L’Ernani sotto il precedente nome di Valacia (da www.naval-history.net) |
Piroscafo da carico
di 6619 tsl, 4413 tsn e 10.000 tpl, lungo 140,2 metri, largo 17,4 e pescante
8,8, con velocità di 10 nodi. Appartenente alla Ditta armatrice Giovanni
Gavarone di Genova, iscritto con matricola 1735 al Compartimento Marittimo di
Genova.
Breve e parziale descrizione.
6 giugno 1910
Varato nei cantieri
Russell & Co. di Port Glasgow (o Greenock) come Luceric (numero di cantiere 606).
Ottobre 1910
Completato come Luceric per la Bank Line Ltd. (Andrew
Weir & Co.) di Glasgow. Registrato a Glasgow; stazza lorda 6526 tsl, stazza
netta 4100 tsn. Oltre al carico, può trasportare 20 passeggeri in prima classe
e 400 in terza: queste sistemazioni sono state predisposte in risposta alla
crescente domanda di trasporto passeggeri sulle linee per l’Oriente della Bank
Line.
Impiegato sulle rotte
da Liverpool all’America via Estremo Oriente, e nel trasporto di zucchero
grezzo dalle piantagioni di Suva alle raffinerie di Vancouver. Gestito, per un
periodo, da Frank Waterhouse & Company.
Durante un viaggio da
Yokohama (dov’è giunto provenendo da Manila, via Hong Kong) a Victoria, il Luceric partecipa ad una “gara” contro
il piroscafo giapponese Kamakura Maru,
in navigazione sulla stessa rotta; nonostante un ritardo di alcune ore provocato
da un’avaria di macchina, il Luceric
riesce comunque a “vincere”, arrivando prima del bastimento rivale.
Novembre 1911
Il Luceric assiste a Shanghai ai combattimenti
della rivoluzione che porterà alla deposizione dell’ultimo imperatore della
dinastia Qing ed all’instaurazione della Repubblica cinese.
In precedenza, già
l’8 novembre, durante il viaggio dal Giappone (durante il quale la nave urta un
relitto sommerso, senza riportare danni), l’equipaggio cinese del Luceric si è schierato a favore della
rivoluzione: tutti i marittimi cinesi si fanno tagliare il codino, imposto
dalla mancese dinastia Qing ai cinesi Han in segno della fedeltà alla dinastia,
ed adornano i loro alloggi con bandiere rivoluzionarie, celebrando i successi
dei rivoluzionari.
24 settembre 1914
Il Luceric, durante un viaggio da Calcutta
alla costa occidentale degli Stati Uniti (via Newcastle) con un carico di merci
varie, è costretto a rifugiarsi a Samarang da un incendio a bordo.
1916
Acquistato dalla
Cunard Steamship Company Ltd. (Cunard Line) di Liverpool e ribattezzato Valacia. La stazza lorda risulta essere
di 6526 tsl (in seguito 6560 tsl, e 4154 tsn).
Il Valacia (State Library of New South Wales, via www.uboat.net) |
31 marzo 1917
Il Valacia, armato, in navigazione da
Londra a Portland con un carico di merci varie, viene silurato in posizione
50°06’ N e 04°15’ O (a cinque miglia per 19°, cioè a sud, di Eddystone) dal
sommergibile tedesco U 59 (capitano
di corvetta Wilhelm von Fircks). La nave rimane a galla, ma subisce gravi danni
e dev’essere rimorchiata in porto. Alle operazioni di salvataggio della nave,
protrattesi fino al 2 aprile, partecipano il cacciatorpediniere britannico Opossum, i rimorchiatori militari Woonda, Industrious, Fortitude, Kover e Wapiti ed il peschereccio armato Lois.
1917-1918
Compie diversi viaggi
per trasporto truppe durante la prima guerra mondiale. In un’occasione (viaggio
da Montreal a Sydney, agosto 1918) viene scoperta a bordo una spia tedesca.
21 gennaio 1918
Il Valacia s’incaglia durante uno dei suoi
viaggi, ma può essere disincagliato.
