L’Ettore Fieramosca (Coll. Franco Bargoni, dall’articolo “L’impiego
dei sommergibili italiani nella seconda guerra mondiale” di Romeo Nassigh,
sulla “Rivista di Difesa” n. 5 del maggio 1993, via www.betasom.it)
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Sommergibile di
grande crociera (dislocamento di 1556 tonnellate in superficie e 1965 in
immersione), unità singola della classe omonima.
Nato in un’epoca di
“sperimentazione” ed incertezza dottrinale sul futuro del sommergibile e sul
suo corretto impiego in guerra, che vide i progettisti navali di varie nazioni
sbizzarrirsi in inverosimili progetti di “sommergibili di squadra” aventi
autonomia, velocità ed armamento compatibili con quelli delle navi di
superficie e “incrociatori sommergibili” armati con cannoni di grosso calibro
(come il francese Surcouf, costruito
negli stessi anni), il Fieramosca
rappresentò l’unico (per fortuna) tentativo della Regia Marina in questo campo.
Progettato dal
generale del Genio Navale Curio Bernardis, doveva essere una via di mezzo tra
il “sommergibile incrociatore” (un sommergibile “convenzionale”, ma di grandi
dimensioni e grande autonomia, pensato per la guerra al traffico in mari
lontani; armato, oltre che con i tubi lanciasiluri, anche con un paio di
cannoni di medio calibro e talvolta di mine) e l’“incrociatore sommergibile”
(unità in grado di immergersi e navigare sott’acqua per periodi più o meno
lunghi, ma pensata per combattere prevalentemente in superficie, avendo come
arma principale non il siluro ma le artiglierie, di calibro-medio grande ed in
torrette binate), da impiegarsi negli oceani. L’idea fu osteggiata fin
dall’inizio da molti – a ragione – negli ambienti della Regia Marina: non si
vedeva l’utilità di un battello del genere per una Marina che all’epoca era
rivolta quasi esclusivamente al Mediterraneo, e che per giunta – a pochi anni
dalla fine della prima guerra mondiale – non aveva molti soldi da sprecare in
un progetto del genere.
Si voleva, nel Fieramosca, portare al massimo ogni
caratteristica: il progetto originale prevedeva un grosso
incrociatore-sommergibile, con dislocamento in immersione di poco inferiore
alle 2000 tonnellate ed armato con un cannone da 203 mm (in torretta stagna e
resistente alla pressione subacquea, subito a proravia della torretta), quattro
mitragliere, sei tubi lanciasiluri da 533 mm (quattro interni, a prua, e due
esterni fissi) e due tubi lanciamine interni a poppa, con sistemazioni per il
trasporto e la posa di 24 mine da 1000 kg, ed inoltre munito di un idrovolante
da ricognizione (Piaggio P. 8 o Macchi M. 53) da alloggiare in un piccolo
hangar a tenuta stagna ricavato a poppavia della torretta. Il Macchi M. 53 ed
il Piaggio P. 8 erano stati sviluppati appositamente per l’imbarco sul Fieramosca, a seguito di un concorso
indetto dalla Regia Marina tra le aziende del settore aeronautico; le
specifiche (definite dopo varie prove di montaggio, messa a mare, recupero e
smontaggio, effettuate con un idrovolante Dornier Libelle sul sommergibile Provana) richiedevano un idrovolante
monoposto catapultabile di piccole dimensioni, che potesse essere montato e
smontato velocemente (per minimizzare il tempo che il sommergibile avrebbe
dovuto trascorrere in superficie durante tale operazione) e sistemato in un hangar
cilindrico.
Il Fieramosca a Taranto nel 1930, al tempo delle prive prove in mare:
in queste immagini appare il battello nella sua forma originare, completo di
hangar a poppavia della torretta e di scudatura per il cannone a proravia della
stessa (sopra: g.c. Marcello Risolo; sotto: g.c. Giuseppe Peluso via www.betasom.it)
Durante la
costruzione – che richiese quasi cinque anni e mezzo, una lunghezza “record”
per un sommergibile – si comprese però che un sommergibile del genere avrebbe
avuto costi assurdi, sarebbe stato troppo complesso e per giunta difficilmente
impiegabile (come infatti avvenne col Surcouf
ed altri sommergibili di questo tipo). Il progetto subì già notevoli modifiche
prima ancora dell’impostazione: l’armamento subacqueo venne completamente
rivisto, con l’eliminazione dei tubi lanciamine e dei tubi lanciasiluri
esterni, portandolo invece ad otto tubi lanciasiluri da 533 mm, tutti interni
(quattro a prua e quattro a poppa). Inoltre, si comprese che il tipo di scafo
Bernardis (scafo semplice con controcarene esterne, ottimo per la navigazione
in immersione, ma mediocre per la stabilità in superficie; col Fieramosca lo si era voluto sperimentare
per la prima volta in un sommergibile di grande dislocamento, dopo aver
costruito i “Balilla” del tipo cavallini a doppio scafo totale) non poteva raggiungere
l’altezza metacentrica (cioè la stabilità) necessaria all’utilizzo di un
cannone di grosso calibro; di conseguenza si eliminò dal progetto anche il
cannone da 203 mm, rimpiazzandolo con uno del più normale calibro di 120/45 mm
(inizialmente un OTO 1924 da 120/27 mm, che fu però sostituito prima del
completamento con uno da 120/45 mod. OTO 1931), non in torretta bensì scudato,
posizionato più a proravia.
