Il Pozzuoli (da “La flotta che visse due volte: storia delle navi di Achille Lauro” di Tobia Costagliola, Armando Editore, 2013) |
Piroscafo da carico
di 5345 tsl e 3349 tsn, lungo 118,87-122,9 metri, largo 16,38 e pescante 8,8,
con velocità di 10 nodi. Appartenente all’armatore napoletano Achille Lauro ed
iscritto con matricola 411 al Compartimento Marittimo di Napoli; nominativo di
chiamata radio ICFW.
Breve e parziale cronologia.
12 febbraio 1914
Impostato nel
Cantiere Navale Triestino di Monfalcone, per la Navigazione Libera Triestina
Società Anonima, avente sede a Trieste (all’epoca parte dell’Impero
Austro-Ungarico).
Il cantiere di Monfalcone nel 1914: tra le navi in costruzione è anche il Salina (da “Die Wehrmacht der Monarchie”, Moderne Illustrierte Zeitung, Vienna, 1914, via Wikimedia Commons) |
17 marzo 1915
Varato come Salina (numero di costruzione 67) nel
Cantiere Navale Triestino di Monfalcone.
Maggio 1915
In seguito alla
dichiarazione di guerra dell’Italia all’Impero Austro-Ungarico (24 maggio 1915)
il cantiere di Monfalcone, situato a pochi chilometri dal confine, dev’essere
evacuato, interrompendo i lavori su tutte le navi in costruzione e trasferendo
altrove quelle che possono essere spostate. Il Salina, immobilizzato in bacino e non ancora pronto a prendere il
mare, viene autoaffondato con cariche esplosive prima che il cantiere sia
occupato dalle truppe italiane (8 giugno 1915).
Nei mesi successivi (luglio-settembre
1915) il cantiere di Monfalcone e le navi abbandonate in costruzione saranno
ripetutamente cannoneggiati dalle artiglierie austroungariche, con ingenti
danni sia agli scafi che alle strutture del cantiere, che rimarrà sulla linea
del fronte (o nelle immediate retrovie, con la lenta avanzata italiana sul
fronte carsico) fino all’ottobre 1917. Il relitto di una delle navi in
costruzione sarà perfino usato dalle truppe italiane come osservatorio.
A fine ottobre 1917,
con la ritirata italiana fino al Piave seguita allo sfondamento di Caporetto,
il cantiere tornerà in mano austroungarica, venendo restituito ai suoi
proprietari (famiglia Cosulich) nel dicembre 1917, ma resterà comunque inattivo
fino alla fine della guerra.
L’incompleto Salina in cantiere durante la prima guerra mondiale (da www.archiviresistenza.it) |
Novembre 1918
Con la fine della
guerra e la vittoria dell’Italia, lo scafo incompleto e semiaffondato del Salina passa in mani italiane; riportato
a galla, viene rimorchiato all’Arsenale Lloyd di Trieste per i lavori di
riparazione e completamento, che comprendono tra l’altro l’installazione di
macchine e caldaie.
10 ottobre 1920
Completato come Salina per la Navigazione Libera
Triestina, ora divenuta italiana in seguito all’annessione di Trieste da parte
dell’Italia. Stazza lorda originaria 5355 tsl, portata lorda 8530 tpl.
14-15 settembre 1923
In navigazione
nell’Oceano Pacifico, il Salina
s’imbatte in un tifone tra i punti 24°35' N e 149°30' E e 25° N e 161° E,
registrando forti venti da nord-nord-ovest, mare tempestoso e forti scrosci di
pioggia.
Aprile-Maggio 1927
Il Salina (capitano Zuvich) trasporta
alcune migliaia di tonnellate di olio di cocco da Manila ad Oakland, dopo di
che viene immessa in bacino ad Oakland per alcuni lavori di riparazione e dei
controlli generali prima di ripartire verso l’Estremo Oriente.