26 maggio 1918
Durante un viaggio in
convoglio con truppe a bordo, una vedetta del Valacia (l’apprendista Frost) avvista un sommergibile in
avvicinamento, e lo segnala al comandante del piroscafo, capitano W. W.
Stewart, che a sua volta lo riferisce subito al caposcorta. I cacciatorpediniere
si precipitano subito sul punto indicato e lanciano nove bombe di profondità,
che esplodono con tale violenza che le truppe sul Valacia salgono in coperta, pensando che la nave sia stata
silurata.
21 giugno 1918
Il Valacia viene inseguito da un U-Boot, ma
riesce a seminarlo.
29 dicembre 1922
Durante un viaggio da
Londra (da dov’è partito il 27 dicembre) a New York (dove giungerà l’8 gennaio
1923), il Valacia incontra quello che
viene definito “il peggior maltempo della sua carriera”. Un’onda di quindici
metri danneggia la nave, riversandosi sulla prua e sradicando un argano con 275
metri di cavi in acciaio per l’ormeggio: il cavo fuori controllo spazza
l’affollato castello di prua (che viene anche inondato da 120 centimetri
d’acqua), uccidendo un fuochista ed un cambusiere e ferendo altri 19 membri
dell’equipaggio, dodici dei quali in modo grave. Mancando a bordo un medico, i
feriti devono essere medicati dal capitano Doyle e da uno steward.
12 aprile 1929
Mentre il Valacia si trova ormeggiato nei cantieri
Camell Lairds di Birkenhead per alcuni lavori, una caldaia di una centrale di
pompaggio del cantiere esplode, ustionando mortalmente due operai e ferendone
altri sette. Innumerevoli rottami piovono sul ponte del Valacia, danneggiandone la verniciatura; tre operai (il
ventiseienne Joseph Hunter, il trentenne Walter Smith ed il ventitreenne Albert
Smith, tutti di Birkenhead), che stanno verniciando il piroscafo, vengono
gettati in mare dall’onda d’urto, ma non riportano ferite gravi.
8 luglio 1929
Nel pomeriggio dell’8
luglio, mentre il Valacia, in
navigazione dalla Nuova Zelanda a Kembla, si trova ad alcune centinaia di
miglia dalle coste dell’Australia, il cadetto diciottenne Jack Sigist cade in
una stiva vuota, con un volo di una decina di metri, fratturandosi un braccio
ed una gamba. Il comandante del Valacia,
capitano Gronow, decide di dirigere per Sydney allo scopo di sbarcare il
ferito.
Giunto a Watson’s Bay
l’11 luglio, il Valacia sbarca
Sigist, che viene ricoverato presso il Royal Prince Alfred Hospital, e poi
riprende il viaggio per Kembla. Farà notizia, sui giornali australiani, l’utilizzo
telefono per permettere a Sigist di parlare, dal suo letto d’ospedale, con l’angosciata
madre, una vedova che vive a Plymouth, permettendo una conversazione ad oltre 13.000
miglia di distanza (una rarità, per l’epoca).
1931
Acquistato dalle
Industrie Navali Società Anonima (INSA) di Genova (armatore Giovanni Gavarone)
e ribattezzato Ernani.
L’Ernani dopo il cambio di nome (da www.uboat.net) |
Gennaio-Febbraio 1937
Durante la guerra
civile spagnola, l’Ernani compie due
viaggi tra l’Italia e la Spagna, trasportando truppe e materiali del Corpo
Truppe Volontarie.
18 marzo 1937
L’Ernani salpa da La Spezia con 3600
tonnellate di munizioni (compresa un’aliquota della Regia Marina) e vestiario,
che trasporta in Spagna.
9 aprile 1937
L’Ernani parte da La Spezia nottetempo con
a bordo i MAS 100 e 223, destinati alla cessione alla Marina
nazionalista spagnola. Le due piccole unità verranno consegnate ai franchisti
il 16 aprile, venendo ribattezzate Napoles
e Sicilia.
