L’Altair a fine 1936 (Archivio Storico Ansaldo, via Maurizio Brescia e www.associazione-venus.it) |
Torpediniera della
classe Spica tipo Perseo (dislocamento standard di 630 tonnellate, in carico
normale 970, a pieno carico 1020). Durante la seconda guerra mondiale svolse
inizialmente attività di posa mine, caccia antisommergibili e crociere di
vigilanza nelle acque della Sicilia fino all’inizio della campagna di Grecia
(novembre 1940), quando venne assegnata a compiti di scorta convogli, dapprima
tra Italia (soprattutto Brindisi) ed Albania e successivamente (dal maggio
1941) nelle acque dell’Egeo e del Dodecaneso. Effettuò in tutto 119 missioni di
guerra, tra cui 55 di scorta convogli, percorrendo complessivamente 22.528
miglia nautiche.
Breve e parziale cronologia.
2 ottobre 1935
Impostazione nei
cantieri Ansaldo di Sestri Ponente (numero di costruzione 305).
L’Altair e le gemelle Andromeda, Antares ed Aldebaran in costruzione nel 1936 (g.c. Archivio Alinari/www.alinari.it) |
26 luglio 1936
Varo nei cantieri
Ansaldo di Sestri Ponente.
Le prove di macchina,
a fine 1936, si svolgono nel Golfo di Genova, sulla base misurata Punta
Chiappa–Isola del Tino; l’Altair
raggiunge una velocità di 34,8 nodi.
Il varo
dell’Altair (sopra: g.c. Aldo
Cavallini via www.naviearmatori.net;
sotto: Archivio Alinari/www.alinari.it)
23 dicembre 1936
Entrata in
servizio.
Inizialmente
impiegata, per breve tempo, nell’Alto e Medio Tirreno (dove svolge attività
addestrativa), la nave viene poi trasferita in Egeo, alle dipendenze del
Comando Marina di Lero (o del Comando delle Isole Italiane dell’Egeo).
L’Altair durante le prove in mare al largo
di Genova, a fine 1936 (Archivio Storico Ansaldo, via Maurizio Brescia e www.associazione-venus.it)
Agosto-Settembre 1937
Durante la guerra
civile spagnola, l’Altair partecipa,
con altre unità (incrociatori leggeri Luigi
Cadorna ed Armando Diaz,
cacciatorpediniere Freccia, Dardo, Saetta, Strale, Borea, Ostro, Espero e Zeffiro, torpediniere Cigno, Climene, Centauro, Castore, Antares, Andromeda, Aldebaran) al blocco del Canale di
Sicilia, per impedire l’invio di rifornimenti dall’Unione Sovietica (Mar Nero)
alle forze repubblicane spagnole. Benito Mussolini ha preso tale decisione a
seguito di richieste da parte dei comandi spagnoli nazionalisti, i quali
sostengono, esagerando di molto, che l’Unione Sovietica stia per rifornire le
forze repubblicane spagnole con oltre 2500 carri armati, 3000 “mitragliatrici
motorizzate” e 300 aerei.
Il blocco navale
viene ordinato da Roma il 7 agosto ed ha inizio due giorni più tardi; oltre ai
sommergibili, invati sia al largo dei Dardanelli che lungo le coste della
Spagna, prendono in mare otto cacciatorpediniere ed altrettante torpediniere
che si posizionano nel Canale di Sicilia e lungo le coste del Nordafrica
francese. Cacciatorpediniere e torpediniere operano in cooperazione con quattro
sommergibili ed un sistema di esplorazione aerea a maglie strette (idrovolanti
dell’83° Gruppo Ricognizione Marittima, di base ad Augusta) e sono alle
dipendenze dell’ammiraglio di divisione Riccardo Paladini, comandante militare
marittimo della Sicilia; successivamente verranno avvicendati da altre
siluranti e dalla IV Divisione Navale (incrociatori leggeri Armando Diaz, Alberto Di Giussano, Luigi
Cadorna, Bartolomeo Colleoni). Sono complessivamente ben 40
le navi mobilitate per il blocco: i quattro incrociatori della IV Divisione,
l’esploratore Aquila, dieci
cacciatorpediniere (Freccia, Saetta, Dardo, Strale, Fulmine, Lampo, Espero, Ostro, Zeffiro e Borea),
24 torpediniere tra cui l’Altair (le
altre sono Cigno, Canopo, Castore, Climene, Centauro, Cassiopea, Andromeda, Antares, Aldebaran, Vega, Sagittario, Astore, Sirio, Spica, Perseo, Giuseppe La
Masa, Generale Carlo Montanari, Ippolito Nievo, Giuseppe
Cesare Abba, Generale Achille Papa, Nicola Fabrizi, Giuseppe
Missori e Monfalcone) e la
nave coloniale Eritrea. Altre
due navi, gli incrociatori ausiliari Adriatico e Barletta, camuffati da spagnoli Lago e Rio, hanno l’incarico di visitare i mercantili sospetti avvistati
dalle navi da guerra in crociera.
Il dispositivo di
blocco è articolato in più fasi: informatori ad Istanbul segnalano all’Alto
Comano Navale le navi sovietiche, o di altre nazionalità ma sospettate di
operare al servizio dei repubblicani, che passano per il Bosforo; ad
attenderle in agguato per primi vi sono i sommergibili appostati all’uscita dei
Dardanelli. Se le navi superano indenni questo primo ostacolo, vengono
segnalate alle navi di superficie ed ai sommergibili in crociera nel Canale di
Sicilia e nello Stretto di Messina; qualora dovessero riuscire ad evitare anche
questo nuovo pericolo (possibile soltanto appoggiandosi a porti neutrali)
troverebbero ad aspettarle altre navi da guerra in crociera nelle acque della
Tunisia e dell’Algeria. Infine, come ultima barriera per i bastimenti che
riuscissero ad eludere anche tale minaccia, altri sommergibili sono in agguato
lungo le coste della Spagna. Nei primi giorni del blocco sono molto attivi i
cacciatorpediniere di base ad Augusta.
Il blocco navale così
organizzato (del tutto illegale, dato che l’Italia non è formalmente in guerra
con la Repubblica spagnola) si rivela un pieno successo, portando in breve
tempo alla totale interruzione del flusso di rifornimenti dall’Unione Sovietica
alla Spagna repubblicana. Soltanto qualche mercantile battente bandiera
britannica o francese riesce a raggiungere i porti repubblicani, oltre a poche
navi che salpano dalla costa francese del Mediterraneo e raggiungono Barcellona
col favore della notte. Il blocco italiano impartisce un durissimo colpo ai
repubblicani, ma scatenerà anche gravi tensioni internazionali (specie col Regno
Unito) e feroci proteste sulla stampa spagnola repubblicana ed internazionale,
con accuse di pirateria – essendo, come detto, un’operazione in totale
violazione di ogni legge internazionale – nei confronti della Marina italiana,
ripetute anche da Winston Churchill.
Un’altra immagine dell’Altair durante le prove in mare nel Golfo di Genova a fine 1936 (Fondazione Ansaldo) |
1937-1938
Fino all’estate del
1938, l’Altair rimane in Egeo,
compiendo attività addestrativa e mantenendo i collegamenti tra le isole del
Dodecaneso.
In questo periodo è
comandante dell’Altair il tenente di
vascello e poi capitano di corvetta Agostino Calosi.
5 maggio 1938
L’Altair (capitano di corvetta Agostino
Calosi, caposquadriglia), insieme al resto della XII Squadriglia Torpediniere (Andromeda, Antares, Aldebaran),
partecipa alla rivista navale "H" organizzata nel Golfo di Napoli per
la visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte
della flotta italiana: le corazzate Cesare
e Cavour, i 7 incrociatori pesanti
della I e III Divisione, gli 11 incrociatori leggeri della II, IV, VII e VIII
Divisione, 7 “esploratori leggeri” classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le
Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea
e lo Zeffiro), 30 torpediniere (le
Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie Audace,
Castelfidardo, Curtatone, Francesco Stocco,
Nicola Fabrizi e Giuseppe La Masa ed i
quattro “avvisi scorta” della classe Orsa), 85 sommergibili e 24 MAS
(Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, il panfilo di Benito
Mussolini, l’Aurora, la nave reale Savoia e la nave bersaglio San Marco.
La XII Squadriglia è
inquadrata nella Flottiglia Torpediniere (capo flottiglia il capitano di
vascello Fontana, sull’esploratore Nicoloso
Da Recco) insieme alle Squadriglie IX (Astore,
Spica, Canopo e Cassiopea), X (Sirio, Sagittario, Perseo e Vega) e XI (Cigno, Castore, Centauro e Climene).
L’Altair, prima a sinistra, ormeggiata a
Napoli durante la rivista "H" insieme a numerose gemelle: da sinistra
verso destra, Aldebaran, Antares, Andromeda, Perseo, Sagittario (probabilmente), Vega (probabilmente). (Sopra: Naval
History and Heritage Command; sotto: g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
L’Altair, sullo sfondo, fotografata a Napoli durante la rivista "H" insieme a dieci gemelle ed alle corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour (Naval History and Heritage Command) |
Un’altra immagine dell’Altair con le gemelle e la Cesare durante la rivista "H" (Archivio Luce) |
2 luglio 1938
L’Altair, insieme a cinque gemelle, riceve
a Genova la bandiera di combattimento, con benedizione del vessillo e cerimonia
celebrata alla presenza delle autorità cittadine.
1938
Dislocata brevemente
a La Maddalena, quale caposquadriglia della XII Squadriglia Torpediniere. In
questo periodo è comandante dell’Altair,
e caposquadriglia della XII Squadriglia Torpediniere di cui essa fa parte, il
capitano di fregata Umberto Rouselle.
1938-1940
Restando sempre inquadrata
nella XII Squadriglia Torpediniere, l’Altair
viene assegnata alla Divisione Scuola Comando, avente sede ad Augusta, dove
rimane fino al giugno 1940, prendendo parte a tutte le crociere ed i cicli
d’addestramento svolti dalla Scuola Comando.
26 maggio 1940
L’Altair (capitano di fregata Adone Del
Cima), in qualità di caposquadriglia della XII Squadriglia Torpediniere, è tra
le unità destinatarie dell’ordine d’operazione emesso dal Comando Militare
Marittimo della Sicilia relativamente alla posa dei campi minati nel Canale di
Sicilia, da eseguirsi nelle settimane a venire in vista dell’ormai imminente
entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale.
8 giugno 1940
Alle 18 l’Altair (capitano di fregata Adone Del
Cima) salpa da Trapani scortando il posamine ausiliario Scilla (traghetto ferroviario requisito, al comando del capitano di
fregata Mario Menini), inaricato della posa dello sbarramento «1 A N» nel
Canale di Sicilia. Contemporaneamente escono da Trapani anche il posamine Buccari (tenente di vascello Nocca) e la
torpediniera Alcione (tenente di
vascello Folli) per eseguire la posa di un altro campo minato.
Altair e Scilla percorrono le
rotte di sicurezza a 14 nodi, in linea di fila con lo Scilla in testa e l’Altair
300 metri a poppavia fino al tramonto, dopo di che è l’Altair a passare in testa, a circa 200 metri dal
traghetto-posamine. Raggiunto il punto prestabilito «B 1», le due navi assumono
rotta vera 201° verso Pantelleria; verso le 23.30 si dirige verso il punto
indicato per la posa, ed alle 23.40 lo Scilla
riduce la velocità a 12 nodi.
