La Procione (da www.torpedo150rijeka.org) |
Torpediniera, o avviso scorta, della classe Orsa (dislocamento standard
840 tonnellate, in carico normale 1016 tonnellate, a pieno carico 1600
tonnellate).
All’entrata in guerra dell’Italia, le quattro unità della classe erano
di fatto le sole navi della Regia Marina appositamente concepite per la scorta
ai convogli (eccezion fatta per il poco riuscito cacciasommergibili
“sperimentale” Albatros), oltre ad
essere dotate di considerevole autonomia, e di conseguenza furono fin da subito
in “prima linea” sulle rotte per l’Africa Settentrionale, dove prestarono
intenso servizio per tutta la campagna nordafricana.
Breve e parziale
cronologia.
27 aprile 1936
Impostazione presso i Bacini & Scali Napoletani di Napoli.
21 marzo 1937
Varo presso i Bacini & Scali Napoletani di Napoli.
La Procione pronta al varo (da buenaventuramenorca.files.wordpress) |
31 marzo 1938
Entrata in servizio. Inizialmente classificata avviso scorta, nel corso
del 1938 viene riclassificata torpediniera.
Settembre 1938
Assume il comando della Procione,
e della sua squadriglia, il capitano di corvetta Corrado Tagliamonte. La nave
opera nelle acque della Spagna durante la guerra civile spagnola.
5 giugno 1940
Assume il comando della Procione
il capitano di corvetta Riccardo Imperiali, che manterrà questo ruolo fino
all’agosto 1941.
10 giugno 1940
All’entrata in guerra dell’Italia, la Procione è caposquadriglia della IV Squadriglia Torpediniere, di
base a Napoli, che forma con le gemelle Orsa,
Orione e Pegaso.
16 giugno 1940
Mentre la Procione si trova
ormeggiata nel porto di Napoli, un siluro viene accidentalmente espulso da un
tubo lanciasiluri: l’arma attraversa le acque del porto e colpisce il piroscafo
Rastrello, ormeggiato all’antemurale
Thaon di Revel. Il Rastrello affonda
in dieci minuti, senza vittime tra l’equipaggio.
Alle 20 dello stesso giorno la Procione
(capitano di corvetta Riccardo Imperiali) ed il resto della Squadriglia (Orsa, Orione e Pegaso) salpano
da Napoli per compiere un rastrello antisommergibili al largo di Napoli; la Procione, in particolare, rastrella
un’area situata circa cinque miglia a sud di Punta Imperatore.
17 giugno 1940
La Procione rientra a Napoli
alle 8.
25 giugno 1940
La Procione (caposcorta) ed
il resto della IV Squadriglia Torpediniere (Orsa, Orione e Pegaso) partono da Napoli alle 2.15 per
scortare a Tripoli i trasporti truppe Esperia
e Victoria, aventi a bordo 937 militari
e 2775 tonnellate di materiali.
Si tratta del primo convoglio organico inviato in Libia, preceduto
soltanto dall’invio della XII Squadriglia Cacciatorpediniere con alcune
batterie anticarro.
(Per altra versione, Procione
ed Orsa si limitano a scortare i due
bastimento fino a Siracusa, poi essere sostituite dalla XIV Squadriglia
Cacciatorpediniere «Vivaldi», mentre Orione
e Pegaso non partecipano alla
missione).
Ha così inizio quella che prenderà il nome di “battaglia dei convogli”.
26 giugno 1940
Il convoglio giunge a Tripoli alle 13.30.
2 luglio 1940
Procione (caposcorta), Orsa, Orione e Pegaso lasciano
Tripoli alle 13, per scortare Esperia
e Victoria che rientrano a Napoli. Oltre
alla scorta diretta, è ora presente una forza di scorta a distanza costituita
dalla I Divisione Navale (incrociatori pesanti Zara, Fiume e Gorizia) con la IX Squadriglia
Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri,
Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè
Carducci) e dalla II Divisione Navale (incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Bartolomeo Colleoni) con la X
Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale,
Grecale, Libeccio, Scirocco).
4 luglio 1940
Il convoglio arriva a Napoli alle 23.
6 luglio 1940
La IV Squadriglia Torpediniere, con Procione (caposquadriglia), Orsa,
Orione e Pegaso, salpa da Napoli alle 19.45 per scortare a Bengasi i
trasporti truppe Esperia e Calitea, che hanno a bordo 2190 uomini,
e le moderne motonavi da carico Marco
Foscarini e Vettor Pisani. Al
largo di Catania si unisce al convoglio la motonave Francesco Barbaro, scortata dalle vecchie torpediniere Giuseppe Cesare Abba e Rosolino Pilo. L’operazione è denominata
«TCM» (Terra, Cielo, Mare).
Il convoglio segue la rotta che passa per lo Stretto di Messina.
7 luglio 1940
Mentre il convoglio si trova in Mar Ionio, Supermarina viene informato
che alle otto del mattino dello stesso 7 luglio la Forza H britannica (portaerei
Ark Royal, corazzate Valiant e Resolution, incrociatore da battaglia Hood, incrociatori leggeri Arethusa, Delhi ed Enterprise, cacciatorpediniere Faulknor,
Foxhound, Fearless, Douglas, Active, Velox, Vortingern e Wrestler, Escort e Forester) è
uscita in mare da Gibilterra. Scopo di tale uscita (operazione «MA 5») è
attaccare gli aeroporti della Sardegna, per distogliere l’attenzione dei
comandi italiani da un traffico di convogli tra Alessandria a Malta (due
convogli di mercantili per l’evacuazione di civili e materiali da inviare ad
Alessandria, ed uno di cacciatorpediniere con alcuni rifornimenti per Malta),
con l’appoggio dell’intera Mediterranean Fleet (corazzate Warspite, Malaya e Royal Sovereign, portaerei Eagle, incrociatori leggeri Orion, Neptune, Sydney, Gloucester e Liverpool, cacciatorpediniere Dainty,
Defender, Decoy, Hasty, Hero, Hereward, Hyperion, Hostile, Ilex, Nubian, Mohawk, Stuart, Voyager, Vampire, Janus e Juno); questo,
però, non è a conoscenza dei comandi italiani, che decidono di fornire
protezione al convoglio diretto a Bengasi, facendo uscire in mare l’intera
flotta italiana.
La scorta diretta viene così rinforzata dalla II Divisione Navale, con
gli incrociatori Bande Nere e Colleoni, dalla X Squadriglia
Cacciatorpediniere con Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco, e
dalle torpediniere Pilo e Missori; quale scorta a distanza, escono
in mare la 1a Squadra Navale con le Divisioni IV (incrociatori
leggeri Alberico Da Barbiano, Alberto Di Giussano, Luigi Cadorna ed Armando Diaz), V (corazzate Giulio
Cesare e Conte di Cavour) e VIII
(incrociatori leggeri Luigi di Savoia
Duca degli Abruzzi e Giuseppe
Garibaldi) e le Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia, Dardo, Saetta, Strale), VIII (Folgore, Fulmine, Lampo, Baleno), XIV (Leone Pancaldo, Ugolino Vivaldi, Antonio Da
Noli), XV (Antonio Pigafetta, Nicolò Zeno) e XVI (Nicoloso Da Recco, Emanuele
Pessagno, Antoniotto Usodimare),
e la 2a Squadra Navale con l’incrociatore pesante Pola (nave ammiraglia), le Divisioni I (Zara, Fiume, Gorizia), III
(incrociatori pesanti Trento e Bolzano) e VII (incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli e Muzio
Attendolo) e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX (Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci), XI (Aviere, Artigliere, Geniere, Camicia Nera),
XII (Lanciere, Carabiniere, Ascari, Corazziere) e XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino). Pola, I e III Divisione, con le relative squadriglie di
cacciatorpediniere (IX, XI e XII), si posizionano 35 miglia ad est del
convoglio, per proteggerlo da un attacco navale proveniente da est, mentre la
VII Divisione e la XIII Squadriglia, posizionate 45 miglia ad ovest, forniscono
protezione da attacchi provenienti da Malta; il resto della flotta (IV, V e
VIII Divisione, VII, VIII, XIV, XV e XVI Squadriglia) forma infine un gruppo di
sostegno. Non è tutto: viene organizzata un’intensa ricognizione aerea con
grandi aliquote dei velivoli della ricognizione marittima, il posamine
ausiliario Barletta viene inviato a posare mine a protezione del porto di
Bengasi, e vengono inviati in tutto 14 sommergibili in agguato nel Mediterraneo
orientale.
L’avvistamento anche della Mediterranean Fleet, uscita da Alessandria
nel pomeriggio del 7 – come si è detto – per proteggere i convogli con Malta,
non fa che confermare la convinzione di Supermarina circa la necessità delle
misure adottate.
Il convoglio, procedendo a 14 nodi, segue rotta apparente verso Tobruk
fino a giungere in un punto situato 245 miglia a nordovest di Bengasi, quindi
assume rotta verso quest’ultimo porto; dopo altre 100 miglia il convoglio si
divide, lasciando proseguire a 18 nodi le più veloci Esperia e Calitea, mentre
le motonavi da carico manterranno una velocità di 14 nodi.
8 luglio 1940
All’1.50 l’ammiraglio Inigo Campioni, comandante della flotta italiana,
a seguito di avvistamenti della ricognizione che rivelano la presenza in mare
della Mediterranean Fleet britannica (anch’essa uscita a tutela di convogli),
ordina al convoglio, che si trova in rotta 147° (per Bengasi) di assumere rotta
180°, in modo da essere pronto ad essere dirottato su Tripoli in caso di
necessità. Alle 7.10, appurato che la Mediterranean Fleet non può essere
diretta ad intercettare il convoglio, Campioni ordina a quest’ultimo di tornare
sulla rotta per Bengasi.
La Procione e le altre navi
del convoglio (le torpediniere seguono in porto i mercantili) entrano a Bengasi
tra le 18 e le 22, così concludendo la traversata senza inconvenienti. In tutto
il convoglio porta in Libia 2190 uomini (1571 sull’Esperia e 619 sulla Calitea),
72 carri armati M11/39, 232 automezzi, 5720 tonnellate di carburante e 10.445
tonnellate di rifornimenti.
Durante la navigazione di rientro alle basi, la flotta italiana si
scontrerà con quella britannica, nell’inconclusivo confronto divenuto poi noto
come battaglia di Punta Stilo.
9 luglio 1940
La Procione (per altra
versione, l’Orione) salpa da Bengasi alle
19.30 per scortare a Tripoli Esperia
e Calitea, che devono imbarcarvi
reparti della 61a Divisione Fanteria "Sirte" da trasferire
in Cirenaica.
10 luglio 1940
Procione, Esperia e Calitea arrivano a Tripoli alle 15. Le altre torpediniere della IV
Squadriglia si alterneranno, nei giorni seguenti, nella scorta ai due trasporti
che faranno la spola tra Tripoli e Bengasi con truppe della Divisione
"Sirte", mentre la Procione
rimane a Bengasi in attesa del viaggio di ritorno in Italia.
19 luglio 1940
Alle sei del mattino la Procione,
di nuovo nel ruolo di caposcorta, lascia Bengasi insieme al resto della IV
Squadriglia (Orsa, Orione e Pegaso) per scortare in Italia Esperia,
Calitea, Foscarini, Pisani e Barbaro.
In mattinata la scorta diretta viene rinforzata dalla X Squadriglia
Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco)
proveniente da Tripoli. Per scorta indiretta esce da Taranto l’VIII Divisione
Navale (Duca degli Abruzzi e Garibaldi) con i relativi
cacciatorpediniere, mentre la III Divisione si tiene pronta a Messina, per
intervenire rapidamente in caso di necessità.
21 luglio 1940
Il convoglio arriva a Napoli alle 00.30, senza che si siano manifestati
problemi.
27 luglio 1940
Procione (caposquadriglia),
Orsa, Orione e Pegaso salpano
da Napoli alle 5.30 per scortare a Tripoli un convoglio composto dai
piroscafi Maria Eugenia, Bainsizza e Gloriastella e dalle motonavi Mauly, Col di Lana, Francesco Barbaro e Città di Bari, nell’ambito
dell’operazione «Trasporto Veloce Lento» (T.V.L.). Si tratta del convoglio
lento, avente velocità 7,5 nodi.
A protezione di questo e di un secondo convoglio diretto a Bengasi (quello
veloce, che procede a 16 nodi: trasporti truppe Marco Polo, Città di
Palermo e Città di Napoli,
torpediniere Alcione, Airone, Aretusa ed Ariel)
saranno in mare, dal 30 luglio al 1° agosto, gli incrociatori pesanti Pola, Zara, Fiume, Trento e Gorizia (I Divisione), gli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano ed Alberto Di Giussano della IV
Divisione e Luigi di Savoia Duca
degli Abruzzi, Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo della VII
Divisione, e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX (Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci), XII (Lanciere, Corazziere, Carabiniere, Alpino),
XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Ascari) e
XV (Pigafetta, Malocello, Zeno).
28 luglio 1940
A seguito dell’avvistamento di notevoli forze navali britanniche uscite
in mare sia da Alessandria (il grosso della Mediterranean Fleet) che da
Gibilterra (l’incrociatore da battaglia Hood,
le corazzate Valiant e Resolution e le portaerei Argus ed Ark Royal), i due convogli dell’operazione T.V.L. ricevono ordine
da Supermarina di rifugiarsi immediatamente nei porti della Sicilia.
Il convoglio lento, con la IV Squadriglia, giunge a Catania in serata
e vi sosta per due giorni.
30 luglio 1940
Passata la minaccia, il convoglio riparte in mattinata da Catania, con
il rinforzo della X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco)
Intorno alle 14 il convoglio viene attaccato, circa 20 miglia a sud di
Capo dell’Armi (ed a sudovest di Capo Spartivento), dal sommergibile
britannico Oswald (capitano
di corvetta David Alexander Fraser), che lancia alcuni siluri contro il Grecale e la Col di Lana: il cacciatorpediniere
riesce però a schivare le armi, che mancano anche la motonave. (La data
dell’attacco è tuttavia visibilmente incongruente con quella della partenza del
convoglio da Catania: ad ora l’autore non ha trovato una spiegazione, se non
che una delle due date dev’essere errata). L’Oswald lancia via radio un segnale di scoperta relativo al
convoglio.
1° agosto 1940
Il convoglio raggiunge indenne Tripoli alle 9.45.
2 agosto 1940
Procione, Orsa, Orione e Pegaso salpano
da Tripoli alle 8.30 per scortare a Bengasi Maria
Eugenia, Gloriastella, Mauly, Caffaro, Col di Lana e Città di Bari.
4 agosto 1940
Il convoglio raggiunge Bengasi a mezzogiorno.
16 agosto 1940
Procione, Orsa, Orione e Pegaso lasciano
da Tripoli alle 18.30 per scortare in Italia Marco Polo, Città di Palermo
e Città di Napoli.
Nella notte si uniscono alla scorta la X Squadriglia Cacciatorpediniere
(Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco) e la I Squadriglia
Torpediniere (Alcione, Airone, Ariel ed Aretusa).
18 agosto 1940
Il convoglio arriva a Palermo alle tre.
19 agosto 1940
Il convoglio giunge a Napoli alle 19.
22 agosto 1940
La Procione salpa da Bengasi
alle 6 per scortare a Derna il piroscafo Ravenna
e la motonave Città di Messina.
23 agosto 1940
Procione e Città di Messina raggiungono Derna alle
6. La Procione ne riparte mezz’ora
dopo, per scortare il piroscafo Pallade
ad Ain-el-Gazala.
24 agosto 1940
Le due navi arrivano ad Ain-el-Gazala alle 13.
4 settembre 1940
Lascia Tripoli alle 8.30 per scortare in Italia i piroscafi Achille e Bainsizza.
6 settembre 1940
Il convoglietto giunge a Palermo alle 16.30.
9 settembre 1940
Le navi arrivano a Napoli alle 11.30.
21 settembre 1940
La Procione parte da Napoli
per Tripoli alle 6, di scorta alla motonave Marco
Foscarini.