28 settembre 1929
In serata il Salina s’incaglia nei pressi del
Manzanillo Reef (Golfo del Messico) durante un uragano nelle acque delle Indie
Occidentali, chiedendo aiuto via S.O.S. e rimanendo incagliato per diversi
giorni.
1933
Acquistato
dall’armatore Achille Lauro di Napoli e ribattezzato Pozzuoli.
1934
Il nominativo di
chiamata cambia da PFSD a ICFW.
14 gennaio 1940
Il Pozzuoli s’incaglia sulla costa
occidentale della Gran Bretagna; viene disincagliato ma inizia ad imbarcare
acqua, ragion per cui viene rimorchiato nel porto più vicino per essere
riparato.
Marzo 1940
A guerra mondiale già
scoppiata, ma durante la non belligeranza italiana, il Pozzuoli finisce al centro di un
incidente internazionale: partito da Rotterdam e diretto in Italia con un
carico di carbone tedesco, viene sequestrato e dirottato da cacciatorpediniere
britannici nella rada delle Downs (al largo di Deal, nel Kent, dove è stata
stabilita una base britannica per i controlli sul contrabbando di guerra) dalle
unità britanniche che assicurano il blocco navale contro la Germania, per
effettuare controlli. Dal 1° marzo è entrato in vigore il divieto, imposto dal
Regno Unito, dell’esportazione di carbone tedesco da Rotterdam in Italia, pena
l’intercettazione in alto mare e conseguente sequestro delle navi e confisca
dei carichi come preda bellica.
Sono ben quindici le
navi italiane cariche di carbone a subire questa sorte tra l’1 e l’8 marzo: tra
di esse, oltre al Pozzuoli, i
piroscafi Orata, Absirtea, Liana, Rapido, Ernesto, Felce, Ischia, Integritas, Pamia, Semien e San Luigi e la motonave Loasso (in tutto in quei giorni vi
sono a Rotterdam 17 navi intente a caricare carbone: l’Italia, per questa
risorsa di energia, dipende infatti dalle importazioni, ed il 60 % del carbone
importato – 11.000.000 di tonnellate – viene dalla Germania). Il governo
italiano invia a Londra una forte nota di protesta, dicendo che l’accaduto
mette in discussione le relazioni politiche ed economiche stabilite tra i due
paesi, e la notizia viene riportata da numerosi giornali tedeschi (che parlano
di pirateria e furto ai danni dell’Italia), britannici (alcuni dei quali
rivendicano il diritto del Regno Unito di interdire le esportazioni di carbone
della Germania, mentre altri prospettano una crisi con l’Italia ed ipotizzano i
suoi risvolti), italiani (tra i quali "Il popolo d’Italia" denuncia
l’accaduto come imperdonabile, mentre altre testate auspicano una soluzione che
non nuocia ai rapporti anglo-italiani), australiani, americani. A Venezia un
folto gruppo di studenti universitari organizza una manifestazione di protesta
(la prima manifestazione antibritannica dai tempi della guerra d’Etiopia) contro
il blocco navale britannico sotto il consolato del Regno Unito, venendo
disperso da polizia e carabinieri. L’accaduto sconcerta anche molti circoli
italiani usualmente favorevoli ai britannici.
Tutte le navi, tranne
la Loasso (che ha caricato
il suo carbone prima che il divieto entrasse in vigore), vengono rilasciate
solo dopo la confisca del carico; in tutto più di 100.000 tonnellate di carbone
vengono confiscate.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella
seconda guerra mondiale. Il Pozzuoli
non sarà mai requisito dalla Regia Marina, né iscritto nel ruolo del naviglio
ausiliario dello Stato.
18 agosto 1940
Il Pozzuoli e la nave cisterna Persiano partono da Palermo per Tripoli
alle 11, scortati dal cacciatorpediniere Borea.
21 agosto 1940
Pozzuoli, Persiano e Borea giungono a Tripoli alle 9.