1938
Trasferito alla Ditta
Giovanni Gavarone fu Giovanni (sempre di proprietà di Gavarone, proprietario
dell’INSA).
17 gennaio 1940
Durante il periodo
della “non belligeranza” italiana, l’Ernani,
a causa della perdita di presa dell’ancora sul fondale, sperona accidentalmente
la nave faro Brake presso le Goodwin
Sands, nel Kent (al largo dell’estuario del Tamigi). La Brake affonda viene abbandonata dai 12 uomini del suo equipaggio (che
vengono tratti in salvo dalle lance di soccorso di Margate e Ramsgate), ma non
affonda, mentre l’Ernani subisce
danni irrilevanti (per altra versione subisce seri danni, e viene anche portato
ad incagliare).
Un equivoco
Al momento
dell’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, l’Ernani si ritrovò, come tanti altri mercantili italiani, bloccato
al di fuori del Mediterraneo: il 10 giugno 1940 dovette così rifugiarsi a Las
Palmas, nell’isola di Gran Canaria, territorio della neutrale Spagna.
La nave trascorse i
mesi successivi ferma in quel porto, in stato d’internamento.
Frattanto, tuttavia,
lo Stato Maggiore della Regia Marina aveva messo a punto un piano per il
forzamento del blocco Alleato da parte delle navi mercantili rifugiatesi nei porti dei Paesi neutrali più benevoli dei
confronti delle potenze dell’Asse: la Spagna, il Brasile ed il Giappone. Con la
creazione di Bordeaux, nella Francia occupata, della base sommergibilistica
italiana di Betasom, si decise che i mercantili italiani internati nei
sopraccitati Paesi avrebbero dovuto cercare di raggiungere tale base, od altri
porti della costa atlantica francese: qui, mentre le navi sarebbero passate
sotto controllo tedesco (non era, del resto, possibile farle tornare in
Mediterraneo), i loro preziosi carichi – ancora a bordo dal giugno 1940 –
avrebbero potuto essere sbarcati ed inviati in Italia via terra.
Le prime navi a
tentare il forzamento del blocco furono quelle ormeggiate nei porti atlantici
della Spagna continentale: tra febbraio e giugno 1941 salparono due piroscafi
ed una nave cisterna, che raggiunsero felicemente Bordeaux.
Fu poi la volta dei
bastimenti internati alle Canarie: ce n’erano in tutto 17, e nel febbraio-marzo
1941 il capitano di corvetta Eugenio Normand li visitò tutti, per selezionare
quelli che sarebbero stati in grado di affrontare la perigliosa traversata
verso i porti della Francia. Dopo la lunga sosta forzata nelle acque delle
Canarie, infatti, molti dei bastimenti erano ridotti in cattive condizioni, e
non erano in grado di prendere il mare a breve termine: le carene erano coperte
di denti di cane, ed alcune navi non entravano in bacino di carenaggio da più
di due anni.
Al termine della sua
ispezione, Normand individuò otto mercantili che riteneva essere in condizioni
idonee a consentire la traversata. L’Ernani
non era tra gli otto prescelti.
Le partenze dei
violatori di blocco iniziarono il 1° aprile: quel giorno salparono dalle
Canarie i piroscafi Burano e Capo Alga, che raggiunsero entrambi il
porto di Saint Nazaire. Il 19 aprile partirono le petroliere Recco e Sangro, seguite il 26 dalla Gianna
M., ma tutte e tre finirono male: la Gianna
M. catturata da una nave britannica, la Recco
intercettata ed autoaffondata per evitare la cattura, la Sangro catturata e poi affondata da un U-Boot mentre dirigeva per
il Regno Unito con un equipaggio di preda. Il 26 maggio partì la nave cisterna Todaro, mentre il 29 fu la volta dei
piroscafi Atlanta ed Ida: queste tre navi raggiunsero tutte
Saint Nazaire, senza danni.
Nel frattempo maturò
la decisione, contrariamente a quanto stabilito in precedenza, di far tentare
la sorte anche all’Ernani: si
riteneva necessario rimpatriare il suo prezioso carico di rottami di ferro,
trasbordati da altre navi italiane rifugiatesi nelle Canarie. Sarebbe stato
l’ultimo mercantile italiano a tentare di forzare il blocco dalle Canarie.