22 settembre 1940
Procione e Foscarini arrivano a Tripoli alle 14.30.
4 ottobre 1940
La Procione parte da Tripoli
alle 15, per scortare in Italia i piroscafi Santa
Paola e Bosforo.
6 ottobre 1940
I due mercantili arrivano a Palermo alle 23.30. La Procione, intanto, è tornata in Libia, dove a mezzogiorno salpa da
Tripoli di scorta alla motonave Vettor
Pisani, diretta a Palermo.
7 ottobre 1940
Procione e Pisani arrivano a Palermo alle 18.45.
13 novembre 1940
La Procione salpa da Napoli
alle 19.30 per scortare a Tripoli i piroscafi Amsterdam e Capo Orso.
16 novembre 1940
Le tre navi arrivano a Tripoli alle 14.
3 dicembre 1940
Salpa da Tripoli alle 16 per scortare a Tobruk la motonave Calino.
4 dicembre 1940
Procione e Calino arrivano a Bengasi alle 21,
sostandovi fino al giorno seguente.
5 dicembre 1940
Le due navi lasciano Bengasi all’1.30 ed arrivano a Tobruk alle 16.
La Procione nei primi anni di servizio (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
1940-1941
L’armamento contraereo viene completamente sostituito: vengono
eliminate le otto mitragliere da 13,2/76 mm (due singole e tre binate) che lo
costituivano, mentre al loro posto sono installate quattro più potenti
mitragliere binate Breda 1935 da 20/65 mm.
29 gennaio 1941
Procione ed Orione (caposcorta) salpano da Napoli
per Tripoli alle 14.30, scortando i piroscafi tedeschi Reichenfels, Marburg e Wachtfels.
31 gennaio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 11.30.
4 febbraio 1941
La Procione e l’Orione (caposcorta) partono da Tripoli
per Napoli alle 16.30, scortando i piroscafi tedeschi Marburg e Reichenfels
(per altra fonte fanno parte del convoglio e della scorta anche,
rispettivamente, il piroscafo tedesco Wachtfels
e l’incrociatore ausiliario Caralis).
6 febbraio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 15.
12 febbraio 1941
La Procione ed il
cacciatorpediniere Camicia Nera
salpano da Napoli per Tripoli all’1.45, scortando i mercantili tedeschi Adana, Aegina, Kybfels e Ruhr. Si tratta del secondo convoglio
con truppe dell’Afrika Korps, del quale è in corso il trasferimento in Libia ("Sonnemblume
2").
14 febbraio 1941
Il convoglio raggiunge Tripoli alle 18.
16 febbraio 1941
La Procione (caposcorta) e la
torpediniera Calliope lasciano
Tripoli alle 17 scortando Adana, Aegina e Ruhr che rientrano a Napoli.
18 febbraio 1941
Il convoglio arriva a Napoli alle 15.
25 febbraio 1941
Procione, Orsa, Calliope ed il cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta) salpano da Napoli per Tripoli alle
12.30, scortando un convoglio formato dalla motonave italiana Giulia e dai piroscafi tedeschi Arcturus, Alicante, Leverkusen e Wachtfels: si tratta del convoglio
"Sonnemblume 4", il quarto convoglio con truppe e materiali
dell’Afrika Korps.
27 febbraio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 18.30.
1° marzo 1941
Procione, Orsa, Calliope e Vivaldi
lasciano Tripoli alle 13 per scortare Alicante,
Arcturus, Leverkusen e Wachtfels
che ritornano a Napoli.
3 marzo 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 11.
12 marzo 1941
Procione (caposcorta), Orsa ed Orione salpano da Napoli per Tripoli alle 3.30, di scorta ai
piroscafi tedeschi Maritza, Ruhr, Castellon e Leverkusen,
carichi di truppe e materiali dell’Afrika Korps ("Sonnemblume 10").
14 marzo 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 13.
16 marzo 1941
Procione (caposcorta), Orsa ed Orione ripartono da Tripoli per Napoli alle 11, scortando le
quattro navi dell’andata nella navigazione di ritorno.
18 marzo 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 14.
22 marzo 1941
Procione (caposcorta), Orsa ed Orione salpano da Napoli alle 5.30 per scortare a Tripoli Castellon, Alicante, Maritza e Leverkusen (convoglio "Sonnemblume
14" dell’Afrika Korps).
24 marzo 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 11.
25 marzo 1941
Procione (caposcorta), Orsa ed Orione lasciano Tripoli alle 14 per scortare a Napoli Castellon, Maritza ed Alicante.
27 marzo 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 18.30.
8 aprile 1941
Procione, Cigno ed Orione partono da Napoli per Tripoli alle 2, di scorta ad un
convoglio formato dal piroscafo italiano Ernesto
e dai tedeschi Castellon, Arcturus, Leverkusen e Wachtfels,
con truppe e materiali dell’Afrika Korps.
10 aprile 1941
Il convoglio raggiunge Tripoli alle 12.
Procione, a sinistra, e Pegaso a Napoli (Naval History and Heritage Command, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
12 aprile 1941
Procione, Orsa ed Orione (caposcorta) ripartono da Tripoli alle 11 per scortare in
Italia Castellon, Arcturus, Leverkusen e Wachtfels.
13 aprile 1941
All’1.53 il sommergibile britannico Upholder
(capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn), che sta procedendo ad alta
velocità alla ricerca di un convoglio di cui ha contezza dalle segnalazioni dei
ricognitori e dall’avvistamento di bengala verso sud, avvista un convoglio
diretto verso nord, circa tre miglia a ponente di Pantelleria; si tratta, con
ogni probabilità, del convoglio scortato dalla Procione. Il battello britannico cerca di lanciare il segnale di
scoperta, ed alle 2.12 spara alcuni proiettili illuminanti a proravia del
convoglio, per indurlo a tornare indietro. Le navi della scorta si avvicinano,
mentre l’Upholder s’immerge; dopo tre
minuti il convoglio inverte la rotta dirigendo verso sud, ed il sommergibile
lancia un altro segnale di scoperta, senza avere risposta. Il convoglio torna
poi ad assumere la rotta originaria.
14 aprile 1941
Wachtfels ed Orione si separano dal resto del
convoglio per dirigere a Palermo, dove arrivano alle 10. La Procione ed il resto del convoglio
raggiungono Napoli alle 23.
24 aprile 1941
La Procione (capitano di
corvetta Riccardo Imperiali, caposcorta) salpa da Napoli alle 23 insieme
alle torpediniere Castore ed Orione ed ai cacciatorpediniere Fulmine ed Euro, per scortare a Tripoli un convoglio formato dalle
motonavi italiane Birmania e Rialto e dai piroscafi tedeschi Reichenfels, Marburg e Kybfels
(convoglio «Birmania» o «Seetransportstaffel. 23»).
25 aprile 1941
Al convoglio si unisce anche il trasporto truppe Marco Polo, scortato dalla torpediniera Orsa.
A causa di movimenti delle forze navali britanniche sia ad est che ad
ovest del Canale di Sicilia (e conseguente allarme navale) e del mare
tempestoso, il convoglio viene dirottato in porti della Sicilia, diviso in due
gruppi: piroscafi e torpediniere vengono fatti rifugiare a Palermo alle 21.30
del 25, mentre le motonavi riparano a Messina alle 18.
Ripartiranno solo nella notte tra il 29 ed il 30 aprile.
30 aprile 1941
I due gruppi salpano da Palermo a Messina nelle prime ore della notte e
riformano il convoglio al largo di Augusta. Quest’ultimo passa a nord della
Sicilia e poi imbocca la rotta delle Kerkennah, la più adatta per restare il
più lontano possibile dalle navi britanniche ancora in movimento nel
Mediterraneo Orientale.
Per ordine di Supermarina, le Divisioni incrociatori III (incrociatori
pesanti Trieste e Bolzano) e VII (incrociatore leggero Eugenio di Savoia) ed i
cacciatorpediniere Ascari, Carabiniere (per la III Divisione) e Gioberti (per la VII
Divisione) escono in mare per proteggere il convoglio da eventuali
attacchi da parte delle forze di superficie britanniche che sono ancora in
mare.
1° maggio 1941
Alle 12.51, ottanta miglia a nord di Tripoli, la Rialto viene mancata da un siluro
che la passa a poppa: a lanciarlo è stato il sommergibile britannico Undaunted (tenente di vascello
James Lees Livesey), che alle 12.44 ha lanciato un segnale di
scoperta per un grosso convoglio scortato in posizione 34°40’ N e 12°20’ E, su
rotta 205° e con velocità 8 nodi.
Il convoglio viene anche infruttuosamente attaccato da aerei; da Malta
prende il mare per intercettarlo una formazione composta dall’incrociatore
leggero Gloucester e dai
cacciatorpediniere Kelly, Kelvin, Kashmir, Kipling, Jersey e Jackal, ma non riesce a rintracciarlo.
Tutte le navi raggiungono indenni Tripoli alle 23 (o 21).
3 maggio 1941
Il marinaio Costantino Testa, 22 anni, da Avellino, muore sulla Procione nel Mediterraneo Centrale.
In questa data la Procione si
trovava nel porto di Tripoli, insieme ad altre unità mercantili (tra cui il
trasporto truppe Marco Polo) e
militari (tra cui l’Orione, la
torpediniera Castore ed i
cacciatorpediniere Fulmine ed Euro) quando saltarono in aria, per
cause controverse, la motonave Birmania
e l’incrociatore ausiliario Città di Bari,
cariche di munizioni: è possibile che Costantino Testa sia stato tra le vittime
di questa catastrofe, che provocò danni e vittime in buona parte dell’area
portuale.
5 maggio 1941
Procione (caposcorta), Orsa, le torpediniere Centauro, Cigno e Perseo ed i
cacciatorpediniere Fulmine ed Euro salpano da Tripoli per Palermo (la
destinazione finale è Napoli) alle 9.30, scortando la motonave italiana Rialto, il trasporto truppe Marco Polo ed i piroscafi tedeschi Reichenfels, Marburg e Kybfels: il
convoglio è denominato «Marco Polo».
Il convoglio segue la rotta ad est di Malta; per proteggere il suo
movimento e quello di un altro convoglio (in navigazione da Napoli a Tripoli),
essendo state avvistate a Malta delle unità leggere britanniche, esce in mare
la VII Divisione Navale dell’ammiraglio Ferdinando Casardi, con gli
incrociatori leggeri Eugenio di Savoia,
Muzio Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta ed i
cacciatorpediniere Antonio Pigafetta,
Alvise Da Mosto, Giovanni Da Verrazzano, Nicoloso
Da Recco e Nicolò Zeno.
La visibilità è cattiva durante tutta la giornata del 5.
Alle 14.26 la VII Divisione, di scorta indiretta al convoglio diretto a
Tripoli, avvista il convoglio «Marco Polo»; l’ammiraglio Casardi manda il Da Verrazzano a segnalare otticamente
alla Procione (essendo quest’ultima
sprovvista di apparato radio ad onde ultracorte, avente portata abbastanza
limitata da non essere radiogoniometrabile) gli ordini di Supermarina sulla
rotta da seguire, ed ad impartirgli istruzioni in merito al dispositivo di
marcia notturna ed a come il convoglio dovrà manovrare in caso di attacco
aereo. Alle 19.50 la VII Divisione si posiziona 4 km a proravia del convoglio.
Al calare del buio, il convoglio si dispone come ordinato
dall’ammiraglio Casardi: i mercantili su tre colonne, con scorta laterale, gli
incrociatori in linea di fila 3 km a proravia del convoglio, ed i
cacciatorpediniere in posizione di scorta avanzata.
La navigazione notturna si svolge senza inconvenienti; il convoglio
esegue le accostate senza difficoltà, nonostante la loro ampiezza.
6 maggio 1941
Alle 5.45 la VII Divisione lascia la scorta ravvicinata del convoglio,
posizionandosi alla sua sinistra; alle 6.04 viene avvistato il primo velivolo
della scorta aerea.
Alle 13.25 il convoglio viene avvistato in posizione 37°36’ N e 15°28’
E, su rilevamento 070°, dal sommergibile britannico Unique (tenente di vascello Anthony Foster Collett), ma
questi, che dista una decina di miglia dalle navi dell’Asse e non è nella
posizione prevista a causa di un errore di navigazione, non è in grado di
attaccare.
7 maggio 1941
Il convoglio arriva a Palermo alle 6.30.
10 maggio 1941
Muore in Libia il marinaio Domenico Maresca, di Torre Annunziata, della
Procione. Aveva ventuno anni.
24 maggio 1941
Procione, Orsa e Pegaso salpano da Napoli alle 4.30 (o 4.40) insieme al
cacciatorpediniere Freccia (caposcorta,
capitano di fregata Giorgio Ghè) per scortare a Tripoli un convoglio veloce
formato dai trasporti truppe Conte Rosso, Marco Polo, Esperia e Victoria,
aventi a bordo in tutto 8500 soldati diretti in Libia. Capoconvoglio è il
contrammiraglio Francesco Canzoneri, imbarcato sul Conte Rosso. Il convoglio segue a 17-18 nodi la rotta che passa ad
est di Malta.
Tra le 8 e le 9, come preavvisato da Marina Napoli, Esperia e Conte Rosso vengono sottoposti ad attacchi simulati da parte di
aerosiluranti italiani, per addestrare sia questi ultimi (ad attaccare) che le
navi stesse (a difendersi da simili attacchi).
Alle 15.15 le navi imboccano lo stretto di Messina; da quest’ultima
città escono le torpediniere Calliope, Perseo e Calatafimi, che raggiungono il convoglio al largo della città e
fino alle 19.10 lo accompagnano per rafforzare la vigilanza antisommergibile,
per poi lasciarlo al largo di Riposto, come ordinato, e tornare a Messina. Alle
16 salpa da Messina la III Divisione Navale (ammiraglio di divisione Bruno
Brivonesi), con gli incrociatori pesanti Trieste e Bolzano ed
i cacciatorpediniere Ascari, Lanciere e Corazziere, che fornirà al convoglio
scorta indiretta (procedendo circa 3 km a poppavia dello stesso); aerei da
caccia, bombardieri ed idrovolanti (83° Gruppo della Regia Aeronautica)
costituiscono invece la scorta aerea, presente dalle 13.56 fino al tramonto
(gli ultimi aerei, due idrovolanti CANT Z. 501, se ne vanno alle 20.15 per tornare
alle basi di Augusta e Taranto).
Nel frattempo – subito dopo aver attraversato lo stretto (il che
avviene tra le 15.15 e le 17.30) – il convoglio assume la formazione in colonna
doppia; Esperia e Conte Rosso sono i capi colonna,
rispettivamente a dritta ed a sinistra (l’Esperia
è seguito dalla Victoria, il Conte Rosso dal Marco Polo). L’Orsa
precede il convoglio e lancia bombe di profondità a scopo intimidatorio dopo
aver superato Reggio Calabria; alle 16.34 e 16.53 anche il Freccia lancia due bombe. Poi Procione
ed Orsa si dispongono in colonna sul
lato di dritta del convoglio (Orsa
più avanti, all’altezza dell’Esperia;
Procione più indietro, a poppavia
della Victoria), Freccia e Pegaso sul lato
sinistro (il Freccia in posizione più
avanzata, all’altezza del Conte Rosso,
e la Pegaso più indietro, appena a
poppavia del Marco Polo). Trieste e Bolzano seguono incolonnati a tre chilometri, preceduti da Ascari (a dritta), Lanciere (a sinistra) e Corazziere
(al centro) che procedono in linea di fronte. Il convoglio procede quindi a zig
zag su quattro colonne (due di trasporti e due di siluranti, con due navi in
ogni colonna), con rotta 171° e velocità 18 nodi.
Il mare è calmo, forza 1-2 senza cresta d’onda, non un alito di vento;
il tramonto, particolarmente luminoso, rende le sagome delle navi molto
visibili da ovest.