4 novembre 1940
Il Pozzuoli e la nave cisterna Lina Campanella salpano da Tripoli alle
18.20 per rientrare in Italia, scortati dalla torpediniera Generale Antonino Cascino.
7 novembre 1940
Alle 8.30 il
convoglietto giunge a Palermo, dove sosta per qualche giorno prima di
proseguire alla volta di Napoli.
14 novembre 1940
Il convoglio
raggiunge Napoli alle 15.40.
1° febbraio 1942
Il Pozzuoli compie un viaggio in convoglio
da Bari ad Ancona, insieme ai piroscafi Pasubio
e Rubicone.
25 febbraio 1942
Il Pozzuoli ed il piroscafo Abbazia (quest’ultimo proveniente da
Valona), scortati dall’incrociatore ausiliario Brindisi e dalla torpediniera Angelo
Bassini, trasportano un carico di grano e materiali vari da Brindisi a
Corfù.
4 marzo 1942
Pozzuoli ed Abbazia lasciano
Corfù diretti a Patrasso, scortati ancora da Brindisi e Bassini. Il
convoglio raggiunge Patrasso alle 17.
6 aprile 1942
Il Pozzuoli e la nave cisterna Rosario compiono un viaggio da Kavaliari
al Pireo, scortati dal cacciatorpediniere Quintino
Sella.
12 aprile 1942
Il Pozzuoli ed il piroscafo Caterina Madre compiono un viaggio da
Argostoli a Brindisi, scortati dalla torpediniera Libra.
L’affondamento
Il 1° febbraio 1943
il Pozzuoli salpò da Trapani alla
volta di Palermo al comando del capitano Ennio De Santis.
Il piroscafo, carico
di sale, avrebbe compiuto il breve viaggio da solo e senza scorta: del resto,
il tragitto da Trapani a Palermo era breve, un viaggio di poche ore in acque
costiere. Non molti mesi prima, quelle sarebbero state considerate acque
abbastanza sicure: ma adesso, con le sorti della guerra che volgevano sempre
più a sfavore dell’Italia, anche un viaggio breve come quello non era privo di
rischi, a causa della crescente aggressività dei sommergibili britannici, che
ormai si spingevano fin sotto le coste italiane per attaccare il naviglio
impegnato nel traffico costiero. Del resto, non era possibile assegnare
un’unità di scorta ad ognuna delle decine di navi che ogni giorno navigavano
lungo le coste italiane e sulle rotte che univano l’Italia alle isole maggiori,
al Nordafrica, all’Albania, alla Grecia ed alle sue isole: le esigenze del
traffico con la Tunisia assorbivano la maggior parte del sempre più decimato
naviglio di scorta, il restante – perlopiù unità anziane o navi ausiliarie –
andava distribuito con il contagocce. Evidentemente un singolo piroscafo carico
di sale, che doveva percorrere un tragitto tanto breve, non fu ritenuto di
importanza tale da giustificare l’impiego di una nave scorta, ammesso che ve ne
fossero disponibili a Trapani in quel momento.
E così il Pozzuoli andò incontro al suo destino:
alle 11.04 del 1° febbraio il sommergibile britannico Turbulent (capitano di fregata John Wallace Linton) lo avvistò al
largo della costa nordoccidentale della Sicilia.
In quel momento, il
piroscafo stava percorrendo il canale dragato al largo di Capo San Vito; il
comandante britannico stimò correttamente che avesse una stazza di circa 5000
tsl e che fosse carico, sebbene privo di scorta. Una volta uscito dal canale
dragato, il Pozzuoli assunse rotta
verso Palermo.
Alle 12.11, in
posizione 38°13’ N e 12°50’ E, il Turbulent
lanciò due siluri contro il Pozzuoli
da soli 870 metri di distanza; entrambe le armi andarono a segno, e la nave
italiana andò a fondo nel giro di appena un minuto, a sette miglia per 060° (cioè
a nord/nordest) da Capo San Vito siculo.
