domenica 1 ottobre 2017

Ernani

L’Ernani sotto il precedente nome di Valacia (da www.naval-history.net)

Piroscafo da carico di 6619 tsl, 4413 tsn e 10.000 tpl, lungo 140,2 metri, largo 17,4 e pescante 8,8, con velocità di 10 nodi. Appartenente alla Ditta armatrice Giovanni Gavarone di Genova, iscritto con matricola 1735 al Compartimento Marittimo di Genova.

Breve e parziale descrizione.

6 giugno 1910
Varato nei cantieri Russell & Co. di Port Glasgow (o Greenock) come Luceric (numero di cantiere 606).
Ottobre 1910
Completato come Luceric per la Bank Line Ltd. (Andrew Weir & Co.) di Glasgow. Registrato a Glasgow; stazza lorda 6526 tsl, stazza netta 4100 tsn. Oltre al carico, può trasportare 20 passeggeri in prima classe e 400 in terza: queste sistemazioni sono state predisposte in risposta alla crescente domanda di trasporto passeggeri sulle linee per l’Oriente della Bank Line.
Impiegato sulle rotte da Liverpool all’America via Estremo Oriente, e nel trasporto di zucchero grezzo dalle piantagioni di Suva alle raffinerie di Vancouver. Gestito, per un periodo, da Frank Waterhouse & Company.
Durante un viaggio da Yokohama (dov’è giunto provenendo da Manila, via Hong Kong) a Victoria, il Luceric partecipa ad una “gara” contro il piroscafo giapponese Kamakura Maru, in navigazione sulla stessa rotta; nonostante un ritardo di alcune ore provocato da un’avaria di macchina, il Luceric riesce comunque a “vincere”, arrivando prima del bastimento rivale.
Novembre 1911
Il Luceric assiste a Shanghai ai combattimenti della rivoluzione che porterà alla deposizione dell’ultimo imperatore della dinastia Qing ed all’instaurazione della Repubblica cinese.
In precedenza, già l’8 novembre, durante il viaggio dal Giappone (durante il quale la nave urta un relitto sommerso, senza riportare danni), l’equipaggio cinese del Luceric si è schierato a favore della rivoluzione: tutti i marittimi cinesi si fanno tagliare il codino, imposto dalla mancese dinastia Qing ai cinesi Han in segno della fedeltà alla dinastia, ed adornano i loro alloggi con bandiere rivoluzionarie, celebrando i successi dei rivoluzionari.
24 settembre 1914
Il Luceric, durante un viaggio da Calcutta alla costa occidentale degli Stati Uniti (via Newcastle) con un carico di merci varie, è costretto a rifugiarsi a Samarang da un incendio a bordo.
1916
Acquistato dalla Cunard Steamship Company Ltd. (Cunard Line) di Liverpool e ribattezzato Valacia. La stazza lorda risulta essere di 6526 tsl (in seguito 6560 tsl, e 4154 tsn).

Il Valacia (State Library of New South Wales, via www.uboat.net)

