Il Menotti nei primissimi anni di servizio, prima delle modifiche (Coll. Aldo Cavallini, via www.naviearmatori.net) |
Sommergibile di media
crociera della classe Bandiera (dislocamento di 933 o 942 tonnellate in
superficie e 1096 o 1147 in immersione).
Nel periodo di guerra
contro gli Alleati effettuò 36 missioni, di cui 23 offensive/esplorative
(perlopiù in Mediterraneo orientale), otto di trasporto (durante le quali
trasportò complessivamente 374,3 tonnellate di rifornimenti, di cui 99,1 di
benzina in lattine, 194,3 di munizioni, 65,3 di viveri e 15,6 di materiale
vario) e cinque di trasferimento, percorrendo complessivamente 22.281 miglia in
superficie e 2800 in immersione (trascorrendo 180 giorni in mare), nonché 53
uscite addestrative per la Scuola Sommergibili di Pola.
Motto: “In virtute
vis” (la forza nella virtù).
Breve e parziale cronologia.
12 maggio 1928
Impostazione nei
cantieri Odero Terni Orlando di La Spezia (numero di costruzione 214).
Altra fonte indica la
data d’impostazione come l’11 febbraio 1928.
29 dicembre 1929
Varo nei cantieri
Odero Terni Orlando di La Spezia.
Altre fonti indicano
la data del varo come il 29 luglio 1929 od il 7 agosto 1929.
Il Menotti nella sua configurazione originaria,
con il cannone scudato e senza il “nasone” a prua (sopra: dal libro “OTO 1939”,
via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net;
sotto: g.c. STORIA militare)
20 agosto 1930
Durante le prove di
collaudo, il Menotti supera per la (sua)
prima volta i 100 metri di profondità, scendendo a 102,5 metri.
Documento firmato dall’equipaggio del Menotti al raggiungimento dei 100 metri di profondità alle prove (Coll. Armando Duval/www.grupsom.it) |
29 agosto 1930
Entrata in servizio.
Altre fonti indicano
la data di entrata in servizio come il 29 luglio 1930 od il 10 settembre 1930.
Il Menotti ed il gemello Santorre di Santarosa in allestimento nel 1930 (da www.marinai.it) |
1930-1931
Poco dopo il
completamento, avendo evidenziato un’eccessiva lentezza nella fase
d’immersione, il Menotti e gli altri
sommergibili della classe Bandiera subiscono la rimozione delle camicie dei
periscopi, e vengono praticate due serie di fori circolari sullo scafo esterno
per accorciare i tempi d’immersione.
Qualche mese dopo,
siccome sono emerse anche una tendenza al beccheggio, scarsa stabilità trasversale
e tendenza ad immergersi di prua durante la navigazione in superficie
(specialmente in caso di mare grosso di prua e/o di navigazione a velocità
elevata), Menotti e gemelli vengono
sottoposti ad un altro ciclo di lavori di modifica: a prua le strutture dello
scafo saranno rialzate per inserire una cassa autoallagabile per mitigare il
beccheggio, creando così un “nasone”; verranno installate controcarene laterali
(per aumentare la stabilità) e modificata la forma della torretta, rendendola
più chiusa. Ciò migliorerà la tenuta al mare dei sommergibili della classe, ma
a discapito della velocità (originariamente di 17,9 nodi in superficie e di 9
nodi in immersione, diverrà di 15 in superficie ed 8 in immersione), calata di
due nodi in superficie e di uno in immersione a causa della resistenza generata
dalle nuove controcarene esterne.
Un’altra immagine del Menotti nella configurazione originale senza controcarene (da “I sommergibili italiani tra le due guerre mondiali” di Alessandro Turrini, USMM, 1990) |
1931
Una volta completate
le modifiche il Menotti, insieme ai
gemelli Fratelli Bandiera, Luciano Manara e Santorre
Santarosa (e per un periodo, anche al sommergibile posamine Filippo Corridoni), va a formare la VI Squadriglia Sommergibili di Media
Crociera, avente base a Taranto.
Nello stesso anno Menotti, Manara e Santarosa compiono
una crociera a Tripoli e nel Dodecaneso, con lo scopo di verificare le
prestazioni della classe; si nota ancora una tendenza ad infilarsi con mare di
prora.
30 maggio 1931
Riceve a La Spezia la
bandiera da combattimento, donata da Modena, città natale di Ciro Menotti.
Madrina del vessillo è donna Elena San Donnino.
Menotti e Santarosa nel 1931 (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
1932
La VI Squadriglia
Sommergibili di Media Crociera cambia nome in VII Squadriglia.
1933
La VII Squadriglia
Sommergibili viene trasferita a Brindisi. Durante questo periodo (1932-1933) Menotti e gemelli svolgono, oltre
all’addestramento, crociere di breve durata in acque italiane.
1934
La VII Squadriglia
cambia nuovamente nome in VI Squadriglia e viene trasferita a Napoli.
Menotti e Santarosa compiono
una crociera alle Baleari ed in porti della Spagna.
In uscita dal Mar Piccolo a Taranto negli anni Trenta (foto Paolo De Siati, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)
Verso fine anno la
squadriglia viene trasferita a Tobruk, dove resterà per circa un anno.
1936
Assume il comando del
Menotti il capitano di corvetta
Vittorio Moccagatta, che vi è già stato imbarcato col grado di tenente di
vascello; durante il medesimo periodo (1936-1937) presta servizio sul Menotti il tenente di vascello Giuliano
Prini, futura Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Il sommergibile viene
dislocato a Tobruk, in seno al V Gruppo Sommergibili.
Il capitano di corvetta Vittorio Moccagatta, comandante del Menotti durante la guerra di Spagna (USMM) |
22 o 23 gennaio 1937
Il Menotti (capitano di corvetta Vittorio
Moccagatta) parte da Cagliari per una missione clandestina nelle acque di
Malaga, in appoggio alle forze franchiste durante la guerra civile spagnola.
Tra fine gennaio ed
inizio febbraio 1937 sono ben diciassette i sommergibili italiani schierati in
agguato nelle acque tra Almeria e Barcellona, Menotti compreso: il loro compito è di insidare i porti spagnoli in
mano alla fazione repubblicana e tagliare i flussi di rifornimenti ivi diretti.
31 gennaio 1937
In agguato notturno al
largo di Malaga, dopo diverse ore di mare grosso ed otto giorni trascorsi senza
aver avvistato alcunché, il Menotti
avvista la sagoma di un piroscafo alla fonda, a luci spente, vicino al faro
spento di Torrox (secondo altra fonte, a bordo si sarebbe ritenuto che la nave
fosse in navigazione, non alla fonda). Il comandante Moccagatta decide di
attaccarlo: lancia due siluri, quasi alla cieca, e riesce a colpire la nave con
uno di essi, provocandone l’affondamento in acque basse (cinque metri d’acqua: la
nave rimane parzialmente emergente, e sbandata su un fianco), a poca distanza
dalla riva (a seconda delle fonti, tra i 60 ed i 300 metri dalla spiaggia).
Si tratta del
piroscafo Delfin (1253 tsl), al
servizio della Spagna repubblicana ed adibito al traffico tra Alicante e Malaga
con scali intermedi ad Almeria e Cartagena (trasportando posta e poco altro: in
tutto 2900 tonnellate di merci in 18 viaggi tra l’agosto 1936 ed il gennaio
1937), al comando del capitano Fernando Gomila. Partito da Barcellona alcuni
giorni prima con un carico di farina, grano, vino, olio e merluzzo (altra fonte
parla anche di altre merci, tra cui rasoi e carta marrone) destinato alla
popolazione ed alla guarnigione di Malaga, aveva fatto scalo ad Alicante (28
gennaio), Almeria ed infine a Motril, dove aveva pernottato tra il 29 ed il 30
gennaio salpando alle nove del mattino del 30 alla volta di Malaga. All’alba,
mentre procedeva sottocosta al largo di Nerja, era stato avvistato da un
idrovolante Heinkel He 59 dell’Aufklärungsgruppe See 88 della "Legione
Condor" tedesca e successivamente attaccato da un altro Heinkel He 59
(tenente Werner Klumpfer), scortato da due Heinkel He 60, decollato da Atalayon
(Melilla) dopo la segnalazione del ricognitore: l’He 59 gli aveva sganciato
contro un siluro, che tuttavia l’aveva mancato perché difettoso (dapprima non
si era neanche sganciato, mentre al secondo tentativo, attuato manualmente, si
era sganciato, ma aveva preso a girare in cerchio). Manovrando per sottrarsi
all’attacco, il Delfin aveva rivolto
la prua verso terra e si era andato ad incagliare volontariamente presso La
Herredura (vicino a Torrox) (secondo una fonte, obbedendo ad ordini superiori
precedentemente impartiti per una simile evenienza, allo scopo di rendere
possibile il recupero del carico), dopo di che era stato abbandonato
dall’equipaggio (che aveva raggiunto la vicina costa sulle scialuppe), pur non
avendo subito danni; dopo che gli aerei tedeschi si erano allontanati,
l’equipaggio era tornato a bordo ed aveva tentato di disincagliare la nave, ma
alle 16.30 dello stesso 30 gennaio si era verificato un nuovo attacco aereo con
lancio di bombe e mitragliamento. Di
nuovo il Delfin non era stato
colpito, ma l’equipaggio aveva nuovamente abbandonato la nave, rifiutandosi di
tornare a bordo; le autorità a Malaga (i responsabili del sindacato dei
marittimi, le delegazioni della Marina repubblicana e della compagnia
Transmediterranea, il comandante del bacino galleggiante) si erano attivate e si
era pensato di farlo disincagliare con l’intervento di un peschereccio e del
guardacoste Xauen, ma quest’ultimo era immobilizzato in porto a causa dei danni
subiti in un precedente attacco aereo.