Alle 20.30 il convoglio viene avvistato nel punto 36°48’ N e 15°42’ E
(una decina di miglia ad est di Siracusa e a 10 miglia per 83° da Capo Murro di
Porco) dal sommergibile britannico Upholder (tenente
di vascello Malcolm David Wanklyn). Wankyn stima che il convoglio abbia una
rotta di 215°, e si avvicina per attaccare. Proprio alle 20.40, le navi
smettono di zigzagare, per fare il punto.
Alle 20.43, prima di scendere a 45 metri e ripiegare verso est, l’Upholder lancia due siluri contro
il Conte Rosso, la nave più
grande del convoglio. Dopo una breve corsa, i siluri mancano il Freccia e colpiscono il bersaglio
prescelto.
Subito dopo il siluramento, il Freccia
lancia un razzo Very verde, segnale convenzionale d’allarme; i tre trasporti
illesi eseguono la prescritta manovra di disimpegno, Esperia e Victoria
accostando di 90° a dritta, Marco Polo
a sinistra. Alle 20.50 Procione e Pegaso ricevono ordine dal Freccia, come stabilito già nell’ordine
di operazioni, di provvedere al salvataggio dei naufraghi; intanto il
caposcorta inizia a lanciare bombe di profondità (effettuerà tre corse,
lanciando in tutto 17 cariche fino alle 21), ordina all’Orsa di proseguire col convoglio (ma questa risponde solo alle
21.15) e poi cerca di contattare i tre piroscafi per radiosegnalatore (ma,
benché si sia stabilito che su ognuno di essi si debba effettuare servizio
continuo di ascolto dalle 21 in poi, e sempre in caso di allarme, nessuno
risponde).
Il Conte Rosso s’inabissa in
poco più di dieci minuti, una decina di miglia ad est di Capo Murro di Porco.
L’Upholder, sceso a 45 metri, viene
bombardato con 37 cariche di profondità dalle 20.47 alle 21.07 da Freccia, Lanciere e Corazziere, ma
non subisce danni.
Lanciere e Corazziere si uniscono a Procione e Pegaso nel salvataggio dei naufraghi (sul posto, per partecipare ai
soccorsi, arrivano in seguito anche le torpediniere Cigno, Pallade e Clio, inviate da Messina, e le navi
ospedale Arno e Sicilia), mentre il convoglio prosegue verso Tripoli (dove arriverà
alle 17.30 dell’indomani).
Tra i naufraghi recuperati dalla Procione
c’è anche il capo convoglio, ammiraglio Canzoneri. La torpediniera continua
alacremente a soccorrere naufraghi fino alle 5.30 del 25 maggio; l’ammiraglio
Canzoneri riferirà nel rapporto che “posso affermare che il comandante e
l’equipaggio tutto hanno destato nei raccolti un entusiastico sentimento per
l’abnegazione con cui si sono prodigati nella loro assistenza”.
Il buio della notte rende particolarmente difficile il recupero dei
naufraghi; dei 2729 uomini imbarcati sul Conte
Rosso, 1297 sono affondati con la nave o sono morti in mare dopo
l’affondamento. La Procione recupera
circa 270 sopravvissuti, oltre alle salme di sette od otto uomini; la Pegaso trae in salvo 445 naufraghi,
mentre altri 540 circa sono salvati da Granatiere
e Corazziere.
25 maggio 1941
Terminate le operazioni di salvataggio, la Procione e le altre unità soccorritrici giungono in mattinata ad
Augusta, dove sbarcano i naufraghi del Conte
Rosso. Nel rapporto sulle operazioni di salvataggio, così si parla
dell’operato delle torpediniere: “Tutti i passeggeri senza distinzione hanno
manifestato la loro profonda riconoscenza per l’opera dei marinai delle
siluranti che procedettero al salvataggio e per le più che fraterne cure
ricevute a bordo. In modo speciale vi è stato un vero entusiasmo generale per
le Torpediniere Procione e Pegaso che col loro spirito di
abnegazione e colla abilità marinaresca dimostrata dall’equipaggio oltre che
dai Comandanti, hanno contribuito nella misura massima possibile al
salvataggio”.
Una foto della Procione in bacino di carenaggio a Napoli (da it.wikipedia.org) |
26 maggio 1941
Procione, Cigno, Castore, Pallade, Pegaso ed i cacciatorpediniere Vivaldi (caposcorta, capitano di
vascello Giovanni Galati), Saetta e Da Noli partono da Napoli alle 2.30
(altra versione indica l’orario di partenza nelle 23 del 25 maggio) per
scortare a Tripoli un convoglio formato dalle motonavi Marco Foscarini, Andrea
Gritti, Sebastiano Venier, Barbarigo, Rialto ed Ankara
(tedesca).
Il convoglio, che ha scorta aerea per alcuni tratti, è scortato a
distanza dalla III Divisione Navale, dallo stretto di Messina in poi; segue le
rotte che passano ad est di Malta.
27 maggio 1941
Alle 13 – poco dopo che gli aerei dell’Aeronautica di Sicilia della
scorta aerea hanno lasciato il convoglio, mentre i velivoli che avrebbero
dovuto sostituirli, provenienti dalla Libia, non sono potuti decollare a causa
del forte ghibli – vengono avvistati sei aerei a 6-7 km di distanza, i quali
volano a 10-20 metri di quota su rotta opposta al convoglio; si tratta di
bombardieri britannici Bristol Blenheim, i quali si portano al traverso del
convoglio e poi accostano per attaccare il gruppo formato da Foscarini, Barbarigo, Venier, Cigno e Da Noli. Le navi aprono subito il fuoco; due degli attaccanti
vengono abbattuti (la Cigno
recupererà poi un superstite, il sergente K. P. Collins della 82a
Squadriglia della R.A.F.), ma Foscarini
e Venier sono colpite. La Venier subisce solo danni lievi, perché
la bomba che la colpisce non esplode; ma la Foscarini
viene incendiata ed immobilizzata.
L’attacco dura tre minuti. La Foscarini,
assistita dal Da Noli, dovrà essere
rimorchiata fino a Tripoli, dove viene portata a poggiare sul fondo
dell’avamporto. Il tiro contraereo delle navi abbatte due degli aerei attaccanti.
Alle 19.10 sopraggiungono, dopo ripetute richieste del caposcorta,
quattro aerei da caccia ed un aerosilurante Savoia Marchetti S.M.79 per la
scorta aerea.
28 maggio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli in mattinata.
Sempre secondo la cronologia dell’U.S.M.M., Procione, Orsa, Freccia e
Pegaso lasciano Tripoli per Napoli a
mezzogiorno del 27 scortando Esperia,Victoria e Marco Polo, che tornano in Italia (evidente discrepanza temporale
con il viaggio precedente). Si segue di nuovo la rotta di levante e per lo
stretto di Messina; la III Divisione fornisce protezione a distanza nel tratto
centrale della traversata, distaccando anche il cacciatorpediniere Lanciere per rafforzare la scorta
diretta.
29 maggio 1941
Il convoglio giunge a Napoli all’1.30.
10 giugno 1941
Procione, Pegaso, Orsa ed il cacciatorpediniere Lanzerotto
Malocello (caposcorta, capitano di fregata Nicolò Del Buono) salpano da
Napoli per Tripoli alle 5.30, scortando un convoglio formato dai piroscafi
italiani Amsterdam, Ernesto e Tembien, dal tedesco Wachtfels
e dalle motonavi italiane Giulia e Col di Lana. Le navi procedono a 10
nodi.
Al largo di Favignana si aggregano al convoglio anche la nave appoggio
sommergibili Antonio Pacinotti e la
torpediniera Clio, uscita da Trapani
alle 14.30.
11 giugno 1941
Alle 18.30, a sud di Pantelleria, due bombardieri britannici Bristol
Blenheim appaiono a poppavia del convoglio, volando a bassissima quota, e si
avventano sul Tembien, secondo
mercantile della colonna di sinistra, mitragliando e sganciando bombe. Prima
dello sgancio, tuttavia, il tiro contraereo di Tembien e Wachtfels colpisce
uno dei due aerei attaccanti: il bombardiere perde quota, urta l’albero
del Tembien e precipita in
mare, incendiandosi. Il secondo bombardiere, eseguito lo sgancio delle bombe,
si allontana inseguito da un Savoia Marchetti SM. 79 (che, al momento
dell’attacco, era l’unico velivolo dell’Asse in visto del convoglio, 5 km a
proravia) e poi da due caccia della scorta aerea, nonché dal tiro delle
mitragliere della Pegaso (secondo
una fonte, sarebbe stato poi anch’esso abbattuto).
Il Tembien non
viene colpito dalle bombe e non subisce danni di rilievo, ma deve lamentare
parecchi feriti per il mitragliamento.
12 giugno 1941
Il convoglio arriva a Tripoli tra le 19 e le 21.
21 giugno 1941
Alle 15 la Procione salpa
da Tripoli insieme al cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello (caposcorta, capitano di fregata Del
Buono) ed alle torpediniere Enrico
Cosenz, Orsa, Pegaso e Clio, scortando un convoglio composto dai piroscafi Wachtfels (tedesco), Amsterdam, Giulia, Ernesto e Tembien, e dalla motonave Col di Lana.
22 giugno 1941
Alle 12.08 sei bombardieri Bristol Blenheim, che volano a bassissima
quota, vengono avvistati sulla dritta del convoglio (che in quel momento ha una
scorta aerea formata da due caccia biplani FIAT CR. 42 e da un idrovolante
antisommergibili CANT Z. 501). Il caposcorta apre il fuoco con le mitragliere
per dare l’allarme, e poi, quando possibile, anche con i cannoni; il CANT Z.
501 s’interpone tra i bombardieri ed i piroscafi, sparando con le proprie
mitragliere (tornerà poi in posizione di scorta al termine dell’attacco). Anche
le altre navi della scorta ed i mercantili aprono il fuoco; la formazione
nemica si divide in due gruppi di tre bombardieri ciascuno, che attaccano uno
la prima linea di piroscafi e l’altro la seconda. I mercantili accostano in
modo da volgere la poppa agli aerei; due o forse tre dei velivoli vengono
abbattuti (due colpiti dal tiro delle siluranti: uno cade in mare, l’altro
s’incendia in volo e poi precipita; un terzo è forse abbattuto dai FIAT CR. 42
della scorta aerea) ed altri si allontanano scaricando le bombe in mare, ma due
riescono a portare a termine l’attacco, sganciando le loro bombe su Tembien e Wachtfels.
Entrambi i piroscafi riportano danni gravissimi, imbarcando molta
acqua; solo grazie all’assistenza prestata da Procione ed Orsa, che li
prendono a rimorchio, i due mercantili rimangono a galla. Proprio mentre le
torpediniere stanno prestando assistenza a Tembien e Wachtfels,
viene localizzato un sommergibile nemico probabilmente intenzionato ad
attaccare i due piroscafi immobilizzati e danneggiati: Procione ed Orsa provvedono subito a dargli la caccia, insieme alla Pegaso (tenente di vascello
Sironi). Quest’ultima, particolarmente attiva nel contrattacco, effettua un
primo lancio di bombe di profondità alle 12.54, per poi vedere il sommergibile
emergere parzialmente (si vedono tutto il fianco e la parte superiore della
torretta) e fortemente sbandato (circa 70° a dritta); poco dopo il battello si
immerge nuovamente. La quasi totalità dell’equipaggio del Tembien, oltre a quello della Pegaso, assiste all’affioramento del
sommergibile, che si ritiene agonizzante, celebrandolo con applausi ed
acclamazioni; il comandante del Tembien grida
“Viva l’Italia”. Alle 12.59 la Pegaso effettua
un secondo lancio di bombe, per poi vedere grosse chiazze di nafta sulla
superficie del mare. Verso le 16 l’Orsa recupera
da un battellino tre aviatori britannici di uno degli aerei abbattuti: il
maggiore John Davidson-Broadley ed i sergenti Stewart Carl Thompson e Leonard
Felton, quest’ultimo ferito gravemente.
Dopo alcune ore di rimorchio, Tembien e Wachtfels riescono a riparare le
avarie ed a contenere le infiltrazioni d’acqua, così riuscendo a rimettere in
moto con le proprie macchine. Stante comunque la gravità dei danni, entrambi i
piroscafi devono raggiungere Pantelleria, scortati da Procione ed Orsa, cui poi
si aggiungono anche i cacciatorpediniere Maestrale e Grecale inviati
in loro soccorso da Palermo.
23 giugno 1941
In rinforzo alla scorta viene inviata la X Squadriglia
Cacciatorpediniere, con Maestrale, Grecale ed Antoniotto Usodimare.
24 giugno 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 3.30.
10 luglio 1941
Procione, Orsa e Pegaso salpano da Napoli alle 21 (o 21.45) di scorta ai piroscafi Ernesto, Nita, Castelverde, Nirvo ed Aquitania, diretti a Tripoli.
11 luglio 1941
A Palermo, alle 16.30, si uniscono alla scorta del convoglio i
cacciatorpediniere Fuciliere (che
assume il ruolo di caposcorta), Alpino
e Malocello.
14 luglio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 6.
Alle 17 Procione, Orsa, Pegaso, Alpino, Fuciliere e Malocello (caposcorta) lasciano Tripoli per scortare a Napoli le
motonavi Rialto, Barbarigo, Andrea Gritti,
Sebastiano Venier ed Ankara (tedesca); il convoglio è
denominato «Barbarigo».
Questo convoglio è il primo ad essere oggetto con successo delle
intercettazioni di “ULTRA”, che l’11 luglio 1941, tre giorni prima della
partenza, apprende da messaggi decrittati che un convoglio di sei mercantili di
5000 tsl, scortato da cacciatorpediniere, lascerà Tripoli alle 16 del 14
luglio, procedendo a 14 nodi, passando a est delle Kerkennah alle cinque del
mattino del 15 luglio e poi ad ovest di Pantelleria alle 14 del 15 luglio,
probabilmente diretto a Napoli.
In seguito a quest’informazione, i comandi britannici schierano uno
sbarramento di sommergibili (tra cui l’Union ed
il P 33) attorno a Pantelleria,
dove sanno che il convoglio dovrà passare nel primo pomeriggio del 15.
Vengono anche lanciati diversi attacchi aerei tra il 14 ed il 15
luglio, ma i velivoli – Fairey Swordfish decollati da Malta – non riescono a
localizzare il convoglio da attaccare.
15 luglio 1941
In mattinata il convoglio viene localizzato da un ricognitore
britannico, e nel pomeriggio si verificano gli attacchi dei sommergibili.
Alle 11.20 le navi giungono in vista di Pantelleria, su rilevamento
24°, ed accostano in tale direzione, procedendo a zig zag; oltre ai
cacciatorpediniere ed alle torpediniere, è presente anche una scorta aerea, con
due caccia e due idrovolanti CANT Z. 501. Alle 14.07 il P 33 (tenente di vascello Reginald Denis Whiteway-Wilkinson)
avvista il convoglio nel punto 36°27’ N e 11°54’ E, da una distanza di 10
km, si avvicina ed alle 14.39, da 2300 metri, lancia quattro siluri.
Alle 14.41 il convoglio si trova a 21 miglia per 209° da
Punta Sciaccazza (Pantelleria) quando l’Alpino riferisce
per radiosegnalatore «Scie di siluro a dritta», mentre uno dei velivoli della
scorta aerea (l’idrovolante CANT Z. 501/6 della 144a Squadriglia
della Regia Aeronautica) si getta in picchiata sul punto dove si presume essere
il sommergibile nemico, sganciando due bombe per poi inseguire e mitragliare le
scie dei siluri. L’Alpino ed
il Fuciliere riescono ad
evitarne uno e due siluri, ma la Barbarigo viene
colpita alle 14.43 ed inizia subito ad affondare di poppa.
La Pegaso viene
distaccata per dare assistenza alla motonave danneggiata, che affonderà
ugualmente alle 15.10 nel punto 36°27’ N e 11°54’ E. Intanto il Fuciliere, avendo visto le scie dei
siluri, contrattacca subito con 28 bombe di profondità, seguito dall’Alpino che ne lancia altre due; poi i
due cacciatorpediniere riassumono le loro posizioni nel convoglio, mentre Procione ed Orsa vengono distaccate per proseguire la caccia al sommergibile,
in cooperazione con l’idrovolante CANT Z. 501 numero 2 della 144a Squadriglia.
