Il Laura Lauro in manovra a Capetown (John H. Marsh Maritime Research Centre – Capetown, via g.c. Mauro Millefiorini e www.naviearmatori.net) |
Piroscafo da carico
di 5787 tsl, 3610 tsn e 8650 tpl, lungo 128,40 metri, largo 16,98 e pescante
7,63, con velocità di 11,5 nodi. Appartenente all’armatore Achille Lauro di
Napoli, iscritto con matricola 378 al Compartimento Marittimo di Napoli, nominativo
di chiamata IBFS.
Breve e parziale cronologia.
1912
Impostato nei
cantieri Aktien Gesellschaft Weser di Brema (Germania) come tedesco Kandelfels (numero di costruzione 185).
27 aprile 1912
Varato nei cantieri
A. G. Weser di Brema.
10 luglio 1912
Completato come Kandelfels per la compagnia Deutsche
Dampfschifffahrts Gesellschaft Hansa (DDG Hansa), con sede a Brema, che è anche
il porto di registrazione del piroscafo.
Ha sette gemelli: Ockenfels, Freienfels, Birkenfels, Sturmfels, Huberfels, Lauterfels e Spitzfels. Stazza lorda e netta e portata lorda risultano
essere rispettivamente 5739 (o 5793) tsl, 3605 (o 3663) tsn e 8668 tpl.
Nominativo di chiamata KDFS. Impiegato sulla linea con l’Asia Orientale.
Il Kandelfels (da www.ddghansa-shipsphotos.de) |
4 agosto 1914
L’invasione tedesca
del Belgio, all’inizio della prima guerra mondiale, sorprende il Kandelfels (di ritorno dall’Asia) ad
Anversa, proprio in Belgio. Il piroscafo viene immediatamente confiscato dalle
autorità belghe; tuttavia le autorità dei Paesi Bassi, neutrali, negano al
piroscafo, che batte ora bandiera belga, il permesso di uscire dalla Schelda.
Ottobre 1914
A seguito della
conquista di Anversa da parte delle truppe tedesche (10 ottobre 1914), il Kandelfels ritorna in mano tedesca.
Stante la supremazia britannica in mare ed il conseguente blocco navale,
tuttavia, il piroscafo rimane ugualmente bloccato ad Anversa per il resto della
guerra: ora che la nave batte di nuovo bandiera tedesca, le autorità olandesi
negano nuovamente il permesso di uscita dalla Schelda.
2 novembre 1918
Subito prima che le
forze dell’Intesa riconquistino Anversa, negli ultimi giorni della prima guerra
mondiale, il Kandelfels lascia il
porto belga e, dopo uno scalo intermedio a Dordrecht, si rifugia a Rotterdam,
nei neutrali Paesi Bassi.
(Per altra fonte, la
nave sarebbe stata nuovamente catturata dalle truppe belghe nell’ottobre 1918,
con la liberazione di Anversa).
16 gennaio 1919
A seguito della
sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, il Kandelfels viene assegnato al Regno Unito in conto riparazione
danni di guerra e viene consegnato allo Shipping Controller di Londra,
organismo governativo britannico creato durante la guerra per la gestione del
naviglio mercantile.
16 maggio (o 11 giugno) 1919
Passato sotto
bandiera britannica e registrato a Belfast, pur senza cambiare nome, il Kandelfels (restando di proprietà dello
Shipping Controlle) viene dato in gestione alla compagnia britannica Watts,
Watts & Co. Ltd. di Belfast, per la quale naviga per meno di un anno.
Gennaio 1920
Venduto alla David
Steamship Co. Ltd. di Londra e ribattezzato Kirkstall
Abbey; porto di registrazione Londra.
1922
Acquistato dalla
compagnia olandese N. V. Veerenigde Nederlandsche Scheepsvaartmaatschapij (VNS),
con sede a L’Aia; trasferito sotto bandiera olandese e registrato a L’Aia,
viene ribattezzato Koudekerk. Dato in
gestione alla Directie en Agentuur Maatschappij Holland Britisch Indie Lijn N.
