giovedì 14 novembre 2019

Istria

L’Istria (Coll. Giorgio Spazzapan)

Piroscafo da carico di 5416 tsl e 3405 tsn, lungo 123,17-123,3 metri, largo 16,43 e pescante 8,99, con velocità di 10,5 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Italia, con sede a Genova, ed iscritto con matricola 2209 al Compartimento Marittimo di Genova.

Talvolta erroneamente menzionato, su Internet, come "nave cisterna per acqua", per confusione con l’omonima unità della Regia Marina.

Breve e parziale cronologia.

Giugno 1921
Completato dal cantiere di Trieste dello Stabilimento Tecnico Triestino per la Navigazione Libera Triestina, avente sede a Trieste. Numero di costruzione 569; ha due gemelli, l’Arsa ed il Recca.
Fa parte di un gruppo di 19 navi di diversa tipologia e dimensione, ordinate dalla Navigazione Libera Triestina nei primi anni Venti, a seguito dell’ottenimento di finanziamenti previsti da una legge del 1919 a sostegno della Marina Mercantile. Registrato a Trieste; stazza lorda e netta originaria 5441 tsl e 3428 tsn.
Uno dei suoi primi comandanti è il capitano di lungo corso Gavi.
10 maggio 1933
Il comandante dell’Istria, capitano di lungo corso Desiderio Tonetti, muore improvvisamente a bordo della nave durante uno scalo a Galveston, in Texas.
Il comandante Tonetti era stato decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare, durante la prima guerra mondiale, per l’impari combattimento sostenuto col suo piroscafo Prometeo contro un U-Boot tedesco, e per aver portato in salvo il suo equipaggio, dopo l’affondamento del Prometeo, con un viaggio di 500 miglia sulle scialuppe.
1937
Trasferito alla Italia Società Anonima di Navigazione, avente sede a Genova, in seguito alla liquidazione della Navigazione Libera Triestina ed alla spartizione della sua flotta tra il Lloyd Triestino e la società Italia.
Impiegato sulle rotte tra l’Italia, gli Stati Uniti e le Indie Occidentali.
1938
Il porto di registrazione viene spostato da Trieste a Genova.
7 giugno 1940
Di ritorno dall’America, l’Istria raggiunge le acque territoriali italiane tre giorni prima della dichiarazione di guerra con cui l’Italia entra nel secondo conflitto mondiale.
(Per altra fonte, invece, proprio la sera del 7 giugno l’Istria sarebbe invece dovuto partire da Genova per il Sud America, con scali intermedi a Barcellona, Cadice e Cuba. In tal caso è probabile che la partenza sia stata annullata oppure che la dichiarazione di guerra abbia sorpreso la nave già in navigazione ma ancora nel Mediterraneo, dopo di che essa si sarebbe affrettata a tornare in Italia).
17 dicembre 1940
Diversi giornali statunitensi riportano una notizia secondo cui alle 17.30 (o 18.30) del 16 dicembre l’Istria avrebbe inviato una richiesta radio di aiuto segnalando di trovarsi in difficoltà al largo di Kingston, in Giamaica, e chiedendo urgentemente assistenza; un quarto d’ora dopo la ricezione dell’iniziale richiesta di aiuto, la stazione radio Mackay di Amagansett (New York) avrebbe riferito di essere ancora in contatto con l’Istria, che avrebbe riferito di trovarsi tra Cuba e la Giamaica. Deve evidentemente trattarsi di un errore, essendo l’Istria in Mediterraneo, anche se “circoli marittimi” americani sostengono di aver sentito dire che il piroscafo dovrebbe compiere un viaggio da Lisbona a Cuba (il che appare estremamente improbabile, dato che il controllo britannico di Gibilterra impedisce ai mercantili italiani di entrare o uscire dal Mediterraneo).
26 dicembre 1940
Requisito a Genova dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
13 febbraio 1941
L’Istria, il piroscafo Beatrice Costa e la motonave Rialto partono da Napoli per Tripoli alle 00.15 con la scorta della torpediniera Generale Antonino Cascino, trasportando automezzi dei primi scaglioni dell’Afrika Korps.
15 febbraio 1941
A Palermo, alle 9, la Cascino è rilevata nella scorta dalla più moderna torpediniera Alcione.
17 febbraio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 10.30.
20 febbraio 1941
Istria, Beatrice Costa ed il piroscafo Caffaro lasciano Tripoli alle 9 per tornare a Napoli, scortati dai cacciatorpediniere Luca Tarigo (caposcorta) e Lanzerotto Malocello e dalla torpediniera Rosolino Pilo.
22 febbraio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 20.

Erwin Rommel intento a pianificare la controffensiva dell’Asse dopo il suo arrivo a Tripoli, febbraio-marzo 1941. Tra le navi visibili sullo sfondo, il piroscafo sulla sinistra è molto probabilmente l’Istria; subito a destra la torpediniera Circe.

