L’Istria (Coll. Giorgio Spazzapan) |
Piroscafo da carico
di 5416 tsl e 3405 tsn, lungo 123,17-123,3 metri, largo 16,43 e pescante 8,99,
con velocità di 10,5 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione
Italia, con sede a Genova, ed iscritto con matricola 2209 al Compartimento
Marittimo di Genova.
Talvolta erroneamente
menzionato, su Internet, come "nave cisterna per acqua", per
confusione con l’omonima unità della Regia Marina.
Breve e parziale cronologia.
Giugno 1921
Completato dal
cantiere di Trieste dello Stabilimento Tecnico Triestino per la Navigazione
Libera Triestina, avente sede a Trieste. Numero di costruzione 569; ha due
gemelli, l’Arsa ed il Recca.
Fa parte di un gruppo
di 19 navi di diversa tipologia e dimensione, ordinate dalla Navigazione Libera
Triestina nei primi anni Venti, a seguito dell’ottenimento di finanziamenti
previsti da una legge del 1919 a sostegno della Marina Mercantile. Registrato
a Trieste; stazza lorda e netta originaria 5441 tsl e 3428 tsn.
Uno dei suoi primi
comandanti è il capitano di lungo corso Gavi.
10 maggio 1933
Il comandante dell’Istria, capitano di lungo corso
Desiderio Tonetti, muore improvvisamente a bordo della nave durante uno scalo a
Galveston, in Texas.
Il comandante Tonetti
era stato decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare, durante la prima
guerra mondiale, per l’impari combattimento sostenuto col suo piroscafo Prometeo contro un U-Boot tedesco, e per
aver portato in salvo il suo equipaggio, dopo l’affondamento del Prometeo, con un viaggio di 500 miglia
sulle scialuppe.
1937
Trasferito alla
Italia Società Anonima di Navigazione, avente sede a Genova, in seguito alla
liquidazione della Navigazione Libera Triestina ed alla spartizione della sua
flotta tra il Lloyd Triestino e la società Italia.
Impiegato sulle rotte
tra l’Italia, gli Stati Uniti e le Indie Occidentali.
1938
Il porto di
registrazione viene spostato da Trieste a Genova.
7 giugno 1940
Di ritorno
dall’America, l’Istria raggiunge le
acque territoriali italiane tre giorni prima della dichiarazione di guerra con
cui l’Italia entra nel secondo conflitto mondiale.
(Per altra fonte,
invece, proprio la sera del 7 giugno l’Istria
sarebbe invece dovuto partire da Genova per il Sud America, con scali intermedi
a Barcellona, Cadice e Cuba. In tal caso è probabile che la partenza sia stata
annullata oppure che la dichiarazione di guerra abbia sorpreso la nave già in
navigazione ma ancora nel Mediterraneo, dopo di che essa si sarebbe affrettata
a tornare in Italia).
17 dicembre 1940
Diversi giornali statunitensi
riportano una notizia secondo cui alle 17.30 (o 18.30) del 16 dicembre l’Istria avrebbe inviato una richiesta
radio di aiuto segnalando di trovarsi in difficoltà al largo di Kingston, in
Giamaica, e chiedendo urgentemente assistenza; un quarto d’ora dopo la
ricezione dell’iniziale richiesta di aiuto, la stazione radio Mackay di
Amagansett (New York) avrebbe riferito di essere ancora in contatto con l’Istria, che avrebbe riferito di trovarsi
tra Cuba e la Giamaica. Deve evidentemente trattarsi di un errore, essendo l’Istria in Mediterraneo, anche se
“circoli marittimi” americani sostengono di aver sentito dire che il piroscafo
dovrebbe compiere un viaggio da Lisbona a Cuba (il che appare estremamente
improbabile, dato che il controllo britannico di Gibilterra impedisce ai
mercantili italiani di entrare o uscire dal Mediterraneo).
26 dicembre 1940
Requisito a Genova
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
13 febbraio 1941
L’Istria, il piroscafo Beatrice Costa e la motonave Rialto partono da Napoli per Tripoli
alle 00.15 con la scorta della torpediniera Generale Antonino Cascino,
trasportando automezzi dei primi scaglioni dell’Afrika Korps.
15 febbraio 1941
A Palermo, alle 9,
la Cascino è rilevata nella
scorta dalla più moderna torpediniera Alcione.
17 febbraio 1941
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 10.30.
20 febbraio 1941
Istria, Beatrice Costa ed il piroscafo Caffaro lasciano Tripoli alle 9 per
tornare a Napoli, scortati dai cacciatorpediniere Luca Tarigo (caposcorta)
e Lanzerotto Malocello e dalla torpediniera Rosolino
Pilo.
22 febbraio 1941
Il convoglio giunge a
Napoli alle 20.
13 marzo 1941
L’Istria, i piroscafi Merano (postale) e Sant’Agata
e la motonave Piero Foscari salpano da Brindisi alle 8.40 trasportando
un totale di 718 soldati diretti in Albania, con la scorta del
cacciatorpediniere Augusto Riboty. Il convoglio raggiunge Durazzo
alle 18.15.
22 marzo 1941
L’Istria e le motonavi Rossini e Puccini, tutte e tre scariche, lasciano Durazzo alle 9.30 con la
scorta della torpediniera Angelo Bassini, raggiungendo Bari alle 20.30
dello stesso giorno.