V. Stazza lorda e netta 5792 tsl e 3650 tsn; nominativo di chiamata PHSB.
La nave sotto il nome di Koudekerk (g.c. Arie van der Eijk – www.vns-voe.nl) |
Maggio 1931
Acquistato dall’armatore
napoletano Achille Lauro, che lo ribattezza Laura
Lauro, dal nome della sua unica figlia femmina. Pochi anni prima, Achille
Lauro ha già acquistato uno dei suoi vecchi gemelli: il Freienfels, ora diventato Felce
(che avrà, nel successivo conflitto, una sorte simile a quella del Laura Lauro, ma con un epilogo più
drammatico).
Il piroscafo sotto bandiera italiana (Badische Zeitung) |
10 novembre 1932
Giovanni Russo, un
clandestino imbarcatosi di nascosto sul Laura
Lauro, annega dopo essersi gettato in mare nel tentativo di raggiungere la
riva durante una sosta del piroscafo nel porto di Norflk (Virginia, Stati
Uniti).
1935-1936
Compie vari viaggi in
Africa Orientale per conto del governo, durante la Guerra d’Etiopia.
Fine anni Trenta
Compie noli “tramp”
fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Il Laura Lauro (da www.ddghansa-shipsphotos.de) |
Brasile
Al pari di una grossa
fetta della flotta Lauro e dell’intera Marina Mercantile italiana, il Laura Lauro, al momento della
dichiarazione di guerra con la quale l’Italia scendeva in campo nel secondo
conflitto mondiale (10 giugno 1940), non si trovava in Mediterraneo: il
piroscafo, al comando del capitano di lungo corso Angelo Carmineick, era in
quel momento in navigazione nell’Atlantico, al largo del Brasile. Preclusa ogni
possibilità di rientrare in Italia, alla nave non rimase che dirigere verso il
più vicino porto neutrale per farvisi internare, prima di poter essere trovata
da navi da guerra britanniche o francesi. Il 23 giugno 1940, pertanto, il Laura Lauro entrò nel porto di
Fortaleza, nello stato del Ceará, in Brasile (la maggior parte delle fonti non
menzionano esplicitamente Fortaleza, ma riferiscono genericamente che la nave
si rifugiò "a Cearà", che però è appunto uno Stato del Brasile, e non
un porto; "Navi mercantili perdute" afferma che la nave "si
rifugiò a Cearà (presso Capo San Rocco in Brasile)").
Qui si ormeggiò
accanto ad altri due bastimenti italiani, il piroscafo da carico Aequitas e la pirocisterna Frisco, che l’avevano preceduto
rispettivamente il 15 ed il 20 giugno.
Internato nel porto
brasiliano, il Laura Lauro vi
trascorse fermo per i successivi diciotto mesi. Non era solo: complessivamente,
erano ben diciotto le navi italiane internate nei diversi porti del Paese
sudamericano (14 navi da carico, tra cui il Laura
Lauro, nonché due navi cisterna ed il transatlantico Conte Grande).
Il 6 settembre 1940
un rapporto settimanale d’intelligence (Weekly Intelligence Report) redatto
dalla Naval Intelligence Division dell’Ammiragliato britannico menzionava tra
l’altro che «secondo quanto riferito, Frisco,
Aequitas e Laura Lauro, tutti a Ceará, Brasile, sarebbero stati posti sotto
guardia brasiliana, e l’Aequitas
avrebbe subito la rimozione di parte del proprio apparato motore».
In questo periodo lo
Stato Maggiore della Marina italiana, servendosi dell’addetto navale in Brasile
(capitano di fregata Torriani) e del suo vice (tenente di vascello Di Vicino),
contattò tutti i comandanti dei 18 bastimenti italiani internati in Brasile per
appurare quali di essi si trovassero in condizioni idonee per tentare di
attraversare l’Atlantico: lo scopo era di far loro violare il blocco navale
britannico (diverse navi da guerra britanniche incrociavano al largo delle
coste brasiliane per intercettare eventuali mercantili dell’Asse che avessero
tentato di fuggire) e raggiungere la costa atlantica della Francia, occupata
dalle forze tedesche. Soltanto sette navi, tuttavia (cinque piroscafi, una
motonave e due navi cisterna, tra cui la Frisco),
furono ritenute in condizioni adatte a tentare la sorte (cinque riuscirono poi
nel tentativo, mentre una sesta fu affondata ed una settima catturata); non era
tra di esse il Laura Lauro, che
rimase così a Fortaleza.