13 marzo 1941
L’Istria, i piroscafi Merano (postale) e Sant’Agata e la motonave Piero Foscari salpano da Brindisi alle 8.40 trasportando un totale di 718 soldati diretti in Albania, con la scorta del cacciatorpediniere Augusto Riboty. Il convoglio raggiunge Durazzo alle 18.15.
22 marzo 1941
L’Istria e le motonavi Rossini e Puccini, tutte e tre scariche, lasciano Durazzo alle 9.30 con la scorta della torpediniera Angelo Bassini, raggiungendo Bari alle 20.30 dello stesso giorno.
26 marzo 1941
L’Istria ed i piroscafi Zena, Marco (adibito a traffico civile) e Sagitta partono da Bari per Durazzo alle 18, scortati dalla Bassini. Il convoglio trasporta in tutto 66 militari, 600 quadrupedi, 28 veicoli e 5938 tonnellate di materiali vari.
27 marzo 1941
Il convoglio raggiunge Durazzo alle 8.50.
28 marzo 1941
L’Istria lascia Durazzo alle 20, in convoglio con i piroscafi Città di Tripoli (avente a bordo 195 feriti lievi), Zena (scarico) e Triton Maris (scarico).
29 marzo 1941
Scortato dalla torpediniera Giacomo Medici, il convoglio arriva a Bari alle 11.45.
5 aprile 1941
L’Istria ed il piroscafo Zena, aventi a bordo 110 militari, 560 quadrupedi, 119 veicoli e 724 tonnellate di materiali, partono da Bari alle 21 insieme alla torpediniera Solferino.
6 aprile 1941
I due piroscafi e la Solferino giungono a Durazzo alle 16.
7 aprile 1941
Istria, Zena e le motonavi Città di Agrigento e Città di Trapani lasciano Durazzo alle sei del mattino per raggiungere Bari, con la scorta del cacciatorpediniere Riboty. Tutte le navi sono scariche.
8 aprile 1941
Il convoglio arriva a Bari alle 00.30.
11 aprile 1941
L’Istria ed il piroscafo Padenna, aventi a bordo 29 militari, 121 automezzi e 156 tonnellate di carburante, salpano da Bari alle 3.15 e raggiungono Durazzo alle 16.30, scortati dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari.
14 aprile 1941
L’Istria (vuoto) e le motonavi Rossini e Puccini ripartono da Durazzo alle 7 ed arrivano a Bari alle 22, scortati dal cacciatorpediniere Carlo Mirabello e dalla torpediniera Solferino.
21 aprile 1941
L’Istria ed i piroscafi Bolsena, Quirinale e Città di Tripoli salpano da Bari alle 20.50 diretti a Durazzo, trasportando in tutto 1834 militari e 280 tonnellate di benzina e materiali vari. Li scortano l’incrociatore ausiliario Brindisi e la torpediniera Castelfidardo.
22 aprile 1941
Il convoglio raggiunge Durazzo alle 11.30.
1° maggio 1941
L’Istria ed il piroscafo Sagitta, carichi tra tutt’e due di 317 veicoli, salpano da Durazzo alle 8 e raggiungono Bari alle 20.30, scortati dalla Solferino.
13 maggio 1941
L’Istria e le motonavi Città di Trapani e Città di Alessandria salpano da Bari alle 22.15, carichi di truppe e materiali, con la scorta della Solferino.
14 maggio 1941
Il convoglio arriva a Durazzo alle 12.50.

Profilo dell’Istria (da “Storia del Cantiere San Marco di Trieste” di Ernesto Gellner e Paolo Valenti, via Francesco De Domenico)

19 maggio 1941
L'Istria, i piroscafi Sant'Agata e Monrosa e le motonavi Rossini e Città di Alessandria lasciano Durazzo alle 11.15 diretti a Bari, trasportando in tutto 1500 militari, 1336 quadrupedi e 186 veicoli. Li scortano l’incrociatore ausiliario Barletta e la torpediniera Generale Marcello Prestinari.
20 maggio 1941
Il convoglio raggiunge Bari alle 6.30.
10 giugno 1941
L'Istria, il piroscafo Caterina e la motonave Marin Sanudo trasportano truppe e materiali da Bari a Durazzo, scortati dalla torpediniera Medici.
13 giugno 1941
Istria, Caterina e Marin Sanudo, scortati dalla torpediniera Prestinari, trasportano truppe e materiali da Durazzo a Bari.
16 giugno 1941
L'Istria e la motonave Maria compiono un viaggio da Bari a Durazzo, privi di scorta.
20 giugno 1941
L'Istria compie un viaggio da Durazzo a Bari, da solo e senza scorta.
13 luglio 1941
Altro viaggio isolato da Durazzo a Bari.
19 luglio 1941
Trasporta materiali vari da Bari a Durazzo, viaggiando di nuovo da solo e senza scorta.
1° agosto 1941
Lascia Durazzo e ritorna a Bari, sempre da solo e privo di scorta.
12 agosto 1941
L'Istria, proveniente da Taranto (?), giunge insieme alla motonave Tergestea a Vibo Marina (Vibo Valentia), dove le due navi sbarcano 12 militari.
15 ottobre 1941
Muore per fatto bellico a bordo dell'Istria l'ingrassatore Giovanni Bagnato, da Genova.
5 febbraio 1942
Alle 12.27 il sommergibile britannico Upholder (tenente di vascello Compton Patrick Norman) avvista in posizione 38°17' N e 13°05' E (al largo del Golfo di Castellammare) gli alberi ed i fumaioli di quelle che Norman ritiene essere diverse navi di piccole dimensioni, che procedono con rotta ovest tenendosi vicine alla costa. Iniziata la manovra d’attacco, alle 12.50 il comandante britannico apprezza la composizione del convoglio come due piccoli mercantili, tra cui forse una nave cisterna, con un cacciatorpediniere a proravia ed un sommergibile (poi identificato, alle 12.58 – essendo la distanza scesa a 3660 metri –, come una torpediniera classe Orsa) a poppavia. Decide di attaccare quest’ultimo, essendo il resto del convoglio troppo lontano ed in posizione sfavorevole per un attacco.
In realtà, Norman ha sottostimato le dimensioni dei suoi bersagli: il convoglio che ha avvistato è composto proprio dall'Istria, oltre che dalla nave cisterna Rondine e dal posamine ausiliario Mazara, scortati dalle torpediniere Polluce ed Aretusa. Prima che il sommergibile possa giungere al lancio, all’una del pomeriggio, un velivolo della scorta aerea passa così basso e così vicino all'Upholder da indurlo ad abbandonare l’attacco e scendere in profondità: l'aereo, infatti, ha avvistato il sommergibile, e lo segnala alla scorta navale del convoglio. L'Aretusa inverte pertanto la rotta, si precipita sul punto indicato e lancia otto bombe di profondità, tra le 13.45 e le 13.55, mentre l'Upholder si ritira verso nord. Il sommergibile non subisce danni, ma il suo attacco è stato sventato.
22 marzo 1942
Assume il comando dell'Istria il capitano di lungo corso Antonio Zotti, sessantaduenne, da Lussinpiccolo (Pola).