Le prove di collaudo
rivelarono una scarsa stabilità in superficie ed una tendenza ad infilarsi di
prora durante la navigazione in superficie ad alta velocità; pertanto si
dovette procedere ad una prima serie di grandi modifiche, aggiungendo
controcarene all’altezza della linea di galleggiamento (in modo da incrementare
di molto la superficie di galleggiamento, così migliorando la stabilità in
superficie) e modificando la struttura della prua (nella quale venne realizzata
una grossa cassa autoallagabile: in superficie era tenuta vuota, per
contrastare la tendenza dell’unità ad infilarsi di prua, mentre in immersione
funzionava da libera circolazione). Inoltre, nelle prove di utilizzo del
cannone emerse che la scudatura era più che altro un intralcio all’utilizzo del
pezzo, così lo scudo venne rimosso, lasciando il solo cannone da 120 mm privo
di protezioni, come su tutti i sommergibili.
L’hangar per
l’idrovolante venne invece costruito (in coperta, a poppavia della torretta),
ma venne rimosso nel dicembre 1931, poco prima della consegna: ci si era
infatti resi conto della quasi impossibilità di un adeguato impiego operativo
del velivolo, mentre la struttura dell’hangar causava un allungamento eccessivo
nei tempi d’immersione (dopo la sua eliminazione, il dislocamento in immersione
scese da 2094 a 1934 tonnellate, ed il tempo necessario ad immergersi diminuì
leggermente, anche se continuò ad essere giudicato eccessivo).
Il Fieramosca in navigazione (da “Oto Melara 1905-2005”, via Franco
Lena e www.naviearmatori.net)
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Il risultato fu
comunque mediocre, la correzione era stata tardiva: il Fieramosca fu completato come sommergibile “convenzionale”, ma
risultò troppo grande, poco stabile (sia in superficie che immerso) e poco
manovriero (anche qui, sia in superficie che in immersione); a causa delle
modifiche apportate per aumentarne la precaria stabilità in superficie, la
velocità massima in superficie risultò di soli 15,5 nodi, ben inferiore a
quella di progetto (20 nodi), con un’autonomia di 5300 miglia alla velocità
economica di 8 nodi, anch’essa inferiore alle aspettative ed inadeguata al
previsto impiego oceanico.
Come se non bastasse,
la sua carriera operativa venne afflitta da innumerevoli avarie ed incidenti,
tanto da guadagnarli l’ironico nomignolo di “Fieroguaio”. Se non altro,
l’equipaggio poteva consolarsi con “comodità” raramente trovabili sugli altri
sommergibili, qui presenti grazie alle grandi dimensioni dell’unità: un
elettrodistillatore d'acqua, un grande impianto frigorifero per la
conservazione di cibi freschi, due cucine (una a nafta, utilizzabile in
superficie, ed una elettrica, per l’uso in immersione) e sei locali servizi
igienici.
Vista ‘di profilo’ del
sommergibile (foto Giovanni Basile via www.naviearmatori.net)
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Nato pensando agli
Oceani lontani, il Fieramosca non uscì
mai dal Mediterraneo.
Durante la seconda
guerra mondiale effettuò soltanto due missioni offensive ed una per
esercitazione, prima di essere relegato ad un ruolo addestrativo (nel quale
svolse 28 missioni per addestramento degli allievi sommergibilisti della scuola
di Pola) e quindi messo in disarmo a meno di un anno dall’entrata in guerra.
Breve e parziale cronologia.
17 luglio 1926
Impostazione nei
cantieri Franco Tosi di Taranto.
14 giugno 1929
Varo nei cantieri
Franco Tosi di Taranto.
