimo
incontro col Velella e la sua tragica
fine: "Ero quella notte imbarcato
sul Brin ed ero addetto alle macchine. Navigavamo in acque apparentemente
tranquille, vicino ala costa e sulla soglia di casa (Pontecagnano). Noi
ignoravamo di armistizi e di prossimi sbarchi e stando in emersione, ricaricavamo
le batterie dei motori elettrici. Eravamo viarie unità inviate da Napoli a
pattugliare il golfo. Una improvvisa ostruzione ai tubi di alimentazione dei
motori fermò le macchine e dal Velella, comandato dal tenente di vascello Mario
Patanè, venne chiesto “alla voce”, per via del silenzio radio, perché ci
eravamo fermati. Rispondemmo di proseguire perché avremmo ripreso subito la
navigazione. Pochi minuti dopo ci fu l’affondamento senza superstiti".
(Vivone aggiunge anche, in merito alla vita a bordo del Brin: «La vita era
impossibile all’interno del sommergibile, dove ogni cosa era
ricoperta di acqua salsa. Coperte, vestiti, materassi, erano tutti
inzuppati ed è difficile descrivere quale possa essere
il sacrificio dei marinai in un sommergibile in tempo di guerra,
costretti per giorni, a volte per settimane a rimanere rannicchiati e
quasi immobili ai posti di combattimento, in ambienti
illuminati dalla luce artificiale, caldi, umidi e impregnati di
tanti odori sgradevoli. Ma non ho mai sentito un lamento o una
discriminazione [sic]»).
8 settembre 1943
Viene annunciato
l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati. Il Brin
riceve ordine di dirigere per Bona, e fa dunque rotta verso il porto algerino
insieme al sommergibile Galatea
(tenente di vascello Carlo Gladstone Cruciani).
9 settembre 1943
Nel pomeriggio Brin e Galatea incontrano una motocannoniera britannica, che ingiunge ai
due sommergibili di seguirla a Palermo; i due comandanti italiani, tuttavia,
rifiutano l’ingiunzione e proseguono per Bona, come era stato loro ordinato da
Supermarina. La motocannoniera avverte allora un cacciatorpediniere britannico,
l’Eclipse.
10 settembre 1943
Nella notte tra il 9
ed il 10, Brin e Galatea vengono
avvicinati dall’Eclipse, che intima
loro col megafono di fare rotta su Palermo; si scatena allora un’accesa
discussione, con tanto di minaccia di affondamento dei sommergibili da parte
dell’Eclipse, che viene risolta
soltanto quando il comandante del Galatea
si fa trasbordare sull’Eclipse per
mezzo della motocannoniera e lo persuade a lasciare che i due sommergibili
proseguano per Bona.
11 settembre 1943
Brin
e Galatea raggiungono finalmente Bona
nel pomeriggio.
16 settembre 1943
Insieme al Galatea e ad altri quattro sommergibili
(Alagi, Giada, Platino e Marea), il Brin si trasferisce da Bona a Malta sotto la scorta del cacciatorpediniere
britannico Isis, che ha il compito di
evitare che i sommergibili possano essere scambiati per nemici ed attaccati da
navi ed aerei Alleati dal “grilletto facile”.
Giunti a Malta, un
paio di sommergibili si vanno ad affiancare alla portaidrovolanti Giuseppe Miraglia nella baia di San Paolo, gli altri si mettono alla fonda a
Marsa Scirocco.
21 settembre 1943
I sommergibili
italiani a Malta, precedentemente sparpagliati nei vari ormeggi dell’isola,
vengono raggruppati in due gruppi, concentrati l’uno a Marsa Scirocco e l’altro
a San Paolo.
Il Brin viene temporaneamente dislocato
nell’ormeggio di San Paolo, insieme ad altri dieci sommergibili (Alagi, Zoea, Galatea, H 1, H 2, H 4, Jalea, Menotti, Onice e Squalo), alle “dipendenze” della nave
appoggio idrovolanti Giuseppe Miraglia.
13 ottobre 1943
In seguito alla
dichiarazione di guerra dell’Italia alla Germania, il Brin ed altri sette sommergibili (Bandiera, Jalea, Settembrini, Squalo, H 1, H 2, H
4) lasciano Malta e rientrano a Taranto (contemporaneamente, lasciano Malta
anche i sommergibili Alagi, Atropo, Bragadin, Settembrini e Corridoni, diretti in altre basi).
Qui il Brin viene sottoposto ad un periodo di
lavori.
7 aprile 1944
Il marinaio
cannoniere Mario Gay, 23 anni, da Torino, muore a bordo del Brin nel Mediterraneo centrale.
Si tratta dell’unico
caduto tra l’equipaggio del Brin nel
corso dell’intero conflitto.
Primavera 1944
In vista anche di una
possibile partecipazione dell’Italia alla guerra contro il Giappone (che però
di fatto non si materializzerà), viene deciso di trasferire alcuni sommergibili
italiani a Ceylon, dove dopo l’armistizio – essendovi giunta la nave coloniale Eritrea, proveniente dallo stretto di
Malacca, sottraendosi alla cattura da parte giapponese – è stato creato un
Comando Superiore Navale italiano in Oceano Indiano. Primi sommergibili a
partire per l’Oceano Indiano sono il Giada
ed il Filippo Corridoni; poi viene
scelto anche il Brin.