Nella notte
successiva il Menotti aveva avvistato
il piroscafo intatto ma deserto – non alla fonda, come Moccagatta aveva
erroneamente creduto nell’oscurità, bensì incagliato – e lo aveva colpito con un
siluro, facendolo affondare e provocando danni tali da farlo considerare come
perduto ed irrecuperabile. Il carico, invece, poté in parte essere recuperato,
grazie ai bassifondali che avevano impedito alla nave di rimanere completamente
sommersa (questo secondo alcune fonti italiane, tra cui il libro “Uomini sul
fondo” di Giorgio Giorgerini: tuttavia, un articolo di Francisco González-Ruiz
pubblicato sulla spagnola “Revista General de Marina” del gennaio-febbraio 1998
affermava invece che il personale spagnolo di terra, nell’annunciare che dopo
il siluramento il Delfin era da
ritenersi come completamente perduto – pérdita
total del buque –, riferì che "il
carico che potrà essere recuperato sarà insignificante"). Il 2
febbraio il relitto venne ancora bombardato da altri idrovolanti tedeschi
dell’Aufklärungsgruppe See 88, tra cui di nuovo l’Heinkel He 59 di Werner
Klumpfer, che ritenne di averlo colpito a centro nave con una bomba da 250 kg sganciata
da mille metri di altezza (tanto da essere insignito da Hermann Göring, capo
della Luftwaffe, di un “diploma” che lo riconobbe come l’affondatore del Delfin, per quanto questi fosse già, a
quel punto, un relitto semiaffondato).
Non vi sono state
vittime tra l’equipaggio, non essendovi nessuno a bordo al momento del siluramento.
L’affondamento del Delfin darà vita ad un modo di dire
diffuso in certe zone della Spagna: “essere più persi della nave del riso”. La
popolazione di Malaga, assediata dalle forze falangiste e ridotta alla fame,
era infatti stata informata del previsto arrivo da Valencia di una nave carica
di provviste (riso, secondo alcune versioni, mentre secondo un altro articolo “la nave del riso” era il termine
genericamente utilizzato in quei tempi per parlare di una nave che trasportava
viveri per le popolazioni assediate): vale a dire il Delfin; nave che, attesa con ansia dai malaghesi, che per giorni si
recarono al porto sperando di vederla arrivare, non giunse mai. Da qui il modo
di dire “essere più persi della nave del riso”, il Delfin, tanto atteso e mai arrivato perché affondato a poche miglia
dalla sua destinazione. Secondo un articolo, anche la vicina spiaggia di
Calaceite dovrebbe il suo nome all’affondamento del Delfin, essendo stata invasa da una marea di carburante fuoriuscito
dalla nave affondata (“aceite”, in spagnolo, significa olio: “Calaceite” è la
“spiaggia dell’olio”). Tuttavia, il fatto che un articolo dell’epoca (2
febbraio 1937) del giornale “El Luchador” menzioni il luogo dell’attacco come
“Punta del Aceite”, porta a dubitare di questa affermazione.
Il relitto del Delfin è oggi una popolare attrazione
per i subacquei.
Nei giorni seguenti,
il Menotti continua il suo
pattugliamento della costa di Malaga, senza avvistare alcuna nave, ma rilevando
un intenso traffico di veicoli sulla strada costiera.
Due
immagini del relitto del Delfin
(sopra: Coll. Franco Bargoni, via Revista General de Marina; sotto: da
Facebook)
2 febbraio 1937
Durante la notte
(secondo altra fonte, alle cinque del pomeriggio), il Menotti esegue un’azione di bombardamento costiero col proprio
cannone, sparando in dieci minuti 27 granate da 102 mm contro il ponte e la
strada costiera di La Herradura (vicino a Malaga), in appoggio all’offensiva
scatenata dalle forze italiane e spagnole nazionaliste per la conquista di
Malaga.
L’offensiva contro
Malaga avrà inizio il giorno seguente, 3 febbraio: vi partecipano 15.000
soldati spagnoli nazionalisti (comprese truppe coloniali marocchine e miliziani
carlisti), al comando del generale Gonzalo Queipo de Llano, e tra i 5000 ed i
10.000 italiani (nove battaglioni di camicie nere del Corpo Truppe Volontarie,
dotati di carri armati leggeri CV35, il cui apporto sarà decisivo per le sorti
della battaglia), al comando del generale Mario Roatta. La guarnigione
repubblicana, al comando del colonnello José Villalba Rubio, è numericamente
superiore, potendo contare tra i 30.000 ed i 40.000 miliziani, ma poco e male
armata. Roatta e Queipo de Llano hanno chiesto l’aiuto della Marina italiana,
oltre che di quella spagnola nazionalista, affinché partecipino
all’investimento di Malaga con azioni di bombardamento contro costa,
specialmente contro i collegamenti stradali e litoranei. Da parte italiana, non
potendosi scoprire troppo per ragioni politiche (ufficialmente l’Italia non
partecipa al conflitto spagnolo), tali azioni possono essere eseguite soltanto
di nascosto, nottetempo, da sommergibili: tra questi il Menotti, inviato in agguato sulla rotta d’accesso al porto ed
incaricato di eseguire due azioni di bombardamento costiero.
3 febbraio 1937
Sempre di notte, il Menotti esegue nuovamente un’azione di
bombardamento costiero di obiettivi stradali in appoggio alle operazioni contro
Malaga, sparando in quindici minuti altre 35 granate da 102 mm contro il
viadotto di Cala Honda (o Calanda, o Calahonda).
Malaga cadrà l’8
febbraio.
9 febbraio 1937
Il Menotti conclude la missione raggiungendo
Napoli (per altra fonte Tobruk).
Per questa missione,
il comandante Moccagatta sarà decorato con la Medaglia d’Argento al Valor
Militare, con motivazione «Comandante del
sommergibile Menotti durante una missione di guerra sulla costa spagnola
effettuata in condizioni di tempo particolarmente avverse, dava prova di
incrollabile tenacia e di spiccato spirito offensivo compiendo nonostante le
notevoli difficoltà due bombardamenti del porto di Malaga, e risolutamente
attaccando ed affondando in prossimità della costa nemica un piroscafo contrabbandiere».
Il Menotti a Taranto nel 1937 (foto Paolo De Siati, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net) |
5 agosto 1937
Il Menotti (tenente di vascello Francesco
De Rosa) salpa da Messina, dov’è stato trasferito in seno al III Grupsom, per
una missione nel Canale di Sicilia a contrasto del traffico di rifornimenti
verso i porti della Spagna repubblicana. Più precisamente, dovrà pattugliare le
acque a nord di Pantelleria, in una zona compresa tra Capo Lilibeo in Sicilia e
Capo Bon in Tunisia.
Il 3 agosto Francisco
Franco ha chiesto urgentemente a Mussolini di usare la sua flotta per fermare
un grosso “convoglio” sovietico appena partito da Odessa e diretto nei porti
repubblicani; sulle prime era previsto il solo impiego di sommergibili, ma
Franco è riuscito a convincere Mussolini ad impiegare anche le navi di
superficie. Nel suo telegramma Franco afferma: «Tutte le informazioni degli ultimi giorni concordano nell’annunciare un
aiuto possente della Russia ai rossi, consistente in carri armati, dei quali 10
pesanti, 500 medi e 2 000 leggeri, 3 000 mitragliatrici motorizzate [sic], 300 aerei e alcune decine di mitragliatrici
leggere, il tutto accompagnato da personale e organi del comando rosso [si
trattava, in realtà, di una grossolana esagerazione]. L’informazione sembra esagerata, poiché le cifre devono superare la
possibilità di aiuto di una sola nazione. Ma se l’informazione trovasse
conferma, bisognerebbe agire d’urgenza e arrestare i trasporti al loro
passaggio nello stretto a sud dell’Italia e sbarrare la rotta verso la Spagna.
Per far ciò, bisogna, o che la Spagna sia provvista del numero necessario di
navi o che la flotta italiana intervenga ella stessa. Un certo numero di
cacciatorpediniere operanti davanti ai porti e alle coste dell’Italia potrebbe
sbarrare la rotta del Mediterraneo ai rinforzi rossi: la cattura potrebbe
essere effettuata da navi battenti apertamente bandiera italiana, aventi a
bordo un ufficiale e qualche soldato spagnolo, che isserebbero la bandiera
nazionalista spagnola al momento stesso della cattura. Invierò d’urgenza
un rappresentante a Roma per negoziare questo importante affare.
Nell’intervallo, e per impedire l’invio delle navi che saranno già in rotta per
la Spagna, prego il governo italiano di sorvegliare e segnalare la posizione e
la rotta delle navi russe e spagnole che lasciano Odessa. Queste navi devono
essere sorvegliate e perquisite da cacciatorpediniere italiani che segnaleranno
la loro posizione alla nostra flotta. Vogliate trasmettere in tutta
urgenza al Duce e a Ciano l’informazione di cui sopra e la nostra richiesta,
unita all’assicurazione dell’indefettibile amicizia e della riconoscenza del
generalissimo alla nazione italiana».
Mussolini ha pertanto
ordinato alla Marina di bloccare il Canale di Sicilia, per impedire l’invio di
rifornimenti dall’Unione Sovietica (Mar Nero) alle forze repubblicane spagnole.
Il blocco navale
viene ordinato da Roma il 7 agosto ed ha inizio due giorni più tardi; oltre ai
sommergibili, inviati sia al largo dei Dardanelli che lungo le coste della
Spagna, prendono il mare gli incrociatori Diaz e Cadorna,
otto cacciatorpediniere ed altrettante torpediniere che si posizionano nel
Canale di Sicilia e lungo le coste del Nordafrica francese. Cacciatorpediniere
e torpediniere operano in cooperazione con quattro sommergibili (tra cui il Menotti) ed un sistema di esplorazione
aerea a maglie strette (idrovolanti dell’83° Gruppo Ricognizione Marittima, di
base ad Augusta) e sono alle dipendenze dell’ammiraglio di divisione Riccardo
Paladini, comandante militare marittimo della Sicilia, cui è affidata la
direzione del dispositivo di sbarramento; successivamente verranno avvicendati
da altre siluranti e dalla IV Divisione Navale (incrociatori leggeri Armando Diaz, Alberto Di Giussano, Luigi
Cadorna, Bartolomeo Colleoni).