Il Fieramosca nella sua configurazione originale, nel 1930-1931:
sopra, durante le prove in mare (da www.betasom.it);
sotto, in uscita da Taranto (da “Gli squali dell’Adriatico. Monfalcone e i suoi
sommergibili nella storia navale italiana”, Vittorelli Edizioni, 1999, via www.betasom.it)
15 dicembre 1931
Entrata in servizio.
1932
Dopo un lungo periodo
di prove di collaudo a Taranto, durante il quale occorre provvedere
all’eliminazione di vari problemi (e si registrano continue avarie ed incidenti
con feriti), viene assegnato alla I Squadriglia Sommergibili della 1a
Flottiglia Sommergibili, di base a La Spezia. Nei primi tre anni di vita la sua
attività è alquanto scarsa, decisamente inferiore alla media degli altri
sommergibili: soltanto nel 1935 diventerà pienamente operativo.
21 agosto 1932
Riceve a Barletta la
bandiera di combattimento.
Il Fieramosca in uscita dal Mar Piccolo di Taranto nel maggio 1933 (da
“Navi e bugie” di Nino Bixio Lo Martire, Schena Editore, 1983)
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1935
Dopo un nuovo periodo
di lavori nei cantieri di Taranto che lo hanno costruito, viene assegnato alla
II Squadriglia Sommergibili (facente parte della I Flottiglia Sommergibili), di
base a La Spezia, insieme ai sommergibili Pietro
Calvi, Giuseppe Finzi ed Enrico Tazzoli.
1936-1937
Inquadrato nel II
Gruppo Sommergibili di Napoli, partecipa clandestinamente alla guerra civile
spagnola, con due missioni della durata complessiva di 32 giorni.
Il battello in navigazione
(g.c. Marcello Risolo via www.naviearmatori.net)
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21 dicembre 1936
Parte da Livorno per
la prima missione clandestina, un agguato al largo di Valencia, al comando del
capitano di corvetta Mario Bartalesi. A bordo è presente anche un ufficiale
della Marina spagnola nazionalista, il tenente di vascello Cebreiro.
27 dicembre 1936
Con azione notturna in
superficie, il Fieramosca lancia tre
siluri da 533 mm contro l’incrociatore Mendez
Nuñez, della Marina spagnola repubblicana, diretto a Valencia con la scorta
di due cacciatorpediniere; i siluri non vanno a segno.
Due marinai intenti a
verniciare la prua del Fieramosca
negli anni Trenta (g.c. STORIA militare)
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5 gennaio 1937
Conclude la missione (la
prima effettuata con mare calmo nella zona d’agguato, durante la campagna
subacquea italiana della Guerra di Spagna) raggiungendo Livorno. Ha iniziato in
totale 12 manovre d’attacco contro piroscafi in transito, portando però a
termine solo quella contro il Mendez
Nuñez (per altra fonte ha incontrato una dozzina di navi, ma l’unico
attacco che ha effettuato è stato quello contro il Mendez Nuñez).
28 gennaio 1937
Parte da La Spezia
per la seconda missione clandestina, sempre al largo di Valencia ed al comando
del capitano di corvetta Mario Bartalesi.
Poche ore dopo la
partenza, però, il Fieramosca subisce
un’avaria e deve tornare in porto, giungendovi il 29 gennaio.
“Promesse da marinaio”: il Fieramosca in una curiosa cartolina di
fine anni Trenta. La ragazza scrive al fidanzato, arruolato in Marina, ma
intanto questi guarda la foto di un’altra… (g.c. Carlo Di Nitto via www.naviearmatori.net)
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2 febbraio 1937
Riparata l’avaria,
riparta da La Spezia per effettuare la missione; è cambiato il settore
operativo assegnato, ora al largo di Barcellona. Il tempo è avverso, con mare
grosso.
8 febbraio 1937
Durante la missione,
il Fieramosca bombarda nottetempo col
proprio cannone il porto di Barcellona, controllato dai repubblicani, sparando
dieci colpi da 120 mm contro la darsena Morot. Dopo il terzo colpo, porto e
città di Barcellona vengono completamente oscurati, mentre da terra si
accendono proiettori che cercano di localizzare il sommergibile; dopo il decimo
colpo, il Fieramosca deve sospendere
il tiro per inceppamento del cannone (avaria al sistema di percussione).