Il capitano di lungo corso Antonio Zotti, ultimo comandante dell’Istria (USMM)

28 luglio 1942
L’Istria parte da Napoli per Tripoli alle 20.30, scortato dalla torpediniera Giuseppe Dezza.
29 luglio 1942
Istria e Dezza arrivano a Trapani alle 17.45, sostandovi fino all’indomani.
30 luglio 1942
L’Istria, con a bordo 129 tonnellate di materiali vari – un carico invero modestissimo rispetto a quello che potrebbe imbarcare –, lascia Trapani alle 4.15 per raggiungere Tripoli, scortato dalle cannoniere-cacciasommergibili Eso e Selve (secondo altra fonte, invece, il Selve si sarebbe unito alla scorta soltanto in un secondo momento, provenendo da Tripoli quale rinforzo, mentre della scorta avrebbe fatto parte anche la Dezza, che ricopriva il ruolo di caposcorta). Le navi seguono la rotta che passa ad ovest di Malta.
1° agosto 1942
Il convoglietto arriva a Tripoli alle dieci del mattino.
4 agosto 1942
L’Istria lascia Tripoli alle otto di sera per raggiungere Bengasi, scortato dal Selve (e, secondo il volume USMM "La difesa del traffico con l’A.S. dal 1° ottobre 1941 al 30 settembre 1942", anche da un’altra cannoniera-cacciasommergibili, l’Oriole).
Lo stesso giorno, dei messaggi relativi alla partenza dell’Istria vengono intercettati e decifrati dai decrittatori britannici di “ULTRA”; ciononostante, il piroscafo raggiungerà indenne Bengasi.
6 agosto 1942
Arriva a Bengasi alle 14.30 e vi sosta fino alle 16.45, quando riparte per Patrasso con la scorta della torpediniera Pegaso (il citato volume USMM parla erroneamente del cacciatorpediniere Freccia).
7 agosto 1942
Alle 12.55, trenta miglia a sudovest di Gaudo e 50 miglia a sudovest di Creta, le due navi del convoglietto avvistano un bombardiere tedesco Junkers Ju 88 (per una fonte, appartenente alla scorta aerea) intento a mitragliare qualcosa sulla superficie del mare, 4600 metri a proravia del convoglio; la Pegaso (tenente di vascello Mario De Petris) si porta nella zona per vedere di cosa si tratti, e nota un periscopio affiorante che lascia una scia visibile a notevole distanza, nonostante la superficie del mare sia increspata. Il periscopio, che rimane visibile per un po’ di tempo anche dopo la fine dell’attacco dello Ju 88 (così a lungo che De Petris riterrà che probabilmente il sommergibile nemico debba avere qualche problema, perché il periscopio è rimasto esposto troppo a lungo rispetto a quanto sembrerebbe ragionevole in una situazione del genere, in cui un sommergibile tenterebbe normalmente di scendere alla svelta a profondità maggiore), continua a muoversi verso sinistra ad alta velocità con l’apparente intenzione di portarsi sul suo fianco sinistro, tagliando la rotta del convoglio, per poi scomparire alla vista dopo due minuti.
Alle 12.58 la Pegaso ottiene un buon contatto all’ecogoniometro, 1400 metri di prora: si tratta del sommergibile britannico Thorn (capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk). Iniziano quindi gli attacchi con bombe di profondità: in tutto la Pegaso ne esegue ben sette, dalle 12.58 alle 13.47, mantenendo sempre un buon contatto all’ecogoniometro. Vengono lanciate tre bombe di profondità con ciascuno dei tre lanciabombe di dritta, distanziate tra di loro di 50 metri e regolate per esplodere a 15, 45 e 70 metri di profondità, in modo da saturare la zona bombardata.
Il sommergibile manovra rapidamente nel tentativo di sottrarsi alla caccia, ma dopo il secondo attacco sembra ridurre di molto la velocità, e poco dopo la Pegaso osserva delle tracce di carburante. Dopo il sesto attacco, affiorano in superficie in successione dell’altro carburante e tre vistose bolle d’aria, che inducono il comandante De Petris a pensare che il sommergibile stia tentando di emergere.
Dopo il settimo attacco, il contatto all’ecogoniometro viene perso, e vengono visti affiorare in superficie prima un’enorme bolla d’aria (alle 13.45) e poi del carburante, che forma rapidamente una chiazza molto vasta. La Pegaso rimane per qualche tempo sul punto dell’affondamento, poi ritorna a scortare l’Istria.
Il Thorn si è inabissato con tutto l’equipaggio di 60 uomini, in posizione 34°25’ N e 22°36’30” E.
Pegaso ed Istria giungono al Pireo alle 9.30.
8 agosto 1942
Istria e Pegaso arrivano a Navarino alle 10.06.
9 agosto 1942
Istria e Pegaso lasciano Navarino alle 17.30, diretti a Patrasso.
10 agosto 1942
Alle 8.20 (per il volume USMM, invece, alle 22.30) Istria e Pegaso arrivano a Patrasso, dopo di che l’Istria prosegue da solo (o scortato dalla torpediniera Perseo) per il Pireo, dove arriva alle 22.20 dello stesso giorno.
 