Sulle navi italiane
rimaste in Brasile si abbatté però, il 7 dicembre 1941, la notizia dell’attacco
giapponese a Pearl Harbour e dell’entrata in guerra degli Stati Uniti, cui
dichiararono subito guerra anche l’Italia e la Germania. Questi avvenimenti
ebbero immediate conseguenze anche in tutta l’America centrale e meridionale: i
Paesi sudamericani dipendevano quasi interamente dal naviglio mercantile dei
Paesi europei per i traffici in tempo di pace, e lo stato di guerra aveva
enormemente ridotto gli approdi di navi straniere nei porti sudamericani,
mettendo a repentaglio il commercio internazionale dell’America Latina. Di
conseguenza, molti Paesi del Sud America – privi di una cantieristica in grado
di costruire navi di caratteristiche idonee ed in numero adeguato, ed
impossibilitati a comprare da altri Paesi quelle già esistenti a prezzi
ragionevoli, sempre a causa della guerra – approfittarono del peggioramento delle
relazioni diplomatiche con i Paesi dell’Asse, ora in guerra anche con gli Stati
Uniti, e sfruttando una particolare interpretazione del “diritto d’angheria”
(già usata, in precedenza, proprio dagli Stati Uniti), sequestrarono il
naviglio mercantile dell’Asse (e di Paesi controllati dall’Asse, in primis la
Danimarca) presente nei loro porti per utilizzarlo per le proprie necessità per
la durata della guerra.
L’8 dicembre 1941 le
autorità brasiliane confiscarono tutte le navi italiane presenti nei loro porti,
compreso il Laura Lauro (unica nave
italiana rimasta a Fortaleza, dopo che la Frisco
era partita per la Francia e l’Aequitas
si era trasferito a Rio de Janeiro fin dal dicembre 1940).
Le esatte circostanze
del passaggio in mani brasiliane del Laura
Lauro e delle altre navi italiane appaiono, in realtà, più complicate. Il
libro "Navi mercantili perdute" dell’Ufficio Storico della Marina
Militare parla di "cattura", e la maggior parte dei siti che
riportano la cronistoria della "carriera" del Laura Lauro (www.ddghansa-shipsphotos.de,
www.marhisdata.nl) parlano anch’essi di
"confisca"; tuttavia, giornali brasiliani del periodo (9 dicembre
1941) parlano invece di un accordo stretto tra il ministro degli esteri
brasiliano, Osvaldo Aranha, e l’ambasciatore italiano, Ugo Sola, col quale il
governo italiano accettava volontariamente di cedere al governo brasiliano otto
navi italiane che si trovavano nei porti del Brasile, per provvedere alle
necessità del traffico marittimo del Paese sudamericano. L’accordo prevedeva
che le navi sarebbero state restituite all’Italia nel giro di qualche mese dopo
la fine della guerra; la transazione, nella quale erano stati definiti con
precisione tutti i dettagli riguardanti il cambio di bandiera, l’impiego
commerciale e la restituzione delle navi, era stata condotta «in uno spirito
estremamente amichevole» . Avevano presenziato all’incontro i membri della
Commissione della Marina Mercantile brasiliana, Rodolfo Próis da Fonseca
(presidente), Alberto de Andrade Queiroz, Antonio Ferraz e mandante Mario da
Silva Celestino (quest’ultimo del Lloyd Brasileiro). Inoltre, un decreto del
presidente del Brasile Getúlio Vargas, datato 16 dicembre 1941, autorizzava,
«per i poteri conferiti dall’art. 180 della Costituzione», il Banco do Brasil «a
fornire garanzia di pagamento per l’operazione di acquisto da parte del Lloyd
Brasileiro» del Laura Lauro e di
altri sette bastimenti italiani, «sotto i termini del contratto firmato tra il
Governo del Brasile e l’Ambasciata d’Italia».