9 giugno 1940
Alle 00.15 l’Altair dà il segnale convenuto e lo Scilla inizia la posa, che completa alle
2.12. In tutto vengono posate 400 mine, tra il punto 37°02’ N, 17°01’,2 E ed il
punto 37°24’,5 N, 12°07’,8 E. Riassunta la velocità di 14 nodi, Scilla ed Altair tornano nella formazione precedente, assumono rotta vera
346° alle 2.15 e rientrano a Trapani alle 6.45.
Qui lo Scilla imbarca un nuovo carico di mine e
riparte alle 18 per posare un nuovo campo minato, il «2 A N», sempre scortato
dall’Altair.
Di nuovo le due navi
seguono le rotte di sicurezza in linea di fila con Scilla in testa ed Altair
in coda, distanziate di 300 metri, a 14 nodi; di nuovo, al tramonto l’Altair passa in testa a 200 metri dallo Scilla. Alle 20.10 le due navi superano
il Buccari, anch’esso uscito in mare
per un’altra posa. Alle 20.54, al largo di Capo Granitola, Altair e Scilla assumono
rotta vera 214° verso Pantelleria.
10 giugno 1940
Alle 00.25, seguendo
rotta vera 304°, Scilla ed Altair raggiungono il punto prestabilito
per cominciare la posa; alle 00.30 lo Scilla
decelera a 12 nodi, alle 00.40 assume rotta vera 28° ed all’1.10 inizia la posa
di 400 mine dello sbarramento «2 A N» (tra il punto 36°59’,5 N, 12°04’,9 E ed
il punto 37°18’,1 N, 12°16’,8 E), che conclude alle tre.
Terminata la posa, le
due navi riprendono la velocità di 14 nodi, assumono rotta vera 118° alle 3.35,
rotta vera 62° alle 3.55 e rotta vera 356° alle 5.30. Alle 5.40, a un miglio e
mezzo di distanza sulla sinistra, viene avvistata un’imbarcazione bianca
capovolta. Alle 6 Altair e Scilla imboccano le rotte di sicurezza
al largo di Capo Granitola, ed alle 9 entrano a Trapani.
10 giugno 1940
Poche ore dopo la
posa dello sbarramento «2 A N», l’Italia entra nella seconda guerra mondiale.
L’Altair (capitano di fregata Adone Del
Cima) è la nave caposquadriglia della XII Squadriglia Torpediniere, di base in
Sicilia (per una fonte, a Messina, ma Trapani od Augusta sembrano più
probabili), che forma insieme alle gemelle Antares,
Andromeda ed Aldebaran.
Insieme alla I
Squadriglia (Alcione, Airone, Ariel, Aretusa), la XII
Squadriglia forma la 2a Flottiglia Torpediniere, alle dipendenze del
Comando Militare Marittimo Sicilia; l’Altair
è anche unità capo flottiglia della 2a Flottiglia. Il capitano di
fregata Del Cima ricopre, pertanto, i ruoli comandante dell’Altair, della XII Squadriglia
Torpediniere e della 2a Flottiglia Torpediniere.
La 1a e la
2a Flottiglia Torpediniere (la 1a Flottiglia è composta
dalle Squadriglie Torpediniere XIII e XIV, anch’esse composte da navi classe
Spica), insieme alla V Squadriglia Torpediniere (vecchie unità del tipo “tre
pipe”), alla II Flottiglia MAS ed ai posamine Adriatico, Scilla, Buccari e Brioni, nonché alle forze aeree dell’Aviazione della Sicilia,
costituisce il «dispositivo» del Canale di Sicilia, il cui compito è di
ostacolare alle forze navali nemiche il transito nel Canale di Sicilia,
passaggio di importanza strategica cruciale per il controllo del Mediterraneo.
Tale dispositivo prevede continua vigilanza aerea diurna e, su alcune rotte,
anche notturna; posti di vedetta e di ascolto idrofonico a Capo Granitola,
Pantelleria, Linosa e Lampedusa; agguati di sommergibili; crociere di
torpediniere ed altre siluranti (preferibilmente notturne ed in aree non
interferenti con quelle dei sommergibili); posa di campi minati offensivi e
difensivi; attacchi aerei contro unità nemiche avvistate in mare. La 2a
Flottiglia Torpediniere ha base a Trapani, la 1a a Porto Empedocle.
In questo periodo è
imbarcato sull’Altair il tenente di
vascello Salvatore Gattoni, futura MOVM.
14 giugno 1940
In seguito al
bombardamento di Genova, Savona e Vado Ligure da parte di una formazione navale
francese, avvenuto proprio il 14 giugno, in serata l’Altair ed il resto della XII Squadriglia (Andromeda, Antares ed Aldebaran) ricevono ordine di
lasciare Trapani e raggiungere subito La Spezia per andare a rafforzarne le
difese. Dopo l’attacco francese, infatti, Supermarina ha deciso di rinforzare
le esigue difese del Golfo Ligure con una squadriglia di moderne torpediniere.
Le quattro unità salpano da Trapani alle 19.
16 giugno 1940
Forzando l’andatura,
le quattro torpediniere della XII Squadriglia arrivano in Mar Ligure all’alba;
alle 4.20 del 16 giugno, mentre stanno per arrivare a La Spezia, ricevono
l’ordine di portarsi al largo di Genova, dove si teme stia per essere compiuta
una nuova incursione navale francese. La XII Squadriglia incrocia al largo di
Genova fino alle dieci del mattino (per altra fonte, pattuglia la zona fino a
mezzogiorno, per prevenire eventuali nuovi attacchi), poi, non essendosi
concretizzata alcuna minaccia, riceve ordine di raggiungere La Spezia.
Le torpediniere
rimangono poi in Liguria fino a fine mese, quando la resa della Francia fa
venir meno la minaccia di incursioni navali.
3-4 luglio 1940
L’Altair (capitano di fregata Adone
Del Cima) e la gemella Andromeda (tenente
di vascello Enea Picchio) salpano da Trapani alle 16.40 del 3 per scrtare lo Scilla, impegnato nella posa di un nuovo
sbarramento antinave di 400 mine (tipo Elia e tipo Bollo), il 3 AN, tra la
Sicilia e Pantelleria (precisamente a nord di Pantelleria; lo sbarramento ha
un’estensione di 25 km). Nonostante le non eccelse condizioni del mare (forte
vento ed alte onde che sballottano le navi), l’operazione viene condotta a
termine senza intoppi, grazie alla perizia degli equipaggi.
2 agosto 1940
L’Altair e le gemelle Airone (caposcorta), Alcione
ed Aretusa lasciano Bengasi alle
20.30, per scortare a Tripoli le motonavi Città
di Palermo e Città di
Napoli.
3 agosto 1940
Il convoglietto
giunge a Tripoli alle 21.30.
4 agosto 1940
Altair, Airone (caposcorta), Alcione ed Aretusa lasciano Tripoli alle 20 per scortare di nuovo a Bengasi Città di Palermo, Città di Napoli ed il piroscafo Marco Polo.
6 agosto 1940
Le navi giungono a
Bengasi alle 7.
7 agosto 1940
Altair, Airone (caposcorta), Alcione ed Aretusa ripartono da Bengasi alle otto per scortare nuovamente a
Tripoli Città di Palermo, Città di Napoli e Marco Polo.
8 agosto 1940
Le navi arrivano a
Tripoli alle 7.
4 settembre 1940
Alle 16.40 l’Altair riceve da Marina Messina l’ordine
di imbarcare ad Augusta le mine per effettuare la posa del primo sbarramento di
mine offensivo (per la precisione, due sbarramenti da posarsi contemporaneamente:
«M 1» e «M 2») al largo di Malta, pensato per ostacolare l’invio di convogli di
rifornimento all’isola. Parteciperanno alla posa anche le gemelle Ariel, Alcione ed Aretusa; l’Altair sarà caposquadriglia, ed il suo
comandante, capitano di fregata Adone Del Cima, fungerà da comandante superiore
in mare per l’operazione. L’ordine d’operazione è stato diramato da Marina
Messina (ammiraglio di divisione Pietro Barone) il 3 settembre.
5 settembre 1940
L’Altair (caposquadriglia, capitano di
fregata Adone Del Cima) e le gemelle Ariel (tenente
di vascello Mario Ruta), Alcione (tenente
di vascello Luigi Bonatti), ed Aretusa (tenente
di vascello Mario Castelli della Vinca) salpano da Augusta alle 18.40 per
effettuare la posa. Ognuna delle torpediniere ha a bordo 28 mine tipo E 1.
Altair ed Ariel formano
la prima sezione, Alcione ed Aretusa la seconda. Una volta in
franchia delle ostruzioni, le quattro torpediniere si dispongono in linea di
fila e dirigono dapprima per il vertice del settore di avvicinamento di Capo
Passero e poi (a 23 nodi) verso il punto prestabilito «E», dove giungono alle
21.17 (l’Altair vi giunge un minuto
dopo l’ora prevista, senza errori di stima apprezzabili in termini di
longitudine); qui riducono la velocità a 16 nodi e dirigono verso il punto
prestabilito «F», dove arrivano alle 23.04. Qui il caposquadriglia Del Cima
distacca Alcione ed Aretusa per eseguire la posa della
loro parte di campo minato (nella zona indicata come «M 1»), mentre Altair ed Ariel proseguono senza cambiare rotta e velocità (rispettivamente
149,5° e 16 nodi) verso il punto prestabilito «Alfa 1» della zona designata «M
2» (lunga nove miglia e larga 3, a sudest di Malta). Alle 23.42, in direzione
di Malta (a dritta delle navi), si accende un fascio di proiettore di cui non
si vede la sorgente, diretto verso Alcione
ed Aretusa (che in quel momento
distano circa un miglio dal punto «Alfa» di separazione, mentre Altair ed Ariel sono nel punto 35°54’3 N e 14°54’ E, dirette a 16 nodi verso
il punto «Alfa 1» che dista 15,5 miglia), cui alle 23.57 se ne aggiunge un
altro nella medesima direzione ed alle 24 un terzo puntato invece verso Altair ed Ariel. I proiettori, che sembrano molto potenti, cercano
insistentemente nella direzione delle torpediniere, muovendosi a tratti con
lentezza ed a tratti con rapidità, ma soffermandosi solo per pochi minuti nella
loro direzione; si spegneranno solo alle 00.31. Il comandante Del Cima annoterà
poi nel rapporto che dal rilevamento delle sorgenti luminose, condotto dalle
posizioni delle navi, risulterebbe che i proiettori si trovino a Ras el
Kreiten, a nord della baia di San Giuliano e sull’altura vicino a Punta Tal
Zonkor; inoltre, la prontezza ed accuratezza mostrata nella manovra dei fasci
dei proiettori fa ritenere a Del Cima che il loro puntamento sia guidato da
dati forniti da stazioni aerofoniche. Il proiettore più a sud dei tre sembra
avere potenza maggiore degli altri, tanto che riesce ad illuminare con la luce
riflessa l’intero spazio di mare in cui si trovano tutte e quattro le
torpediniere, divise in due sezioni ormai piuttosto distanti tra loro.
6 settembre 1940
Alle 00.07 vengono
avvistate anche le sorgenti luminose dei due fasci di proiettori, rilevate
l’una per 286° e l’altra per 290°; in questo momento Altair ed Ariel si trovano
in posizione 35°48’,5 N e 14°52’,5 E. Alle 00.26 le due torpediniere dirigono
verso il punto «Alfa 1», alle 00.40 riducono la velocità a 8 nodi (velocità
prescritta per la posa) ed alle 00.48 giungono nel punto «Alfa 1». Qui l’Altair dà all’Ariel libertà di manovra, così che possa posare le sue mine
nella parte nordorientale della zona «M 2».
