La Climene (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
Torpediniera della classe Spica, dava il nome ad una delle quattro serie in cui tale classe era divisa (Spica, Climene, Alcione e Perseo), caratterizzate tra loro da lievi differenze in termini di dimensioni e disposizione dell’armamento. Il tipo Climene, seconda serie della classe Spica (la prima serie era costituita da due sole unità, la Spica stessa e l’Astore, che furono i “prototipi” della classe; la terza e quarta serie, Perseo ed Alcione, contarono rispettivamente otto e sedici unità), era caratterizzato da un dislocamento standard di 640 o 652 tonnellate (contro le 630 di Spica e Astore, le 642 delle Perseo, e le 679 delle Alcione), 860 o 970 in carico normale (analogamente al tipo Perseo, contro le 849 della prima serie e le 975 del tipo Alcione), e 1010 tonnellate a pieno carico (contro le 901 della prima serie, le 1000 del tipo Perseo e le 105 del tipo Alcione). Entro il 1942, comunque, in seguito alle modifiche dell’armamento subite durante la guerra, tutte le rimanenti torpediniere classe Spica, Climene comprese, raggiunsero un dislocamento a pieno carico di circa 1200 tonnellate. (Secondo altra fonte, le Spica tipo Climene avrebbero avuto un dislocamento standard di 780 tonnellate, contro le 638 della serie iniziale, le 775 delle Perseo e le 785 delle Alcione; ed un dislocamento a pieno carico di 995 tonnellate, rispetto alle 885 della prima serie, le 1005 del tipo Perseo e le 1035 del tipo Alcione. Una fonte ancora differente fornisce i seguenti dati: dislocamento standard di 797 tonnellate per le Climene, 791 per le Perseo, 790 per le Alcione; in carico normale di 860 tonnellate per le serie Climene e Perseo, 975 per la serie Alcione; a pieno carico di 1010 tonnellate per le Climene, 1020 per le Perseo, 1050 per le Alcione. Data la forte differenza rispetto a tutte le altre fonti, però, probabilmente questi dati sono errati).
La Climene e la Centauro furono rispettivamente la terza e quarta unità della
classe Spica ad essere ordinate, nel 1934 (la loro costruzione era stata
autorizzata nel piano 1932-1933), subito dopo le due “sperimentali” Spica ed Astore, autorizzate nel piano costruzioni 1931-1932 ed ordinate
come prototipi nel 1933 per valutare la possibilità di costruire su larga scala
delle torpediniere di dislocamento standard inferiore alle 600 tonnellate per
avere dei “piccoli cacciatorpediniere” che, in base alle disposizioni del
trattato di Londra del 1930, sotto quel dislocamento potevano essere costruiti
senza limiti di numero (strada che la Francia, maggiore rivale “navale”
dell’Italia, aveva già imboccato con la classe La Melpomène). In quel momento
c’era ancora molta incertezza sulla convenienza di riprodurre il tipo su larga
scala; c’era chi – come l’ex capo di Stato Maggiore Ernesto Burzagli – riteneva
che per sostituire i vecchi cacciatorpediniere declassati della Grande Guerra
(una delle esigenze che avevano portato a progettare le Spica) fosse meglio
ricorrere a torpediniere più piccole, di 300 tonnellate, oppure anche ad una
versione migliorata e ingrandita dei MAS. Permanevano dubbi, nello Stato
Maggiore della Marina, sull’utilità di navi di quel tipo, viste da alcuni (tra
cui il capo di Stato Maggiore,
ammiraglio Gino Ducci, ed il suo successore Domenico Cavagnari, mentre
era favorevole il Ministro della Marina, ammiraglio Giuseppe Sirianni) come
troppo piccole per essere usate come veri cacciatorpediniere, in impiego di
squadra, e troppo grandi per essere impiegate come siluranti notturne.
Con il programma di
costruzioni del 1933-1934 vennero autorizzate solo altre due navi (la quinta e
la sesta) di un tipo leggermente modificato, Perseo e Sirio; poi, siccome
le prove in mare di Spica ed Astore avevano dato risultati abbastanza
soddisfacenti (anche se le qualità nautiche non si erano rivelate eccelse), tra
il 1934 ed il 1935 vennero ordinate le altre quattro torpediniere serie Climene
e le altre sei serie Perseo. Pesò su questa decisione soprattutto l’avvicinarsi
della guerra d’Etiopia che, esacerbando i contrasti con il Regno Unito,
facevano sentire la necessità di incrementare il numero di siluranti a
disposizione, in vista di un possibile conflitto con la Royal Navy: fu
Mussolini stesso ad autorizzare la costruzione di altre dieci Climene e Perseo,
“scavalcando” l’ancora dubbioso ammiraglio Cavagnari. Siccome su Spica ed Astore, per non sforare il limite di 600 tonnellate, si era dovuto
eliminare uno dei tre cannoni da 100/47 e si era finiti col superare comunque
quel “tetto”, si decise di non considerare il vincolo delle 600 tonnellate
standard come troppo “stringente”, e l’osservanza di tale limite fu di
conseguenza sempre meno considerata nelle serie successive, che infatti lo
superarono tutte di varie decine di tonnellate. Già le Climene ebbero
dislocamento ed autonomia sensibilmente superiori rispetto a Spica ed Astore.
La Climene a Biserta, a seconda della fonte nel 1942 o 1943 (Coll. Erminio Bagnasco via www.associazione-venus.it) |
Oltre alla Climene, appartenevano a questa serie Canopo, Castore, Centauro, Cigno e Cassiopea; Canopo e Cassiopea furono costruite dai Cantieri
del Tirreno di Riva Trigoso, le altre quattro (Climene compresa) dai Cantieri Navali Riuniti di Ancona. Altre
lievi differenze tra la serie Climene e le altre erano nella lunghezza (81,40
metri per le Climene, 80,35 per le prime due Spica, 81,95 per le Perseo e 81,42
per le Alcione), nella larghezza (8,20 per le Climene, le Perseo e le prime due
Spica, 7,92 per le Alcione) e nel pescaggo a pieno carico (3,05 per le Climene,
2,82 per Spica e Astore, 3,01 per le Perseo, 3,09 per le Alcione). L’armamento
principale delle Climene era costituito da tre cannoni OTO 1931 da 100/47 mm,
analogamente alle serie Spica e Perseo (sulle Alcione fu invece sostituito dal
più moderno OTO 1937),e quello contraereo da quattro mitragliere binate da
13,2/76 mm (lo stesso su tutte le unità della classe, tranne Spica ed Astore che ne avevano solo due). La maggiore differenza era nella
disposizione dell’armamento silurante: quattro tubi lanciasiluri da 450 mm su
tutte le unità della classe, ma sulle navi tipo Climene erano in quattro
impianti singoli (permettendo una salva massima di due siluri per lato), mentre
nelle serie successive (Alcione e, secondo qualche fonte, Perseo) furono
installati due impianti binati sui lati. Facevano però eccezione proprio la Climene stessa e la Centauro, le quali, al pari di Spica
ed Astore, avevano un impianto
lanciasiluri binato sulla mezzeria e due impianti singoli (laterali, esterni)
leggermente più a proravia. Questa inusuale configurazione era frutto di
un’epoca in cui c’era una certa indecisione in merito all’impiego delle
torpediniere; gli impianti singoli laterali erano ritenuti i più adatti per
torpediniere che venissero impiegate singolarmente, che avrebbero potuto
lanciare in qualsiasi direzione e poi ripiegare. Inoltre, si riteneva che
questa disposizione dei tubi lanciasiluri contribuisse ad una migliore
stabilità e rendesse più facile ricaricare i tubi dopo il lancio. Per l’impiego
“in massa” delle torpediniere, invece, si ritenevano più adatti gli impianti
lanciasiluri binati brandeggiabili, sulla mezzeria.
Durante la seconda
guerra mondiale, la Climene fu tra le
torpediniere della Regia Marina più attive in compiti di scorta convogli; secondo
il sito della Marina Militare, l’unità effettuò 84 missioni di scorta a
convogli o mercantili isolati e 16 missioni esplorative/offensive, mentre
secondo il libro "Navi e marinai italiani nella seconda guerra mondiale"
di Erminio Bagnasco avrebbe compiuto ben 219 missioni di guerra (107 di scorta
convogli e 112 di altro tipo). Inizialmente impiegata nella scorta al traffico
di cabotaggio lungo le coste della Libia, dalla fine del 1941 alla fine del
1942 venne trasferita a compiti di scorta d’altura dapprima con la Sicilia e
poi tra il Sud Italia e la Grecia. Negli ultimi mesi prima della sua perdita
venne invece adibita alla scorta dei convogli tra la Sicilia e la Tunisia.
Superò indenne, durante tutto il conflitto, svariati attacchi aerei sia in
porto che in mare aperto; alla fine fu un sommergibile ad affondarla sulla
“rotta della morte”, agli sgoccioli della campagna tunisina.
Breve e parziale cronologia.
25 luglio 1934
Impostazione presso i
Cantieri Navali Riuniti di Ancona (numero di costruzione 140).
7 gennaio 1936
Varo presso i
Cantieri Navali Riuniti di Ancona.
24 aprile 1936
Entrata in servizio.
Dopo un iniziale
periodo di addestramento, la Climene
viene assegnata all’VIII Squadriglia Torpediniere, avente base a Messina, con
la quale svolge normale attività di pace nelle acque della Sicilia, compiendo
ripetutamente il periplo di tale isola.
Estate 1937
La Climene, avendo base a Trapani, compie
cinque crociere contro il contrabbando di rifornimenti per le forze spagnole
repubblicane, durante la guerra civile spagnola.
Queste crociere
rientrano nel più vasto blocco del Canale di Sicilia, attuato dalla Marina
italiana con notevole dispiego di unità (oltre alla Climene, gli incrociatori leggeri Luigi Cadorna ed Armando
Diaz, i cacciatorpediniere Freccia, Saetta, Dardo, Strale, Borea, Ostro, Espero e Zeffiro, e le torpediniere Cigno, Centauro, Castore, Altair, Aldebaran, Antares ed Andromeda) al fine appunto di impedire
l’invio di rifornimenti dall’Unione Sovietica (Mar Nero) alle truppe
repubblicane spagnole. Mussolini ha preso tale decisione a seguito di richieste
da parte dei comandi spagnoli nazionalisti, i quali sostengono, esagerando di
molto, che l’Unione Sovietica stia per rifornire i repubblicani con oltre 2500
carri armati, 3000 “mitragliatrici motorizzate” e 300 aerei.
Il blocco navale
viene ordinato da Roma il 7 agosto ed ha inizio due giorni più tardi; oltre ai
sommergibili, invati sia al largo dei Dardanelli che lungo le coste della
Spagna, prendono il mare otto cacciatorpediniere ed altrettante torpediniere
che si posizionano nel Canale di Sicilia e lungo le coste del Nordafrica
francese. Cacciatorpediniere e torpediniere operano in cooperazione con quattro
sommergibili ed un sistema di esplorazione aerea a maglie strette (idrovolanti
dell’83° Gruppo Ricognizione Marittima, di base ad Augusta) e sono alle
dipendenze dell’ammiraglio di divisione Riccardo Paladini, comandante militare marittimo della Sicilia; successivamente
verranno avvicendati da altre siluranti e dalla IV Divisione Navale
(incrociatori leggeri Armando Diaz, Alberto Di Giussano, Luigi Cadorna, Bartolomeo Colleoni). Sono complessivamente ben 40 le navi
mobilitate per il blocco: i quattro incrociatori della IV Divisione,
l’esploratore Aquila, dieci
cacciatorpediniere (Freccia, Saetta, Dardo, Strale, Fulmine, Lampo, Espero, Ostro, Zeffiro e Borea),
24 torpediniere tra cui la Climene (le
altre sono Cigno, Canopo, Castore, Centauro, Cassiopea, Andromeda, Antares, Altair, Aldebaran, Vega, Sagittario, Astore, Sirio, Spica, Perseo, Giuseppe La
Masa, Generale Carlo Montanari, Ippolito
Nievo, Giuseppe Cesare Abba, Generale Achille Papa, Nicola Fabrizi, Giuseppe Missori e Monfalcone) e la nave coloniale Eritrea. Altre due navi, gli
incrociatori ausiliari Adriatico e Barletta, camuffati da spagnoli Lago e Rio, hanno l’incarico di visitare i mercantili sospetti avvistati
dalle navi da guerra in crociera.
Il dispositivo di
blocco è articolato in più fasi: informatori ad Istanbul segnalano all’Alto
Comano Navale le navi sovietiche, o di altre nazionalità ma sospettate di
operare al servizio dei repubblicani, che passano per il Bosforo; ad
attenderle in agguato per primi vi sono i sommergibili appostati all’uscita dei
Dardanelli. Se le navi superano indenni questo primo ostacolo, vengono
segnalate alle navi di superficie ed ai sommergibili in crociera nel Canale di
Sicilia e nello Stretto di Messina; qualora dovessero riuscire ad evitare anche
questo nuovo pericolo (possibile soltanto appoggiandosi a porti neutrali)
troverebbero ad aspettarle altre navi da guerra in crociera nelle acque della
Tunisia e dell’Algeria. Infine, come ultima barriera per i bastimenti che
riuscissero ad eludere anche tale minaccia, altri sommergibili sono in agguato
lungo le coste della Spagna. Nei primi giorni del blocco sono molto attivi
proprio i cacciatorpediniere di base ad Augusta.
Il blocco navale così
organizzato (del tutto illegale, dato che l’Italia non è formalmente in guerra
con la Repubblica spagnola) si rivela un pieno successo, portando in breve
tempo alla totale interruzione del flusso di rifornimenti dall’Unione Sovietica
alla Spagna repubblicana. Soltanto qualche mercantile battente bandiera
britannica o francese riesce a raggiungere i porti repubblicani, oltre a poche
navi che salpano dalla costa francese del Mediterraneo e raggiungono Barcellona
col favore della notte. Il blocco italiano infligge un durissimo colpo ai
repubblicani, ma scatenerà anche gravi tensioni internazionali (specie col
Regno Unito) e feroci proteste sulla stampa spagnola repubblicana ed
internazionale, con accuse di pirateria – essendo, come detto, un’operazione in
totale violazione di ogni legge internazionale – nei confronti della Marina
italiana, ripetute anche da Winston Churchill.
La XI Squadriglia Torpediniere nel maggio 1938: dal basso verso l’alto, Climene, Castore, Centauro e Cassiopea. |
1938
È comandante della Climene il tenente di vascello Livio
Piomarta.
Nello stesso anno la Climene, inquadrata nella XI Squadriglia
Torpediniere, viene assegnata alla Divisione Scuola Comando, con base ad
Augusta, insieme alle gemelle Castore,
Cigno, Centauro, Circe, Calliope, Clio, Calipso, Pallade, Polluce, Partenope e Pleiadi, ai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Nicoloso Da Recco, agli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere
e Luigi Cadorna ed alla 7a,
9a e 10a Squadriglia MAS.
Parteciperà a tutte
le uscite della Divisione Scuola Comando fino al 1940.
5 maggio 1938
La Climene, insieme al resto della XI
Squadriglia Torpediniere (Castore, Centauro e Cigno, al comando del capitano di corvetta Mario Notarbartolo),
partecipa alla rivista navale "H" organizzata nel Golfo di Napoli per
la visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte
della flotta italiana: le corazzate Cesare
e Cavour, i 7 incrociatori pesanti
della I e III Divisione, gli 11 incrociatori leggeri della II, IV, VII e VIII
Divisione, 7 “esploratori leggeri” classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le
Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea
e lo Zeffiro), 30 torpediniere (le
Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie Audace,
Castelfidardo, Curtatone, Francesco Stocco,
Nicola Fabrizi e Giuseppe La Masa ed i quattro “avvisi scorta” della classe Orsa),
85 sommergibili e 24 MAS (Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi
scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, il panfilo di Benito
Mussolini, l’Aurora, la nave reale Savoia e la nave bersaglio San Marco.
La XI Squadriglia è
inquadrata nella Flottiglia Torpediniere (capo flottiglia il capitano di
vascello Fontana, sull’esploratore Nicoloso
Da Recco) insieme alle Squadriglie IX (Astore,
Spica, Canopo e Cassiopea), X (Sirio, Sagittario, Perseo e Vega) e XII (Altair, Andromeda, Antares, Aldebaran).
La Climene, in secondo piano, e la gemella Libra a Napoli durante la rivista “H” il
5 maggio 1938 (Istituto Luce via Naval History and Heritage Command; sopra, da www.naviearmatori.net)
7 aprile 1939
La Climene prende parte allo sbarco e
occupazione italiana dell’Albania inquadrata nel 3° Gruppo Navale, che essa forma
insieme alle gemelle Castore, Cigno e Centauro, ai cacciatorpediniere Grecale, Libeccio, Scirocco e Saetta, alle corazzate Giulio
Cesare e Conte di Cavour,
al posamine Azio, alla cisterna
militare Isonzo ed al
grosso piroscafo Sannio. Il 3°
Gruppo, al comando dell’ammiraglio di squadra Arturo Riccardi (che ha il
comando generale delle operazioni navali) ed incaricato dell’occupazione di
Valona, giunge dinanzi al proprio obiettivo nelle prime ore del 7 aprile.
