La Devoli sotto il precedente nome di Perun all’ancora nelle bocche di Cattaro, probabilmente nella baia di Risano (da www.navyworld.narod.ru) |
Cisterna militare per
nafta di 3006 o 3177 tsl, 1326 o 1514 tsn e 4500 tonnellate di dislocamento, appartenente
alla Regia Marina ma gestita per suo conto dalla Compagnia Marinara Garibaldi
di Genova, ed armata probabilmente con personale civile.
Costruita nel 1939
come Perun per la Marina jugoslava,
era una moderna motonave cisterna lunga 88,70-94,9 metri, larga 13,71-13,9 e
pescante 6,1, propulsa da un motore diesel a due cilindri Burmeister & Wain
da 1250 CV ed in grado di raggiungere una velocità di 10 nodi.
Disegno della Perun (da www.paluba.info) |
Poteva
trasportare 3500 o 4000 tonnellate di nafta ed era armata sotto bandiera
jugoslava con quattro cannoni Skoda da 40/67 mm e due mitragliere ZB-60/M38 da
15 mm (per altra fonte, da 12,7 mm), armamento ridotto sotto bandiera italiana
ad un singolo cannone da 47/40 mm (per altra fonte, le mitragliere da 15 mm
sarebbero state mantenute per un po’ di tempo anche dopo il passaggio sotto
bandiera italiana, fino al loro “consumo”, probabilmente per mancanza di parti
di ricambio non essendo tale arma in uso nella Marina italiana).
Era una delle due
navi cisterna della Marina jugoslava (insieme alla ben più piccola Lovcen, adibita al trasporto di acqua)
ed una delle navi di più recente costruzione della piccola Marina balcanica,
nonché la più grande in termini di dislocamento.
Breve e parziale cronologia.
1938
Impostata nei
cantieri della Société Anonyme John Cockerill di Hoboken (Anversa, Belgio) per
la Marina jugoslava (numero di cantiere 679).
8 marzo 1939
Varata nei cantieri
Société Anonime John Cockerill di Hoboken come Perun.
Maggio 1939
Completata come Perun per la Marina jugoslava.
29 maggio 1939
Il nuovo
rimorchiatore Mocni, costruito
anch’esso dai cantieri Cockerill di Hoboken per la Marina jugoslava, affonda a
causa del maltempo al largo di Capo Vilan, durante il viaggio di trasferimento,
nel quale naviga insieme alla Perun e
ad una chiatta con un equipaggio di due uomini. La motonave belga Moanda riesce a salvare due naufraghi.
30 maggio 1939
La Perun, rimasta immobilizzata a 24 miglia
dalla costa francese a causa del maltempo che ha affondato il Mocni, viene raggiunta e soccorsa dal
piroscafo britannico Orford e da
altre due navi, accorse in sua assistenza.
14 giugno 1939
La Perun, proveniente da Anversa insieme a
due nuovi rimorchiatori, arriva a Teodo, dove viene ufficialmente consegnata
alla Marina jugoslava. Presenziano alla cerimonia il comandante del presidio di
Cattaro, generale Petar Vuk-Aracic; il comandante della guarnigione delle
bocche di Cattaro, colonnello Georgijevic; il vice comandante dell’Arsenale di
Cattaro, capitano di fregata Dragomir Cordasevic; il capitano di vascello Ervin
Fink, il più anziano ufficiale di Marina residente a Cattaro; nonché
personalità locali e rappresentanti delle autorità civili ed ecclesiastiche.
La motocisterna
giunge nella baia di Teodo alle undici del mattino, e viene indirizzata al molo
1, dove si è assiepata, così come nel locale arsenale, una numerosa folla di
abitanti del luogo, tra cui i rappresentanti di tutti i paesi delle Bocche di
Cattaro, nonché i dirigenti ed operai dell’Arsenale ed il personale della
Marina jugoslava di stanza a Cattaro.