Sono complessivamente ben 40 le navi mobilitate per il blocco: i quattro incrociatori
della IV Divisione, l’esploratore Aquila,
dieci cacciatorpediniere (Freccia, Dardo, Saetta, Strale, Fulmine, Lampo, Espero, Borea, Ostro e Zeffiro), 24
torpediniere (Cigno, Canopo, Castore, Climene, Centauro, Cassiopea, Andromeda, Antares, Altair, Aldebaran, Vega, Sagittario, Astore, Sirio, Spica, Perseo, Giuseppe La Masa, Generale Carlo Montanari, Ippolito Nievo, Giuseppe Cesare Abba, Generale Achille Papa, Nicola Fabrizi, Giuseppe Missori e Monfalcone) e la nave coloniale Eritrea. Altre due navi, gli
incrociatori ausiliari Adriatico e Barletta, camuffati da spagnoli Lago e Rio, hanno l’incarico di visitare i mercantili sospetti avvistati
dalle navi da guerra in crociera. I primi quattro sommergibili a partecipare al
blocco, a partire dal 9 agosto, sono il Menotti,
il gemello Santarosa ed i più piccoli Diaspro
e Berillo, che operano in
cooperazione con le Squadriglie Cacciatorpediniere “Freccia” e “Zeffiro” e con
le Squadriglie Torpediniere “Cigno” ed “Altair”.
Il dispositivo di
blocco è articolato in più fasi: informatori ad Istanbul segnalano all’Alto
Comando Navale le navi sovietiche, o di altre nazionalità ma sospettate di
operare al servizio dei repubblicani, che passano per il Bosforo; ad attenderle
in agguato per primi vi sono i sommergibili appostati all’uscita dei
Dardanelli. Se le navi superano indenni questo primo ostacolo, vengono
segnalate alle navi di superficie ed ai sommergibili in crociera nel Canale di
Sicilia e nello Stretto di Messina; qualora dovessero riuscire ad evitare anche
questo nuovo pericolo (possibile soltanto appoggiandosi a porti neutrali)
troverebbero ad aspettarle altre navi da guerra in crociera nelle acque della
Tunisia e dell’Algeria. Infine, come ultima barriera per i bastimenti che
riuscissero ad eludere anche tale minaccia, altri sommergibili sono in agguato
lungo le coste della Spagna.
Il blocco si protrae
dal 7 agosto al 12 settembre con intensità variabile; nel periodo di maggiore
attività sono contemporaneamente in mare nel Canale di Sicilia 12 navi di superficie,
5 sommergibili e 6 aerei. Gli ordini per le navi di superficie sono di
avvicinare e riconoscere tutti i mercantili avvistati, specialmente quelli
privi di bandiera (e che non la issano subito dopo averne ricevuto
l’intimazione dalle unità italiane), quelli che di notte procedono a luci
spente, quelli con bandiera sovietica o spagnola repubblicana, quelli che hanno
in coperta carichi di natura palesemente militare, e quelli che sono stati
specificamente indicati per nome dal Comando Centrale. Se un mercantile viene
riconosciuto come al servizio della Spagna repubblicana, la nave italiana che
l’ha avvistato deve seguirlo e segnalarlo al sommergibile più vicino, che dovrà
poi procedere ad affondarlo. Se quest’ultimo fosse impossibilitato a farlo,
spetterebbe alla nave di superficie il compito di seguire il mercantile fino a
notte, tenendosi in contatto visivo, per poi silurarlo una volta calata
l’oscurità. I piroscafi identificati come “contrabbandieri” di notte devono
invece essere subito affondati. Se venisse incontrato un mercantile
repubblicano a grande distanza dalle acque territoriali della Tunisia, la nave
che lo avvista deve chiamare sul posto uno tra Rio e Lago oppure
una nave da guerra spagnola nazionalista (parecchie di queste sono appositamente
dislocate nel Mediterraneo centrale) che provvederanno a catturarlo. Ordini
tassativi sono emanati per evitare interferenze o incidenti con bastimenti
neutrali (il che talvolta obbliga a seguire un mercantile “sospetto” per tutto
il giorno al fine di identificarlo, dato che talvolta quelli diretti nei porti
repubblicani usano bandiere false), e questo, insieme all’intensità del
traffico navale nel Canale di Sicilia, rende piuttosto complessa e delicata la
missione delle navi che partecipano al blocco.
Il blocco navale così
organizzato (del tutto illegale, dato che l’Italia non è formalmente in guerra
con la Repubblica spagnola) si rivela un pieno successo: sebbene le navi
effettivamente affondate o catturate siano numericamente poche, l’elevato
rischio comportato dalla traversata a causa del blocco italiano porta in breve
tempo alla totale interruzione del flusso di rifornimenti dall’Unione Sovietica
alla Spagna repubblicana. Soltanto qualche mercantile battente bandiera
britannica o francese riesce a raggiungere i porti repubblicani, oltre a poche
navi che salpano dalla costa francese del Mediterraneo e raggiungono Barcellona
col favore della notte. Entro settembre, l’invio di mercantili con rifornimenti
per i repubblicani dall’Unione Sovietica attraverso il Bosforo è praticamente
cessato, tanto che i comandi italiani si possono ormai permettere di ridurre di
molto il numero di navi in mare per la vigilanza, essendo quest’ultima sempre
meno necessaria e non volendo provare troppo le navi in una zona dove c’è
spesso maltempo con mare grosso. Ad ogni modo, le navi assegnate al blocco
vengono mantenute nelle basi siciliane, pronte a riprendere il mare qualora
dovesse manifestarsi una ripresa nel traffico verso la Spagna.
Oltre alla grave
crisi nei rifornimenti di materiale militare, che si verifica proprio nel
momento cruciale della conquista nazionalista dei Paesi Baschi (principale
centro di produzione di armi tra le regioni in mano repubblicana), il blocco ha
un impatto notevole anche sul morale dei repubblicani, tanto nella popolazione
civile (il cui morale va deteriorandosi per la difficoltà di procurarsi beni di
prima necessità) quanto nei vertici politico-militari, che si rendono conto di
come, mentre i nazionalisti ricevono dall’Italia supporto incondizionato,
persino sfacciato, con largo dispiego di mezzi, Francia e Regno Unito non
sembrano disposte a fare molto più che parlare in aiuto alla causa repubblicana
(in alcuni centri repubblicani si svolgono anche aperte manifestazioni contro
queste due nazioni, da cui i repubblicani si sentono abbandonati).
Il blocco italiano
impartisce dunque un durissimo colpo ai repubblicani, ma scatena anche gravi
tensioni internazionali (specie col Regno Unito) e feroci proteste sulla stampa
spagnola repubblicana ed internazionale, con accuse di pirateria – essendo,
come detto, un’operazione in totale violazione di ogni legge internazionale –
nei confronti della Marina italiana, ripetute anche da Winston Churchill. Il
governo britannico, invece, evita di accusare apertamente l’Italia, dato che il
primo ministro Neville Chamberlain intende condurre una politica di
“riavvicinamento” verso l’Italia per allontanarla dalla Germania; anche questo
fa infuriare i repubblicani, che hanno fornito ai britannici prove del
coinvolgimento italiano (prove che i britannici peraltro possiedono già, dato
che l’Operational Intelligence Center dell’Ammiragliato intercetta e decifra
svariate comunicazioni italiane relative alle missioni “spagnole”), solo per
vedere questi ultimi fingere di attribuire gli attacchi ai soli nazionalisti
spagnoli.
Nel settembre 1937
Francia e Regno Unito organizzeranno la Conferenza di Nyon per contrastare la
“pirateria sottomarina”: gli occhi di tutti sono puntati sull’Italia, anche se
questa non viene accusata direttamente (tranne che dall’Unione Sovietica,
ragion per cui l’Italia, sebbene invitata, rifiuta di partecipare alla
conferenza). Se ufficialmente i britannici non parlano apertamente di
coinvolgimento italiano, attraverso i canali diplomatici questi fanno pervenire
al ministro degli Esteri italiano, Galeazzo Ciano, l’irritazione per alcuni
incidenti che hanno coinvolto proprio navi britanniche (il cacciatorpediniere
HMS Havock è stato
attaccato, ancorché senza risultato, dal sommergibile italiano Iride), ragion per cui il 12 settembre
si decide di sospendere il blocco per non incrinare le relazioni con il Regno
Unito. Nel periodo 7 agosto-12 settembre, le navi italiane hanno avvicinato e
identificato ben 1070 bastimenti mercantili, di svariate nazionalità. Da questo
momento, sarà incombenza unicamente della Marina franchista impedire che altri
rifornimenti raggiungano i porti repubblicani.
Dettaglio della torretta del Menotti nel 1937 (da www.trentoincina.it) |
18 o 19 agosto 1937
Il Menotti conclude la missione rientrando
alla base.
Durante la missione
ha condotto quattro manovre d’attacco, che ha però sempre interrotto all’ultimo
momento per l’impossibilità di identificare con certezza i bersagli.
1937
Menotti, Manara, Bandiera e Santarosa vanno a formare la XXXII Squadriglia Sommergibili
(poi XXXIV Squadriglia Sommergibili) con base a Messina.
5 maggio 1938
Al comando del tenente di vascello Alberto Avogadro di Cerrione, il Menotti prende parte alla rivista
navale "H" organizzata nel Golfo di Napoli per la visita in Italia di
Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte della flotta italiana: le
corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, i sette incrociatori
pesanti della I e III Divisione, gli undici incrociatori leggeri della II, IV,
VII e VIII Divisione, sette "esploratori leggeri" classe Navigatori,
diciotto cacciatorpediniere (le Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea e lo Zeffiro), trenta torpediniere (le
Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie Audace, Castelfidardo, Curtatone, Francesco Stocco, Nicola
Fabrizi e Giuseppe La Masa ed
i quattro "avvisi scorta" della classe Orsa), ben 85 sommergibili
della Squadra Sommergibili al comando dell’ammiraglio Antonio Legnani, e 24 MAS
(Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, il panfilo di Benito
Mussolini, l’Aurora, la nave
reale Savoia e la nave
bersaglio San Marco.
