Il Paolina fotografato durante la seconda guerra mondiale (da Rolando
Notarangelo, Gian Paolo Pagano, “Navi mercantili perdute”, USMM, Roma 1997)
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Piroscafo da carico
da 4894 tsl, 3063 tsn e 8050 tpl, lungo 128,8 metri, largo 16,8 e pescante 7,7;
velocità 12 nodi (ma ridotta a 8,5 entro il 1940). Appartenente alla Società
Anonima Impresa di Navigazione Commerciale (con sede a Roma), iscritto con
matricola 171 al Compartimento Marittimo di Roma.
Breve e parziale cronologia.
1910
Impostato nei
cantieri Blohm & Voss di Amburgo (numero di cantiere 204).
1911
Completato come Esslingen, per la Deutsche Australische
Dampfschiffs Gesellschaft di Amburgo. Stazza lorda e netta originaria 4762 tsl
e 2890 tsn (o 4902 tsl e 3067 tsn).
Agosto 1914
Pochi giorni prima
dello scoppio della prima guerra mondiale, l’Esslingen (al comando del capitano Sparmann) carica a Saigon un
carico di 126.028 sacchi di riso e 600 ventagli in legno, da trasportare ad
Amburgo per conto della Compagnie Franco-Indochinoise.
4 agosto 1914
Lascia Saigon
nell’imminenza dello scoppio della guerra, onde evitare la cattura, con
l’ordine dell’armatore di raggiungere Manila ed attendere lì ulteriori
disposizioni.
7 agosto 1914
Arriva a Manila,
nelle Filippine controllate dai neutrali Stati Uniti, dove viene internato.
La Compagnie
Franco-Indochinoise avvierà un procedimento legale contro la Deutsche
Australische Dampfschiffs Gesellschaft per aver bloccato nave e carico a
Manila; il 16 ottobre 1914 la locale Corte statunitense incaricherà due
liquidatori di prendere possesso del carico dell’Esslingen e venderlo, per consegnare il ricavato alla Compagnie
Franco-Indochinoise. Così sarà fatto (il carico verrà venduto per 61.154,58
pesos filippini); ciò non basterà però a fermare il contenzioso, visto che la
Compagnie Franco-Indochinoise sosterrà che la sosta a Manila abbia provocato il
deterioramento del carico, così riducendone il valore.
Aprile 1917
Con l’ingresso in
guerra degli Stati Uniti, l’Esslingen
viene confiscato dalle autorità statunitensi a Manila, affidato all’United
States Shipping Board di Washington e ribattezzato Nyanza.
13 gennaio 1918
Il Nyanza viene attaccato col cannone da un
sommergibile nel punto 47°45’ N e 04°50’ O, ma viene soccorso dal panfilo
armato francese Palourde II.
1923
Acquistato dalla
Commercial Guide Steamship Company Inc. di Wilmington e ribattezzato Commercial
Guide.
1925
Trasferito alla Nyanza
Steamship Company Inc. di Wilmington.
1931
Acquistato dalla
Honolulu Steamship Company Inc. di Wilmington.
1933
Acquistato dalla
Moore & McCormack – Mooremack Gulf Line – American Scantic Lines di New
York.
1936
Acquistato
dall’Impresa di Navigazione Commerciale Società Anonima (INCSA), con sede a
Roma, e ribattezzato Paolina.
23 settembre 1941
Requisito a Livorno
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
16 ottobre 1941
Alle 11 (o 13.30) il Paolina, dopo aver caricato 3126
tonnellate di materiali vari, 565 tonnellate di munizioni, 48 tra automezzi e
rimorchi (per 156 tonnellate complessive) ed anche una bettolina, salpa da
Napoli insieme ai piroscafi Beppe e Caterina ed alle motonavi Probitas e Marin Sanudo, scortate dai cacciatorpediniere Folgore (capitano di fregata Giuriati, caposcorta), Fulmine, Alfredo Oriani, Vincenzo
Gioberti ed Antoniotto Usodimare,
oltre che dalla torpediniera Cigno:
le navi compongono il convoglio «Beppe», diretto a Tripoli.