L’Altair prosegue su rotta vera 227°,5 ed
alle 00.25.47 inizia a posare le prime mine, completando la posa all’1.40.48.
Le mine vengono
posate a grappoli, con rotte varie e serpeggianti; la profondità delle mine è
di quattro metri, la distanza tra ciascun grappolo non è minore di 700 metri, e
quella delle singole mine di ogni grappolo è di 60-80 metri. Essendo le
torpediniere prive di solcometro, per misurare il percorso compiuto si contano
i giri delle eliche rilevati dal contatore continuo, pratica già da tempo
adottata dalle navi della 2a Flottiglia Torpediniere e che ancora
una volta ha dimostrato la sua efficacia. Grazie anche a mare e vento calmi ed all’eccellente
visibilità (che permette di vedere la costa dell’isola per quasi tutta la
durata dell’operazione ed anche di osservare l’affondamento delle mine nelle
sue diverse fasi, constatando che esso avviene regolarmente), l’operazione si
svolge senza intoppi.
Terminata la posa, all’1.52
l’Altair assume rotta 135°,5 e
velocità 12 nodi, portata a 16 nodi all’1.50. Alle 2.30 la nave assume rotta
56°, ed alle 2.34 rotta 14°, dirigendo verso il punto convenzionale «E» (punto
A del settore di avvicinamento di Capo Passero). Tutte le torpediniere,
terminata la posa, dirigono separatamente verso Augusta, seguendo rotte decise
dal caposquadriglia con il criterio – come disposto da Marina Messina – di
evitare reciproci avvistamenti fino all’alba.
Alle 5.42 viene avvistata
l’Ariel, ed alle 5.55 le due navi
ritornano nel punto «E», dove assumono rotta nord e; l’Altair diminuisce la velocità e si avvicina al semaforo di Cozzo
Spadaro, domandando se Alcione ed Aretusa siano già tornate ad
Augusta. Ottenuta risposta positiva, Altair
ed Ariel imboccano le rotte costiere
di sicurezza per rientrare ad Augusta, dove arrivano alle 8.28. L’Altair si ormeggia alla banchina di
Punta Cugno, dove si rifornisce di acqua e di nafta.
Con gli sbarramenti
«M 1» e «M 2» sono state complessivamente posate 112 mine a nordest («M 1») e
sudest («M 2») di Malta. Il comandante Del Cima scriverà a conclusione del
rapporto, relativamente alla condotta del personale: «Tutto il personale si è
comportato molto bene. Le operazioni di posa sono state compiute con precisione
cronometrica e tranquillità, in ambiente di sereno entusiasmo cui ha fatto poi
seguito un giustificato disappunto per il mancato contatto col nemico, da molto
tempo e più volte invano cercato ed atteso (…)».
18 settembre 1940
L’Altair e la gemella Sagittario salpano da Palermo alle 10 scortando il piroscafo Santa Paola e la motonave Galata, dirette a Tripoli.
A Trapani si aggiunge
alla scorta anche la torpediniera Centauro.
21 settembre 1940
Il convoglio arriva a
Tripoli alle 9.30.
24 settembre 1940
Alle 10 Altair e Sagittario vengono inviate, a seguito di un allarme sommergibili, a
rinforzare la scorta (costituita dalla sola torpediniera Aldebaran) di un convoglio in navigazione da Tripoli (da dov’è
salpato alle 14.30 del 22) a Palermo, formato dai piroscafi Silvano, Algerino e Doris Ursino.
26 settembre 1940
Il convoglio arriva a
Palermo alle 7.30.
L’Altair fotografata da bordo della
gemella Aldebaran (Archivio Dimitris
Galon, da www.grafasdiving.gr)
21 ottobre 1940
La XII Squadriglia
Torpediniere (Altair, Aretusa, Antares ed Andromeda)
viene posta da Supermarina a disposizione (pur non facendone formalmente parte)
del Comando Superiore Traffico Albania (Maritrafalba, già attivo dal 5
settembre al 12 ottobre ma senza la XII Squadriglia alle sue dipendenze), con
sede a Brindisi e compiti di scorta ai convogli tra Italia ed Albania nonché ricerca
e caccia antisommergibile sulle stesse rotte. Le forze di Maritrafalba
comprendono i vecchi cacciatorpediniere Carlo Mirabello ed Augusto
Riboty, le torpediniere classe Spica Polluce, Partenope e Pleiadi, le ben più vecchie torpediniere Palestro, Solferino, Castelfidardo, Monzambano, Angelo
Bassini, Nicola Fabrizi e Giacomo Medici, gli incrociatori
ausiliari RAMB III, Capitano A. Cecchi e Barletta e la XIII Squadriglia MAS
con i MAS 534, 535, 538 e 539.
La XII Squadriglia
rimarrà a disposizione di Maritrafalba per diversi mesi.
Fine ottobre 1940 (per una fonte, 22 ottobre)
Sempre a fine ottobre
l’Altair, insieme alle gemelle Aretusa, Antares ed Andromeda,
alle ben più vecchie torpediniere Angelo
Bassini, Nicola Fabrizi e Giacomo Medici, agli anziani cacciatorpediniere Carlo Mirabello ed Augusto Riboty, ai vecchi incrociatori
leggeri Bari e Taranto ed alle navi cisterna/da
sbarco Tirso, Sesia e Garigliano, viene assegnata alla neonata Forza Navale Speciale, al
comando dell’ammiraglio di squadra Vittorio Tur (con bandiera sul Bari), creata
per la prevista operazione di sbarco a Corfù, all’inizio dell’invasione della
Grecia. La Forza Navale Speciale ha l’incarico di scortare i convogli con le
truppe da sbarco (due dovranno partire da Taranto ed un terzo da Brindisi, più
un gruppo di motovelieri anch’esso da Brindisi) e di appoggiare le operazioni
di sbarco. Le torpediniere della XII Squadriglia, tra cui l’Altair, devono supportare l’operazione.
Il piano prevede che
il convoglio da sbarco, formato da Tirso,
Sesia, Garigliano e da un’altra motocisterna, l’Adige, nonché da piroscafi e da bragozzi trasformati in mezzi da
sbarco, sbarchi all’alba del giorno previsto, in quattro punti dell’isola, la
47a Divisione Fanteria "Bari" ed un battaglione del
Reggimento "San Marco" della Marina. La scorta del convoglio è costituita
appunto dalla Forza Navale Speciale, con Bari,
Taranto, Mirabello, Riboty, le
quattro unità della XII Squadriglia Torpediniere, le tre vecchie Bassini, Fabrizi e Medici, una
squadriglia di MAS ed il posamine Azio,
mentre la IV e VII Divisione Navale, con 7 incrociatori leggeri e 7
cacciatorpediniere, dovranno fornire protezione a distanza.
Gli ordini
d’operazione vengono diramati il 22 (Supermarina, ordine generale di
operazione) e 26 ottobre (Forza Navale Speciale, ordine più particolareggiato),
ed in quest’ultimo giorno viene disposta la sospensione di tutte le partenze
dai porti nel Basso Adriatico a sud di Manfredonia, tranne che per le navi dipendenti
da Maritrafalba; negli ultimi giorni di ottobre, la XII Squadriglia
Torpediniere viene trasferita da Augusta a Brindisi, dove confluiscono anche la
IX Squadriglia MAS (da Crotone) e gli incrociatori Bari e Taranto (da Taranto),
mentre Tirso e Sesia vengono trasferite da Brindisi a Valona. Vengono emanati
anche gli ordini per l’impiego della 1a e 2a Squadra
Navale per la protezione indiretta dell’operazione (il 29 sarà ordinato
all’incrociatore pesante Pola, nave
ammiraglia della 2a Squadra, ed alla I e VII Divisione Navale di
tenersi pronti a muovere in due ore).
Lo sbarco è
inizialmente pianificato per il 28 ottobre, in contemporanea con l’inizio delle
operazioni terrestri contro la Grecia, ma il maltempo (mare in tempesta)
costringe a rimandare l’operazione dapprima al 30 e poi al 31 ottobre (anche
perché i comandi militari, ritenendo che l’occupazione della Grecia dovrebbe
avvenire in tempi rapidi, considerano di scarsa utilità un’invasione di Corfù
dal mare). Il 31 Supermarina dirama l’ordine esecutivo per lo sbarco, da
effettuarsi il 2 novembre, ma nel frattempo la situazione rivelata dai primi
giorni di combattimento in Grecia, con operazioni che vanno molto più a rilento
del previsto e si rivelano molto più difficili a causa del maltempo, delle
interruzioni nella rete stradale e dell’accanita resistenza greca, induce
Mussolini ad annullare l’operazione contro Corfù, inviando invece la Divisione
"Bari" in Albania come rinforzo. Informata per telefono, Supermarina
annulla l’ordine esecutivo; lo sbarco a Corfù non si farà.
Le unità della XII
Squadriglia verranno inizialmente utilizzate per compiti di ricerca e caccia
antisommergibili (essendo le torpediniere più moderne tra quelle disponibili
nel Canale d’Otranto), ma dopo pochi giorni saranno anch’esse adibite alla
scorta diretta dei convogli. Nel frattempo vengono dotate di idrofoni girevoli,
e viene aumentata la loro scorta di bombe di profondità.
Novembre 1940
Assume il comando dell'Altair il capitano di corvetta Carlo Cordero di Montezemolo.
Novembre 1940
Assume il comando dell'Altair il capitano di corvetta Carlo Cordero di Montezemolo.
11 novembre 1940
In seguito
all’avvistamento di ingenti forze navali britanniche nel Mediterraneo orientale
e occidentale, impegnate in movimenti il cui scopo è sconosciuto ai comandi
italiani (è l’operazione britannica "MB. 8", articolata su più punti:
invio di convogli di rifornimenti a Malta ed in Grecia, rinforzo della
Mediterranean Fleet, attacchi aerei contro la Sardegna, e soprattutto attacco di aerosiluranti contro la base di
Taranto – poi divenuto tristemente famoso come “notte di Taranto” – ed
incursione di una divisione di incrociatori contro i convogli italiani nel
Canale d’Otranto), il Comando Superiore del Traffico con l’Albania suggerisce per
via telefonica a Supermarina di inviare la XII Squadriglia Torpediniere (di cui
è caposquadriglia l’Altair) a
compiere un pendolamento a protezione dei convogli dal centro del Canale
d’Otranto fino ad un punto distante 12 miglia da Fano.
Supermarina – ritenendo
erroneamente, sulla base delle segnalazioni ricevute da ricognitori ed
informatori, che la Mediterranean Fleet stia ormai concludendo la propria
operazione e si stia allontanando dal Mediterraneo centrale, diretta verso la
Cirenaica, e che non vi siano dunque minacce verso l’Italia meridionale ed il
Basso Adriatico – respinge la richiesta, accettando soltanto di inviare i
quattro MAS della XIII Squadriglia in missione di vigilanza antisommergibili
poco a nord di Brindisi. Maritrafalba puntualizza presso Supermarina che la
vigilanza nel Canale d’Otranto nella notte seguente sarebbe particolarmente
importante in considerazione del notevole traffico in atto (quattro convogli in
mare, due dei quali carichi di truppe diretti a Valona e Durazzo), ma l’Alto
Comando non muta la sua decisione.