Profilo e pianta (da “Storia del Cantiere San Marco di Trieste” di Ernesto Gellner e Paolo Valenti, via Francesco De Domenico)

L'affondamento

All'una del pomeriggio del 23 agosto 1942 (per altra fonte il 22) l'Istria ed un altro piroscafo, il Dielpi, partirono dal Pireo diretti a Tobruk, in convoglio con le motozattere italiane MZ 744 e MZ 758 e con la scorta del cacciatorpediniere tedesco ZG 3 Hermes (caposcorta) e dalla torpediniera italiana Sirio.
L'Istria, al comando del capitano di lungo corso Antonio Zotti, aveva un equipaggio di 58 uomini e trasportava un carico di munizioni e 200 (secondo Enrico Cernuschi, Vincent O’Hara e Martin Gilbert) o 407 (secondo Ian S. O. Pyfair e James Sadkovich) tonnellate di carburante in fusti, destinato ad alimentare l’avanzata in Egitto dell’Armata Corazzata Italo-Tedesca del generale Erwin Rommel (più precisamente, il carburante trasportato sull'Istria era destinato alle truppe italiane di quell’armata). MZ 744 e MZ 758 facevano parte di due gruppi di otto e sette motozattere trasferitisi da Brindisi a Tobruk, rispettivamente tra il 31 luglio ed il 6 agosto e tra il 10 ed il 23 agosto, facendo scalo intermedio al Pireo: entrambe le piccole unità erano rimaste bloccate nel porto ellenico per avaria, mentre le unità consorelle avevano proseguito per la Libia, e si era pertanto deciso di aggregarle al convoglio formato da Istria e Dielpi.
Il convoglio fece scalo intermedio a Suda, dove giunse alle dieci del mattino del 24 agosto e da dove ripartì alle 23 del 26, con il rinforzo della torpediniera Generale Antonino Cascino.
Poco dopo la partenza, il convoglio si divise in due gruppi, che proseguirono separatamente: l'Istria e le due motozattere fecero rotta per Tobruk, con la scorta dell’Hermes – sempre avente il ruolo di caposcorta – e della torpediniera Pegaso (uscita a questo scopo da Suda); il Dielpi si diresse verso Bengasi, scortato dalla Cascino.
L'Hermes lasciò il convoglio alle sette di sera del 27 agosto, dopo di che l'Istria proseguì con la scorta della sola Pegaso, seguendo una rotta che lo tenesse il più possibile lontano da Malta.
(Per altra fonte, l'Istria e la sua scorta partirono da Suda contemporaneamente, ma non insieme, a quattro altri convogli: motonavi Tergestea e Manfredo Camperio, cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, torpediniere Polluce e Climene; motonave Unione e cacciatorpediniere Folgore; nave cisterna Giorgio, piroscafo Anna Maria Gualdi, torpediniere Sirio, Orsa e Partenope; piroscafo Dielpi, torpediniera Cascino.).

Fin da prima che lasciassero il Pireo, però, le navi italiane erano state “tenute d’occhio” da “ULTRA”, l’organizzazione britannica che si occupava dell’intercettazione e decrittazione delle comunicazioni in codice dell’Asse. Il 22 agosto “ULTRA” aveva riferito ai comandi britannici che «…Il Dielpi che doveva congiungersi al convoglio Pozarica è stato inviato a Suda insieme all’Istria, entrambi provenienti dal Pireo. Dielpi e Kreta probabilmente procederanno da Suda per Tobruk», mentre due giorni più tardi aveva precisato che «L’Istria è partito dal Pireo alle 12.00 del 22 per Suda e Bengasi». Ulteriori informazioni erano seguite il 25 agosto («L’Istria, che dovrà partire da Suda per Tobruk alle 00.01 del 27, velocità 8 nodi, arriverà alle 13.00 del giorno 28») e poi ancora il 26 («L’Istria dovrà lasciare Suda il 27 agosto per Tobruk e arriverà il 28 agosto»). Nelle prime ore del 27 agosto, infine, i comandi britannici al Cairo vennero informati dai decrittatori di “ULTRA” dell’intercettazione e decifrazione di un lungo e particolareggiato messaggio tedesco relativo alla scorta aerea che la Luftwaffe avrebbe dovuto fornire quello stesso giorno al convoglio dell'Istria: grazie a questo messaggio, i britannici poterono conoscere la rotta che il piroscafo avrebbe dovuto seguire (compresi i punti in cui avrebbe dovuto incontrare la scorta aerea ed i relativi orari), ed organizzarsi di conseguenza.
Alcune fonti britanniche (tra cui "Ship-Busters: British Torpedo-Bombers in World War II" e "The Desert Air Force in World War II") affermano che l'Istria ed il Dielpi, menzionati erroneamente come “navi cisterna”, fossero urgentemente attesi da Rommel per poter lanciare l'offensiva da questi pianificata per fine agosto 1942, poi divenuta nota come battaglia di Alam Halfa, che sarebbe dovuta inizialmente scattare il 26 agosto ma che venne sospesa in attesa dell’arrivo del carburante necessario. Ad un incontro tenuto il 27 agosto tra Rommel, il maresciallo d’Italia Ugo Cavallero (capo di Stato Maggiore generale italiano) ed il feldmaresciallo Albert Kesselring (comandante in capo delle forze tedesche nel Mediterraneo), Cavallero avrebbe promesso a Rommel l'arrivo a Bengasi entro una settimana di 5000 tonnellate di carburante, delle quali la prima parte sarebbe dovuta giungere appunto su Istria e Dielpi; Rommel avrebbe dunque rinviato il suo attacco di due o tre giorni in attesa dell’arrivo di queste navi. Questa questione è affrontata più oltre.