26 marzo 1941
L’Istria ed i piroscafi Zena, Marco (adibito a traffico civile) e Sagitta partono da Bari per Durazzo alle 18, scortati dalla Bassini. Il convoglio trasporta in tutto
66 militari, 600 quadrupedi, 28 veicoli e 5938 tonnellate di materiali vari.
27 marzo 1941
Il convoglio
raggiunge Durazzo alle 8.50.
28 marzo 1941
L’Istria lascia Durazzo alle 20, in
convoglio con i piroscafi Città di Tripoli (avente
a bordo 195 feriti lievi), Zena (scarico)
e Triton Maris (scarico).
29 marzo 1941
Scortato dalla
torpediniera Giacomo Medici, il convoglio arriva a Bari alle
11.45.
5 aprile 1941
L’Istria ed il piroscafo Zena, aventi a bordo 110 militari, 560
quadrupedi, 119 veicoli e 724 tonnellate di materiali, partono da Bari alle 21
insieme alla torpediniera Solferino.
6 aprile 1941
I due piroscafi e la Solferino giungono a Durazzo alle 16.
7 aprile 1941
Istria, Zena e le motonavi Città di Agrigento e Città di Trapani lasciano
Durazzo alle sei del mattino per raggiungere Bari, con la scorta del
cacciatorpediniere Riboty. Tutte le
navi sono scariche.
8 aprile 1941
Il convoglio arriva a
Bari alle 00.30.
11 aprile 1941
L’Istria ed il piroscafo Padenna, aventi a bordo 29 militari, 121
automezzi e 156 tonnellate di carburante, salpano da Bari alle 3.15 e
raggiungono Durazzo alle 16.30, scortati dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari.
14 aprile 1941
L’Istria (vuoto) e le motonavi Rossini e Puccini ripartono da Durazzo alle 7 ed arrivano a Bari alle 22,
scortati dal cacciatorpediniere Carlo
Mirabello e dalla torpediniera Solferino.
21 aprile 1941
L’Istria ed i piroscafi Bolsena, Quirinale e Città di Tripoli
salpano da Bari alle 20.50 diretti a Durazzo, trasportando in tutto 1834
militari e 280 tonnellate di benzina e materiali vari. Li scortano
l’incrociatore ausiliario Brindisi e
la torpediniera Castelfidardo.
22 aprile 1941
Il convoglio
raggiunge Durazzo alle 11.30.
1° maggio 1941
L’Istria ed il piroscafo Sagitta, carichi tra tutt’e due di 317
veicoli, salpano da Durazzo alle 8 e raggiungono Bari alle 20.30, scortati
dalla Solferino.
13 maggio 1941
L’Istria e le motonavi Città di Trapani e Città di
Alessandria salpano da Bari alle 22.15, carichi di truppe e materiali, con
la scorta della Solferino.
14 maggio 1941
Il convoglio arriva a
Durazzo alle 12.50.
Profilo dell’Istria (da “Storia del Cantiere San Marco di Trieste” di Ernesto Gellner e Paolo Valenti, via Francesco De Domenico) |
19 maggio 1941
L'Istria, i piroscafi Sant'Agata e Monrosa e le
motonavi Rossini e Città di Alessandria lasciano Durazzo
alle 11.15 diretti a Bari, trasportando in tutto 1500 militari, 1336 quadrupedi
e 186 veicoli. Li scortano l’incrociatore ausiliario Barletta e la torpediniera Generale
Marcello Prestinari.
20 maggio 1941
Il convoglio
raggiunge Bari alle 6.30.
10 giugno 1941
L'Istria, il piroscafo Caterina e la motonave Marin Sanudo trasportano truppe e
materiali da Bari a Durazzo, scortati dalla torpediniera Medici.
13 giugno 1941
Istria, Caterina e Marin Sanudo, scortati dalla
torpediniera Prestinari, trasportano
truppe e materiali da Durazzo a Bari.
16 giugno 1941
L'Istria e la motonave Maria compiono un viaggio da Bari a
Durazzo, privi di scorta.
20 giugno 1941
L'Istria compie un viaggio da Durazzo a
Bari, da solo e senza scorta.
13 luglio 1941
Altro viaggio isolato
da Durazzo a Bari.
19 luglio 1941
Trasporta materiali
vari da Bari a Durazzo, viaggiando di nuovo da solo e senza scorta.
1° agosto 1941
Lascia Durazzo e
ritorna a Bari, sempre da solo e privo di scorta.
12 agosto 1941
L'Istria, proveniente da Taranto (?),
giunge insieme alla motonave Tergestea a
Vibo Marina (Vibo Valentia), dove le due navi sbarcano 12 militari.
15 ottobre 1941
Muore per fatto bellico a bordo dell'Istria l'ingrassatore Giovanni Bagnato, da Genova.
5 febbraio 1942
Alle 12.27 il
sommergibile britannico Upholder
(tenente di vascello Compton Patrick Norman) avvista in posizione 38°17' N e
13°05' E (al largo del Golfo di Castellammare) gli alberi ed i fumaioli di
quelle che Norman ritiene essere diverse navi di piccole dimensioni, che
procedono con rotta ovest tenendosi vicine alla costa. Iniziata la manovra
d’attacco, alle 12.50 il comandante britannico apprezza la composizione del
convoglio come due piccoli mercantili, tra cui forse una nave cisterna, con un
cacciatorpediniere a proravia ed un sommergibile (poi identificato, alle 12.58
– essendo la distanza scesa a 3660 metri –, come una torpediniera classe Orsa)
a poppavia. Decide di attaccare quest’ultimo, essendo il resto del convoglio
troppo lontano ed in posizione sfavorevole per un attacco.