La caccia prosegue fino alle 16.05, con il lancio in tutto di 116 bombe
di profondità. Solo una scarica di bombe (attribuita da alcune fonti alla Procione) esplode vicina al P 33, limitandosi a mettere fuori uso
alcune luci; il sommergibile riporta però gravi danni proprio durante il
tentativo di eludere la caccia, perdendo il controllo dell’assetto e precipitando
accidentalmente dai 21 metri previsti a ben 94 metri di profondità, dove
l’elevata pressione deforma lo scafo resistente e causa vie d’acqua che
costringeranno il P 33 ad
interrompere la missione e rientrare a Malta per le riparazioni.
Alle 15.26 si verifica un nuovo attacco di sommergibili, ma nessuna
nave viene colpita.
La Procione esegue un tappeto di bombe di profondità (da “La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dall’1.10.1941 al 30.9.1942”, USMM, Roma 1962) |
16 luglio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 14.30.
30 luglio 1941
Procione, Pegaso e Malocello (caposcorta) partono da Napoli per Tripoli alle 15,
scortando Gritti, Rialto, Ankara e Pisani. Da
Trapani salpa anche l’Orione, che va
a rinforzare la scorta.
31 luglio 1941
Tra le 19.30 e le 20.45, a nordovest di Pantelleria, il convoglio viene
ripetutamente attaccato da aerei; non vi sono danni, mentre uno degli aerei
nemici viene abbattuto dal Malocello.
1° agosto 1941
Raggiunto nell’ultimo tratto dalla torpediniera Partenope, il convoglio arriva a Tripoli alle 13.30.
4 agosto 1941
Procione (caposcorta), Orsa ed Orione lasciano Tripoli alle 9 scortando i piroscafi Caffaro e Motia, il primo dei quali ha a rimorchio la cannoniera Palmaiola.
7 agosto 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 7.
Agosto 1941
Il capitano di fregata Riccardo Imperiali lascia il comando della Procione.
16 agosto 1941
Procione, Pegaso, la vecchia torpediniera Giuseppe Sirtori ed i cacciatorpediniere
Freccia (caposcorta, capitano di
fregata Giorgio Ghè), Euro e Dardo salpano da Napoli per Tripoli alle
00.30, scortando un convoglio composto dai piroscafi Nicolò Odero, Maddalena Odero
e Caffaro, dalla nave cisterna
Minatitlan e dalle motonavi Giulia e Marin Sanudo.
Alle 9.13 il sommergibile olandese O 23 (tenente di vascello Gerardus Bernardus Michael Van
Erkel) avvista il convoglio, che procede con rotta 212° a dieci nodi di
velocità, a 10 miglia per 057°, ed alle 10.03, nel punto 39°35’ N e 13°18’ E (a
sudovest di Capri), lancia due siluri da cinque miglia per poi scendere subito
a 40 metri. Nessuna delle armi colpisce, ma dopo undici minuti alcune unità
della scorta si portano al contrattacco e lanciano, fino alle 13.30, un
centinaio di bombe di profondità. L’O
23 evita danni scendendo a 95 metri; terminata la caccia, alcune unità
continuano a lanciare una carica di profondità ogni venti minuti sino alle
19.30.
17 agosto 1941
Nel tardo pomeriggio il convoglio, mentre procede a 9 nodi a sud di
Pantelleria, viene avvistato da ricognitori nemici.
Alle 20.45 (o 20.47), 17 minuti dopo che la scorta aerea ha lasciato le
navi per rientrare alle basi, il convoglio viene attaccato da aerosiluranti
britannici: due sezioni di due aerei ciascuna, provenienti dai fianchi,
appaiono ai lati del convoglio, defilando lungo i mercantili e sganciando i
loro siluri da poca distanza. Le navi della scorta reagiscono con opportune
manovre, l’apertura del fuoco (sia con le artiglierie che con le mitragliere) e
l’emissione di cortine nebbiogene per coprire i piroscafi.
Tre dei quattro siluri sganciati mancano il bersaglio, grazie anche
all’azione della scorta (e soprattutto all’emissione di cortine fumogene, che
disorientano gli ultimi aerei ad attaccare), ma uno colpisce il Maddalena Odero, immobilizzandolo. Il
piroscafo danneggiato dev’essere preso a rimorchio della Pegaso, assistito dalla Sirtori;
viene portato fino in un’insenatura sulla costa di Lampedusa, ma qui il
piroscafo, colpito ancora da bombe d’aereo, esplode e trascina nella sua fine
anche la cannoniera Maggiore Macchi
della Guardia di Finanza, inviata a prestargli assistenza.
Il resto del convoglio prosegue per Tripoli.
19 agosto 1941
Verso le 15.30 il sommergibile britannico P 32 (tenente di vascello David Anthony Bail Abdy), in agguato a quota
periscopica fuori Tripoli, avvista il convoglio di cui fa parte la Procione. Il P 32 scende a 15 metri e si avvicina ad elevata velocità,
preparandosi ad attaccare, ma verso le 15.40, mentre sta tornando a quota
periscopica, il sommergibile viene scosso da un’esplosione ed affonda,
adagiandosi sul fondale a 60 metri di profondità.
L’esplosione viene notata anche dalle navi del convoglio italiano,
ormai in arrivo a Tripoli; un MAS inviato sul posto dalla base libica recupera
due sopravvissuti (gli unici superstiti su 34 membri dell’equipaggio), che sono
fuoriusciti dal relitto del sommergibile; uno dei due è il comandante Abdy.
Sul momento si ritiene che il P
32 sia saltato sulle mine dei campi minati posti a difesa del porto, mentre
un successivo esame del relitto mostrerà che probabilmente il battello è
rimasto vittima dell’esplosione accidentale di uno dei suoi stessi siluri.
Il convoglio giunge a Tripoli alle 17.30.
Alle 15 Procione, Freccia (caposcorta), Dardo ed Euro ripartono da Tripoli per scortare in Italia Rialto, Gritti, Barbaro, Pisani e Venier.
21 agosto 1941
Alle 2 Euro e Rialto, separatisi dal resto del
convoglio, entrano a Palermo. Le altre navi raggiungono Napoli alle 8.
26 agosto 1941
Procione, Orsa, Clio, Euro ed il
cacciatorpediniere Alfredo Oriani
(caposcorta, capitano di fregata Vittorio Chinigò) salpano da Napoli alle 5.30
scortando i piroscafi Ernesto, Aquitania e Bainsizza, le motonavi Col di
Lana e Riv e la nave cisterna Pozarica, dirette a Tripoli.
Da Trapani esce per rinforzare la scorta anche la Pegaso.
27 agosto 1941
Alle 6.30 il sommergibile britannico Urge (tenente di vascello Edward Philip Tomkinson) avvista il
convoglio italiano, ed alle 6.42, in posizione 38°11’ N e 12°07’ E (una decina
di miglia a nord di Marettimo), lancia quattro siluri contro uno dei
mercantili, da 4115 metri di distanza. Uno dei siluri, quello nel tubo numero
3, rimane però bloccato per metà dentro e per metà fuori dal tubo; l’Urge finisce così con l’affiorare
involontariamente in superficie.
Alle 6.50 (ora italiana), poco dopo che il convoglio ha superato Punta
Mugnone (Trapani), l’Aquitania viene
colpito.
Sull’Urge, intanto,
l’equipaggio ripristina però l’assetto, ed a questo punto il siluro esce dal
tubo; l’Urge torna ad immergersi
rapidamente, mentre la Clio (distante
2740 metri), che l’ha visto affiorare, gli si dirige incontro. Anche un
idrovolante CANT Z. 501 della 144a Squadriglia della Regia
Aeronautica, di scorta al convoglio, sgancia una bomba contro l’Urge,
precedendo l’arrivo della Clio; quest’ultima
giunge sul posto quando l’attaccante si è ormai immerso, e getta in tutto una
dozzina di bombe di profondità. Anche la Procione
inverte la rotta e partecipa al contrattacco, lanciando sette bombe di
profondità. L’Urge, benché la Clio ritenga di averlo certamente
danneggiato se non affondato, si ritira verso nordovest senza subire danni.
Preso a rimorchio dapprima dall’Orsa
e poi dai rimorchiatori Marsigli e Montecristo (con la scorta della Clio), l’Aquitania potrà essere condotto in salvo a Trapani, dove giungerà
alle 20.45.
Il resto del convoglio prosegue nella navigazione.
29 agosto 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 7.45.
10 settembre 1941
Alle 10.30 Procione, Orsa, Orione, Fulmine ed Alfredo Oriani (capitano di fregata
Vittorio Chinigò, caposcorta) salpano da Napoli diretti a Tripoli, scortando i
piroscafi Tembien, Caffaro, Nirvo, Bainsizza e Nicolò Odero e la motonave Giulia. Si tratta del convoglio «Tembien»,
che, essendo composto da navi piuttosto lente, riceve l’ordine di seguire la
rotta di ponente (Marettimo-Canale di Sicilia-Secche di Kerkennah).
Nel Canale di Sicilia si aggrega alla scorta anche la torpediniera Circe, proveniente da Trapani.
12 settembre 1941
Alle 3.10 di notte il convoglio, dopo essere stato scoperto da un ricognitore
a sud di Pantelleria, viene attaccato da bombardieri od aerosiluranti, ma
nessuna nave viene colpita, grazie alle manovre evasive, all’emissione di
cortine nebbiogene ed alla reazione dell’armamento contraereo delle navi. Il
mattino seguente, il convoglio procede su rotte varie nella zona delle
Kerkennah, senza alcun allarme.
Alle 14, mentre il convoglio procede sotto scorta di velivoli della
Regia Aeronautica, si verifica un nuovo attacco aereo, da parte di otto
bombardieri (Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet
Air Arm, decollati da Malta): i velivoli, provenienti da ovest, si avvicinano a
bassa quota e sganciano le loro bombe. Sia le unità della scorta che i
mercantili aprono il fuoco, puntato e di sbarramento: tre aerei nemici vengono
abbattuti e precipitano in fiamme, ma alle 14.10 il Caffaro viene colpito ed incendiato da una bomba. Circe, Orsa e più tardi anche il Fulmine ricevono ordine di fornirgli assistenza, mentre il
resto del convoglio prosegue. Alle 16.05 il Caffaro esplode ed affonda in posizione 34°14’ N e 11°54’ E (a
nordovest di Tripoli); Circe ed Orsa si ricongiungono al convoglio,
mentre il Fulmine, avendo a
bordo un ferito gravissimo, dirige verso Tripoli.
Alle 23.54 il convoglio raggiunge il punto «C» della rotta di sicurezza
di Tripoli; i piroscafi si dispongono in linea di fila.
13 settembre 1941
All’1.05 vengono avvistati 4-5 aerei che procedono con rotta 240° ed i
fanali di via accesi; il caposcorta dirama l’allarme aereo, ed all’1.20 diversi
razzi illuminanti (diciotto in tutto) si accendono sulla sinistra del
convoglio. Le unità di scorta, in base agli ordini del caposcorta, emettono
fumo; sia queste che i mercantili aprono il fuoco, puntato e di sbarramento.
Alle 2.30 l’attacco si conclude senza danni, e la formazione si
riordina e riprende la navigazione.
Alle 3.45 si sentono rumori di aerei di poppa, ed alle 3.55 viene
avvistato un fuoco galleggiante sulla dritta del convoglio. Di nuovo le unità
di scorta iniziano ad emettere fumo, e tutte le navi aprono il fuoco di
sbarramento: ma alle quattro del mattino, il Nicolò Odero viene colpito. Circe, Orsa e la
torpediniera Perseo (inviata
incontro al convoglio da Zuara e giunta durante l’attacco) vengono inviate ad
assisterlo, mentre il resto del convoglio, riordinatosi in formazione alle
cinque, prosegue.
All’alba partono da Tripoli i rimorchiatori Pronta e Porto Palo,
che tentano vanamente di domare le fiamme sul Nicolò Odero con ogni mezzo disponibile, poi lo prendono
a rimorchio e tentano dapprima di portarlo a Tripoli, indi lo portano ad
incagliare in costa. Sarà tutto vano, perché alle 15 del 14 le fiamme
raggiungeranno una stiva piena di munizioni, ed il Nicolò Odero salterà in aria.
All’alba otto bombardieri Bristol Blenheim del 105th Squadron
RAF, guidati dal maggiore Smithers, attaccano il convoglio in posizione 34°14’
N e 11°52’ E: la scorta aerea, composta da tre caccia Macchi MC. 200 ed
altrettanti FIAT CR. 42 del 230° Gruppo della Regia Aeronautica, interviene ed
abbatte tre dei Blenheim, cioè i velivoli numero Z7357, Z7423 e Z7504.
L’attacco fallisce.
Il resto del convoglio giunge a Tripoli alle 12.30 del 13.
Già sette ore dopo Procione, Pegaso, Orsa, Fulmine ed Oriani (ancora caposcorta) ripartono da
Tripoli per scortare a Napoli Rialto,
Pisani e Venier. Il convoglio segue la rotta di ponente; la navigazione si
svolgerà senza che si registrino eventi di rilievo.
15 settembre 1941
Il convoglio arriva a Napoli alle 9.
La Procione fa fuoco con i pezzi da 100/47 mm (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
19 settembre 1941
La Procione salpa dal Pireo alle
5.30 scortando la motonave tedesca Almena,
diretta a Bardia con un carico di benzina. Date le caratteristiche del porto di
Bardia e l’intensa attività aerea nemica in zona, il viaggio, per avere
successo, dovrà svolgersi con la massima segretezza, evitando che la nave venga
avvistata prima del suo arrivo a Bardia. Procione
ed Almena attraversano il Canale di
Corinto ed il Mar Egeo, dirette verso la Cirenaica.
25 settembre 1941
Alle 13.30, in posizione 34°00’ N e 25°13’ E (circa 130 miglia a nord
di Bardia) la Procione lascia la
scorta dell’Almena, che giungerà a
Bardia il giorno seguente (la prima nave a raggiungere, dall’Italia, Bardia
dopo la sua riconquista avvenuta nell’aprile 1941).
29 settembre 1941
Alle 14.30 la Procione
riassume la scorta dell’Almena (che
l’ha avvistata alle 13.50 in posizione 34°36’ N e 25°57’ E), ripartita da
Bardia il giorno precedente.
30 settembre 1941
Le due navi giungono al Pireo alle 14.45. Da qui si trasferiranno poi a
Brindisi dopo aver fatto scalo a Corinto, a Prevesa (dopo aver attraversato il
canale di Santa Maura) ed a Porto Edda.
29 ottobre 1941
La Procione salpa da Brindisi
per Bengasi alle dieci del mattino, scortando i piroscafi Capo Arma e Capo Faro,
che trasportano complessivamente 760 tonnellate di munizioni, 1289 di
carburante in fusti, 408 di provviste per gli enti civili, e 4009 di materiali
vari, tra cui carbone e materiali del Commissariato e del Genio.
1° novembre 1941
Nella notte sul 1° novembre il convoglio viene sottoposto a continui
attacchi di bombardieri Vickers Wellington della RAF, per circa un’ora e mezza;
le concussioni di alcune bombe scoppiate vicino allo scafo del Capo Arma provocano delle lievi
infiltrazioni d’acqua (schegge delle bombe vengono inoltre proiettate in
coperta), ma la nave è in grado di proseguire senza inconvenienti. Alcuni degli
aerei attaccanti vengono danneggiati dalle mitragliere contraeree navi,
qualcuno forse è anche abbattuto.
Alle 4.21 il convoglietto, in posizione 32°32” N e 19°55’5” E, viene
avvistato dal sommergibile britannico Thrasher
(capitano di corvetta Patrick James Cowell), che alle 4.27 lancia quattro
siluri contro il mercantile di poppa. L’attacco non ha successo, e non viene
nemmeno notato dalle navi italiane.