31 marzo 1917
Il Valacia, armato, in navigazione da Londra a Portland con un carico di merci varie, viene silurato in posizione 50°06’ N e 04°15’ O (a cinque miglia per 19°, cioè a sud, di Eddystone) dal sommergibile tedesco U 59 (capitano di corvetta Wilhelm von Fircks). La nave rimane a galla, ma subisce gravi danni e dev’essere rimorchiata in porto. Alle operazioni di salvataggio della nave, protrattesi fino al 2 aprile, partecipano il cacciatorpediniere britannico Opossum, i rimorchiatori militari Woonda, Industrious, Fortitude, Kover e Wapiti ed il peschereccio armato Lois.
1917-1918
Compie diversi viaggi per trasporto truppe durante la prima guerra mondiale. In un’occasione (viaggio da Montreal a Sydney, agosto 1918) viene scoperta a bordo una spia tedesca.
21 gennaio 1918
Il Valacia s’incaglia durante uno dei suoi viaggi, ma può essere disincagliato.
26 maggio 1918
Durante un viaggio in convoglio con truppe a bordo, una vedetta del Valacia (l’apprendista Frost) avvista un sommergibile in avvicinamento, e lo segnala al comandante del piroscafo, capitano W. W. Stewart, che a sua volta lo riferisce subito al caposcorta. I cacciatorpediniere si precipitano subito sul punto indicato e lanciano nove bombe di profondità, che esplodono con tale violenza che le truppe sul Valacia salgono in coperta, pensando che la nave sia stata silurata.
21 giugno 1918
Il Valacia viene inseguito da un U-Boot, ma riesce a seminarlo.
29 dicembre 1922
Durante un viaggio da Londra (da dov’è partito il 27 dicembre) a New York (dove giungerà l’8 gennaio 1923), il Valacia incontra quello che viene definito “il peggior maltempo della sua carriera”. Un’onda di quindici metri danneggia la nave, riversandosi sulla prua e sradicando un argano con 275 metri di cavi in acciaio per l’ormeggio: il cavo fuori controllo spazza l’affollato castello di prua (che viene anche inondato da 120 centimetri d’acqua), uccidendo un fuochista ed un cambusiere e ferendo altri 19 membri dell’equipaggio, dodici dei quali in modo grave. Mancando a bordo un medico, i feriti devono essere medicati dal capitano Doyle e da uno steward.
12 aprile 1929
Mentre il Valacia si trova ormeggiato nei cantieri Camell Lairds di Birkenhead per alcuni lavori, una caldaia di una centrale di pompaggio del cantiere esplode, ustionando mortalmente due operai e ferendone altri sette. Innumerevoli rottami piovono sul ponte del Valacia, danneggiandone la verniciatura; tre operai (il ventiseienne Joseph Hunter, il trentenne Walter Smith ed il ventitreenne Albert Smith, tutti di Birkenhead), che stanno verniciando il piroscafo, vengono gettati in mare dall’onda d’urto, ma non riportano ferite gravi.
8 luglio 1929
Nel pomeriggio dell’8 luglio, mentre il Valacia, in navigazione dalla Nuova Zelanda a Kembla, si trova ad alcune centinaia di miglia dalle coste dell’Australia, il cadetto diciottenne Jack Sigist cade in una stiva vuota, con un volo di una decina di metri, fratturandosi un braccio ed una gamba. Il comandante del Valacia, capitano Gronow, decide di dirigere per Sydney allo scopo di sbarcare il ferito.
Giunto a Watson’s Bay l’11 luglio, il Valacia sbarca Sigist, che viene ricoverato presso il Royal Prince Alfred Hospital, e poi riprende il viaggio per Kembla. Farà notizia, sui giornali australiani, l’utilizzo telefono per permettere a Sigist di parlare, dal suo letto d’ospedale, con l’angosciata madre, una vedova che vive a Plymouth, permettendo una conversazione ad oltre 13.000 miglia di distanza (una rarità, per l’epoca).
1931
Acquistato dalle Industrie Navali Società Anonima (INSA) di Genova (armatore Giovanni Gavarone) e ribattezzato Ernani.

L’Ernani dopo il cambio di nome (da www.uboat.net)

Gennaio-Febbraio 1937
Durante la guerra civile spagnola, l’Ernani compie due viaggi tra l’Italia e la Spagna, trasportando truppe e materiali del Corpo Truppe Volontarie.
18 marzo 1937
L’Ernani salpa da La Spezia con 3600 tonnellate di munizioni (compresa un’aliquota della Regia Marina) e vestiario, che trasporta in Spagna.
9 aprile 1937
L’Ernani parte da La Spezia nottetempo con a bordo i MAS 100 e 223, destinati alla cessione alla Marina nazionalista spagnola. Le due piccole unità verranno consegnate ai franchisti il 16 aprile, venendo ribattezzate Napoles e Sicilia.
1938
Trasferito alla Ditta Giovanni Gavarone fu Giovanni (sempre di proprietà di Gavarone, proprietario dell’INSA).
17 gennaio 1940
Durante il periodo della “non belligeranza” italiana, l’Ernani, a causa della perdita di presa dell’ancora sul fondale, sperona accidentalmente la nave faro Brake presso le Goodwin Sands, nel Kent (al largo dell’estuario del Tamigi). La Brake affonda viene abbandonata dai 12 uomini del suo equipaggio (che vengono tratti in salvo dalle lance di soccorso di Margate e Ramsgate), ma non affonda, mentre l’Ernani subisce danni irrilevanti (per altra versione subisce seri danni, e viene anche portato ad incagliare).