In realtà, Norman ha
sottostimato le dimensioni dei suoi bersagli: il convoglio che ha avvistato è
composto proprio dall'Istria, oltre
che dalla nave cisterna Rondine e dal
posamine ausiliario Mazara, scortati
dalle torpediniere Polluce ed Aretusa. Prima che il sommergibile possa
giungere al lancio, all’una del pomeriggio, un velivolo della scorta aerea
passa così basso e così vicino all'Upholder
da indurlo ad abbandonare l’attacco e scendere in profondità: l'aereo, infatti,
ha avvistato il sommergibile, e lo segnala alla scorta navale del convoglio. L'Aretusa inverte pertanto la rotta, si
precipita sul punto indicato e lancia otto bombe di profondità, tra le 13.45 e
le 13.55, mentre l'Upholder si ritira
verso nord. Il sommergibile non subisce danni, ma il suo attacco è stato
sventato.
22 marzo 1942
Assume il comando
dell'Istria il capitano di lungo
corso Antonio Zotti, sessantaduenne, da Lussinpiccolo (Pola).
Il capitano di lungo corso Antonio Zotti, ultimo comandante dell’Istria (USMM) |
28 luglio 1942
L’Istria parte da Napoli per Tripoli alle
20.30, scortato dalla torpediniera Giuseppe
Dezza.
29 luglio 1942
Istria e Dezza arrivano a
Trapani alle 17.45, sostandovi fino all’indomani.
30 luglio 1942
L’Istria, con a bordo 129 tonnellate di
materiali vari – un carico invero modestissimo rispetto a quello che potrebbe
imbarcare –, lascia Trapani alle 4.15 per raggiungere Tripoli, scortato dalle
cannoniere-cacciasommergibili Eso e Selve (secondo altra fonte, invece, il Selve si sarebbe unito alla scorta
soltanto in un secondo momento, provenendo da Tripoli quale rinforzo, mentre
della scorta avrebbe fatto parte anche la Dezza,
che ricopriva il ruolo di caposcorta). Le navi seguono la rotta che passa ad
ovest di Malta.
1° agosto 1942
Il convoglietto
arriva a Tripoli alle dieci del mattino.
4 agosto 1942
L’Istria lascia Tripoli alle otto di sera
per raggiungere Bengasi, scortato dal Selve
(e, secondo il volume USMM "La difesa del traffico con l’A.S. dal 1°
ottobre 1941 al 30 settembre 1942", anche da un’altra
cannoniera-cacciasommergibili, l’Oriole).
Lo stesso giorno, dei
messaggi relativi alla partenza dell’Istria
vengono intercettati e decifrati dai decrittatori britannici di “ULTRA”;
ciononostante, il piroscafo raggiungerà indenne Bengasi.
6 agosto 1942
Arriva a Bengasi alle
14.30 e vi sosta fino alle 16.45, quando riparte per Patrasso con la scorta della
torpediniera Pegaso (il citato volume
USMM parla erroneamente del cacciatorpediniere Freccia).
7 agosto 1942
Alle 12.55, trenta
miglia a sudovest di Gaudo e 50 miglia a sudovest di Creta, le due navi del
convoglietto avvistano un bombardiere tedesco Junkers Ju 88 (per una fonte,
appartenente alla scorta aerea) intento a mitragliare qualcosa sulla superficie
del mare, 4600 metri a proravia del convoglio; la Pegaso (tenente di vascello Mario De Petris) si porta nella
zona per vedere di cosa si tratti, e nota un periscopio affiorante che lascia
una scia visibile a notevole distanza, nonostante la superficie del mare sia
increspata. Il periscopio, che rimane visibile per un po’ di tempo anche dopo
la fine dell’attacco dello Ju 88 (così a lungo che De Petris riterrà che
probabilmente il sommergibile nemico debba avere qualche problema, perché il
periscopio è rimasto esposto troppo a lungo rispetto a quanto sembrerebbe
ragionevole in una situazione del genere, in cui un sommergibile tenterebbe
normalmente di scendere alla svelta a profondità maggiore), continua a muoversi
verso sinistra ad alta velocità con l’apparente intenzione di portarsi sul suo
fianco sinistro, tagliando la rotta del convoglio, per poi scomparire alla
vista dopo due minuti.
Alle 12.58 la Pegaso ottiene un buon contatto
all’ecogoniometro, 1400 metri di prora: si tratta del sommergibile
britannico Thorn (capitano
di corvetta Robert Galliano Norfolk). Iniziano quindi gli attacchi con bombe di
profondità: in tutto la Pegaso ne
esegue ben sette, dalle 12.58 alle 13.47, mantenendo sempre un buon contatto
all’ecogoniometro. Vengono lanciate tre bombe di profondità con ciascuno dei
tre lanciabombe di dritta, distanziate tra di loro di 50 metri e regolate per
esplodere a 15, 45 e 70 metri di profondità, in modo da saturare la zona
bombardata.
Il sommergibile
manovra rapidamente nel tentativo di sottrarsi alla caccia, ma dopo il secondo
attacco sembra ridurre di molto la velocità, e poco dopo la Pegaso osserva delle tracce di
carburante. Dopo il sesto attacco, affiorano in superficie in successione
dell’altro carburante e tre vistose bolle d’aria, che inducono il comandante De
Petris a pensare che il sommergibile stia tentando di emergere.