Alle nove del mattino del 1° novembre il convoglietto raggiunge
Bengasi.
Alle 18.30 dello stesso giorno la Procione
riparte da Bengasi di scorta ai piroscafi scarichi Iseo e Bolsena, che
rientrano a Brindisi.
La Forza K britannica (incrociatori leggeri Aurora e Penelope e
cacciatorpediniere Lance e Lively) salpa da Malta per intercettare
il convoglio, ma il ricognitore (un Wellington del 211st Squadron
R.A.F.) inviato a cercarlo non riesce a trovare le navi italiane, così che la
Forza K deve rientrare alla base a mani vuote.
4 novembre 1941
Le tre navi arrivano a Brindisi alle 12.45.
28 novembre 1941
Dopo una pausa di alcuni giorni nei traffici con la Libia, seguita alla
distruzione, da parte della Forza K britannica, del convoglio «Maritza»
(avvenuta il 24 novembre), viene deciso di ordinare la partenza per la Libia –
dove è necessario il rapido invio di rifornimenti per le truppe italo-tedesche,
duramente impegnate dall’offensiva britannica «Crusader» – di tutte le navi
cariche e pronte ed in attesa nei porti della Grecia e dell’Italia meridionale,
dove hanno dovuto prolungare la loro sosta per via della sospensione delle
partenze sopra citata.
La Procione (capitano di
corvetta Villa), pertanto, salpa da Brindisi per Bengasi alle 16, scortando i
piroscafi Iseo e Capo Faro.
La velocità prevista per la navigazione è di 9 nodi, già non molti, ma
il maltempo – vento e mare forza 6 da levante scirocco – costringono a ridurre
la velocità effettiva a 5 e poi 4 nodi.
29 novembre 1941
Nel pomeriggio, il convoglio viene avvistato da un sommergibile.
30 novembre 1941
In mattinata, il convoglio viene avvistato da ricognitori britannici, i
quali informano della sua presenza l’ammiraglio britannico Rawlings, comandante
della Forza B britannica (un’unità simile alla Forza K), ed al comando di
Malta.
Per proteggere questo e gli altri convogli in mare da attacchi da parte
di forze di superficie britanniche, si trova in mare una forza di sostegno
composta dalla corazzata Duilio,
dalla VII Divisione (incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Muzio Attendolo e Raimondo
Montecuccoli) e VIII Divisione (incrociatore leggero Giuseppe Garibaldi) e dalle Squadriglie
Cacciatorpediniere XI e XIII; ad ogni modo, il convoglio della Procione (comunque coperto dalla
VII Divisione) è in posizione tale che le navi britanniche non tentano nemmeno
d’intercettarlo.
Vengono invece inviati da Malta quattro bombardieri Bristol Blenheim
del 18th Squadron della Royal Air Force, che piombano sul
convoglio alle dieci del mattino, in posizione 37°28’ N e 19°20’ E (al centro
del Mar Ionio, a 70 miglia per 260° da Zante).
Sprovviste di scorta aerea, la Procione
ed i mercantili reagiscono con le armi di bordo: la reazione, però, è
insufficiente (specie quella dei piroscafi, armati solo con poche mitragliere
contraeree). L’Iseo subisce solo
danni lievi, mentre il Capo Faro viene
centrato da tre bombe, si capovolge ed affonda rapidamente.
Mentre i Blenheim si allontanano, la Procione ordina all’Iseo di
dirottare su Argostoli, poi recupera i 113 naufraghi del Capo Faro; indi la torpediniera raggiunge l’Iseo, sul quale trasborda i naufraghi, e torna ad assumerne la
scorta nella navigazione verso Argostoli. Qui le due navi giungono alle 22.30.
4 dicembre 1941
La Procione salpa da
Argostoli per Bengasi alle 10.30, in missione di trasporto di 60 tonnellate di
benzina in fusti, prelevati dalla nave cisterna Berbera. (Per altra versione si tratta di gasolio, pompato nei
depositi di nafta, che è stato travasato sulla Procione dalla gemella Pegaso,
che l’aveva a sua volta prelevato dalla Berbera
ma non aveva potuto portarlo a destinazione a causa dello stato del mare).
A seguito della grave crisi dei rifornimenti per la Libia a seguito
delle perdite di novembre (distruzione dei convogli “Duisburg” e “Maritza”,
affondamento della nave cisterna Mantovani e di altre unità), Supermarina – dietro
pressione dei Comandi militari, specie quelli tedeschi – ha messo a punto (in
accordo col Comando Supremo) un piano per il trasporto veloce in Libia di
rifornimenti urgenti (soprattutto benzina) a mezzo navi da guerra. Il piano
prevede tra l’altro che alcune torpediniere (tra cui la Procione) e cacciatorpediniere imbarchino i carichi nei porti della
Grecia (Navarino, Argostoli, Suda) e li trasportino in Cirenaica (Derna e
Bengasi). Alcune navi cisterna, tra cui appunto la Berbera, sono state dislocate nei citati porti greci per fungere da
depositi galleggianti di carburante, ai quali devono attingere le unità sottili
per il loro carico da portare in Libia.
Alle 11.50, in posizione 37°46’ N e 20°25’ E (ad ovest di Zante), il
sommergibile britannico Trusty (tenente
di vascello William Donald Aelian King) rileva dei rumori di motrici ed avvista
fumo su rilevamento 345°. Dopo aver erroneamente identificato la sagoma della
nave in arrivo come “un cacciatorpediniere classe Grecale” – in realtà è la Procione –, alle 12.17 il Trusty lancia tre siluri da 1645 metri
di distanza. Uno dei siluri, per avaria al giroscopio, gira in cerchio e torna
verso il sommergibile, pur senza colpirlo; la Procione, evitati i siluri, contrattacca con il lancio di 63 bombe
di profondità (12 da 100 kg e 51 da 50 kg), ma nessuna esplode abbastanza
vicina al Trusty da danneggiarlo
(difatti da bordo della Procione non
si riscontrano segnali di un danneggiamento od affondamento).
5 dicembre 1941
Arriva a Bengasi alle tre di notte, dopo aver sventato l’attacco di un
sommergibile. Dopo aver sbarcato il carico, ne riparte alle 17.45 diretta a
Suda, trasportando 100 prigionieri.
6 dicembre 1941
Arriva a Suda a mezzogiorno.
La Procione al Pireo il 24 dicembre 1941 (foto Aldo Fraccaroli, via Coll. Domenico Jacono e www.associazione-venus.it) |
3 gennaio 1942
La Procione ed il
cacciatorpediniere Freccia salpano da
Brindisi alle 13.15 per scortare a Tripoli la nuova motonave Gino Allegri, carica di 4175 tonnellate
di rifornimenti, 92 veicoli, 33 carri armati e 97 soldati, nell’ambito
dell’operazione di rifornimento «M. 43».
Nell’ambito di questa operazione, Procione,
Freccia ed Allegri compongono il convoglio numero 3; la «M. 43» prevede in
tutto l’invio in Libia di cinque grandi motonavi da carico ed una petroliera,
tutte veloci (almeno 14 nodi) e di recente costruzione, con una scorta
poderosa: oltre alle siluranti di scorta di ciascun convoglio, vi sono una
forza di «scorta diretta incorporata nel convoglio» (ammiraglio di squadra
Carlo Bergamini, con il compito di respingere eventuali attacchi di formazioni
leggere di superficie come la Forza K) composta dalla corazzata Duilio con gli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo Montecuccoli, Muzio Attendolo e Giuseppe Garibaldi ed i cacciatorpediniere Maestrale, Scirocco, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti, ed un gruppo d’appoggio a distanza (ammiraglio
di squadra Angelo Iachino, con l’incarico di proteggere il convoglio da un
eventuale attacco in forze della Mediterranean Fleet) formato dalle corazzate Littorio, Giulio Cesare ed Andrea Doria,
dagli incrociatori pesanti Trento e Gorizia e dai cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Carabiniere, Alpino, Camicia Nera, Ascari, Antonio Pigafetta ed Antonio Da Noli. Alla scorta aerea
concorrono la Regia Aeronautica (Armata Aerea e Ricognizione Marittima) e la
Luftwaffe (II Corpo Aereo Tedesco e X Corpo Aereo Tedesco, di base l’uno in
Sicilia e l’altro in Grecia) per effettuare ricognizione sul porto della
Valletta (Malta) e nelle acque di Alessandria, bombardamenti preventivi sugli
aeroporti maltesi e scorta di caccia, antiaerosilurante ed antisommergibile sui
cieli del convoglio nonché a protezione delle navi impegnate nello scarico una
volta giunte a Tripoli. Completa il dispositivo di difesa la dislocazione di
undici sommergibili sulle probabili rotte che una ipotetica forza navale nemica
dovrebbe percorrere per attaccare il convoglio.
4 gennaio 1942
Tra le 4 e le 11, come previsto, il convoglio «Allegri» si unisce ai
convogli 1 (motonavi Monginevro, Lerici e Nino Bixio, cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi, Nicoloso Da Recco, Antoniotto Usodimare, Bersagliere e Fuciliere) e 2 (motonave Monviso,
motocisterna Giulio Giordani,
torpediniere Orsa, Aretusa, Castore ed Antares),
partiti rispettivamente da Messina e Taranto; si forma così un unico grande
convoglio, il cui caposcorta è il contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, sul Vivaldi. Mentre il convoglio «Allegri»
si unisce al Gruppo «Duilio», la III Divisione Navale (Trento e Gorizia) del
gruppo d’appoggio viene avvistata da un ricognitore britannico; da Malta
decolla una formazione aerea per attaccare, ma deve rientrare senza essere
riuscita a trovare il convoglio. Al tramonto il gruppo «Duilio» s’incorpora
nella formazione del convoglio, che durante la notte mette la prua su Tripoli.
5 gennaio 1942
Il gruppo «Duilio» lascia il convoglio, che giunge indenne a Tripoli
alle 12.30 senza aver subito alcun attacco.
13 gennaio 1942
La Procione salpa da Tripoli
tra le 16.30 e le 17.30 per scortare in Italia le motonavi Monviso e Monginevro,
salpate ad un’ora di distanza l’una dall’altra. Caposcorta del piccolo
convoglio è la torpediniera Castore.
Al largo di Marettimo, la Procione
lascia temporaneamente il convoglio.
I cacciatorpediniere britannici Lance, Lively, Zulu e Jaguar sono inviati da Malta a cercare il convoglio, avvistato al
largo di Pantelleria, ma non lo trovano; dopo aver superato senza danni un
attacco da parte degli aerosiluranti dell’830th Squadron della
Fleet Air Arm, il convoglio fa scalo a Trapani, dove la Procione torna ad assumerne la scorta e la Castore viene sostituita dal Maestrale (che assume anche il
ruolo di caposcorta). Poi le navi proseguono per Napoli.
17 gennaio 1942
Il convoglio giunge a Napoli tra le 8 e le 10.
2 febbraio 1942
La Procione viene inviata
presso Mehedia (Tunisia, circa 30 miglia ad est di Susa) ad assistere la
motonave Napoli, che si è qui messa
alla fonda dopo essere stata danneggiata (rottura dell’asse dell’elica) da un
attacco aereo, durante la navigazione da Tripoli a Palermo. Insieme alla Procione, a proteggere la Napoli c’è la nave posacavi Giasone.
3 febbraio 1942
Alle 15.26 la Napoli viene
avvistata in posizione 35°30’ N e 11°06’ E dal sommergibile britannico P 35 (poi Umbra, tenente di vascello Stephen Lynch Conway Maydon), che alle
15.33 avvista anche la Procione
intenta a pattugliare la zona di mare vicino alla Napoli in prossimità della costa. Alle 16.37 il P 35 lancia un primo siluro contro la Napoli, da 2380 metri di distanza;
avendo mancato il bersaglio, ne lancia un secondo alle 17.02, da 2200 metri.
Questa volta l’arma va a segno, colpendo la Napoli
a poppa; la Procione contrattacca
alle 17.25 col lancio di otto bombe di profondità, ma il P 35 non subisce danni. La Napoli,
appoppata e sbandata sulla dritta, viene presa a rimorchio dalla Giasone, che cerca di portarla verso
Susa; ma il giorno seguente, dopo aver percorso solo poche miglia, la motonave
dovrà essere portata all’incaglio in posizione 35°27’ N e 11°03’ E (qui verrà
definitivamente distrutta da un attacco aereo l’11 febbraio).
4 marzo 1942
Alle 19 la Procione (capitano
di corvetta Marco Sacchi) e la torpediniera Cigno (capitano
di corvetta Massimo Franti) escono da Trapani ed incrociano nell’avamporto in
attesa della motonave Marin Sanudo,
che devono scortare a Tripoli. Alle 19.50 la Marin Sanudo esce a sua volta dal porto, ed il
convoglio si mette in moto: ne è caposcorta la Procione.
5 marzo 1942
Il convoglio procede a 9 nodi su rotta 169°, con un velivolo tedesco di
scorta aerea. Le torpediniere zigzagano tenendosi in posizione di scorta
laterale ravvicinata, tenendosi 400-1000 metri al traverso della Marin Sanudo; la Procione è in posizione di scorta
laterale a sinistra della motonave (la Cigno è
invece a dritta).
Alle 13.06 il sommergibile britannico P 31 (poi Uproar,
al comando del tenente di vascello John Bertram de Betham Kershaw) avvista il
convoglio a distanza di 6580 metri ed alle 13.10 decide di
allontanarsi, salvo cambiare idea alle 13.20 e decidere invece di attaccare.
Dato che il mare, calmissimo, permetterebbe il facile avvistamento del
periscopio, il P 31 s’immerge
a dodici metri ed attacca usando il sonar; alle 13.23 lancia quattro siluri
da 715 metri.
Alle 13.30, circa 14 miglia ad ovest di Lampione, la Marin Sanudo viene colpita da tre
siluri sul lato sinistro, 10-20 metri a poppavia del centro; in poco più di un
minuto la motonave si abbatte sul lato sinistro ed affonda in posizione 35°27'
N e 12°12' E, a circa 10,5 miglia per 215° da Lampione.
Dalla Procione si è notato
che i siluri sono stati lanciati dal settore di poppa sinistra rispetto al
convoglietto, ma il mare increspato ha impedito di avvistare le scie,
nonostante la vicinanza della torpediniera; subito la Procione porta la velocità al massimo ed inizia l’accostata per
invertire la rotta e portarsi sul punto in cui si ritiene trovarsi il
sommergibile.
La Cigno, intanto, fa lo
stesso; entrambe le torpediniere lanciano in mare bombe di profondità,
proseguendo la caccia fino alle 13.50. La Procione
lancia in tutto dodici bombe di profondità da 50 kg, regolate per scoppiare a
50 metri di profondità. La Cigno ne
ha lanciate 22; ritiene di aver affondato il sommergibile, e lo comunica alla Procione. In realtà il P 31, che subito dopo il lancio si è
ritirato a tutta forza verso nord, per eludere il contrattacco si è adagiato
sul fondo a 73 metri e vi è rimasto immobile; non ha subito alcun
danno.
Alle 13.50, terminata la caccia, le due torpediniere ammainano le
imbarcazioni ed iniziano il salvataggio dei naufraghi. La Procione recupera 120 sopravvissuti, due dei quali muoiono quasi
subito; la Cigno ne salva 45. Completato
il recupero dei naufraghi alle 16, le due torpediniere incrociano in mezzo ai
rottami per un’altra mezz’ora per accertarsi che non vi siano altri uomini
ancora vivi in mare. I morti della Marin
Sanudo sono 65.
Alle 16.30 Procione e Cigno dirigono per Trapani a 18 nodi, ma
alle 17.45, proprio quando la Procione
si appresta a riferire sull’accaduto, arriva da Supermarina l’ordine di
proseguire per Tripoli, dunque le torpediniere invertono subito la rotta.
6 marzo 1942
Alle 3.30 le due torpediniere atterrano a Zuara; per ordine di
Marilibia, si dirige per Tripoli, regolandosi in modo da arrivare alle 9. Alle
8.30 le due torpediniere dirigono per entrare in porto, ed alle 9 si ormeggiano
al Molo Sottoflutto di Tripoli, dove sbarcano subito i naufraghi.