La Squadra
Sommergibili è protagonista di uno dei momenti più spettacolari della parata,
nella quale gli 85 battelli effettuano una serie di manovre sincronizzate:
dapprima, disposti su due colonne, alle 13.15 passano contromarcia tra le due
squadre navali che procedono su rotte parallele; poi, terminato il
defilamento, alle 13.25 tutti i sommergibili effettuano un’immersione
simultanea di massa, procedono per un breve tratto in immersione e poi emergono
simultaneamente ed eseguono una salva di undici colpi con i rispettivi cannoni.
Torretta e cannone del Menotti in una foto scattata poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale (g.c. STORIA militare) |
1939
Presta servizio sul Ciro Menotti, inquadrato nella XXXIV
Squadriglia Sommergibili di Messina, il tenente di vascello Carlo Fecia di
Cossato, futuro asso dell’Atlantico.
10 giugno 1940
All’ingresso
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Menotti (tenente di vascello Carlo Fecia di Cossato) fa parte della
XXXIII Squadriglia Sommergibili del VIII Grupsom, insieme ai gemelli Fratelli Bandiera, Luciano Manara e Santorre
Santarosa, con base a Trapani (altra fonte afferma invece che avrebbe fatto
parte della XXXIV Squadriglia del III Grupsom di Messina, ma sembra probabile
un errore).
19 o 21 giugno 1940
Il Menotti (tenente di vascello Carlo Fecia
di Cossato) parte per la prima missione di guerra, un pattugliamento offensivo
tra Gaudo (isolotto a sud di Creta) e Ras el Tin (Libia).
27 giugno 1940
Termina la prima
missione di guerra, senza aver avvistato navi nemiche. Secondo una fonte di
incerta attendibilità, durante questa missione il Menotti sarebbe stato attaccato da un idrovolante Short Sunderland,
che avrebbe respinto e danneggiato col tiro delle proprie mitragliere.
7 luglio 1940
Inviato in
pattugliamento a sud della Sardegna, insieme ai sommergibili Ascianghi, Axum, Glauco, Turchese e Luciano Manara.
Il tenente di vascello Carlo Fecia di Cossato, comandante del Menotti nei primi mesi del conflitto (da it.wikipedia.org)
|
9 luglio 1940
Il Menotti viene inviato, insieme ad altri
cinque sommergibili (Ascianghi, Axum, Turchese, Glauco e Luciano Manara), tra il meridiano di
Capo Spartivento Sardo e le congiungenti Capo Carbonara-Capo Lilibeo e Capo
Passero-Zuara, per pattugliare le acque tra l’isola di La Galite e Tunisi fino
a una profondità di 50 miglia dalla costa tunisina. La formazione di tale
sbarramento è stata disposta da Maricosom (il Comando Squadra Sommergibili,
ammiraglio Mario Falangola) per ordine del capo di Stato Maggiore della Marina,
ammiraglio Domenico Cavagnari, in seguito all’uscita da Gibilterra della Forza
H britannica.
Quest’ultima, partita
alle 17 dell’8 luglio con l’incrociatore da battaglia Hood (nave di bandiera dell’ammiraglio James Somerville), le
corazzate Valiant e Resolution, la portaerei Ark Royal, gli incrociatori
leggeri Delhi, Aurora ed Enterprise e dieci cacciatorpediniere (Keppell, Douglas, Vortigen, Wishart, Watchman, Faulknor, Foresight, Fearless, Fouhound, Escort), è uscita in mare per creare un diversivo rispetto all’operazione
"M.A. 5" (invio di convogli tra Malta ed Alessandria con la
protezione del grosso della Mediterranean Fleet), in corso negli stessi giorni
nel Mediterraneo centro-orientale (ne deriverà la battaglia di Punta Stilo). L’Ark Royal deve lanciare un attacco
aereo con 12 aerosiluranti Fairey Swordfish contro Cagliari, all’alba del 10
luglio; scopo dell’operazione è tenere in allarme le forze italiane anche nel
Mediterraneo occidentale. Supermarina ha saputo alle 13.40 dell’8 luglio, da
osservatori appostati in territorio spagnolo vicino a Gibilterra, della
partenza da qul porto di una corazzata, una portaerei, tre incrociatori e
tredici cacciatorpediniere; un dispiegamento di forze simile a quelle uscite
nello stesso tempo da Alessandria, che desta notevole preoccupazione a
Supermarina, la quale ipotizza che possa essere in atto un’operazione combinata
da parte della Forza H e della Mediterranean Fleet, nei due bacini del
Mediterraneo, anche perché la Forza H, a differenza della Mediterranean Fleet, non
sta scortando nessun convoglio. Alle 14.30 dell’8 Marina Orano, sulla base di
un’intercettazione francese, ha comunicato che alle 13.45 sono state avvistate
quattro grosse navi, due incrociatori e unità leggere in posizione 36°16’ N e
03°16’ E. A questo punto l’ammiraglio Cavagnari, supponendo che la Forza H
possa dirigere verso le acque meridionali della Sardegna per attaccare all’alba
obiettivi sulle coste sud di quell’isola (come infatti avverrà) e magari anche
sulle coste orientali della Sicilia, ha ordinato all’ammiraglio Falangola di
predisporre uno sbarramento di sommergibili. Il Menotti non entrerà però in contatto con le forze britanniche, il
cui attacco contro Cagliari non produrrà danni.
Estate 1940
Durante l’estate del
1940 il Menotti, al comando di Carlo
Fecia di Cossato, compie varie missioni di agguato nel Mediterraneo centrale,
senza cogliere risultati.
Nell’autunno del 1940
Fecia di Cossato viene trasferito in Atlantico quale comandante in seconda del
sommergibile Enrico Tazzoli, del
quale in seguito assumerà il comando.
11-12 novembre 1940
Il Menotti si trova a Taranto, ormeggiato
in Mar Piccolo alla banchina sommergibili (insieme ad Ambra, Anfitrite, Atropo, Malachite, Pietro Micca, Naiade, Sirena, Ondina, Uarsciek e Zoea del IV
Grupsom, Dagabur, Serpente e Smeraldo del X Grupsom e Giovanni
Da Procida del III Grupsom, mentre il Menotti
è l’unico battello dell’VIII Grupsom presente in porto) quando la base navale
viene attaccata da aerosiluranti britannici decollati dalla portaerei Illustrious, che silurano tre corazzate
(Conte di Cavour, Littorio e Duilio, affondando la prima e danneggiando gravemente le altre due)
in quella che diverrà nota come “notte di Taranto”.
28 ottobre 1940
Il Menotti, insieme a Luigi Settembrini, Tricheco
e Dessiè, è tra i sommergibili
inviati a formare uno sbarramento a sud di Creta, tra Mar Ionio e Mar Egeo.
31 ottobre 1940
La Mediterranean
Fleet britannica, salpata da Alessandria d’Egitto nelle prime ore del 29
ottobre in seguito all’attacco italiano alla Grecia ed entrata in Mar Ionio, si
spinge nelle prime ore del 31 fino ad ovest di Zante, Cefalonia e Corfù:
tuttavia non viene avvistata né dal Menotti,
né dagli altri sommergibili dello sbarramento, le cui maglie sono troppo
larghe. La flotta britannica rientrerà ad Alessandria il 2 novembre.
10-20 gennaio 1941
Compie
un agguato al largo del Canale d’Otranto a protezione del traffico di
rifornimenti verso l’Albania.
Fine gennaio 1941
Forma
uno sbarramento nel Basso Adriatico e nell Ionio settentrionale insieme ai
sommergibili Ambra, Turchese, Tito Speri, Filippo Corridoni,
Domenico Millelire, Jalea e Dessiè.
22 febbraio-7 marzo 1941
Altro
agguato nei pressi del Canale d’Otranto a tutela dei convogli per l’Albania.
9-21 aprile 1941
Terzo
agguato nella zona del Canale d’Otranto a protezione del traffico con
l’Albania.
Maggio 1941
Assume il comando del
Menotti il capitano di corvetta Ugo
Gelli.
18 maggio 1941
Il Menotti (capitano di corvetta Ugo Gelli)
salpa da Taranto per portarsi in agguato a sud di Zante, in seguito alla
segnalazione dell’avvistamento in quelle acque di un sommergibile britannico
che, si teme, potrebbe attaccare il naviglio che si sta radunando nel Golfo di
Patrasso in preparazione dell’invasione tedesca di Creta (operazione
"Merkur") nonché per trasferire in Italia truppe e mezzi corazzati
tedeschi che da lì dovranno essere inviati sul fronte orientale (via ritenuta
più sicura rispetto a quella terrestre attraverso i Balcani).
20 maggio 1941
Poco prima di
mezzanotte, il Menotti avvista una
sagoma scura in navigazione verso est a circa 15 nodi. Si tratta probabilmente
del posamine britannico Abdiel, che
poche ore dopo poserà un campo minato al largo di Capo Dukato (Isola di Santa
Maura, nelle Isole Ionie): su queste mine affonderanno il cacciatorpediniere Carlo Mirabello, la cannoniera Pellegrino Matteucci ed i piroscafi
tedeschi Marburg e Kybfels.
Il Menotti ormeggiato a Taranto alla fine della primavera del 1941, in attesa di iniziare un turno di lavori in Arsenale (g.c. STORIA militare) |
Estate 1941
Sottoposto ad un
periodo di lavori presso l’Arsenale di Taranto.
Dicembre 1941
A partire da questo
mese il Menotti, ormai in condizioni
di efficienza mediocri e ritenuto inadeguato a ruoli offensivi (secondo una
fonte, già nel 1940 i Bandiera avevano ormai ridotto valore bellico), viene
adibito a compiti di trasporto di rifornimenti sulle rotte per la Libia (altre
fonti affermano che sarebbe stato destinato a questo impiego a partire dal
maggio 1942, ma si tratta di un evidente errore).
1° dicembre 1941
Il Menotti (capitano di corvetta Celli)
parte da Taranto alle 13, trasportando un carico di 25 tonnellate di viveri (altra
versione parla di 14 tonnellate, più precisamente di gallette) destinati alla
piazzaforte Bardia.