Dopo il settimo
attacco, il contatto all’ecogoniometro viene perso, e vengono visti affiorare
in superficie prima un’enorme bolla d’aria (alle 13.45) e poi del carburante,
che forma rapidamente una chiazza molto vasta. La Pegaso rimane per qualche tempo sul punto dell’affondamento,
poi ritorna a scortare l’Istria.
Il Thorn si è inabissato con tutto
l’equipaggio di 60 uomini, in posizione 34°25’ N e 22°36’30” E.
Pegaso ed Istria
giungono al Pireo alle 9.30.
8 agosto 1942
Istria e Pegaso arrivano a
Navarino alle 10.06.
9 agosto 1942
Istria e Pegaso lasciano
Navarino alle 17.30, diretti a Patrasso.
10 agosto 1942
Alle 8.20 (per il
volume USMM, invece, alle 22.30) Istria
e Pegaso arrivano a Patrasso, dopo di
che l’Istria prosegue da solo (o
scortato dalla torpediniera Perseo)
per il Pireo, dove arriva alle 22.20 dello stesso giorno.
Profilo e pianta (da “Storia del Cantiere San Marco di Trieste” di Ernesto Gellner e Paolo Valenti, via Francesco De Domenico) |
L'affondamento
All'una del
pomeriggio del 23 agosto 1942 (per altra fonte il 22) l'Istria ed un altro piroscafo, il Dielpi, partirono dal Pireo diretti a Tobruk, in convoglio con le
motozattere italiane MZ 744 e MZ 758 e con la scorta del
cacciatorpediniere tedesco ZG 3 Hermes (caposcorta) e dalla torpediniera
italiana Sirio.
L'Istria, al comando del capitano di lungo
corso Antonio Zotti, aveva un equipaggio di 58 uomini e trasportava un carico
di munizioni e 200 (secondo Enrico Cernuschi, Vincent O’Hara e Martin Gilbert)
o 407 (secondo Ian S. O. Pyfair e James Sadkovich) tonnellate di carburante in
fusti, destinato ad alimentare l’avanzata in Egitto dell’Armata Corazzata
Italo-Tedesca del generale Erwin Rommel (più precisamente, il carburante
trasportato sull'Istria era destinato
alle truppe italiane di quell’armata). MZ
744 e MZ 758 facevano parte di due gruppi di otto e sette motozattere
trasferitisi da Brindisi a Tobruk, rispettivamente tra il 31 luglio ed il 6
agosto e tra il 10 ed il 23 agosto, facendo scalo intermedio al Pireo: entrambe
le piccole unità erano rimaste bloccate nel porto ellenico per avaria, mentre
le unità consorelle avevano proseguito per la Libia, e si era pertanto deciso
di aggregarle al convoglio formato da Istria
e Dielpi.
Il convoglio fece
scalo intermedio a Suda, dove giunse alle dieci del mattino del 24 agosto e da
dove ripartì alle 23 del 26, con il rinforzo della torpediniera Generale Antonino Cascino.
Poco dopo la
partenza, il convoglio si divise in due gruppi, che proseguirono separatamente:
l'Istria e le due motozattere fecero
rotta per Tobruk, con la scorta dell’Hermes
– sempre avente il ruolo di caposcorta – e della torpediniera Pegaso (uscita a questo scopo da Suda);
il Dielpi si diresse verso Bengasi,
scortato dalla Cascino.
L'Hermes lasciò il convoglio alle sette di
sera del 27 agosto, dopo di che l'Istria
proseguì con la scorta della sola Pegaso,
seguendo una rotta che lo tenesse il più possibile lontano da Malta.
(Per altra fonte, l'Istria e la sua scorta partirono da Suda
contemporaneamente, ma non insieme, a quattro altri convogli: motonavi Tergestea e Manfredo Camperio,
cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco,
torpediniere Polluce e Climene; motonave Unione e cacciatorpediniere Folgore;
nave cisterna Giorgio, piroscafo Anna Maria
Gualdi, torpediniere Sirio, Orsa e Partenope;
piroscafo Dielpi, torpediniera Cascino.).
Fin da prima che
lasciassero il Pireo, però, le navi italiane erano state “tenute d’occhio” da
“ULTRA”, l’organizzazione britannica che si occupava dell’intercettazione e
decrittazione delle comunicazioni in codice dell’Asse. Il 22 agosto “ULTRA” aveva riferito ai comandi britannici che «…Il Dielpi che doveva congiungersi al
convoglio Pozarica è stato inviato a Suda insieme all’Istria, entrambi
provenienti dal Pireo. Dielpi e Kreta probabilmente procederanno da Suda per
Tobruk», mentre due giorni più tardi aveva precisato che «L’Istria è partito dal Pireo alle 12.00 del
22 per Suda e Bengasi». Ulteriori informazioni erano seguite il 25 agosto
(«L’Istria, che dovrà partire da Suda per
Tobruk alle 00.01 del 27, velocità 8 nodi, arriverà alle 13.00 del giorno 28»)
e poi ancora il 26 («L’Istria dovrà
lasciare Suda il 27 agosto per Tobruk e arriverà il 28 agosto»). Nelle
prime ore del 27 agosto, infine, i comandi britannici al Cairo vennero
informati dai decrittatori di “ULTRA” dell’intercettazione e decifrazione di un
lungo e particolareggiato messaggio tedesco relativo alla scorta aerea che la
Luftwaffe avrebbe dovuto fornire quello stesso giorno al convoglio dell'Istria: grazie a questo messaggio, i
britannici poterono conoscere la rotta che il piroscafo avrebbe dovuto seguire
(compresi i punti in cui avrebbe dovuto incontrare la scorta aerea ed i
relativi orari), ed organizzarsi di conseguenza.