Dapprima i
rappresentanti della Marina jugoslava fanno visita al comandante ed agli
ufficiali belgi che hanno portato la Perun
da Anversa a Teodo, ricevendo una calda accoglienza; poi, alle 11.40, inizia la
cerimonia di consegna. Sul ponte di coperta vengono schierati su un lato un
picchetto d’onore jugoslavo, i rappresentanti della Marina con in testa il
comandante Fink, e sull’altro il comandante e gli ufficiali belgi. A
mezzogiorno la bandiera belga viene ammainata, mentre la banda della Marina
suona l’inno del Belgio; poi viene issata la bandiera jugoslava, mentre viene
suonato l’inno della Jugoslavia. La bandiera belga viene donata dal comandante
belga alla Marina jugoslava, in segno di ricordo; il comandante belga ed il
capitano di vascello Fink tengono poi un discorso. Terminata la cerimonia,
viene organizzato a bordo un rinfresco, cui partecipano alcune centinaia di
invitati. Alle quattro del pomeriggio del giorno seguente l’equipaggio belga
inizia il viaggio di rientro in Belgio.
21 agosto 1939
A Teodo, la Perun viene visitata dagli allievi della
nave scuola Vila Velebita, usata per
l’addestramento dagli istituti nautici di Buccari, Ragusa (Dubrovnik) e Cattaro,
in crociera d’istruzione in Adriatico.
Inverno 1940-1941
In questo periodo la Perun è ormeggiata a Sebenico. La
Jugoslavia è ancora neutrale.
6 aprile 1941
Le forze italiane,
tedesche ed ungheresi danno il via all’invasione della Jugoslavia. All’inizio
dell’invasione, la Perun (comandante
Josip Petrarka, croato) si trova ancora a Sebenico.
8 aprile 1941
Il porto di Sebenico
viene bombardato da 34 bombardieri medi FIAT BR. 20, che danneggiano con una
bomba caduta vicino allo scafo la nave appoggio idrovolanti Zmaj (il cui danneggiamento determinerà
l’annullamento del concorso della Marina jugoslava al pianificato attacco
congiunto contro Zara, nel quale la Zmaj
avrebbe dovuto fungere da nave comando, trasporto ed antiaerei).
10 aprile 1941
Altro bombardamento
del porto di Sebenico da parte di dieci FIAT BR. 20. Contemporaneamente, 19
caccia Macchi M.C. 200 mitragliano l’idroscalo di Punta Slosella, ritenendo di
aver colpito almeno quattro idrovolanti.
Il morale degli equipaggi
jugoslavi, composti in massima parte da personale croato (compresi ufficiali e
sottufficiali), è in rapido deterioramento, come del resto lo è quello delle
altre forze armate del regno di Jugoslavia, in via di rapida disgregazione:
Ante Pavelic, il capo degli Ustascia, ha dichiarato la nascita di uno Stato
indipendente di Croazia (di fatto assoggettato all’Asse), e molti croati sono
più propensi a servire quest’ultimo che non un Regno di Jugoslavia che
percepiscono come non loro (molti cittadini del multietnico regno balcanico,
soprattutto gli sloveni ed ancor più i croati, considerano lo Stato jugoslavo
come troppo serbocentrico).
La Perun sul Jane’s Fighting Ships del 1940 (da www.paluba.info) |
11 aprile 1941
Altro bombardamento
del porto di Sebenico, ad opera di bombardieri Junkers Ju 87 (ceduti alla Regia
Aeronautica dalla Luftwaffe e chiamati "Picchiatelli", condotti da
equipaggi italiani) di base a Jesi, che danneggiano leggermente le torpediniere
T 2 e T 5, colpite da schegge. Al contempo 23 Macchi 200 mitragliano
l’idroscalo di Slosella, stimando di aver incendiato 6 idrovolanti e di averne
affondati altri due (nel corso della campagna, complessivamente la Jugoslavia
denuncia la perdita di undici idrovolanti distrutti negli idroscali dell’Alto
Adriatico).
12 aprile 1941
Dieci FIAT BR. 20 e
sette Ju 87 attaccano ancora una volta Sebenico, danneggiando il rimorchiatore
di salvataggio Spasilac e subendo per
contro l’abbattimento di due Ju 87.
Il 12 aprile giunge a
Cattaro l’addetto navale britannico, il quale chiede che le unità migliori
della flotta jugoslava vengano trasferite a Corfù, onde sottrarle alla cattura;
ma la richiesta rimane inascoltata.
Fin dal 9 aprile i
decrittatori del Reparto Informazioni dello Stato Maggiore della Regia Marina
intercettano e decifrano molti messaggi trasmessi tra i comandi jugoslavi
(alcuni dei quali addirittura in chiaro), apprendendo così del crescente
nervosismo tra gli equipaggi nemici e dei sintomi, sempre più diffusi,
dell’imminente collasso jugoslavo (già l’11 aprile i comandanti delle varie
navi, riuniti in consiglio di guerra, hanno concluso che non è più possibile
contare sugli equipaggi, neanche per un trasferimento verso porti greci);
Supermarina chiede allora alla Regia Aeronautica di effettuare un nuovo e
pesante bombardamento sulla base di Cattaro, con lo scopo di impressionare gli
equipaggi jugoslavi e distruggerne definitivamente il morale.