Il Valacia visto da poppa (Alex Duncan, via lemairesoft.sytes.net)

Un equivoco

Al momento dell’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, l’Ernani si ritrovò, come tanti altri mercantili italiani, bloccato al di fuori del Mediterraneo: il 10 giugno 1940 dovette così rifugiarsi a Las Palmas, nell’isola di Gran Canaria, territorio della neutrale Spagna.
La nave trascorse i mesi successivi ferma in quel porto, in stato d’internamento.
Frattanto, tuttavia, lo Stato Maggiore della Regia Marina aveva messo a punto un piano per il forzamento del blocco Alleato da parte delle navi mercantili rifugiatesi  nei porti dei Paesi neutrali più benevoli dei confronti delle potenze dell’Asse: la Spagna, il Brasile ed il Giappone. Con la creazione di Bordeaux, nella Francia occupata, della base sommergibilistica italiana di Betasom, si decise che i mercantili italiani internati nei sopraccitati Paesi avrebbero dovuto cercare di raggiungere tale base, od altri porti della costa atlantica francese: qui, mentre le navi sarebbero passate sotto controllo tedesco (non era, del resto, possibile farle tornare in Mediterraneo), i loro preziosi carichi – ancora a bordo dal giugno 1940 – avrebbero potuto essere sbarcati ed inviati in Italia via terra.
Le prime navi a tentare il forzamento del blocco furono quelle ormeggiate nei porti atlantici della Spagna continentale: tra febbraio e giugno 1941 salparono due piroscafi ed una nave cisterna, che raggiunsero felicemente Bordeaux.
Fu poi la volta dei bastimenti internati alle Canarie: ce n’erano in tutto 17, e nel febbraio-marzo 1941 il capitano di corvetta Eugenio Normand li visitò tutti, per selezionare quelli che sarebbero stati in grado di affrontare la perigliosa traversata verso i porti della Francia. Dopo la lunga sosta forzata nelle acque delle Canarie, infatti, molti dei bastimenti erano ridotti in cattive condizioni, e non erano in grado di prendere il mare a breve termine: le carene erano coperte di denti di cane, ed alcune navi non entravano in bacino di carenaggio da più di due anni.
Al termine della sua ispezione, Normand individuò otto mercantili che riteneva essere in condizioni idonee a consentire la traversata. L’Ernani non era tra gli otto prescelti.

Le partenze dei violatori di blocco iniziarono il 1° aprile: quel giorno salparono dalle Canarie i piroscafi Burano e Capo Alga, che raggiunsero entrambi il porto di Saint Nazaire. Il 19 aprile partirono le petroliere Recco e Sangro, seguite il 26 dalla Gianna M., ma tutte e tre finirono male: la Gianna M. catturata da una nave britannica, la Recco intercettata ed autoaffondata per evitare la cattura, la Sangro catturata e poi affondata da un U-Boot mentre dirigeva per il Regno Unito con un equipaggio di preda. Il 26 maggio partì la nave cisterna Todaro, mentre il 29 fu la volta dei piroscafi Atlanta ed Ida: queste tre navi raggiunsero tutte Saint Nazaire, senza danni.
Nel frattempo maturò la decisione, contrariamente a quanto stabilito in precedenza, di far tentare la sorte anche all’Ernani: si riteneva necessario rimpatriare il suo prezioso carico di rottami di ferro, trasbordati da altre navi italiane rifugiatesi nelle Canarie. Sarebbe stato l’ultimo mercantile italiano a tentare di forzare il blocco dalle Canarie.