Già da tempo i
Comandi dell’Esercito in Libia, specialmente quelli tedeschi, fanno pressione
sulla Marina affinché utilizzi dei sommergibili per trasportare rifornimenti
nei piccoli porti, come Derna e Bardia, più vicini alla linea del fronte e dove
le navi mercantili non possono attraccare: Supermarina si è a lungo opposta,
data la scarsa quantità di rifornimenti che possono essere imbarcati su un
sommergibile (nel migliore dei casi, un decimo di quello che potrebbe
trasportare un mercantile di modeste dimensioni), ma alla fine ha ceduto
dinanzi alle continue pressioni. Sulle prime si sono destinati a questo
servizio i grandi sommergibili oceanici della classe Ammiragli ed i sommergibili
posamine, che hanno una capacità di carico superiore alla media; ma in
dicembre, per effetto delle sempre più pressanti richieste tedesche (la
situazione è particolarmente difficile: in novembre le perdite nei rifornimenti
inviati via mare sono state elevatissime, sfiorando il 70 %, ed i britannici
hanno scatenato un’offensiva in grande stile denominata "Crusader"),
Supermarina ha intensificato ulteriormente il traffico a mezzo dei
sommergibili, destinandovi anche anziani battelli come il Menotti che, se da una parte non hanno grande valore bellico (il
che fa sì che non sia una gran perdita il distoglierli dal normale impiego
operativo), dall’altra hanno una capacità di carico ancor più ridotta.
4 dicembre 1941
Arriva a Bardia alle
17, scarica le provviste e riparte alle 20.30 per rientrare a Taranto,
trasportando quattordici ufficiali prigionieri.
L’arrivo delle
gallette non è molto gradito dalla guarnigione di Bardia, che ne ha già fin
troppe e preferirebbe provviste di altro tipo, di cui invece vi è carenza: per
soddisfare almeno in minima parte questa richiesta, l’equipaggio del Menotti cede agli uomini del presidio,
per ordine del comandante Celli, tutte le (modeste) provviste di uova e di
verdura delle proprie razioni.
Nel rapporto redatto
al termine della missione, il comandante Celli scriverà che «Il generale italiano di Bardia [presumibilmente
il generale di divisione Fedele De Giorgis, comandante della 55a
Divisione Fanteria "Savona" i cui uomini formavano i tre quarti del
presidio di Bardia] ha fatto presente
che, secondo richieste già avanzate, ha necessità urgente di nafta e cariche
per artiglieria, come pure esprime il desiderio (condiviso dal comando tedesco)
che, invece di galletta, della quale vi è già sul posto larga disponibilità, siano
inviati viveri d’altro genere e possibilmente legumi (…)».
8 dicembre 1941
Giunge a Taranto alle
11.30.
L’equipaggio
del Menotti viene passato in rivista
a Taranto da un ammiraglio, 11 dicembre 1941 (g.c. Renato Lombardo)
14 dicembre 1941
Il Menotti salpa da Taranto alle 15.40 per
una nuova missione di trasporto, stavolta verso Bengasi, carico di 45
tonnellate di motorina sfusa, 8,5 tonnellate di viveri, 5,5 di parti di
ricambio per automezzi e 7,5 di munizioni (in tutto 66,5 o 67,765 tonnellate di
rifornimenti, a seconda della fonte).
15 dicembre 1941
Alle sette del
mattino il sommergibile britannico P 34
(poi Ultimatum, tenente di vascello
Peter Robert Helfrich Harrison), in navigazione verso est, avvista un “U-Boot”
in navigazione in superficie circa 110 miglia ad ovest di Zante, s’immerge e si
avvicina per intercettarlo, ma lo perde di vista.
L’“U-Boot” era con ogni
probabilità il Menotti, in
navigazione verso Bengasi.
16 dicembre 1941
Raggiunge Bengasi
alle 14.30, sbarca il carico e riparte per Taranto alle 18.45, con a bordo
quindici prigionieri ed alcuni militari rimpatrianti.
20 dicembre 1941
Arriva a Taranto alle
14.10.
13 gennaio 1942
Parte da Taranto per
Tripoli alle 13.40, trasportando 20 tonnellate di armi e munizioni, 15
tonnellate di provviste, 1,5 di materiali vari e 0,3 di petrolio in latte.
14 gennaio 1942
Arriva ad Augusta
alle 18 e vi sosta per quasi ventiquattr’ore.
15 gennaio 1942
Lascia Augusta alle
17, diretto a Tripoli.
18 gennaio 1942
Arriva a Tripoli alle
due del pomeriggio.
19 gennaio 1942
Una volta scaricati i
rifornimenti, lascia Tripoli alle 15 diretto ad Augusta.
21 gennaio 1942
Alle sette del
mattino, in posizione 36°55’ N e 15°38’ E (25 miglia a sudest di Augusta), il
sommergibile britannico Unique
(tenente di vascello Anthony Foster Collett), mentre si trova immerso a 21
metri di profondità, rileva rumore di motori su rilevamento 110°, in movimento
verso sinistra. Portatosi subito a quota periscopica, Collett non vede niente;
siccome il rilevamento della fonte del rumore cambia rapidamente, ritiene
trattarsi di un cacciatorpediniere o di una torpediniera, ma dopo pochi minuti
il rumore scompare. Alle 7.16 l’Unique
rileva di nuovo del rumore su rilevamento 160°, in movimento verso destra a
bassa velocità, ed alle 7.20 avvista un oggetto scuro di piccole dimensioni su
tale rilevamento, identificato alle 7.24 come un sommergibile: si tratta infatti
del Ciro Menotti (capitano di
corvetta Ugo Gelli), che sta rientrando da Tripoli ad Augusta al termine della
sua missione di trasporto. Fin dalle 7.20 l’Unique
ha portato tutti i tubi lanciasiluri “in punteria” verso l’unità sconosciuta,
ed alle 7.24 Collett decide di attaccare, ma non riesce a portarsi subito in
posizione favorevole; alle 7.30 il periscopio d’attacco smette di funzionare,
costringendo ad usare l’altro periscopio, e solo alle 7.37 il sommergibile
britannico riesce a lanciare quattro siluri contro il Menotti.
Nessuno va a segno,
ed il sommergibile italiano, che non si è neanche accorto dell’attacco,
prosegue per la sua rotta, sparendo alla vista alle 7.48: raggiungerà indenne
Augusta alle 10.30. (Secondo altra fonte, invece, l’Unique avrebbe attaccato non il Menotti
ma il Ruggero Settimo, che lo
precedeva di non molto sulla medesima rotta).
10-13 febbraio 1942
Inviato al largo
della Cirenaica per contrastare la navigazione da Alessandria a Malta di un
convoglio britannico nell’ambito dell’operazione "MF 5". Denominato
"MW. 9" e partito da Alessandria il 12 febbraio, il convoglio è
formato dai mercantili Clan Campbell,
Clan Chattan e Rowallan Castle, scortati da quattro incrociatori antiaerei (Naiad, Dido, Euryalus e Carlisle) e ben 16 cacciatorpediniere (Lance, Heythrop, Avon Vale, Eridge, Hurworth, Southwold, Dulverton, Beaufort, Arrow, Griffin, Havock, Hasty, Jaguar, Kelvin, Kipling e Jaguar), il tutto sotto il comando del
contrammiraglio Philip L. Vian. Contestualmente all’arrivo a Malta del
"MW. 9", lascerà l’isola un convoglio di mercantili scarichi (Ajax, Breconshire, City of Calcutta
e Clan Ferguson), il "ME.
10", scortato dalla Forza K del commodoro William Gladstone Agnew
(incrociatore leggero Penelope,
cacciatorpediniere Decoy, Fortune, Legion, Lively, Sikh e Zulu).
Per attaccare il
convoglio britannico diretto a Malta, ben undici sommergibili italiani vengono
schierati in un’area di poco più di 800 miglia quadrate: oltre al Menotti, anche Topazio, Tricheco, Sirena, Dandolo, Malachite, Ondina, Perla e Platino.
Il Menotti non entrerà in contatto del
convoglio "MW. 9", che sarà completamente distrutto dall’azione della
Luftwaffe: Clan Chattan e Rowallan Castle verranno affondati dai
bombardieri tedeschi il 14 febbraio, 250 miglia ad est di Malta, mentre già il
giorno precedente il Clan Campbell è stato danneggiato e costretto
a rinunciare a raggiungere Malta, entrando a Tobruk. Il convoglio "ME.
10", invece, raggiungerà indenne Port Said il 16 febbraio.
È questa l’ultima di
23 missioni offensive/esplorative effettuate dal Menotti in Mediterraneo orientale dall’inizio della guerra, tutte
prive di risultati.
Sommergibili classe Bandiera in bacino di carenaggio a Monfalcone (da “Le navi del re. Immagini di una flotta che fu” di Achille Rastelli, SugarCo edizioni, 1988, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net) |
1942
Il cannone da 102/35
mm viene sbarcato e sostituito con un più lungo e moderno pezzo OTO Mod. 38 da 100/47
mm, dotato di miglior gittata e minor tempi di caricamento (modifica apportata sul solo Menotti, tra i sommergibili della sua classe).
Viene inoltre
ridimensionata la falsatorre.
7 marzo 1942
Assegnato alla Scuola
Sommergibili di Pola per essere impiegato nell’addestramento (secondo altre
fonti, vi sarebbe invece stato assegnato dal 7 marzo 1943).
Marzo-Novembre 1942
Svolge 53 uscite
addestrative per la Scuola Sommergibili, nonché alcuni agguati protettivi
antisommergibili in Alto Adriatico.
Agosto 1942
Nella seconda metà
del mese il Menotti compie un agguato
protettivo in acque metropolitane (presumibilmente in Adriatico).
13 maggio 1942
Secondo una fonte, in
questa data il Menotti sarebbe
partito da Augusta per effettuare una missione di trasporto con destinazione
Tripoli, con un carico di 18,2 tonnellate di armi e munizioni. Di questa
missione non vi è, tuttavia, traccia nella cronologia contenuta in appendice al
volume USMM "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1°
ottobre 1941 al 30 settembre 1942"; peraltro, la fonte che accenna a
questa missione afferma anche che essa sarebbe stata la prima missione di
trasporto del Menotti, il che è
sbagliato (la prima fu quella iniziata il 1° dicembre 1941).