Passò un’altra ora,
poi giunse sul posto l’incrociatore ausiliario Narenta: tale bastimento imboccò la medesima rotta che il Pozzuoli aveva seguito poco tempo prima,
percorrendo il canale dragato per poi mettere la prua in direzione di Palermo.
Fu a questo punto che da bordo del Narenta
vennero avvistati i naufraghi del Pozzuoli:
subito l’incrociatore ausiliario virò verso nord, ma poco più tardi, intuendo
che l’altra nave doveva essere rimasta vittima di un sommergibile, virò di
nuovo verso est ed iniziò a lanciare bombe di profondità, probabilmente a scopo
intimidatorio. Infine si fermò sul luogo dell’affondamento per recuperare i
naufraghi: a sua insaputa, tuttavia, il Turbulent
lo stava osservando fin dalle 13.10, quando l’aveva avvistato mentre era
intento a percorrere il canale dragato. Linton identificò erroneamente il Narenta come un incrociatore ausiliario
della classe RAMB (il che fa sì che alcune fonti, erroneamente, affermino ancor
oggi – basandosi sull’apprezzamento di Linton – che la nave che soccorse i
naufraghi del Pozzuoli fosse la RAMB III, che in realtà si trovava
all’epoca in lavori a Trieste); alle 14.08, mentre questo era fermo per
soccorrere i naufraghi, il Turbulent
gli lanciò un siluro da uno dei tubi di poppa. Dopo un minuto e mezzo dal
lancio, tuttavia, il Narenta rimise
in moto e si spostò un poco in avanti, evitando così il siluro, che gli passò a
poppa.
Su 27 uomini che componevano
l’equipaggio del Pozzuoli, undici
scomparvero con la nave; i sedici superstiti (tra cui il comandante De Santis),
tra cui sei feriti, vennero recuperati dal Narenta.
Le vittime:
Vittorio Biverchetti, sguattero, 25 anni, da
Siderno Marina
Nicola Coppolucchia, marinaio, 28 anni, da
Molfetta
Rosario Costanzi, cameriere, 38 anni, da
Catania
Giacomo Luparelli, carbonaio, 38 anni, da
Palermo
Giuseppe Mastrofilippo, fuochista, 48 anni, da
Molfetta
Giovanni Modica, marinaio, 28 anni, da
Pozzallo
Ciro Oliviero, fuochista, 34 anni, da Ercolano
Erasmo Pizzorno, cuoco, 27 anni, da Voltu
Salvatore Raimondo, fuochista, 37 anni, da
Cefalù
Ciro Riviaccio, fuochista, 44 anni, da Torre
del Greco
Salvatore Scognamiglio, direttore di macchina,
43 anni, da Napoli
Sopra, l’elenco dell’equipaggio del Pozzuoli, e sotto, quello dei sopravvissuti (Ufficio Storico della Marina Militare)
L’affondamento del Pozzuoli nel giornale di bordo del Turbulent (da Uboat.net):
“1104 hours - Sighted
a merchant ship of about 5000 tons coming up the swept channel near Cape San
Vito. The ship was not escorted despite it being laden. It set course for Palermo.
1211 hours - In
position 38°13'N, 12°50'E fired two torpedoes from 950 yards. Both were seen to
hit. The ship was seen to sink within a minute.
1310 hours - Sighted
another ship coming up the swept channel. This one also set course to Palermo.
Shortly afterwards it turned North most likely upon seeing the survivors of
previous attack but after a short time it turned to the East again and started
dropping depth charges. It was seen to be a Armed Merchant Cruiser of the
Ramb-class.
1408 hours - While
the target was stopped (most likely to pick up survivors) No. 11 (stern) tube
was fired at it. But after 1.5 minute it went ahead again and the torpedo
missed astern”.
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