9 febbraio 1937
Il Fieramosca torna a bombardare, sempre di
notte, il porto di Barcellona, sparando in un quarto d’ora 35 colpi da 120 mm,
sempre contro la darsena Morot. La città si oscura dopo i primi colpi, e si
accendono alcuni proiettori, compreso uno autotrasportato, sulla testata di un
molo; tre batterie a terra aprono anche il fuoco contro il sommergibile, ma il
loro tiro è impreciso e non causa danni. Un colpo da 120 mm del Fieramosca colpisce la nave cisterna Zorrosa, da 4957 tsl, ormeggiata ad un
molo, danneggiandola in modo non grave.
16 febbraio 1937
Conclude la missione
rientrando a La Spezia. Ha avvistato diverse navi ed iniziato 13 manovre
d’attacco, ma senza mai giungere a lanciare siluri.
1937
Crociera a Tripoli e Tunisi.
1938
Assegnato alla XV
Squadriglia Sommergibili (I Gruppo Sommergibili, di base a La Spezia), composta
dai più grandi sommergibili della Regia Marina: Fieramosca, Calvi, Finzi, Tazzoli e le quattro unità della classe Balilla (Balilla, Millelire, Toti e Sciesa).
Il Fieramosca, in primo piano, insieme ad altri sommergibili nel
maggio 1938 (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
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1939
Assegnato alla XII
Squadriglia Sommergibili (insieme a Calvi,
Finzi e Tazzoli), del I Grupsom di La Spezia, a seguito della
riorganizzazione delle squadriglie.
Compie una crociera a
Barcellona.
10 giugno 1940
All’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il Fieramosca fa parte della XI Squadriglia Sommergibili del I Grupsom
di La Spezia, insieme a Pietro Calvi,
Giuseppe Finzi ed Enrico Tazzoli.
Il 10 giugno il Fieramosca (capitano di corvetta
Giuseppe Mellina) è già in missione, al largo delle coste della Francia
meridionale.
14 giugno 1940
Conclude la prima
missione di guerra rientrando a La Spezia (Genova per altra fonte), senza aver
avvistato alcuna nave nemica.
Un’altra immagine dell’unità
(da “Gli squali dell’Adriatico. Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia
navale italiana”, Vittorelli Edizioni, 1999, via www.betasom.it)
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19 giugno 1940
Per la seconda
missione di guerra, viene inviato in agguato al largo dell’isola di Hyères,
presso Tolone, per attaccare navi francesi tra il Nordafrica e la Francia
meridionale.
Dopo alcuni giorni si
verifica una violenta esplosione delle batterie accumulatori, causando gravi
danni in alcuni locali e ferendo dieci membri dell’equipaggio. Il sommergibile
è costretto a rientrare alla base.
25 giugno 1940
Conclude la missione,
anch’essa priva di risultati, arrivando a La Spezia.
Le riparazioni si
protrarranno fino ad ottobre. Durante questo periodo il comandante Mellina viene
sostituito dal capitano di corvetta Beppino Manca, poi sostituito a sua volta
(ottobre 1940) da parigrado Cristiano Masi.
Al termine dei
lavori, comunque, il Fieramosca viene
valutato inidoneo all’attività bellica di prima linea, per cui si decide di adibirlo
a ruolo addestrativo.
15 ottobre 1940
Assegnato alla neocostituita
Scuola Sommergibili di Pola (al comando del capitano di vascello Romolo
Polacchini).
Due immagini del Fieramosca nel dicembre 1940: sopra, Coll.
E. Bagnasco via M. Brescia e www.associazione-venus.it;
sotto, durante un’esercitazione: g.c. Carlo Di Nitto.
Ottobre 1940-Marzo 1941
Effettua un totale di
28 missioni addestrative per la Scuola Sommergibili di Pola. Tra gli allievi
c’è anche il tenente di vascello Mario Arillo, che sul Fieramosca frequenta la Scuola Comando; sarà poi destinato al
comando del sommergibile Ambra, sul
quale si guadagnerà la Medaglia d’Oro al Valor Militare per le sue azioni.
Durante questo
periodo, probabilmente, il Fieramosca
partecipa anche alle riprese del film “Uomini sul fondo” di Francesco De
Robertis.
10 aprile 1941
Ritenuto non più
idoneo nemmeno a compiti addestrativi, viene posto in disarmo. Non tornerà mai
più in servizio.
18 ottobre 1946
Radiato dai quadri
della Regia Marina ed avviato alla demolizione, effettuata nel corso dello
stesso anno.
Il relitto semismantellato di
un sommergibile, molto probabilmente il Fieramosca,
rimorchiato al largo della costa istriana nel dopoguerra (g.c. Danilo
Pellegrini via www.betasom.it)
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