Una foto scattata sul Menotti al largo di Pola sul finire del 1942, dopo i lavori di ridimensionamento della torretta (g.c. Marcello Risolo) |
Novembre 1942
Terminata l’attività
addestrativa per la Scuola Sommergibili di Pola, il Menotti viene nuovamente dislocato ad Augusta per riprendere
l’attività come sommergibile da trasporto.
18 novembre 1942
Il Menotti parte da Taranto per Tripoli
alle 23.50, trasportando 30 tonnellate di munizioni e 21 di benzina in latte.
23 novembre 1942
Sosta a Buerat
durante la notte tra il 22 ed il 23, poi prosegue per Tripoli, dove giunge alle
13.
Alle 22 dello stesso
giorno, sbarcato il carico, lascia Tripoli per tornare a Taranto.
26 novembre 1942
Arriva a Taranto alle
15.30.
12 dicembre 1942
Il Menotti parte da Taranto per Tripoli
alle 15.15, trasportando 35 tonnellate di munizioni, 21 di benzina in latte, 11
di motorina e 1,5 di materiali vari.
16 dicembre 1942
Arriva a Tripoli alle
8.45, sbarca il carico e riparte alle 15.50.
19 dicembre 1942
Arriva a Taranto alle
14.20.
Gennaio 1943
Compie una missione di
trasporto di materiali e personale (tra quest’ultimo, il tenente Armi Navali
Sebastiano Caltabiano) da Trapani a Lampedusa.
Aprile 1943
Altra missione di
trasporto (munizioni ed altri rifornimenti) con destinazione Lampedusa.
19 aprile 1943
In navigazione nel Canale di Sicilia, il Menotti (capitano di corvetta Ugo Gelli) viene attaccato da un quadrimotore, che riesce però ad abbattere col tiro delle proprie mitragliere. Il sottocapo silurista Alberto Lombardo, puntatore della mitragliera, sarà per questo decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare.
19 aprile 1943
In navigazione nel Canale di Sicilia, il Menotti (capitano di corvetta Ugo Gelli) viene attaccato da un quadrimotore, che riesce però ad abbattere col tiro delle proprie mitragliere. Il sottocapo silurista Alberto Lombardo, puntatore della mitragliera, sarà per questo decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare.
Il sottocapo silurista Alberto Lombardo ed il comandante Gelli alla mitragliera che abbatté l’aereo attaccante (per g.c. di Renato Lombardo, nipote di Alberto Lombardo) |
Una cartolina spedita da Alberto Lombardo (g.c. Renato Lombardo) |
Le onorificenze ricevute da
Alberto Lombardo per il suo servizio bellico, e la relativa documentazione
(g.c. Renato Lombardo):
La consegna delle decorazioni ad Alberto Lombardo, negli anni Cinquanta (g.c. Renato Lombardo) |
8 luglio 1943
Assume il comando del Menotti il tenente di vascello Giovanni Manunta.27 luglio 1943
Il Menotti parte da Brindisi con a bordo
due pattuglie di guastatori del Reparto "G" del Reggimento "San
Marco", che dovranno attaccare gli aeroporti Alleati situati vicino a
Bengasi distruggendovi quanti più aerei possibile (Operazione
"Beta"). In tutto i sabotatori sono 19 o 20 (a seconda delle fonti),
comandati dal sottotenente di vascello De Martino e dai tenenti Visintini e
Caselli.
4 agosto 1943
Nella notte tra il 3
ed il 4 agosto, il Menotti sbarca i
20 sabotatori sulla costa cirenaica, nei dintorni di Bengasi. Dovrebbe poi
restare in zona per recuperarli al termine della missione, ma ciò gli viene
impedito dalla sistematica caccia attuata ai suoi danni dall’aviazione nemica.
Ad ogni modo, nessuno
dei sabotatori riuscirà comunque a raggiungere il punto prestabilito per il
reimbarco: un gruppo di dieci incursori (un ufficiale e nove uomini del
"San Marco") verranno infatti scoperti ed attaccati da gruppi di
arabi armati tra la costa ed il chilometro 10 della strada Bengasi-Agedabia;
asserragliatisi in un edificio e qui assediati dagli attaccanti, saranno infine
catturati da una pattuglia britannica del No.
4 AA Practice Camp nel tardo pomeriggio dello stesso 4 agosto. Il secondo gruppo
di dieci incursori, sbarcato vicino a Suani el-Terria (Sawānī Tīkah),
verrà anch’esso catturato da una pattuglia della Sudan Defence Force, che lo
consegnerà poi ad un plotone dello Squadrone C dell’8th (King's Royal Irish) Hussars.
Sopra, il
tenente di vascello Giovanni Manunta (Nuoro, 1914-Roma, 1990) in due foto
scattate probabilmente a bordo del Menotti,
e sotto, in due immagini del dopoguerra, la seconda delle quali in divisa da contrammiraglio
(per g.c. della figlia Laura)
Settembre 1943
Il Menotti fa parte del IV Gruppo
Sommergibili, di base a Taranto, insieme ad Atropo,
Marcantonio Bragadin, Filippo Corridoni, Giovanni Da Procida, Otaria,
Luigi Settembrini, Ruggero Settimo, Tito Speri e Zoea.
3 settembre 1943
In seguito allo
sbarco in Calabria dell’VIII Armata britannica (operazione “Baytown”),
Maricosom attiva il Piano «Zeta», predisposto fin dal precedente marzo, che
prevede lo schieramento della maggior parte dei sommergibili superstiti a
difesa delle coste campane e calabresi contro tentativi di sbarco
angloamericani. Tra questi battelli è anche il Menotti, che parte da Brindisi alle 18 e viene schierato nel Golfo
di Squillace (Mar Ionio); oltre ad esso, tra quel golfo e lo stretto di Messina
(lungo la costa orientale della Calabria) vengono dislocati in agguato anche Onice, Luigi Settembrini e Zoea,
mentre Vortice e Luciano Manara venono inviati sulla costa ionica della Sicilia, Brin ed Alagi nel Golfo di Salerno, Diaspro
e Marea nel Golfo di Policastro, ed i
sommergibili tascabili CB 8, CB 9 e CB 10 tra Capo Colonne e Punta Alice.
Tuttavia, quando
diviene chiaro che l’operazione “Baytown” è limitata alla costa meridionale
della Calabria e che non sono in corso altri sbarchi, Maricosom fa rientrare
tutti i sommergibili in mare ad eccezione di Settembrini, Vortice, Onice e Zoea. Secondo il saggio di Giuliano Manzari "I sommergibili
italiani dal settembre 1943 al dicembre 1945", pubblicato nel Bollettino
d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare del dicembre 2011,
tuttavia, anche il Menotti sarebbe
rimasto in mare fino all’armistizio.
Secondo il libro
“Uomini sul fondo” di Giorgio Giorgerini, il Menotti sarebbe rimasto in mare insieme a Vortice, Onice, Settembrini e Zoea, ai quali il 7 settembre – in seguito al ridispiegamento di
parte dei sommergibili del Piano «Zeta» determinato dall’avvistamento delle
avvisaglie dell’operazione “Avalanche”, lo sbarco a Salerno – si sarebbero
aggiunti altri quattro sommergibili (Fratelli
Bandiera, Squalo, Jalea e Marcantonio Bragadin) a completamento dello schieramento in Mar
Ionio, tra la Sicilia, la Calabria e l’estremità pugliese di Capo Santa Maria
di Leuca. Altri undici sommergibili (Brin,
Alagi, Diaspro, Giada, Galatea, Marea, Nichelio, Platino, Turchese, Topazio e Velella) vengono contestualmente
schierati in Mar Tirreno, tra il Golfo di Paola ed il Golfo di Gaeta.
In navigazione con l’equipaggio schierato in coperta (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
Armistizio
Nelle confuse
giornate che seguirono l’annuncio dell’armistizio di Cassibile (8 settembre
1943), il Menotti fu protagonista di
un episodio che dimostra l’atmosfera di incertezza, tensione e diffidenza di
quel periodo. Il proclama dell’armistizio lo sorprese mentre stava pattugliando
le acque del Mar Ionio, al comando del tenente di vascello Giovanni Manunta:
questi, incerto sul da farsi e dubbioso dell’autenticità degli ordini che
andava intercettando via radio, si consultò il mattino del 9 settembre con il
parigrado Pasquale Gigli, comandante del sommergibile Jalea, incontrato nello Ionio. Dopo lo scambio di opinioni, le
strade dei due sommergibili si divisero: Manunta decise di fare rotta col Menotti verso Siracusa, mentre Gigli
decise di portare il suo Jalea a
Gallipoli.
Nel tardo pomeriggio
di quello stesso giorno, mentre era in navigazione nel Canale d’Otranto, il Menotti venne intercettato dal
sommergibile britannico Unshaken
(tenente di vascello Jack Whitton), che stava rientrando a Malta dopo la sua
diciottesima missione di guerra, svolta al largo di Brindisi.
L’Unshaken era in superficie quando
l’idrofonista annunciò di aver rilevato rumore di motori che andavano ad alta
velocità; temendo che potesse trattarsi di un sommergibile nemico, Whitton
ordinò l’immersione, dopo di che avvistò il Menotti
al periscopio alle 18.25, in posizione 39°51’ N e 19°04’ E, a cinque miglia di
distanza su rilevamento 180°. Sulle prime, tuttavia, il comandante britannico
ebbe qualche difficoltà a determinare la nazionalità del nuovo arrivato
attraverso il periscopio: il suo scafo non era visibile, ancora al di là
dell’orizzonte, mentre la torretta luccicava al sole. Identificatolo in un
primo momento come un U-Boot tedesco, Whitton manovrò per attaccare, ma alle
18.50 si rese conto che il sommergibile avvistato era in realtà italiano (il
giornale di bordo dell’Unshaken
riferisce: "1825 hours - In position
39°51'N, 19°04'E sighted a U-boat bearing 180°, range 5 nautical miles. Enemy
course 340°. Closed to attack. 1850
hours - The submarine was now seen to be not German but Italian (Unshaken
had received a signal to cease hostilities against Italy at 2231/8). Il
comandante Whitton dell’Unshaken
avrebbe così descritto, anni dopo, quei momenti: “A circa 1500 iarde di distanza [1370 metri], quando non mancavano che pochi minuti al lancio dei siluri, diedi una
lunga ed attenta occhiata al bersaglio: il sommergibile era italiano. Issava
anche la sua bandiera ed aveva un numero insolitamente grande di persone sulla
plancia, le quali, come potevo vedere chiaramente, avevano lo sguardo fisso
rivolto verso nordovest, senza dubbio verso il loro amato Paese [che si
trovava] a poche miglia di distanza. Con
quel mucchio di persone in plancia, [il Menotti] non era certo in una posizione adatta per
una immersione rapida (…) Avremmo
cercato di fermarlo, e poi abbordarlo”.