8 marzo 1942
Procione, Cigno ed il cacciatorpediniere Strale partono da Tripoli alle 21,
scortando un convoglio di ritorno formato dalle moderne motonavi Unione, Lerici e Ravello (la Lerici trasporta 110
“indesiderabili”, le altre due 470 prigionieri britannici) e dalla grossa
motonave cisterna Giulio Giordani.
9 marzo 1942
Alle 7.30 il convoglio s’incontra con un altro proveniente dall’Italia
e diretto a Tripoli, nell’ambito dell’operazione «V. 5»; i
cacciatorpediniere Scirocco ed Antonio Pigafetta, appartenenti alla
scorta di quest’ultimo, lo lasciano e si uniscono alla scorta del convoglio
della Procione (il Pigafetta, capitano di vascello Enrico
Mirti della Valle, ne diviene anzi il caposcorta). Il convoglio gode inoltre
dell’appoggio del gruppo di scorta «Garibaldi» (incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi – nave di
bandiera dell’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten, comandante superiore
in mare –, Eugenio di Savoia e Raimondo Montecuccoli,
cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Oriani ed Ascari).
In mattinata l’ammiraglio De Courten, avendo intercettato comunicazioni
di aerei britannici che seguono la formazione italiana e ne riportano la
presenza (il convoglio è stato avvistato), ordina che il convoglio ed il gruppo
di scorta compiano una deviazione verso est, per allontanarsi da Malta, da dove
si presume che arriveranno gli attacchi aerei. Ciononostante, tra le 16.40 e le
17.20, mentre la scorta aerea è più ridotta, il convoglio viene attaccato da
aerosiluranti Bristol Beaufort, che De Courten ritiene provenire dalla
Marmarica. In realtà sono decollati da Malta; comunque, nessuna nave subisce
danni.
Durante la notte, il gruppo di scorta s’incorpora nel convoglio; per
tutta la notte le navi sono sorvolate da bengalieri che chiamano più volte
altri aerei all’attacco, ma non ci sono conseguenze (un primo gruppo di aerei
non trova le navi; del secondo, venti bombardieri Vickers Wellington decollano
per attaccare il convoglio, ma solo in tre riescono a trovarlo, e le loro bombe
mancano le navi).
10 marzo 1942
Di nuovo il convoglio è tallonato da ricognitori. Da Alessandria, in
seguito all’errata notizia che un incrociatore italiano sarebbe stato colpito
durante gli attacchi di Beaufort del pomeriggio precedente, prende il mare una
formazione al comando del viceammiraglio Philip Vian, per intercettarlo;
naturalmente non troveranno nulla e l’indomani, durante il ritorno,
l’incrociatore leggero Naiad (nave
ammiraglia di Vian) sarà affondata dal sommergibile tedesco U 565, con la perdita di 82 uomini.
Alle 17.30 la scorta è rinforzata dall’arrivo della torpediniera Aretusa.
11 marzo 1942
Il convoglio si divide in due gruppi. Procione, Unione e Strale giungono a Brindisi alle 14,
mentre le altre navi raggiungono Taranto.
3 aprile 1942
La Procione salpa da Brindisi
per Bengasi alle 9, scortando il piroscafo Capo
Arma.
5 aprile 1942
Procione e Capo Arma raggiungono Bengasi alle 15.
La Procione in bacino di carenaggio a Taranto nella primavera del 1942 (Coll. Maurizio Brescia via www.associazione-venus.it) |
24 luglio 1942
La Procione parte da Napoli
alle 14 per scortare a Tripoli la motonave Giulia.
27 luglio 1942
Procione e Giulia arrivano a Tripoli alle 15.30.
7 agosto 1942
La Procione parte da Tripoli
alle 12.30 per scortare a Bengasi il piroscafo Ogaden.
9 agosto 1942
Procione ed Ogaden arrivano a Bengasi alle 10.45.
Alle 13.30 la Procione
riparte da Bengasi di scorta al piroscafo Tagliamento,
diretto al Pireo.
12 agosto 1942
Le due navi arrivano al Pireo alle cinque; da qui proseguono per
Brindisi.
20 agosto 1942
La Procione ed i
cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposcorta)
e Giovanni Da Verrazzano salpano dal
Pireo alle 9.20, di scorta ai piroscafi Pugliola e Kreta (tedesco).
21 agosto 1942
A seguito di nuove disposizioni, il Kreta lascia il convoglio alle 14.45, scortato dalla
torpediniera Sirio appositamente
inviata. Alle 17.35 si aggregano invece al convoglio al torpediniera Lupo, la pirocisterna Alberto Fassio ed un gruppo di otto
motozattere.
23 agosto 1942
Il convoglio giunge a Tobruk alle 11.45, dopo aver superato indenne
diversi attacchi aerei.
Alle 18.45 la Procione lascia
Tobruk per scortare a Bengasi il piroscafo Scillin.
24 agosto 1942
Procione e Scillin giungono a Bengasi alle 23.30.
25 agosto 1942
La Procione riparte da
Bengasi per Tobruk alle 20, scortando il piroscafo Sibilla.
27 agosto 1942
Le due navi arrivano a Tobruk alle 11.45.
28 agosto 1942
La Procione lascia Tobruk
alle 18 scortando il piroscafo tedesco Ostia,
diretto a Bengasi.
29 agosto 1942
Procione ed Ostia arrivano a Bengasi alle otto.
Due
immagini della Procione al Pireo il 3
settembre 1942; dietro di essa è ormeggiata l’anziana torpediniera Solferino (sopra: g.c. Giorgio Parodi
via www.naviearmatori.net; sotto:
g.c. STORIA militare)
6 settembre 1942
All’1.25 la Procione
(capitano di corvetta Sacchi) salpa dal Pireo per effettuare caccia
antisommergibili al largo di Capo Dukato. Nel pomeriggio la torpediniera viene
inviata ad assumere la scorta della motonave Luciano Manara, danneggiata da un attacco di aerosiluranti durante
la navigazione in convoglio da Taranto alla Cirenaica, che è stata presa a
rimorchio dal cacciatorpediniere Freccia
(capitano di fregata Minio Paluello). La Manara
può essere portata all’incaglio nella baia di Arilla, sulla costa della Grecia
(all’altezza di Capo Bianco di Corfù).
1° ottobre 1942
Salpa da Tobruk per il Pireo alle 17, scortando il piroscafo Anna Maria Gualdi.
3 ottobre 1942
Le due navi giungono al Pireo alle 5.40.
22 novembre 1942
La Procione (caposcorta) e le
moderne torpediniere di scorta Ardente,
Ciclone ed Uragano alesano da Reggio Calabria alle 12.30, scortando il
traghetto Aspromonte, diretto a
Biserta.
Alle 14.25 le navi sono attaccate infruttuosamente da un sommergibile;
l’Ardente reagisce, forse
danneggiando l’attaccante.
23 novembre 1942
Il convoglietto giunge a Biserta alle 18.45.
25 novembre 1942
La Procione (capitano
di corvetta Renato Torchiana, caposcorta) salpa da Napoli per Tunisi alle 4.30,
scortando, insieme ad Ardente
(tenente di vascello Rinaldo Ancillotti) e Ciclone
(capitano di corvetta Luigi Di Paola), un convoglio formato dai piroscafi Sant’Antioco ed Honestas, cui si aggrega poi anche la
motozattera tedesca F 477 proveniente
da Trapani. Sulle torpediniere sono imbarcate anche modeste aliquote di
personale del Reggimento "San Marco", diretto in Tunisia.
26 novembre 1942
Alle 21.15 il convoglio viene avvistato da ricognitori nemici, ed a
partire dalle 22 – a nordovest di Capo Bon – viene ripetutamente e pesantemente
attaccato dal cielo (gli attacchi proseguiranno durante la notte); ma nessun
mercantile viene colpito, grazie al violento fuoco di sbarramento aperto dalle
torpediniere.
27 novembre 1942
Alle 00.04 il convoglio viene avvistato (su rilevamento 235°) anche dal
sommergibile britannico Una
(tenente di vascello John Dennis Martin), che dopo essersi immerso alle 00.06
(mentre il convoglio accosta per 185°), lancia tre siluri da 1370 metri alle
00.47, in posizione 37°34’ N e 10°33’ E (nella zona settentrionale del Golfo di
Tunisi). Nessuna nave viene colpita; le unità del convoglio avvertono due
esplosioni subacquee (forse i siluri a fine corsa).
Il convoglio giunge a Tunisi alle 8.
Un’altra foto della Procione al Pireo nel 1942, con dietro la Solferino (foto Aldo Fraccaroli, via Coll. Domenico Jacono e www.associazione-venus.it) |
Lo scontro del
banco di Skerki
Alle dieci del mattino del 1° dicembre 1942 la Procione (al comando del capitano di corvetta Renato Torchiana)
salpò da Palermo insieme ai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (capitano di vascello Aldo Cocchia,
caposcorta), Folgore (capitano di
corvetta Ener Bettica) e Camicia
Nera (capitano di fregata Adriano Foscari) ed alla torpediniera Clio (tenente di vascello Vito Asaro)
per scortare a Biserta il convoglio «H».
Quest’ultimo era inizialmente composto da tre bastimenti, i trasporti
truppe Aventino e Puccini ed il piccolo trasporto
militare tedesco KT 1, ma prima
di imboccare la rotta del Canale di Sicilia il convoglio passò davanti a
Trapani, da dove uscì, alle 15.30, il traghetto requisito Aspromonte, che si aggregò ad esso (come
prestabilito).
Il convoglio trasportava complessivamente 1766 tra ufficiali e soldati
in prevalenza della 1a Divisione Fanteria «Superga» (equamente
distribuiti su Aventino e Puccini), 698 tonnellate di rifornimenti
(di cui 120 di munizioni, il tutto sul KT
1), dodici pezzi da 88 mm con le relative dotazioni, 32 veicoli e
quattro carri armati.
Il giornalista Libero Accini, corrispondente di guerra imbarcato su
unità della Regia Marina ed in seguito autore del libro “La rotta della morte”,
avrebbe dovuto imbarcarsi sulla Procione
per la missione dell’1/2 dicembre, ma all’ultimo momento venne trattenuto a
terra dal Capo di Stato Maggiore di Marina Palermo, per un’altra missione.
Il convoglio «H» non era l’unico in mare quella notte: altri tre
convogli si trovavano in navigazione nel Canale di Sicilia. Il «B», con cinque
mercantili (piroscafi Arlesiana, Achille Lauro, Campania, Menes e Lisboa) e cinque navi scorta (le
torpediniere Sirio, Groppo, Orione, Pallade ed Uragano) era diretto da Napoli verso la
Tunisia, il «C» con tre trasporti (piroscafi Chisone e Veloce e
cisterna militare Devoli) e
quattro torpediniere per la scorta (Lupo, Ardente, Aretusa e Sagittario)
procedeva da Napoli verso Tripoli, ed il «G» (nave cisterna Giorgio scortata dal
cacciatorpediniere Lampo e
dalla torpediniera Climene) era
in rotta da Palermo a Tunisi.
I comandi britannici erano a conoscenza di questi movimenti, e si erano
preparati a contrastarli: se fino a quel momento il traffico con la Tunisia non
era stato granché disturbato – perché gli Alleati avevano preferito
concentrarsi sulla distruzione degli ultimi convogli per la Libia e
necessitavano di tempo per riorganizzare le loro forze nel Nordafrica francese
appena occupato –, la situazione era ora giunta ad una svolta. A Bona, in
Algeria, era stata costituita una forza navale leggera incaricata, come la
Forza K aveva fatto un anno prima, di compiere scorrerie ai danni dei convogli
italiani: la Forza Q. Questa formazione era composta da tre incrociatori
leggeri, l’Aurora (nave di
bandiera del viceammiraglio Cecil Halliday Jepson Harcourt) che proprio della
Forza K era un reduce (il suo comandante, capitano di vascello William
Gladstone Agnew, era stato il comandante della Forza K nel 1941), il Sirius (capitano di vascello
Patrick William Beresford Brooking) e l’Argonaut (capitano
di vascello Eric William Longley Longley-Cook), e da due cacciatorpediniere,
il Quiberon (della Marina
australiana, al comando del capitano di fregata Hugh Walters Shelley Browning)
ed il Quentin (capitano di
corvetta Allan Herbert Percy Noble).
Nel pomeriggio del 1° dicembre si susseguirono gli avvistamenti dei
convogli italiani da parte dei ricognitori britannici: dapprima il «B», alle
14.40, indi il «C», alle 15, poi il «G» un quarto d’ora dopo. L’unico convoglio
che non era ancora stato avvistato al momento della partenza della Forza Q – le
17.30 – era proprio quello che ne sarebbe caduto vittima, l’«H»: esso fu
difatti avvistato solo alle 20.15.
Ad ogni modo, i britannici disponevano di mezzi anche migliori per
sapere se e quali convogli italiani sarebbero stati in mare: già il 29 novembre
“ULTRA” aveva decrittato messaggi italiani che rivelavano che Puccini, Aventino, KT 1, Giorgio ed Anna
Maria Gualdi (quest’ultimo rimase poi in porto per avaria) sarebbero
dovuti partire da Palermo alle 6.30 del 1° dicembre, i primi tre diretti a
Biserta e gli ultimi due a Tunisi, dopo che la loro partenza era stata
ritardata di 24 ore; e che al largo di Trapani si sarebbe unito a loro l’Aspromonte, dopo di che avrebbero
imboccato il canale di Sicilia alla velocità di 9 nodi. Nel riferire tali
informazioni ai comandi delle forze britanniche nel Mediterraneo, l’Operational
Intelligence Centre dell’Ammiragliato britannico aveva anche suggerito quale
arma fosse più idoneo usare contro il convoglio: la Forza Q. Il 1° dicembre
“ULTRA” fece avere maggiori particolari sui convogli «G» e «H».
Dopo aver lasciato Bona, le navi di Harcourt assunsero la velocità di
27 nodi, dirigendo verso il banco di Skerki, presso la costa tunisina: lì
sarebbero dovuti passare i convogli diretti in Tunisia. Basandosi sulle
informazioni che aveva a disposizione, Harcourt pensava di poter intercettare i
convogli «G» e «H», che dovevano navigare piuttosto vicini; quindi predispose
la navigazione in modo da raggiungerli ed attaccarli di sorpresa, con l’ausilio
del radar.
Anche Supermarina aveva contezza, almeno in parte, degli avvenimenti in
corso: sin dal 30 novembre (quando i convogli «B» e «C» erano stati avvistati a
sudovest di Napoli, verso le 23), tutti i segnali di scoperta dei ricognitori
britannici erano stati intercettati; e com’era pratica comune, una volta
decifrati Supermarina li aveva ritrasmessi all’aria, così che i convogli in
mare sapessero di essere stati avvistati, e dunque potessero prendere i
provvedimenti del caso.
La sera del 30 novembre, inoltre, ricognitori dell’Asse avevano
avvistato forze leggere avversarie nel porto di Bona. Supermarina, intuendo
correttamente che tali forze erano destinate all’impiego contro i convogli (si
valutò che la distanza tra Bona e l’area di passaggio dei convogli «B» e «H»
nella notte tra l’1 ed il 2 dicembre sarebbe stata percorribile in sei ore, se
le navi britanniche avessero mantenuto una velocità attorno ai 30 nodi), chiese
che al tramonto del 1° dicembre venisse effettuata una nuova ricognizione sul
porto di Bona.
Un aereo della Luftwaffe, accompagnato da un velivolo della Regia
Aeronautica, venne infatti inviato, ma nessuno dei due fece ritorno. Dopo
insistenti richieste di Supermarina, l’Ufficio di collegamento con il Comando
in Capo delle forze tedesche in Italia riferì del mancato rientro dei due
aerei, spiegando che probabilmente erano stati entrambi abbattuti.