Il 28 aprile 1941 l’Ernani fu requisito dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato. Iniziarono subito i preparativi per la partenza: già il 29 aprile, spie britanniche attive nelle Canarie segnalarono che l’Ernani stava caricando manganese trasbordato dal Cherca, un altro piroscafo italiano internato a Las Palmas.
Del tutto errata e fantasiosa è la notizia, riportata da alcune disinformate fonti di lingua inglese, secondo cui la nave sarebbe stata trasferita al Governo tedesco (od addirittura da questo "confiscata" nel giugno 1940!) e ribattezzata Sleipner II per il forzamento del blocco (o già dal giugno 1940). La notizia del passaggio sotto controllo tedesco e del cambio di nome in Sleipner II risale ad alcuni erronei rapporti informativi dell’epoca da parte britannica, ed è giunta fino a noi per via della sua ripetizione, senza alcuna verifica (come accade non di rado), da parte di alcune fonti di lingua inglese.

La sera del 25 giugno 1941 l’Ernani, al comando del capitano Guglielmo Rastelli, mollò gli ormeggi di soppiatto, lasciò furtivamente Las Palmas e raggiunse il largo. A bordo vi erano un carico di rottami di ferro e 34 uomini di equipaggio.
Per non insospettire gli agenti dei servizi britannici che spiavano quanto accadeva sulle navi italiane internate, il piroscafo non aveva subito lavori di camuffamento mentre era a Las Palmas: l’addetto navale italiano a Madrid, per mezzo del viceconsole locale, aveva inviato al comandante Rastelli dettagliate istruzioni affinché l’opera di camuffamento venisse svolta dall’equipaggio una volta in mare aperto, al riparo da occhi indiscreti. L’Ernani doveva camuffarsi in modo da assomigliare al piroscafo olandese Enggano: occorreva eliminare uno dei due alberi e dotare l’altro di una coffa posticcia, innalzare delle finte murate e verniciare di nero scafo e fumaiolo. Questi lavori avrebbero richiesto almeno tre o quattro giorni, se il tempo fosse stato favorevole; la durata prevista del viaggio, dalle Canarie alla Francia occupata, era di circa 15 giorni, con arrivo programmato tra il 9 e l’11 luglio.
Nonostante le precauzioni, agli informatori britannici non era comunque sfuggito che qualcosa bollisse in pentola: si è già detto della notizia del 29 aprile sul trasbordo di manganese dal Cherca, ed inoltre, nel rapporto settimanale d’intelligence del 6 giugno 1941, si segnalava che «The Ernani, 6,619 tons, also in Las Palmas, went alongside the breakwater fully loaded on the same day [cioè il 29 giugno, data nel quale erano partiti da quel porto, riferivano gli informatori, i piroscafi Ida ed Atlanta]».