Alcune fonti
britanniche (tra cui "Ship-Busters: British Torpedo-Bombers in World War
II" e "The Desert Air Force in World War II") affermano che l'Istria ed il Dielpi, menzionati erroneamente come “navi cisterna”, fossero
urgentemente attesi da Rommel per poter lanciare l'offensiva da questi
pianificata per fine agosto 1942, poi divenuta nota come battaglia di Alam
Halfa, che sarebbe dovuta inizialmente scattare il 26 agosto ma che venne
sospesa in attesa dell’arrivo del carburante necessario. Ad un incontro tenuto
il 27 agosto tra Rommel, il maresciallo d’Italia Ugo Cavallero (capo di Stato
Maggiore generale italiano) ed il feldmaresciallo Albert Kesselring (comandante
in capo delle forze tedesche nel Mediterraneo), Cavallero avrebbe promesso a
Rommel l'arrivo a Bengasi entro una settimana di 5000 tonnellate di carburante,
delle quali la prima parte sarebbe dovuta giungere appunto su Istria e Dielpi; Rommel avrebbe dunque rinviato il suo attacco di due o tre
giorni in attesa dell’arrivo di queste navi. Questa questione è affrontata più
oltre.
Avvistato da
ricognitori Alleati, durante la sera del 27 agosto il convoglietto si ritrovò
ad essere oggetto di ripetuti attacchi di aerosiluranti, inutilmente
controbattuti dal tiro delle armi antiaeree dell'Istria. Gli aerei provenivano dalle basi dell'Egitto: per primo era
decollato un bimotore Vickers Wellington dotato di radar ASV (Air to Surface
Vessel, per la localizzazione delle navi da parte degli aerei), incaricato di
cercare il convoglio, seguito in un secondo momento da ben dodici Wellington
del 38th Squadron della Royal Air Force (dislocato in Egitto col
compito di attaccare il naviglio dell’Asse
nelle acque tra la Grecia ed il Nordafrica, al di fuori della portata
degli aerosiluranti di Malta), in versione aerosilurante.
Il Wellington munito
di radar ci aveva messo cinque ore a rintracciare il convoglio: quando lo ebbe
trovato, emise immediatamente un segnale di scoperta, che venne intercettato da
buona parte dei Wellington aerosiluranti. Il primo a giungere sul posto fu il tenente
Michael Foulis, già protagonista dell’attacco degli aerosiluranti britannici
contro la flotta italiana durante la battaglia di Mezzo Giugno, due mesi prima.
Attaccando controluna, il Wellington di Foulis eseguì una singola “corsa”
d’attacco, lanciando entrambi i siluri di cui disponeva a distanza di alcuni
secondi l'uno dall’altro: per questo fu il secondo siluro ad essere lanciato,
da ridottissima distanza, a colpire per primo il bersaglio, raggiungendo l'Istria esattamente a centro nave. Il
“primo” siluro, lanciato da 640 metri di distanza, colpì qualche istante più
tardi, stavolta a poppa, mentre ancora la colonna d’acqua e fiamme sollevata
dall’esplosione del “secondo” siluro non era interamente ricaduta in mare.
Questo secondo le
fonti britanniche (tra cui il libro "Ship Busters" di Ralph Barker),
mentre da parte italiana (volume USMM "La difesa del traffico con l’A.S.
dal 1° ottobre 1941 al 30 settembre 1942") si parla di un unico siluro
andato a segno, che avrebbe colpito l'Istria
a poppa, alle 23.48 (o 23.45) del 27 agosto. "Navi mercantili perdute",
anch’esso dell’USMM, parla invece di bombe, anziché di siluri, ma si tratta
quasi certamente di un errore; qualche discrepanza riguarda infine anche gli
aerei protagonisti dell’azione: "Navi mercantili perdute" e la storia
ufficiale britannica redatta dal generale I. S. O. Playfair ("History of
the Second World War: United Kingdom Military Series – The Mediterranean and
Middle East: Volume 3 – British Fortunes Reach Their Lowest Ebb, September 1941
to September 1942") parlano di aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th
Squadron RAF e caccia Bristol Beaufighter del 227th Squadron RAF
(alcuni dei quali muniti di bombe), tutti decollati da Malta, mentre "Ship
Busters", al pari di un articolo di Enrico Cernuschi e Vincent O’Hara ("The
Other Ultra", nel quale però si menzionano nove Wellington anziché
dodici), parla di Wellington decollati dall’Egitto.
Non c’è invece
divergenza su quello che seguì: scosso dall'esplosione delle munizioni
contenute nelle stive 4 e 5, l'Istria
affondò in soli quattro minuti nel punto 33°33' N e 23°41' E, una settantina di
miglia a nordovest di Ras el Tin (per altra fonte, a 40 miglia per 050° da Ras
el Tin, o a 60 miglia da tale località, o 90 miglia a nord di Tobruk, o ancora
a nord-nord-est di Ras el Tin).
Prima di allontanarsi
dal luogo dell'attacco, il tenente Foulis girò in cerchio attorno alla nave colpita,
vedendola progressivamente scomparire nel fumo degli incendi che dilagavano a
bordo, finché non ne fu completamente avvolta.