Come temuto da
Maritrafalba, nella notte successiva una forza britannica al comando
dell’ammiraglio Pridham-Wippell (incrociatori leggeri Orion, Ajax e Sydney, cacciatorpediniere Nubian e Mohawk) compirà una scorreria nel Canale d’Otranto, cogliendo di
sorpresa un convoglio di quattro mercantili (Antonio Locatelli, Capo Vado,
Premuda, Catalani) che sarà completamente annientato. Se la proposta di
Maritrafalba fosse stata accettata, probabilmente le torpediniere della XII
Squadriglia «Altair» avrebbero potuto
avvistare le navi britanniche e dare l’allarme, così evitando la distruzione
del convoglio. Invece le quattro torpediniere rimasero in porto.
13 novembre 1940
L’Altair e l’Andromeda salpano da Bari all’1.30 scortando i piroscafi Argentina e Quirinale, aventi a bordo il primo
scaglione della 47a Divisione Fanteria "Bari" (1543
militari e 30,5 tonnellate di materiali). Il convoglio arriva a Valona alle 14.
19 novembre 1940
Alle 5.50 l’Altair salpa da Brindisi insieme al
piccolo incrociatore ausiliario Lago Tana,
per scortare a Durazzo la motonave Viminale,
che ha a bordo 1314 soldati, 6 veicoli e 89,5 tonnellate di materiali. Il
convoglietto giunge a destinazione alle 13.
Una foto scattata dall’Altair in tempo di guerra (Archivio Dimitris Galon, da www.grafasdiving.gr) |
21 novembre 1940
L’Altair e la gemella Aretusa, insieme ai MAS 534,
535 e 539 della XIII Squadriglia MAS, salpano da Brindisi per dare la
caccia ad un sommergibile nemico che, alle 22.20 (per altra fonte 23.30) del 20
novembre, ha lanciato due siluri contro il sommergibile Medusa, a dieci miglia dal faro di San Cataldo (Bari).
Alle 8.15 del 21 è
proprio l’Altair ad avvistare, nella
stessa zona in cui si è svolto l’attacco contro il Medusa (ad est di Bari), quello che sembra un sommergibile
britannico. Le due torpediniere ed i tre MAS (per altra fonte, partecipano
all’azione ben sette MAS) compiono rastrelli antisommergibili lanciando
numerose bombe di profondità, ma senza riscontrare elementi che provino
l’avvenuto affondamento di un’unità subacquea nemica.
L’Ufficio Storico
della Marina Militare ha attribuito a quest’azione il probabile affondamento
del sommergibile britannico Regulus (capitano
di corvetta Frederick Basil Currie), partito da Alessandria d’Egitto il mattino
del 18 novembre e mai più rientrato alla base, scomparendo con l’intero
equipaggio di 5 ufficiali e 50 tra sottufficiali e marinai. Inizialmente il Regulus aveva ordine di pattugliare il
Golfo di Taranto, mentre il 23 novembre gli fu ordinato di spostarsi nel Basso
Adriatico, in un settore compreso tra il 40° ed il 42° parallelo Nord; sarebbe
dovuto rientrare ad Alessandria il 6 dicembre, ma non diede più notizie di sé
dopo la partenza.
Gli storici Francesco
Mattesini e Platon Alexiades hanno rilevato come, essendo il Regulus partito da Alessandria il
mattino del 18 novembre, non sarebbe stato in grado di trovarsi il 21 novembre
al largo di San Cataldo (per percorrere quella distanza navigando di notte in
superficie e di giorno in immersione sarebbero occorsi sei giorni, ma neanche
stando emerso tutto il tempo sarebbe stato possibile coprirla in tre gioni),
neanche procedendo alla massima velocità, ragion per cui è estremamente
improbabile che il Regulus possa
essere rimasto vittima della caccia svolta da Altair, Aretusa e dai
MAS. Il fatto che il Regulus, come
tutti i sommergibili britannici, dovesse osservare durante tutta la missione un
rigido silenzio radio, senza neanche accusare ricevuta agli ordini ad esso
inviati, impediscono di sapere quando con esattezza si verificò la sua perdita.
(Relativamente al presunto attacco subito dal Medusa ed al presunto sommergibile avvistato dall’Altair il giorno seguente, giova
ricordare che avvistamenti “immaginari” di sommergibili e di scie di siluri,
generati dal nervosismo delle vedette che potevano equivocare la natura di
increspature del mare e di oggetti avvistati in lontananza in condizioni di
visiblità non ottimale, furono molto comuni durante la guerra in un po’ tutte
le Marine. Il 30 novembre il piroscafo Veloce,
in navigazione in convoglio verso Brindisi, fu danneggiato dall’esplosione di
un’arma subacquea al largo di Otranto; non si è mai scoperto se si fosse
trattato di una mina – vi erano in quel periodo diverse mine alla deriva nel
Canale d’Otranto – oppure di un siluro di sommergibile. In quest’ultimo caso,
l’attaccante potrebbe essere stato il Regulus,
il che significherebbe che il 30 novembre questo sommergibile era ancora a
galla, e che andò perduto solo in seguito. L’episodio del Veloce si verificò all’interno di quella che era l’area d’agguato
assegnata al Regulus; d’altra parte,
il 27 novembre era stato trasmesso al Regulus
un messaggio che lo informava del passaggio di un convoglio italiano lungo la
costa jugoslava, diretto verso San Giovanni di Medua, e se fosse stato ancora a
galla sembra probabile che si sarebbe diretto verso tale zona, anziché al largo
di Otranto). Fonti britanniche, in mancanza di altre spiegazioni valide,
attribuiscono la perdita del Regulus a
probabile urto contro una mina nel Canale d’Otranto, probabilmente a fine
novembre o inizio dicembre 1940. La data di perdita è convenzionalmente
identificata con quella del suo mancato rientro ad Alessandria, il 6 dicembre.
25 novembre 1940
Altair e Lago Tana partono da
Brindisi per Valona alle 10.30, di scorta ai piroscafi Piemonte e Sardegna, che
hanno a bordo 4789 militari, 16 automezzi e 300 tonnellate di carrette e
materiali vari. Il convoglio arriva in porto alle 18.
28 novembre 1940
L’Altair riparte da Valona alle otto del
mattino, scortando Sardegna e Piemonte che rientrano scarichi,
coi quali raggiunge Brindisi alle 15.15.
6 dicembre 1940
Alle 18 l’Altair e l’Andromeda salpano da Brindisi per dare la caccia al
sommergibile nemico che alcune ore prima ha silurato e danneggiato il
piroscafo Olimpia, in
navigazione da Durazzo a Brindisi, in posizione 41°06’ N e 18°39’ E (a 40
miglia da Brindisi). Partecipano alla caccia anche i MAS 512, 534 e 539.
Vi sono oggi ben
pochi dubbi sul fatto che a silurare l’Olimpia
fu il sommergibile britannico Triton (tenente
di vascello Guy Claud Ian St. Barbe Slade Watkins), salpato da Malta il 28
novembre per compiere un pattugliamento nel Basso Adriatico e nel Canale
d’Otranto, tra i paralleli 40° e 42° N. Non vi sono, infatti, rivendicazioni
per questo attacco da parte di altri sommergibili britannici, mentre la
posizione del siluramento si colloca all’interno dell’area di agguato assegnata
al Triton (qualcuno ha ipotizzato una
flebile possibilità di coinvolgimento del Regulus,
siccome quella era anche la sua area di agguato, e di suo successivo
affondamento nella caccia del 6-7 dicembre, ma ciò non dovrebbe essere
possibile, visto che questo sommergibile il 6 dicembre sarebbe dovuto rientrare
ad Alessandria e non sarebbe dovuto più essere nel Canale d’Otranto da giorni:
probabilmente il Triton doveva
proprio avvicendare il Regulus in quella
zona intorno al 30 novembre/1° dicembre). Dopo questo attacco, il Triton non diede più notizia di sé
(sarebbe dovuto rientrare a Malta il 17 dicembre, ma non vi arrivò mai); chiamato
più volte via radio, non diede mai risposta e fu infine dichiarato disperso con
i 5 ufficiali e 49 sottufficiali e marinai che formavano il suo equipaggio.
Secondo l’Ufficio
Storico della Marina Militare, il Triton
venne probabilmente affondato tra il 6 ed il 7 dicembre dalla caccia
antisommergibili effettuata dall’Altair,
dall’Andromeda e dai MAS della XIII
Squadriglia; d’altra parte, mentre le due torpediniere compirono un
pattugliamento antisommergibili a seguito del siluramento dell’Olimpia, non risulta che esse abbiano
all’epoca rivendicato l’affondamento di un sommergibile (cosa che avrebbero
fatto se, a seguito di caccia con bombe di profondità, fossero apparsi elementi
che indicassero l’avvenuta distruzione di un’unità subacquea, come ad esempio
rottami, bolle d’aria, chiazze di nafta etc.). Ragion per cui è anche possibile
che il Triton sia sopravvissuto al
contrattacco delle unità italiane e sia andato perduto qualche giorno dopo per
altre cause, come l’urto contro una mina oppure un’altra azione
antisommergibili compiuta il 18 dicembre dalla torpediniera Clio, che secondo il libro "Beneath
the Waves: A History of HM Submarine Losses 1904-1971" di A. S. Evans riferì
di aver attaccato un sommergibile in una posizione che rientrava nell’area
assegnata al Triton (ma secondo
documenti consultati da Platon Alexiades, quel giorno la Clio era a Trapani, dunque la notizia sulla sua caccia antisom deve
essere un errore; inoltre per quella data il Triton sarebbe già dovuto essere a Malta: i suoi ordini erano
infatti di lasciare la zona d’agguato il 13 dicembre per arrivare a Malta il
17).
A confondere
ulteriormente la questione, dalle ricerche d’archivio condotte dallo storico
Platon Alexiades risulterebbe che nessun documento relativo alle due
torpediniere parla di attacchi con bombe di profondità eseguiti nella data in
questione; i diari di Supermarina del periodo non contengono alcuna annotazione
in merito a questa presunta caccia, né gli scambi di messaggi tra Supermarina
ed il Comando Supremo del periodo, e nemmeno la cartella «Azioni contro
sommergibili nemici». Secondo i documenti consultati da Alexiades, Altair ed Andromeda partirono da Brindisi alle 18 del 6 non per cercare il
sommergibile che aveva silurato l’Olimpia,
bensì per un pattugliamento antisommergibili “di routine” nel Canale d’Otranto,
e non c’è niente che indichi che furono dirottate sul luogo del siluramento
dell’Olimpia con lo specifico compito
di cercare l’attaccante. Platon Alexiades nota anche che, se le torpediniere
avessero avvistato dei rottami dopo aver gettato le proprie cariche di
profondità (che le abbiano lanciate è di per sé possibile; più difficile che
fossero riuscite effettivamente a localizzare il Triton, essendo entrambe sprovviste di ecogoniometro),
probabilmente si sarebbero trattenute in zona almeno per qualche altra ora del
giorno, mentre l’orario di rientro a Brindisi (le 10.45 del 7) sembra suggerire
che si siano avviate sulla rotta di rientro verso l’alba, come se non avessero
trovato nulla.
Furono invece
specificamente inviate a dare la caccia al Triton un’altra torpediniera, la Castelfidardo, ed alcuni MAS, ma nessuna di queste unità rivendicò
l’affondamento di un sommergibile (od anche la sua sola individuazione). Varie
fonti ritengono probabile che il Triton
sia affondato su uno dei tanti campo minati italiani presenti nella zona; forse
intorno al 7 dicembre sugli sbarramenti 6 AS e 7 AS (posizione 40°45’ N e
18°01’E, al largo di Brindisi). Vi erano parecchi campi minati nel Canale
d’Otranto, e non si può escludere nemmeno la possibilità di una mina alla
deriva, strappata dagli ormeggi dal maltempo di quei giorni (ne furono
avvistate diverse il giorno stesso del siluramento dell’Olimpia).