Una volta appurata la
sua nazionalità, l’Unshaken emerse (erano
le sette di sera) e sparò un colpo d’avvertimento con il cannone, intimando al
sommergibile italiano di fermarsi. Il Menotti
rifiutò tuttavia di obbedire, e rispose alla cannonata con una raffica di
mitragliera (secondo una fonte ufficiale britannica, il comandante Manunta avrebbe
poi giustificato l’apertura del fuoco affermando di aver inizialmente scambiato
l’Unshaken per un U-Boot tedesco); l’Unshaken reagì manovrando per portarsi
in posizione adatta a lanciare i siluri, e solo a questo punto il battello
italiano cessò il fuoco ed accondiscese ad arrestarsi.
L’Unshaken si affiancò allora al Menotti e si avvicinò fino a portata di
voce, mandando al contempo a bordo dell’unità italiana un drappello di tre
marinai, comandato dal tenente di vascello David "Shaver" Swanston,
grande amico di Whitton nonché comandante "soprannumerario" presso la
10st Submarine Flotilla di Malta, imbarcato sull’Unshaken per quella missione. Whitton
incaricò Swanston di assumere il controllo del Menotti. La parola a Whitton: “L’Unshaken
emerse e sparò un colpo d’avvertimento a cavallo della prua dell’U-Boot:
c’erano [adesso] ancora più uomini in
plancia [del Menotti
] di prima; suppongo fossero saliti per vedere
cosa diavolo stesse per accadere. A questo punto l’Unshaken era affiancato
[al Menotti], fermo, con la nostra prua contro la prua dell’unità italiana. Il
drappello d’abbordaggio, guidato da Shaver che brandiva una calibro 45, stava
saltando a bordo [del Menotti]. Corsero lungo il ponte di prua e si
arrampicarono sulla torretta dell’unità nemica. L’obiettivo: assumere il
controllo del boccaporto della torretta e così arrestare l’immersione, indi
soffocare ogni ulteriore resistenza. Ma non ci fu nessuna resistenza [né
avrebbe potuto esserci, visto che l’Italia aveva cessato le ostilità contro gli
Alleati, nda]”. Tra i marinai del drappello vi era tale Ronald
"Sharky" Ward, che secondo un racconto britannico sarebbe stato
armato, a sua insaputa, con una pistola scarica, essendo i proiettili contenuti
in una busta a parte che era consegnata al marinaio insieme agli ordini.
Una volta che i due
sommergibili furono affiancati, ed il drappello britannico fu salito sul Menotti, si accese una vivace
discussione tra il comandante italiano, che voleva raggiungere Brindisi, e
quello britannico, che pretendeva invece che il Menotti facesse rotta su Malta. Ancora Whitton: “…seguì uno scambio di battute piuttosto
acceso, con i due comandanti, ciascuno sulla sua plancia, fianco a fianco, dava
voce alle proprie intenzioni: Brindisi, gridava lui; Malta, gridavo io. Brindisi…
Malta…” Lo storico britannico John Wingate, autore del libro "The
Fighting Tenth", aggiunge ulteriori particolari alla descrizione di questa
surreale situazione: il comandante in seconda dell’Unshaken, sottotenente di vascello Herbert Patrick "Percy"
Westmacott, passò a Whitton il suo berretto da ufficiale, “per dare un po’ più
di solennità alla situazione”. Infine Whitton riuscì a “persuadere” Manunta
facendogli spiegandore i dettagli dell’armistizio e, soprattutto, puntando il
cannone dell’Unshaken contro la
torretta del Menotti.
Il comandante dell’Unshaken conclude così il proprio
racconto: “Me lo misi [il berretto]. Al cannone da 76 mm, ancora armato, e pronto
all’azione, venne ordinato: caricare un colpo HE [High Explosive]. Il servente, un marinaio con considerevole
iniziatia, sollevò il proiettile ad alto esplosivo da 76 mm: lo mostrò, come
avrebbe fatto un prestigiatore a teatro, ad un pubblico italiano che ne fu
molto impressionato. Poi lasciò scivolare il proiettile nel cannone, chiudendo seccamente
la culatta. La bocca del cannone venne puntata sullo stomaco del comandante
italiano, ad una distanza di circa tredici piedi [meno di quattro metri]. A Shaver, in piedi vicino a lui, fu chiesto
di spostarsi da parte. Con un’alzata di spalle e le mani in aria, l’italiano
concordò: Malta. Adesso stavamo cantando la stessa canzone, e non penso che sia
stato il mio berretto ad aver sortito questo effetto. Con Shaver Swanston ed il
drappello d’abbordaggio al controllo, il battello italiano, il Menotti, avrebbe
fatto rotta per Malta”.
Per sincerarsi che il
Menotti raggiungesse effettivamente
Malta e non tentasse d’immergersi e filarsela, Whitton fece trasbordare un
ufficiale e tre marinai del Menotti
sull’Unshaken come “ostaggi”; inoltre
decise di effettuare il viaggio verso Malta, che avrebbe richiesto due giorni,
restando perlopiù in superficie, per poter meglio tener d’occhio il
sommergibile italiano.
L’episodio è così riportato
nel giornale di bordo dell’Unshaken:
«ore 19.00 – Emergo e sparo un colpo di cannone a cavallo della prua del
sommergibile [il Menotti] per
fermarlo. Il sommergibile italiano risponde con una raffica di mitragliera. L’Unshaken modifica poi la propria rotta
come per lanciare dei siluri, al che il tiro di mitragliera cessa. Mi avvicino
al [sommergibile] italiano fino a giungere a portata di voce. Gli italiani
affermano quindi che sono diretti a Brindisi per ricevervi ordini. Diciamo loro
allora di invertire la rotta e fare rotta su Malta, ma si rifiutano, ma quando
puntiamo il nostro cannone verso di loro ed il tenente di vascello Swanston
spiega i dettgli della resa il comandante italiano cambia idea. Apprendiamo a
questo punto che il sommergibile è il Ciro
Menotti. Invio un drappello d’abbordaggio di quattro uomini al comando del
tenente di vascello Swanston e prendo come ostaggi un ufficiale e tre marinai
italiani. Ore 20.00 – Procediamo verso Malta con il Menotti davanti a noi» ("1900
hours - Surfaced and fired one round across submarine's bows to stop her. The
Italian submarine answered with a burst of machine gun fire. Unshaken then
altered course as to fire torpedoes, the machine gun fire then stopped. Closed
the Italian to hailing distance. The Italians then stated they were making for
Brindisi for orders. We then told him to turn round and make for Malta but they
refused but when we pointed our gun towards him and when Lt. Swanston had
explained the details of surrender the Italian Commanding Officer changed his
mind. It was then found out that the submarine was the Ciro Menotti. 1900
hours - Sent over a boarding party of four with Lt. Swanston in command and
took one Italian officer and three ratings as hostages. 2000 hours - Proceeded
on passage to Malta with Menotti in front").
Il 10 settembre Menotti ed Unshaken, in navigazione verso Malta, avvistarono un aereo tedesco,
ma non si verificarono attacchi. Ogni sera l’Unshaken si avvicinava al Menotti
per controllare che la situazione sull’unità italiana fosse sotto controllo;
secondo Wingate, “Swanston si lamentava
della sporcizia e della mancanza di disciplina, ma evidentemente non aveva
problemi con gli ufficiali, che esprimevano apertamente la loro ripugnanza
verso i tedeschi in particolare e verso la guerra in generale. Il comandante
del Menotti disse in seguito a Whitton: non aveva ordini di procedere verso un
porto Alleato, eccetto un messaggio che riteneva falso, dato che gli Alleati
avevano usato cifrari italiani catturati. Era turbato dalla sconfitta;
detestava i tedeschi ma non gli dispiaceva di arrendersi ai britannici”.
L’11 settembre (secondo
fonti britanniche; fonti italiane parlano invece del 12 settembre, una
addirittura delle 17.30 del 14) il Menotti
entrò a Malta scortato dall’Unshaken
(una fonte britannica lo definisce addirittura “sotto arresto”, date le particolari
circostanze del suo “fermo”), passando in mezzo alle altre navi da guerra
italiane che lo avevano qui preceduto e che si trovavano adesso all’ancora nel
Grand Harbour. Wingate conclude così la narrazione dell’episodio: “Quel pomeriggio il comandante dell’Unshaken
ricevette quella che deve essere stata una delle ricevute più inusuali mai
compilate nella storia. Scritta su carta con corona goffrata dalla macchina per
scrivere di Lazaretto, era indirizzata al sommergibile di sua maestà Unshaken e
recava la data di sabato 11 settembre 1943. Firmata da George Phillips in
qualità di comandante della 10a Flottiglia Sommergibili, recitava: «Ricevuto
dal tenente di vascello J. Whitton, R. N., un sommergibile italiano chiamato Menotti
e sessantuno uomini di equipaggio»”.
Il Menotti andò ad ormeggiarsi a Lazaretto
Creek, presso la località di Marsa Muscetto, vicino alla locale base
sommergibili britannica. Fu il primo sommergibile italiano a raggiungere Malta
dopo l’armistizio; gli altri iniziarono ad affluire soltanto a partire dal 13
settembre.