Alle 16.50 il Probitas viene colto da un’avaria e deve
rientrare a Napoli scortato dal Fulmine,
mentre la minuscola motonave Amba Alagi
si unisce al convoglio a Trapani, dove viene invece lasciata la Cigno.
17 ottobre 1941
Il 17 ottobre
“ULTRA”, la celebre organizzazione britannica dedicata alla decrittazione dei
messaggi in codice dell’Asse, intercetta e decifra un messaggio relativo al
convoglio «Beppe» (da esso chiamato «Caterina»), apprendendone così la
composizione (6 mercantili e 4 cacciatorpediniere), data e luogo di partenza
(Napoli, ore 11 del 16) ed arrivo (Tripoli, ore 18 del 19), rotta seguita (a
ponente di Malta) e velocità (9 nodi); da Malta vengono pertanto fatti
decollare dei ricognitori, che rintracciano le navi italiane a mezzogiorno.
Nella notte tra il 17
ed il 18 il convoglio, che procede a velocità molto bassa e si trova a sud di
Pantelleria, viene informato via radio da Supermarina di essere stato avvistato
da un ricognitore britannico. Un’ora dopo si verificano i primi attacchi da
parte di almeno tre aerosiluranti: questi attaccano dopo aver lanciato dei
razzi illuminanti, ma l’attacco può essere eluso grazie a manovre difensive ed
alla pronta stesura di cortine nebbiogene, attorno ai mercantili, da parte
della scorta (grazie anche alla rotta seguita, 188°, ed al leggero vento di
poppa).
18 ottobre 1941
Mentre il convoglio è
a sud di Lampedusa (nel punto 35°25'N e 11°39'E), ed a 140 miglia da Tripoli
(per altra fonte, 45 miglia ad ovest di Lampedusa e 85 miglia ad
ovest-nord-ovest di Tripoli), il sommergibile britannico Ursula (tenente di vascello Arthur Richard Hezlet, che ha avvistato
il convoglio alle 8.06 nel punto 35°27'N e 11°45'E, con rilevamento 306°)
lancia quattro siluri da 5500-6400 metri contro le navi italiane: alle 9.10 il Beppe avvista due siluri; riesce ad
evitarne uno, ma l’altro lo colpisce a prua, lasciandolo immobilizzato,
fortemente appruato, sbandato ed abbandonato da parte dell’equipaggio. Un’unità
della scorta contrattacca con nove bombe di profondità tra le 9.25 e le 10,
senza riuscire a danneggiare l’attaccante. Il caposcorta distacca per
l’assistenza l’Oriani ed il Gioberti, ma poco dopo richiama l’Oriani, a seguito della notizia che
altri due cacciatorpediniere, il Nicoloso
Da Recco ed il Sebenico, sono
salpati da Tripoli allo stesso scopo. Il Beppe
riuscirà a raggiungere Tripoli dopo tre giorni di difficilissima navigazione.
Il resto del
convoglio prosegue, e alle 21.50, ad una sessantina di miglia da Tripoli,
vengono avvistati quattro aerei che si avvicinano per attaccare; la scorta
inizia ad emettere cortine fumogene, ed alle 22.30 il caposcorta ordina al
convoglio di accostare di 45° a dritta (portandosi su rotta 135°) in modo da
allontanarsi dalla zona illuminata dai bengala: proprio in quel momento, però,
il Caterina viene raggiunto da un
siluro in sala macchine.
Alle 23.01 termina
l’attacco aereo ed alle 23.30 viene compiuta una nuova accostata di 45° a
dritta (assumendo rotta 180°) per evitare di essere individuati.
Il Caterina affonderà capovolgendosi, dopo
una lunga agonia ed un vano tentativo di rimorchio da parte dell’Oriani, alle 17.30 del giorno seguente.
19 ottobre 1941
Alle 11.30 Paolina, Marin Sanudo, Amba Aradam,
Folgore ed Usodimare entrano a Tripoli.
24 novembre 1941
Lascia Tripoli alle
20 per rientrare in Italia, scortato dal cacciatorpediniere Saetta.
28 novembre 1941
Paolina e Saetta arrivano a
Napoli alle 4.30.
23 febbraio 1942
Derequisito dalla
Regia Marina.