Il Triton è l’ultimo sommergibile
britannico ad andare perduto nel 1940, che si rivelerà essere in assoluto il
più sanguinoso anno dell’intera storia dell’arma subacquea britannica: sono ben
24 i sommergibili della Royal Navy perduti durante questo anno, 9 dei quali in
Mediterraneo.
7 dicembre 1940
Al termine del
pattugliamento, Altair ed Andromeda rientrano a Brindisi alle 10.35.
8 dicembre 1940
L’Altair e l’incrociatore ausiliario
Brindisi partono da Brindisi alle 4.45 scortando le motonavi Città di Agrigento e Città di Trapani, che trasportano 1135
uomini, tre automezzi e 52 tonnellate di materiali vari, materiali al seguito
delle truppe e munizioni. Il convoglio raggiunge Valona alle 12.30.
13 dicembre 1940
L’Altair parte da Durazzo alle 10 per
scortare a Bari i trasporti truppe Donizetti,
Italia e Quirinale, che ritornano vuoti.
14 dicembre 1940
Il convoglio arriva a
Bari alle due di notte.
31 dicembre 1940
L’Altair salpa da Durazzo alle 12.50 per
scortare a Bari la motonave Tergestea
ed il piroscafo Nita, entrambi
scarichi. Il convoglio giunge a destinazione alle 20.
Marinai
dell’Altair presso i cannoni poppieri
della torpediniera (Archivio Dimitris Galon, da www.grafasdiving.gr)
1° gennaio 1941
L’Altair parte da Bari alle 00.00
scortando nuovamente Nita e Tergestea, che ora hanno un carico di
262 veicoli e 1078 tonnellate di materiali, oltre a 35 soldati. Il convoglio
arriva a Durazzo alle 13.50.
6 gennaio 1941
Aggregata alla XIV
Squadriglia Torpediniere insieme alle gemelle Andromeda, Pallade e Partenope, l’Altair partecipa, unitamente ad esse ed alla IX Squadriglia
Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci e Fulmine),
ad un bombardamento navale delle posizioni greche a Porto Palermo (Himara, Albania),
sul fronte greco-albanese, dove infuria la lotta tra le forze elleniche – che,
nel corso della loro controffensiva, stanno cercando di conquistare Valona – e
quelle italiane, che cercano in ogni modo di impedire la caduta del
fondamentale porto (che infatti rimarrà in mano italiana). Le unità, partite da
Valona, eseguono il bombardamento all’alba del 6 gennaio e ritornano poi nella
base albanese prima di mezzogiorno.
9 gennaio 1941
Parte da Brindisi
alle quattro di scorta ai piroscafi Enrichetta
e Santa Maria, adibiti a traffico
civile, coi quali arriva a Valona nove ore più tardi.
12 gennaio 1941
Lascia Valona alle 7
scortando i piroscafi Brunner, Absirtea e Neghelli, arrivando a Brindisi alle 21.
14 gennaio 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Brioni partono da Brindisi alle 2.30
scortando il piroscafo Milano e le
motonavi Città di Agrigento, Città di Marsala e Città di Trapani, aventi a bordo il primo scaglione della 22a
Divisione Fanteria "Cacciatori delle Alpi" (2570 militari e 99
tonnellate di materiali). Il convoglio giunge a Durazzo alle 11.45.
16 gennaio 1941
L’Altair lascia Durazzo alle 7.45
scortando Città di Agrigento, Città di Trapani ed il piroscafo Casaregis, di ritorno scarico come pure
le due motonavi. Il convoglio arriva a Brindisi alle 20.30.
1° febbraio 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Brindisi partono da Brindisi alle 5.50
per scortare a Valona un convoglio formato dai piroscafi Piemonte e Galilea e dalla motonave Viminale, che trasportano 4389 soldati,
33 automezzi e 438 tonnellate di materiali vari. Le navi giungono a
destinazione alle 16.
2 febbraio 1941
Altair e Brindisi lasciano
Valona alle 11.40 scortando le motonavi Città di Agrigento (con feriti) e Città di Marsala (vuota), con le quali arrivano a Brindisi
alle 21.40.
6 febbraio 1941
L’Altair lascia Brindisi insieme al Brindisi, e scorta a Valona le
motonavi Città di Agrigento e Viminale, con a bordo complessivamente
1569 militari e 242 tonnellate di artiglieria, munizioni, vestiario e materiali
vari.
9 febbraio 1941
L’Altair riparte da Valona alle 7
scortando la motonave Città di Marsala
ed i piroscafi Absirtea e Diana, scarichi, giungendo a Bari alle
16.
11 febbraio 1941
Altair e Brindisi
partono da Brindisi alle 6.20 scortando le motonavi Città di Trapani e Città
di Marsala, che trasportano 1167 militari e 205 tonnellate di materiali. Il
convoglio arriva a Valona alle 14.30.
12 febbraio 1941
Altair, Brindisi e la
torpediniera Generale Marcello Prestinari lasciano
Valona alle 9 scortando la motonave Viminale (vuota)
ed i piroscafi Crispi e Piemonte (aventi a bordo, tra tutti
e due, 477 feriti), coi quali arrivano a Brindisi alle 15.20.
16 febbraio 1941
Altair e Brindisi salpano
da Brindisi alle 7, di scorta al piroscafo Piemonte ed alle motonavi Città di Trapani e Viminale,
che trasportano in tutto 4660 uomini e 506 tonnellate di materiali. Il
convoglio raggiunge Valona alle 16.30.
20 febbraio 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Egeo partono da Brindisi alle 15.15 per
scortare a Valona, dove arrivano alle 14.30, le motonavi Città di Marsala e Città di
Trapani, che hanno a bordo 1197 tra ufficiali e soldati e 130 tonnellate di
materiali.
23 febbraio 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Francesco Morosini lasciano Valona alle
8.30 scortando il Piemonte (con a
bordo feriti) e la Città di Marsala
(vuota), arrivando a Brindisi dopo otto ore di navigazione.
Durante il viaggio,
il sommergibile greco Nereus
(capitano di corvetta Brasidas Rotas) attacca infruttuosamente il Piemonte e viene poi sottoposto per due
ore a caccia con bombe di profondità.
26 febbraio 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Brioni salpano da Brindisi all’1.30 per
scortare a Valona il Piemonte e la
motonave Piero Foscari, che
trasportano 3288 militari, 19 veicoli e 754 tonnellate di materiali.
Il convoglio giunge a
Valona alle 8.45, e quattro ore dopo Altair
e Brindisi ne ripartono per scortare
a Brindisi il trasporto truppe Francesco
Crispi, avente a bordo 352 feriti. Le tre navi arrivano a Brindisi alle 19.
L’Altair e l’Alcione viste da bordo di un’unità gemella (Archivio Dimitris Galon, da www.grafasdiving.gr) |
4 marzo 1941
Nel pomeriggio l’Altair partecipa ad un’altra azione di
bombardamento navale a supporto delle operazioni sul fronte greco-albanese,
insieme all’Aretusa, ai
cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco ed
Emanuele Pessagno ed agli
incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi
e Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi
dell’VIII Divisione. Le navi italiane cannoneggiano le località costiere di
Pikerasi e Borsh ed il ponte di Dorshit, obiettivo strategico in quel settore
del fronte da distruggere ad ogni costo, cosa che nelle settimane precedenti
l’Aeronautica, nonostante diversi tentativi, non è riuscita a fare. Nella loro
azione di bombardamento, le navi italiane si spingono fino a 3500 metri dalla
costa. Questa azione non sfugge alla ricognizione aerea britannica, e circa 15
minuti dopo l’inizio del tiro da parte di Duca
degli Abruzzi e Garibaldi, si
presentano nel cielo della formazione italiana dodici bombardieri Bristol
Blenheim dell’84th e 211st Squadron della Royal Air
Force, scortati da 10 caccia Hawker Hurricane e 17 Gloster Gladiator. I
Blenheim attaccano gli incrociatori sganciando una cinquantina di bombe da una
quota di 3500 metri, senza successo; subito dopo la scorta aerea della
formazione italiana, costituita da 15 caccia FIAT G. 50, ingaggia gli
assalitori, e nella successiva battaglia aerea vengono abbattuti due Hurricane
e due G. 50. Terminato l’attacco aereo, le navi italiane riprendono la loro
azione di bombardamento, che si conclude con la distruzione di due arcate del
ponte di Dorshit; così completata la missione, la formazione rientra a Brindisi
senza essere ulteriormente molestata.
13 marzo 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Morosini partono da Brindisi alle 4.25
scortando la motonave Città di Marsala,
il piroscafo Monrosa e la piccola
motonave frigorifera Genepesca II,
che in tutto hanno a bordo 747 militari, 913 quadrupedi, 265 tonnellate di
carne congelata e 114 tonnellate di materiali. Il convoglio raggiunge Valona
alle 12.30.
16 marzo 1941
L’Altair lascia Valona a mezzogiorno di
scorta a Città di Marsala, Monrosa e due altri piroscafi scarichi, Silvano e Polcevera, arrivando a Brindisi alle 21.15.
19 marzo 1941
Parte da Brindisi
alle 2.35 per Valona, scortando il piroscafo Lido che ha un carico di 1507 tonnellate di munizioni. Le due navi
arrivano a destinazione alle 12.30.
20 marzo 1941
L’Altair e la vecchia torpediniera Giacomo Medici salpano da Brindisi alle
6.10 per scortare a Valona i piroscafi Piemonte,
Argentina e Diana, che hanno a bordo 3869 militari e 612 tonnellate di
materiali vari, parte dei quali al seguito della truppa.
Il convoglio raggiunge
Valona alle 12.15.
Successivamente l’Altair assume la scorta del piroscafo Fanny Brunner, partito scarico da Valona
alle 5.30 e diretto a Brindisi.
Durante la
navigazione Altair e Brunner vengono infruttuosamente
attaccati dal sommergibile greco Triton,
al largo di Valona.
21 marzo 1941
Altair e Brunner arrivano a Brindisi all’una di notte.
23 marzo 1941
L’Altair parte da Brindisi alle 5.15
scortando i piroscafi Monrosa, Palomba e Silvano, che hanno a bordo 164 militari, 1600 quadrupedi e 1000
tonnellate di materiali vari.
Il convoglio giunge a
Valona alle 14, ed alle 20.30 l’Altair
lascia il porto albanese scortando le motonavi scariche Città di Agrigento e Città di
Trapani, che rientrano in Italia.
24 marzo 1941
Altair, Città di Agrigento e Città di Trapani arrivano a Brindisi
alle 4.40.
25 marzo 1941
L’Altair salpa da Valona alle 15 diretto a
Brindisi, dove giunge alle 22, scortando il Piemonte
che ritorna vuoto.
26 marzo 1941
L’Altair scorta da Brindisi a Valona i
piroscafi Fertilia, Fanny Brunner, Favorita e Giuseppe Dormio,
che trasportano complessivamente 840 tonnellate di carburante, 1247 di
munizioni, 2334 di vettovaglie e 736 di materiali vari.
27 marzo 1941
L’Altair lascia Valona alle 12.15
scortando i piroscafi vuoti Diana, Galilea ed Argentina, coi quali arriva a Brindisi alle 19.