I reparti da
sbarcare, che compongono nello schieramento italiano la “colonna di Valona” al
comando del colonnello Bernardi, sono il I Battaglione del 1° Reggimento
Bersaglieri, il XVI Battaglione del 10° Reggimento Bersaglieri (riuniti sotto
il comando del 1° Reggimento Bersaglieri) ed il Gruppo Battaglioni Camicie Nere
"Nannini" (XL Battaglione Camicie Nere d’Assalto "Verona" e
LXXVI Battaglione Camicie Nere d’Assalto "Ferrara"). La difesa
albanese nel settore di Valona, al comando del tenente colonnello Kuku, è affidata
ai battaglioni di fanteria "Tomori" e "Kaptina", al 1°
Battaglione della Gendarmeria Reale Albanese, al battaglione artiglieria da
montagna "Semani", ad una sezione di artiglieria da montagna e ad un
plotone del Genio zappatori/minatori.
Lo sbarco avviene con
un ritardo di circa un’ora, e le truppe italiane – sbarcano per prime le
compagnie da sbarco di marinai, seguite poi dalla fanteria – sono accolte da
quelle albanesi, asserragliate negli edifici della gendarmeria, della dogana e
del museo archeologico, con tiro di fucili e mitragliere che viene però ridotto
al silenzio dopo un cannoneggiamento di circa dieci minuti da parte delle
torpediniere. Così spezzate le resistenze nell’area portuale, il resto della
città viene agevolmente occupato dai reparti italiani.
La Climene in partenza da Taranto per l’invasione dell’Albania, il 7 aprile 1939 (g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net) |
1940
Poco prima dell’ingresso
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la XI Squadriglia Torpediniere, di
cui la Climene fa parte, viene posta
alle dipendenze del Comando Superiore della Marina in Libia (Marilibia).
10 giugno 1940
All’entrata in guerra
dell’Italia, la Climene fa parte
della XI Squadriglia Torpediniere, con base a Tripoli, insieme alle gemelle Cigno (caposquadriglia), Castore e Centauro.
16 giugno 1940
La Climene salpa da Tripoli alle 12.30 per
scortare a Bengasi i trasporti truppe Esperia
e Calitea.
17 giugno 1940
Climene, Esperia e Calitea arrivano a Bengasi alle 9.30.
29 luglio 1940
La Climene e le gemelle Circe (caposcorta), Centauro e Clio (la XIII Squadriglia
Torpediniere) salpano da Napoli alle 00.30, per scortare fino a Messina un
convoglio formato dal trasporto truppe Marco
Polo e dagli incrociatori ausiliari (impiegati come trasporti) Città di Palermo e Città di Napoli. Il convoglio ha come
meta finale Bengasi, nell’ambito dell’operazione di traffico «Trasporto Veloce
Lento» (che vede in mare in tutto tre convogli diretti in Africa Settentrionale,
con un totale di 11 trasporti e 12 torpediniere, più la copertura a distanza di
un’aliquota delle forze navali da battaglia: il convoglio scortato dalla XIII
Squadriglia è il convoglio veloce dell’operazione, mentre gli altri due sono i
convogli lenti); le navi procedono a 16 nodi.
Poche ore dopo la
partenza, a seguito dell’avvistamento di notevoli forze navali britanniche
uscite in mare sia da Alessandria (il grosso della Mediterranean Fleet) che da
Gibilterra (l’incrociatore da battaglia Hood,
le corazzate Valiant e Resolution e le portaerei Argus ed Ark Royal), i convogli
dell’operazione T.V.L. ricevono ordine da Supermarina di rifugiarsi
immediatamente nei porti della Sicilia. Il convoglio scortato dalla XIII
Squadriglia Torpediniere giunge a Messina alle 13.30 (o nel pomeriggio). Qui si
esaurisce il compito della Climene
e del resto della XIII Squadriglia: il convoglio proseguirà l’indomani, ma
scortato non più dalle unità della XIII Squadriglia, bensì dalle gemelle della
I Squadriglia (Alcione, Airone, Ariel, Aretusa).
26 agosto 1940
La Climene salpa da Tripoli alle 15,
scortando i piroscafi Zena ed Absirtea diretti a Bengasi.
28 (?) agosto 1940
Climene, Absirtea e Zena arrivano a Bengasi alle 10.30.
2 settembre 1940
La Climene lascia Bengasi alle 11.30
scortando il piroscafo Argentea,
diretto a Tobruk.
3 settembre 1940
Climene ed Argentea
raggiungono Tobruk alle 12.30.
20 settembre 1940
La Climene parte da Tripoli alle 21.30 per
scortare a Mersa Gazalà la motonave Col
di Lana.
23 settembre 1940
Climene e Col di Lana arrivano
a Marsa Gazalà alle 15.
5 ottobre 1940
La Climene parte da Ain-el-Gazala alle
20.15 scortando la Col di Lana di
ritorno a Tripoli, insieme alla torpediniera Antonio Mosto.
6 ottobre 1940
Il convoglietto
arriva a Bengasi alle 18; prosegue poi senza la Mosto, ma con l’aggiunta del rimorchiatore di salvataggio Salvatore Primo.
9 ottobre 1940
Climene, Col di Lana e Salvatore Primo arrivano a Tripoli alle
10.15.
12 ottobre 1940
La Climene salpa da Tripoli alle 2.30 per
scortare a Bengasi i piroscafi Tenace
ed Amba Aradam e la nave cisterna Utilitas.
15 ottobre 1940
Il convoglio arriva a
Bengasi alle 11.30.
Successivamente la Climene riparte da Bengasi scortando il
piroscafo Argentea, proveniente da
Tobruk (è stato scortato fino a Bengasi dalla Mosto) e diretto a Tripoli.
18 ottobre 1940
Climene ed Argentea giungono a
Tripoli alle 9.
Successivamente la Climene si reca incontro al piroscafo Livenza, proveniente da Palermo (è stato
scortato fino a Trapani dalla torpediniera Giuseppe
La Farina), e ne assume la scorta; il Livenza
arriva a Tripoli alle 19.
27 ottobre 1940
La Climene parte da Tripoli per Bengasi
alle 13.30, scortando il piroscafetto Prospero
e la piccola motonave Amba Alagi.
29 ottobre 1940
Il convoglietto
arriva a Bengasi alle 10.
31 ottobre 1940
La Climene lascia Bengasi alla volta di
Tripoli, scortando il piroscafo Mira
e la cisterna militare Ticino.
2 novembre 1940
Il convoglio arriva a
Tripoli alle 12.30.
5 novembre 1940
La Climene lascia Tripoli per Bengasi alle
23, scortando la motonave Giulia.
6 novembre 1940
Durante la
navigazione, la Climene avvista un
banco di mine ormeggiate a sei miglia e mezzo per 90° dal faro di Misurata. È
un campo minato nemico: la torpediniera ne riferisce subito la presenza, e da
Tripoli viene immediatamente inviata a dragarlo una squadriglia di dragamine.
7 novembre 1940
Climene e Giulia arrivano a
Bengasi a mezzogiorno e mezzo.
29 novembre 1940
La Climene lascia Bengasi alle 17, per
scortare a Tripoli la pirocisterna Marangona.
La Climene con la livrea grigio cenerino (g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net) |
30 novembre 1940
Climene e Marangona giungono a
Tripoli alle 17.
13 dicembre 1940
Mentre la Climene è ormeggiata nel porto di
Tripoli, viene colpita e danneggiata nel corso di un violento bombardamento
aereo notturno.
Il sergente
cannoniere puntatore mitragliere Giovanni Vanin riceverà la Medaglia di Bronzo
al Valor Militare per aver colpito diversi aerei col tiro della sua mitragliera
da 20/65 mm.
1940-1941
Lavori di modifica
dell’armamento: tre delle quattro mitragliere binate da 13,2/76 mm, di modesta
efficacia, vengono rimosse e sostituite con altrettante più efficaci armi da
20/65 mm, anch’esse binate, modello Breda 1935. Vengono inoltre imbarcati due
scaricabombe per 40 bombe di profondità complessive, e cambiata la disposizione
dei tubi lanciasiluri, uniformandola a quella della serie Alcione (due impianti
lanciasiluri binati brandeggiabili, sulla mezzeria), che appare la migliore,
permettendo di lanciare un maggior numero di siluri su uno stesso lato (lancio
di saturazione).
Queste modifiche
vengono effettuate su tutte le navi della classe Spica tra il 1939 ed il 1941,
durante i normali turni di manutenzione, nel quadro di un piano di
ammodernamento e “standardizzazione” del loro armamento.
12 aprile 1941
Alle 19.30 la Climene e la gemella Sirio salpano da La Spezia per scortare
a Brindisi l’incrociatore leggero Alberto
Di Giussano.
13 Aprile 1941
Alle 21 la formazione
attraversa lo stretto di Messina, ed alle 23 si unisce alla scorta anche la
torpediniera Giuseppe Dezza, che
rimane in formazione fino all’altezza di Punta Stilo.
14 aprile 1941
Alle 11.09, in Mar
Ionio, viene avvistato l’incrociatore leggero Muzio Attendolo, con quattro cacciatorpediniere di scorta, che si
unisce al gruppo del Di Giussano. La
formazione giunge a Brindisi alle 16.50, ormeggiandosi alle boe entro recinti
di reti parasiluri.
L’indomani mattina,
le unità partecipano ad un violento tiro di sbarramento eseguito contro
velivoli nemici che sorvolano Brindisi.
19 aprile 1941
La Climene salpa da Trapani alle 5.40
scortando la pirocisterna Alberto Fassio,
diretta a Tripoli.
Successivamente, Climene e Fassio si aggregano ad un convoglio proveniente da Palermo e
formato dai piroscafi Isarco, Nicolò Odero e Maddalena Odero e dalla nave cisterna Luisiano, scortati inizialmente dalle torpediniere Antonio Mosto e Giuseppe La Farina (caposcorta) poi sostituite dalle torpediniere Calliope, Orione più una terza, non nominata dall’U.S.M.M., appartenente a
Marilibia.
21 aprile 1941
Climene e Fassio giungono a
Tripoli alle 21.
23 aprile 1941
La Climene lascia Tripoli alle 18 per
scortare a Bengasi i motovelieri Rosina,
Giorgina ed Unione e la piccola motonave Rosa.
Il convoglietto raggiungerà Bengasi alle 14 del 28, ma nel frattempo la Climene lo avrà lasciato per un’altra
missione di scorta.
25 aprile 1941
La Climene salpa da Bengasi per Tripoli
alle 20, scortando il piroscafo Bosforo.
27 aprile 1941
Climene e Bosforo arrivano a
Tripoli alle 13.
5 maggio 1941
La Climene lascia Tripoli per Bengasi alle
12.30, scortando i piroscafi tedeschi Brook
e Tilly L. M. Russ.
6 maggio 1941
Alle 14.20 il
sommergibile britannico Triumph
(capitano di corvetta Wilfrid John Wentworth Woods) avvista il convoglietto nel
Golfo della Sirte, in posizione 31°30’ N e 15°54’ E, identificando la Climene come “cacciatorpediniere classe
Spica” e le due navi tedesche come mercantili di 3000 tsl in uscita da Buerat
(Woods annota anche l’avvistamento di una quarta nave, una piccola motonave di
circa 500 tsl). Il Triumph manovra
per attaccare ed alle 14.49, pur non essendo in buona posizione per un lancio
(è a tre quarti di poppa rispetto ai bersagli), lancia ugualmente quattro
siluri da 3290 metri, ritenendo molto importante interrompere il traffico
costiero.Le navi evitano i siluri con pronta manovra, e le armi esplodono
contro la costa senza fare danni. Mentre i due piroscafi tedeschi si
allontanano dalla zona del pericolo, la Climene
si porta vicino al punto di lancio dei siluri, cercando l’attaccante, e lancia
numerose bombe di profondità, ma nel frattempo il Triumph si è allontanato di circa 2,3 km da quel punto. Parecchie
delle bombe di profondità, a causa della ridotta profondità in quel punto
(30-35 metri), non esplodono.
In seguito
all’attacco ed alla segnalazione della presenza di navi di superficie nemiche
nel Mediterraneo orientale, il convoglio viene momentaneamente dirottato a
Buerat.
Dirottamento
provvidenziale, perché le navi avvistate in Mediterraneo orientale sono il
grosso della Mediterranean Fleet, uscito in mare per l’operazione «Tiger»
(rifornimento di Malta) e dopo l’attacco il Triumph
segnala a tale formazione l’avvistamento di un piccolo convoglio in navigazione
da Tripoli a Bengasi. In seguito a tale segnalazione, l’ammiraglio Andrew
Browne Cunningham distacca un gruppo di quattro navi (incrociatore leggero Ajax e cacciatorpediniere Havock, Imperial ed Hotspur) con
il compito di cercare il convoglio segnalato dal Triumph e di bombardare Bengasi; il convoglio della Climene non viene trovato, essendosi
rifugiato a Buerat, ed il bombardamento di Bengasi produce pochi danni, ma
durante il ritorno le navi britanniche s’imbattono nel piroscafo Tenace e nell’incrociatore ausiliario Capitano Cecchi, che vengono affondati.
11 maggio 1941
Ripresa la
navigazione dopo una sosta di pochi giorni, il convoglio giunge a Bengasi alle
10.30.
12 maggio 1941
Attaccata da aerei,
la Climene reagisce col tiro del
proprio armamento, rivendicando l’abbattimento di due dei velivoli attaccanti.
Il comandante in seconda, sottotenente di vascello Ivo Vancini, sarà decorato
di Medaglia di Bronzo al Valor Militare per il suo ruolo in questa azione.
15 maggio 1941
La Climene salpa da Bengasi alle 23
scortando il piroscafo Bosforo,
diretto a Tripoli.
18 maggio 1941
Climene e Bosforo arrivano a
Tripoli alle 8.30.
25 maggio 1941
La Climene e la vecchia torpediniera Generale Carlo Montanari, per ordine di
Supermarina, lasciano Tripoli per andare a rinforzare la scorta di un convoglio
di trasporti truppe (Esperia, Victoria, Marco Polo, che trasportano quasi 6000 soldati e qualche migliaio
di tonnellate di materiali) in arrivo dall’Italia, che la sera precedente ha
subito il tragico affondamento del piroscafo Conte Rosso, silurato dal sommergibile britannico Upholder con la morte di 1297 uomini. Siccome
dopo l’affondamento del Conte Rosso
gran parte delle siluranti di scorta sono state distaccate per recuperarne i
naufraghi, lasciandone solo due (cacciatorpediniere Freccia e torpediniera Orsa)
a proteggere il convoglio ed una (cacciatorpediniere Ascari) a proteggere la forza di copertura a distanza (III
Divisione Navale, incrociatori pesanti Trieste
e Bolzano), in un’area caratterizzata
da intensa attività di sommergibili nemici, Supermarina ha ordinato a Climene e Montanari di andare incontro al convoglio per rinforzarne l’esigua
scorta, oltre a disporre una nutrita scorta aerea dalle prime luci dell’alba.
Le due torpediniere
raggiungono il convoglio come previsto, assumendone la scorta; la Climene si posiziona sulla dritta dei
trasporti truppe, e dopo qualche tempo avvista una chiazza di nafta poco
lontano dalla sua rotta. Il comandante della torpediniera ritiene che la
chiazza provenga da un sommergibile in immersione in quel punto, pertanto la Climene si porta sulla chiazza ed esegue
ripetuti passaggi con lancio di cariche di profondità. Dopo lo scoppio di una
bomba da 100 kg regolata per 75 metri di profondità, compare nella scia della Climene, a circa 450 metri di distanza,
una “forma fusiforme” che alcuni ufficiali e gli uomini dell’equipaggio che
hanno modo di osservarla ritengono essere lo scafo di un sommergibile
capovolto. La sagoma affiora per un istante, poi affonda subito, ed al contempo
la chiazza di nafta diviene più estesa e più densa, ed al suo centro si nota un
forte gorgoglio di bolle d’aria. Sulla base di ciò, si ritiene sulla Climene di aver affondato un
sommergibile; ma in realtà, nessun battello britannico risulta essere affondato
in luogo e data compatibili con l’attacco della torpediniera.
In altra pagina, il
volume USMM relativo alla difesa del traffico con l’A.S. identifica il
sommergibile attaccato dalla Climene
come l’Ursula, che avrebbe tentato di
attaccare il convoglio poco prima del suo arrivo a Tripoli, senza riuscire a
colpire, e sarebbe stato probabilmente danneggiato dal contrattacco della Climene; in realtà, però, non risulta
che l’Ursula, salpato da Malta il
giorno precedente per una missione al largo di Tripoli, abbia compiuto attacchi
o subito bombardamenti con bombe di profondità il 25 maggio (partito da Malta
il 24, il giorno seguente non era ancora arrivato davanti a Tripoli).