Avvistato da ricognitori Alleati, durante la sera del 27 agosto il convoglietto si ritrovò ad essere oggetto di ripetuti attacchi di aerosiluranti, inutilmente controbattuti dal tiro delle armi antiaeree dell'Istria. Gli aerei provenivano dalle basi dell'Egitto: per primo era decollato un bimotore Vickers Wellington dotato di radar ASV (Air to Surface Vessel, per la localizzazione delle navi da parte degli aerei), incaricato di cercare il convoglio, seguito in un secondo momento da ben dodici Wellington del 38th Squadron della Royal Air Force (dislocato in Egitto col compito di attaccare il naviglio dell’Asse  nelle acque tra la Grecia ed il Nordafrica, al di fuori della portata degli aerosiluranti di Malta), in versione aerosilurante.
Il Wellington munito di radar ci aveva messo cinque ore a rintracciare il convoglio: quando lo ebbe trovato, emise immediatamente un segnale di scoperta, che venne intercettato da buona parte dei Wellington aerosiluranti. Il primo a giungere sul posto fu il tenente Michael Foulis, già protagonista dell’attacco degli aerosiluranti britannici contro la flotta italiana durante la battaglia di Mezzo Giugno, due mesi prima. Attaccando controluna, il Wellington di Foulis eseguì una singola “corsa” d’attacco, lanciando entrambi i siluri di cui disponeva a distanza di alcuni secondi l'uno dall’altro: per questo fu il secondo siluro ad essere lanciato, da ridottissima distanza, a colpire per primo il bersaglio, raggiungendo l'Istria esattamente a centro nave. Il “primo” siluro, lanciato da 640 metri di distanza, colpì qualche istante più tardi, stavolta a poppa, mentre ancora la colonna d’acqua e fiamme sollevata dall’esplosione del “secondo” siluro non era interamente ricaduta in mare.
Questo secondo le fonti britanniche (tra cui il libro "Ship Busters" di Ralph Barker), mentre da parte italiana (volume USMM "La difesa del traffico con l’A.S. dal 1° ottobre 1941 al 30 settembre 1942") si parla di un unico siluro andato a segno, che avrebbe colpito l'Istria a poppa, alle 23.48 (o 23.45) del 27 agosto. "Navi mercantili perdute", anch’esso dell’USMM, parla invece di bombe, anziché di siluri, ma si tratta quasi certamente di un errore; qualche discrepanza riguarda infine anche gli aerei protagonisti dell’azione: "Navi mercantili perdute" e la storia ufficiale britannica redatta dal generale I. S. O. Playfair ("History of the Second World War: United Kingdom Military Series – The Mediterranean and Middle East: Volume 3 – British Fortunes Reach Their Lowest Ebb, September 1941 to September 1942") parlano di aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron RAF e caccia Bristol Beaufighter del 227th Squadron RAF (alcuni dei quali muniti di bombe), tutti decollati da Malta, mentre "Ship Busters", al pari di un articolo di Enrico Cernuschi e Vincent O’Hara ("The Other Ultra", nel quale però si menzionano nove Wellington anziché dodici), parla di Wellington decollati dall’Egitto.
Non c’è invece divergenza su quello che seguì: scosso dall'esplosione delle munizioni contenute nelle stive 4 e 5, l'Istria affondò in soli quattro minuti nel punto 33°33' N e 23°41' E, una settantina di miglia a nordovest di Ras el Tin (per altra fonte, a 40 miglia per 050° da Ras el Tin, o a 60 miglia da tale località, o 90 miglia a nord di Tobruk, o ancora a nord-nord-est di Ras el Tin).