31 marzo 1941
Parte da Brindisi
all’1.10 diretto a Durazzo, di scorta al piroscafo postale Campidoglio, arrivando a destinazione alle 9.30.
5 aprile 1941
L’Altair salpa da Brindisi alle 23.30
scortando il piroscafo Galilea,
diretto a Lagosta.
6 aprile 1941
Altair e Galilea approdano a
Lagosta alle 9.
8 aprile 1941
L’Altair e la torpediniera Monzambano partono da Bari alle 00.00
per scortare a Durazzo un convoglio formato dalle motonavi Città di Savona e Città di Bastia e dai
piroscafi Milano e Quirinale, che trasportano il primo
scaglione della 32a Divisione Fanteria "Marche" (3408
uomini e 213 tonnellate di materiali), diretta in Montenegro. Al largo di
Brindisi, nel punto convenzionale "Y", si aggrega alla scorta anche
l’incrociatore ausiliario Brindisi.
Il convoglio arriva a
Durazzo alle 17.05.
Lo stesso giorno, in
seguito all’intercettazione e decifrazione, da parte del Reparto Informazioni
della Regia Marina (che già da tempo ha decrittato i principali codici in uso
presso la Marina jugoslava), di messaggi jugoslavi relativi a previste
operazioni navali contro Zara – è iniziata, due giorni prima, l’invasione della
Jugoslavia da parte delle truppe dell’Asse – Supermarina ordina l’urgente
trasferimento ad alta velocità della XII Squadriglia Torpediniere (Altair, Antares, Aretusa, Aldebaran) da Brindisi all’Alto
Adriatico, per intercettare le unità jugoslave quando queste dovessero uscire
da Sebenico. Il trasferimento della squadriglia, in condizioni di maltempo, avviene
con immediatezza.
Il piano jugoslavo,
che Supermarina apprende nella notte tra il 7 e l’8 aprile grazie alle
decrittazioni, prevede che l’attacco contro Zara dell’esercito jugoslavo sia
appoggiato dal mare dalle torpediniere T
2, T 5, T 6 e T 7, dalla nave
appoggio idrovolanti Zmaj e dalle
motosiluranti Rudnik, Kajmakcalan, Durmitor e Dinara, nonché
dall’aviazione navale jugoslava e da parte dell’aeronautica; queste forze sono
radunate a Sebenico. Inoltre, ulteriori decrittazioni rivelano che dovranno
partecipare all’operazione contro Zara anche i sommergibili Osvetnik e Hrabri.
L’intervento della
XII Squadriglia non si renderà necessario, perché un bombardamento eseguito lo
stesso 8 aprile dalla Regia Aeronautica (con 34 bombardieri FIAT BR. 20) contro
il porto Sebenico, dove sono concentrate le unità jugoslave destinate
all’attacco contro Zara, provocherà il danneggiamento della nave appoggio
idrovolanti Zmaj – destinata
all’operazione quale nave comando, trasporto ed antiaerei – ed il conseguente
annullamento dell’intera operazione (in ogni caso, la Regia Aeronautica
bombarderà ancora Sebenico il 10, 11, 12 e 13 aprile, danneggiando il
rimorchiatore di salvataggio Spasilac e, in modo lieve, le torpediniere T 2 e T 5, oltre a distruggere alcuni idrovolanti, ed inducendo il
Comando della Marina jugoslava ad ordinare il trasferimento a Cattaro delle
motosiluranti).
Il 9 aprile
l’esercito jugoslavo (Divisione "Jadranska" e due reggimenti
"Odred"), senza il previsto appoggio della sua Marina, attaccherà ugualmente
Zara, ma verrà respinto dai 9000 uomini del presidio italiano.
Un’altra immagine dell’Altair (da www.wrecksite.eu) |
14 aprile 1941
Le unità della XII
Squadriglia Torpediniere, per ordine dell’ammiraglio Oscar Di Giamberardino
(comandante del Dipartimento Militare Marittimo dell’Alto Adriatico), occupano
le isole croate di Selve, Isto ed Ulbo. Compiuta l’occupazione senza incontrare
resistenza, le torpediniere raggiungono Brindisi, dove avevano avuto ordine di
rientrare già dalla sera precedente.
3 maggio 1941
L’Altair salpa da Brindisi alle 16.40
insieme ad Antares ed Aretusa ed al vecchio incrociatore Bari (nave di bandiera
dell’ammiraglio di squadra Vittorio Tur, comandante della Forza Navale Speciale
ed incaricato degli sbarchi nelle Isole Ionie) per scortare i trasporti truppe Francesco Crispi, Argentina e Galilea, che
devono sbarcare le truppe destinate all’occupazione dell’isola di Cefalonia, al
termine della campagna di Grecia. I tre piroscafi hanno a bordo 112 ufficiali e
2946 soldati della 33a Divisione Fanteria "Acqui" (nonché
reparti di fanti di Marina del Reggimento "San Marco" e di camicie
nere da sbarco al comando del console generale della M.V.S.N. Marino Marino),
oltre al relativo materiale divisionale, comprensivo di viveri, automezzi e
quadrupedi.
A Cefalonia, la più grande
ed importante delle Isole Ionie (per via della presenza della base di
Argostoli), sono già stati paracadutati dei reparti di paracadutisti.
L’occupazione delle Isole Ionie è stata decisa prima ancora che l’armistizio di
Atene ponesse fine alle ostilità con la Grecia, pertanto l’ammiraglio Tur ha
pianificato l’operazione con il presupposto che vi sarebbero potuti essere
scontri armati; l’invio di una motovedetta in avanscoperta nel Canale di Corfù,
tuttavia, non ha provocato alcuna reazione da parte della guarnigione
dell’isola, ed il 28 aprile, all’apparire dei bombardieri sui cieli di Corfù, è
apparsa sull’isola una bandiera bianca. L’indomani l’isola è stata
pacificamente occupata con truppe sbarcate da due motocisterne; il 30 aprile
sono state occupate anche Itaca e Santa Maura con truppe aviolanciate e sono
stati lanciati paracadutisti su Zante e Cefalonia per stabilire i primi
contatti.
L’ordine esecutivo
per l’occupazione di Cefalonia è stato impartito da Supermarina al comando
della Forza Navale Speciale alle 10.40 del 3 maggio, tramite il Comando Marina
di Brindisi; nei giorni precedenti le navi della F.N.S. erano state sorvolate
da ricognitori ed anche attaccate dall’aviazione nemica, senza però subire
danni.
4 maggio 1941
La notte è
chiarissima, con luna piena e cielo sereno. Superata Otranto, la formazione
italiana dirige verso l’isola di Fano e poi segue la costa fino a Cefalonia, in
modo da restare il più lontano possibile dalla probabile area di agguato dei
sommergibili britannici. Durante la navigazione il convoglio gode della
protezione aerea fornita da idroricognitori CANT Z. 501 e CANT Z. 506 decollati
da Taranto e da aerei da caccia della IV Zona Aerea Territoriale.
In mattinata, le navi
della F.N.S. arrivano a 6 miglia dall’estremità occidentale di Cefalonia, dove
incontrano il posamine Azio ed alcuni
dragamine, che le precedono sulla rotta per Argostoli.
Il convoglio giunge
ad Argostoli (Cefalonia) a mezzogiorno, e vi sbarca rapidamente il corpo di
occupazione, senza incontrare opposizione o particolare ostilità dalla
popolazione affamata (l’ammiraglio Tur scriverà anche, nelle sue memorie, che
l’arrivo delle truppe italiane fu accolto favorevolmente, che la popolazione
“venne anche in aiuto alle operazioni di sbarco” e che “i battellieri chiesero
la bandiera italiana per issarla sulle loro imbarcazioni”, ma questo sembra un
po’ eccessivo). Le truppe vengono messe a terra dall’Azio, dall’Aretusa e
dalle imbarcazioni del Bari e dei
trasporti truppe, mentre Altair ed Antares vengono distaccate nella baia
col compito di difendere lo sbarco da eventuali attacchi aerei, subacquei o
siluranti. Terminato lo sbarco, l’ammiraglio Tur si reca a terra per rivolgere
il suo saluto alle truppe.
I piroscafi scarichi
ripartono al tramonto, e rientrano a Brindisi seguendo le medesime rotte
dell’andata.
Maggio 1941
Secondo una fonte l’Altair avrebbe partecipato
all’occupazione di Creta, ma la notizia è dubbia (sembra probabile una
confusione con l’occupazione di Cefalonia, svoltasi nello stesso mese ma
qualche settimana prima).
Giugno 1941
Il capitano di corvetta Cordero di Montezemolo cede il comando dell'Altair al capitano di fregata Paolo Cardinali.
Giugno 1941
Il capitano di corvetta Cordero di Montezemolo cede il comando dell'Altair al capitano di fregata Paolo Cardinali.
1941 ca.
Lavori di modifica
dell’armamento: tre delle quattro mitragliere binate da 13,2/76 mm vengono
sostituite con altrettante mitragliere binate Breda 1935 da 20/65 mm. Vengono
inoltre imbarcati due scaricabombe per bombe di profondità.
L’Altair nell’Almanacco Navale del 1942 (da www.lavedettaonline.it) |
3 luglio 1941
L’Altair, insieme all’incrociatore
ausiliario Arborea, parte da Taranto
per scortare a Messina i piroscafi Laura
C. (carico di 5773 tonnellate di rifornimenti di ogni genere diretti in
Africa Settentrionale), Goffredo Mameli
e Pugliola (quest’ultimo aggregatosi
a Crotone).
Il convoglio naviga
in linea di fila ad otto nodi di velocità, preceduto dall’Altair, mentre l’Arborea procede
a circa 800 metri sul fianco del convoglio, con rotta parallela.
Alle 10.30, al largo
di Capo Spartivento, il fumo generato convoglio viene avvistato dal
sommergibile britannico Upholder
(capitano di corvetta Malcom David Wanklyn): alle 11 il sommergibile, avendo
correttamente identificato la composizione del convoglio come tre mercantili,
un incrociatore ausiliario ed un “cacciatorpediniere” (l’Altair), manovra per portarsi all’attacco, mentre Altair (che alle 11.25 getta una
singola bomba di profondità) ed Arborea
zigzagano a grande velocità a circa 2745 metri dal convoglio. Intanto, dalle
10.50, dopo essere uscito dal settore visuale di Melito Porto Salvo, il
convoglio è tenuto sotto controllo dalle vedette del semaforo di Capo
dell’Armi.
Alle 11.35 l’Altair vira in direzione dell’Upholder, procedendo a 27 nodi, così che
Wanklyn deve portare il suo sommergibile a 14 metri di profondità e modificare
la rotta. La torpediniera, tuttavia, evidentemente non ha localizzato il
battello britannico, tanto che gli passa ad ovest senza attaccare, e così alle
11.39 l’Upholder può tornare a
quota periscopica. Tre minuti più tardi, alle 11.42, nel punto 37°54’ N e
15°44’ E (al largo di Saline Ioniche e presso Capo dell’Armi, in Calabria, a
sud dello Stretto di Messina), il sommergibile lancia tre siluri contro la nave
centrale del convoglio, il Laura C.
Dopo due minuti, alle
11.45, il piroscafo viene colpito da due siluri sul lato sinistro, a pochi
secondi l’uno dall’altro, uno a prua e l’altro in sala macchine, immobilizzando
la nave. Il Laura C. rimane
a galla, ma con il timone in avaria, iniziando a sbandare sulla sinistra e ad
appruarsi rapidamente, mentre l’equipaggio lo abbandona sulle lance.