La Climene a La Spezia nel 1941 (Coll. Giuseppe Celeste, via www.associazione-venus.it) |
17 giugno 1941
Parte da Tripoli alle
7 scortando il piroscafo Giuseppe Leva,
diretto a Bengasi.
19 giugno 1941
Le due navi arrivano
a Bengasi alle 14; la Climene ne
riparte cinque ore più tardi, per tornare a Tripoli scortando il piroscafo
tedesco Brook.
21 giugno 1941
Alle 11.30 Climene e Brook arrivano a Tripoli.
29 giugno 1941
La Climene riparte da Tripoli alle 17 per
scortare a Bengasi il Brook ed il
piroscafo italiano Una.
1° luglio 1941
Il convoglietto arriva
a Bengasi alle 13.
4 luglio 1941
La Climene salpa da Bengasi alle 20.30 per
scortare a Tripoli il Brook ed il
rimorchiatore tedesco Max Berendt,
avente a rimorchio il motoveliero italiano Carolina.
7 luglio 1941
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 15.
10 luglio 1941
La Climene accorre a dare manforte alla
torpediniera Calatafimi nella caccia
al sommergibile britannico Torbay
(capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers) dopo che alle 15.52 questi ha
silurato e danneggiato gravemente, in posizione 37°30’ N e 24°16’ E (nel Canale
di Zea), la nave cisterna Strombo, in
navigazione da Istanbul al Pireo.
La Climene arriva sul posto poco prima
delle sei di sera, e dalle 18 alle 19.20 dà la caccia al Torbay insieme alla Calatafimi
(che ha già eseguito una prima serie di attacchi, da sola, dalle 15.55 alle
16.20), lanciando tra tutt’e due 25 bombe di profondità. Nessuna delle bombe,
però, esplode particolarmente vicina al sommergibile, che è così in grado di
sottrarsi alla caccia e rientrare ad Alessandria. La danneggiata Strombo viene intanto rimorchiata a
Salamina dalla torpediniera Monzambano.
13 (o 11) luglio 1941
A mezzogiorno la Climene lascia Tripoli per scortare a
Bengasi i piroscafi Motia e Cadamosto.
15 luglio 1941
Climene, Motia e Cadamosto arrivano a Bengasi alle 12.30.
18 luglio 1941
Il marinaio
cannoniere Giovanni Cataleta, di 23 anni, da Manfredonia, muore a bordo della Climene nel Mediterraneo centrale.
1° agosto 1941
La Climene parte da Tripoli per Bengasi
alle 17, scortando il piroscafo tedesco Spezia
e l’italiano Cadamosto.
3 agosto 1941
Climene, Spezia e Cadamosto arrivano a Bengasi a
mezzogiorno.
4 agosto 1941
La Climene parte da Bengasi alle 17
scortando il piroscafo Capo Orso,
diretto a Brindisi. La torpediniera scorta il piroscafo soltanto nelle acque
della Libia, dopo di che il Capo Orso
prosegue da solo, arrivando a Brindisi alle 5 del 7 agosto.
6 agosto 1941
La Climene salpa da Bengasi alle 19, per
scortare a Tripoli il Cadamosto, che
ha a rimorchio il motoveliero Giorgino.
9 agosto 1941
Le tre navi arrivano
a Tripoli alle 11.
20 agosto 1941
La Climene salpa da Bengasi alle 16
scortando l’incrociatore ausiliario RAMB
III, che ha perso la prua per un siluramento nel porto di Bengasi ed ora
rientra in Italia per le riparazioni, navigando senza prua, a marcia indietro e
con l’assistenza del rimorchiatore Salvatore
Primo. La Climene scorta il RAMB III soltanto nel tratto iniziale,
nelle acque della Libia, dopo di che prende il suo posto la torpediniera Giacomo Medici.
Dopo un viaggio di
597 miglia a marcia indietro, il RAMB III
riuscirà a raggiungere la propria destinazione.
1°-2 ottobre 1941
In seguito alla
cattura, da parte del Servizio Informazioni Militare (SIM, il servizio segreto
del Regio Esercito), della spia francese Alfred Rossi, sbarcata il 24 settembre
dal sommergibile britannico Urge
vicino a Palermo, i comandi italiani organizzano una trappola per cercare di
distruggere l’Urge: avendo appreso
dall’interrogatorio di Rossi che il sommergibile dovrà tornare a recuperarlo
nella notte tra l’1 e il 2 ottobre, la Climene
e la gemella Cigno vengono fatte
salpare da Trapani per intercettarlo. La trappola non riesce, perché l’Urge avvista per primo una delle due
torpediniere ed al contempo sente rumore di tiro di mitragliatrici proveniente
dalla costa, provvedendo di conseguenza a lasciare la zona in tutta fretta. Un
ufficiale dell’Urge, il sottotenente
di vascello Lloyd, recatosi a terra con un battellino in gomma per prelevare la
spia, viene ucciso in uno scontro a fuoco con dei carabinieri. Rossi, in cambio
della salvezza, accetta di colLaborare
con il controspionaggio italiano, fingendo di essere ancora “operativo” ed
inviando ai servizi segreti britannici, mediante la sua radio, informazioni
false e fuorvianti, preparate dal SIM.
28 settembre 1941
In seguito alla
segnalazione, da parte di Marina Messina, dell’avvistamento di un
cacciatorpediniere nemico in avaria dodici miglia a sud di Marettimo (è in
corso l’operazione britannica "Halberd", consistente nell’invio a
Malta di un convoglio di nove trasporti – cisterna
militare Breconshire e mercantili Ajax, City of Calcutta, City of Lincoln, Clan Ferguson, Clan MacDonald, Imperial Star, Dunedin Star e Rowallan
Castle – carichi di 81.000 tonnellate di rifornimenti e scortati dalla
Forza H britannica con le corazzate Nelson, Rodney e Prince of Wales, la una portaerei Ark Royal, gli incrociatori leggeri Kenya, Edinburgh, Sheffield, Hermione ed Euryalus
ed i cacciatorpediniere Cossack, Duncan, Farndale, Fury, Forester, Foresight, Gurkha, Heythrop, Laforey, Lance, Legion, Lively, Lightning, Oribi e Zulu, britannici, Garland
e Piorun, polacchi, ed Isaac Sweers, olandese), la Climene e la Cigno vengono fatte salpare da Trapani per cercarlo ed affondarlo.
Arrivate nel punto indicato, però, le due torpediniere non trovano nulla; le
loro lunghe ricerche, condotte in varie direzioni, non portano a niente, ed
alla fine le due unità tornano in porto a mani vuote.
12 dicembre 1941
Secondo alcune fonti,
la Climene avrebbe dovuto scortare in
questa data da Palermo a Tripoli, insieme alla gemella Cigno (capitano di corvetta Nicola Riccardi), gli incrociatori
leggeri della IV Divisione, Alberico
Da Barbiano (capitano di vascello Giorgio Rodocanacchi; nave
ammiraglia dell’ammiraglio di divisione Antonino Toscano) ed Alberto Di Giussano (capitano di
vascello Giovanni Marabotto), impiegati ad una missione di trasporto urgente di
rifornimenti (100 tonnellate di benzina avio, 250 di gasolio, 600 di nafta e
900 di vettovaglie, oltre a 135 militari del Corpo Reali Equipaggi Marittimi).
La Climene avrebbe dovuto formare uno
schermo protettivo avanzato insieme alla Cigno,
ma non poté partecipare alla missione (che si concluse in tragedia, con
l’affondamento di entrambi gli incrociatori ad opera di quattro
cacciatorpediniere nemici presso Capo Bon) a causa di avarie alle caldaie,
verificatesi poco prima della partenza, che la costrinsero a restare a Palermo.
La storia ufficiale dell’USMM, tuttavia, non fa menzione della prevista
partecipazione della Climene a questa
operazione.
15 dicembre 1941
Alle 00.10, essendo
stata annullata la missione di trasporto dell’incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere in seguito
alla distruzione della IV Divisione, la Climene
lascia Palermo scortando l’incrociatore che, sbarcata la benzina, ritorna a
Messina. Qui le due navi arrivano alle 8.24 dello stesso giorno.
17 dicembre 1941
La Climene salpa da Trapani per Tripoli
alle dieci scortando la motonave Probitas.
Durante il viaggio la
motonave viene bombardata da aerei e colpita da alcuni ordigni, subendo però
danni piuttosto limitati; viene inizialmente dirottata a Susa, ma è in grado di
proseguire dopo poco. Raggiungerà Tripoli alle 20.45 del 21 dicembre; nel
frattempo, la Climene sarà stata
sostituita dalla gemella Polluce.
29 dicembre 1941
La Climene parte da Palermo alle due di
notte scortando il piroscafo tedesco Achaia,
diretto a Tripoli. La torpediniera scorta l’Achaia
soltanto fino a Trapani, dopo di che il piroscafo prosegue da solo; raggiunto
in seguito dalla Clio, inviatagli
incontro da Tripoli, arriverà a destinazione il 1° gennaio.
La Climene nel 1942 (da it.wikipedia.org) |
10 maggio 1942
La Climene parte da Messina alle 17
scortando la motonave Unione
(avente a bordo 2350 tonnellate di munizioni e materiali vari, 26 tonnellate di
carburante, 59 tra automezzi e mezzi corazzati e 52 militari), con la quale
costituisce il convoglio «X», uno dei tre in mare per l’operazione di traffico
«Mira», consistente nell’invio a Tripoli di sei grandi e moderne motonavi
suddivise in tre convogli (con un carico complessivo di 58 carri armati, 713
automezzi, 3086 tonnellate di carburanti e lubrificanti, 17.505 tonnellate di
munizioni ed altri materiali e 513 uomini). Per la prima volta, per maggior
protezione ed a titolo sperimentale, la scorta sarà interamente costituita da
siluranti dotate di ecogoniometro.
11 maggio 1942
All’alba il convoglio
«X» si congiunge con gli altri due convogli di «Mira», l’«H» (motonave Ravello e torpediniera Castore, partite da Napoli) ed il «G»
(motonavi Agostino Bertani, Gino Allegri e Reichenfels, cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco e
torpediniere Pallade e Polluce, partite da Napoli), costituendo
un unico convoglio sotto il comando del capitano di vascello Aldo Cocchia
sul Da Recco. Il convoglio
imbocca la rotta di ponente per giungere a Tripoli. (Secondo una versione, la
motonave Reginaldo Giuliani ed il
cacciatorpediniere, facenti anch’essi parte del convoglio «G», si sarebbero
uniti agli altri convoglio insieme al resto delle navi, ma la mattina dell’11
la Giuliani avrebbe subito un’avaria
del timone, venendo costretta a tornare a Palermo con la scorta del Premuda. Da altra versione risulterebbe
però che la Giuliani avesse subito
l’avaria alle 3.30 di quella notte, tornando indietro insieme al Premuda ben prima della riunione del
convoglio).
12 maggio 1942
Alle 00.05 il
convoglio viene raggiunto dalla torpediniera Generale Marcello Prestinari, inviata da Tripoli per pilotarlo
sulle rotte di sicurezza.
Tutte le navi,
nonostante attacchi aerei e subacquei nemici nel Canale di Sicilia, arrivano a
Tripoli in mattinata (tra le 6.40 e le 9.45) con uno dei più grandi carichi mai
portati in Libia da un singolo convoglio.
Alle 20 Climene (caposcorta) e Polluce ripartono da Tripoli scortando
le navi cisterna Saturno e Proserpina, dirette a Napoli.
14 maggio 1942
Il convoglio giunge a
Palermo alle 22. Climene e Proserpina proseguono, mentre la Saturno rimane a Palermo, da dove
ripartirà per Napoli il 18 scortata dalla vecchia torpediniera Giuseppe Sirtori.
15 maggio 1942
Climene e Proserpina arrivano
a Napoli alle 12.40.
19 maggio 1942
La Climene parte da Napoli per Tripoli alle
19, scortando il piroscafo italiano Argentea
ed il tedesco Wachtfels. Alle 20.40
il convoglietto giunge a Palermo, dove sosta fino all’indomani.
20 maggio 1942
Alle 18 il
convoglietto riparte da Palermo; si è unita alla scorta anche la Polluce, ma è la Climene a detenere il ruolo di caposcorta.
22 maggio 1942
Il convoglio,
avvistato da ricognitori, viene attaccato da aerei dall’una alle 2.30, ma non
riporta danni e giunge illeso a Tripoli alle 11.15.
23 maggio 1942
La Climene ed il cacciatorpediniere Nicolò Zeno (caposcorta) lasciano
Tripoli alle due di notte, scortando la motonave Lerici che rientra in Italia.
24 maggio 1942
Alle 14.10 Climene, Lerici e Zeno arrivano a
Napoli.
28 maggio 1942
Climene (caposcorta), Castore
e Polluce lasciano Napoli alle 10.45
scortando il convoglio «K», formato dalle motonavi Unione, Ravello e Reichenfels (tedesca). Il convoglio
segue le rotte di ponente.
30 maggio 1942
Raggiunto anche dalla
torpediniera Generale Antonio Cantore,
giunta da Tripoli, il convoglio «K» entra a Tripoli alle otto del mattino.
20 giugno 1942
La Climene salpa da Bengasi alle 19
scortando il piroscafo tedesco Menes,
diretto a Tripoli.
22 giugno 1942
Climene e Menes arrivano a
Tripoli alle 8.30.
30 giugno 1942
La Climene lascia Tripoli alle 19.40 di
scorta al piroscafo Numidia, che
scorta fino a Sfax, dove il piroscafo sosta. Da qui poi il Numidia proseguirà per Napoli con la scorta di un’altra
torpediniera, la Cigno.
23 luglio 1942
La Climene scorta parte da Napoli alle
14.30 e scorta fino a Messina la motonave Manfredo
Camperio (avente a bordo 104 tra automezzi e rimorchi), che poi proseguirà
per Bengasi con la scorta di altre siluranti.
11 agosto 1942
La Climene (capitano di corvetta Raffaele
Cerqueti) salpa da Trapani alle 13 e compie rastrellamento antisommergibili per
due ore, con impiego della torpedine da rimorchio, in preparazione della
missione del cacciatorpediniere Lanzerotto
Malocello, il quale dovrà posare uno
“sbarramento temporaneo” di 110 mine nel canale di Sicilia (denominato «S.t.
1», ossia «Sbarramento temporaneo 1», e caratterizzato dall’essere costituito
da mine a galleggiamento temporaneo, regolate per affondare 48 ore dopo la
posa) per ostacolare il passaggio di un convoglio britannico proveniente da
Gibilterra e diretto a Malta (operazione "Pedestal", che sfocierà
nella battaglia aeronavale di Mezzo Agosto). Compito della Climene in questa operazione, come stabilito dagli ordini di Marina
Trapani, è di scortare il Malocello
fino al punto designato per la posa delle mine (al largo di Capo Bon) per poi
pendolare, una volta arrivata a Capo Bon, lungo il meridiano che passa per quel
Capo, a protezione del Malocello
impegnato nella posa, specialmente contro attacchi che provenissero da nord. Se
dovesse avvistare navi nemiche, la Climene
dovrà allertare il Malocello ed al
contempo andare all’attacco. Giunta nell’area di posa, la torpediniera dovrà
individuare con esattezza il punto prestabilito «M» e mettervisi alla fonda,
simulando un’avaria alle macchine, restandovi fino alla fine della posa. Quando
il Malocello avrà completato la posa,
la Climene dovrà rimettere in moto ed
accodarglisi per fare ritorno insieme a Trapani, passando per Pantelleria.
Sulla Climene si è imbarcato, per provvedere
al riconoscimento della costa, il capitano di fregata Massimo Alesi.
Verso le 17.20 la Climene viene raggiunta dal Malocello (capitano di fregata
Pierfrancesco Tona), salpato da Trapani un’ora prima.
Alle 21.45, arrivati
nelle vicinanze di Capo Bon, il Malocello dà
alla Climene libertà di
manovra, affinché esegua il pendolamento protettivo come ordinato.
Verso le 22.20 il Malocello, a circa 6 miglia per 154° da
Capo Bon, ha un incontro ravvicinato con un convoglio britannico (Forza Y,
operazione "Ascendant") di ritorno da Malta a Gibilterra, formato dai
piroscafi scarichi Orari e Troilus e dai cacciatorpediniere Badsworth e Matchless. Ne segue un breve e confuso
scontro a fuoco, che si conclude senza conseguenze in quanto entrambe le parti
non hanno nessuna intenzione di farsi impegolare in un combattimento, avendo
altre priorità (il Malocello, posare
le mine; Matchless e Badsworth, proteggere i piroscafi).