Nei giorni precedenti
la Perun, ormeggiata a Sebenico, è
stata continuamente presa di mira nel corso dei bombardamenti eseguiti dalla
Regia Aeronautica; la nave non ha subito danni, ma gli attacchi cui è stata
fatta oggetto, annunciati dai comandi locali con ripetuti messagi radio,
preoccupano abbastanza da indurli a proporne il trasferimento nelle bocche di
Cattaro, proposta che viene accettata dagli alti comandi della Marina
jugoslava.
Di conseguenza la Perun, scortata da due torpediniere,
lascia Sebenico e raggiunge la base di Cattaro, dov’è concentrato il grosso
della piccola Marina jugoslava: il vetusto incrociatore Dalmacija, i cacciatorpediniere Zagreb, Beograd e Dubrovnik,
le torpediniere T 1 e T 8, i sommergibili Smeli, Osvetnik, Hrabri e Nebojsa, la nave appoggio sommergibili Hvar, il panfilo reale Beli
Orao, la nave scuola Jadran,
la vecchia torpediniera D 2 (ora
dragamine), quattro posamine, sei motosiluranti e numerose unità minori.
D’altra parte, neanche
le navi ormeggiate a Cattaro sfuggono all’azione della Regia Aeronautica: il
primo bombardamento si è verificato già il 6 aprile, quando 20 bombardieri medi
CANT Z. 1007 bis e nove bombardieri in picchiata Junkers Ju 87 hanno danneggiato
in modo non grave il Beograd,
affondato il rimorchiatore militare R
5 e distrutto un idrovolante in fase di decollo.
La Perun ormeggiata al molo numero 1 dell’Arsenale di Teodo (da www.navyworld.narod.ru) |
13 aprile 1941
La richiesta di
Supermarina viene esaudita: le installazioni navali di Teodo e Cattaro vengono
bombardate da una quarantina tra CANT Z. 1007 bis e FIAT BR. 20. Fin dal 6
aprile, le navi jugoslave sono state diradate lungo tutte le Bocche di Cattaro,
provvedendo inoltre a mimetizzarle al meglio, in modo da minimizzare i danni in
caso di attacco aereo; pertanto, il bombardamento causa solo danni limitati,
cioè l’incendio di un piroscafo requisito ed il grave danneggiamento del
posamine Kobac, che dev’essere
portato all’incaglio per non affondare.
Gli effetti sul
morale, però, non mancano, ed il diradamento delle navi – che perdono così ogni
contatto l’una con l’altra, nonché con i comandi – agevola l’ammutinamento di
gran parte degli equipaggi: progressivamente, nei giorni seguenti, la maggior
parte del personale diserta, abbandona le navi e si disperde.
Lo stesso giorno,
anche il porto di Sebenico viene bombardato per l’ennesima volta da 20 FIAT BR.
20.
16 aprile 1941
Una nuova missione
britannica giunge a Cattaro ed invita nuovamente le navi jugoslave a partire
per la Grecia, ma non promette alcuna protezione contro la Marina e
l’Aeronautica italiane, all’infuori di un generico appuntamento con una
divisione d’incrociatori britannici al largo di Corfù. Soltanto tre unità, con
equipaggi messi insieme alla meglio con il poco personale rimasto fedele
(compresi elementi dell’Esercito, in mancanza di altro), risponderanno
all’appello: il sommergibile Nebojsa e
due motosiluranti, che partiranno la mattina del 17 aprile e riusciranno a raggiungere
un porto Alleato. Il cacciatorpediniere Zagreb viene fatto saltare in aria per iniziativa di due
ufficiali, sacrificatisi con esso. Le altre navi, con gli equipaggi decimati
dalle continue diserzioni, rimangono passivamente all’ormeggio. Alcune unità
vengono saccheggiate dalla popolazione civile e dagli stessi equipaggi: vengono
asportati strumenti ottici, materiale di riposteria delle mense ed altri
oggetti utili o di valore.