Prima di allontanarsi dal luogo dell'attacco, il tenente Foulis girò in cerchio attorno alla nave colpita, vedendola progressivamente scomparire nel fumo degli incendi che dilagavano a bordo, finché non ne fu completamente avvolta.
Il comandante dell'Istria, Antonio Zotti, era un vecchio lupo di mare che solcava i mari da più di quarant’anni. Per un caso della vita, era originario proprio della terra di cui la sua nave portava il nome: era infatti nato il 19 dicembre 1880 nell’isola istriana di Lussinpiccolo. Aveva navigato con il Lloyd Triestino quando ancora si chiamava Lloyd Austriaco; poi con la società Cosulich, e infine con la società Italia. Per la prima metà della sua vita aveva navigato sotto bandiera austroungarica, poi sotto quella italiana. Visto il suo piroscafo mortalmente colpito, il capitano Zotti ordinò l’abbandono della nave e lo diresse dalla plancia, ma non volle scendere a sua volta sulle lance: mentre i suoi uomini lo chiamavano dalle scialuppe, fece loro cenno di allontanarsi, e rimase a bordo. Assicuratosi che l’equipaggio fosse in salvo, affondò con la sua nave. Fu uno dei due marittimi della Marina Mercantile ad essere decorati con la Medaglia d'Oro al Valor Militare, alla memoria, con motivazione: «Comandante civile di un piroscafo requisito, destinato al rifornimento munizioni del fronte libico, attaccato nottetempo da siluranti nemiche, reagiva decisamente con elevato spirito combattivo. Resosi vano ogni tentativo di salvare la nave perché colpita nella parte vitale, si dedicava subito al salvataggio del personale, dirigendo le operazioni dal ponte di comando, fermo e sereno di fronte al pericolo, sempre più incombente. Rimaneva al suo posto con incrollabile saldezza d'animo e incondizionato attaccamento al dovere anche quando, visto il proprio equipaggio salvo e irrimediabilmente compromessa l'unità, avrebbe potuto mettersi in salvo, preferendo così scomparire con la sua nave che di lì a poco esplodeva, inabissando con sé il suo eroico Comandante».

Alcuni altri Vickers Wellington giunsero sul posto a cose fatte, una decina di minuti dopo l’attacco di Foulis: scrive Ralph Barker che "…osservarono il fumo disperdersi lentamente finché, quando volarono direttamente sulla verticale di quel punto, nulla rimaneva all’infuori di pochi piccoli sbuffi di fumo attraverso i quali la luna brillava pallidamente, ed una grossa chiazza di nafta sull’acqua".

Compreso il comandante Zotti, furono sei le vittime dell'affondamento, su un totale di 58 uomini imbarcati sull’Istria: i pronti soccorsi da parte di Pegaso, MZ 744 e MZ 758 consentirono il salvataggio di 52 naufraghi (da un documento presente all'USMM a Roma risultano però i nomi di sei marittimi deceduti sull'Istria oltre al comandante Zotti: è possibile che uno dei naufraghi sia successivamente deceduto per le ferite). Particolarmente importante fu proprio il contributo delle due motozattere, che si avvicinarono al piroscafo scosso da continue esplosioni, nonostante il pericolo di esserne investite, per trarre in salvo quanti più uomini possibile. I naufraghi recuperati dalle motozattere furono poi trasbordati sulla Pegaso, che li riportò a Suda.
Ultimato il salvataggio, torpediniera e motozattere proseguirono per Tobruk, dove giunsero alle sei di sera del 28 agosto.

Le vittime:

Guido Bertella, fuochista
Benigno Di Bono, nostromo, da Trapani
Pasquale Faro, fuochista, da Pizzo
Severino Mantelli, fuochista
Andrea Marino, carbonaio, da Genova
Sebastiano Sersanti, fuochista, da Genova
Antonio Zotti, comandante, da Lussinpiccolo

“ULTRA” non mancò di informare i comandi britannici dell’avvenuto successo: con dispaccio del 29 agosto, sulla scorta di ulteriori intercettazioni, annunciò infatti che «L’Istria è stato colato a picco da velivoli alle 21.45 del 27 mentre era in rotta da Suda a Tobruk con carico di carburante M/T e munizioni».
Come prevedibile, non appena la notizia degli affondamenti giunse a Berlino, i vertici tedeschi si scatenarono in una pioggia di critiche sulla protezione, giudicata insufficiente, che la Marina italiana aveva dato a Istria, Dielpi e Manfredo Camperio (un’altra motonave affondata lo stesso giorno dal sommergibile britannico Umbra). Mussolini, ignorando le proteste di Cavallero e del capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, si allineò alla visione tedesca.