Ciò sembra rafforzare
l’idea che il trasferimento delle navi italiane al Brasile possa essere
inizialmente essere avvenuto in seguito ad accordo consensuale tra i due Paesi,
accordo che probabilmente venne meno in seguito all’entrata in guerra del
Brasile. Questo Paese, infatti, aveva firmato nel 1941 un accordo con gli Stati
Uniti ed altri Paesi americani che prevedeva che, se uno dei firmatari fosse
stato attaccato da una potenza straniera, tutti gli altri si sarebbero
allineati ad esso. Nello stesso periodo, il Brasile concesse agli Stati Uniti
l’utilizzo di basi lungo le proprie coste settentrionali per il pattugliamento
dell’Atlantico, e nel gennaio del 1942 fu uno dei primi Paesi sudamericani a
rompere le relazioni diplomatiche con i Paesi dell’Asse, esortando le altre
nazioni latinoamericane a fare altrettanto. Un crescente numero di bastimenti
brasiliani, nei mesi successivi, rimasero vittime dei sommergibili italiani e
tedeschi, causando sempre maggiore indignazione nell’opinione pubblica del
Brasile, finché il 22 agosto 1942 il Governo brasiliano abbandonò
definitivamente la propria neutralità e dichiarò guerra ai Paesi dell’Asse.
Nello stesso dicembre
1941 il Laura Lauro, ora di proprietà
del Governo brasiliano (e trasferitosi a Recife), venne dato in gestione al
Lloyd Brasileiro Patrimonio Nacional (con sede a Rio de Janeiro), registrato a
Rio de Janeiro e ribattezzato Cearaloide
(tutte le navi italiane sequestrate dal Governo brasiliano ricevettero un nome
che terminava in "loide", presumibilmente perché il Lloyd Brasileiro
era chiamato anche "Loide Brasileiro").
All’inizio del
gennaio 1942 i 43 uomini che componevano l’equipaggio italiano del Laura Lauro, compreso il comandante
Carmineick, vennero sbarcati, mentre giungeva a bordo del piroscafo Comandante Ripper il nuovo comandante
brasiliano che doveva assumere il comando della nave e portarla a Rio de
Janeiro. I marittimi italiani del Laura
Lauro vennero successivamente imbarcati sul piroscafo brasiliano Comandante Alcidio, che il 23 gennaio
1942 li sbarcò a Santos: qui i marittimi avrebbero dovuto essere alloggiati sul
transatlantico Conte Grande, che si
trovava ivi internato fin dallo scoppio della guerra. Dato però che anche
questa nave era stata frattanto ceduta al governo brasiliano, l’equipaggio del Laura Lauro venne fatto proseguire verso
la capitale dello Stato brasiliano.
Non sono state
trovate informazioni certe sulla sorte successiva dell’equipaggio del Laura Lauro, ma sembra probabile che
esso sia stato internato dalle autorità brasiliane dopo la dichiarazione di
guerra del Brasile ad Italia e Germania (22 agosto 1942). Il marinaio del Laura Lauro Carlo De Simone, di
Portoferraio, morì in prigionia il 26 dicembre 1942.
Il 30 settembre 1942
il Cearaloide, insieme ad altre
dodici navi mercantili brasiliane (tutte navi ex italiane, tedesche o danesi),
venne noleggiato dal Governo del Brasile a quello degli Stati Uniti. L’accordo
stipulato tra i due governi prevedeva un contratto di «bareboat charter»
(noleggio a scafo nudo, cioè noleggio della sola nave senza equipaggio,
carburante, provviste od altro) e limitava l’impiego delle navi alle rotte tra
i porti del Brasile e quelli degli Stati Uniti.
Il Cearaloide venne così affidato alla War
Shipping Administration: dotato di un armamento difensivo, imbarcò personale
militare statunitense (ma continuò ad avere un equipaggio civile brasiliano) e
navigò per conto degli Stati Uniti per quasi due anni, mantenendo però bandiera
brasiliana.
Il 5 aprile 1943 il Cearaloide raggiunse Trinidad con il
convoglio BT. 8 (Bahia-Trinidad), ripartendone nove giorni dopo insieme al
convoglio TAG. 54, con il quale giunse a Guantanamo il 19 aprile. Lo stesso
giorno ripartì da Guantanamo con il convoglio GN. 54 e diresse per New York,
dove arrivò il 26 aprile 1943, per poi tornare a sud e partire da Key West l’8
giugno 1943 col convoglio KG. 638, raggiungendo Guantanamo il 12 giugno. Il
giorno seguente il Cearaloide salpò
da Guantanamo con il convoglio GAT. 68 e fece rotta per Trinidad, dove giunse
il 19, ripartendone poi il 22 diretto a Bahia con il convoglio TB. 18. Il 20
agosto 1943 il piroscafo lasciò Rio de Janeiro con il convoglio JT. 5 e
raggiunse Trinidad il 5 settembre, ripartendone l’indomani col convoglio TAG.