17 aprile 1941
In tarda mattinata i
primi elementi della 18a Divisione Fanteria
"Messina", passata all’offensiva dall’Albania due giorni prima, entrano
a Cattaro.
Supermarina, ben a
conoscenza del collasso della Marina jugoslava, ha provveduto ad aggregare al
gruppo di testa della Divisione "Messina" l’ammiraglio di divisione
Ettore Sportiello, comandante militare marittimo dell’Albania, ed una cinquantina
di uomini della Regia Marina, per provvedere a prendere in consegna le navi
nemiche.
Quando le avanguardie
italiane entrano a Cattaro, la scena è surreale: gli equipaggi delle navi, o la
parte di essi che ancora non ha disertato, osservano gli invasori con
indolenza, appoggiati ai parapetti delle unità, senza dire niente e senza
lasciar trapelare alcunché dalle proprie espressioni. In città, un gruppo di
ufficiali dell’Esercito jugoslavo si reca incontro alla colonna italiana; dopo
un breve colloquio tra un generale jugoslavo ed il comandante della colonna,
gli ufficiali jugoslavi si sfilano i cinturoni e li gettano a terra,
conservando solo gli spadini d’ordinanza. Una folla di civili, radunatasi
tutt’intorno per osservare la scena, si dirada a poco a poco, fino a
disperdersi del tutto. Le truppe italiane occupano celermente, senza incontrare
opposizione, l’accademia militare, il Comune, gli uffici postali, la banca
nazionale, il principale albergo della città ed ogni altro punto d’importanza;
solo le navi rimangono all’ormeggio indisturbate, senza che nessuno salga a
bordo. In serata, con i primi reparti mobili del grosso della Divisione
"Messina", arriva anche l’ammiraglio Sportiello: questi sale sulla
nave ammiraglia jugoslava. Dopo un’ora di colloquio, tutte le unità ammainano
la bandiera jugoslava ed issano quella italiana. La flotta jugoslava si è
arresa.
Abbandonata
dall’equipaggio, la Perun passa
così in mano italiana, insieme a Dalmacija, Dubrovnik, Beograd, T 1, T 8, Smeli, Osvetnik, Hrabri, Beli Orao, Jadran, Hvar, D 2 e
molte unità minori ed ausiliarie. In massima parte si tratta, tranne che per i
cacciatorpediniere, di unità piuttosto anziane ed in mediocri condizioni di
efficienza; tra tutte, la Perun è una
delle navi jugoslave più moderne a cadere in mano italiana.
Due
immagini della Perun all’ancora a
Lipcima (Cattaro) dopo la resa della flotta jugoslava, nell’aprile 1941 (Bundesarchiv
via www.navyworld.narod.ru)
21 aprile 1941
Incorporata nella
Regia Marina. Viene poi riparata e ribattezzata Devoli.
2 settembre 1941
La Devoli compie un viaggio da Brindisi a
Patrasso insieme al piroscafo Sagitta
(diretto a Rodi), con la scorta della torpediniera Francesco Stocco.
5 settembre 1941
Trasporta truppe da
Corfù a Prevesa, con la scorta dell’incrociatore ausiliario Brindisi.
9 settembre 1941
La Devoli ed il piroscafo tedesco Macedonia trasportano personale militare
rimpatriante da Patrasso a Brindisi, con la scorta dell’incrociatore ausiliario
Città di Napoli.
11 settembre 1941
La Devoli compie un viaggio da Patrasso a
Brindisi insieme al piroscafo Macedonia
ed alla piccola nave frigorifera Genepesca
II, cariche di truppe rimpatrianti,
con la scorta degli incrociatori ausiliari Egitto
e Città di Napoli.
12 ottobre 1941
La Devoli trasporta materiali vari da
Brindisi a Valona, viaggiando senza scorta.
16 ottobre 1941
La Devoli e la motonave Donizetti trasportano truppe
rimpatrianti da Valona a Brindisi, con la scorta della torpediniera Giacomo Medici.
31 ottobre 1941
La Devoli parte da Bari diretta ad Ancona,
in convoglio con altre due navi cisterna, la Meteor e la Luisiano, e
con la scorta dell’anziana torpediniera Rosolino
Pilo.