Il 28 aprile 1941 l’Ernani fu requisito dalla Regia Marina,
senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato. Iniziarono
subito i preparativi per la partenza: già il 29 aprile, spie britanniche attive
nelle Canarie segnalarono che l’Ernani
stava caricando manganese trasbordato dal Cherca,
un altro piroscafo italiano internato a Las Palmas.
Del tutto errata e
fantasiosa è la notizia, riportata da alcune disinformate fonti di lingua
inglese, secondo cui la nave sarebbe stata trasferita al Governo tedesco (od
addirittura da questo "confiscata" nel giugno 1940!) e ribattezzata Sleipner II per il forzamento del blocco
(o già dal giugno 1940). La notizia del passaggio sotto controllo tedesco e del
cambio di nome in Sleipner II risale
ad alcuni erronei rapporti informativi dell’epoca da parte britannica, ed è
giunta fino a noi per via della sua ripetizione, senza alcuna verifica (come
accade non di rado), da parte di alcune fonti di lingua inglese.
La sera del 25 giugno
1941 l’Ernani, al comando del
capitano Guglielmo Rastelli, mollò gli ormeggi di soppiatto, lasciò
furtivamente Las Palmas e raggiunse il largo. A bordo vi erano un carico di
rottami di ferro e 34 uomini di equipaggio.
Per non insospettire
gli agenti dei servizi britannici che spiavano quanto accadeva sulle navi
italiane internate, il piroscafo non aveva subito lavori di camuffamento mentre
era a Las Palmas: l’addetto navale italiano a Madrid, per mezzo del viceconsole
locale, aveva inviato al comandante Rastelli dettagliate istruzioni affinché
l’opera di camuffamento venisse svolta dall’equipaggio una volta in mare
aperto, al riparo da occhi indiscreti. L’Ernani
doveva camuffarsi in modo da assomigliare al piroscafo olandese Enggano: occorreva eliminare uno dei due
alberi e dotare l’altro di una coffa posticcia, innalzare delle finte murate e
verniciare di nero scafo e fumaiolo. Questi lavori avrebbero richiesto almeno
tre o quattro giorni, se il tempo fosse stato favorevole; la durata prevista
del viaggio, dalle Canarie alla Francia occupata, era di circa 15 giorni, con
arrivo programmato tra il 9 e l’11 luglio.
Nonostante le
precauzioni, agli informatori britannici non era comunque sfuggito che qualcosa
bollisse in pentola: si è già detto della notizia del 29 aprile sul trasbordo
di manganese dal Cherca, ed inoltre, nel
rapporto settimanale d’intelligence del 6 giugno 1941, si segnalava che «The Ernani, 6,619 tons, also in Las Palmas,
went alongside the breakwater fully loaded on the same day [cioè il 29 giugno,
data nel quale erano partiti da quel porto, riferivano gli informatori, i
piroscafi Ida ed Atlanta]».
La navigazione si
svolse senza intoppi fino al 28 giugno, ma alle 21.10 di quel giorno, nel punto
27°52’ N e 26°17’ O (nel quadrante DG 9541, circa 450 miglia ad ovest
dell’isola di Palma), il viaggio dell’Ernani
si concluse nel più assurdo dei modi.
Il piroscafo fu
colpito da un siluro, che lo raggiunse sul lato di dritta, tra la sala macchine
e la stiva numero 4. Lo scoppio distrusse le scialuppe di dritta ed aprì
un’enorme falla, dalla quale l’acqua si riversò copiosa all’interno della nave:
l’Ernani iniziò subito ad affondare
di poppa, e l’equipaggio ebbe appena il tempo di prendere posto nelle due lance
di sinistra, calarle ed allontanarsi di pochi metri dalla nave, prima che
quest’ultima scivolasse sotto la superficie. Passarono soltanto quattro minuti
tra l’impatto del siluro e l’inabissamento della nave.