83 per Guantanamo, dove arrivò l’11 settembre, e proseguendo subito verso New
York (convoglio GN. 83), giungendovi il 18. Il 15 ottobre 1943 il Cearaloide salpò nuovamente da New York
con il convoglio NG. 392 e fece ritorno a Guantanamo il 21 ottobre, per poi
proseguire immediatamente verso Trinidad col convoglio GAT. 94, arrivandovi il
27. Lasciata Trinidad il 2 novembre 1943 (convoglio TJ. 13), arrivò a Rio de
Janeiro il 21 di quel mese, per poi ripartirne il 18 dicembre col convoglio JT.
17.
Il 3 febbraio 1944 il
Cearaloide arrivò a Recife con il
convoglio TJ. 21, e nove giorni più tardi ne ripartì per Rio de Janeiro con il
convoglio TJ. 22, arrivando a Rio il 19 febbraio. Recatosi successivamente a
Trinidad, tornò a Rio il 31 marzo con il convoglio TJ. 26. Il 6 aprile salpò da
Rio diretto a Trinidad, dove arrivò il 21 aprile con il convoglio JT. 28.
Nel maggio del 1944,
quando ormai la battaglia dell’Atlantico poteva dirsi vinta dagli Alleati e le
perdite causate dagli U-Boote erano divenute pressoché irrilevanti, il governo
statunitense giunse alla conclusione che le navi brasiliane non erano più così
necessarie. Dato che il Brasile ne avrebbe tratto notevole beneficio per i
propri traffici costieri, per i quali vi era una certa scarsità di naviglio,
gli Stati Uniti decisero di procedere alla restituzione di cinque dei piroscafi
al Lloyd Brasileiro per l’impiego di cabotaggio tra i porti brasiliani,
nonostante non fosse ancora scaduto il contratto di noleggio, quale atto di
buona volontà e dimostrazione di amicizia “panamericana”. Tra i cinque
mercantili in questione era anche il Cearaloide,
che fece così ritorno in Brasile.
Il 12 giugno 1944 il Cearaloide salpò da Recife diretto a Rio
de Janeiro con il convoglio TJ. 26, mentre il 15 agosto lasciò Rio con il
convoglio JT. 41 (che formava insieme ad altri 15 mercantili – tra cui anche il
Comandante Ripper, che molto tempo
prima aveva trasportato a Fortaleza il primo comandante brasiliano del Cearaloide – e con la scorta della
corvetta brasiliana Cananeia) diretto
a Trinidad, dove arrivò il 30 agosto. Il 2 settembre lasciò Curacao insieme al
convoglio TAG. 155 e raggiunse Guantanamo dopo tre giorni, proseguendo subito
verso New York con il convoglio GN. 155 ed arrivandovi il 12 settembre. Tornato
a Guantanamo, ne ripartì il 10 ottobre con il convoglio GAT. 165 facendo rotta
per Trinidad, dove arrivò il 16, per poi ripartire il giorno successivo per Victoria,
in Brasile (convoglio TJ. 48) ed arrivarvi l’8 novembre. Il 17 dicembre 1944
partì da Rio insieme al convoglio JT. 54, arrivando a Recife il 28 dicembre
1944, mentre il 13 gennaio 1945 lasciò Trinidad per Guantanamo col convoglio
TAG. 182, arrivandovi il 18 gennaio.
Lo stesso 18 gennaio il
Cearaloide ripartì da Guantanamo con
il convoglio GK. 856, arrivando a Key West tre giorni dopo, e proseguendo
subito insieme al convoglio KH. 627, col quale giunse a Pilottown il 23
gennaio. Il 19 febbraio 1945 il piroscafo lasciò il South West Passage col
convoglio HK. 341, arrivando a Key West il 22 febbraio, e proseguendo quello
stesso giorno per Guantanamo (convoglio KG. 763). Giunto a Guantanamo il 25
febbraio, ne ripartì tre giorni dopo col convoglio GAT. 193 e raggiunse
Trinidad l’8 marzo 1945.
Il servizio del Cearaloide sotto bandiera brasiliana fu
relativamente privo di avvenimenti di rilievo, anche se si verificò qualche
piccolo episodio che può essere interessante riferire.