Alle 15 il convoglio
viene avvistato, a 4,5 miglia per 080° da Punta Penna (vicino ad Ortona), dal
sommergibile britannico Truant
(capitano di corvetta Hugh Alfred Vernon Haggard). Al momento
dell’avvistamento, il convoglio è in avvicinamento da sud, e si tiene vicino
alla costa; Haggard ne identifica le navi come due navi cisterna di piccole
dimensioni (1500-2000 tsl), cioè Meteor
e Luisiano, che procedono in testa,
seguite da una terza di medie dimensioni (5000 tsl; la Devoli, che in realtà è più piccola di 2000 tsl), tutte e tre a
pieno carico, scortate da una torpediniera classe Generali che continua ad
incrociare avanti e indietro lungo il lato del convoglio rivolto verso il mare
aperto. Alle 15.59 il Truant lancia
quattro siluri contro la Pilo, nel
momento in cui questa si “sovrappone”, nel periscopio, con la cisterna di
testa; subito dopo, il sommergibile scende in profondità. La torpediniera non
viene colpita, ma la Meteor sì, ed
affonda rapidamente due miglia a sudest di Punta Penna, portando con sé 14 dei
21 membri dell’equipaggio.
La Pilo incrocia lungamente sulla verticale
del Truant (che dopo il siluramento è
sceso fino ad urtare il fondale profondo solo 12 metri, per poi “rimbalzare” e
risalire fino a 8 metri di profondità, riuscendo poi a riguadagnare controllo prima
di emergere, e tornando a posarsi sul fondale), senza però lanciare bombe di
profondità. Alle 16.30 il Truant
inizia a muovere a marcia indietro per cercare di scendere a maggiore
profondità, ma deve interrompere il tentativo quando sente avvicinarsi un’altra
volta la torpediniera; la Pilo
continua ad incrociare sulla sua verticale fino alle 17.45, poi se ne va.
6 febbraio 1942
La Devoli e la nave cisterna per acqua Sesia compiono un viaggio da Patrasso ad
Argostoli, scortate dalla torpediniera Sagittario.
12 febbraio 1942
Compie un viaggio da
Valona a Corfù, scortata dalla torpediniera Calatafimi.
13 febbraio 1942
La Devoli, la cisterna tedesca Ossag ed i trasporti truppe Galilea e Viminale salpano da Corfù e raggiungono Patrasso, scortati
dall’incrociatore ausiliario Arborea
e dalle torpediniere Rosolino Pilo e Calatafimi.
24 febbraio 1942
La Devoli compie un viaggio da Patrasso a
Fiscardo, da sola e senza scorta.
5 marzo 1942
Compie un viaggio da
Samo a Patrasso, scortata dalla torpediniera Monzambano.
10 aprile 1942
Va da Patrasso a Samo
e poi torna a Patrasso, da sola e senza scorta.
14 aprile 1942
Altro viaggio da
Patrasso a Samo e ritorno, di nuovo in navigazione isolata.
4 maggio 1942
Viaggio da Samo a
Patrasso, con la scorta della torpediniera Lira.
8 luglio 1942
Viaggio da Navarino a
Brindisi, scortata dal cacciatorpediniere Augusto
Riboty.
9 luglio 1942
Viaggio da Brindisi a
Navarino, ancora scortata dal Riboty.
20 luglio 1942
Viaggio da Navarino a
Prevesa, scortata dalla torpediniera Aretusa.
21 luglio 1942
Torna da Prevesa a
Navarino, ancora scortata dall’Aretusa.
26 luglio 1942
Viaggia in convoglio
da Brindisi a Patrasso, insieme ai piroscafi Tagliamento e Sportivo,
con la scorta dell’Aretusa.
3 agosto 1942
Viaggio da Navarino a
Valona, con la scorta della torpediniera Antonio
Mosto.
28 agosto-11 settembre 1942
Nella notte tra il 28
ed il 29 agosto, nella baia di Topla (bocche di Cattaro), la Devoli si affianca alla motonave
cisterna Poza Rica, giunta nella baia
il giorno precedente dopo essere stata gravemente danneggiata, il 21 agosto, da
aerosiluranti britannici nel corso di un viaggio dall’Italia alla Libia con un
carico di carburante (benzina e gasolio). La Poza Rica dovrà trasferirsi a Venezia per compiervi le riparazioni
dei gravi danni subiti, ma prima deve trasferire sulla Devoli il carburante residuo rimasto nelle sue cisterne.