La navigazione si svolse senza intoppi fino al 28 giugno, ma alle 21.10 di quel giorno, nel punto 27°52’ N e 26°17’ O (nel quadrante DG 9541, circa 450 miglia ad ovest dell’isola di Palma), il viaggio dell’Ernani si concluse nel più assurdo dei modi.
Il piroscafo fu colpito da un siluro, che lo raggiunse sul lato di dritta, tra la sala macchine e la stiva numero 4. Lo scoppio distrusse le scialuppe di dritta ed aprì un’enorme falla, dalla quale l’acqua si riversò copiosa all’interno della nave: l’Ernani iniziò subito ad affondare di poppa, e l’equipaggio ebbe appena il tempo di prendere posto nelle due lance di sinistra, calarle ed allontanarsi di pochi metri dalla nave, prima che quest’ultima scivolasse sotto la superficie. Passarono soltanto quattro minuti tra l’impatto del siluro e l’inabissamento della nave.
Poco dopo, un grosso sommergibile emerse a poca distanza dalle scialuppe: gli affondatori domandarono, in lingua inglese, le generalità del piroscafo, il porto da cui proveniva, quello dov’era diretto ed il nome del comandante. Il capitano Rastelli rispose di persona, spiegando che erano naufraghi del piroscafo italiano Ernani, proveniente da Las Palmas, e mentendo sulla destinazione (Horta, disse Rastelli), che doveva restare segreta; poi spiegò che la stazione radio era andata completamente distrutta in seguito all’esplosione del siluro, e che pertanto non aveva potuto lanciare un segnale di soccorso, chiedendo pertanto assistenza per il suo equipaggio.
Il comandante del sommergibile disse di non poter aiutare in alcun modo i naufraghi, ma promise che avrebbe diramato un S.O.S. per chiedere che qualcuno provvedesse a recuperare i superstiti. Dopo di che, gridò un ordine, ed il sommergibile scomparve rapidamente alla vista.
Restavano, nel mezzo dell’Atlantico, due scialuppe cariche di naufraghi.

Il comandante Rastelli fece l’appello, per sincerarsi che ci fossero tutti: ma non risposero Gerolamo Bonocore, il primo ufficiale di macchina, e Giovanni Ghiglino, un ingrassatore.
Entrambi si erano trovati di guardia in sala macchine al momento del siluramento. Invano i naufraghi chiamarono i loro nomi, perlustrando a lungo le acque che avevano inghiottito l’Ernani.
Solo a mezzanotte il comandante Rastelli, ormai persa ogni speranza di trovare i due dispersi, decise di interrompere le ricerche. Le due scialuppe iniziarono la lunga navigazione verso la terra più vicina: le Canarie, che distavano ben 460 miglia. Una lancia era comandata direttamente da Rastelli, l’altra era affidata al primo ufficiale.
Per giorni e giorni le due fragili imbarcazioni avanzarono incessantemente a forza di remi – i naufraghi remavano giorno e notte, dandosi periodicamente il cambio – e, quando soffiava un po’ di vento, con l’ausilio delle vele.
Il 10 luglio si alzò un forte vento ed il mare andò progressivamente ingrossando, mettendo a repentaglio la stabilità delle due scialuppe: enormi ondate investivano continuamente le lance, sballottandole paurosamente. Particolarmente precarie erano le condizioni della scialuppa del primo ufficiale: si era aperta una falla, dalla quale filtrava, lentamente ma inesorabilmente, l’acqua. Il comandante Rastelli decise infine di trasferire tutti i naufraghi della lancia danneggiata nella propria imbarcazione, e di abbandonare l’altra alla deriva.
Per fortuna, l’odissea dei naufraghi era quasi giunta alla fine. Intorno a mezzogiorno del 12 luglio 1941, due settimane dopo l’affondamento della loro nave, i 32 superstiti dell’Ernani sbarcarono presso il faro di Fuencaliente nell’isola di Palma, la più ad ovest delle Canarie.
Sfiniti, stentavano ormai a reggersi in piedi; si rifugiarono nel faro, e qui furono trovati poco dopo da un pescatore del posto, Pedro de Paz González. Questi corse subito in paese per dare la notizia, poi si precipitò di nuovo dai naufraghi con dei generi di prima necessità, insieme al collega Antonio Hernández Capote. La popolazione di Fuencaliente si mobilità con solerzia fraterna per soccorrere e sfamare i superstiti dell’Ernani: Florentino Hernández Mendoza, ad esempio, sebbene malato, in ristrettezze economiche e con quattro figli a carico, non esitò a donare dei vestiti per i naufraghi, e lo stesso fecero altri abitanti del luogo. Il sindaco Gumersindo Curbelo, che si trovava a Santa Cruz de la Palma quando fu informato dell’arrivo dei naufraghi, si attivò immediatamente regalando anch’egli alcuni dei propri indumenti, e lavorò fino a notte per organizzare l’invio di viveri al faro ed il trasferimento dei naufraghi al villaggio per mezzo di cavalli. Il medico José María Amo del Río prestò i primi soccorsi, anche se non vi erano particolari criticità, e le ragazze della Sección Femenina del partito falangista cucinarono pasti per i naufraghi. Le autorità locali, rappresentate dal vicesindaco Don Emilio Quintana e dal responsabile del faro Don José González, provvidero alle loro necessità.
Il comandante Rastelli, una volta giunto a terra, dichiarò che la sua nave era stata silurata senza preavviso da un sommergibile britannico: essendo stati interrogati in inglese dagli affondatori, i naufraghi ritenevano infatti che l’attaccante fosse un battello della Royal Navy.  
Gli uomini dell’Ernani vennero successivamente trasferiti a Santa Cruz de la Palma, ed il console italiano giunse nell’isola per organizzare il loro rimpatrio.