La Climene, che sta eseguendo come
prescritto il pendolo protettivo a 12 nodi di velocità, ha modo di vedere sia i
bagliori delle cannonate sparate nella breve scaramuccia, sia il fascio di un
proiettore acceso per pochi secondi (è del Matchless,
che ha brevemente illuminato il Malocello
scambiandone la bandiera per quella francese). Il fatto che siano stati sparati
pochi colpi, che il Malocello non
abbia rotto il silenzio radio e che i MAS di Pantelleria, anch’essi impegnati
nella zona a tutela dell’operazione, non comunichino niente di nuovo, inducono
il comandante Cerqueti della Climene
a stimare che il Malocello abbia
sparato contro bersagli inesistenti, o tutt’al più contro qualche imbarcazione
sospetta, e che abbia interrotto il tiro dopo essersi reso conto dell’errore.
La Climene prosegue pertanto nel
pendolo. Il Malocello, dopo il suo
“incontro ravvicinato”, posa le mine come previsto.
12 agosto 1942
Alle 00.45 la Climene, non avendo ricevuto
comunicazioni di sorta dal Malocello
né essendo riuscita a contattarla con la radio ad ultracorte o con il
radiosegnalatore, inizia la navigazione di rientro, stimando che il
cacciatorpediniere abbia finito di posare le mine verso le 22.50.
19 agosto 1942
Alle 23.40 la Climene (capitano di corvetta Raffaele
Cerqueti) parte da Messina, insieme ai cacciatorpediniere Aviere (caposcorta, capitano di vascello Gastone Minotti) e Camicia Nera, per scortare a Bengasi la
nave cisterna Poza Rica (carica
di 6930 tonnellate di carburante) ed il piccolo piroscafo tedesco Dora (carico di 181 tonnellate di
rifornimenti, tra cui 57 di munizioni, e di 17 automezzi).
La Poza Rica, proveniente da Napoli, è
salpata quel mattino da Palermo con la scorta della Ciclone e dei cacciatorpediniere Maestrale e Lanzerotto Malocello: giunta davanti a Messina
(vicino a Punta Raineri), la petroliera rallenta mentre dal porto dello Stretto
escono Climene, Aviere, Dora e Camicia Nera, che si uniscono ad essa;
al tempo stesso, Maestrale e Malocello lasciano la scorta. Si forma
così un unico convoglio composto da Dora
e Poza Rica, con la scorta di Climene, Ciclone, Aviere e Camicia Nera.
Il convoglio, che
segue la rotta di levante, costeggiando la Grecia e tenendosi il più lontano
possibile da Malta, subisce attacchi aerei fin dalla partenza: già dal 17
agosto, infatti, i decrittatori britannici di “ULTRA” ne tengono sotto
controllo i movimenti, ottenendone però soltanto informazioni parziali, a causa
del continuo aggiornamento degli ordini operativi (ma a questo riesce a
sopperire la ricognizione aerea). Il 20 agosto “ULTRA” riuscirà invece a
reperire informazioni molto più dettagliate, decrittando un particolareggiato
messaggio delle 7.50 del 19 nel quale sono indicati tre punti in cui il
convoglio dovrà passare, con i relativi orari ("…Pozarica con Ciclone si unirà al piroscafo Dora, diretto a Tobruk, e
scortati dai cacciatorpediniere Camicia Nera ed Aviere e dalla torpediniera Climene,
procederanno in convoglio a 8,5 nodi fino al punto uno (non identificato). Poi
alle ore 16.00 di giovedì passeranno al punto due, probabilmente 39°10’ Nord e
17°25’ Est [al largo di Crotone]. In
seguito al punto tre, approssimativamente 39°35’ Nord e 18°30’ Est [al
largo di Capo Santa Maria di Leuca], per
poi raggiungere alle ore 04.00 di venerdì 21 il punto quattro,
approssimativamente 39°55’ Nord e 19°10’ Est [a nordovest di Corfù]").
20 agosto 1942
Procedendo dallo
stretto di Messina con rotta sud, all’1.20 il convoglio passa a sud del 38°
parallelo, tra Reggio Calabria e Saline Ioniche, poi assume rotta nordest
seguendo la costa calabra. All’alba le navi sono al largo di Bova Marina;
intorno alle sette del mattino il convoglio viene avvistato da un Supermarine
Spitfire del 69th Squadron RAF (inviato da Malta sulla scorta delle
informazioni di “ULTRA”) con compiti di ricognizione, il quale, non notato
dalle navi, comunica la posizione del convoglio, che in quel momento sta
zigzagando al largo di Capo Spartivento.
Alle 10.54, tre
miglia a nord di Punta Stilo (in posizione 38°29’ N e 16°38’ E, al largo di
Siderno Marina), il convoglio viene attaccato da bombardieri ed aerosiluranti britannici
provenienti da sudovest, cioè da poppavia sinistra. Si tratta di dodici aerosiluranti
Bristol Beaufort del 39th Squadron della Royal Air Force e di dieci
caccia Bristol Beaufighter del 227th Squadron RAF, tutti decollati
da Luqa (Malta) alle 8.40 di quel mattino, dopo la ricezione del segnale di
scoperta dello Spitfire. I Beaufort, guidati dal tenente colonnello Reginald Patrick Mahoney Gibbs, devono
attaccare il convoglio – specie la Poza
Rica, obiettivo principale – coi siluri, mentre i Beaufighter hanno il
duplice compito di distogliere dagli aerosiluranti la scorta aerea del
convoglio e di bombardare le navi. A questo scopo, alcuni dei Beaufighter sono
armati con bombe da 113 kg: sei dei dodici che erano inizialmente partiti,
numero poi ridottosi a quattro perché due dei Beaufighter muniti di bombe sono
stati costretti a tornare indietro poco dopo la partenza, uno (il "J")
per malore del pilota e l’altro (l’"H") per un incendio ad un motore
che l’ha costretto all’ammaraggio forzato, con una vittima tra l’equipaggio. È
presente anche un ricognitore Martin Baltimore del 69th Squadron,
incaricato di osservare lo svolgersi dello scontro da alta quota e scattare
fotografie.
Non appena gli aerei
britannici vengono avvistati, tutte le navi del convoglio, mercantili e
militari, aprono contro di essi un violento fuoco di sbarramento; i velivoli
della scorta aerea – sei caccia Macchi ed un idrovolante CANT Z. – ingaggiano i
Beaufighters, alcuni dei quali si buttano in picchiata sganciando le loro bombe
contro le navi. Mentre i Beaufighters attirano su di sé il grosso della
reazione sia della contraerea che della scorta aerea, i Beaufort lanciano i
loro siluri contro il lato sinistro della Poza
Rica, rimasto scoperto: ma l’attacco è un clamoroso fallimento, perché i
siluri britannici sono regolati per una profondità eccessiva. La petroliera
riesce ad evitare un primo siluro con la manovra; altri siluri mancano il
bersaglio, ed almeno tre o quattro passano sotto lo scafo della Poza Rica senza esplodere.
Sulla Climene, gli aerei vengono avvistati
verso poppa alle 10.55, e la nave apre subito il fuoco con le mitragliere; uno
di essi – probabilmente un Beaufighter – mitraglia la torpediniera, ma viene
colpito al motore sinistro dal complesso delle mitragliere di centro nave e
viene visto incendiarsi e precipitare a terra sulla vicina costa. Il comandante
Cerqueti vede altri due aerei, colpiti dal tiro delle altre navi, precipitare
in mare, uno vicino alla Poza Rica ed
uno lontano, verso proravia, tra il convoglio e la costa. Da bordo della Climene si stima anche di aver colpito
un altro aereo con le mitragliere del complesso di dritta, ma il velivolo non
precipita. Dato che gli aerei si svincolano in mezzo alla formazione, la Climene può usare contro di essi i
propri cannoni soltanto quando i velivoli si trovano di prora o su campo libero
dalle altre navi, onde evitare di colpire queste ultime.
Anche le bombe cadono
tutte in mare o sulla costa, senza causare danni. La Climene, da parte sua, viene mitragliata a più riprese, ma viene
colpita soltanto da pochi proiettili – di calibro valutato in 8 mm – che non
provocano danni, né perdite tra l’equipaggio. Due dei caccia della Regia
Aeronautica della scorta aerea sono rimasti danneggiati.
Molto più pesanti le
perdite britanniche: due Beaufort ed un Beaufighter vengono abbattuti (le
perdite sono attribuite dai britannici ai caccia della scorta aerea, mentre da
parte italiana la Climene, la Poza Rica ed altre navi rivendicano
l’abbattimento dei velivoli nemici con le proprie mitragliere). Il Beaufighter
(aereo "S"), pilotato dal sottotenente neozelandese Donald Brixo con
il sergente Douglas Paterson come navigatore, è stato colpito al motore destro
dal tiro delle navi ed è costretto ad ammarare vicino alla costa; Brixo e
Paterson sopravvivono e vengono fatti prigionieri. I Beaufort (aerei "F"
e "T", pilotati rispettivamente dal sottotenente canadese Peter Roper
e dal sottotenente australiano Condon) vengono abbattuti in mare ed i loro
equipaggi – otto uomini in tutto – vengono anch’essi presi prigionieri (uno dei
due è tratto in salvo dal Dora). Alle
11.03 l’attacco è concluso e gli aerei superstiti si allontanano verso est;
atterreranno a Luqa tra le 13.05 e le 13.30. Il tenente colonnello Gibbs sarà
pesantemente criticato, al suo rientro, per questo disastro. Il convoglio
italiano riprende la regolare navigazione alle 11.10.
Alle 14.10 l’Aviere segnala un avvistamento sospetto
e lancia delle bombe di profondità a scopo intimidatorio, mentre alle 15 il Camicia Nera lascia il convoglio per
altro incarico (secondo altra fonte, avrebbe lasciato la scorta per via dei
molti morti e feriti tra l’equipaggio, causati dal mitragliamento aereo di
qualche ora prima). Alle 17 uno Spitfire del solito 69th Squadron
RAF rintraccia il convoglio al largo di Capo Colonna, mentre naviga verso
nordest con la scort di due idrovolanti e sei caccia.
21 agosto 1942
Alle cinque del
mattino giunge a rinforzare la scorta il cacciatorpediniere Geniere, e quaranta minuti più tardi si
unisce alla scorta anche la torpediniera Pegaso. Nuove decrittazioni di “ULTRA” permettono ai britannici di
sapere che «La petroliera Poza Rica ed il
Dora, scortati da Aviere, Camicia Nera, Ciclone e Climene, hanno lasciato
Messina alle 23.45 del 19. Il convoglio deve passare lungo le coste greche e
unirsi al Dielpi che uscirà da Patrasso alle 5.30 del 22. Alle 21.00 del 23 il
convoglio si dividerà: Dielpi e Dora procederanno per Tobruk dove essi
arriveranno alle 12.00 del 24; la Poza Rica dirigerà su Bengasi dove è attesa
alle 17.00 del 24; Giorgio e Fassio [navi cisterna, già menzionate in un
precedente dispaccio di “ULTRA”] fanno
ora parte di questo convoglio»; altre ancora vedono la decifrazione di una
serie di messaggi relativi alle scorte aeree e navali assegnate al convoglio,
alle azioni antisommergibili preventive che dovranno essere condotte sulla sua
rotta, ed ai segnali luminosi predisposti lungo la sua rotta ("Capo Dukato, Punta Vlioti, Capo Guiscardo,
dalle 19.30 alle 23.00 di venerdì 21. Capo San Nicolò (Itaca) dalle 20.30 alle
23.55 dello stesso giorno. Capo Oxia dalle 23.00 del 21 alle ore 02.00 del 22
agosto. Capo Cataleo dalle 02.00 del 22 agosto sino all’alba").
Alle sette del
mattino un altro Spitfire del 69th Squadron avvista il convoglio al
largo di Capo Santa Maria di Leuca, con rotta verso Corfù, e infatti qualche
ora più tardi un altro Spitfire di Malta riavvista le navi dell’Asse al largo
dell’isola greca.
Nella tarda mattinata
il convoglio giunge in vista di Corfù ed assume rotta sudest, per imboccare il
canale tra tale isola e la costa greca; verso le due del pomeriggio le navi
passano al traverso di Capo Sidero, imboccando il Canale di Corfù e venendo
raggiunte dalla torpediniera Calliope,
che va a rinforzare la scorta. All’altezza dell’isolotto di Sivota si aggrega
al convoglio anche il piroscafo Richard,
impiegato come nave pilota alle dipendenze di Marina Corfù.
Alle 16.17, al largo
di Sivota e di Paxos, il convoglio viene nuovamente attaccato da aerosiluranti
provenienti da Malta: si tratta di nuovo dei Beaufort del tenente colonnello
Gibbs, deciso a vendicare lo smacco del giorno precedente. I Beauforts, sempre
del 39th Squadron, sono nove, mentre i Beaufighter stavolta sono
tredici: per garantire il successo, infatti, il tenente colonnello Gibbs ha
chiesto e ottenuto un incremento della scorta di caccia, con la partecipazione
di Beaufighters del 248th e del 252nd Squadron oltre a
quelli del 227th. Il numero previsto di Beaufighters era anzi ancora
superiore, quindici (sei del 227th Squadron e nove del 248th
Squadron), ma due dei caccia del 227th Squadron sono rimasti a terra
per dei guasti, mentre uno di quelli del 248th Squadron è dovuto
tornare indietro poco dopo il decollo per problemi al motore. Mai prima d’ora i
Beauforts si sono spinti così lontano da Malta: Gibbs ha scelto di attaccare il
convoglio durante il transito nel Canale di Corfù perché più lontano dalle basi
aeree italiane, e perché riteneva che per passare nel Canale il convoglio
avrebbe assunto una formazione tale da agevolare l’attacco. Tutti gli aerei
sono decollati tra le 12.45 e le 13: i Beauforts ed i Beaufighters del 227th
Squadron da Luqa, i Beaufighters del 248th Squadron dall’aeroporto
maltese di Ta Kali, loro abituale base.
Avvicinandosi al
convoglio, gli aerei britannici avvistano uno Junkers Ju 88 tedesco intento a
pattugliare il tratto di mare tra Corfù e Sivota: l’aereo della Luftwaffe
lancia un razzo di segnalazione per avvisare il convoglio, ma viene poco dopo
raggiunto e abbattuto da due Beaufighters.
Le navi del convoglio
sono in allerta già dalle 15.55, quando l’Aviere
ha comunicato a tutte le unità "Probabile
attacco di aerosiluranti e bombardieri". La Climene avvista gli aerei alle 16.17, a 0,2 miglia ad ovest
dall’isolotto di Sivota; l’avvistamento viene immediatamente comunicato al
caposcorta, mentre la torpediniera apre subito il fuoco con i cannoni. La
formazione avversaria si dirada, ed alle 16.18 la Climene deve interrompere il tiro per qualche secondo perché l’Aviere, aumentando la velocità, si
ritrova a passare tra la torpediniera e gli aerei. Il tiro viene ripreso non
appena l’Aviere ha sgomberato il
campo.
Gli attaccanti si
avvicinano dalla direzione di Paxo (cioè da proravia): volando a bassa quota,
gli aerosiluranti si scindono in due gruppi a circa un miglio dal convoglio,
per attaccare da entrambi i lati, suddivisi in tre ondate. I Beaufighters,
intanto, si buttano in picchiata sul convoglio mitragliandone le navi,
specialmente le torpediniere, e sganciando le bombe senza successo; altri
ingaggiano la nutrita scorta aerea, per tenerla lontano dai Beauforts. Degli
otto Beaufighters del 248th Squadron, quattro attaccano le navi di
scorta che si trovano in testa alla formazione, in modo da distoglierne il tiro
dagli aerosiluranti, mentre gli altri quattro manovrano per attaccare le navi
di scorta di coda, ma s’imbattono nella scorta aerea e la ingaggiano in un duro
combattimento aereo, nel quale ritengono – esagerando – di aver abbattuto cinque
o sei aerei (due Piaggio P. 32 – in realtà non più in uso nella Regia
Aeronautica –, due FIAT BR. 20, uno Junkers Ju 52 ed uno Junkers Ju 88).
Oltre all’armamento
contraereo delle navi, che hanno iniziato a sparare non appena gli aerei sono
stati avvistati, aprono il fuoco anche le mitragliere della stazione di vedetta
di Capo Bianco (Corfù), che ritengono di aver abbattuto un aereo, il cui
equipaggio viene poi recuperato e fatto prigioniero da un’imbarcazione con a
bordo soldati dell’Esercito, accorsa sul posto.
Nonostante la
reazione della scorta aerea e navale, alle 16.18 la Poza Rica viene colpita in rapida successione da ben tre siluri:
uno sul lato di dritta, a proravia della plancia, e due su quello di sinistra,
a poppavia della plancia, praticamente nello stesso punto. La petroliera non
s’incendia, ma inizia subito ad appruarsi e sbandare, perdendo pericolosamente
benzina dagli squarci aperti nello scafo dai siluri.