Il mattino del 29
agosto, dopo aver allacciato diverse manichette, si cerca di pompare sulla Devoli il carburante contenuto nelle
cisterne 8C e 4S della Poza Rica:
dalla prima, però, non si riesce ad aspirare niente, e dalla seconda soltanto
parte della benzina ivi contenuta (per un’altezza di circa due metri). Il
direttore di macchina della Poza Rica,
Manlio Bartolini, decide di impiegare per l’aspirazione due pompe Duplex
orizzontali che vengono appositamente rimosse dalla sala macchine e portate in
coperta; il sistema funziona. Il giorno seguente, tutto il carburante contenuto
nella cisterna numero 10 della Poza Rica
viene trasferito sulla Devoli, e nei
giorni successivi si fa lo stesso per tutte le altre cisterne, con l’aiuto
anche di un’altra piccola pompa orizzontale messa a disposizione dal locale
Arsenale. Il 4 settembre il trasbordo della benzina rimasta nelle cisterne
della Poza Rica è ultimato; si passa
allora al gasolio, ripetendo lo stesso procedimento dal 7 al 9 settembre.
Vengono usate allo scopo sia le pompe della Devoli,
sia le Duplex della Poza Rica. Alle
5.30 dell’11 settembre la Devoli si
scosta dal fianco sinistro della Poza
Rica, che lascia le bocche di Cattaro diretta verso nord; in totale sono
state rimosse dalle cisterne della Poza
Rica 748,7 tonnellate di benzina e 1948 di gasolio, in gran parte
trasbordate sulla Devoli ed in minor
misura su alcune bettoline.
La Devoli (chiamata ancora col nome che
aveva sotto bandiera jugoslava) nel manuale di riconoscimento ONI 202 – Italian Naval Vessels,
compilato nel 1942-1943 dal servizio d’intelligence della Marina statunitense.
29 settembre 1942
La Devoli ed il piroscafo tedesco Macedonia compiono un viaggio da
Brindisi a Patrasso con la scorta del Riboty.
2 ottobre 1942
Viaggio da Patrasso a
Navarino, con la scorta del Riboty e
della torpediniera Angelo Bassini.
21 ottobre 1942
Insieme ad una nave
cisterna civile, la Cesco, e con la
scorta della torpediniera Bassini, la
Devoli lascia Prevesa, fa scalo a
Valona e poi raggiunge Brindisi.
29 ottobre 1942
La Devoli ed il Macedonia compiono un viaggio da Brindisi a Patrasso, scortate dal Riboty.
30 novembre 1942
La Devoli parte da Napoli alle 23 in
convoglio con i piroscafi Veloce (carico
di benzina) e Chisone (carico di
munizioni), e la scorta delle torpediniere Lupo
(capitano di corvetta Giuseppe Folli, caposcorta), Aretusa (capitano di corvetta Roberto Guidotti) e Sagittario (tenente di vascello Vittorio
Barich). Il convoglio è denominato "C".
1° dicembre 1942
Alle 17 si unisce
alla scorta anche la torpediniera di scorta Ardente
(tenente di vascello Rinaldo Ancillotti), partita in mattinata da Palermo per
eseguire una caccia antisommergibili preventiva sulla rotta che il convoglio
deve percorrere.
Alle 19.35 la Devoli lascia il convoglio ed entra a
Trapani, come previsto, mentre le altre navi, dirette a Tripoli, proseguono
verso la loro destinazione.
8 marzo 1943
La Devoli salpa da Napoli alle 17.30,
diretta a Trapani, viaggiando in convoglio con i piroscafi Venezia, Lucera (diretti a Messina) e Todi (diretto a Palermo) e con la pirocisterna Rosario (diretta a Palermo), il
tutto sotto la scorta delle torpediniere Libra (caposcorta,
capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e Giuseppe
Dezza (tenente di vascello Aldo Cecchi) e di cinque cacciasommergibili
tedeschi.
Originariamente era
previsto che la Devoli sarebbe dovuta
partire da Napoli per Trapani il 6 marzo, in convoglio con i piroscafi Henry Estier, Balzac (tedeschi) e Nuoro
(italiano) e con la motonave italiana Ines
Corrado, tutti (tranne la Devoli)
diretti in Tunisia; la decisione è stata poi modificata all’ultimo momento (il
6 marzo partono solo Ines Corrado, Estier e Balzac, mentre la partenza di Devoli
e Nuoro viene rimandata), così che la
Devoli è stata aggregata invece al
convoglio in partenza l’8 marzo. I decrittatori britannici di “ULTRA”, non al
corrente di questo cambiamento dell’ultimo minuto, forniscono ai comandi
britannici nel Mediterraneo la notizia, parzialmente inesatta, che «Ines Corrado, Henry Estier, Balzac, la
petroliera Devoli e probabilmente il Nuoro sono partiti da Napoli alle 03.00
del giorno 6. Il convoglio passerà vicino a Trapani nel cui porto sarà
distaccato il Devoli (…)».