L’arrivo dei rifornimenti trasportati dai quattro convogli era molto
urgente, e non era pensabile di rimandare l’operazione soltanto perché erano
state avvistate in porto forze navali nemiche. Nel Canale di Sicilia, in quel
momento, si trovava in navigazione la X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Ascari) che
aveva appena ultimato una missione di posa di mine; essendo il convoglio «H»
più veloce e dotato di scorta più potente del convoglio «B», ed in
considerazione del fatto che alla mezzanotte del 1° dicembre il convoglio «H»
avrebbe già goduto della “protezione” dei bassi fondali del banco Keith
(situato sei miglia a nord del banco Skerki, presentava scogli affioranti e
fondali che in alcuni punti non superavano i 7-8 metri) e dei tratti già posati
dello sbarramento di mine in corso di realizzazione, Supermarina decise (alle
19.35) di inviare i tre cacciatorpediniere a rinforzare la scorta del convoglio
«B» e non quella del convoglio «H».
Alle 22.40, un altro aereo della Luftwaffe avvistò per caso un gruppo
di cinque navi da guerra di medio tonnellaggio e tipologia imprecisata, aventi
rotta stimata 90° (sbagliava di poco, era 104°) ed alta velocità, in posizione
poi rivelatasi quasi esatta: si trattava della Forza Q. La radio dell’aereo era
però in avaria, così che l’avvistamento poté essere riferito a Supermarina
(mediante comunicazione telefonica di Superareo, lo Stato Maggiore
dell’Aeronautica) soltanto dopo l’atterraggio, alle 23.30. Alle 23.40 fu
lanciato ai convogli il segnale di scoperta di questa forza navale.
Supermarina, intanto, valutava l’evolversi della situazione: il
convoglio «C», unico diretto a Tripoli anziché in Tunisia, era troppo lontano
dalla posizione della forza avvistata perché questa costituisse un pericolo
(infatti ad attaccarlo furono inviati aerei e la Forza K da Malta); quanto al
convoglio «G», esso non poteva più essere minacciato, perché la minaccia nei
suoi confronti si era già manifestata con successo: alle 21.56, la Giorgio era stata colpita ed incendiata
da un aerosilurante. In quel momento la Climene la stava rimorchiando verso Trapani.
I convogli a rischio erano quindi il «B» e l’«H», e specialmente
quest’ultimo, dato che si trovava in posizione più avanzata, e la sua rotta lo
avrebbe portato con maggior probabilità ad incontrare le navi britanniche.
L’ora a cui questo sarebbe avvenuto venne stimata, con notevole precisione, tra
le 00.10 e le 00.30 del 2 dicembre.
Si ponderò la possibilità di far tornare indietro i due convogli: per
il «B» era possibile, anche se non venne ordinato, preferendo lasciare che
fosse il caposcorta a decidere (avendo ricevuto il segnale di scoperta delle
23.40 ed un altro inviato dal Da
Recco alle 00.30, aveva abbastanza elementi per poter decidere: e
infatti decise a mezzanotte di tornare indietro, dirigendo prima per Palermo e
poi per Trapani); per l’«H», invece, sembrava già troppo tardi. Gli ordini di
dirottamento dei convogli venivano di solito eseguiti solo 30-45 minuti dopo
essere stati impartiti, a causa dei tempi necessari alla trasmissione e
ricezione degli ordini, ed all’esecuzione delle manovre; di conseguenza, un
ordine che il convoglio «H» invertisse la rotta avrebbe fatto sì che la Forza Q
lo raggiungesse proprio mentre era in corso la manovra di inversione della
rotta, proprio in un momento di massimo disordine, in cui il convoglio sarebbe
stato preda più facile. Dovendo rischiare in ogni caso, si preferì che il
convoglio proseguisse almeno in formazione corretta e quindi non furono
ordinati cambiamenti di rotta.
La formazione era così articolata: i mercantili procedevano su due
colonne parallele, formando i quattro vertici di un quadrato di lato 800
metri; la colonna di dritta era costituita da Puccini (in testa) e KT
1 (in coda), quella di sinistra da Aventino (in testa) ed Aspromonte (in coda). Sui lati, alla stessa altezza dei
mercantili di coda ed a 1500 metri di distanza da loro, c’erano sulla
dritta il Geniere e sulla
sinistra la Clio; a prora dritta
della Puccini, a 1700
metri di distanza, si trovava la Procione,
ed a prora sinistra dell’Aventino, ad
eguale distanza, il Da Recco (Procione e Da Recco procedevano in testa al convoglio per difesa
antisommergibili, perché dotati di ecogoniometro). Il Folgore procedeva in coda al convoglio, a 1000
metri a poppavia di Aspromonte e KT 1, equidistante dalle due navi. La
velocità del convoglio era di dieci nodi, la rotta di 245°.
Prima di salpare, il caposcorta Cocchia aveva diramato un ordine
d’operazione che prevedeva che in caso di attacco da parte di navi nemiche la
scorta le avrebbe attaccate, impegnandole a fondo e coprendo con cortine
nebbiogene i mercantili, che avrebbero dovuto allontanarsi più rapidamente
possibile; sarebbero stati esentati dal contrattacco il Folgore e la Clio, che sarebbero dovuti invece
restare assieme ai trasporti («Le siluranti di scorta attaccheranno il nemico
impegnandolo a fondo e coprendo il convoglio con nebbia. Le unità mercantili
assumeranno, anche senza ordini, la rotta di più rapido allontanamento cercando
di coprirsi con nebbia. FOLGORE e CLIO resteranno col convoglio»). Il 30
novembre, inoltre, Cocchia aveva convocato in riunione i comandanti e gli
ufficiali radio delle navi mercantili e militari, impartendo ulteriori
disposizioni e precisando che in caso di avvistamento di navi di superficie
nemiche Procione, Da Recco e Camicia Nera sarebbero dovuti andare all’attacco immediatamente,
senza aspettare ordini, combattendo ad oltranza.
Quando scese il buio della sera, l’orizzonte era coperto da un po’ di
foschia, e la luna era nascosta da fitti banchi di nuvole.
Poco dopo le otto di sera del 1° dicembre comparvero i primi aerei
avversari, che per le quattro ore successive continuarono a sorvolare il
convoglio illuminandolo, ma senza portare a fondo i loro attacchi. Nel
frattempo, a scopo difensivo, la distanza tra le colonne dei mercantili era
stata raddoppiata, mentre quella tra i mercantili e le navi scorta era stata
ridotta (così che queste ultime potessero più agevolmente coprire i trasporti
con cortine di nebbia).
Già dalle 20 il Folgore informò
il caposcorta della presenza in zona di alcuni radar (rilevati dal suo apparato
«Metox»), appartenenti agli aerei nemici. Le navi della scorta iniziarono ad
emettere cortine fumogene, e dalle 20.30 iniziarono a piovere i primi bengala.
Da lì in poi la luminaria non si spense più; bengala continuavano ad accendersi
anche a gruppi di 4-5-6 ai lati del convoglio, mentre il Folgore continuava a rilevare le emissioni di numerosi radar
attorno a loro.
Anche un sommergibile tentò di attaccare il convoglio, della cui
presenza era stato informato: il Seraph (tenente
di vascello Norman Limbury Auchinleck Jewell) avvistò le navi italiane alle
21.55 e si avvicinò per attaccare, ma alle 23.39 uno dei bengala che venivano
continuamente lanciati da aerei alleati cadde proprio dietro il sommergibile;
vedendo uno dei cacciatorpediniere della scorta avvicinarsi ad alta velocità,
Jewell credette d’essere stato avvistato e s’immerse alle 23.43. Il
cacciatorpediniere passò nei suoi pressi, poi si riunì al convoglio.
Alle 23.30, sulla base di un messaggio di Supermarina che ordinava di
mandare una torpediniera ad effettuare dragaggio a proravia del convoglio, il
caposcorta Cocchia destinò la Procione
a questo compito, ordinandole di portarsi "bene di prora".
Ricevuto alle 23.40 il segnale di scoperta della Forza Q, Cocchia
chiese ordini alle 00.01 del 2 dicembre, ma subito dopo decise autonomamente di
far spostare il con voglio di tre miglia verso sud; non di più, perché sapeva
che in zona c’erano vasti campi minati, ma non ne conosceva la precisa
ubicazione. A tale scopo, alle 00.05 ordinò a tutte le navi di accostare di 90°
a un tempo sulla sinistra (così assumendo rotta 150°); poi, alle 00.17, diede
ordine di accostare a un tempo sulla dritta per riassumere la rotta 245°.
Questi ordini, tuttavia (insieme a quello alla Procione di portarsi a proravia del convoglio), ebbero
l’involontario effetto di scompaginare la formazione del convoglio: la Puccini non ricevette il secondo ordine
(delle 00.17) a causa della sua radio malfunzionante, e proseguì sulla sua
rotta, speronando l’Aspromonte;
nessuna delle due navi riportò danni gravi, ma entrambe si fermarono e rimasero
indietro. Per giunta il KT 1,
che era sprovvisto di radio ed aveva l’ordine di seguire la Puccini ed imitarla nelle manovre,
fu perso di vista dopo le 00.05: perse il contatto col convoglio e, non sapendo
cosa fare, proseguì da solo nella notte.
Nel frattempo, a mezzanotte, il Seraph era riemerso. Alle 00.07, in posizione 37°42’ N e
11°03’ E, il sommergibile lanciò tre siluri da 4570 metri, contro il
mercantile di testa; Jewell avrebbe voluto lanciarne sei, ma vide che i primi
due avevano corsa irregolare e decise quindi di interrompere la salva.
I siluri non andarono a segno, anche se le navi del convoglio
avvertirono due esplosioni subacquee poco prima della collisione tra Aspromonte e Puccini.
Limbury s’immerse per sfuggire alla reazione della scorta; quando più
tardi sarebbe riemerso, avrebbe visto una nave in fiamme e creduto di aver
colpito, ma senza sapere che in realtà la Forza Q era già passata all’attacco.
Dopo la collisione, il Folgore si
avvicinò alla Puccini per
segnalarle la rotta da assumere, mentre la Clio
fu inviata ad assistere l’Aspromonte;
le quattro navi formavano un unico gruppetto, a proravia del quale, a circa 6
km di distanza, si trovava il Da Recco.
L’Aventino – unico mercantile
che avesse eseguito correttamente e senza incidenti la manovra – seguiva il Da Recco a meno di un chilometro; la Procione, che stava per mettere a mare i
paramine (divergenti), si trovava in quel momento circa 2000-3000 metri a
proravia del Da Recco, verso
nordovest. Il Camicia Nera era a
metà strada tra l’Aventino ed il
grosso del convoglio, mentre il KT 1 si
trovava circa 3,5 miglia a nordovest del Da Recco.
E proprio in questo momento di confusione, confermando le peggiori
previsioni di Supermarina, arrivò la Forza Q. Le navi britanniche procedevano
in linea di fila a 20 nodi: nell’ordine l’Aurora,
il Sirius, l’Argonaut, il Quiberon e per ultimo il Quentin.
Alle 00.21 il radar dell’Aurora rilevò
le navi del convoglio «H», mentre alle 00.30 il Da Recco chiese ordini a Supermarina in base all’avvistamento
delle 22.40.
Il KT 1, procedendo da
solo nell’oscurità, finì con l’imbattersi per primo proprio nella Forza Q: alle
00.37 l’Aurora ed il Sirius aprirono il fuoco da
soli 1700 metri contro la piccola nave tedesca, che venne affondata
nel giro di tre minuti, senza sopravvissuti.
La Forza Q diede inizio ad una lenta accostata sulla dritta, poi (tra
le 00.45 e le 00.50) intraprese un’ancor più lenta accostata sulla sinistra ed
all’1.04 assunse rotta per nordest, avvolgendo l’intero convoglio da sud.
Alle 00.38, subito dopo che la Forza Q ebbe aperto il fuoco contro
il KT 1, il caposcorta Cocchia
trasmise via radio a tutte le sue unità l’ordine: «Andate all’attacco»;
l’ordine non era più rivolto solo a Procione
e Camicia Nera (oltre che al Da Recco stesso), ma anche a Folgore e Clio: la forza attaccante era di entità tale che si rendeva
necessario impiegare tutte le siluranti a disposizione per il contrattacco.
La Procione aveva appena
finito di mettere a mare i paramine alle 00.36 e stava incrementando
gradualmente la velocità per portarsi 6 miglia a proravia del convoglio, come
ordinato, quando alle 00.38 avvistò le vampe dei cannoni della Forza Q (doveva
trattarsi dell’Argonaut e del Quiberon, che fecero fuoco a quell’ora
contro una nave avvistata verso sudest), seguite da alte colonne d’acqua che si
levarono a prora dritta. Inizialmente il comandante Torchiana le attribuì allo
scoppio di bombe d’aereo.
Alle 00.40 la Procione
ricevette l’ordine del caposcorta di andare all’attacco (un minuto prima
Cocchia aveva trasmesso a Procione e Camicia Nera, in fonia su onde
ultracorte, "Andate all’attacco"); Torchiana mise subito la prua sul
nemico, del quale si vedevano solo le vampate dei cannoni, ed ordinò di tagliare
i cavi dei paramine. Ma i cavi, a causa dell’accostata verso la Forza Q e
dell’elevata velocità della nave, si erano aggrovigliati; ci volle una ventina
di minuti per tagliarli. Alle 00.53 venne finalmente avvistata la formazione
britannica, ad un paio di chilometri di distanza, 60° dalla prora a dritta. Le
navi nemiche avevano sparato dei proiettili illuminanti verso la Procione; questi proiettili illuminavano
anche le navi britanniche alla vista della torpediniera, ma quest’ultima non
ebbe il tempo di fare niente: venne subito colpita dal tiro avversario. Il
primo colpo che centrò la Procione
ferì parte dei serventi del cannone prodiero; il secondo troncò i collegamenti
per la direzione del tiro e del lancio. Il comandante Torchiana, non
essendosene accorto, ordinò un’ampia accostata a sinistra per disturbare il
tiro alle navi britanniche, poi tornò sulla dritta e – defilando con rotta
nordest lungo la formazione nemica, distante circa 2000 metri – ordinò più
volte di lanciare i siluri ("fuori"), ma questi non partirono, perché
gli ordini non poterono essere trasmessi a causa della recisione dei
collegamenti. Intanto, schegge e cannonate continuavano a riversarsi sulla Procione: la nave fu colpita altre tre
volte da proiettili nemici, senza contare numerose schegge di granate esplose
vicino (a sparare contro la Procione
in questo frangente furono probabilmente l’Aurora,
che alle 00.43 sparò coi pezzi secondari da 102 mm contro un’unità non
identificata sulla dritta, distante 5500 metri, ed il Sirius, che alle 00.53 eseguì una breve azione di fuoco contro
un’unità di prora a dritta). Torchiana decise di non aprire il fuoco con
cannoni e mitragliere, perché le vampate dei cannoni avrebbero rivelato la
posizione della nave, facilitandone l’individuazione da parte del nemico.
Alle 00.57 Torchiana cercò di accostare di nuovo a dritta per cercare
ancora di lanciare i siluri, ma il timone andò in avaria a causa dei danni
subiti, vanificando la manovra. Governando con le macchine, la Procione accostò verso sudovest e ruppe
il contatto: ormai la nave era ridotta a mal partito, non più in grado di
intraprendere azioni offensive. C’erano morti e feriti in controplancia ed in
altre zone della nave; diversi locali prodieri si stavano allagando, ed il
padiglione radiotelegrafico era ormai inutilizzabile. I danni alla rete
telefonica ed a quella del tiro impedirono di inviare tempestivamente gli
ordini ai cannoni di fare fuoco. (Secondo il libro “La guerra italiana sul
mare” dello storico Giorgio Giorgerini, la Procione
rimase anche temporaneamente immobilizzata, rimettendo in moto all’1.45).
All’1.20 risultò infine possibile rimettere in funzione il timone a
mano, e quindici minti dopo riprese a funzionare la normale manovra del timone
dalla plancia. Sconfitta e fuori combattimento, la Procione arrancò faticosamente verso la costa tunisina. Nel
combattimento erano morti tre uomini dell’equipaggio: due sottufficiali ed un
marinaio; molti altri uomini erano rimasti feriti.