Anche la Climene viene bombardata e mitragliata:
la torpediniera viene colpita da qualche proiettile da 8 mm, che però non causa
né danni né perdite tra l’equipaggio, e mancata da sei bombe, tre delle quali
cadono in mare 200 metri a poppavia ed altre tre a 500 metri sulla sinistra.
Meno bene va ad Aviere e Geniere, particolarmente presi di mira dai Beaufighter: entrambi i
cacciatorpediniere vengono pesantemente mitragliati da poppa a prora e viceversa,
subendo parecchi morti e feriti tra i loro equipaggi. Lo stesso caposcorta
Minotti rimane gravemente ferito. Della scorta aerea, un aereo italiano viene
abbattuto (il pilota riesce a paracadutarsi e viene recuperato da un
motoveliero del locale Comando Marina, ma muore poco dopo) ed un secondo
velivolo italiano ed un aereo tedesco sono costretti ad atterrare a Corfù con
danni e feriti a bordo.
Da parte britannica,
le perdite ammontano ad un Beaufighter (del 248th Squadron) ed un
Beaufort abbattuti, ed un Beaufighter (del 227th Squadron)
danneggiato ma rientrato alla base. La storia ufficiale dell’USMM attribuisce
l’abbattimento di entrambi gli aerei al tiro della Pegaso. L’equipaggio del Beaufort (tenente Woolfe, sudafricano)
sopravvive e viene preso prigioniero.
Alle 16.22, concluso
l’attacco, la Climene cessa il fuoco,
ed alle 16.23 la torpediniera inverte la rotta per avvicinarsi alla Poza Rica. Sulla cisterna, l’esplosione
dei siluri ha provocato l’accidentale attivazione della sirena, che gran parte
dell’equipaggio interpreta come il segnale di abbandonare la nave: più di metà
del personale imbarcato sulla Poza Rica
– probabilmente anche nel timore che il pericolosissimo carico di benzina possa
prendere fuoco da un momento all’altro – mette frettolosamente a mare quattro
lance. Il comandante, il direttore di macchina, il regio commissario ed altri
ufficiali riescono a persuadere parte degli uomini a tornare a bordo, ma altri
rimangono sulle lance, anche perché ormai sono state tagliate le barbette e
risulterebbe difficile risalire a bordo.
Il comandante del Geniere, capitano di fregata Marco
Notarbartolo, ha intanto assunto il comando del convoglio al posto del ferito
comandante Minotti dell’Aviere; viene
deciso che tutte le navi entrino a Corfù, salvo la Poza Rica, che con le sue copiose perdite di benzina metterebbe a
repentaglio tutte le altre navi presenti nel porto.
Alle 16.50 la Climene ordina alla Poza Rica, che ha rimesso in moto, di avvicinarsi alla costa; il
personale rimasto sulla nave cisterna esegue prontamente gli ordini impartiti
dalla Climene, allontanando
rapidamente la nave dalla zona in cui è stata silurata. I forti vapori
sprigionati dalla benzina fuoriuscita dalle cisterne, che galleggia in grande
quantità sulla superficie del mare, provocano rapidamente la morte di tutti
coloro che si erano gettati in acqua; persino l’equipaggio della Climene inizia a risentire dei vapori di
benzina, ragion per cui il comandante Cerqueti decide di allontanarsi, non
prima di aver preso a rimorchio, alle 17.28, due scialuppe della Poza Rica, aventi a bordo in tutto 50
uomini. Uno degli occupanti di una lancia, durante il rimorchio, si getta
inconsultamente in mare, trovando morte pressoché istantanea. Gli altri
naufraghi verranno successivamente trasbordati sul piroscafetto Richard, che li riporterà a bordo della Poza Rica. Dieci uomini della
motocisterna hanno perso la vita, per la maggior parte dopo essersi tuffati in mare.
Assistita e scortata
dalla Ciclone e da unità inviate da
Marina Corfù, la Poza Rica riuscirà a
raggiungere la baia di Saiada (Corfù) alle 20.10; l’indomani, dinanzi al
graduale incremento della sua immersione, verrà portata ad incagliare su un
bassofondale onde evitarne l’affondamento. Nei giorni successivi sarà possibile
recuperarne il carburante, trasbordandolo su un’altra petroliera, e poi
disincagliarla ed iniziarne il trasferimento a tappe verso Venezia, dove sarà
sottoposta ai lavori di riparazione.
Le altre navi,
intanto, arrivano a Corfù alle 20.30.
Qualche fonte accredita
alla Climene l’abbattimento, insieme
ad altre unità della scorta, di tre Beaufort ed un Beaufighter tra il 20 ed il
21 agosto 1942. Da parte italiana, nella motivazione della M.B.V.M. conferita
al comandante Cerqueti per l’azione del 21 agosto 1942 si afferma che la Climene avrebbe abbattuto un aereo e
danneggiato un altro.
24 agosto 1942
La Climene (capitano di corvetta Raffaele
Cerqueti) salpa da Brindisi per scortare al Pireo la motonave Tergestea, diretta in Africa con un
carico di vettovaglie e munizioni.
26 agosto 1942
All’alba, dopo aver
attraversato il Canale di Corinto, Climene
e Tergestea arrivano al Pireo. Qui si
forma il convoglio che dovrà raggiungere la Libia: denominato «Camperio», è formato appunto dalla Tergestea e dalla motonave Manfredo Camperio e scortato, oltre che
dalla Climene, dalla gemella Polluce (tenente di vascello Tito Livio
Burattini) e dal cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco (capitano di vascello Aldo Cocchia, caposcorta).
Alle 17 il convoglio
«Camperio» lascia il Pireo diretto a Bengasi. Le due motonavi trasportano
munizioni, materiali vari e materiale d’artiglieria: sulla Tergestea 520 tonnellate di materiali vari, munizioni e materiale
d’artiglieria, 117 tonnellate di carburanti e lubrificanti, 279 tra automezzi e
rimorchi, e 206 militari del Regio Esercito; sulla Camperio 296 tonnellate di materiali vari, 104 tonnellate di
carburanti e lubrificanti, 224 tra automezzi e rimorchi, e 195 militari del
Regio Esercito.
Il convoglio procede
a 10,5 nodi, passando tra Cerigotto e Creta. Per compensare la scorta non molto
consistente, Marisudest ha inviato un rastrello di unità sottili a compiere
ricerca e caccia antisommergibili subito a sud di Creta (zona notoriamente
infestata dalle unità subacquee nemiche).
27 agosto 1942
Alle 5.30 gli aerei
tedeschi della scorta aerea raggiungono il convoglio, come previsto, e poco
dopo vengono anche avvistati due cacciasommergibili tedeschi e la torpediniera Orione, impegnati nel rastrello
antisommergibili. Alle 6.20, poco dopo l’alba, Tergestea (a dritta) e Camperio (a sinistra) vengono disposte in linea di
fronte; Climene e Da Recco le fiancheggiano in
posizione di scorta laterale rispettivamente a dritta e sinistra, mentre
la Polluce è in coda al
convoglio.
Alle 7.49, tuttavia,
in posizione 35°39’ N e 23°07’ E – 35 miglia ad ovest di Capo Spada, a ponente
del Canale di Cerigotto – la Camperio
(comandante militare, capitano di corvetta Labriola) viene colpita a poppa da
un siluro lanciato dal sommergibile britannico P 35 (poi Umbra,
tenente di vascello Stephen Lynch Conway Maydon). Questi, inviato sul posto – vicino
all’imbocco del Canale di Cerigotto – in seguito alle informazioni di “ULTRA”
relative ad un importante convoglio in navigazione dal Pireo alla Libia, ha
avvistato il convoglio (su rotta 245° e con velocità di 10 nodi, su rilevamento
025°) alle 7.20; inizialmente ha avvistato solo due delle navi scorta,
identificandole correttamente come appartenenti alle classi Spica e Navigatori,
per poi avvistare altre due siluranti verso nordest alle 7.37, ed anche, alle
7.42, due aerei in volo sul cielo del convoglio. Alle 7.48, in posizione 35°39’
N e 23°05’ E, il P 35 ha lanciato
quattro siluri contro il mercantile più vicino, da 2700 metri di distanza: uno
è andato a segno.
Il Da Recco si occupa di dare la
caccia al sommergibile (che bombarda con 29 cariche di profondità dalle 7.57
alle 8.21 e che, nonostante l’impressione di averlo affondato o almeno
danneggiato gravemente, riuscirà a sfuggire senza danni, scendendo a 55 metri
di profondità), ed ordina alla Climene di
proseguire con la Tergestea, in
modo da portare la motonave superstite lontano dal pericolo, ed alla Polluce di dare assistenza
alla Camperio. (Secondo una
fonte, anche la Climene avrebbe
partecipato alla caccia al sommergibile dopo il siluramento; nelle sue memorie
redatte nel 1944, invece, il caposcorta Cocchia menziona che dopo il
siluramento della Camperio egli
ordinò alla Climene di proseguire con
la Tergestea dopo di che il Da Recco risalì la scia del siluro,
localizzò il sommergibile con l’ecogoniometro, ed iniziò a lanciare le bombe di
profondità. Le prime due scariche furono senza risultato; nel frattempo,
la Climene comunicò di aver rilevato
all’ecogoniometro un secondo sommergibile – contro il quale fu poi inviata dal
Pireo la torpediniera Orsa – e
di aver avvistato la scia di un siluro diretta verso il Da Recco. Cocchia ordinò alla Climene di cambiare rotta, in modo
da uscire dalla zona pericolosa il prima possibile, poi lanciò una terza salva
di cariche di profondità e vide apparire in superficie delle tracce di nafta;
tornato sulla loro verticale, il Da
Recco lanciò un’altra salva di bombe di profondità e vide emergere una
grossa colonna d’aria accompagnata da nafta e rottami).
La Polluce recupera i naufraghi
(verranno salvati 255 uomini, di cui 40 feriti, su 260 imbarcati sulla
motonave) e tenta inutilmente di salvare il mercantile danneggiato, sul quale è
scoppiato un violento incendio; nonostante gli sforzi, la Manfredo Camperio verrà divorata
dalle fiamme, affondando alle 12.28, nel punto 35°39’ N e 23°07’ E (o 34°51’ N
e 23°01’ E; al largo di Capo Spada).
Intanto, la Climene prosegue insieme alla Tergestea; poco dopo le nove del mattino
si ricongiunge con esse anche il Da Recco,
ed alle 10.15 si aggrega al convoglietto il cacciatorpediniere Giovanni Da Verrazzano, che dopo aver
compiuto ricerca antisommergibili è stato mandato a rinforzare la scorta del
convoglio perché sono stati segnalati dei bombardieri diretti verso di esso. In
realtà, non si materializza alcun attacco aereo, ed al tramonto il Da Verrazzano viene lasciato libero di
tornare al Pireo.
Poco prima del
crepuscolo, mentre il convoglio procede verso Bengasi, alcuni dei velivoli
della scorta aerea segnalano qualcosa di anomalo circa 7-8 miglia a proravia
del convoglio: scendono in picchiata sul mare, lanciano razzi e girando in
tondo attorno ad un punto, evidentemente cercando di segnalare qualcosa alle
navi. Il caposcorta Cocchi ordina pertanto alla Climene di raggiungere quel punto e scoprire di cosa si tratti; la
torpediniera esegue l’ordine e, dopo un po’, avvista delle zattere con
naufraghi, comunicandolo subito al Da
Recco, che a quel punto dirige anch’esso verso di esse. Le zattere sono
quattro: due sono vuote, le altre due hanno a bordo due uomini ciascuna. La Climene si affianca ad una zattera e ne
recupera i due occupanti: si tratta di indiani, prigionieri di guerra finiti in
mare quasi due settimane prima in seguito al siluramento della motonave Nino Bixio, carica di prigionieri, da
parte del sommergibile britannico Turbulent.
Anche gli altri due uomini, salvati dal Da
Recco, sono prigionieri: un sudafricano ed un neozelandese. Dal racconto
dei naufraghi, i comandanti di Climene
e Da Recco apprendono che in origine
c’erano circa cento uomini sulle zattere, equamente ripartiti; buttatisi in
mare dalla Bixio silurata e non visti
dalle unità soccorritrici, sono andati alla deriva per quasi due settimane
senza cibo né acqua, morendo uno dopo l’altro di fame e di sete, o impazzendo e
gettandosi in mare, fino a rimanere in quattro. I naufraghi sono sull’orlo
della morte per fame, ridotti a pelle e ossa ed ustionati dal sole, indeboliti
al punto di non reggersi in piedi; uno dei due indiani salvati dalla Climene, per la disperazione, ha
mangiato il kapok del suo giubbotto salvagente mentre era sulla zattera, e di
conseguenza non è più in grado di ingerire niente. Morirà poche ore dopo
l’arrivo a Bengasi.
28 agosto 1942
Climene, Da Recco e Tergestea raggiungono Bengasi alle 11.45
(o 11.30). I naufraghi della Bixio
vengono sbarcati e ricoverati nell’ospedale della città.
Alle 19 Climene e Da Recco (caposcorta) ripartono insieme ai
cacciatorpediniere Folgore e
Saetta, scortando le motonavi Foscolo e Ravello.
30 agosto 1942
Alle 6.30 il
convoglio giunge al Pireo.
1° settembre 1942
Assume il comando
della Climene il tenente di vascello
Mario Colussi (35 anni, da Lussinpiccolo, decorato nel corso del conflitto di
due M.A.V.M., quattro M.B.V.M. ed una C.G.V.M.), che sarà il suo ultimo
comandante.
6 ottobre 1942
La Climene scorta dal Pireo a Suda il
piroscafo Pier Luigi e la nave
cisterna Luisiano.
11 ottobre 1942
Alle 7.20 la Climene (tenente di vascello Mario
Colussi), fatta appositamente uscire da Suda, va a rinforzare la scorta – torpediniere
Libra (capitano di corvetta
Carlo Brancia di Apricena, caposcorta), Lira (tenente
di vascello Agostino Caletti) e Perseo (tenente
di vascello Saverio Marotta) – del convoglio «FF», composto dal piroscafo Petrarca e dalla motonave Tergestea, in navigazione dal Pireo a
Tobruk.
In mattinata il
convoglio passa tra Cerigotto e Creta.
Alle 17.20 (mentre il
convoglio è scortato anche da 3-4 aerei), a 40 miglia per 200° da Capo Krio
(cioè a sud di tale Capo), vengono avvistati verso nord-nord-est otto
bombardieri statunitensi Consolidated B-24 "Liberator", che si
avvicinano al convoglio in doppia losanga di quattro, a 4500 metri di quota; le
navi aprono subito il fuoco, ma alle 17.25 vengono sganciate due salve di
bombe, mentre compaiono altri nove "Liberators", in formazione a
cuneo di tre gruppi, dalla stessa direzione. Le prime due salve colpiscono
entrambi i mercantili; alle 17.27 il secondo gruppo sgancia altre tre salve:
due cadono in mare, ma la terza colpisce il Petrarca. Alle 17.39 il Tergestea colpisce
accidentalmente un velivolo tedesco della scorta aerea, che è costretto
all’ammaraggio; i superstiti vengono recuperati dalla Perseo.
Mentre il Petrarca, nonostante i danni (è stato
colpito sul castello di prua), è in grado di proseguire con la scorta di Climene e Libra, la Tergestea,
che ha una falla in sala macchine, deve tornare indietro, scortata da Lira e Perseo. Riuscirà a raggiungere Suda.
12 ottobre 1942
Dopo aver superato
indenni altri attacchi aerei tra l’1.15 e le tre di notte, Climene, Libra e Petrarca arrivano a Tobruk alle 16.30.
La Climene all’ormeggio in un porto della Grecia, nell’autunno
del 1942 (sopra: g.c. STORIA militare; sotto: g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
14 ottobre 1942
La Climene, la gemella Libra (caposcorta) e la motosilurante MS 12 salpano da Tobruk alle 16 per scortare al Pireo il piroscafo Anna Maria.
15 ottobre 1942
Alle 20.45, in
posizione 35°09’ N e 22°56’ E, il convoglio composto da Climene, Libra ed Anna Maria viene avvistato dal
sommergibile britannico Traveller
(tenente di vascello Michael Beauchamp St. John) in posizione 35°09’ N e 22°56’
E, a ponente di Creta. Il Traveller, che identifica Climene e Libra come
cacciatorpediniere e sovrastima la stazza dell’Anna Maria in 5000 tsl (in realtà sono 1205 tsl), manovra per
attaccare e, non riuscendo a ridurre la distanza oltre un certo limite, si
accontenta infine di lanciare quattro siluri da 2740 metri. Nessuno dei siluri
va a segno; la Climene avvista le
loro quattro scie.
16 ottobre 1942
Alle 7.30 la MS 12 lascia il convoglio per
raggiungere Suda; le altre navi arrivano al Pireo alle 16.30.