Il 14 luglio Supermarina, a Roma, ricevette un telespresso urgente che recitava: «Ministero Marina spagnolo comunica che ore quattordici corrente dodici est giunta isola Canaria imbarcazione piroscao Ernani con trentadue naufraghi stop Ernani est stato silurato ventotto giugno at quattrocentocinquanta miglia ponente isola Palma stop Nel siluramento sono periti primo macchinista et ingrassatore alt».

Fin qui, quella dell’Ernani parrebbe una normale, per quanto drammatica, storia di guerra; ma il sommergibile affondatore non era, come pensavano i naufraghi, un’unità britannica. Il siluro che aveva affondato l’Ernani era stato lanciato da un sommergibile tedesco, alleato: l’U 103, del capitano di fregata Viktor Schütze.
L’U-Boot tedesco aveva avvistato l’Ernani fin dalle 16.42 del 28 giugno e, ritenendolo un mercantile nemico appartenente al convoglio SL. 76, lo aveva pedinato per parecchie ore, non visto. Secondo l’orario tedesco, notevolmente difforme da quello dei naufraghi dell’Ernani, l’U 103 aveva lanciato un primo siluro alle 23.38 (dai tubi di poppa), mancando il bersaglio, e poi un altro (l’ultimo rimasto) alle 00.51 del 29 giugno, questa volta affondando la nave (che sarebbe affondata in 21 minuti, secondo fonti tedesche). Schütze, interrogando i superstiti, non li aveva creduti quando avevano detto di essere del piroscafo italiano Ernani in navigazione da Las Palmas a Horta, perché la rotta della nave non corrispondeva con quella di un bastimento diretto a Horta (e infatti i naufraghi avevano mentito: sentendosi interrogare in inglese, avevano creduto che il sommergibile affondatore fosse britannico, ed avevano mentito per non rivelare che Bordeaux era la destinazione dei violatori di blocco).
La Regia Marina non tardò a protestare vibratamente presso la Kriegsmarine per l’errore d’identificazione, ma da parte tedesca fu risposto che il piroscafo affondato non aveva caratteristiche corrispondenti a quelle dell’Enggano, quindi il suo siluramento era pienamente giustificato. Questa affermazione non era del tutto sbagliata: l’Ernani non assomigliava ancora all’Enggano, perché era stato affondato solo due giorni dopo la partenza, prima di poter ultimare l’opera di camuffamento. Il BdU indagò sull’incidente, ma giunse alla conclusione che al comandante Schütze non doveva essere fatta colpa di quanto accaduto, perché non era stato informato della presenza in zona di navi amiche e perché l’Ernani non era riconoscibile, essendo stato alterato il suo aspetto (dal diario del BdU, il Comando dei sommergibili tedeschi, risulterebbe che l’U 103 era stato informato del passaggio dell’Ernani, ma che il suo aspetto non corrispondeva alle informazioni fornite a Schütze).

Un’altra foto della nave come Valacia (da www.wrecksite.eu)


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