15 aprile 1944
Il Brin (tenente di vascello Carlo
Imperiali) salpa da Taranto diretto in Oceano Indiano.
18 aprile 1944
Dopo aver fatto scalo
ad Augusta, Malta e Porto Said, aver attraversato il Canale di Suez ed aver
fatto scalo a Suez, il Brin raggiunge
Massaua, nell’Eritrea ormai da tre anni sotto controllo britannico. Qui sosta
per un mese.
16 maggio 1944
Lascia Massaua
diretto a Colombo.
29 maggio 1944
Dopo aver
attraversato l’Oceano Indiano, raggiunge Colombo, dove insieme a Giada e Corridoni va a formare il Gruppo Sommergibili Oceano Indiano
(capitano di corvetta Attilio Petroni).
Maggio 1944-Agosto 1945
Dislocato a Colombo, il
Brin viene adibito all’addestramento
delle unità antisommergibili britanniche in Oceano Indiano, partecipando a 91
esercitazioni con aerei della RAF e corvette della Royal Navy. Quando il
battello è in porto l’equipaggio, insieme a quelli di Giada e Corridoni, viene
alloggiato sulla nave caserma olandese Plancius,
alle dipendenze dell’ammiraglio Daniel De Pass (il Plancius, un piroscafo passeggeri, aveva raggiunto l’India nel 1942
fuggendo da Singapore carico di civili subito prima della sua occupazione da
parte giapponese, ed è stato poi utilizzato a Ceylon come sede del Comando
delle forze navali olandesi in Estremo Oriente).
25 agosto 1945
Giunta al termine la
campagna del Pacifico in seguito alla resa del Giappone, il Brin lascia Colombo per rientrare in
Italia; la partenza del Brin decreta
lo scioglimento del Gruppo Sommergibili Oceano Indiano, ridotto ormai al solo Giada che rimpatrierà in settembre (il Corridoni è già tornato in Italia nel
maggio 1945).
22 settembre 1945
Arriva a Taranto.
Sommergibili in disarmo a Taranto nel 1946: da sinistra a destra Dandolo, Brin, Onice e Marea (g.c. STORIA militare) |
1° febbraio 1948
Radiato in
ottemperanza alle disposizioni del trattato di pace.
Successivamente alla
radiazione, mentre il Brin si trova
in disarmo a Taranto in attesa della demolizione, un pescatore del posto,
salito clandestinamente a bordo per recuperare metalli pregiati da rivendere,
apre inavvertitamente alcune valvole e provoca così l’affondamento del
sommergibile nelle acque del porto di Taranto. Il pescatore riceverà una pena
piuttosto lieve.
1949
Recuperato e demolito.
Il Brin in disarmo a Taranto, in una malinconica immagine datata 23 agosto 1947 (foto Aldo Fraccaroli, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
A titolo, più che
altro, di curiosità, si menziona a margine di questa pagina che il Brin figura in una serie di francobolli
emessi dal Ghana nel 1998, e dedicati a navi da guerra di tutto il mondo.
Sommergibile BRIN
RispondiEliminaComplimenti per il corredo fotografico. Segnalo tuttavia che la foto 34 di 55 con la didascalia "Il Brin in navigazione in Atlantico, in una foto scattata probabilmente all’inizio dell’estate 1941 (g.c. STORIA militare)" è relativa all' ARCHIMEDE. L'ARCHIMEDE era l'unico battello della classe BRIN, tra quelli operanti in atlantico ad essere dotato di timoni di profondità di forma pentagonale. Nelle inquadrature di profilo si notano le estremità "aguzze" che sporgono dal profilo del ponte. BRIN e GUGLIELMOTTI (quello con la mimetizzazione a zebra) erano dotati di timoni di forma grosso modo rettangolare. Del TORRICELLI e del GALVANI si conoscono solo foto nella configurazione originale che potrebbero essere riferite in realtà agli altri battelli della classe. Nel caso del GALVANI esiste una foto di un battello (identificato come GALVANI) della classe BRIN visto da poppa, fotografato da un altro battello che lo segue nel Mar Rosso, in cui si notano timoni di profondità di forma pentagonale. Potrebbe essere una identificazione sbagliata ed in tal caso si tratterebbe ancora dell'ARCHIMEDE.
I due battelli della classe LIUZZI ,operanti in Atlantico, BAGNOLINI e GIULIANI ,sono esteticamente molto simili nelle forme ai BRIN, dopo lo spostamento del cannone proravia della torretta, nelle foto conosciute risultano dotati di timoni di profondità di forma grosso modo rettangolare simile a quella del BRIN.
ULTIMA OSSERVAZIONE: la foto del BRIN con la prua sfondata ,assai conosciuta è sbalorditiva: non mi è chiaro cosa esattamente sia successo: anni fa a commento della foto si affermava che si trattasse di un colpo di mare. IL ponte sulla prua è intatto: come fa una bomba (od una cannonata?) a penetrare di lato ,esplodere e sfondare l'altro lato della prua, senza danneggiare il tetto ??
Cordiali saluti
ZIDDA GIUSEPPE
La ringrazio, provvederò a correggere nei prossimi giorni.
EliminaRiguardo il danneggiamento della prua, presumo che la bomba potrebbe essere penetrata di lato, rimanendo inesplosa, venendo successivamente asportata da un colpo di mare. Purtroppo non conosco i dettagli di questo episodio...