Non ebbero miglior sorte le altre navi. La Forza Q, con percorso
curvilineo, “avvolse” progressivamente tutto il convoglio (eccetto Procione e Da Recco), vomitando ferro e fuoco contro ogni nave che incontrava.
Dopo il KT 1, primo ad
essere affondato fu l’Aventino:
cannoneggiato dall’Aurora e
dall’Argonaut e silurato da
quest’ultimo o dal Sirius,
affondò alle 00.55, trascinando con sé quasi un migliaio di uomini.
La Puccini,
cannoneggiata da tutte e cinque le navi della Forza Q, fu immobilizzata
all’1.08 ed abbandonata dall’equipaggio e dalle truppe imbarcate, che perirono
in mare a centinaia. Rimasta a galla benché divorata dagli incendi, sarebbe
stata finita il giorno seguente dal Geniere,
nell’impossibilità di rimorchiarla.
Il Folgore, andato al
contrattacco col cannone e col siluro, venne centrato ripetutamente dal tiro
britannico; mortalmente colpito, si capovolse ed affondò all’1.16, portando con
sé il suo comandante ed oltre metà dell’equipaggio.
L’Aspromonte, che in un primo
momento sembrava essere riuscito a sottrarsi al massacro, venne poi raggiunto,
cannoneggiato dall’Aurora ed
affondato all’1.29.
Il Da Recco, andato con
decisione al contrattacco, venne individuato e cannoneggiato all’1.35 dal Sirius, dal Quiberon e dal Quentin:
il suo deposito munizioni prodiero deflagrò, devastando la nave ed uccidendo od
ustionando più di metà dell’equipaggio. Nonostante i danni tremendi, la nave
non affondò.
Completata la propria opera di distruzione, la Forza Q si allontanò dal
luogo dello scontro, assumendo rotta per Bona. Le navi britanniche non avevano
subito alcun danno nel combattimento; durante la navigazione di rientro,
invece, subirono la perdita del Quentin,
affondato da aerosiluranti tedeschi.
Verso le 2.15 la Procione
avvistò l’isola di Zembra; un’ora dopo la torpediniera sfuggì, senza neanche
accorgersene, ad una nuova minaccia. Alle 3.12, infatti, il sommergibile
britannico P 45 (poi Unrivalled, tenente di vascello Hugh
Bentley Turner), in agguato a nord del Golfo di Tunisi, avvistò verso poppavia
una nave che identificò in successione come una torpediniera, un
cacciatorpediniere, un sommergibile e per finire di nuovo, e definitivamente,
una torpediniera. Era la danneggiata Procione;
alle 3.25, in posizione 37°12’ N e 10°48’ E, il P 45 lanciò un siluro contro di
essa, per poi immergersi e cambiare rotta per allontanarsi indisturbato. Il
siluro non andò a segno, e la nave italiana proseguì per la sua rotta, ignara
del pericolo che aveva corso.
Alle 6.30, non appena la stazione radio trasmittente fu riparata, la Procione comunicò a Supermarina che avrebbe
diretto verso La Goletta, vicino a Tunisi: qui entrò alle otto del mattino.
Le perdite umane nello scontro, da parte italo-tedesca, furono
terribili: in tutto morirono 2200 uomini. Oltre ai caduti della Procione, persero la vita in
combattimento od in mare 1527 dei 1766 soldati imbarcati su Aventino e Puccini, 124 uomini del Folgore, 118 uomini del Da Recco, 41 militari dell’Aspromonte (iscritto nei ruoli del
naviglio ausiliario dello Stato) e circa 400 tra marittimi civili o
militarizzati dei mercantili e personale tedesco del KT 1. Tra tutte le battaglie navali combattute nel Mediterraneo,
solo quella di Capo Matapan fu più sanguinosa.
I caduti della Procione nella notte del 2 dicembre
1942:
Felice Russo,
sottocapo nocchiere, 22 anni, da Balestrate (PA)
Ugo Saggese, capo
segnalatore di II classe, 31 anni, da Cava de’ Tirreni (SA)
Giuseppe
Trevisani, sergente cannoniere, 27 anni, da S. Benedetto del Tronto (AP)
Alle 8.40 del 5 dicembre, dopo alcune riparazioni provvisorie, la Procione lasciò Tunisi insieme al
cacciatorpediniere Saetta, per
raggiungere l’Italia, dove sarebbe stata sottoposta a lavori più estesi. Nella
traversata, le due unità avrebbero scortato da Tunisi a Trapani le navi
cisterna tedesche Sudest e Noroit; il Saetta ricopriva il ruolo di caposcorta.
Poche ore dopo la partenza, all’uscita del Canale di Tunisi, la Noroit urtò una mina magnetica e colò a
picco. Le altre navi proseguirono; alle 13.40 vennero avvistate dal P 45,
ancora in agguato in zona, che alle 14.33 (in posizione 37°23’ N e 10°41’ E, a
nord del Golfo di Tunisi) lanciò due siluri contro la Sudest, da una distanza di 1100 metri. Come tre giorni prima, i
siluri non andarono a segno.
Alle 11.50 del 6 dicembre Procione,
Saetta e Sudest entrarono a Trapani, ed alle 19.35 giunsero a Palermo. Da
qui, la Procione proseguì verso i
cantieri dove avrebbe ricevuto le riparazioni.
Durante i lavori, nel febbraio 1943, la nave venne dotata anche di un
radar di produzione tedesca, tipo Fu.Mo. 21/40 G per esplorazione aerea;
l’armamento contraereo fu potenziato con l’aggiunta di tre mitragliere singole
Scotti-Isotta Fraschini 1939 da 20/70 mm.
Il 1° maggio 1943 tornò ad assumere il comando della Procione – che intanto era stata
riclassificata torpediniera di scorta – il capitano di fregata Riccardo
Imperiali, che l’aveva comandata già dal giugno 1940 all’agosto 1941; con la Procione, Imperiali assunse anche il
comando della IV Squadriglia Torpediniere di Scorta, ma il 2 settembre 1943 fu
trasferito al comando della Pegaso.
La Procione in bacino a La Spezia nella primavera del 1943; è visibile il radar frattanto installato (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net) |
Epilogo
Quando l’8 settembre 1943
la radio annunciò la firma dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, la Procione era a La Spezia, immobilizzata
per lavori alle macchine.
Cadute la Tunisia e
la Sicilia, martellato dai bombardamenti tutto il Sud Italia, La Spezia era
diventata la base principale della Regia Marina: qui aveva base la Squadra da
Battaglia dell’ammiraglio Carlo Bergamini, formata dalle tre corazzate della IX
Divisione (Roma, Italia e Vittorio Veneto),
dagli incrociatori leggeri della VII Divisione (Eugenio di Savoia, Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo
Montecuccoli) e dai cacciatorpediniere delle Squadriglie XII (Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velite) e XIV (Legionario, Artigliere, Grecale ed Alfredo Oriani).
Nel grande Arsenale,
inoltre, si trovavano ai lavori per riparazioni o manutenzione innumerevoli
unità di ogni tipo: tra di esse il vecchio incrociatore leggero Taranto, tre
cacciatorpediniere, cinque torpediniere (tra cui la Procione), due corvette e due posamine, nonché numeroso naviglio
minore ed ausiliario.
In ottemperanza agli
ordini armistiziali, la Squadra da Battaglia dell’ammiraglio Bergamini lasciò
La Spezia intorno alle tre di notte del 9 settembre, diretta inizialmente verso
La Maddalena.
Il comandante in capo
del Dipartimento di La Spezia, ammiraglio Giotto Maraghini, provvide a dare
esecuzione alle disposizioni impartite da Supermarina circa il resto del
naviglio e le installazioni a terra: le navi minori in grado di muovere vennero
fatte partire per porti saldamente sotto controllo italiano od Alleato, quelle
impossibilitate a partire si autoaffondarono; lo stessero fecero le navi
mercantili (partenza od inutilizzazione, ma in alcuni casi gli armamenti
tedeschi delle mitragliere imbarcate impedirono di attuare tali provvedimenti).
Gli impianti, i bacini e le attrezzature dell’Arsenale furono resi
inutilizzabili, ma soltanto per 15 giorni, nell’ottimistica quanto irrealistica
speranza che gli Alleati avrebbero cacciato le forze tedesche dall’Italia nel
giro di qualche settimana.
Nel retroterra di La
Spezia si trovavano quattro divisioni tedesche, presenti in teoria per
partecipare al contrasto di un eventuale sbarco Alleato nella zona di La
Spezia; esse si mossero per occupare la piazzaforte prima ancora che venisse
annunciato l’armistizio. A difendere la piazza di La Spezia ed il territorio
circostante c’era il XVI Corpo d’Armata del generale Carlo Rossi, che contava
soltanto due divisioni italiane (la 105a Divisione Fanteria "Rovigo"
e la 6a Divisione Alpina "Alpi Graie"). L’ammiraglio
Maraghini tornò da Roma la sera dell’8 settembre, dopo aver partecipato alla
riunione dei vertici della Marina nella quale cui i principali ammiragli
comandanti di Dipartimento, oltre ai comandanti delle forze da battaglia, di
quelle di protezione del traffico e dei sommergibili, avevano ricevuto
istruzioni sul da farsi in caso di cessazione di ostilità contro gli Alleati e
reazione tedesca, pur senza essere esplicitamente informati dell’armistizio.
Dato che i comandi delle due Divisioni e del Corpo d’Armata si trovavano tutti
nel perimetro della piazza, la sera stessa dell’8 Maraghini poté conferire col
generale Rossi circa le modalità della difesa di La Spezia da un attacco
tedesco. Rossi, a differenza di Maraghini, non aveva ricevuto ordini precisi su
come regolarsi; come se non bastasse, l’armistizio coglieva la piazza di La
Spezia nel pieno di un ribaltamento giurisdizionale: in seguito a decisioni
prese in agosto, la Piazza marittima di La Spezia doveva essere abolita e
sostituita da un Comando Militare Marittimo subordinato al locale Comando di
Grandi Unità dell’Esercito; la responsabilità della difesa della ex piazza
sarebbe stata trasferita dalla Marina all’Esercito. Il passaggio di consegne
sarebbe divenuto effettivo alle 00.00 del 10 settembre; il generale Rossi, non
credendo che la situazione potesse precipitare a tal punto da richiedere
provvedimenti eccezionali, non ritenne necessario anticipare di un giorno
l’assunzione del comando, come prescriveva invece l’"Istruzione per la
difesa delle coste" vigente ancora per il solo giorno 9 settembre.
Nel loro colloquio,
pertanto, Rossi e Maraghini si limitarono a concordare la dislocazione di
alcuni reparti di marinai in determinati punti e di inviare un reggimento
atteso da Torino per il 9 settembre (per completare la Divisione "Rovigo")
a presidiare alcuni capisaldi (ma il reggimento, per gli eventi
dell’armistizio, non arrivò mai a La Spezia).
Gli alpini della
Divisione "Alpi Graie" resistettero per due giorni agli attacchi
dell’ex alleato, ma le truppe tedesche, incuneandosi tra i reparti delle due
Divisioni del XVI Corpo d’Armata, occuparono La Spezia entro il 10 settembre,
senza particolari difficoltà. Le due Divisioni italiane furono sciolte e
l’ammiraglio Maraghini lasciò La Spezia il 10 settembre, dopo aver dato
esecuzione agli ordini di Supermarina.
Non essendo in grado
di muovere, la Procione si
autoaffondò nel porto di La Spezia il 9 settembre 1943, come da ordini ricevuti.
Quello che ebbe luogo
a La Spezia il 9 settembre 1943 fu il più grande autoaffondamento in massa di
navi militari italiane mai verificatosi, allo scopo di evitare che cadessero
intatte in mano tedesca: si autoaffondarono nel porto il vecchio incrociatore
Taranto, i cacciatorpediniere Nicolò Zeno,
FR 21 e FR 22, le torpediniere Generale
Antonino Cascino, Generale Carlo
Montanari, Ghibli, Procione e Lira, i sommergibili Antonio
Bajamonti, Ambra, Sirena, Sparide, Volframio e Murena, le
corvette Euterpe, Persefone e FR 51, il posamine Buccari,
il trasporto munizioni Vallelunga, le
cisterne militari Scrivia e Pagano, le motozattere MZ 736 e MZ 748, i rimorchiatori militari Mesco, Capri, Capodistria, Robusto e Porto Sdobba,
il MAS 525, la motosilurante MS 36.
Furono invece
catturati gli incrociatori pesanti Bolzano
e Gorizia, entrambi inservibili per i
gravi danni mai riparati (e difatti non entrarono mai in servizio sotto
bandiera tedesca), il posamine Crotone,
il trasporto munizioni Panigaglia, la
nave bersaglio San Marco, la nave
idrografica Ammiraglio Magnaghi, la
nave salvataggio sommergibili Anteo,
la cannoniera Rimini, le cisterne
militari Bormida, Dalmazia, Leno, Sprugola, Volturno, Stura e Timavo, il
piccolo trasporto Monte Cengio, il
dragamine RD 49, il MAS 556, le Bette N. 5 e N. 16, i
rimorchiatori Atlante, Brava, Carbonara, Linaro, Santo Stefano, Senigallia, Taormina, Torre Annunziata, N 9, N 10, N 37, N 53 e N 55. Gran parte
di tali unità furono sabotate dagli equipaggi; il Gorizia aveva anche iniziato ad autoaffondarsi, ma tale
provvedimento era stato poi sospeso.
Le sorti dell’equipaggio della Procione
si divisero, prendendo vie diverse in quel travagliato momento della storia
d’Italia: chi riuscì a tornare a casa; chi finì prigioniero in Germania; chi si
unì alle formazioni partigiane; chi si arruolò nei reparti della R.S.I..
Tre furono gli uomini della Procione
che morirono nel cupo periodo che vide l’Italia divisa devastata da eserciti
contrapposti.
Il marinaio fuochista Pietro Rocco Leonzo, un ventiduenne di
Francavilla al Mare, morì in Italia il 18 settembre 1943.
Il marinaio Vincenzo Nocerino, nato ad Ercolano il 3 luglio 1921,
sarebbe morto in Italia il 26 gennaio 1945.
Il marinaio elettricista Gabriele Esposito, un diciottenne di
Castellammare di Stabia all’epoca dell’armistizio, sarebbe morto in Jugoslavia
il 20 marzo 1945.
A differenza di altre navi autoaffondatesi nei porti dell’Italia
settentrionale, la Procione non fu
mai recuperata e riparata dagli occupanti tedeschi.
Secondo una fonte, il mancato utilizzo della Procione da parte della Kriegsmarine fu merito dell’operato di alcuni
partigiani delle S.A.P. (Squadre di Azione Patriottica) operanti a La Spezia –
il tenente Gualtiero Pacchiani, il capitano Francesco Micalizzi ed il capo
torpediniere Enrico Romaneddu – i quali, spiando i lavori ordinati dai tedeschi
ed agendo in cooperazione con i comitati segreti antifascisti esistenti tra gli
operai, riuscirono a sabotare i lavori di riparazione della Procione e di altre unità (la corvetta FR 51 e l’incrociatore
pesante Bolzano), ritardandoli od impedendoli del tutto. Per
altra fonte, la nave non poté essere recuperata a causa dei danni subiti in un
bombardamento aereo.
I lavori di recupero del relitto ebbero inizio il 27 ottobre 1946 e
terminarono il 27 gennaio 1947, quando la malridotta carcassa della Procione tornò finalmente a galla.
Considerato che l’unità era moderna e che lo scafo, nonostante tutto, era
ancora in condizioni relativamente buone, si pensò inizialmente di
ricostruirla; ma le ristrettezze economiche in cui versavano la Marina e
l’Italia dissuasero dal progetto, e la Procione
venne avviata alla demolizione.
Il relitto della Procione in bacino a La Spezia, il 28 gennaio 1947 (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
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