Il comandante Whitton
dell’Unshaken ed il suo secondo,
sottotenente di vascello Herbert Patrick Westmacott, ricevettero in seguito la
Distinguished Service Cross per aver, tra le altre cose, “enforced the surrender of the Italian submarine Menotti, deliberately
contravening the armistice regulations” (“obbligato il sommergibile
italiano Menotti, che stava
deliberatamente contravvenendo alle regole dell’armistizio, ad osservare i
termini della resa”); tre marinai (tra cui il sottufficiale motorista Samuel
Joseph Lindop Evans) ricevettero la Distinguished Service Medal e diversi altri
una “menzione nei dispacci”. Qualche pubblicazione britannica afferma che l’Unshaken avrebbe “catturato” il Menotti, ma quest’affermazione lascia il
tempo che trova, dato che la supposta “cattura” avvenne dopo l’armistizio, e
dopo che il Menotti, come ogni altra
unità italiana, aveva ricevuto ordine di cessare le ostilità contro gli
Alleati. La citata motivazione della DSC appare più aderente al vero, al di là
della pretesa “deliberatezza” del Menotti
nella mancata osservanza dell’ordine di recarsi a Malta (frutto, più che altro,
della legittima incertezza che regnava in quei momenti nella mente di tanti
comandanti italiani, trovatisi di colpo dinanzi ad un cambiamento tanto
repentino della propria situazione). Per la verità, poi, secondo la versione
italiana il Menotti stava
effettivamente eseguendo gli ordini ricevuti dai sommergibili schierati nello
Ionio, che avevano ricevuto disposizione di dirigersi ad Augusta (Siracusa è a
poca distanza ed era parimenti in mano britannica) e così fecero (tra gli
altri, raggiunsero Augusta Vortice, Squalo, Bragadin, Onice, Settembrini e Zoea), raggiungendo poi Malta dopo qualche giorno. In effetti la
discrepanza più grande tra le fonti italiane e britanniche è appunto costituita
dalla destinazione scelta dal comandante Manunta: secondo le prime il Menotti era in navigazione verso
Siracusa quando venne intercettato dall’Unshaken,
mentre stando alle seconde sarebbe stato invece intenzionato a raggiungere
Brindisi.
Sommergibili italiani ormeggiati a Sliema (Marsa Muscetto, Malta) nella terza decade del settembre 1943: il Menotti è il dodicesimo da sinistra (g.c. STORIA militare) |
Il comandante della
flotta italiana internata a Malta era l’ammiraglio di divisione Alberto Da Zara,
il più anziano tra i comandanti divisionari quivi giunti con la flotta dopo la
morte dell’ammiraglio Carlo Bergamini sulla corazzata Roma: quando fu informato
di quanto accaduto al Menotti e della
sua situazione, Da Zara protestò energicamente presso l’ammiraglio Andrew
Browne Cunningham, comandante della Mediterranean Fleet, il quale ordinò di
restituire subito il sommergibile alla Regia Marina. Il Menotti tornò dunque sotto pieno controllo italiano, andandosi ad
ormeggiare, il 13 settembre, a St. Paul’s Bay, insieme alla nave appoggio
idrovolanti Giuseppe Miraglia, al
cacciatorpediniere Augusto Riboty,
alle torpediniere Libra ed Orione ed ai sommergibili Atropo, Fratelli Bandiera e Jalea.
Sembra però probabile
che una conseguenza di questo episodio sia stata la sostituzione del comandante
Manunta, forse dietro pressioni britanniche, dal momento che un mese più tardi
a comandare il Menotti non era più
lui, ma il tenente di vascello Enzo Mariano. D'altra parte, due mesi dopo Manunta ebbe nuovamente il comando di un sommergibile, il nuovissimo Vortice.
21 settembre 1943
Il Menotti viene temporaneamente dislocato
nell’ormeggio di San Paolo (Malta), insieme ad altri dieci sommergibili (Alagi, Brin, Galatea, H 1, H 2, H 4, Jalea, Onice, Squalo e Zoea; più tardi anche il Turchese), alle “dipendenze” della nave
appoggio idrovolanti Giuseppe Miraglia
(si tratta del "Gruppo San Paolo", uno dei due gruppi in cui sono
stati suddivisi i sommergibili italiani giunti a Malta: l’altro, denominato "Gruppo
Marsa Scirocco", è ubicato in tale località alle dipendenze della
corazzata Giulio Cesare).
13 o 16 ottobre 1943
A seguito della
dichiarazione di guerra dell’Italia alla Germania, il Menotti (tenente di vascello Enzo Mariano) lascia Malta alle
8.30 insieme ai sommergibili Atropo, Corridoni e Zoea, diretto ad Haifa (Palestina).
Dato che le
guarnigioni italiane di alcune delle isole del Dodecaneso, rinforzate da truppe
britanniche, stanno ancora resistendo agli attacchi tedeschi, questi
sommergibili vengono inviati ad Haifa per essere impiegati in missioni di
rifornimento di armi e munizioni verso tali isole (nonché di sgombero feriti al
ritorno): in particolare, i britannici hanno chiesto l’impiego di alcuni
sommergibili italiani per il rifornimento di Lero il 13 ottobre. La loro
capacità di carico stimata è di 70 tonnellate di munizioni o 40 tonnellate di
provviste.
21 ottobre 1943
Menotti, Corridoni e
Zoea giungono ad Haifa in mattinata,
preceduti dall’Atropo (arrivato
il giorno precedente).
Qui viene costituito
il Comando Superiore Navale Italiano del Levante (Maricosulev Haifa), con un
Gruppo Sommergibili del Levante (Grupsom Levante), al comando del capitano di
fregata Carlo Liannazza; i sommergibili del Gruppo sono alle dipendenze della
1st Submarine Flotilla della Royal Navy.
28 ottobre 1943
Il Menotti (tenente di vascello Enzo
Mariano) parte da Haifa alle 19 per una missione di trasporto, con a bordo un
carico di munizioni ed altri rifornimenti destinati alla guarnigione di Lero.
31 ottobre 1943
Arriva a Portolago
(Lero) alle 22.50.
A proposito
dell’impiego dei sommergibili per il rifornimento di Lero, la storia ufficiale
dell’USMM scrive: «L’apporto effettivo
dei smg. ai rifornimenti non fu naturalmente di grande importanza, data la loro
naturale scarsa capacità di trasporto. Portarono munizioni, benzina, materiali
vari ed anche cannoni Bofors rizzati in coperta. Grande fu invece l’apporto
morale che le visite notturne dei smg. italiani diedero ai difensori di Lero
per la soddisfazione ed il prestigio che ad essi derivava da questa attività
militare italiana. Essa infatti si svolgeva senza particolare controllo inglese
(salvo un rappresentante degli Alleati per il servizio delle comunicazioni),
pur essendo i smg. in pieno assetto di guerra e pronti a combattere durante la
traversata, che veniva, in buona parte, eseguita con navigazione occulta».
Le operazioni di scarico devono essere eseguite di notte, perché soltanto col
buio la Luftwaffe sospende i suoi continui attacchi aerei.
1° novembre 1943
Dopo aver sbarcato il
carico, il Menotti riparte da
Portolago alle 2.27.
5 novembre 1943
Arriva ad Haifa alle
4.21.
3 dicembre 1943
Venuta meno, con la
caduta di Lero e Samo, l’esigenza di sommergibili per missioni di trasporto, il
Menotti lascia Haifa alle 17.35 per
fare ritorno in Italia.
10 dicembre 1943
Arriva a Taranto alle
13.47.
1944-1945
Impiegato nel
Mediterraneo orientale (Haifa, Alessandria, Malta e Tobruk) per l’addestramento
delle unità antisommergibili Alleate, durante la cobelligeranza, partecipando a
numerose esercitazioni antisom.
7 giugno 1944
Risulta essere
deceduto in questa data l’unico caduto in guerra tra l’equipaggio del Menotti: il sergente nocchiere Michele
Matarese, di 25 anni, da Monte di Procida.
Stranamente, Matarese
risulta essere deceduto in prigionia in Germania (più precisamente,
nell’ospedale dello Stalag VI D di Dortmund, per malattia, dopo essere stato
precedentemente prigioniero anche nello Stalag I A/EB di Ebenrode, in Prussia
orientale), pur non essendo il Menotti
stato catturato dai tedeschi dopo l’armistizio: si può azzardare l’ipotesi che
l’8 settembre Matarese si trovasse a terra, ad esempio in licenza, e che sia
stato catturato e deportato in Germania. È sepolto nel cimitero militare italiano
di Francoforte sul Meno.
Estate 1944
Assume il comando del
Menotti il tenente di vascello Luigi De
Ferrante.
Dicembre 1944
Una “pink list”
britannica (lista pubblicata settimanalmente, che indicava la posizione di
ciascuna unità della Royal Navy e delle Marine alleate o cobelligeranti) datata
12 dicembre 1944 indica il Menotti
come uno degli “A/S Training Submarines” (“sommergibili adibiti
all’addestramento antisommergibili”) e lo indica come dislocato a Taranto in
quel periodo.
Il Menotti (sulla sinistra) in disarmo a Taranto, sul finire del 1944 (in primo piano lo Squalo, ancora operativo) (g.c. STORIA militare) |
1945
Posto in disarmo.
1° febbraio 1948
Radiato dai quadri
del naviglio, per disposizione del trattato di pace.
1949
Demolito.
Un’altra immagine del Menotti nei primi anni Trenta (da www.xmasgrupsom.com) |
grazie mille per aver scritto queste informazioni dettagliate sui menotti sommergibili! �� Ho cercato di cercare e trovare quante più informazioni su questo sottomarino qui in Australia perché il mio nonno ha prestato servizio su questa barca durante la seconda guerra mondiale dal 1940 al 1945. Era uno specialista di siluri sottocapo siluri e mi hanno assegnato 2 medaglie e il badge di onore. Se desideri foto o copie di documenti, sono felice di aiutarti nella tua ricerca. Grazie - Renato Lombardo
RispondiEliminaBuongiorno,
Eliminase volesse magari potrei inserire nella pagina una foto di suo nonno, con qualche notizia sul suo conto che lei potrebbe darmi. Nel caso potrebbe scrivermi a lorcol94@gmail.com
Okay that would be an honour! I will send you a photograph of him onboard C.Menotti AA gun with his captain Gelli when under attack from airplane in April 1943 he repelled the attack which he was awarded 2 medals. I have patrol report documents also
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RispondiEliminaBuongiorno,
Eliminarispondo alla sua email.