20 ottobre 1942
La Climene, le gemelle Lupo e Libra e
l’incrociatore ausiliario Barletta
scortano dal Pireo a Rodi i piroscafi Argentina,
Italia e Milano, carichi di personale militare e materiali vari.
24 ottobre 1942
Climene, Lupo, Libra e Barletta lasciano Rodi (per altra fonte, Alimnia) per scortare Argentina ed Italia che ritornano al Pireo.
25 ottobre 1942
Alle 2.40 il
sommergibile britannico Thrasher
(tenente di vascello Hugh Stirling Mackenzie) avvista il convoglio scortato
dalla Climene, in posizione 36°08’ N
e 26°45’ E (ad ovest di Rodi), a circa otto miglia di distanza. Il Thrasher vira verso il convoglio per
attaccare, ed alle 2.50 s’immerge per completare l’attacco a quota periscopica,
alla luce della luna piena. Una delle torpediniere (che Mackenzie identifica
come cacciatorpediniere) zigzaga davanti al convoglio, mentre le altre due sono
posizionate ai lati, verso poppa. Alle 3.22 il Thrasher lancia quattro siluri da 4570 metri di distanza, con un
angolo di 140°, due contro ciascun mercantile; nessuna delle armi va a segno, e
la Lupo avvista le scie alle 3.25,
ordinando pertanto alla Libra
(capitano di corvetta Carlo Brancia di Apricena) di di dare la caccia al
sommergibile. La Libra esegue un
primo attacco con bombe di profondità, piuttosto blando (vengono lanciate solo
tre bombe di profondità, che esplodono lontane dal sommergibile), verso le
quattro del mattino (secondo il Thrasher
sarebbero due le torpediniere ad eseguire questo attacco, una delle quali, poi
allontanatasi verso nordest alle cinque), e poi un’altra serie di attacchi,
molto più precisi, dalle 5.30 alle 7. Nonostante la violenza ed accuratezza del
contrattacco (riconosciuta dallo stesso Thrasher)
ed il lancio di 36 bombe di profondità, il sommergibile riesce ad allontanarsi
subendo soltanto lievi danni.
1° novembre 1942
La Climene e la torpediniera di scorta Ciclone scortano la nave cisterna Giorgio da Patrasso a Taranto.
14 novembre 1942
Climene (caposcorta) e Cigno
partono da Palermo per Biserta alle 16.40 scortando l’incrociatore ausiliario Città di Napoli.
15 novembre 1942
Le tre navi arrivano
a Biserta alle 8.30.
16 novembre 1942
Alle 14 la Climene va a rinforzare la scorta della
motocisterna Labor e del piroscafo
tedesco Menes, ridotta alla sola
torpediniera Clio (caposcorta) dopo
che alle due di notte la Calliope ha
dovuto lasciare il convoglio per avaria, e dopo che alle 9.15 e 10.45 il
convoglio ha subito ben due attacchi di sommergibili, pur senza subire alcun
danno.
Alle 16.45 Climene, Clio e Menes arrivano a
Biserta, preceduti di quasi nove ore dalla Labor.
18 novembre 1942
La Climene e la gemella Pallade lasciano Biserta a mezzogiorno
per scortare a Palermo la piccola motocisterna Labor. A causa del mare mosso, il convoglietto sosta a Tunisi,
proseguendo poi con la scorta della sola Climene.
22 novembre 1942
Climene e Labor arrivano a
Palermo alle 13.
Sempre secondo la
cronologia dell’USMM, alle tre di notte del 21 novembre la Climene sarebbe partita da Biserta scortando il Città di Napoli, col quale sarebbe
giunta a Palermo alle 13.15 del 22. Evidente la discrepanza.
27 novembre 1942
Alle 2.05 la Climene (tenente di vascello Mario
Colussi) si unisce alla scorta del convoglio «G» – in navigazione da Palermo a
Biserta e formato inizialmente dagli incrociatori ausiliari Città di Napoli e Città di Tunisi, scortati dai cacciatorpediniere Folgore
(capitano di corvetta Renato D’Elia), Corazziere (capitano di fregata Antonio Monaco di Longano) e Mitragliere (capitano di vascello
Giuseppe Marini, caposcorta) – per sostituire il Folgore, che si è aggregato al convoglio «LL» (piroscafi Zenobia Martini e Giuseppe Leva) dopo che l’unica nave di scorta a quest’ultimo, la
torpediniera Circe (capitano di
corvetta Stefano Palmas), è stata accidentalmente speronata e affondata dal Città di Tunisi a causa di un’errata
manovra della torpediniera. Poco dopo, siccome il Città di Tunisi ha delle infiltrazioni d’acqua a prua, gli viene
ordinato di lasciare il convoglio e raggiungere Trapani, scortato dalla Climene; le due navi arrivano in quel
porto alle 4.50.
Dopo alcune
riparazioni provvisorie e controlli volti ad accertarne la capacità di tenere
il mare, il Città di Tunisi riparte
da Trapani alle 21.15 (o 21), scortato dalla Climene, dal Folgore,
dalla torpediniera di scorta Animoso
e dall’incrociatore ausiliario Brindisi.
28 novembre 1942
Il convoglio subisce
ripetuti attacchi aerei; alle 3.57 un aerosilurante lancia un siluro, che
viene schivato, e mitraglia la Climene,
senza causare danni materiali di rilievo ma provocando due vittime tra il suo
equipaggio: il marinaio fuochista Antonio Bertarelli, 21 anni, da Mesola, ed il
secondo capo cannoniere Giovanni Vanin, 27 anni, da Scorzé.
Alla memoria di
entrambi verrà conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Per Giovanni
Vanin, la motivazione è: “Sottufficiale,
imbarcato su torpediniera di scorta a convoglio, durante un attacco notturno di
aerei nemici con lancio di siluri e azione di mitragliamento, di guardia a una
mitragliera, veniva gravemente colpito, mentre si accingeva a reagire col fuoco
della sua arma. Incurante della mortale ferita dalla quale sgorgava copioso il
sangue, trovava la forza di rialzarsi e trascinarsi fino alla sua mitragliera,
presso la quale, qualche istante dopo, si abbatteva esanime, immolando la vita
nell’adempimento del dovere”. Per Antonio Bertarelli: “Imbarcato su torpediniera, di scorta a convoglio, durante un attacco
notturno di aerei nemici con lancio di siluri e azione di mitragliamento,
mentre destinato ad un fumogeno si accingeva ad assolvere il suo compito,
veniva gravemente ferito dalla mitraglia avversaria, che lo abbateva al posto
combattimento. Incurante del dolore, tentava in uno sforzo supremo di rialzarsi
per eseguire l’ordine ricevuto, ma, sopraffatto dalla grave ferita, ricadeva
esanime, sacrificando la vita nell’adempimento del dovere”.
Le navi arrivano a
Biserta alle 12.15 (o 13).
29 novembre 1942
La Climene lascia Biserta alle 16.30
insieme all’incrociatore ausiliario Brindisi
(capitano di fregata Giorgio La Scala) ed alla motosilurante MS 34, scortando il Città di Tunisi, diretto a La Spezia per
lavori di riparazione dei danni riportati nella collisione del 27.
Alle 18, Climene e MS 34 lasciano la scorta del convoglio.
1° dicembre 1942
La Climene (tenente di vascello Mario
Colussi) ed il cacciatorpediniere Lampo
(caposcorta, capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti) salpano da Palermo per
Tunisi alle nove del mattino (o 9.15) scortando la pirocisterna Giorgio (comandante militare, tenente di
vascello di complemento Italo Cappa), con la quale formano il convoglio «G».
I comandi britannici
sono però già al corrente della navigazione del convoglio, dato che fin dal 29
novembre “ULTRA” ha fatto sapere che la Giorgio Sarebbe dovuta partire da
Palermo alle 6.30 del 1° dicembre insieme ai trasporti Aventino, Puccini, Anna Maria Gualdi e KT 1 procedendo
a 9 nodi per raggiungere Tunisi (Giorgio
e Gualdi) e Biserta (le altre navi ed
il traghetto Aspromonte, che si
sarebbe dovuto loro aggregare al largo di Trapani), con arrivo previsto alle 6
del 2 dicembre. In origine, infatti, la partenza dei convogli era prevista per
il 29 novembre, ma successivamente Supermarina ne ha deciso il rinvio di un
giorno (con partenza prevista, per il «G», alle 10 del 30 novembre), e poi di
altre ventiquattr’ore.
Alle 15 il convoglio
«G» inverte temporaneamente la rotta per aspettare il convoglio «H» (trasporti
truppe Aventino e Puccini, traghetto Aspromonte, trasporto militare tedesco KT 1, cacciatorpediniere Folgore,
Da Recco e Camicia Nera, torpediniere Procione
e Clio, provenienti da Palermo e
diretti a Biserta) che lo deve sorpassare, ed alle 16.30, quando ciò è avvenuto,
il convoglio «G» torna sulla rotta originaria e si accoda all’«H», come
prescritto dall’ordine d’operazioni, seguendolo a qualche miglio di distanza. Gli
ordini prevedono che i due convogli navighino insieme, a 10 nodi, fino a
mezzanotte, per poi dividersi ed assumere rotte parallele (il «G» più a nord,
l’«H» più a sud) puntanto l’uno verso Tunisi e l’altro verso Biserta.
Nel frattempo, alle
15.15 (o piuttosto qualche minuto prima, essendo le 15.15 l’ora in cui
Supermarina intercetta il segnale di scoperta lanciato dal ricognitore, che
viene decrittato e poi ritrasmesso all’aria per allertare il convoglio) il
convoglio «G» è stato avvistato da ricognitori britannici, che scatenano su di
esso ripetuti attacchi aerei, aventi per bersaglio la Giorgio.
Alle 18.33 si sente
rumore di aerei e vengono pertanto adottati gli accorgimenti necessari a fare
fronte ad un possibile attacco aereo; i primi velivoli nemici sul cielo del
convoglio appaiono alle 20.31, e da quell’ora fino alle 21.48 Giorgio, Lampo e Climene vengono
continuamente sorvolate da aerei nemici, eseguendo pertanto continue accostate,
emettendo cortine fumogene e sparando saltuariamente con le mitragliere.
Alle 21.58, dopo un
nutrito lancio di bengala sul lato sinistro del convoglio (a lanciarli è stato
un Fairey Albacore dell’821st Squadron della Fleet Air Arm, munito
di radar ASV per l’individuazione di navi), vengono avvistati degli aerei
vicinissimi: si tratta di due aerosiluranti Fairey Albacore dell’828th
Squadron della Fleet Air Arm, decollati da Malta e guidati dal tenente di
vascello R. M. Maund, condotti sul posto dall’altro Albacore dell’821st
Squadron. Subito dopo, gli Albacore lanciano i loro siluri, ed uno di essi
colpisce la Giorgio a prora dritta (alcune fonti indicano erroneamente l’ora
come le 21.56 o le 22.15), a 44 miglia per 268° (ad ovest) da Trapani nonché a
sud di Marettimo: la petroliera si apprua e sbanda a dritta, mentre a bordo divampa
subito un fortissimo incendio, alimentato dal carburante contenuto nelle sue
cisterne. Vengono fermate le macchine; i feriti vengono trasbordati su Climene e Lampo, mentre la parte di equipaggio rimasta illesa riesce ad
estinguere le fiamme entro le 23.35. A quel punto il Lampo ordina alla Climene
di prende a rimorchio la petroliera; per poterlo fare, però, la torpediniera
deve smontare le sistemazioni dei paramine, operazione piuttosto lunga. Mentre
si procede a smontarle, Climene e Lampo recuperano tutto l’equipaggio
della Giorgio e lasciano la cisterna
momentaneamente alla deriva, dirigendo verso Marettimo, con l’intento di
tornare sul posto a giorno fatto.
In certo qual modo
l’aerosiluramento della Giorgio
sottrae il convoglio «G» ad una sorte peggiore, in quanto se avesse
regolarmente proseguito avrebbe rischiato di essere intercettato dalla Forza Q
britannica (incrociatori leggeri Aurora,
Sirius ed Argonaut, cacciatorpediniere Quiberon
e Quentin) la quale, uscita da Bona
per compiere una scorreria nelle acque del banco di Skerki, sulla scorta delle
notizie di “ULTRA”, ed informata degli avvistamenti di convogli italiani in
mare, aveva regolato la propria rotta e velocità in modo da intercettare i
convogli «G» ed «H», che navigavano a poca distanza l’uno dall’altro. Il
convoglio «H», avendo proseguito, cadrà nella trappola e verrà distrutto, con
l’affondamento di tutti i mercantili e del Folgore
ed il grave danneggiamento di Procione
e Da Recco. Mentre dirigono verso
Marettimo, infatti, Climene e Lampo vedono all’orizzonte dei bagliori:
si tratta dello scontro in corso tra convoglio «H» e Forza Q. Nello stesso
tempo, le due siluranti vengono a più riprese sorvolate ed illuminate da
velivoli nemici.
2 dicembre 1942
Alle 6.15 Climene e Lampo raggiungono nuovamente la Giorgio,
trovando sul posto anche la Clio (che
ha avvistato la petroliera alla deriva due ore prima) e due MAS. La Climene prende a rimorchio la
petroliera, cercando lentamente e tra mille difficoltà di portarla a Trapani,
mentre Lampo e Clio ne assumono la scorta. Alle 7.30 il Lampo lascia la formazione per andare in soccorso del Da Recco, che ha chiesto aiuto via radio
(è ridotto in condizioni gravissime dopo il combattimento della notte
precedente), lasciando la Clio ed i
due MAS a scortare Giorgio e Climene.
Alle 9.15, giunta in
prossimità della costa siciliana, la Climene
cede il rimorchio al rimorchiatore Liguria
(uscito da Trapani o, per altra fonte, da Taranto), che porta la Giorgio ad incagliare presso Punta Troia
per scongiurarne l’affondamento, non essendo possibile raggiungere Trapani in
quelle condizioni (la petroliera potrà poi essere sommariamente riparata,
disincagliata e rimorchiata a Palermo). La Climene
ordina poi alla Clio di recarsi a
Trapani.
4 dicembre 1942
Alle 13 la Climene lascia Biserta per scortare a
Palermo il piroscafo XXI Aprile.
6 dicembre 1942
Alle 00.03 Climene e XXI Aprile raggiungono Palermo.
9 dicembre 1942
La Climene (caposcorta) e la torpediniera
di scorta Ardente salpano da Palermo
per Tunisi alle 12.20, scortando la nave cisterna Caucaso ed il piroscafo Numidia.
10 dicembre 1942
Il convoglio, infruttuosamente
attaccato da aerei all’arrivo in porto, giunge a Tunisi alle 18.45.
1942-1943
Nuove modifiche
all’armamento: viene eliminata l’ultima mitragliera binata da 13,2/76 mm, e
vengono installate quattro moderne mitragliere singole Scotti-Isotta Fraschini
1939 da 20/70 mm.
21 gennaio 1943
La Climene (tenente di vascello Mario
Colussi) salpa da Palermo alle 18 insieme alle gemelle Castore (caposcorta, tenente di vascello
Gaspare Tezel) e Libra (tenente di
vascello Giulio Riccardi), scortando il piroscafo italiano Chisone e la motonave tedesca Ruhr, dirette a Biserta.
22 gennaio 1943
All’alba si aggregano
alla scorta anche due corvette, in funzione antisommergibili, che poi lasciano
il convoglio alle 10.55.
Alle 11.10 una
squadriglia di bombardieri attacca il convoglio a bassa quota a 42 miglia da
Biserta, nonostante la presenza di una scorta aerea composta da otto velivoli
da caccia della Regia Aeronautica e della Luftwaffe. Ambedue i mercantili
vengono colpiti: mentre il Chisone,
sebbene immobilizzato da due bombe, potrà essere preso a rimorchio dalla Libra e poi, dalle 16.15, proseguire con
i propri mezzi, la Ruhr affonda
alle 11.30 con quattro vittime tra l’equipaggio. Dopo che i bombardieri hanno
portato a fondo l’attacco, la scorta aerea li impegna in combattimento; nel
successivo scontro viene abbattuto uno Junkers Ju 88.
Alle 20.30 Chisone e scorta arrivano a Biserta.
24 gennaio 1943
Climene (tenente di vascello Mario Colussi), Castore (caposcorta, tenente di vascello Gaspare Tezel) e Libra (tenente di vascello Giulio
Riccardi) lasciano Biserta alle 7 per scortare a Palermo la motonave Col di Lana ed i piroscafi tedeschi Henry Estier e Gerd.
25 gennaio 1943
Il convoglio arriva a
Palermo alle 6.30.
La Climene in uscita da Biserta nel marzo 1943 (g.c. STORIA militare) |
4 aprile 1943
La Climene, insieme alle anziane torpediniere
Antonio Mosto ed Angelo Bassini ed al cacciatorpediniere Augusto Riboty, salpa da Brindisi per scortare a Messina la motonave
italiana Carbonello A. e la
nave cisterna tedesca Regina.