9 marzo 1943
A causa di mare e
vento tempestosi da scirocco, in serata il convoglio deve mettersi alla cappa
nel Golfo di Sant’Eufemia.
10 marzo 1943
10 marzo 1943
Migliorato
sensibilmente il tempo, il convoglio riprende la navigazione, ma la Devoli subisce un’avaria ai motori ed è
costretta a puggiare a Vibo Valentia, scortata dalla Dezza, mentre il resto del convoglio prosegue.
Alle 18.30 Dezza e Devoli ripartono da Vibo Valentia, ma la cisterna, anziché
dirigere per Trapani come inizialmente previsto, entra Messina, per ripararvi
le avarie.
12 marzo 1943
La Devoli lascia Messina in serata, diretta
a Palermo.
13 marzo 1943
Arriva a Palermo in
mattinata.
L’affondamento
Giunta a Palermo il
mattino del 13 marzo, la Devoli vi si
trattenne soltanto per quattro giorni; alle 6.25 del 17 marzo la nave ripartì
alla volta di Trapani insieme ad un’altra cisterna militare, la Velino. La scorta era costituita dalle
moderne corvette Persefone
(caposcorta), Antilope e Cicogna.
Sei miglia e mezzo a
sudovest del faro di Capo San Vito, quando ormai Trapani era vicina, il
convoglio venne avvistato dal sommergibile britannico Splendid (tenente di vascello Ian Lachlan Mackay McGeogh, partito
da Algeri l’11 marzo per la sua settima missione di guerra, da effettuare nelle
acque a nord della Sicilia) mentre era intento a doppiare il capo. McGeogh
apprezzò il convoglio come composto da due navi cisterna, una grande (la Devoli, la cui stazza venne sovrastimata
in ben 10.000 tsl) ed una di medie dimensioni (la Velino), e da un rimorchiatore oceanico, e valutò, con una certa
sovrastima sia nel numero che nelle dimensioni, che la scorta fosse composta da
quattro cacciatorpediniere e due aerei. Il comandante britannico scelse come
bersaglio la nave cisterna più grande, la Devoli,
che procedeva circa un miglio più a proravia dell’altra cisterna e che aveva
una scorta ravvicinata di tre “cacciatorpediniere” (in realtà corvette).
Secondo il libro "British and Allied Submarine Operations in World War
II" redatto dall’ammiraglio (già sommergibilista) Arthur Hezlet, capitolo
XVIII, la Devoli sarebbe stata a
pieno carico e sarebbe stata intercettata dallo Splendid sulla base di "intelligence radio".
Alle 10.57 lo Splendid, giunto ad appena 550 metri
dalla vittima prescelta, lanciò contro di essa quattro siluri. McGeogh riuscì
ad osservare al periscopio il primo dei siluri che andava a segno, e sentì poi
le esplosioni di altri due mentre lo Splendid
scendeva in profondità.
Alle 10.58 (per altre
fonti le 10.55), a 6 miglia per 245° da Capo San Vito Siculo, la Devoli fu colpita da un primo siluro a
prua, sul lato di dritta, cui dopo pochi secondi ne seguì un secondo, che la
raggiunse invece a centro nave (per altra fonte a poppa), sempre sul lato di
dritta.
Dopo aver incassato
il secondo siluro, la Devoli iniziò
subito ad assumere un forte sbandamento, fino a capovolgersi; trattenuta a
galla dall’aria intrappolata nello scafo, la nave cisterna galleggiò in
posizione capovolta, con la chiglia emergente, per oltre due ore, fino alle
13.15, quando infine colò a picco a cinque miglia per 245° (ad
ovest-nord-ovest) da Capo San Vito, nel punto 38°49’ N e 16°41’ E.
Dei 32 uomini che
componevano l’equipaggio della Devoli,
14 persero la vita, mentre 18 poterono essere tratti in salvo.