Il comandante dell'Istria, Antonio Zotti, era un vecchio
lupo di mare che solcava i mari da più di quarant’anni. Per un caso della vita,
era originario proprio della terra di cui la sua nave portava il nome: era
infatti nato il 19 dicembre 1880 nell’isola istriana di Lussinpiccolo. Aveva
navigato con il Lloyd Triestino quando ancora si chiamava Lloyd Austriaco; poi
con la società Cosulich, e infine con la società Italia. Per la prima metà
della sua vita aveva navigato sotto bandiera austroungarica, poi sotto quella
italiana. Visto il suo piroscafo mortalmente colpito, il capitano Zotti ordinò
l’abbandono della nave e lo diresse dalla plancia, ma non volle scendere a sua
volta sulle lance: mentre i suoi uomini lo chiamavano dalle scialuppe, fece
loro cenno di allontanarsi, e rimase a bordo. Assicuratosi che l’equipaggio
fosse in salvo, affondò con la sua nave. Fu uno dei due marittimi della Marina
Mercantile ad essere decorati con la Medaglia d'Oro al Valor Militare, alla
memoria, con motivazione: «Comandante
civile di un piroscafo requisito, destinato al rifornimento munizioni del
fronte libico, attaccato nottetempo da siluranti nemiche, reagiva decisamente
con elevato spirito combattivo. Resosi vano ogni tentativo di salvare la nave
perché colpita nella parte vitale, si dedicava subito al salvataggio del
personale, dirigendo le operazioni dal ponte di comando, fermo e sereno di fronte
al pericolo, sempre più incombente. Rimaneva al suo posto con incrollabile
saldezza d'animo e incondizionato attaccamento al dovere anche quando, visto il
proprio equipaggio salvo e irrimediabilmente compromessa l'unità, avrebbe
potuto mettersi in salvo, preferendo così scomparire con la sua nave che di lì
a poco esplodeva, inabissando con sé il suo eroico Comandante».
Alcuni altri Vickers
Wellington giunsero sul posto a cose fatte, una decina di minuti dopo l’attacco
di Foulis: scrive Ralph Barker che "…osservarono
il fumo disperdersi lentamente finché, quando volarono direttamente sulla
verticale di quel punto, nulla rimaneva all’infuori di pochi piccoli sbuffi di
fumo attraverso i quali la luna brillava pallidamente, ed una grossa chiazza di
nafta sull’acqua".
Compreso il
comandante Zotti, furono sei le vittime dell'affondamento, su un totale di 58
uomini imbarcati sull’Istria: i
pronti soccorsi da parte di Pegaso, MZ 744 e MZ 758 consentirono il
salvataggio di 52 naufraghi (da un documento presente all'USMM a Roma risultano però i nomi di sei marittimi deceduti sull'Istria oltre al comandante Zotti: è possibile che uno dei naufraghi sia successivamente deceduto per le ferite). Particolarmente importante fu proprio il
contributo delle due motozattere, che si avvicinarono al piroscafo scosso da
continue esplosioni, nonostante il pericolo di esserne investite, per trarre in
salvo quanti più uomini possibile. I naufraghi recuperati dalle motozattere furono
poi trasbordati sulla Pegaso, che li
riportò a Suda.
Ultimato il
salvataggio, torpediniera e motozattere proseguirono per Tobruk, dove giunsero
alle sei di sera del 28 agosto.
Le vittime:
Guido Bertella, fuochista
Benigno Di Bono, nostromo, da Trapani
Pasquale Faro, fuochista, da Pizzo
Severino Mantelli, fuochista
Andrea Marino, carbonaio, da Genova
Sebastiano Sersanti, fuochista, da Genova
Antonio Zotti, comandante, da Lussinpiccolo
“ULTRA” non mancò di
informare i comandi britannici dell’avvenuto successo: con dispaccio del 29
agosto, sulla scorta di ulteriori intercettazioni, annunciò infatti che «L’Istria è stato colato a picco da velivoli
alle 21.45 del 27 mentre era in rotta da Suda a Tobruk con carico di carburante
M/T e munizioni».
Come prevedibile, non
appena la notizia degli affondamenti giunse a Berlino, i vertici tedeschi si
scatenarono in una pioggia di critiche sulla protezione, giudicata
insufficiente, che la Marina italiana aveva dato a Istria, Dielpi e Manfredo Camperio (un’altra motonave
affondata lo stesso giorno dal sommergibile britannico Umbra). Mussolini, ignorando le proteste di Cavallero e del capo di
Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, si allineò alla
visione tedesca.