Poco dopo, un grosso
sommergibile emerse a poca distanza dalle scialuppe: gli affondatori
domandarono, in lingua inglese, le generalità del piroscafo, il porto da cui
proveniva, quello dov’era diretto ed il nome del comandante. Il capitano
Rastelli rispose di persona, spiegando che erano naufraghi del piroscafo
italiano Ernani, proveniente da Las
Palmas, e mentendo sulla destinazione (Horta, disse Rastelli), che doveva
restare segreta; poi spiegò che la stazione radio era andata completamente
distrutta in seguito all’esplosione del siluro, e che pertanto non aveva potuto
lanciare un segnale di soccorso, chiedendo pertanto assistenza per il suo
equipaggio.
Il comandante del
sommergibile disse di non poter aiutare in alcun modo i naufraghi, ma promise
che avrebbe diramato un S.O.S. per chiedere che qualcuno provvedesse a
recuperare i superstiti. Dopo di che, gridò un ordine, ed il sommergibile
scomparve rapidamente alla vista.
Restavano, nel mezzo
dell’Atlantico, due scialuppe cariche di naufraghi.
Il comandante
Rastelli fece l’appello, per sincerarsi che ci fossero tutti: ma non risposero
Gerolamo Bonocore, il primo ufficiale di macchina, e Giovanni Ghiglino, un
ingrassatore.
Entrambi si erano
trovati di guardia in sala macchine al momento del siluramento. Invano i
naufraghi chiamarono i loro nomi, perlustrando a lungo le acque che avevano
inghiottito l’Ernani.
Solo a mezzanotte il
comandante Rastelli, ormai persa ogni speranza di trovare i due dispersi,
decise di interrompere le ricerche. Le due scialuppe iniziarono la lunga
navigazione verso la terra più vicina: le Canarie, che distavano ben 460
miglia. Una lancia era comandata direttamente da Rastelli, l’altra era affidata
al primo ufficiale.
Per giorni e giorni
le due fragili imbarcazioni avanzarono incessantemente a forza di remi – i
naufraghi remavano giorno e notte, dandosi periodicamente il cambio – e, quando
soffiava un po’ di vento, con l’ausilio delle vele.
Il 10 luglio si alzò
un forte vento ed il mare andò progressivamente ingrossando, mettendo a
repentaglio la stabilità delle due scialuppe: enormi ondate investivano
continuamente le lance, sballottandole paurosamente. Particolarmente precarie
erano le condizioni della scialuppa del primo ufficiale: si era aperta una
falla, dalla quale filtrava, lentamente ma inesorabilmente, l’acqua. Il
comandante Rastelli decise infine di trasferire tutti i naufraghi della lancia
danneggiata nella propria imbarcazione, e di abbandonare l’altra alla deriva.
Per fortuna,
l’odissea dei naufraghi era quasi giunta alla fine. Intorno a mezzogiorno del
12 luglio 1941, due settimane dopo l’affondamento della loro nave, i 32
superstiti dell’Ernani sbarcarono
presso il faro di Fuencaliente nell’isola di Palma, la più ad ovest delle
Canarie.
Sfiniti, stentavano
ormai a reggersi in piedi; si rifugiarono nel faro, e qui furono trovati poco
dopo da un pescatore del posto, Pedro de Paz González. Questi corse subito in
paese per dare la notizia, poi si precipitò di nuovo dai naufraghi con dei
generi di prima necessità, insieme al collega Antonio Hernández Capote. La
popolazione di Fuencaliente si mobilità con solerzia fraterna per soccorrere e
sfamare i superstiti dell’Ernani:
Florentino Hernández Mendoza, ad esempio, sebbene malato, in ristrettezze
economiche e con quattro figli a carico, non esitò a donare dei vestiti per i
naufraghi, e lo stesso fecero altri abitanti del luogo. Il sindaco Gumersindo
Curbelo, che si trovava a Santa Cruz de la Palma quando fu informato
dell’arrivo dei naufraghi, si attivò immediatamente regalando anch’egli alcuni
dei propri indumenti, e lavorò fino a notte per organizzare l’invio di viveri
al faro ed il trasferimento dei naufraghi al villaggio per mezzo di cavalli. Il
medico José María Amo del Río prestò i primi soccorsi, anche se non vi erano
particolari criticità, e le ragazze della Sección Femenina del partito
falangista cucinarono pasti per i naufraghi. Le autorità locali, rappresentate
dal vicesindaco Don Emilio Quintana e dal responsabile del faro Don José
González, provvidero alle loro necessità.