Le corvette
recuperarono i naufraghi e diedero la caccia al sommergibile attaccante; la Persefone, per prima, subito dopo il
siluramento della Devoli risalì le
scie dei siluri fino a portarsi sul presunto punto di lancio, seguita dall’Antilope, e vi lanciò delle bombe di
profondità senza risultati apparenti, mentre la Cicogna si occupava di prestare aiuto ai naufraghi della nave
cisterna. Temendo la possibilità di un altro attacco da parte del sommergibile
ai danni della cisterna superstite, Antilope
e Persefone ripresero presto la
navigazione, scortando la Velino
verso Trapani. La Cicogna, dopo aver
recuperato tutti i superstiti della Devoli,
li trasbordò su un rimorchiatore e diede poi inizio ad una sistematica ricerca
del sommergibile attaccante.
Alle 15.25 la Cicogna (tenente di vascello Augusto
Migliorini) ottenne un buon contatto sonar a due miglia e mezzo per 340° dal
faro di Capo San Vito, ed eseguì un attacco con il lancio di 24 bombe di
profondità. Ritenendo di aver danneggiato il sommergibile, il comandante della Cicogna eseguì altri due attacchi con
bombe di profondità; alle 15.45 la corvetta avvistò quelle che sembravano le
scie di tre siluri, apparentemente lanciati contro di essa dall’unità nemica
(evidentemente si trattò di un errore, un’increspatura della superficie del
mare che fu scambiata per una scia di siluro, perché lo Splendid non lanciò alcun siluro in questa fase). Al termine della
caccia, l’osservazione del mare rivelò delle bolle d’aria; il comandante
italiano concluse che il sommergibile dovesse essere sicuramente stato
danneggiato, ma non affondato (per altra fonte, invece, ne venne rivendicato il
presunto affondamento).
In realtà, subito
dopo il siluramento lo Splendid aveva
registrato “un forte contrattacco” che aveva però superato indenne, ritirandosi
verso nord alla profondità di 91 metri; poi, alle 15.15, era tornato a quota
periscopica e, dopo aver osservato due “cacciatorpediniere” circa tre miglia a
poppavia, aveva assunto una rotta verso una zona “tranquilla” a sudest di Ustica,
senza aver subito alcun danno.
Terminata la caccia,
la Cicogna tornò ad unirsi al resto
del convoglio, che raggiunse Trapani poco più tardi.
L’affondamento della Devoli nel giornale di bordo dello Splendid (da Uboat.net):
“Sighted a convoy
rounding Capo San Vito. It consisted of one large and one medium tanker and one
ocean going tug. They were escorted by four destroyers and two aircraft.
Started attack on the large tanker that had a close escort of three destroyers.
She was about a mile ahead of the other, smaller, tanker.
1057 hours - Fired
four torpedoes from 600 yards. One hit was seen and two more were heard when Splendid went deep. A heavy counter
attack followed but Splendid was not
damaged by it. She retired to the North at 300 feet.
1515 hours - Returned
to periscope depth. Two destroyers were in sight about three nautical miles
astern. Set course towards a quiet area to the South-East of Ustica.”
Il relitto della Devoli è stato identificato ed esplorato
per la prima volta nell’agosto del 2006, dai subacquei Antonello Paone, Fabio
Manganelli, Lino Viccica, Salvo Gurrieri e Nicola Gucciardi. La motocisterna
giace a profondità compresa tra i 118 ed i 143 metri a due miglia dalla costa,
al largo di Punta Cofano.
La presenza di un
relitto era da tempo nota ai pescatori del luogo, ma l’elevata profondità nella
zona aveva in precedenza dissuaso tentativi di immersione per identificarlo.
Nonostante si fosse capovolta prima di affondare, oggi la Devoli giace in perfetto assetto di navigazione, e si presenta in
buono stato di conservazione. Il ponte di coperta si trova ad una profondità
media di 135 metri.
inserendo in google "elenco caduti ischia seconda guerra mondiale" si entra in una tabella dove il marò Colella Giosuè di Forio (NA) risulta caduto nell'affondamento della Devoli: data di nascita e di morte coincidono, quindi l'attribuzione sembrerebbe corretta. A questo punto anche l'altro caduto del 17/3/1943, il G.M. Pallabazzer Rodolfo, potrebbe essere stato imbarcato sulla Devoli (a meno che non fosse imbarcato sul piroscafo da carico Forlì, affondato in pari data, che però non era requisito né iscritto a ruolo), ma di questo non ho trovato alcun riscontro.
RispondiEliminaAntonio Salce