L'impatto dell’affondamento dell'Istria, e di altre navi perdute nello stesso periodo, sugli eventi in Nordafrica sembra essere piuttosto controverso. Varie fonti britanniche affermano che la perdita o grave danneggiamento di diverse navi italiane (tra cui l'Istria), cariche di rifornimenti per l'Armata Corazzata Italo-Tedesca, nell’agosto 1942 ebbe un ruolo determinante nel fallimento della battaglia di Alam Halfa, ultimo tentativo di Rommel di sfondare le difese britanniche in Egitto. Il libro "Winston S. Churchill: Road to Victory, 1941-1945" di Martin Gilbert, ad esempio, afferma che "Durante il mese di agosto, Montgomery aveva atteso l’attacco di Rommel sulle sue posizioni difensive di Alam Halfa. Durante il mese, le decrittazioni di messaggi Enigma avevano rivelato quanto i rifornimenti di carburante fossero il principale problema di Rommel, influendo sia sulla data dell’attacco, che sulla sua scala. In conseguenza di questa conoscenza, gli attacchi sulle navi italiane impegnate nei suoi rifornimenti vennero intensificati. Il 15 agosto il mercantile Lerici era stato affondato da un sommergibile, così come il mercantile Pilo due giorni dopo. I loro affondamenti avvennero proprio quando una decrittazione di Enigma aveva rivelato che i consumi di carburante della Panzerarmee avevano superato l’afflusso [di nuovo carburante] fin dall’inizio del mese. Il 21 agosto la Royal Air Force silurò la petroliera Pozarica, che stava trasportando carburante per gli italiani. Anche qui, una decrittazione di Enigma rivelò che per effetto di questo affondamento [in realtà la Pozarica non fu affondata, ma non poté comunque raggiungere l'Africa a causa dei gravi danni subiti] la situazione delle scorte di carburante italiane era ‘altrettanto tesa’ [ciò risultava dall’intercettazione di una comunicazione tedesca del 25 agosto]. Il 24 agosto una decrittazione di Enigma diede i dettagli su un programma di rifornimenti di carburante che prevedeva l’invio di venti navi in Nordafrica tra il 25 agosto ed il 5 settembre. Nel secondo giorno di questo programma [26 agosto], la Royal Air Force fu in grado di sconvolgerlo seriamente bombardando il Canale di Corinto. Il 28 agosto una decrittazione di Enigma diede dettagli sui carichi di carburante di altre otto navi [parte di un nuovo programma d’emergenza, sarebbero dovute arrivare in Africa tra il 28 agosto ed il 2 settembre], la prima delle quali doveva partire quello stesso giorno. Adesso le decrittazioni non davano solo i carichi, ma anche i tempi di partenza e, a differenza di prima, le rotte. Tre delle navi, il Dielpi con 2200 tonnellate di carburante per l’aviazione tedesca, l’Istria con 200 tonnellate per gli italiani e la Camperio, furono affondate il 27 agosto. Rommel non poteva più aspettare, ed alle quattro del pomeriggio del 30 agosto decise di lanciare il suo attacco quella notte, sapendo che le sue truppe avevano carburante solo per quattro giorni e mezzo di combattimento, anziché i quindici che aveva sperato, ed avendo munizioni sufficienti solo per quattro-sei giorni [ciò fu rivelato da ulteriori decrittazioni molto tempo dopo, nell’ottobre 1942]". Un altro articolo presenta una cronologia quasi identica, affermando che il 19 agosto, due giorni dopo l'intercettazione di un messaggio con cui Rommel annunciava la difficile situazione delle sue scort di carburante, il Comando in Capo britannico sollecitò i comandi britannici nel Mediterraneo a “compiere uno sforzo supremo, con ogni mezzo”, per interrompere le linee di rifornimento via mare di Rommel nei dieci giorni a venire. Sarebbe stato in seguito all’affondamento di Pilo e Lerici ed siluramento della Pozarica che il 24 agosto Rommel decise che non poteva ancora fissare una data precisa per la sua offensiva, in attesa dell'arrivo di altro carburante; decisione ribadita il 26 agosto, all’indomani del bombardamento del Canale di Corinto, quando i comandi dell’Asse in Nordafrica vincolarono la data dell’offensiva all’arrivo di un nuovo convoglio con rifornimenti di carburante. Una decrittazione di un messaggio della Panzerarmee del 27 agosto rivelò che il mancato arrivo di carburante e munizioni impediva di annunciare la data dell’attacco fino al 29 agosto. Dopo la perdita di Istria, Dielpi e Manfredo Camperio il 27 agosto, il 29 Rommel decise che avrebbe dovuto limitare la sua offensiva ad un’operazione locale, mirata a distruggere le forze britanniche nelle posizioni di El Alamein. Una decrittazione di “ULTRA” del 30 agosto di un messaggio della Panzerarmee di due giorni prima mostrava che quest’ultima affermasse che su 2400 tonnellate di carburante che sarebbero dovute giungere entro quel giorno, solo 100 erano arrivate, così che le riserve bastavano solo per sei giorni di battaglia. Un altro messaggio intercettato lo stesso giorno chiedeva con particolare urgenza l’invio di munizioni anticarro e per carri armati.
Simili sono anche i toni di "Ship-Busters: British Torpedo-Bombers in World War II" e "The Desert Air Force in World War II" nonché di altri libri, britannici ed anche italiani.