Il comandante
Rastelli, una volta giunto a terra, dichiarò che la sua nave era stata silurata
senza preavviso da un sommergibile britannico: essendo stati interrogati in
inglese dagli affondatori, i naufraghi ritenevano infatti che l’attaccante
fosse un battello della Royal Navy.
Gli uomini dell’Ernani vennero successivamente
trasferiti a Santa Cruz de la Palma, ed il console italiano giunse nell’isola
per organizzare il loro rimpatrio.
Il 14 luglio
Supermarina, a Roma, ricevette un telespresso urgente che recitava: «Ministero
Marina spagnolo comunica che ore quattordici corrente dodici est giunta isola
Canaria imbarcazione piroscao Ernani con
trentadue naufraghi stop Ernani est
stato silurato ventotto giugno at quattrocentocinquanta miglia ponente isola
Palma stop Nel siluramento sono periti primo macchinista et ingrassatore alt».
Fin qui, quella dell’Ernani parrebbe una normale, per quanto
drammatica, storia di guerra; ma il sommergibile affondatore non era, come
pensavano i naufraghi, un’unità britannica. Il siluro che aveva affondato l’Ernani era stato lanciato da un
sommergibile tedesco, alleato: l’U 103,
del capitano di fregata Viktor Schütze.
L’U-Boot tedesco
aveva avvistato l’Ernani fin dalle
16.42 del 28 giugno e, ritenendolo un mercantile nemico appartenente al
convoglio SL. 76, lo aveva pedinato per parecchie ore, non visto. Secondo
l’orario tedesco, notevolmente difforme da quello dei naufraghi dell’Ernani, l’U 103 aveva lanciato un primo siluro alle 23.38 (dai tubi di poppa),
mancando il bersaglio, e poi un altro (l’ultimo rimasto) alle 00.51 del 29
giugno, questa volta affondando la nave (che sarebbe affondata in 21 minuti,
secondo fonti tedesche). Schütze, interrogando i superstiti, non li aveva
creduti quando avevano detto di essere del piroscafo italiano Ernani in navigazione da Las Palmas a
Horta, perché la rotta della nave non corrispondeva con quella di un bastimento
diretto a Horta (e infatti i naufraghi avevano mentito: sentendosi interrogare
in inglese, avevano creduto che il sommergibile affondatore fosse britannico,
ed avevano mentito per non rivelare che Bordeaux era la destinazione dei
violatori di blocco).
La Regia Marina non
tardò a protestare vibratamente presso la Kriegsmarine per l’errore
d’identificazione, ma da parte tedesca fu risposto che il piroscafo affondato
non aveva caratteristiche corrispondenti a quelle dell’Enggano, quindi il suo siluramento era pienamente giustificato. Questa
affermazione non era del tutto sbagliata: l’Ernani
non assomigliava ancora all’Enggano,
perché era stato affondato solo due giorni dopo la partenza, prima di poter
ultimare l’opera di camuffamento. Il BdU indagò sull’incidente, ma giunse alla
conclusione che al comandante Schütze non doveva essere fatta colpa di quanto
accaduto, perché non era stato informato della presenza in zona di navi amiche
e perché l’Ernani non era
riconoscibile, essendo stato alterato il suo aspetto (dal diario del BdU, il
Comando dei sommergibili tedeschi, risulterebbe che l’U 103 era stato informato del passaggio dell’Ernani, ma che il suo aspetto non corrispondeva alle informazioni
fornite a Schütze).
Un’altra foto della nave come Valacia (da www.wrecksite.eu) |
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