Nell’agosto 1945 le
autorità statunitensi trovarono negli alloggi dell’equipaggio del Cearaloide, proveniente dal Brasile ed
arrivato a New Orleans), 139 “canne” ed un pacchetto di marijuana, che vennero prontamente
confiscati.
In un viaggio
compiuto a fine 1945 il piroscafo trasportò, insieme a merci varie, anche una
sessantina di zebù dal Brasile a Veracruz, in Messico. L’inusuale carico, oltre
a costringere l’equipaggio del Cearaloide
a lavare quotidianamente il ponte ed a diffondere ovunque un fastidioso odore
di stalla, attirava enormi sciami di mosche; l’aspetto positivo era però
rappresentato dal latte fresco munto ogni giorno dai mandriani che
accompagnavano le vacche. Alcuni dei marinai brasiliani apprezzavano anche
l’atmosfera da fattoria che si era creata a bordo, con i muggiti delle vacche
che riecheggiavano per la nave. All’arrivo a Veracruz, tuttavia, il Cearaloide ricevette dalle autorità
locali l’ordine di fermarsi nell’avamporto: le autorità statunitensi avevano
infatti protestato presso quelle messicane perché il Messico importava bestiame
da Paesi in cui era endemica l’afta epizootica, ed avevano firmato un accordo
per impedire che ciò continuasse ad avvenire. In conseguenza dell’accordo, il Cearaloide si venne a ritrovare bloccato
a Veracruz per più di un mese, perché non poteva né lasciare il porto, né
sbarcare il bestiame; nemmeno l’equipaggio poteva scendere a terra, a meno di
sottoporsi alla disinfestazione. Alla fine venne deciso che il bestiame sarebbe
stato sbarcato e messo in quarantena nella vicina Ilha de Sacrifícios.
Terminata la guerra,
il Cearaloide continuò ad essere
impiegato ancora per qualche anno dal Lloyd Brasileiro, collegando tra di loro
i porti del Brasile (tra gli altri, Salvador, Maceio, Recife, Cabedelo, Areia
Branca e Fortaleza); soltanto nel 1949, quattro anni dopo la fine della guerra,
il bastimento venne restituito all’Italia.
L’8 ottobre 1949,
infatti, «allo scopo di definire e risolvere in uno spirito di amicizia e di
mutua comprensione tutte le questioni pendenti tra l’Italia ed il Brasile in
conseguenza della guerra e delle disposizioni del Trattato di Pace del 10
febbraio 1947», i governi di Italia e Brasile, per mezzo dei loro
plenipotenziari (l’ambasciatore italiano a Rio, Mario Augusto Martini, per
l’Italia; il Ministro per gli Affari Esteri del Brasile, Raul Fernandes, per il
Brasile) stipularono un accordo che prevedeva, tra le altre cose, anche la
restituzione agli armatori italiani delle navi confiscate dal Brasile nel 1941,
con l’eccezione di due che venivano invece acquistate dal Governo brasiliano
(e, naturalmente, di quelle che erano affondate in guerra).
Tra le navi per le
quali l’accordo prevedeva la restituzione vi era anche il Laura Lauro, il cui valore era stimato in 5.695.400 cruzeiros.
Riassunto il suo nome italiano per il viaggio di ritorno dal Brasile
all’Italia, il piroscafo venne così restituito ad Achille Lauro.
Questi, tuttavia,
aveva nel frattempo già iniziato la ricostruzione della propria flotta da
carico con navi tipo Liberty e Fort, costruite in massa durante la guerra dai
cantieri nordamericani ed ora disponibili a buon mercato: già nel 1947 aveva
riassegnato il nome di Laura Lauro ad
una nave Liberty appena acquistata. Il vecchio Laura Lauro, restituito dal Brasile, era ormai superfluo: dopo
averlo ispezionato, e constatato che ormai versava in condizioni pietose,
Achille Lauro decise che non valeva la pena di riattarlo.
Nel luglio 1950 il
piroscafo venne venduto alla ditta Cantieri di Portovenere S.p.A. di La Spezia,
per esservi demolito. L’ormai ex Laura
Lauro giunse a La Spezia il 3 agosto 1950, e la demolizione ebbe inizio
nella primavera del 1951.
Il Laura Lauro sotto il precedente nome di Koudekerk (g.c. Arie van der Eijk – www.vns-voe.nl) |
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