L'impatto
dell’affondamento dell'Istria, e di altre
navi perdute nello stesso periodo, sugli eventi in Nordafrica sembra essere
piuttosto controverso. Varie fonti britanniche affermano che la perdita o grave
danneggiamento di diverse navi italiane (tra cui l'Istria), cariche di rifornimenti per l'Armata Corazzata
Italo-Tedesca, nell’agosto 1942 ebbe un ruolo determinante nel fallimento della
battaglia di Alam Halfa, ultimo tentativo di Rommel di sfondare le difese
britanniche in Egitto. Il libro "Winston S. Churchill: Road to Victory,
1941-1945" di Martin Gilbert, ad esempio, afferma che "Durante il mese di agosto, Montgomery aveva
atteso l’attacco di Rommel sulle sue posizioni difensive di Alam Halfa. Durante
il mese, le decrittazioni di messaggi Enigma avevano rivelato quanto i
rifornimenti di carburante fossero il principale problema di Rommel, influendo
sia sulla data dell’attacco, che sulla sua scala. In conseguenza di questa
conoscenza, gli attacchi sulle navi italiane impegnate nei suoi rifornimenti
vennero intensificati. Il 15 agosto il mercantile Lerici era stato affondato da
un sommergibile, così come il mercantile Pilo due giorni dopo. I loro
affondamenti avvennero proprio quando una decrittazione di Enigma aveva
rivelato che i consumi di carburante della Panzerarmee avevano superato
l’afflusso [di nuovo carburante] fin
dall’inizio del mese. Il 21 agosto la Royal Air Force silurò la petroliera
Pozarica, che stava trasportando carburante per gli italiani. Anche qui, una
decrittazione di Enigma rivelò che per effetto di questo affondamento [in
realtà la Pozarica non fu affondata,
ma non poté comunque raggiungere l'Africa a causa dei gravi danni subiti] la situazione delle scorte di carburante
italiane era ‘altrettanto tesa’ [ciò risultava dall’intercettazione di una
comunicazione tedesca del 25 agosto]. Il
24 agosto una decrittazione di Enigma diede i dettagli su un programma di
rifornimenti di carburante che prevedeva l’invio di venti navi in Nordafrica
tra il 25 agosto ed il 5 settembre. Nel secondo giorno di questo programma
[26 agosto], la Royal Air Force fu in
grado di sconvolgerlo seriamente bombardando il Canale di Corinto. Il 28 agosto
una decrittazione di Enigma diede dettagli sui carichi di carburante di altre
otto navi [parte di un nuovo programma d’emergenza, sarebbero dovute
arrivare in Africa tra il 28 agosto ed il 2 settembre], la prima delle quali doveva partire quello stesso giorno. Adesso le
decrittazioni non davano solo i carichi, ma anche i tempi di partenza e, a
differenza di prima, le rotte. Tre delle navi, il Dielpi con 2200 tonnellate di
carburante per l’aviazione tedesca, l’Istria con 200 tonnellate per gli
italiani e la Camperio, furono affondate il 27 agosto. Rommel non poteva più
aspettare, ed alle quattro del pomeriggio del 30 agosto decise di lanciare il
suo attacco quella notte, sapendo che le sue truppe avevano carburante solo per
quattro giorni e mezzo di combattimento, anziché i quindici che aveva sperato,
ed avendo munizioni sufficienti solo per quattro-sei giorni [ciò fu
rivelato da ulteriori decrittazioni molto tempo dopo, nell’ottobre 1942]".
Un altro articolo presenta una cronologia quasi identica, affermando che il 19
agosto, due giorni dopo l'intercettazione di un messaggio con cui Rommel
annunciava la difficile situazione delle sue scort di carburante, il Comando in
Capo britannico sollecitò i comandi britannici nel Mediterraneo a “compiere uno sforzo supremo, con ogni mezzo”,
per interrompere le linee di rifornimento via mare di Rommel nei dieci giorni a
venire. Sarebbe stato in seguito all’affondamento di Pilo e Lerici ed
siluramento della Pozarica che il 24
agosto Rommel decise che non poteva ancora fissare una data precisa per la sua
offensiva, in attesa dell'arrivo di altro carburante; decisione ribadita il 26
agosto, all’indomani del bombardamento del Canale di Corinto, quando i comandi
dell’Asse in Nordafrica vincolarono la data dell’offensiva all’arrivo di un
nuovo convoglio con rifornimenti di carburante. Una decrittazione di un
messaggio della Panzerarmee del 27 agosto rivelò che il mancato arrivo di
carburante e munizioni impediva di annunciare la data dell’attacco fino al 29
agosto. Dopo la perdita di Istria, Dielpi e Manfredo Camperio il 27
agosto, il 29 Rommel decise che avrebbe dovuto limitare la sua offensiva ad
un’operazione locale, mirata a distruggere le forze britanniche nelle posizioni
di El Alamein. Una decrittazione di “ULTRA” del 30 agosto di un messaggio della
Panzerarmee di due giorni prima mostrava che quest’ultima affermasse che su
2400 tonnellate di carburante che sarebbero dovute giungere entro quel giorno,
solo 100 erano arrivate, così che le riserve bastavano solo per sei giorni di
battaglia. Un altro messaggio intercettato lo stesso giorno chiedeva con
particolare urgenza l’invio di munizioni anticarro e per carri armati.
Simili sono anche i
toni di "Ship-Busters: British Torpedo-Bombers in World War II" e "The
Desert Air Force in World War II" nonché di altri libri, britannici ed
anche italiani.
Di diverso avviso è
invece un articolo ("The Other Ultra") di Enrico Cernuschi e Vincent
O’Hara, pubblicato sul volume 66 della Naval War College Review (rivista
accademica del Naval War College della Marina statunitense) del 2013. In esso i
due autori presentano la seguente ricostruzione degli eventi dell’agosto 1942:
dopo la conclusione dell’offensiva che aveva portato l'Armata Corazzata
Italo-Tedesca ad El Alamein, il 2 luglio, Rommel aveva ricevuto rifornimenti in
quantità superiore del 50 % rispetto ai consumi mensili della sua armata, ma
nutriva dubbi su una ripresa dell’offensiva. Il 17 agosto il suo superiore nel
Mediterraneo, feldmaresciallo Albert Kesselring, si era recato in Egitto per
convincerlo a lanciare la nuova, risolutiva offensiva fino a Suez, ma il
comandante della Panzerarmee aveva affermato di non aver abbastanza rifornimenti,
perché la Marina italiana non era riuscita a consegnarglieli (in realtà, nel
luglio 1942 le perdite tra i rifornimenti inviati in Nordafrica via mare non
avevano superato il 7 %, ed erano giunte nei porti libici circa 90.000
tonnellate di carburante, munizioni ed altri rifornimenti, uno dei quantitativi
più elevati dell’intera guerra); una scusa, in realtà, creduta a Berlino – dove
gli alti comandi tedeschi erano sempre disposti a scaricare la colpa di tutto
sugli italiani – ma non da Kesselring, esperto di logistica. Rommel disse a
Kesselring di necessitare di altre 30.000 tonnellate di carburante, 2672
tonnellate di munizioni e 500 veicoli, il tutto da recapitare al fronte entro
il giorno dell’attacco, il cui inizio era previsto per la notte del 30 agosto.