Alle 11.47 l’Altair inizia la caccia all’Upholder – che frattanto si è immerso a
45 metri, allontanandosi verso est – per distruggerlo od almeno impedire un
nuovo attacco; la torpediniera esegue quattro passaggi lanciando
complessivamente 18 cariche di profondità, fino a ritenere di aver
probabilmente affondato il sommergibile. In realtà nessuna delle bombe è
esplosa abbastanza vicina all’Upholder
da causare dei danni, ed anzi, poco dopo mezzogiorno, terminato il
contrattacco, il sommergibile tornerà a quota periscopica per osservare il
piroscafo colpito. Il Laura C., preso
a rimorchio da due rimorchiatori inviati da Messina, verrà portato ad
incagliare sulla spiaggia di Saline Ioniche ma affonderà ugualmente.
14 luglio 1941
L’Altair scorta da Patrasso a Crotone i
piroscafi tedeschi Maritza e Santa Fe.
21 luglio 1941
Scorta il piroscafo Perla da Patrasso a Taranto.
2 agosto 1941
Scorta il piroscafo Rina Corrado da Patrasso a Catania.
5 agosto 1941
L’Altair scorta da Brindisi a Patrasso,
via Argostoli, i piroscafi Goggiam e Palermo, quest’ultimo diretto a Rodi.
9 agosto 1941
Scorta da Patrasso a
Brindisi il piroscafo Italia.
11 settembre 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Olbia scortano da Brindisi a Patrasso i
piroscafi Piemonte, Francesco Crispi e Galilea, carichi di truppe e materiali dell’Esercito e
dell’Aeronautica.
13 settembre 1941
Alle 17 l’Altair raggiunge il piroscafo Alfredo Oriani, che il giorno
precedente, mentre navigava da Patrasso a Bengasi con la scorta della
torpediniera Generale Antonio Cantore,
è stato bombardato e gravemente danneggiato da aerei britannici a 60 miglia da
Capo Matapan. Un’ora dopo l’arrivo dell’Altair,
l’Oriani affonda nel punto 35°05’ N e
20°16’ E (a 60 miglia da Capo Matapan e circa 180 miglia a nord di Bengasi).
15 settembre 1941
Altair ed Olbia scortano Piemonte, Crispi e Galilea che
rientrano da Patrasso a Brindisi con a bordo truppe rimpatrianti.
25 settembre 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Città di Napoli scortano il trasporto
militare Cherso e la motonave Viminale, con truppe e materiali, da
Taranto a Navarino.
1° ottobre 1941
L’Altair e l’incrociatore ausiliario Arborea scortano da Patrasso a Bari Piemonte, Crispi e Viminale, aventi
a bordo 2200 militari che rimpatriano.
16 ottobre 1941
L’Altair scorta la nave cisterna tedesca Campina da Taranto a Patrasso.
L’Altair (da “La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo” di Vittorio Emanuele Tognelli, USMM, Roma 1964) |
Guerra di mine
Nel pomeriggio del 19
ottobre 1941 l’Altair (capitano di
fregata Paolo Cardinali), insieme alla gemella Lupo (capitano di fregata Francesco Mimbelli), alla ben più vecchia
torpediniera Monzambano ed
all’incrociatore ausiliario Barletta,
salpò dal Pireo alla volta di Candia (Heraklion, Creta; altra fonte parla
invece di Suda), scortando un convoglio formato dalle motonavi italiane Città di Agrigento e Città di Marsala, dal piroscafo italiano
Tagliamento e dal piroscafo tedesco Salzburg. Il convoglio, originariamente
proveniente da Patrasso, trasportava truppe e materiali vari, sia italiani che
tedeschi.
Alle 19.28 di quello
stesso giorno, mentre il convoglio si trovava all’altezza dell’isola di San
Giorgio (ad ovest di tale isola), l’Altair,
che si trovava sul lato sinistro della formazione (e precisamente a tre miglia
per 320° dall’isola di San Giorgio), fu scossa da una violenta esplosione
verificatasi sotto lo scafo. L’esplosione provocò il distacco pressoché
immediato della prua dell’Altair, che
s’inabissò in pochi attimi, mentre un violento incendio scoppiò nel locale
caldaie numero 1, minacciando di coinvolgere il deposito munizioni. Una cinquantina
di uomini rimasero uccisi o feriti in modo più o meno grave; lo stesso
comandante Cardinali rimase seriamente ustionato.
La Lupo invertì la rotta e si diresse
subito verso la gemella ferita, chiedendo se fosse possibile il rimorchio;
dall’Altair venne risposto
negativamente, pertanto la Lupo le si
affiancò con una pronta e decisa manovra e ne trasbordò l’equipaggio. Compiuta
l’operazione, la Lupo effettuò un
giro intorno all’Altair, lanciando
bombe di profondità; nel frattempo, il comandante Mimbelli aveva ordinato al
convoglio di proseguire verso Candia, con la scorta di Barletta e Monzambano
(Marisudest fece poi approntare il cacciatorpediniere Quintino Sella per rimpiazzare la Lupo nella scorta).
Assisterono alla
scena anche i vicini presidi costieri tedeschi:
l’Heeres-Küsten-Artillerie-Abteilung 831 (831° Battaglione Artiglieria Costiera
dell’Esercito tedesco), che presidiava alcune be batterie costiere a Laurio
(Laurion), riferì di aver visto alle 19.10 una nave in fiamme 40 km a sudovest
di Capo Sounion, ed una seconda nave che le girava intorno ed ispezionava le
acque circostanti con un proiettore. Si trattava, ovviamente, di Altair e Lupo.
Verso le 21
l’incendio sull’Altair parve essere
calato d’intensità, pertanto la Lupo tentò
di prenderla a rimorchio di poppa, manovra che fu coronata da successo; ma
intanto l’Altair, il cui intero scafo
aveva subito gravi danni a causa dell’esplosione che aveva asportato la prua,
continuava ad imbarcare acqua, con conseguente forte suo appesantimento. Come
se non bastasse, anche le condizioni del mare andavano peggiorando, con mare da
maestrale in rapido aumento e vento da nordovest.
Mentre la navigazione
del convoglio Lupo-Altair si faceva sempre più difficile,
all’una di notte del 20 ottobre giunse sul posto anche la torpediniera Aldebaran (capitano di corvetta Antonio
Giungi), fatta salpare dal Pireo alle 23 del 19 con il compito di dare
assistenza alla Lupo nel rimorchio
dell’Altair e di scortare le due
gemelle (per una versione, anche di recuperare i naufraghi). La nuova arrivata
compì alcuni giri intorno a Lupo ed Altair lanciando bombe di profondità,
poi ne assunse la scorta. Oltre all’Aldebaran,
Marisudest (il Comando Gruppo Navale dell’Egeo Settentrionale, con sede al
Pireo e retto dal capitano di vascello Corso Pecori Giraldi) fece partire anche
tutti i rimorchiatori, motovelieri e cacciasommergibili disponibili (tra questi
ultimi, l’AS 38 Marechiaro, l’AS 42 Falco, l’AS 46 San Ciro e l’AS 49 Nioi).
Il comando tedesco fece salpare il rimorchiatore Kentavros, che però rientrò in porto alle tre di notte senza essere
riuscito a trovare l’Altair, a causa
della nebbia e della bruma incontrata.
Per ore la Lupo si trascinò dietro la gemella
mutilata nel tentativo di portarla verso il Pireo, ma alla fine tutto fu vano:
alle 2.47 del 20 ottobre, poco più di sette ore dopo l’esplosione che le aveva
asportato la prua, l’Altair colò a
picco a tre miglia per 255° (cioè a sudovest) da Gaidaro (più precisamente,
vicino al faro di Gaidaro), nel Golfo di Atene (Golfo Saronico), a sudest
dell’isolotto di Patroklos e non lontano dall’isola di Kea (altra fonte, non
confermata e probabilmente erronea, indica invece la posizione 35°45’ N e
23°52’ E).
L’impressione
generale, in quel momento, era che l’Altair
fosse stata silurata da un sommergibile; tutto, in effetti, sembrava escludere
la possibilità di una mina. Su otto navi che formavano il convoglio di cui
faceva parte l’Altair, infatti,
nessun’altra aveva subito alcun danno; dopo l’esplosione che aveva asportato la
prua dell’Altair, la Lupo le si era avvicinata, le si era
affiancata, le era girata intorno, l’aveva presa a rimorchio e trainata per
ore, il tutto senza la minima conseguenza negativa. Non sorprende, dunque, che
i più escludessero la possibilità di un campo minato, che avrebbe dovuto
verosimilmente mietere altre vittime.
Altri fattori
contribuirono a questa fatale valutazione, come scrisse poi Marisudest nel suo
rapporto a Supermarina: mai prima di allora era stata riscontrata la presenza
di mine nemiche in Mar Egeo (si erano verificati alcuni casi qualche mese prima
al largo delle coste occidentali greche, ma in Mar Ionio), mentre si era
manifestata con insistenza la minaccia dei sommergibili avversari, soprattutto
nel Golfo di Atene, dove negli ultimi tempi quasi ogni convoglio in partenza
veniva attaccato con lancio di siluri. Proprio in conseguenza di ciò,
ultimamente si era presa la precauzione di scegliere una diversa rotta di
uscita dal golfo quasi per ogni convoglio; la rotta percorsa dal convoglio
dell’Altair non era tra le più
affollate, e ciò faceva sembrare improbabile che il nemico potesse decidere di
minare per prima proprio quella rotta anziché altre che sarebbero risultate,
per il maggior traffico che le caratterizzava, più “proficue”. Il giorno
precedente un altro convoglio, in navigazione verso nord, era stato attaccato
tra le isole di Gaidaro e Phleva da un sommergibile che aveva lanciato per due
volte i suoi siluri contro le navi italiane; dunque si sapeva per certo che
c’era in zona almeno un sommergibile, il che rafforzava l’ipotesi del
siluramento, mentre quella della mina era ulteriormente esclusa dal fatto che
normalmente i campi minati fossero regolati per una profondità di quattro
metri, e che col loro pescaggio (2,8 metri) le torpediniere classe Spica vi
sarebbero dovute passare senza pericolo.
E invece il campo
minato c’era davvero: l’Altair aveva
urtato una delle mine dello sbarramento posato dal sommergibile
britannico Rorqual (tenente
di vascello Lennox William Napier) l’8 ottobre 1941, identificato come n. 14 e
costituito da 50 mine, posate tre miglia a nordovest dell’isola di San Giorgio
(Agios Georgios, all’imboccatura del golfo di Atene). Il Rorqual aveva posato la prima mina alle 11.29 dell’8 ottobre, nel
punto 37°29’ N e 23°52’ (o 23°53’) E, ed aveva concluso la posa alle 12.12,
posando le mine in una fila lunga 2,7 miglia ed orientata per 330° dal punto
iniziale (profondità delle mine 2,44 metri, distanza tra una mina e l’altra
91,4 metri). Scopo di questo campo minato era di ostacolare il traffico
marittimo dell’Asse dai Dardanelli a Bengasi attraverso gli stretti di Kafiros
e Kea. Il mattino dell’8 ottobre il Rorqual
aveva anche avvistato un convoglio, ma non lo aveva attaccato, perché questo
stava passando ad un miglio dal punto designato per la posa del campo minato,
ed un attacco contro di esso avrebbe potuto “tradire” la presenza del campo
minato, così vanificandone la posa.