21 luglio 1942
Il Paolina, carico di 7674 tonnellate di
carbone, salpa da Palermo (dov’è giunto proveniente da Napoli) alle 14.30 alla
volta di Tripoli, seguendo la rotta di ponente, scortato dapprima dalla vecchia
torpediniera Giuseppe Dezza (fino a
Trapani) e poi dalla più moderna Centauro.
22 luglio 1942
Le due navi sostano
un giorno a Pantelleria, poi proseguono.
23 luglio 1942
A Ras Mahur la Centauro lascia la scorta del Paolina; nel tratto finale, dalle secche
di Kerkennah a Tripoli, il piroscafo sarà scortato dall’avviso scorta Orione. Alle 15.20 Paolina e Orione giungono
a Tripoli.
La nave con il precedente
nome di Commercial Guide, fotografata
a Tampa l’11 febbraio 1926 (Tampa-Hillsborough County Public Library System,
via Mauro Millefiorini e www.naviearmatori.net)
L’affondamento
Alle nove del mattino
del 12 agosto 1942 il Paolina lasciò
Tripoli con la scorta del cacciasommergibili Eso, diretto Sfax. Alle quattro del mattino del 13 l’Eso lasciò la scorta del piroscafo;
giunto a Sfax, quest’ultimo vi caricò 7800 tonnellate di fosfati. Sarebbe
dovuto poi ripartire subito per Palermo, ma la sua sosta a Sfax fu più lunga di
quanto inizialmente previsto. Intanto, a Bletchley Park, qualcuno si era messo
all’opera.
Il 16 agosto “ULTRA”
iniziò la sua opera di “pedinamento” del Paolina,
decrittando un messaggio che annunciava la sua partenza da Sfax per le ore
cinque del 18 agosto, con arrivo previsto a Palermo per le 23.59 del 19. Il
giorno seguente, tuttavia, “ULTRA” dovette correggersi, annunciando che la
partenza del Paolina era stata
rinviata; il 19 agosto comunicò che il Paolina
e la motonave Giulia, ambedue fermi a
Sfax, sarebbero tornati in Italia “tra breve tempo” con un carico di fosfati,
ma il 20 e poi ancora il 23 dovette ribadire che la loro partenza era sospesa.
Il 25 agosto, infine, i decrittatori britannici poterono annunciare che il Paolina sarebbe salpato da Sfax il
mattino del giorno seguente, diretto a Palermo; ciò avvenne, ed il 26 stesso (e
poi ancora il 27) “ULTRA” confermò l’avvenuta partenza, quella mattinata, del Paolina.
Il piroscafo, col suo
carico di fosfati, aveva lasciato il porto tunisino alle quattro del mattino
del 26, ed alle nove del mattino del 27 agosto la torpediniera Sagittario raggiunse il Paolina ne assunse la scorta.
L’operato di “ULTRA”
nei confronti del Paolina potrebbe
essere liquidato, a posteriori, come “tanta fatica per nulla”: prima ancora che
un qualsiasi aereo, nave o sommergibile britannico potesse essere inviato ad
intercettarlo, infatti, il piroscafo andò perduto in maniera del tutto casuale
su mine italiane.
Poco dopo aver
raggiunto il Paolina, infatti, la Sagittario se ne dovette separare
nuovamente, per andare a fornire assistenza al piroscafo Armando, incagliatosi presso Kelibia (poco lontano).
Alle 11.22 del 27
agosto il Paolina, navigando isolato nella
foschia, ed avendo deviato dalla rotta prestabilita, finì sull’estremità
sudoccidentale dello sbarramento orientale della Tunisia, urtando una mina a 6
miglia per 131° da Capo Bon.
La nave rimase
immobilizzata ed appruata; oltre alla Sagittario,
giunsero in assistenza i MAS 549 e 560, ma risultò presto evidente che per
il Paolina non c’era più nulla da
fare, e si procedette anzi ad accelerarne l’affondamento.
Le tre unità
soccorritrici poterono soltanto recuperare tutti gli uomini presenti a bordo –
52 in tutto, nessuna vittima –, dopo di che il piroscafo affondò alle 17.30.
Un’altra immagine della nave
come Commercial Guide (da www.moore-mccormack.com)
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