Cernuschi e O’Hara definiscono quella di Rommel una richiesta irrealistica,
facendo notare che in tutto il corso della campagna nordafricana non erano mai
state trasportate, in due settimane, più di 24.000 tonnellate di carburante.
Dopo aver lungamente mercanteggiato, Rommel aveva ridotto di molto le sue
pretese; i due feldmarescialli erano giunti ad un accordo in base al quale nei
tredici giorni precedenti l'offensiva Kesselring ed il Comando Supremo
avrebbero organizzato l’invio in Nordafrica di 5700 tonnellate di carburante,
2000 tonnellate di munizioni e 295 veicoli. Questa promessa, affermano i due
autori, fu rispettata, nonostante la perdita dell'Istria e di altre navi: tra il 23 ed il 28 agosto giunsero nei
porti della Cirenaica le 5700 tonnellate di carburante richieste, ossia 117
sulla motonave Tergestea (arrivata a
Bengasi il 28 agosto con anche 279 automezzi e centinaia di tonnellate di
munizioni), 2545 sulla nave cisterna Giorgio
(giunta a Tobruk il 28 agosto), 2749 sulla nave cisterna Alberto Fassio (arrivata
a Tobruk il 23 agosto) e 382 sul piroscafo tedesco Kreta (arrivato a Tobruk il 25 agosto). Inoltre, tre giorni dopo
l'affondamento dell'Istria, il 30
agosto, giunse a Tobruk il piroscafo Anna
Maria Gualdi, con 1600 tonnellate di carburante per l'esercito tedesco.
Nel corso dell’intero mese di agosto, i convogli italiani avevano trasportato
in Nordafrica 51.655 tonnellate di rifornimenti su 77.134 partite, cioè il 67
%, tra cui 22.500 tonnellate di carburante (il 59 % di quanto partito) e 3628
tonnellate di munizioni (il 77 %); su 37 navi mercantili partite per il
Nordafrica, 27 erano arrivate. Delle dieci perdute, sette (Lerici, Rosolino Pilo, Ogaden, Manfredo Camperio, Istria, Dielpi e Sanandrea) erano ascrivibili all’operato
di “ULTRA”. «L’arrivo del carico della
Tergestea [e quelli di Giorgio, Fassio e Kreta nei giorni precedenti] significava
che nonostante il mancato arrivo di Istria, Dielpi, Camperio e Pozarica, Roma
aveva consegnato il carburante in più che Rommel aveva chiesto per condurre la
sua offensiva del 30 agosto». Il fallimento della battaglia di Alam Halfa,
che si concluse il 2 settembre con un nulla di fatto, sarebbe dunque da
ascrivere – anche secondo l’opinione di Kesselring – non agli affondamenti di
navi che avrebbe impedito a Rommel di ricevere il carburante necessario, bensì
ad altre cause, a partire dalla mancanza di sorpresa (i britannici sapevano
già, grazie alle loro decrittazioni, dove e quando si sarebbe svolto l’attacco
italo-tedesco, e si erano preparati di conseguenza) e dalla disparità di forze,
in uomini e mezzi corazzati, già raggiunta tra lo schieramento del Commonwealth
da una parte e quello italo-tedesco dall’altra. Quello della mancanza di
carburante per via degli affondamenti causati da “ULTRA”, affermano Cernuschi e
O’Hara, sarebbe stato essenzialmente un “mito” sfruttato da Rommel per
giustificare il proprio insuccesso, dagli alti comandi tedeschi per addossare
le colpe agli italiani, responsabili dei rifornimenti, e dalla Marina e
dall’Aviazione britannica, oltre che dai loro decrittatori, per rivendicare il
merito di aver fermato Rommel.
La storia ufficiale
delle forze armate britanniche nella seconda guerra mondiale ("The
Mediterranean and Middle East: Volume 3 – British Fortunes Reach Their Lowest
Ebb, September 1941 to September 1942" di I. S. O. Playfair), pubblicata
nel 1960, afferma invece che nel periodo 23-30 agosto giunsero a Tobruk 2322
tonnellate di carburante destinate alle forze di terra italo-tedesche (1140
tonnellate sull’Alberto Fassio, 225
sul Kreta, 120 sul Giorgio, 837 sul piroscafo Anna Maria
Gualdi, arrivato il 30) oltre a circa
1200 tonnellate di munizioni, mentre altre 3282 tonnellate di carburante si
sarebbero perdute in mare (407 sull'Istria,
464 sul Dielpi, 2411 sulla nave
cisterna Sanandrea, affondata il 30).
Relativamente alla Giorgio, Playfair
afferma che “sembra aver causato una
certa confusione perché trasportava 2474 tonnellate [di carburante], quasi tutte per la Luftwaffe, delle quali
l’Esercito si aspettava di ricevere più di quanto poi ricevette”.
Il dibattito sembra
destinato a continuare.
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