La posizione dell’Altair al momento del sinistro, come
emerse in seguito dal confronto tra le fonti italiane e britanniche, coincideva
con quella del campo minato.
L’errata impressione
che l’Altair fosse stata silurata
finì con l’aumentare le perdite di quell’infausta giornata. Dopo l’affondamento
dell’Altair, Lupo ed Aldebaran avevano
diretto per tornare in porto; nel mentre, tuttavia, Marisudest era venuto a
sapere che al momento dell’esplosione diversi uomini si erano gettati in mare
dalla prua dell’Altair, prima che
questa s’inabissasse. Era possibile che questi uomini fossero ancora vivi, e
che si trovassero in mare, bisognosi di aiuto; siccome i mezzi già inviati
erano tutti piuttosto lenti, Marisudest decise di ordinare all’Aldebaran di portarsi sul punto in cui
si era verificata l’esplosione che aveva asportato la prua dell’Altair, con l’ordine di cercare
eventuali naufraghi.
Così la nave fece, e
questo fu la sua fine: nel perlustrare quelle pericolose acque, l’Aldebaran urtò a sua volta una delle
mine del Rorqual, ed affondò dopo
poco più di un’ora e mezza.
La Lupo, frattanto, era giunta al Pireo,
dove sbarcò i naufraghi dell’Altair.
Il volume dell’U.S.M.M. "La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e
l’Egeo" così conclude il paragrafo relativo alla perdita dell’Altair: «il comportamento di tutti fu degno delle migliori tradizioni,
specialmente da parte dei feriti. Allo sbarco dalla Lupo dei naufraghi solo
qualche raro lamento fu udito e proveniva dagli ustionati più gravi che erano
ridotti in condizioni pietosissime».
Le perdite umane tra
l’equipaggio dell’Altair furono
relativamente contenute, dato che la Lupo
aveva potuto trasbordare tutto il personale poco dopo l’urto contro la mina; su
un totale di 136 uomini che erano imbarcati sulla torpediniera, secondo il
volume U.S.M.M. "La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo",
vi furono 12 dispersi ed un morto per ferite. Il diario di guerra del comando
navale tedesco dell’Egeo, nella data del 20 ottobre 1941, registra
l’affondamento dell’Altair e menziona
34 dispersi (numero esagerato: probabilmente derivante da un errore, oppure dal
fatto che alcuni naufraghi vennero recuperati in un secondo momento ed in quel
momento risultavano ancora dispersi) e 116 uomini tratti in salvo (6 ufficiali,
12 sottufficiali e 98 marinai), dei quali 20 feriti gravemente e 30 feriti lievemente.
Dall’albo dei caduti
e dispersi della Marina Militare nella seconda guerra mondiale (conservato
presso l’U.S.M.M.) si ha conferma che i dispersi furono dodici, ma i morti per
ferite risulterebbero essere stati non uno, ma tre (portando così il totale
delle vittime dell’Altair a 15): il
marinaio fuochista Ernesto Serino, deceduto il 21 ottobre, il marinaio
cannoniere Raffaele Lauritano, deceduto il 23 ottobre, ed il sottocapo
segnalatore Giuseppe Todaro, spentosi il 25 ottobre nell’ospedale da campo 259
di Atene. Il suo atto di morte, redatto dal sottotenente Alfonso Amodoro,
recitava burocraticamente: «L’anno 1941
il 25 di ottobre nel 259 O.C. in Atene, mancava ai vivi alle ore 7.45 in età di
anni 21 il sottocapo segnalatore Giuseppe Todaro della torpediniera Altair,
nativo di Licata (AG) figlio di Calogero e Bonvissuto Gaetana, celibe, morto in
seguito ad ustioni di 2° e 3° grado al capo, al viso, agli arti superiori ed
inferiori, sepolto nel cimitero militare n. 3 di Atene come consta dal relativo
verbale mod. 2720 compilato il 25-10-1941 firmato dal Ten. Medico De Venera dr.
Vincenzo e Cappellano militare Di Benedetto dr. Renato. Il Direttore Ten.
Medico Negri dr. Francesco. Per copia autentica. F.to S.T Amm. Amodoro Alfonso».
I suoi resti vennero rimpatriati nel 1953 e tumulati nel sacrario dei caduti
del cimitero di Marianello.
Come spesso accade in
questi casi, per alcuni era stato il caso a decidere tra la vita e la morte: un
superstite dell’Altair raccontò al
fratello del capo nocchiere Mario Pomella, 29 anni, piemontese di Garessio, che
al momento dell’esplosione suo fratello era appena smontato di turno e sceso in
cabina per il riposo, “che purtroppo diventò eterno”.
E come altrove, ci
furono parenti che per anni continuarono a sperare, aggrappandosi alla ambigua
dicitura di “disperso”: il 21 novembre 1945 Lucia Colella, moglie del ventenne
marinaio cannoniere Francesco Colella, scriveva da Morciano di Leuca (Lecce,
Puglia) a papa Pio XII per chiedere notizie del marito: «A Sua Santità il Papa, Segreteria di Stato Ufficio Informazioni – Città
del Vaticano. Perdonate una vostra povera fedele se Vi viene ad importunare: è
la fede in Dio che mi fa sperare e mi consiglia di rivolgermi a Vostra Santità.
Sono una povera madre che da più di cinque anni aspetta nuove del suo povero
marito. Intanto da qualche informazione mi è stato detto che egli è prigioniero
degli inglesi e si trova in Palestina. Si chiamava Colella Francesco,
cannoniere – imbarcato sulla Regia Torpediniera Altair, Marina Militare, disperso
nel canale di S. Giorgio (Grecia) il giorno 19 ottobre 1941, urtando la nave
contro una mina galleggiante. Santità, la mia grande fede in Dio e le mie
quotidiane preghiere non mi hanno mai fatto perdere la speranza; ed ecco perché
mi rivolgo a Voi che siete il mio Dio in terra e l’ultima mia ancora. Dalle
informazioni che Vostra Santità vorrà prendere forse io potrei consolare la mia
povera bambina, unico suo ricordo, che aspetta sempre invano, oppure
rassegnarmi nella grande misericordia Divina. Baciandovi umilmente il piede,
Lucia Colella». Purtroppo, se talvolta era possibile nutrire speranze per
soldati che erano stati dichiarati dispersi in operazioni “terrestri”,
“disperso in mare” era un termine che aveva un solo significato.
Quello su cui saltarono
Altair e Aldebaran era stato il primo campo minato posato dagli Alleati
nelle acque greche dopo la caduta della Grecia. Nei giorni successivi vennero
condotte operazioni di dragaggio all’uscita del Golfo di Atene, dove si
conosceva ormai la presenza di mine, ma in tre giorni ne vennero trovate
soltanto tre; Marisudest dispose che tutte le navi seguissero rigidamente le
rotte di sicurezza, e che con i mezzi a disposizione – pur non abbondanti – si
provvedesse a dragare la rotta usuale di uscita, la rotta di Macronisi e quelle
dei canali di Doro e di Zea, oltre, per quanto possibile, a qualcun’altra. Per
meglio difendersi dalla minaccia dei sommergibili, si decise di posare campi
minati antisommergibili tra Poros, San Giorgio e Capo Sounion.
Le vittime dell’Altair:
Gino Antonello, marinaio cannoniere, da
Treviso (disperso)
Dino Bacci, marinaio furiere, da Castelnuovo
di Garfagnana (disperso)
Valentino Barulli, marinaio cannoniere, da
Pesaro (disperso)
Alfredo Bonetto, sottocapo cannoniere, da
Vicenza (disperso)
Maurizio Camuffo, sottocapo cannoniere, da
Chioggia (disperso)
Francesco Colella, marinaio cannoniere, da
Morciano di Leuca (disperso)
Francesco De Nuccio, marinaio, da Castrignano
del Capo (disperso)
Carlo Del Chiaro, sottocapo nocchiere, da
Viareggio (disperso)
Giovan Marco Florio, sottocapo torpediniere,
da Agerola (disperso)
Giorgio Iacono, marinaio, da Barano d’Ischia
(disperso)
Raffaele Lauritano, marinaio cannoniere, da
Napoli (deceduto in Grecia il 23/10/1941)
Domenico Panunzi, sottocapo cannoniere, da
Bracciano (disperso)
Mario Pomella, capo nocchiere di seconda
classe, da Garessio (disperso)
Ernesto Serino, marinaio fuochista, da
Benevento (deceduto in Grecia il 21/10/1941)
Giuseppe Todaro, sottocapo segnalatore, da
Licata (deceduto in Grecia il 25/10/1941)
Ancora un’immagine dell’Altair a fine 1936 (Archivio Storico Ansaldo, via Maurizio Brescia e www.associazione-venus.it) |
La motivazione della
Medaglia di Bronzo al Valor Militare conferita al capitano di fregata Paolo
Cardinali, nato a Piacenza il 1° maggio 1906:
“Comandante di
torpediniera in servizio di scorta a convoglio, colpita da esplosione subacquea,
organizzava e dirigeva con perizia e ardimento le operazioni intese a domare i
violenti incendi sviluppatisi e, benché gravemente ustionato, si prodigava con
fermezza nell’adozione dei provvedimenti intesi a salvare l’unità. Riusciti
vani tutti i tentativi e resosi necessario l’abbandono della nave provvedeva
con calma e tempestività ad assicurare il salvataggio dei feriti e del
personale, dando prova di elevate virtù militari.
(Golfo di Atene, 20
ottobre 1941).”
Il relitto dell’Altair è stato localizzato nell’ottobre
2015 da una squadra di subacquei greci, tra cui Antonis Grafas (già autore, nel
2014, del ritrovamento dell’Aldebaran),
Giannis Mytilinaio e Dimitris Smyrniotis. La torpediniera giace a sudovest
dell’isola di Patroklos, a meno di mezzo miglio dal relitto dell’Aldebaran (o dalla posizione di
affondamento indicata nei documenti dell’epoca); il relitto si presenta in
assetto di navigazione, con orientamento 320°, ad una profondità compresa tra i
136 e i 140 metri. Sono ancora al loro posto uno dei pezzi poppieri da 100 mm e
diverse mitragliere a centro nave.
Il relitto dell’Altair è stato oggetto di ulteriori
immersioni e documentazione fotografica nel giugno 2018, da parte di un gruppo
di subacquei tra cui Antonis Grafas, Thanasis Panopoulos, Giannis Liadarkis e
Fontas Pitsinelis.
Il cannone da 100/47 di prua. |
Il fumaiolo. |
Notizie molto interessanti e complete. Mio padre Nicola Mitrano era a bordo la notte dell'affondamento e nonostante ferite e bruciature varie gravi non annego' ma fu salvato. Come posso avere un foglio matricolare dove si dica che mio padre era a bordo affondo' con la nave e fu salvato ?
RispondiEliminaBuonasera,
Eliminail foglio matricolare andrebbe richiesto all'Archivio di Stato della provincia in cui suo padre è nato.
Bgiorno Lorenzo. Precedentemente, dal novembre 40 al giugno 41, comando l'Altair il CC Carlo Cordero di Montezemolo.
RispondiEliminaGrazie, aggiungo.
EliminaMio nonno, Piazzolla Domenico era a bordo dell'Altair quando è stata affondata... da piccolo mi raccontava sempre di quell'esperienza di vita
RispondiEliminaMio padre, Vito Sanacuore, si salvò perché era di turno, faceva. Il radiotelegrafista, ma una volta portato in salvo insieme agli altri superstiti fu catturato dagli inglesi e tornò a casa solo alla fine della guerra
RispondiElimina.