Di diverso avviso è invece un articolo ("The Other Ultra") di Enrico Cernuschi e Vincent O’Hara, pubblicato sul volume 66 della Naval War College Review (rivista accademica del Naval War College della Marina statunitense) del 2013. In esso i due autori presentano la seguente ricostruzione degli eventi dell’agosto 1942: dopo la conclusione dell’offensiva che aveva portato l'Armata Corazzata Italo-Tedesca ad El Alamein, il 2 luglio, Rommel aveva ricevuto rifornimenti in quantità superiore del 50 % rispetto ai consumi mensili della sua armata, ma nutriva dubbi su una ripresa dell’offensiva. Il 17 agosto il suo superiore nel Mediterraneo, feldmaresciallo Albert Kesselring, si era recato in Egitto per convincerlo a lanciare la nuova, risolutiva offensiva fino a Suez, ma il comandante della Panzerarmee aveva affermato di non aver abbastanza rifornimenti, perché la Marina italiana non era riuscita a consegnarglieli (in realtà, nel luglio 1942 le perdite tra i rifornimenti inviati in Nordafrica via mare non avevano superato il 7 %, ed erano giunte nei porti libici circa 90.000 tonnellate di carburante, munizioni ed altri rifornimenti, uno dei quantitativi più elevati dell’intera guerra); una scusa, in realtà, creduta a Berlino – dove gli alti comandi tedeschi erano sempre disposti a scaricare la colpa di tutto sugli italiani – ma non da Kesselring, esperto di logistica. Rommel disse a Kesselring di necessitare di altre 30.000 tonnellate di carburante, 2672 tonnellate di munizioni e 500 veicoli, il tutto da recapitare al fronte entro il giorno dell’attacco, il cui inizio era previsto per la notte del 30 agosto. Cernuschi e O’Hara definiscono quella di Rommel una richiesta irrealistica, facendo notare che in tutto il corso della campagna nordafricana non erano mai state trasportate, in due settimane, più di 24.000 tonnellate di carburante. Dopo aver lungamente mercanteggiato, Rommel aveva ridotto di molto le sue pretese; i due feldmarescialli erano giunti ad un accordo in base al quale nei tredici giorni precedenti l'offensiva Kesselring ed il Comando Supremo avrebbero organizzato l’invio in Nordafrica di 5700 tonnellate di carburante, 2000 tonnellate di munizioni e 295 veicoli. Questa promessa, affermano i due autori, fu rispettata, nonostante la perdita dell'Istria e di altre navi: tra il 23 ed il 28 agosto giunsero nei porti della Cirenaica le 5700 tonnellate di carburante richieste, ossia 117 sulla motonave Tergestea (arrivata a Bengasi il 28 agosto con anche 279 automezzi e centinaia di tonnellate di munizioni), 2545 sulla nave cisterna Giorgio (giunta a Tobruk il 28 agosto), 2749 sulla nave cisterna Alberto Fassio (arrivata a Tobruk il 23 agosto) e 382 sul piroscafo tedesco Kreta (arrivato a Tobruk il 25 agosto). Inoltre, tre giorni dopo l'affondamento dell'Istria, il 30 agosto, giunse a Tobruk il piroscafo Anna Maria Gualdi, con 1600 tonnellate di carburante per l'esercito tedesco. Nel corso dell’intero mese di agosto, i convogli italiani avevano trasportato in Nordafrica 51.655 tonnellate di rifornimenti su 77.134 partite, cioè il 67 %, tra cui 22.500 tonnellate di carburante (il 59 % di quanto partito) e 3628 tonnellate di munizioni (il 77 %); su 37 navi mercantili partite per il Nordafrica, 27 erano arrivate. Delle dieci perdute, sette (Lerici, Rosolino Pilo, Ogaden, Manfredo Camperio, Istria, Dielpi e Sanandrea) erano ascrivibili all’operato di “ULTRA”. «L’arrivo del carico della Tergestea [e quelli di Giorgio, Fassio e Kreta nei giorni precedenti] significava che nonostante il mancato arrivo di Istria, Dielpi, Camperio e Pozarica, Roma aveva consegnato il carburante in più che Rommel aveva chiesto per condurre la sua offensiva del 30 agosto». Il fallimento della battaglia di Alam Halfa, che si concluse il 2 settembre con un nulla di fatto, sarebbe dunque da ascrivere – anche secondo l’opinione di Kesselring – non agli affondamenti di navi che avrebbe impedito a Rommel di ricevere il carburante necessario, bensì ad altre cause, a partire dalla mancanza di sorpresa (i britannici sapevano già, grazie alle loro decrittazioni, dove e quando si sarebbe svolto l’attacco italo-tedesco, e si erano preparati di conseguenza) e dalla disparità di forze, in uomini e mezzi corazzati, già raggiunta tra lo schieramento del Commonwealth da una parte e quello italo-tedesco dall’altra. Quello della mancanza di carburante per via degli affondamenti causati da “ULTRA”, affermano Cernuschi e O’Hara, sarebbe stato essenzialmente un “mito” sfruttato da Rommel per giustificare il proprio insuccesso, dagli alti comandi tedeschi per addossare le colpe agli italiani, responsabili dei rifornimenti, e dalla Marina e dall’Aviazione britannica, oltre che dai loro decrittatori, per rivendicare il merito di aver fermato Rommel.
La storia ufficiale delle forze armate britanniche nella seconda guerra mondiale ("The Mediterranean and Middle East: Volume 3 – British Fortunes Reach Their Lowest Ebb, September 1941 to September 1942" di I. S. O. Playfair), pubblicata nel 1960, afferma invece che nel periodo 23-30 agosto giunsero a Tobruk 2322 tonnellate di carburante destinate alle forze di terra italo-tedesche (1140 tonnellate sull’Alberto Fassio, 225 sul Kreta, 120 sul Giorgio, 837 sul piroscafo Anna Maria Gualdi, arrivato il 30) oltre a circa 1200 tonnellate di munizioni, mentre altre 3282 tonnellate di carburante si sarebbero perdute in mare (407 sull'Istria, 464 sul Dielpi, 2411 sulla nave cisterna Sanandrea, affondata il 30). Relativamente alla Giorgio, Playfair afferma che “sembra aver causato una certa confusione perché trasportava 2474 tonnellate [di carburante], quasi tutte per la Luftwaffe, delle quali l’Esercito si aspettava di ricevere più di quanto poi ricevette”.
Il dibattito sembra destinato a continuare.
 
Un disegno raffigurante l’Istria (ricavato da una foto del gemello Recca)

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