La Mosto lascia il
convoglio alle 12.35 per raggiungere Taranto.
Alle 14.15 il
sommergibile britannico Unbroken (tenente
di vascello Alastair Campbell Gillespie Mars), in agguato al largo di Punta
Stilo (Sicilia), avverte rumori di navi in avvicinamento, ed alle 14.29, venuto
a quota periscopica, avvista con una certa sorpresa, con una breve occhieta (10
secondi) al periscopio, il convoglio scortato dalla Climene (“due torpediniere a tre quarti sulla dritta ed una a
sinistra, tre aerei ed una nave cisterna molto grossa verso poppa”).
Alle 14.35 l’Unbroken lancia quattro siluri da
2290 metri di distanza: la Regina viene
colpita da due siluri sul lato sinistro, in posizione 38°15’ N e 16°30’ E, ma
rimane a galla. La Climene contrattacca
dalle 14.36 alle 14.57, effettuando un primo attacco col lancio di nove bombe
di profondità e poi un secondo con altre undici bombe; le prime cariche di
profondità esplodono piuttosto vicine all’Unbroken,
ma questi non subisce danni, nonostante la Climene
abbia visto dell’olio affiorare in superficie e concluso pertanto di aver
affondato il sommergibile. Intanto, il Riboty scorta
a Messina la Carbonello A. e
la Bassini rimane ad
assistere la danneggiata Regina,
che tenta di tornare a Taranto; il rimorchiatore Vigoroso viene inviato ad assistere la cisterna danneggiata,
ma alla fine la petroliera dev’essere portata all’incaglio presso Punta Stilo
(vicino a Roccella Ionica).
15 aprile 1943
Alle 12.35 la Climene (capitano di corvetta Mario
Colussi), salpata da Palermo, si unisce una novantina di miglia a nord di
Marettimo alla torpediniera di scorta Tifone (capitano
di corvetta Stefano Baccarini, caposcorta) nella scorta alla motonave Belluno, proveniente da Livorno (da
dov’è partita alle 16.05 del giorno precedente) e diretta a Trapani, da dove
dovrà poi proseguire per la Tunisia.
Il convoglio giunge a
Trapani alle ore 19.50 (o 20), sostandovi in rada per qualche ora.
16 aprile 1943
All’una di notte (o
1.30) il convoglio salpa da Trapani per Tunisi. Oltre a Climene e Tifone in scorta diretta alla Belluno, altre due torpediniere vengono assegnate a compiti di
scorta avanzata: la Cigno (capitano
di corvetta Carlo Maccaferri) e la Cassiopea (capitano
di corvetta Vittorio Nasta). Dovendosi tenere in posizione di esplorazione
avanzata (a protezione contro attacchi di motosiluranti od unità sottili), costituendo
uno “schermo” che preceda il convoglio di cinque miglia, queste due
torpediniere sono le prime a partire, seguite dalle altre tre navi. La notte è
chiara, la luna sta tramontando; le navi procedono in linea di fila, con Tifone in testa, Belluno al centro e Climene
in coda.
Dopo circa un’ora di
navigazione, alle 2.38, a sudovest di Marsala e 15 miglia a ovest/sudovest di
Capo Lilibeo, Cigno e Cassiopea avvistano a sudovest due
sagome scure, che non sembrano di cacciatorpediniere italiani di ritorno da
Tunisi; la Cigno effettua
comunque il segnale di riconoscimento, ma non riceve risposta, e poco dopo i nuovi
arrivati, che sono i cacciatorpediniere britannici Paladin e Pakenham,
si dividono in modo da circondare Cigno e Cassiopea. Poco dopo viene aperto il
fuoco da entrambe le parti: ne segue un violentissimo combattimento. Prima
ancora che venga aperto il fuoco, la Cigno
fa in tempo ad effettuare segnalazioni col proiettore al convoglio, che segue a
distanza, per informarlo della presenza dei due cacciatorpediniere.
Climene, Tifone e Belluno, che seguono a poche miglia e si
trovano al largo di Capo Lilibeo, avendo appena superato Favignana, assistono
impotenti: le due torpediniere hanno l’ordine di restare con la Belluno per difenderla, e reagire
soltanto se attaccate direttamente. Non appena viene ricevuto l’avvertimento
della Cigno, seguito dall’accensione
verso proravia delle vampe dell’artiglieria che indicano lo scontro accesosi
tra la sezione Cigno-Cassiopea ed il nemico, la Tifone ordina al convoglio di
invertire la rotta ad un tempo (verso nordest), per ripiegare verso Trapani: di
conseguenza, la Climene si viene a
ritrovare in testa alla formazione, mentre la Tifone finisce in coda.
Nel frattempo Cigno e Cassiopea, pur trovandosi di fronte ad avversari più grandi e
meglio armati, combattono accanitamente e riescono a respingerli; la Cigno colpisce ripetutamente
il Pakenham, immobilizzandolo,
ma non prima di essere stata a sua volta devastata dal tiro del
cacciatorpediniere. Colpita anche dai siluri lanciati dal Pakenham (che è sua volta oggetto
del lancio di siluri da parte della Cigno,
che però non vanno a segno), la torpediniera si spezza in due e affonda con 103
dei 150 uomini del suo equipaggio. La Cassiopea lancia
infruttuosamente dei siluri contro il Paladin ed
apre contro di esso un intenso fuoco con le proprie artiglierie, ma viene
immobilizzata e incendiata dal tiro congiunto di entrambi i cacciatorpediniere,
con 56 vittime tra il suo equipaggio. Il loro sacrificio non è stato vano: i
due cacciatorpediniere rinunciano infatti a proseguire l’attacco contro
l’obiettivo principale, ossia la Belluno con
il suo carico, e si ritirano; il Pakenham,
ridotto ad un relitto galleggiante, dev’essere preso a rimorchio dal Paladin, che più tardi dovrà provvedere
esso stesso a finire con un siluro la nave gemella, nell’impossibilità di
salvarla.
Alle 4.25 Climene, Tifone e Belluno tornano
ad ancorarsi davanti a Trapani, aspettando ordini sul da farsi. Alle 5.45
Supermarina ordina a Tifone e Belluno di ripartire per raggiungere
Tunisi (dove arriveranno regolarmente nel tardo pomeriggio), mentre la Climene, su ordine della Tifone, viene distaccata per andare in
aiuto della Cassiopea, che sta
andando alla deriva, ridotta ad un relitto galleggiante carico di morti e
feriti. Raggiunta la gemella, che appare fortemente sbandata e danneggiata,
verso le 7.30 la Climene la prende a
rimorchio, portandola verso Trapani. Alle 10.45 la Climene cede il rimorchio al rimorchiatore Tifeo, assumendo quindi la scorta fino all’arrivo in porto a
Trapani, alle 14.30.
24 aprile 1943
La Climene (caposcorta, capitano di
corvetta Mario Colussi), insieme alla vecchia torpediniera Angelo Bassini (tenente di vascello
Beniamino Mancuso) ed alle moderne corvette Gabbiano (capitano di corvetta Alberto Ceccacci) ed Euterpe (tenente di vascello di
complemento Anselmo Marchi), salpa da Reggio Calabria all’una di notte per
scortare a Tunisi il piroscafo Galiola,
carico di 1000 tonnellate di carbone, 700 di provviste e 37 di materiali vari.
La Climene si posiziona a
poppa dritta del Galiola, mentre
la Bassini si posiziona a poppa
sinistra e le due corvette a proravia del piroscafo.
Alle 5.50 (circa
mezz’ora prima dell’alba), tra Vulcano e la costa settentrionale della Sicilia,
il convoglio viene avvistato dal sommergibile britannico Sahib (tenente di vascello John
Henry Bromage), che si sta avvicinando in immersione a Capo Milazzo,
proveniente da nord. Il sommergibile, in mare da otto giorni (è partito da
Algeri il 16 aprile, ed il 22 ha attaccato e gravemente danneggiato a cannonate
il rimorchiatore Valente) nota le
sagome delle navi italiane che si stagliano contro i contorni confusi della
costa, verso proravia; Bromage identifica il convoglio come composto da un
mercantile a pieno carico, scortato da una torpediniera classe Climene, una torpediniera classe
Generali, due corvette e due bombardieri tedeschi Junkers Ju 88. Le due
corvette si trovano a proravia del piroscafo, mentre la Climene a tre quarti di poppa sulla sua dritta, e la ‘Generali’ (cioè
la Bassini, appartenente alla classe
La Masa, molto simile alla Generali) è a tre quarti di poppa sulla sinistra. Al
momento dell’avvistamento, secondo la stima del comandante britannico, il
convoglio si trova un paio di miglia a nord di Capo Milazzo, diretto verso
ovest. Il Sahib scende a 18 metri di
profondità ed assume rotta 160°.
Alle 5.58 il Sahib lancia quattro siluri contro
il Galiola, da una distanza di
2560 metri, con mira individuale, su rotta 100°, distanziati l’uno dall’altro
in modo da “coprire” i due terzi della lunghezza del bersaglio. Al momento del
lancio, il Sahib si trova a soli 640
metri dalla Climene, a 15° di prora
dritta. Il mare è piatto, ma le scie dei siluri non vengono avvistate fino
all’ultimo momento.
Alle sei del mattino
il Galiola viene colpito
sulla dritta da un siluro, ed affonda in cinque minuti nel punto 38°20.5’ N e
15°11.9’ E (a cinque miglia per 330°, cioè a nordovest, da Capo Milazzo).
Seondo una fonte, un siluro avrebbe mancato di poco anche la Climene.
Mentre la Bassini si reca subito sul posto e
procede al recupero di 40 superstiti (su 45 uomini che erano imbarcati
sul Galiola), Climene, Gabbiano ed Euterpe,
insieme ad uno Junkers Ju 88 tedesco del II. Gruppe, Lehrgeschwader 1 (2°
Gruppo, 1° Stormo Sperimentale), danno la caccia al sommergibile attaccante: dispostesi
in linea di fronte, alle 6.05 le tre navi danno inizio al rastrello antisom
sulla direzione di provenienza dei siluri.
Secondo il rapporto
del comandante Bromage, dopo il lancio dei siluri il Sahib viene accidentalmente in affioramento, ed il vortice generato
dalle sue eliche viene notato dallo Ju 88 – solo dopo, però, che il Galiola è già stato colpito dal siluro –
che sgancia una bomba sul sommergibile. L’ordigno non causa danni, ma indica
alla Climene la posizione del
sommergibile; la torpediniera ottiene subito un contatto all’ecogoniometro,
mentre il Sahib scende rapidamente in
profondità, inverte la rotta, mettendo tutta la barra a dritta, e cerca di
allontanarsi verso nord (rotta 020°), a quattro nodi di velocità ad una
profondità di 91 metri. Le condizioni per la ricerca egoniometrica sono ideali,
e la Climene (secondo Bromage: ma è
possibile che in realtà la nave in questione fosse una delle corvette) si
posiziona a poppavia dritta rispetto al Sahib,
mantenendo senza problemi il contatto sonar, ed interrompendosi soltanto per
effettuare un “rastrello completo” ogni cinque minuti circa. Tuttavia, non
viene lanciata nessuna bomba di profondità; il Sahib cerca di allontanarsi a bassa velocità, minimizzando
qualsiasi rumore per ridurre la probabilità di essere individuato.
Da parte italiana, è
confermato il lancio della bomba da parte dello Ju 88, avvenuto alle 6.06;
l’ordigno sarebbe caduto 640 metri a nord dell’Euterpe, dopo di che Climene,
Gabbiano ed Euterpe assunsero rotta nord e diedero inizio alla ricerca
ecogoniometrica.
Alle 6.33 la Gabbiano – che è stata mancata di poco
da uno dei siluri, del quale ha poi risalito la scia seguita dall’Euterpe, e che alle 6.26 ha ottenuto un
eco sonar netto un migliaio di metri verso nord – attacca per prima, lanciando
quattro salve per un totale di 21 bombe di profondità; tre minuti dopo i due Ju
88 della scorta aerea lanciano una bomba ciascuno sul punto in cui la Gabbiano ha lanciato le sue cariche di
profondità, mentre alle 6.40 è l’Euterpe
(che alle 6.37 ha a sua volta ottenuto un contatto sonar) a lanciare cinque
salve di bombe di profondità, ben 30 ordigni in tutto. In tutto, vengono
lanciate cinquantuno bombe di profondità nell’arco di sette o dieci minuti;
sarebbe stato l’attacco dell’Euterpe
a risultare particolarmente letale per il Sahib,
causando la maggior parte dei danni.
L’attacco delle
corvette coglie il Sahib
completamente di sorpresa, perché non è preannunciato dal rumore dei motori
delle navi italiane, se non all’ultimo momento (le 6.45 circa, secondo il
resoconto di Bromage): questo perché le corvette classe Gabbiano sono dotate di motori elettrici per la marcia silenziosa
oltre ai normali diesel, con lo specifico scopo di consentire loro di incrociare
sopra i sommergibili senza produrre i rumori rivelatori generati dai normali
motori diesel o turbine a vapore delle torpediniere. Bromage questo non lo sa:
rimane confuso nel sentire soltanto il rumore del sonar senza quello dei motori
che di solito lo accompagna, ed è troppo tardi quando all’improvviso sente di
punto in bianco dei rumori molto forti (al punto da essere distintamente
sentiti in camera di controllo, senza bisogno dell’idrofono) e vicini di motori
– la corvetta, infatti, dopo aver usato i motori elettrici per girare intorno
al punto in cui si trova il sommergibile e localizzarlo con precisione, ha
iniziato la corsa per il lancio delle bombe, accendendo i motori diesel –
praticamente sulla sua verticale: quasi subito, infatti, il rumore di motori è
seguito da quello delle bombe di profondità che vengono gettate in acqua;
vengono contate venti o trenta bombe in rapida successione, lanciate con letale
precisione. Le esplosioni investono il pieno in Sahib, strappando di netto la valvola di sfogo del compressore
(lasciando al suo posto un foro di quattro centimetri, dal quale inizia ad
entrare all’interno del sommergibile un getto d’acqua, “simile ad una barra
d’acciaio spessa quattro centimetri” nelle parole di Bromage), mettendo fuori
uso tutti i profondimetri (che indicano ognuno una profondità diversa, da 0 a
150 metri), rompendo tutte le lampadine – normali e d’emergenza – nei
compartimenti prodieri, facendo saltare ed aprire altre valvole e sfoghi nonché
l’allagamento principale nel deposito munizioni, e forse anche forando lo scafo
resistente all’estrema poppa. Nelle parole del timoniere, sottocapo (Leading
Seaman) A. G. E. Bryard, “il grappolo di
bombe di profondità era proprio centrato sul bersaglio, e sembrava che una mano
gigantesca avesse afferrato il sommergibile e lo stesse continuamente
sbattendo. Le onde d’urto (…) sembravano
scoppiare nella mia testa (…). Il
confuso silenzio che seguì l’attacco fu interrotto da una specie di ruggito
sibilante proveniente dalla sala macchine. Tutti i compartimenti riportarono
danni alla camera di controllo (…) “timone fuori uso, signore” riferii”. Siccome
dopo aver sentito l’improvviso rumore di motori vicini, poco prima del lancio
delle bombe, aveva ordinato di mettere i motori avanti tutta, Bromage ritenne
poi che le bombe di profondità fossero esplose a poppavia del sommergibile;
nondimeno, il risultato era stato “piuttosto spettacolare: (…) lo stesso scafo
resistente stava imbarcando acqua a prua, e sotto la sentina poppiera”. Alcuni
marinai nei compartimenti di prua riferiscono che il sommergibile sta
imbarcando acqua a prua, ma Bromage lo ritiene poco probabile, dato che se ci
fossero danni tali da far entrare acqua il battello starebbe già affondando.
Una parte delle
avarie possono essere riparate abbastanza rapidamente, ma risulta pressoché
impossibile tappare il foro lasciato dall’asportazione della valvola di sfogo
del compressore, e l’acqua che entra attraverso di esso rischia di allagare
rapidamente il sommergibile; inoltre, il Sahib
assume un netto appoppamento, e per ripristinare l’assetto viene aumentata la
velocità e data aria alla casse di zavorra numero 5. Il sommergibile si
stabilizza a circa 82 metri di profondità (o almeno, questa è la quota su cui
si è bloccato il profondimetro principale: ma in realtà potrebbe essere sceso a
profondità maggiore), ma si rende necessario intervenire continuamente per non
perdere ancora l’assetto o sprofondare ulteriormente; risulta quasi impossibile
governare, e quando il direttore di macchina gli riferisce di non poter fare
nulla per i danni alla poppa (secondo alcune fonti, lo scafo resistente sarebbe
stato perforato all’estremità poppiera), Bromage fa distribuire i respiratori
Davis (DSEA) ed ordina all’equipaggio di prepararsi ad abbandonare la nave.
Si svolgono in quel
momento uno o due altri attacchi con bombe di profondità, ma non aggiungono
molti danni a quelli già causati dai lanci precedenti; mortalmente danneggiato,
il Sahib emerge alle 6.44 (orario
indicato nel rapporto della Climene)
poco a proravia della Gabbiano (a
circa 6,5 km dal punto in cui è affondato il Galiola), visibilmente appoppato. A bordo del sommergibile, il
comandante Bromage si sente dire contemporaneamente, da poppa, che il battello
è in superficie; e da prua, che lo scafo sta collassando. Siccome i motori sono
ancora in funzione, una volta in superficie il Sahib continua ad avanzare a circa 13 nodi, con il ponte
semisommerso e la prua molto alta sulla superficie.
Non appena il
sommergibile viene a galla, Gabbiano
ed Euterpe, distanti circa 700-800
metri, gli dirigono incontro, aprendo subito il fuoco con cannoni e
mitragliere; anche la Climene, che
invece è più lontana (1800 metri), si dirige verso il Sahib alla massima velocità, facendo fuoco col cannone di prua.
Sul Sahib, appena esce in torretta Bromage
vede la Climene a poppavia dritta e
le due corvette a poppavia sinistra, tutte ad una distanza di circa 1800 metri
e tutte intente a sparargli contro con i cannoni prodieri. Anche i due Ju 88
tedeschi stanno mitragliando il sommergibile: sono i colpi dei loro proiettili
sullo scafo resistente ad aver generato i rumori che a prua sono stati
erroneamente ritenuti come indici di collasso dello scafo. Bromage ordina di
fermare i motori e abbandonare la nave; mentre gli uomini si gettano in acqua,
Bromage torna sottocoperta ed apre gli sfoghi principali per provvedere
all’autoaffondamento, poi risale in coperta e si butta in mare a sua volta.
Alla quarta salva,
intanto, sulla Climene si vede un
proiettile colpire visibilmente il sommergibile in coperta, in corrispondenza
della torretta; la torpediniera continua a fare fuoco fino a quando – poco più
tardi – l’equipaggio britannico inizi a buttarsi in mare. (Secondo i superstiti
del Sahib, invece, nessun colpo
sparato dalle tre navi avrebbe centrato il Sahib.
In tutto Climene, Gabbiano ed Euterpe avrebbero sparato una quindicina di colpi nell’arco di due
minuti, cessando poi il fuoco quando divenne chiaro che l’equipaggio stava
abbandonando il sommergibile). A questo punto viene cessato il fuoco, ed alle
6.51 (o 6.59) il Sahib affonda
di poppa una decina di miglia a nord di Capo Milazzo (Sicilia nordorientale;
altra fonte afferma ad est di Lipari), sollevando la prua verticalmente nel
cielo per poi inabissarsi in circa 1100 metri d’acqua. La posizione di
affondamento del Sahib è variamente
indicata come 38°30’ N e 15°15’ E, o 38°25’ N e 15°20’ E, o 38°20’ N e 15°11’ E.
Secondo il racconto
di Bromage, gli Ju 88 continuano a sparare con le mitragliatrici anche sui
naufraghi in mare; uno di essi, l’elettricista Eric Gordon England, viene
ferito mortalmente, mentre altri due marinai rimangono fortunatamente illesi
nonostante i loro apparati Davis siano stati colpiti dai proiettili.
(Secondo un racconto
da parte britannica, le navi avrebbero cessato il fuoco non appena resesi conto
che il Sahib stava affondando e che
il suo equipaggio lo stava abbandonando, ma lo Ju 88 sarebbe sceso a bassa
quota ed avrebbe mitragliato sia il sommergibile che i naufraghi già in mare,
sebbene senza causare vittime. Sembra comunque poco probabile che fosse
intenzione dello Ju 88 di colpire i naufraghi, perché in tal caso,
probabilmente, ci sarebbero stati molti più morti e feriti. Più verosimilmente
l’aereo stava facendo fuoco sul Sahib,
e qualche raffica finì in acqua tra i naufraghi).
Le unità italiane
recuperano, facendoli prigionieri, 6 ufficiali (compreso il comandante Bromage)
e 40 tra sottufficiali e marinai britannici: l’intero equipaggio del Sahib. Unica vittima sarà lo sfortunato Eric
England, che morirà il 3 maggio per le ferite riportate.
I naufraghi vengono
rapidamente tratti in salvo dalla Climene
(che ne recupera 40, tra cui tutti gli ufficiali) e dalla Gabbiano (che ne recupera 6), ricevendo un buon trattamento (a
detta dello stesso Bromage nel suo rapporto redatto nel dopoguerra) e venendo
poi sbarcati a Messina. Tra i naufraghi raccolti dalla Climene c’è anche Bromage, che giunge a bordo alle 7.15 (77 minuti
dopo aver lanciato i siluri: tanto è durata, nel suo complesso, l’intera
azione); questi ringrazia il comandante Colussi per non aver cercato di colpire
il suo sommergibile con le artiglierie della Climene, dopo l’emersione, ma Colussi – probabilmente, con una
certa confusione – gli risponde che per la verità lui l’ha fatto. Discorrendo con
Bromage, Colussi gli racconta vari dettagli sull’azione che appena conclusa,
tra cui il fatto che uno dei siluri lanciati dal Sahib è passato senza esplodere sotto lo scafo della Gabbiano, la nave che ha poi effettuato
il lancio di bombe decisivo, nonché che il Galiola
è affondato senza sopravvissuti (e questo è un errore, perché quasi tutto
l’equipaggio del piroscafo è stato salvato dalla Bassini).
Alle 9.30 la Climene ed il resto della scorta
rientrano a Messina con i sopravvissuti del Galiola e del Sahib.
Dopo l’arrivo a
Messina, i superstiti del Sahib
ricevono indumenti asciutti; vengono condotti a Roma per essere interrogati. L’ammiragliato
britannico annuncerà ufficialmente la perdita del Sahib il 6 maggio; da parte italiana, l’affondamento del sommergibile
britannico, del quale non si rivela il nome, viene annunciata il 4 maggio nel
bollettino di guerra n. 1074.
25 aprile 1943
Durante una missione
di trasporto munizioni, la Climene
viene attaccata al largo di Ras Mustafà (Tunisia) da aerei che la bombardano e
la mitragliano a più riprese, provocando danni e vittime; il tiro delle armi
della Climene abbatte due
bombardieri.
Durante l’attacco
perdono la vita a bordo della Climene
il sottocapo cannoniere Dorino De Vit (21 anni, da Casarsa della Delizia), il
marinaio S.D.T. Francesco Surti (20 anni, da Fiume) ed il marinaio fuochista
Antonio Tilocca (21 anni, da Alghero).
Alla memoria di
Francesco Surti verrà conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, con
motivazione: “Imbarcato su torpediniera
destinata al trasporto munizioni in acque aspramente contese da preponderanti
forze aereo-navali avversarie, in occasione di violento, prolungato
mitragliamento e bombardamento aereo che causava morti, feriti e gravi danni
all’unità, veniva gravemente colpito mentre prestava servizio con calma
esemplare in plancia di comando. Sentendo venir meno le forze si rammaricava di
non poter più oltre rimanere al suo posto. Decedeva poco dopo in conseguenza
delle numerose ferite riportate”.
(g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
L’affondamento
Nel primo mattino del
28 aprile 1943 la Climene, al comando
del capitano di corvetta Mario Colussi, uscì da Trapani per recarsi incontro a
due trasporti militari tedeschi, il KT 5
ed il KT 14, in arrivo da Tunisi, da
dov’erano partiti alle 14 del giorno precedente. La nave italiana avrebbe dovuto
assumere la scorta dei due KT nel tratto finale della navigazione, cioè appunto
fino a Trapani, loro destinazione. (Per altra versione, la partenza della Climene da Trapani sarebbe avvenuta alle
15.15 del 27 aprile).
Alle dieci di quella mattina
la Climene raggiunse nel Canale di
Sicilia, come programmato, KT 5 e KT 14, che appena mezz’ora prima erano
stati infruttuosamente attaccati da aerei angloamericani. La torpediniera
assunse quindi la scorta delle due navi tedesche, puntando su Trapani, ma già
prima dell’incontro le tre unità eran state avvistate dal sommergibile
britannico Unshaken (tenente di
vascello Jack Whitton), in agguato al largo di Marsala (in una zona solitamente
di competenza dell’8th Submarine Flotilla di Gibilterra, anziché
della 10th Submarine Flotilla di Malta, cui l’Unshaken apparteneva), che poche ore prima era fortunosamente
scampato ad un attacco sferrato, per errore, da tre cacciatorpediniere
britannici: Nubian, Petard e Paladin, che lo avevano scambiato per un sommergibile nemico.
L’Unshaken avvistò il convoglietto
dell’Asse alle 9.23, in posizione 37°45’ N e 11°33’ E, identificando la Climene come un cacciatorpediniere
classe Dardo (con una certa sovrastima delle sue dimensioni) ed i due KT come
“due piccoli traghetti”. L’avvistamento avvenne da una distanza di sei miglia;
le tre navi dell’Asse si trovavano a nordest rispetto al sommergibile
britannico, che manovrò per attaccare.
Alle 10.35 l’Unshaken, portatosi ad una distanza di
1645 metri, lanciò tre siluri contro la Climene
(fonti italiane indicano l’ora dell’attacco come le 10.30).
Avvistata una delle
armi, la torpediniera manovrò per evitarla, così che il siluro la mancò di
pochi metri passandole a proravia; ma quella manovra non le consentì di
contromanovrare in tempo per schivare anche il secondo siluro. L’arma colpì la Climene a centro nave, spezzandola in
due tronconi che affondarono nel giro di tre minuti: per prima colò a picco la
poppa, subito seguita dalla prua.
L’Unshaken sentì un’esplosione un minuto e
tre secondi dopo i lanci, seguita dopo circa cinque minuti da “rumori di scoppi
e di collasso”, che indicavano che la nave colpita si stava spezzando e stava
affondando. "Navi militari perdute" indica l’ora dell’affondamento
come le 10.35, la posizione a circa 35 miglia per 250° (cioè ad
ovest/nordovest) da Marettimo (un’altra fonte aggiunge al largo di Punta
Libeccio); le fonti britanniche, sulla base della posizione registrata dall’Unshaken (37°45’ N e 11°33’ E; altre
fonti indicano 37°45’ N e 11°53’ E ma si tratta probabilmente di un refuso),
indicano invece il punto dell’affondamento come circa 25 miglia a sudovest di
Marettimo e 35 miglia a ponente di Marsala (Sicilia occidentale).
Affondarono con la
nave 53 dei 144 uomini dell’equipaggio: un ufficiale, dieci sottufficiali e 42
tra sottocapi e marinai, soprattutto tra il personale di macchina, mentre la
maggior parte di coloro che si trovavano in coperta fecero in tempo ad
abbandonare la nave. Il comandante Colussi fu tra i 91 sopravvissuti, che
furono recuperati dalle motosiluranti MS
24 (che salvò 40 naufraghi, poi sbarcati a Marsala) e MS 34, uscite da Marsala, mentre fu tra le vittime il direttore di
macchina, il tenente del C.R.E.M. Pio Mancini, gravemente ferito
dall’esplosione del siluro e morto in mare dopo l’affondamento. Secondo una
fonte ("Le navi ospedale italiane 1935-1945" di Enrico Cernuschi)
avrebbe partecipato al salvataggio dei naufraghi anche la nave soccorso Laurana.
KT 5
e KT 14, rimasti senza scorta,
raggiunsero indenni Trapani alle 16.55.
Le vittime:
Damiano Andriulo, marinaio torpediniere,
disperso
Vittorio Angioli, capo cannoniere di prima
classe, disperso (M.B.V.M.)
Renato Candido Attanasi, sottocapo
radiotelegrafista, deceduto
Giuseppe Brugnoli, capo nocchiere di terza
classe, disperso (M.B.V.M.)
Ignazio Campana, marinaio silurista, disperso
Carlo Capri, marinaio cannoniere, disperso
Francesco Ceci, marinaio nocchiere, disperso
Ettore Conca, marinaio fuochista, disperso
Ermanno Corbo, marinaio elettricista, deceduto
Paolo D’Achille, sergente furiere, disperso
Santo D’Oca, marinaio fuochista, disperso
Augusto Daino, marinaio fuochista, deceduto
Emanuele Davi, marinaio fuochista, disperso
Salvatore De Mitri, marinaio, deceduto
Carlo Del Corno, sottocapo elettricista,
deceduto
Vito Dell’Aria, marinaio fuochista, deceduto
Pietro Floris, marinaio fuochista, deceduto
Pasquale Giamboni, marinaio cannoniere,
deceduto
Concetto Giannone, marinaio cannoniere,
deceduto
Rocco Giove, marinaio torpediniere, disperso
Alfredo Girolomini, sottocapo cannoniere,
disperso
Elio Guandalini, marinaio fuochista, disperso
Pasquale Iezza, marinaio fuochista, disperso
Angelo La Pacciana, marinaio cannoniere,
disperso
Vito Lionetti, marinaio torpediniere, deceduto
Aldo Lombardelli, sergente cannoniere,
deceduto
Aldo Magni, marinaio fuochista, disperso
Augusto Malini, sergente cannoniere, deceduto
Pio Mancini, tenente C.R.E.M. (direttore di
macchina), deceduto (M.A.V.M.)
Epifanio Marinoni, marinaio, disperso
Crescenzo Mautone, marinaio cannoniere,
disperso
Giuseppe Messina, marinaio fuochista, deceduto
Pietro Milocanovich, marinaio silurista,
disperso
Renato Moiraghi, sergente silurista, disperso
Gerolamo Omoralgi, marinaio torpediniere,
disperso
Mario Pinzi, sottocapo cannoniere, deceduto
Raimondo Pizzo, marinaio, disperso
Antonino Pratico, sergente cannoniere,
disperso
Giuseppe Pugliares, sottocapo nocchiere,
disperso
Salvatore Putignano, sottocapo elettricista,
disperso
Giacomo Romairone, marinaio cannoniere,
deceduto
Giovanni Senatore, marinaio furiere, disperso
Saverio Sergi, secondo capo silurista,
deceduto
Nicola Simeone, sottocapo elettricista,
disperso
Vito Stancanelli, marinaio cannoniere,
disperso
Vincenzo Tanzariello, secondo capo meccanico,
disperso
Luigi Valle, marinaio fuochista, deceduto
Ciro Visciano, marinaio fuochista, deceduto
Francesco Visco, sottocapo cannoniere,
deceduto
Vittorio Zen, sottocapo fuochista, deceduto
La motivazione della
Medaglia d’Argento al Valor Militare conferita alla memoria del tenente
C.R.E.M. Pio Mancini, nato a Viterbo l’11 luglio 1897:
"Direttore di
macchina di torpediniera eseguiva numerose ed ardue missioni in acque
fortemente contrastare, e prendeva parte a reiterate azioni durante le quali la
sua Unità cooperava all'affondamento di un sommergibile ed abbatteva due aerei
avversari. Colpita da siluro la sua nave ed egli stesso gravemente ferito,
dirigeva con perizia ed ardimento il personale da lui dipendente nel disperato
tentativo di arginare l'irrompente acqua. Costretto ad abbandonare l’unità, faceva
olocausto della sua vita in mare dimostrando fino all’ultimo elevate qualità
militari.
(Canale di Sicilia,
24-25-28 aprile 1943)".
Apparentemente, dopo
l’iniziale errore di identificazione l’Unshaken,
o chi per lui, identificò correttamente la nave silurata come una torpediniera
class Spica; il comandante della 10a Flottiglia Sommergibili
britannica di base a Malta, capitano di vascello George Walter Gillow Simpson, nell’inoltrare
ai superiori il rapporto dell’Unshaken,
annotò a margine: “Nonostante questo attacco sia stato coronato da successo, è
mia opinione che questi cacciatorpediniere a ridotto pescaggio non dovrebbero
normalmente essere attaccati [probabilmente, riteneva troppo elevato il rischio
che i siluri passassero sotto lo scafo senza esplodere, vanificando l’attacco
ed esponendo il sommergibile alla reazione della torpediniera attaccata].
Ordini in questo senso verranno diramati presso questa flottiglia”.
L’affondamento della Climene nel giornale di bordo dell’Unshaken, da Uboat.net:
“0823 hours - In
position 37°45'N, 11°33'E sighted a Dardo-class destroyer and two small ferries
to the north-east, range six nautical miles. Started attack.
0935 hours - Fired
three torpedoes at the destroyer from 1800 yards. One hit was heard 1m 3sec after
firing. This was followed by popping and breaking up noises about five minutes
later.”
Un’altra immagine della Climene (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
Buongiorno , mio padre Pietro Ruzzier ha prestato servizio in questa unita'svolgeva le mansioni di timoniere .
RispondiEliminaBuongiorno, mio zio Vito Lionetti è fra i deceduti che erano a bordo della nave quando fu silurata e affondata.
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